LEZIONE: “LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA” PROF. FRANCESCO MANICA La contrattazione collettiva Indice 1 Il Contratto Collettivo Di Lavoro ------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 I Contratti Collettivi Di Diverso Livello. La Contrattazione Collettiva E La Legge ----------------------------- 11 3 Il Sistema Delle Relazioni Sindacali Nelle Pubbliche Amministrazioni. -------------------------------------------- 14 4 I Limiti All’autonomia Privata Nel Rapporto Di Lavoro -------------------------------------------------------------- 27 5 La Tassatività Del Tipo E Qualificazione Della Fattispecie Del Lavoro Subordinato --------------------------- 29 6 La Formazione Del Contratto Di Lavoro. -------------------------------------------------------------------------------- 31 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 33 La contrattazione collettiva 1 Il contratto collettivo di lavoro Il contratto collettivo di lavoro è l’accordo tra un datore di lavoro (o un gruppo di datori di lavoro) ed un’organizzazione o più di lavoratori, allo scopo di stabilire il trattamento minimo garantito e le condizioni di lavoro alle quali dovranno conformarsi i singoli contratti individuali stipulati sul territorio nazionale. L’unico tipo di contratto collettivo che possa realizzarsi nel nostro ordinamento è il contratto collettivo di diritto comune (così chiamato perché regolato da norme di diritto comune). Tale tipo di contratto – proprio per un principio di diritto comune –vincola esclusivamente gli associati alle organizzazioni sindacali che lo hanno stipulato. Nei fatti, tuttavia, la giurisprudenza ha esteso in taluni casi l’efficacia di tali contratti anche nei confronti di lavoratori non appartenenti alle associazioni stipulanti, in particolare in applicazione dell’art. 36 Cost. si è operata l’estensione del contratto collettivo di diritto comune per garantire ai lavoratori la sufficienza della retribuzione. Il contratto collettivo può trovare una applicazione in via di fatto quando vi sia stata, da parte dei soggetti del rapporto individuale, una adesione ai contratti collettivi, ovvero una ricezione di essi nei contratti individuali, desumibili da una pratica costante, consolidatesi attraverso l’uniforme e prolungata applicazione dei contratti stessi. Con l’emanazione del codice civile del 1942, il contratto collettivo fu introdotto nel sistema delle fonti del diritto, in una posizione subordinata alla legge ed ai regolamenti, a cui non poteva derogare. Nel 1944 con la soppressione dell’ordinamento corporativo, però, venne meno anche il contratto collettivo Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 33 La contrattazione collettiva corporativo. Il contratto collettivo ritornò nell’area dell’autonomia private, perché le organizzazioni sindacali stipulanti i nuovi contratti erano ritornate sotto il regime privatistico. Per quanto riguarda l’efficacia dei contratti collettivi si sono succeduti numerosi dibattiti. L’art. 39 C. al comma VI stabilisce che i sindacati registrati, e quindi dotati di personalità giuridica, possono, attraverso una delegazione che rappresenti ciascuno di essi (in proporzione al numero dei loro iscritti), stipulare con i datori di lavoro contratti collettivi, aventi efficacia per tutti gli appartenenti alla categoria interessata, anche se non iscritti ai sindacati stipulanti: cosiddetta “efficacia erga omnes”. Senonché, la mancata emanazione della legge, destinata a disciplinare la registrazione dei sindacati, ha di fatto reso inoperante il meccanismo previsto in costituzione dei contratti collettivi efficaci “erga omnes”. I contratti collettivi, così, anziché sottostare alla disciplina dell’art. 39 C. comma IV, seguono le ordinarie regole sui contratti fra i privati e si dicono, quindi, contratti collettivi di diritto comune. In base a tali regole i contratti collettivi dovrebbero avere efficacia solo nei confronti dei lavoratori e dei datori di lavoro, iscritti ai sindacati stipulanti. Per rimediare a tutto ciò, il Parlamento votò la legge n. 741 del 1959 che delegava il Governo a trasformare in “decreti legislativi”, vincolanti per tutti i soggetti dell’ordinamento, il contenuto dei contratti collettivi, che fossero stati stipulati dai sindacati non registrati. Ciò, però, non ebbe lunga durata. E, nella realtà, tuttavia i contratti collettivi hanno, di fatto, una efficacia che va al di là degli iscritti ai sindacati stipulanti, e finiscono per applicarsi a tutti i lavoratori del settore, cui il contratto collettivo si riferisce, anche se non iscritti al sindacato, ciò almeno per quello che concerne la determinazione della retribuzione. Questo è dovuto principalmente al fatto che la giurisprudenza considera i minimi retributivi, stabiliti nei contratti collettivi, la retribuzione sufficiente, richiesta dall’art. 36 C., per assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Nel rapporto tra contratto Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 33 La contrattazione collettiva collettivo e contratto individuale di lavoro, è prevista la prevalenza delle clausole del primo su quelle del secondo, a meno il secondo non disponga più favorevolmente per il lavoratore. I contratti collettivi, dunque, sono definibili come “quei contratti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dalle corrispondenti associazioni dei datori di lavoro (ovvero del singolo datore di lavoro), contenenti le regole, cui sono tenuti ad uniformarsi i singoli contratti individuali di lavoro”. Il contratto collettivo, che appartiene alla categoria dei “contratti normativi” mediante i quali le parti fissano il contenuto dei futuri contratti, che essi saranno liberi di concludere tra loro, vincola il contenuto dei successivi contratti individuali di lavoro, stipulati dal singolo lavoratore con il proprio datore di lavoro. Con il meccanismo del contratto collettivo, le condizioni di lavoro non vengono contrattate con il datore, dai singoli lavoratori isolati: i lavoratori, infatti, si presentano alle trattative con i datori di lavoro come un “gruppo organizzato” e grazie a ciò con una maggiore forza contrattuale; in tal modo si riduce lo squilibrio tra lavoratori e datore che, per le diverse posizioni economiche e sociali, esiste a vantaggio dei secondi. In origine, i contratti collettivi regolavano solo la misura della retribuzione ed, infatti, erano chiamati “concordati di tariffa”. Oggi, invece, essi hanno un contenuto più complesso che si può distinguere in due parti: • la parte economica è quella in cui vengono definiti gli aspetti retributivi; • la parte normativa è quella che disciplina i diritti dei lavoratori, non aventi carattere immediatamente patrimoniale, come ad es. il diritto al riposo, alle ferie, o altri diritti (come l’informazione su determinati avvenimenti). La dottrina ha teorizzato una distinzione, all’interno del contratto collettivo, secondo la quale accanto ad una parte normativa, costituita dalle disposizioni contrattuali preordinate a determinare minimi di trattamento economico e Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 33 La contrattazione collettiva normativo, sarebbe individuabile un’altra parte che viene definita obbligatoria. La caratteristica comune delle clausole obbligatorie e individuata nel fatto che instaurano rapporto obbligatori, nono facenti capo alle parti del rapporto individuale di lavoro, bensì a soggetti collettivi. La distinzione, non è sempre rilevabile: a volte vengono stipulati contratti collettivi in qui mancano del tutto clausole dell’uno o dell’altro tipo. Altre clausole presenti possono essere