MISURE DI PREVENZIONE, PROCEDURE CONCORSUALI E TUTELA DEI RAPPORTI di Antonio Caiafa, Professore Sommario: 1. Premessa – 2. Rapporti tra misure di prevenzione e procedure concorsuali – 3. Continuazione dell’esercizio di impresa e rapporti giuridici pendenti. 1. Premessa Il d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 ha introdotto un codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione ed ha, in particolare, operato una integrale modifica del rapporto tra queste e la tutela dei terzi quante volte alla misura interdittiva faccia seguito l’apertura di una procedura concorsuale, ovvero questa la preceda. Particolare attenzione è stata dedicata alla gestione delle aziende sequestrate (art. 41) con la previsione della possibile prosecuzione o ripresa dell’attività attraverso una gestione surrogatoria affidata all’amministratore giudiziario, con il compito di provvedere agli atti di ordinaria amministrazione funzionali all’attività economica dell’azienda, mediante indicazione, da parte del giudice delegato, in ragione della capacità produttiva e del mercato di riferimento, del limite di valore entro il quale gli atti si ritengono ordinari. È stata, dunque, attuata una vera e propria risistemazione della complessa normativa di settore, al dichiarato scopo di semplificare l’attività dell’interprete e, al tempo stesso, di migliorare l’efficienza delle procedure di gestione dei beni in sequestro e di destinazione di quelli confiscati e con recepimento, nel testo, di talune soluzioni operative prospettate, nel corso degli anni, dalla giurisprudenza di merito e di legittimità. 2. I rapporti tra le misure di prevenzione e le procedure concorsuali Il processo di armonizzazione e coordinamento ha riguardato, in particolare, i rapporti tra procedimento di applicazione delle misure di prevenzione e procedure concorsuali, nell’intento di garantire i creditori dalle interferenze correlate alla fase liquidatoria dei beni acquisiti all’attivo del fallimento, mediante la previsione che i beni sequestrati o confiscati devono intendersi sottratti all’attivo e vanno, conseguentemente, gestiti secondo le norme proprie stabilite per il procedimento di prevenzione riconoscendo, tuttavia, ai creditori insoddisfatti sulla massa acquisita dal fallimento, il diritto di rivalersi sul valore dei beni confiscati, al netto delle spese sostenute per il procedimento di prevenzione. Viene riconosciuto al Pubblico Ministero, al pari di quel che accade nell’ambito della legge fallimentare riformata, su segnalazione dell’amministratore giudiziario, di poter richiedere al tribunale competente la dichiarazione di fallimento dell’impresa individuale, o collettiva, insolvente e nei cui confronti sia stata disposta una misura di prevenzione patrimoniale. Particolare attenzione viene rivolta alla regolamentazione degli effetti a seconda che nel rapporto tra misure di prevenzione e fallimento questo sia successivo, ovvero, precedente al sequestro, pur nella consapevolezza che la procedura concorsuale spiega effetti ben più ampi di quelli propri della misura di prevenzione, che incidono sulla disponibilità dei beni e non già sulla titolarità degli stessi, che permane in capo all’imprenditore insolvente. In particolare l’art. 63 regola l’ipotesi in cui la dichiarazione di fallimento sia posteriore al sequestro di prevenzione, mentre il successivo art. 64 si occupa della fattispecie speculare alla prima, in cui la misura interviene in un momento successivo rispetto all’apertura della procedura concorsuale. Le nuove disposizioni risultano essere il frutto di una attenta mediazione tra i precedenti orientamenti giurisprudenziali e dottrinali, in contrasto tra loro, che avevano rispettivamente riconosciuto prevalenza ora al fallimento ora alla misura di prevenzione, ovvero che avevano ritenuto di adottare un criterio di delimitazione temporale dell’efficacia delle due concorrenti misure (prior in tempore, potior in iure). Il tema maggiormente delicato ha sempre riguardato la necessità di individuare una soluzione appagante per risolvere il problema delle interferenze tra misura di prevenzione e procedura concorsuale al fine di poter stabilire, con assoluta certezza, se i beni compresi nel fallimento possano essere, o meno, sottratti al sequestro e sia possibile, quindi, per i creditori concorsuali, divenuti concorrenti, di poter soddisfare le proprie ragioni sull’attivo e, ancora, se il proposto criterio temporale possa ritenersi coerente con riferimento a misure non omogenee, tenuto conto dei presupposti, degli scopi e degli effetti alle stesse correlate, sì da non poter essere negata l’esigenza di individuare una prevalenza, in ogni caso, tra di esse, riconoscendola in favore delle misure di prevenzione. Di