anche quelle di amministrazione o istituzionali che delineano, ad esempio, le procedure conciliative o di arbitrato o che pongono in essere particolari organi o istituzioni. Ci sono, in fine, delle clausole che per la loro funzione, pur avvicinandosi a quella normativa, ne differisce per alcuni aspetti: si tratta delle ipotesi in qui le parti nell’esercizio di una funzione compositiva dei conflitti giuridici, dispongono, in genere, in forma transattiva o accertativa, di situazioni giuridiche gia formatesi (transazioni, ad esempio, intorno a somme contestate, o accordi per l’interpretazione di clausole ambigua ecc.). L’”inderogabilità in peius” consiste nel fatto che il contratto individuale, che regola il singolo rapporto di lavoro, non può disporre trattamenti economici e normativi peggiori per il lavoratore di quanto previsto dal contratto collettivo applicabile a quel rapporto di lavoro. Qualora ciò avvenga la conseguenza è, non solo un’azione di risarcimento di danno, bensì l’automatica sostituzione delle clausole di contenuto peggiorativo con quelle più favorevoli per il lavoratore previste dal contratto collettivo. Per il contratto collettivo di diritto comune, l’affermazione del principio dell’inderogabilità ha costituito per anni un tema di acceso dibattito. La dottrina può essere distinta in due orientamenti di fondo: • l’uno tendente a risolvere il problema con soluzioni interne al sistema di principi del diritto civile; • l’altro tendente a cercare soluzioni fondate sui dati normativi: estranei ai principi civilistici classici. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 33 La contrattazione collettiva All’interno del primo orientamento, ha ancora oggi rilievo l’elaborazione di Passarelli per il quale il contratto collettivo è l’espressione di un fenomeno d’autoregolamentazione di privati interessi fra gruppi contrapposti, che può essere sintetizzata nella formula “autonomia collettiva”. Questa particolare forma d’autonomia privata ha natura collettiva perché i soggetti che la esprimono sono portatori dell’interesse di una pluralità di persone ad un bene idoneo a soddisfare il bisogno comune di tutte. Pur essendo entrambi interessi privati, l’interesse collettivo prevale sull’interesse individuale e il contratto collettivo prevale sul contratto individuale. L’inderogabilità del contratto collettivo concerne solo i trattamenti peggiorativi per i lavoratori; e invece possibile che il contratto individuale di lavoro si discosti dal contratto collettivo, derogandolo “in melius”. Il principio è esplicitato dell’art. 2077 c.c. per cui “ i contratti individuali di lavoro tra gli appartenenti alle categorie alle quali si riferisce il contratto collettivo devono uniformarsi alle disposizioni di questo. Le clausole difformi dei contratti individuali, preesistenti o successivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quale del contratto collettivo, salvo che contengono speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro”. Non sempre è agevole stabilire se il trattamento previsto dal contratto individuale sia più favorevole per i lavoratori rispetto al trattamento previsto dal contratto collettivo. La questione è di semplice soluzione quando varia un solo elemento (per esempio la durata delle ferie); a volte, però, possono variare due o più elementi. Sul punto si sono decimati due orientamenti: • il cosiddetto “conglobamento” prevede che la comparazione deve essere operata tra i trattamenti complessivi previsti da ciascuna fonte, applicando la regolamentazione e che, valutata globalmente, risulti più favorevole per il lavoratore; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 33 La contrattazione collettiva • il cosiddetto “cumulo” prevede la messa a confronto delle singole clausole di ciascuna delle regolamentazioni estraendo da ogni contratto le clausole più favorevoli e cumulandole tra loro. Problema del contratto collettivo di diritto comune è quello dell’efficacia soggettiva, che si estende solo agli iscritti alle associazioni stipulanti. Tale contratto è, infatti, efficace solo nei confronti di quei soggetti che abbiano conferito all’associazione il potere di rappresentanza per la stipulazione dei contratti collettivi, ed i l conferimento del mandato rappresentativo è, di norma, collegato all’adesione all’associazione: nel momento in cui si iscrivono ad un organizzazione sindacale, il lavoratore o l’imprenditore conferiscono il mandato a stipulare contratti collettivi. Il “principio generale” in materia di efficacia soggettiva è, pertanto, quello della vincolatività solo nei confronti degli aderenti alle associazioni stipulanti. Tuttavia, nel corso degli anni, si sono delineati una serie di meccanismi di estensione dell’ambito di applicazione del contratto collettivo. La Cassazione ha fatto propria una tesi secondo la quale il datore di lavoro, aderente all’associazione firmataria di un contratto collettivo, deve applicare le disposizioni contrattuali nei confronti di tutti i proprio dipendenti e, quindi, anche nei confronti del lavoratore non iscritto alle contrapposte organizzazioni sindacali stipulanti. Tuttavia il contratto collettivo continua di fatto, ad avere un’applicazione quasi generalizzata. Un orientamento che si sta affermando progressivamente quello che considera il contratto collettivo vincolante anche nei confronti del datore di lavoro il quale, pur non essendovi tenuto ne abbia spontaneamente applicato il contenuto. Le clausole obbligatorie del contratto collettivo istituiscono rapporti di obbligazione direttamente tra i soggetti che stipulano il contatto (sindacati, associazioni imprenditoriali). La dottrina ha individuato due ipotesi di clausole obbligatorie, particolarmente rilevanti: quelle che impongono all’associazione il dovere d’influenza e quelle Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 33 La contrattazione collettiva che pongono a carico dei soggetti collettivi, il dovere di pace sindacale, ossia il dovere, nella vigilanza del contratto, di non far ricorso all’azione diretta. Per quanto riguarda il dovere di influenza, esso impegna l’associazione, nel momento in cui stipula il contratto collettivo, ad influire sugli associati perché applichino la parte normativa dello stesso. Ben maggiore è l’importanza del dovere di pace o di tregua sindacale, che consiste in un impegno a non far ricorso all’azione diretta e a non organizzare agitazioni per conseguire la modificazione del contratto prima della sua scadenza o prima che si presenti una vicenda risolutiva dello stesso. In dottrina si è sostenuto che la stessa stipulazione del contratto collettivo determinerebbe, come effetto naturale, il porsi tale dovere di pace. Comunque, l’obbligo di tregua, ove venisse assunto senza ulteriori specificazioni, sarebbe naturalmente relativo alle sole materie sulle quali si è formato l’accordo, escludendo i punti di conflitto sui quali il consenso non si è ancora realizzato, nonché quelli relativi a controversie nuove che dovessero sorgere (cosiddetto dovere relativo di pace sindacale): un’estensione del suo contenuto a materie non regolate espressamente dal contratto, potrebbe ammettersi solo ove fosse statuito in maniera esplicita in tal senso (cosiddetto dovere assoluto di pace sindacale) de in limiti tali, comunque, da non vanificare totalmente il diritto di sciopero. Rientrano nella parte obbligatoria anche le norme contrattuali che obbligano l’imprenditore a dare alle rappresentanze dei lavoratori informazione preventiva su alcune decisioni gestionali che intende assumere; in genere, a seguito dell’informazione le rappresentanze sindacali possono chiedere un incontro per esaminare il problema e il potere dell’imprenditore di assumere la decisione rimane sospeso per la durata del procedimento. Questa tecnica normativa ha assunto il nome di procedimentalizzazione del potere dell’imprenditore, la quale consiste in una complicazione del processo decisionale dell’imprenditore, essenzialmente volta a garantire che nel formarsi di certe Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 33 La contrattazione collettiva decisioni si tenga conto degli interessi antagonistici sui quali va ad incidere l’esercizio del potere. Il discorso sulla procedimentalizzazione ci consente di individuare una doppia funzione del contratto collettivo aziendale: da un lato, essi possono dettar norme sul trattamento economico e normativo dei lavoratori e sulle relazioni sindacali, assolvendo dunque, anch’essi ad una funzione normativa e ad una funzione obbligatoria. Ma il contratto aziendale può assumere anche una funzione gestionale, cioè quella di concordare un provvedimento di gestione del personale. Il contratto, in tal caso, non è chiamato ad attribuire ai lavoratori bene0fici, ma a distribuire sacrifici, talvolta anche in deroga agli standard, stabiliti dalla legge o da altri contratti collettivi. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 33 La contrattazione collettiva 2 I contratti collettivi di diverso livello. La contrattazione collettiva e la legge I contratti collettivi possono essere nazionali se riguardano tutta una categoria di lavoratori (metalmeccanici, edili, ecc.) o aziendali, se riguardano solo i lavoratori di una determinata impresa (Olivetti, Fiat, ecc.). In tal caso controparte del sindacato dei lavoratori non è il sindacato degli imprenditori, ma un singolo imprenditore. Le condizioni del contratto aziendale “integrano” e “specificano” quelle del contratto nazionale della categoria cui appartiene l’impresa in questione: è la cosiddetta contrattazione articolata o integrativa. Soggetti del contratto collettivo possono definirsi quelle entità collettive che risultano portatrici, per investitura dei singoli, del relativo potere negoziale di autonomia. Benché dette entità possano essere talvolta il risultato di una rappresentanza occasionale e limitata, solitamente si tratta invece di soggetti investiti della negoziazione collettiva in via permanente e cioè i sindacati. Nel nostro paese si è instaurata una prassi di contratto a tre (CGIL, CISL, UIL) dalla parte dei lavoratori con la Confindustria dalla parte dei datori di lavoro. Alla luce di questa ulteriore precisazione si può affermare che i livelli principali della contrattazione sono: • il livello interconfederale, in cui contrattano le Confederazioni Cgil, Cisl, Uil e le associazioni negoziali delle imprese, come la Confindustria, la Confapi, le organizzazioni rappresentative dell’artigianato e della cooperazione. A questo livello si producono i protocolli d’intesa sulle relazioni industriali; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 33 La contrattazione collettiva • il livello nazionale di categoria, in cui contrattano sindacati nazionali rappresentanti le varie categorie (es. metalmeccanici, chimici ecc.) e le relative associazioni imprenditoriali. Questo livello produce i contratti collettivi nazionali di lavoro; • il livello aziendale, che produce un accordo valido per i lavoratori di una determinata impresa, solitamente migliorativo rispetto ai CCNL. Nelle ipotesi in cui i contratti di diverso livello predispongano discipline in contrasto fra loro, il criterio risolutore del conflitto deve essere individuato, per la dottrina e la giurisprudenza dominanti, nel criterio della specialità, ossia nella preferenza accordata alla disciplina speciale rispetto a quella generale. Per quanto concerne i rapporti tra contratto collettivo e contratto individuale va detto che essi sono strettamente regolati, nel nostro ordinamento, dal meccanismo dell'inderogabilità in peius di natura reale; è invece possibile che il contratto individuale si discosti dal contratto collettivo derogandolo in melius. Tuttavia, in tema di fonti del diritto del lavoro, l'argomento di maggior interesse è quello del rapporto tra la legge e contrattazione collettiva. Così come abbiamo avuto modo di osservare in occasione delle lezioni precedenti, per il rapporto di lavoro la gerarchia delle fonti è la seguente: 1. principi generali del diritto; 2. Costituzione e norme di diritto internazionale generalmente riconosciute; 3. regolamenti e direttive comunitarie immediatamente dispositive; 4. leggi nazionali ed atti aventi forza di legge; 5. contratti collettivi e contratti individuali di lavoro; 6. usi e consuetudine; 7. principi interpretativi. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 33 La contrattazione collettiva L’applicazione rigida di tale schema presupporrebbe che nel contratto collettivo contenente deroghe rispetto alle disposizioni di legge, queste ultime prevarrebbero comunque rispetto ai contratti collettivi stessi. Sennonché, il principio del favore verso il lavoratore fa prevalere, fra più fonti regolatrici del rapporto di lavoro, quella più favorevole verso il lavoratore (derogabilità in melius). Tra tali fonti possono stabilirsi tre forme di relazione funzionale: 1. una funzione ordinaria del contratto collettivo di applicazione e specificazione dei princìpi posti dalla legge; 2. una funzione di disciplina del contratto collettivo, in virtù di espressa previsione legislativa; 3. una funzione derogatoria del contratto collettivo, abilitato da specifica previsione legislativa a dettare una disciplina difforme da quella posta con legge. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 33 La contrattazione collettiva 3 Il sistema delle relazioni sindacali nelle pubbliche amministrazioni. Una ricostruzione del sistema delle relazioni sindacali nel pubblico impiego dopo l'ingresso della contrattazione come metodo generalizzato per la definizione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti deve, necessariamente, partire dall’analisi dei provvedimenti legislativi al riguardo maggiormente significativi, così come succedutisi nel corso degli anni. La legge quadro sul pubblico impiego del 29 marzo 1983, n. 93 rappresenta una pietra miliare nell'avvio dei processi di cambiamento dell'amministrazione pubblica anche se nei contenuti ed effetti ha risentito fortemente dei condizionamenti derivanti dalla presenza, durante la sua formazione, di molti protagonisti ciascuno dei quali portatore di uno specifico interesse. In quel clima sono fissati i principi fondamentali cui la normativa del pubblico impiego si deve ispirare: omogeneizzazione, perequazione, trasparenza retributiva ed efficienza della pubblica amministrazione. A tali principi conferiscono maggiore significato le norme per la definizione degli strumenti organizzativi per la programmazione e la gestione del personale nel settore pubblico (qualifica funzionale e profili professionali, mobilità); le procedure di reclutamento, improntate a criteri di omogeneità; le norme di tutela dell'attività sindacale nel pubblico impiego e dell'individuazione dei soggetti da ammettere alla contrattazione. Il negoziato, sulla base del principio di delegificazione che ispira la legge quadro nel primo tentativo di flessibilizzazione dell'attività amministrativa, diviene principio e metodo esteso a tutto il pubblico impiego per la definizione della Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 33 La contrattazione collettiva disciplina di rilevanti assetti dello stato giuridico oltre che dell'intero trattamento economico dei pubblici