qui la necessità di operare una scelta condivisa in ragione della impossibilità di configurare la coesistenza, sui medesimi beni, di entrambe le misure e, dunque, di dover risolvere il rapporto anche in relazione alla individuazione del giudice competente ad accertare il diritto dei creditori di partecipare alla distribuzione dell’attivo realizzato, a seconda della precedenza della misura di prevenzione ovvero della dichiarazione di fallimento e, al tempo stesso, della entità, parziale o integrale, dei beni coinvolti. È stata assicurata piena tutela ai terzi, i cui diritti di credito risultino anteriori al sequestro, purché documentati con atto avente data certa, avendo il legislatore inteso garantire, da un lato, l’effettività della misura reale e, dall’altro, i diritti di coloro che risultino estranei all’attività delittuosa del proposto. 3. Continuazione dell’esercizio di impresa e rapporti giuridici pendenti Qualora il sequestro abbia ad oggetto aziende, la continuazione dell’esercizio dell’impresa è possibile, all’evidenza, quante volte al momento della pronuncia della cautela l’attività non sia cessata, in quanto, diversamente, venendo meno l’esigenza di conservazione dei valori di funzionamento, sarebbe impossibile svolgere valutazioni circa l’opportunità di riprendere un’attività cessata, anche perché amministrazione e sfruttamento dell’organizzazione dei beni non possono mai discostarsi dal fine tipico della misura cautelare, che non si sostanzia, necessariamente, nella possibilità di una liquidazione più proficua e vantaggiosa del bene, ma anche nella mera conservazione dello stesso. L’amministratore giudiziario è, pertanto, onerato di predisporre una relazione volta ad illustrare, in modo particolareggiato, lo stato dell’attività aziendale e le reali prospettive di prosecuzione per consentire al tribunale di approvarne il “programma” predisposto con decreto motivato, con il quale verranno anche impartite le direttive per la gestione dell’impresa attraverso un iter pressoché omologo a quello previsto dall’art. 104 l. fall., che, nel regolamentare l’esercizio provvisorio dell’impresa del fallito, riconosce al tribunale, al primo comma, il potere di disporlo, anche limitatamente a specifici rami dell’azienda, ove dall’interruzione possa derivare un danno grave, purchè non arrechi pregiudizio ai creditori e permetta al giudice delegato di adottare una identica misura diretta a consentire la continuazione temporanea dell’attività di impresa, alla condizione che il comitato dei creditori abbia espresso parere favorevole. Per quanto concerne i rapporti giuridici connessi all’amministrazione dell’azienda, l’art. 41, comma 4, espressamente prevede che essi siano regolati dalle norme del codice civile “…ove non espressamente altrimenti disposto”, e seppur si verifica il succedersi di due diversi soggetti nella gestione della medesima attività imprenditoriale, non ricorrono nel caso di specie gli elementi integranti il trasferimento di azienda (art. 2112 cod. civ.), ciò in quanto il provvedimento di sequestro viene ad incidere solo temporaneamente sulla disponibilità dei beni e non già sulla titolarità di essi, sicchè, quale condizione transitoria e non già definitiva, risulta essere una misura intesa a realizzare, in via temporanea, la conservazione dei valori di funzionamento dell’azienda, tant’è che in caso di revoca retrocedono al proposto. La misura di prevenzione non integra e non dà luogo, dunque, ad una vicenda traslativa, poichè la gestione sostitutiva, dall’imprenditore sottoposto alla misura di prevenzione e titolare dell’azienda all’amministratore giudiziario, non attua alcuna modificazione del centro d’imputazione dei rapporti, che si realizza, esclusivamente, quando il complesso dei beni organizzati per l’esercizio dell’attività di impresa, mantenuto al patrimonio dello Stato, viene destinato, con provvedimento dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei beni, sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, alla liquidazione attraverso la realizzazione di una vicenda circolatoria temporanea (affitto), ovvero definitiva (vendita). La previsione ricalca, anche in questo caso, la disciplina introdotta con la legge di riforma delle procedure concorsuali con riferimento all’istituto, partitamente, dell’affitto (art. 104 bis l. fall.), ovvero della vendita dell’azienda e di singoli rami (art. 105 l. fall.), prevedendosi, laddove vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività produttiva, la concessione in affitto dell’azienda, anche a titolo gratuito, a cooperative di lavoratori dipendenti dell’impresa confiscata, laddove, al contrario, ove avvenga in favore di altri soggetti, nella scelta dovranno essere privilegiate