dipendenti e riguarda anche importanti momenti dell'organizzazione della pubblica amministrazione, secondo i criteri di ripartizione delle competenze tra la legge, o atto da essa derivante, e la contrattazione. L'estensione del metodo della contrattazione si basa sul presupposto del coinvolgimento dei lavoratori nelle scelte organizzative come strumento idoneo al recupero dell'efficienza e produttività delle pubbliche amministrazioni. La storia si è incaricata di dimostrare che il pur lodevole tentativo del legislatore, di fatto, non ha raggiunto il proprio obiettivo di ammodernamento della pubblica amministrazione, introducendo, al contrario, elementi di consociativismo che hanno reso difficile la distinzione dei ruoli dei soggetti pubblici e sindacali coinvolti nel processo e, quindi, l'individuazione delle responsabilità per il mancato raggiungimento degli obiettivi di efficienza ed efficacia. Ciò nonostante, proprio l'esperienza della legge 93 del 1983, ha consentito di realizzare con le successive riforme del 1993 l'avvio di un reale processo di privatizzazione del pubblico impiego. Infatti, dal momento che la contrattazione è stata posta dalla legge quadro come principio e metodo nella definizione di parte cospicua del trattamento giuridico ed economico del personale pubblico, si deve ad essa l'avvio della costruzione del sistema della rappresentatività sindacale nel pubblico impiego, frutto inizialmente di accordi e di autoregolazione sino alle attuali regole legislative che la disciplinano. L'art. 6 della legge n. 93 del 1983 stabilisce la composizione delle delegazioni trattanti a livello nazionale nei comparti del pubblico impiego, sia di parte pubblica che sindacale. Per le organizzazioni e le confederazioni sindacali viene introdotto il principio della «maggiore rappresentatività» su base nazionale in ciascun comparto, senza, tuttavia che siano stabiliti i parametri di riferimento. La stessa legge individua i comparti in cui sono suddivise le amministrazioni pubbliche ed estende l'applicazione di parte della legge n. 300 del 1970 ai pubblici dipendenti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 33 La contrattazione collettiva La definizione dei criteri di misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali del pubblico impiego, nel periodo di vigenza della legge quadro n. 93, si deve all'accordo intercompartimentale recepito con D.P.R. 23 agosto 1988, n. 395, che si caratterizza anche per altri aspetti significativi diretti alla regolazione dei diritti e delle relazioni sindacali, anticipatori della disciplina legislativa degli anni successivi (cfr. artt. da 8 ad 11 del decreto). L'accertamento della maggiore rappresentatività di cui all'art. 6 della legge quadro n. 93 del 1983, riferito alle organizzazioni e confederazioni sindacali da ammettere alle trattative nazionali, non più fondato sul principio della mera apposizione della firma dei precedenti contratti, è stato reso possibile dall'art. 8 del citato accordo intercompartimentale con la fissazione dei relativi criteri e principi guida. La disposizione affida il compito della rilevazione dei dati e della misurazione della rappresentatività al Dipartimento della Funzione Pubblica che vi provvede con l'invio a tutte le amministrazioni della circolare-direttiva n. 24518/88-8.93.5 del 28 ottobre 1988 (pubblicata sulla G.U. del 2 novembre 1988, n. 257) e modificata con circolare n. 2759, dell'11 marzo 1991. La rilevazione è diretta ad accertare: - la consistenza associativa dei sindacati rilevata in base alle deleghe rilasciate dai dipendenti alle singole amministrazioni per la ritenuta del contributo sindacale; - l'adesione ricevuta in occasione di elezione di membri sindacali in organismi amministrativi previsti dalle leggi all'epoca vigenti, costituiti nell'ambito dei vari comparti, ovvero di altre consultazioni elettorali (ad es. il Consiglio superiore della pubblica amministrazione, etc); - la diffusione e consistenza delle strutture organizzative dei sindacati negli ambiti territoriali di ciascun comparto di contrattazione, valutate sulla base dell'applicazione del criterio indicato nel primo alinea. Peraltro, alcune delle considerazioni dell'epoca, prevalentemente rivolte Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 33 La contrattazione collettiva all'autoreferenzialità del sistema di accertamento proveniente da un accordo tra le parti, sono riprese nel parere espresso dal Consiglio di Stato dopo l'esito del referendum sull'originario art. 47 del D.Lgs n. 29, che aveva nuovamente affidato la definizione delle regole di rappresentatività delle organizzazioni sindacali del pubblico impiego ad un analogo strumento. Da un sommario esame del complesso delle disposizioni dell'epoca emerge, comunque, che erano ammesse alle trattative nazionali le organizzazioni sindacali che superavano il 5% delle deleghe complessive del personale del comparto ovvero dei voti nelle elezioni degli organismi rappresentativi individuati dalle leggi di settore. Tali criteri erano alternativi tra loro ma non sufficienti - isolatamente presi - a produrre l'ammissione se non accompagnati dal dato della consistenza territoriale, attestato dalla percentuale di presenza in almeno un terzo delle regioni e province. La percentuale richiesta per il riconoscimento della rappresentatività saliva al 6% per le organizzazioni sindacali della dirigenza. A tal fine si deve rammentare che nei comparti in cui la dirigenza era già allora «contrattualizzata» (comparto delle RegioniAutonomie locali, Sanità, Enti ed Istituzioni di ricerca), l'accordo di lavoro era unico o, al più, come nel Servizio sanitario nazionale, formato da due separate aree negoziali all'interno del medesimo accordo. Le confederazioni erano considerate rappresentative a livello nazionale a condizione di avere, in almeno due comparti, l'adesione di organizzazioni di categoria rappresentative sulla base dei criteri sopra indicati o, in alternativa, di essere presenti nel CNEL. Per sottolineare la peculiarità del precedente sistema, si evidenzia che le confederazioni riconosciute rappresentative erano ammesse a partecipare anche alle trattative per gli accordi quadro e a qualsiasi altra trattativa di comparto, anche se prive di organizzazioni di categoria aderenti e rappresentative in ciascuno di essi. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 33 La contrattazione collettiva L'unica eccezione alla regola era rappresentata dall'area della dirigenza medicoveterinaria al cui tavolo, all'epoca, erano ammesse solo le organizzazioni sindacali di categoria. I criteri così definiti, essendo meramente numerici e, quindi, troppo rigidi, erano stati temperati dalle stessi circolari-direttive del Dipartimento, con il riconoscimento in capo a quest'ultimo - di un potere discrezionale nel valutare l'ammissibilità alle trattative nazionali anche di organizzazioni di categoria che - pur non avendo raggiunto la soglia di rappresentatività richiesta - fossero sufficientemente vicine ad essa ovvero risultassero rappresentative di minoranze di lavoratori di particolare o alta professionalità, comunque, significative nell'ambito del comparto preso in considerazione. Le modalità di esercizio del potere discrezionale da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica hanno dato luogo ad un notevole contenzioso e ad una copiosa e significativa giurisprudenza dei TAR, ai quali si deve la concettualizzazione delle specifiche tipologie professionali e categorie settoriali che ha consentito l'ammissibilità alle trattative delle piccole organizzazioni rappresentative di professionisti o di settori (ad esempio, nel caso degli enti locali, delle camere di commercio o dei vigili; nella sanità dei chimici etc), ritenute meritevoli di tutela sindacale per la loro specificità, a prescindere dal raggiungimento della percentuale di rappresentatività richiesta alla generalità delle organizzazioni (cfr. per tutte le più recenti: TAR Lazio n. 518 del 1994; Cons. St., sez. IV, 23 marzo 1998, n. 347; idem 3 dicembre 1998, n. 948; idem 27 aprile 1999, n. 525, tutte relative a controversie instauratesi prima del D.Lgs. n. 396 del 1997). Aderendo a tali decisioni, le successive integrazioni della circolare-direttiva del 1988 hanno, comunque, dettato apposite regole anche per l'ammissione alle trattative nazionali di tali organizzazioni, individuando criteri di calcolo della consistenza associativa basati sul personale sindacalizzato appartenente alla categoria o settore Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 33 La contrattazione collettiva anziché sul complesso del personale del comparto. Da sottolineare, infine, che le circolari in questione dettavano regole identiche a quelle nazionali per l'accertamento della rappresentatività e l'individuazione delle organizzazioni sindacali da chiamare alla contrattazione decentrata; sicché poteva verificarsi che i soggetti di quest'ultima fossero in tutto o in parte diversi dai sottoscrittori dell'accordo nazionale. Il compito era affidato alle stesse amministrazioni. Sulla legittimità del principio cfr. TAR Lazio, Sez. I, 4 ottobre 1996, n. 1748, che si è espresso sulla normativa vigente prima del referendum. La rappresentanza del personale nei luoghi di lavoro era dunque affidata agli stessi soggetti ivi riconosciuti come rappresentativi, non essendo richiamata dall'art. 23 della legge quadro n. 93, che riguarda l'applicazione nel pubblico impiego dei principi della legge n. 300 del 1970, proprio la norma sulla rappresentanza del personale nei luoghi di lavoro (art. 19), a dimostrazione della specificità del pubblico impiego. Ai criteri di rappresentatività del D.P.R. 395 del 1988 e delle successive circolari del Dipartimento della Funzione Pubblica, si deve un altro fenomeno: l'aggregazione delle sigle sindacali ai fini del raggiungimento della percentuale richiesta, che - se da una parte - ha prodotto il risultato di far scomparire una miriade di piccoli sindacati, in precedenza ammessi singolarmente alle trattative nazionali, dall'altra è stato sinonimo di una elevata conflittualità all'interno delle sigle sindacali che si federavano tra di loro più per motivi contingenti, legati al raggiungimento della prevista consistenza associativa, che per la condivisione di una strategia e politica sindacale comuni; il che ha comportato un'alta mobilità associativa, inducendo il Dipartimento a cambiare con molta frequenza ed anche in corso di trattativa, i decreti di individuazione della delegazione di parte sindacale da ammettere alle trattative. Come ulteriore considerazione si deve annotare che la procedura della rilevazione ed il riconoscimento dell'ammissibilità avevano assunto, nel quadro di riferimento dell'epoca, anche per la natura degli atti adottati (decreti) la chiara Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 33 La contrattazione collettiva connotazione di provvedimenti amministrativi pur vertendosi in materia di diritti sindacali, con conseguente tutela giurisdizionale dinanzi al giudice amministrativo. Per effetto delle leggi collegate alla manovra finanziaria di metà anno 1992, la contrattazione del pubblico impiego è stata sospesa e rinviata al 1 gennaio 1994 in attesa della riforma avvenuta con il D.Lgs. del 3 febbraio 1993, n. 29, recante le norme per la razionalizzazione delle amministrazioni pubbliche e la revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, al quale si deve l'avvio del processo di privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti e dirigenti pubblici. In tale contesto, l'originario art. 47 del citato decreto, con riguardo alle organizzazioni e confederazioni sindacali da ammettere alle trattative nazionali e decentrate conferma, in via transitoria, la regolamentazione del D.P.R. n. 395 del 1988 e delle successive circolari-direttive del Dipartimento della Funzione Pubblica, sino alla conclusione di un ulteriore accordo con il quale avrebbe dovuto essere nuovamente disciplinato l'accertamento della maggiore rappresentatività sul piano nazionale delle confederazioni ed organizzazioni sindacali. il referendum abrogativo dell'11 giugno 1995 ha avuto esito positivo, decretando la caducazione dell'art. 47 che regolava, in via transitoria, l' accertamento della rappresentatività dei soggetti da ammettere alle trattative nazionali e decentrate. In tal senso si è espresso anche il Consiglio di Stato, il quale, con il parere del 27 settembre 1995, n. 355, ha individuato in una fonte normativa, presumibilmente di legge, la fonte abilitata a rivedere, per il futuro, il sistema della rappresentatività e rappresentanza sindacale, come poi avvenuto con la legge 59 del 1997 ed i successivi Decreti Legislativi n. 396 del 1997 e n. 80 del 1998 cui sarà fatto un cenno più avanti. L'abrogazione dell'intero art. 47 ha prodotto effetti diversi sull'individuazione dei soggetti da ammettere alle trattative nazionali e decentrate, incidendo sia sulla rappresentatività che sulla rappresentanza del personale. Infatti a livello nazionale, si è verificato un totale vuoto normativo, arrivato in un momento assai critico, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 33 La contrattazione collettiva caratterizzato - nell'imminenza dell'avvio dei negoziati dei contratti collettivi relativi al secondo biennio 1996-1997 - dalla necessità di un nuovo accertamento della rappresentatività (ferma ai dati rilevati dal Dipartimento della Funzione Pubblica oltre tre anni prima), anche nel rispetto dei principi stabiliti dalla sentenza della Corte Costituzionale 4 dicembre 1995, 497 che aveva considerato illegittima ogni forma di cristallizzazione della rappresentatività. Per affrontare la momentanea emergenza ed in mancanza di un atto normativo, il Governo - con propria direttiva - ha conferito all'Aran («Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni» costituta dal D.Lgs. n. 29 per la contrattazione nel pubblico impiego) il mandato di individuare nuovi criteri di rappresentatività per l'ammissione alle trattative delle organizzazioni e confederazioni sindacali nel biennio citato. Essendo l'Aran priva, all'epoca, di qualsiasi competenza in materia di accertamento della rappresentatività - funzione rimasta ancora al Dipartimento della Funzione Pubblica - la forzatura delle direttive governative appare evidente, anche se giustificabile, sul piano logico, perché, in fondo, coerente con il sistema privatistico nel cui ambito il potere del riconoscimento della propria controparte compete al soggetto negoziale datore di lavoro, anche se tale qualificazione è impropria rispetto all'Aran. Il difetto di competenza dell'Agenzia, eccepito dalle organizzazioni sindacali nei giudizi instauratisi avverso i successivi accertamenti della rappresentatività, si è, comunque, definitivamente sanato con la legge n. 59 del 1997 ed i successivi decreti delegati. L'Aran, sempre nella logica che l'accertamento fosse un provvedimento amministrativo, ha assolto il mandato affidatole con deliberazioni assunte il 9 e 13 febbraio 1996 che presentano qualche spunto di novità rispetto alle circolari-direttive del Dipartimento, poi ripreso dalla successiva legislazione delegata. Infatti, fermi rimanendo i criteri relativi alla consistenza associativa ed alla