le soluzioni che garantiscono il mantenimento dei livelli occupazionali, con riconoscimento, peraltro, all’affittuario del diritto di prelazione entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione della vendita del bene da parte dell’Agenzia. Se, però, i motivi della scelta del trasferimento, nell’ipotesi di vicenda circolatoria volontaria, attengono alla libera determinazione dell’imprenditore ed è giustamente prevista la possibilità di uno scrutinio degli stessi nel corso di una procedura di informazione e di esame congiunto, da parte delle OO.SS., il cui diretto interesse sarà quello di evitare che dal trasferimento possano derivare riduzione dei livelli occupazionali ovvero modifiche di inquadramento, mansioni o trattamenti economici - il tutto sanzionato, in caso di omissione, mediante la prevista applicazione dell’art. 28 della legge n. 300 del 1970 - c’è da chiedersi se, in assenza di una previsione omologa, debba osservarsi identico iter procedimentale, dal momento che la disposizione normativa (art. 48, comma 8) non richiama l’art. 47 della legge n. 428 del 1990, né prevede, peraltro, che la realizzazione della vicenda, sia essa temporanea o definitiva, intervenga attraverso la mediazione delle OO.SS. e la conclusione di un accordo collettivo che possa rendere flessibile, in modo assoluto o relativo, gli obblighi derivanti dall’art. 2112 cod. civ. Ed infatti, mentre il mutamento formale della persona responsabile della gestione, ove non accompagnato dal trasferimento dell’entità economica, non configura una cessione in senso proprio, dal momento che si attua, in tal caso, una gestione in nome e per conto altrui con obbligo di rendiconto, solo eventuali modificazioni della titolarità giustificano l’adozione del particolare iter procedimentale, perché sia attuata la piena e più soddisfacente tutela di coloro che sono coinvolti nella vicenda traslativa attraverso la ricerca di un consensuale contemperamento degli interessi, consentendo la verifica dei motivi del trasferimento, delle conseguenze giuridiche, economico-sociali per i lavoratori interessati alla vicenda traslativa e delle eventuali misure previste nei confronti di coloro che potrebbero risultare eccedentari. Diversa è l’attività dei rispettivi organi (amministratore giudiziario ed Agenzia) anche con riferimento al tipo di cautela, se preventiva o repressiva, trovandosi questi a dover svolgere, nel primo caso, un’attività di conservazione del patrimonio sequestrato e di effettiva gestione ed amministrazione dello stesso, per preservarne funzioni e scopi, laddove, al contrario, nell’ipotesi della confisca l’attività sarà più direttamente indirizzata alla liquidazione del patrimonio medesimo, al diverso fine di attuare la tutela giuridica dei terzi per titoli anteriori al procedimento di prevenzione. Nell’ipotesi della confisca l’attività dell’Agenzia è, difatti, diretta alla liquidazione del patrimonio e, in siffatto ambito, ove venga attuata una vicenda circolatoria, non risulta affatto presa in considerazione la necessità di realizzare la garanzia del reddito dei lavoratori interessati e di mantenere invariato, nei limiti del possibile, il livello occupazionale dell’organismo produttivo pur se, nel caso dell’affitto, nella scelta dell’affittuario sono state privilegiate le soluzioni che offrono una maggiore tutela e garanzia del posto di lavoro. Il legislatore, attraverso l’art. 56, con riferimento ai rapporti pendenti, ha condiviso la soluzione adottata dalla legge di riforma delle procedure concorsuali (art. 72 l. fall.), che consente al curatore di scegliere fra l’esecuzione e lo scioglimento dei rapporti e, in particolare, per quel che concerne quelli di lavoro, di sospenderne, temporalmente, l’efficacia e la continuità allo scopo di rendere flessibili le conseguenze altrimenti derivanti dall’applicazione dell’art. 2112 cod. civ., ciò in quanto, con riferimento al contratto di lavoro, ben scarso è lo spazio di manovra per quel che concerne la possibile operatività delle cause comuni di scioglimento del rapporto dovendosi, al contrario, far riferimento, in modo esclusivo e puntuale, alle norme speciali volte a regolamentarne la risoluzione. La novella, pertanto, nell’intento di porre rimedio a siffatte carenze ha introdotto significative modifiche al sistema vigente ed ha inteso recepire alcune delle soluzioni elaborate dalla giurisprudenza attraverso la previsione di una regola generale, presente in molti ordinamenti, di rimettere la sorte dei rapporti giuridici in corso di esecuzione, in quanto ineseguiti ovvero non compiutamente eseguiti da entrambe le parti alla data di apertura della procedura concorsuale, all’organo di essa, libero, dunque, di subentravi ovvero sciogliersi da essi.