diffusione territoriale, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 21 di 33 La contrattazione collettiva viene meno il criterio dei voti riportati nell'elezione degli organismi sindacali interni, ove previsti, essendo questi ormai stati soppressi dalla legislazione della riforma; rimangono anche invariate le differenti percentuali di rappresentatività richieste per i comparti e per le aree della dirigenza dalle circolari-direttive del Dipartimento della Funzione Pubblica. Spariscono dai comparti le verifiche della rappresentatività per le categorie settoriali e le specifiche tipologie professionali mentre, in ottemperanza all'art. 46 del D.Lgs. n. 29, non toccato dal referendum abrogativo, il personale appartenente a queste ultime è annesso alle aree della dirigenza e, quindi, la flessibilizzazione delle percentuali di rappresentatività si rinviene solo con riferimento a queste aree. I criteri numerici fissati dalle deliberazioni sono vincolanti per l'Aran e non consentono a questa di esercitare alcun potere discrezionale circa l'ammissione alle trattative delle organizzazioni di categoria vicine alla soglia di rappresentatività. Le confederazioni sono ammesse alle trattative di tutti i comparti o di tutte le aree dirigenziali solo se, rispettivamente negli uni o nelle altre, hanno due organizzazioni di categoria rappresentative ad esse aderenti, a differenza del passato in cui era sufficiente avere due organizzazioni in totale (indifferentemente di comparto o di area) per essere ammessi a tutte le trattative, comprese quelle degli accordi quadro. La modifica di parte dei criteri di accertamento della rappresentatività ha provocato l'esclusione dalle trattative del secondo biennio 1996-1997 di alcune confederazioni ed organizzazioni di categoria di settori particolari con la conseguente impugnativa dinanzi al giudice amministrativo. Le istanze cautelari sono state accolte (con conseguente ammissione con riserva dei soggetti esclusi alle trattative dei relativi comparti o aree) sorprendentemente, non con riferimento ai criteri prescelti o al difetto di competenza dell'Aran (pur rilevato da alcuni ricorrenti), ma al fatto che l'esclusione avrebbe comportato l'impossibilità, per le organizzazioni e confederazioni non più rappresentative, di partecipare al rinnovo Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 22 di 33 La contrattazione collettiva dei contratti di lavoro del secondo biennio di parte economica, ritenuti dal TAR non contratti autonomi ma prosecuzione del contratto quadriennale di parte normativa e I biennio economico (cfr. per tutte TAR Lazio, sez. I, ordinanza motivata 899 del 1996; id. dec. 2 dicembre 1997, n. 2007). Vale la pena di ricordare che, nel corso di tali giudizi, l'Aran ha proposto il regolamento di giurisdizione ritenendo che le controversie in tema di diritti sindacali fossero, anche nel sistema pubblico, ormai di competenza del giudice ordinario. La Corte di Cassazione a sezioni riunite con sentenze 1398 del 1997 e 7179 del 1998 (confermative della sentenza dello stesso giudice 17 marzo 1989, n. 1354) ha attribuito alla giurisdizione del giudice ordinario la tutela degli interessi propri ed esclusivi delle organizzazioni sindacali, anche quando tali interessi si concretizzino nell'ambito dell'impiego pubblico. Principio ormai confermato nell'art. 68, comma 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993 (ora 63 del D.Lgs. 165 del 2001). Nessuno dei giudizi relativi ai ricorsi presentati avverso le delibere dell'Agenzia si è concluso nel merito per la mancanza di interesse a proseguirli da entrambe le parti, anche dinanzi al giudice ordinario, essendosi ormai concluse le trattative dei comparti o delle aree interessate tra il 1996 ed il 1997. Non è dato, quindi, conoscere quale sarebbe stato il giudizio finale sul contenzioso dell'epoca, ripresentatosi, come vedremo più avanti, con altri esiti, anche nella stagione contrattuale 1998-2001. Dall'esame delle norme legislative citate negli ultimi paragrafi e dal contributo fornito, alla loro realizzazione e completamento, dai contratti collettivi quadro per la parte di competenza, emerge con molta chiarezza che nel pubblico impiego esiste un sistema forte di relazioni sindacali che - pur nel rispetto dei reciproci ruoli - trova la sua ragione nella partecipazione delle parti sociali al processo di riforma, voluta espressamente allo scopo di ottenere il massimo coinvolgimento e la condivisione dei lavoratori interessati al cambiamento (art. 9 del D.Lgs. 165 del 2001). L'affidamento alla fonte pattizia della regolazione delle relazioni e dei diritti Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 23 di 33 La contrattazione collettiva sindacali, oltre a prevedere la partecipazione di tali soggetti alla trasformazione del modello organizzativo, contribuisce a garantire un confronto costruttivo tra le parti, frutto dell'auto disciplina come regola di comportamento. La rappresentatività e la rappresentanza nei luoghi di lavoro sono due concetti del tutto diversi ma strettamente interconnessi al punto che spesso è difficile distinguerli. La misurazione della rappresentatività dei sindacati a livello nazionale per l'ammissione alle trattative si fonda, infatti, sul consenso manifestato dai lavoratori attraverso l'iscrizione ed il pagamento del contributo sindacale e con il voto espresso nell'elezione degli organismi di rappresentanza nei luoghi di lavoro, dati che, congiuntamente, concorrono a formare la media sulla quale si calcola la percentuale di legge. La partecipazione alle elezioni delle RSU, pur rimanendo facoltativa, diventa, nei fatti, un evento irrinunciabile e quasi obbligatorio per le organizzazioni sindacali che altrimenti metterebbero a rischio la propria rappresentatività nazionale (cfr. Tribunale di Roma, sentenza del 5 novembre 1999, n. 16451). La misurazione di quest'ultima è periodica ed esaurisce i suoi effetti con riguardo al biennio di riferimento. I risultati raggiunti, per lo stesso arco di tempo non sono intaccati né dai mutamenti associativi delle organizzazioni sindacali ammesse né dalle vicende degli organismi di rappresentanza elettivi (decadenza, mancato funzionamento). Per tale motivo, mentre la rappresentatività delle organizzazioni sindacali è garantita a livello nazionale per un biennio e tale garanzia si estende anche ai componenti territoriali delle stesse che - se firmatarie - fanno parte della delegazione sindacale dei luoghi di lavoro, per le RSU, in caso di loro decadenza prima del termine naturale del triennio, si deve immediatamente procedere alla rielezione in quanto esse vivono di vita propria. La rielezione non influenza più i dati elettorali della Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 24 di 33 La contrattazione collettiva rappresentatività nazionale poiché quelli presi a riferimento coincidono con i risultati ottenuti dai sindacati nei giorni fissati per le elezioni generali. Come si è sottolineato nel paragrafo n. 10, nella sede di lavoro la rappresentanza del personale assume una forma complessa che si esprime, al suo massimo livello, attraverso l'elezione della RSU - che è il risultato di una scelta liberamente espressa, con il voto, dai lavoratori a prescindere dalla loro iscrizione al sindacato - non meno che attraverso l'appartenenza al sindacato stesso che, se firmatario dei contratti collettivi nazionali, diventa soggetto negoziale con dignità e peso pari a quello della RSU. In questo contesto si potrebbe affermare che la rappresentanza dei lavoratori nel pubblico impiego non è univoca e mantiene un carattere di specialità, non potendosi negare che essa possa essere esercitata disgiuntamente dai due soggetti (RSU o sindacato rappresentativo, comunque presente nella sede di lavoro) o congiuntamente, da entrambi, nell'ambito della delegazione trattante di cui fanno unitariamente parte. Ecco anche, perché molto spesso, quando indicano i soggetti sindacali della sede decentrata, i contratti collettivi preferiscono fare riferimento più alla delegazione nel suo complesso che ai soggetti che la compongono, benché la contrattazione integrativa non esaurisca tutti gli altri livelli di relazioni sindacali del luogo di lavoro che possono essere attivati singolarmente dalla RSU a tutela dell'interesse dei lavoratori. La compresenza nella sede decentrata di più soggetti di rappresentanza (elettivi o designati) determina nell'attuale sistema anche una forma di competitività che porta ad azioni di lotta interna fra i soggetti sindacali, come si è evidenziato nel precedente paragrafo. Non va poi trascurato il fatto che una forma di rappresentanza, sia pure molto limitata e singolare, sia esercitata anche dai sindacati non rappresentativi (specie nei casi di alta concentrazione di essi in alcune sedi di lavoro) i quali, oltre a poter essere presenti tra i componenti eletti nella RSU, sono comunque abilitati a costituire i terminali di tipo associativo, eredi delle tramontate RSA, in virtù della loro Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 25 di 33 La contrattazione collettiva partecipazione alle elezioni; organismi con i quali essi attestano la loro presenza nella sede di lavoro, quanto meno, ai fini del proselitismo (art. 10 dell'accordo collettivo quadro del 7 agosto 1998). In ogni caso, pur con le incertezze e le specificità che la rendono peculiare, la riforma del 1998 della rappresentatività e della rappresentanza delle organizzazioni sindacali nel pubblico impiego costituisce un esempio significativo di regolazione delle relazioni sindacali, quale insieme di norme legislative e pattizie, le quali, nella loro piena attuazione, si sono, da ultimo, consolidate anche con il conforto di una costante favorevole giurisprudenza del giudice ordinario. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 26 di 33 La contrattazione collettiva 4 I limiti all’autonomia privata nel rapporto di lavoro La funzione tradizionale e tipica del contratto collettivo è quella di dettare la disciplina dei rapporti individuali di lavoro. L’attitudine del contratto collettivo a realizzare tale funzione deriva dal fatto che esso non è una somma di contratti individuali di lavoro, ma è destinato a trovare applicazione ad una serie aperta e, se si vuole, indefinita di soggetti, se e quando diventeranno parti di un rapporto di lavoro al quale quel contratto collettivo sia applicabile. Questa funzione tipica trova il suo fondamento nella circostanza che il sindacato provvede alla stipula sulla scorta di un potere giuridico che gli originariamente proprio e, cioè, nell’esercizio di un potere che non gli è conferito dai singoli lavoratori. Soltanto in questa prospettiva, si spiega come l’organizzazione sindacale possa, indifferentemente, avere struttura associativa o istituzionale e, soprattutto, possa stipulare contratti collettivi nell’esercizio di un potere che non è, né potrebbe essere, conferito dai singoli associati, in quanto questi sono esclusivamente titolari dei poteri caratteristici dell’autonomia privata individuale e non già del potere costitutivo dell’autonomia collettiva. Del resto, che l’autonomia nell’esercizio della quale è stipulato il contratto collettivo, pur essendo privata, sia diversa da quella individuale risulta dalla stessa tipicità degli effetti di quel contratto. Questi ultimi non operano, come invece sarebbe tipico della autonomia privata individuale, sul piano obbligatorio, in quanto non determinano un obbligo del datore e del prestatore di lavoro di conformare il contenuto del singolo rapporto alla disciplina dettata in sede collettiva. Piuttosto, gli effetti del contratto collettivo incidono direttamente, e in modo inderogabile, sul contenuto stesso dei rapporti individuali di lavoro. Ed è in questo senso che all’esercizio della autonomia collettiva può essere ricondotta una efficacia di tipo Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 27 di 33 La contrattazione collettiva normativo. Questa conclusione, peraltro, non comporta affatto che il contratto individuale sia relegato in una posizione marginale rispetto a quello collettivo. In realtà, entrambi i contratti sono idonei a dare direttamente assetto alla medesima situazione e, cioè, al rapporto di lavoro. L’eventuale conflitto tra le due fonti è, però, risolto nel senso che il contratto collettivo prevale su quello individuale, a meno che quest’ultimo non preveda condizioni più favorevoli al lavoratore. Tutto ciò aiuta anche a comprendere l’automatica applicazione del contratto collettivo di diritto comune in occasione dei suoi periodici rinnovi, indipendentemente da una qualsiasi attività del datore o del prestatore di lavoro. In sintesi, la disciplina del rapporto è una disciplina inderogabile che, però, non ha natura strettamente imperativa potendo essere in ogni momento derogata dall’autonomia privata, anche se soltanto con disposizioni di favore per il lavoratore. Ci si trova, quindi, in presenza non di una soppressione dell’autonomia contrattuale, bensì della sua compressione per effetto dei limiti imposti da norme inderogabili, le quali, restringendo il potere di autoregolamento del contraente forte a vantaggio del contraente debole, hanno la funzione di sostenere l’autonomia individuale rafforzandola dal lato del lavoratore. Sia consentita, infine, un ultima precisazione: i limiti imposti all’autonomia negoziale nel rapporto di lavoro subordinato e sanciti a pena di nullità dei patti contrari mirano a realizzare l’effetto dell’inderogabilità del regolamento contrattuale, in virtù del quale le clausole volute dai contraenti in difformità dai precetti delle norme imperative di legge sono dalle stesse sostituite di diritto ex art. 1419 c.c.. Si producono l’effetto eliminativo proprio della nullità, che si mescola alla sostituzione legale delle clausole nulle ed alla inserzione automatica (inserimento nel contratto di quelle clausole imposte dalla legge o dalle norme corporative). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 28 di 33 La contrattazione collettiva 5 La tassatività del tipo e qualificazione della fattispecie del lavoro subordinato Anche il problema dell’interpretazione del contratto e della qualificazione del rapporto come di lavoro subordinato o, in alternativa, autonomo viene a collocarsi sul terreno dell’autonomia contrattuale o dei limiti cui questa va incontro. Per qualificare il rapporto occorre, ai sensi dell’art. 1362 comma 1 c.c., interpretare il contratto che lo ha instaurato e che lo regola e verificare se dall’intenzione comune dei contraenti risulti o meno la volontà di stabilire un rapporto di lavoro subordinato oppure autonomo. In concreto ciò che conta, non è il contenuto dell’accordo contrattuale ( c.d. volontà cartolare) ma l’attuazione e lo svolgimento dello stesso. L’attenzione deve essere posta sul comportamento tenuto dai contraenti nella fase esecutiva del rapporto, verificando in concreto se ricorrono gli indici sintomatici della subordinazione. In questo modo, la sottoposizione del lavoratore al potere organizzativo e di controllo viene in rilievo non soltanto come comportamento esecutivo del vincolo obbligatorio, essa rileva come indicatore degli elementi tipici della fattispecie ed altresì come indicatore, sul piano della realtà sociale, della ricorrenza in concreto della figura del lavoratore subordinato. La prevalenza del momento attuativo è anzitutto la conseguenza della compressione dell’autonomia individuale quale fonte regolatrice del rapporto di lavoro rispetto alle fonti ad essa sovraordinate (legge e/o contratto collettivo): di qui il collegamento tra il tipo legale (o normativo) del contratto, identificato sul piano causale dalla subordinazione come vincolo funzionale alla collaborazione, e la disciplina imperativa del rapporto o statuto protettivo del lavoratore come persona e come contraente debole. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 29 di 33 La contrattazione collettiva In questo modo il contratto di lavoro sembra distaccarsi dal modello civilistico del contratto come regolamento di interessi dominato dalla libertà contrattuale (art. 1322 comma 1 c.c.) e quindi dalla volontà delle parti. Ed invero in quel modello la volontà comune si manifesta mediante l’accordo (art. 1325 n. 1 c.c.) e può determinare liberamente il contenuto del contratto, scegliendo gli elementi del concreto regolamento di interessi indipendentemente dallo schema o tipo legale in cui tale operazione dovrà essere inquadrata. In generale l’autonomia privata può determinare la concreta qualificazione del contratto nell’uno o nell’altro dei tipi c.d. nominati oppure in nessuno dei tipi previsti dalla legge, in particolare richiamando, modificando od escludendo liberamente gli elementi essenziali di ciascun tipo legale. Viceversa nel contratto di lavoro alla volontà delle parti è inibito separare la subordinazione dallo statuto protettivo. Proprio perché essa non può essere separata dal tipo legale del contratto di lavoro subordinato, che diversamente dagli altri tipi legali si configura quale tipo o modello rigido di regolamento imperativo di interessi, si parla in proposito di indisponibilità del tipo legale. Ma è necessario chiarire che la compressione dell’autonomia contrattuale nei limiti della funzione genetica del rapporto e la riduzione della sua funzione regolamentare nei limiti segnati dalla legge e dai contratti collettivi (e dunque restando salva la determinazione di patti o condizioni più favorevoli al lavoratore), se giustificano la prevalenza del momento attuativo sul momento costitutivo del rapporto, non importano che l’autonomia negoziale sia spogliata della libertà di determinare , sia pure nei limiti stabiliti dalle norme imperative, il contenuto e l’oggetto delle reciproche obbligazioni e in genere la struttura del rapporto contrattuale e le sue vicende. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 30 di 33 La contrattazione collettiva 6 La formazione del contratto di lavoro. La questione relativa alla formazione del contratto ci impone di fornire brevi cenni in ordine alla stipulazione dei contratti collettivi per poi riferirsi a quelli individuali. Ogni contratto collettivo ha generalmente durata biennale o triennale. Alla scadenza si procede alla rinnovazione del contratto stesso mediante un procedimento che si articola nelle seguenti tre fasi: 1. preparazione ed elaborazione della proposta contrattuale; 2. negoziazione ed eventuale mediazione dei pubblici poteri; 3. accordo finale. Già prima della scadenza (ed entro comunque tre mesi), le organizzazioni sindacali solitamente presentano delle piattaforme rivendicative (c.d. “pacchetti”). Queste contengono specifiche richieste che rappresentano la base minima della futura contrattazione. Per quanto concerne, invece, il contratto individuale di lavoro, la fattispecie non presenta particolarità rispetto alla normativa generale in tema di formazione e conclusione del contratto. Il contratto di lavoro presenta, comunque, alcune peculiarità rispetto al contratto generico di diritto civile. In particolare assume un rilievo specifico la necessità di stabilire in quale momento può considerarsi intervenuto l’incontro delle volontà idoneo a perfezionarne la conclusione: cioè quando si verifichi l’esatta corrispondenza tra la proposta e l’accettazione. Di norma tutto questo avviene tramite l’adesione del lavoratore, la qualcosa ha determinato l’affermarsi della teoria secondo cui il contratto individuale di lavoro è assimilabile al contratto di adesione (art. 1341 c.c.). Questa assimilazione non è però assoluta, in Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 31 di 33 La contrattazione collettiva quanto, nel contratto individuale di lavoro, la determinazione delle clausole generali non è bilaterale, non essendo queste ultime imposte dal contraente forte al fine di dettare una regolamentazione uniforme di una serie determinata di contratti di massa (art. 1341 c.c. – ratio del contratto di adesione). La determinazione delle clausole è, infatti, demandata, normalmente, all’autonomia collettiva laddove all’autonomia individuale compete peraltro in via secondaria la determinazione di speciali condizioni più favorevoli al lavoratore (art. 2077 comma 2 c.c.). La formazione del contratto individuale di lavoro presenta, altresì, ulteriori diversità rispetto alla disciplina generale del contratto. Se, infatti, prendiamo in esame due elementi fondamentali perché costitutivi della sequenza relativa alla formazione del negozio, e cioè la forma ed il consenso, risulta evidente come nel contratto di lavoro il ruolo di entrambi questi elementi sia caratterizzato dalla presenza di molteplici limiti imposti dalla legge all’autonomia contrattuale, in funzione non della tutela bilaterale dei contraenti, ma della tutela unilaterale del lavoratore, quale contraente debole. Specificatamente è da rilevare che, in relazione alla formazione del contratto individuale di lavoro, vige il principio della libertà della forma. Vi sono però alcune eccezioni: 1.contratto di arruolamento marittimo (art. 328 cod. nav.) → atto pubblico; 2.contratti di lavoro parziale, intermittente, ripartito → forma scritta ad probationem; 3.contratto di inserimento → forma scritta ad substantiam; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 32 di 33 La contrattazione collettiva 4.contratto di apprendistato, contratto di formazione e contratto di lavoro a progetto → forma scritta ad substantiam. Va, altresì, evidenziata la tendenza ad imporre la forma scritta ad substantiam per particolari patti o elementi accidentali del contratto di lavoro che potrebbero risultate lesivi di un interesse del lavoratore (apposizione di un termine). Degna di nota è la direttiva 14 ottobre 1991 n. 91/533, attuata con D.lgs 26 maggio 1997 n. 152 con cui si è imposto al datore di lavoro di comunicare al lavoratore le principali condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro e di informare il lavoratore circa eventuali variazioni. In ordine alla manifestazione del consenso si deve notare che il momento genetico della formazione e il momento attuativo dell’esecuzione vanno tenuti distinti, pur non trascurando la prevalenza del ruolo del secondo rispetto al primo. Lo scambio del consenso nell’ambito della formazione dei contratto individuali di lavoro è questione più teorica che pratica. La differente posizione contrattuale del datore e del prestatore, impone a quest’ultimo di accettare la proposta contrattuale a prescindere dalla convenienza del contenuto. Dunque, nella formazione del contratto di lavoro, oggetto del consenso non è tanto il contenuto quanto la stipulazione stessa del contratto → non si discute tanto del come quanto del se del contratto, a conferma della posizione impari ricoperta dal lavoratore che resta sempre il contraente debole. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 33 di 33