2) Malattia, congedi, ferie, permessi, aspettative, idoneità lavorativa
Quesito 1 (n. 12/2011)
Si rivolgono i seguenti quesiti:
1- i tre giorni di permesso art.19 C.C.N.L.6/7/95 possono essere usufruiti a ore e se si c’è un limite
minimo o massimo?
2- Nel caso di un dipendente che ha un orario di lavoro fisso su sei gg sett.li di 6,10 dal lunedi’ al
venerdi’ e di 5,10 il sabato, voglia recuperare nella giornata del sabato delle ore straordinarie
è giusto che l’Ente gli chieda il recupero di 6,00 anche se lo stesso al sabato ne fa sempre
5,10 con la giustificazione che il programma di rilevazione automatica delle presenze è
impostato con 6,00 gionaliere dal lunedì al sabato?
3- è possibile usufruire dei permessi dell’art.104/1992 in caso di documentata situazione di
urgenza ( pronto soccorso, visita urgente….) comunicando solo telefonicamente all’ente
l’assenza della giornata e formalizzando dopo la domanda ?
Si precisa che l’ente non ha nessun regolamento o accordo interno approvato.
Risposta
1) Circa la ammissibilità della trasformazione in ore dei permessi ex art. 19, l’ARAN si è espressa sulla
questione escludendo tale possibilità, in quanto il CCNL non prevede il frazionamento ad ore. E’ solo
ammissibile la fruizione in modo frazionato e non continuativo, l’unità di misura è pertanto il giorno.
Sempre secondo l’ARAN il CCDI non può introdurre modalità di fruizione diverse da quelle previste dalla
normativa. Tale affermazione è confermata dall’art. 71, commi 4 e 6, D.L. 112/08 convertito nella Legge
133/08.
Non si può però ignorare che la prassi seguita da numerosi enti prevede la possibilità di furizione di tali
permessi anche ad ore, a fronte della mancanza di un esplicito divieto in tal senso nel CCNL. Nel caso in cui
si volesse consentire, comunque, la fruibilità ad ore dei permessi in questione, si ritiene di suggerire di
considerare per ogni giorno l’orario teorico e quindi: 36 ore settimanali diviso i giorni lavorativi (ore 7,12 per
attività lavorativa distribuita su 5 giorni o ore 6 per prestazione lavorativa su 6 giorni)
2) Se l’orario di lavoro stabilito dall’ente nella giornata di sabato è di ore 5,10, il recupero delle ore
straordinarie per l’intero giorno sarà uguale a ore 5,10.
Si coglie l’occasione per segnalare che l’art. 8 del D.Lgs. 66/03 disciplina la pausa giornaliera stabilendo
che se l’orario di lavoro giornaliero supera le 6 ore, il lavoratore deve beneficiare di un intervallo stabilito
dalla contrattazione collettiva. In mancanza di disposizioni contrattuali la pausa, per legge, deve essere
di almeno 10 minuti da collocare in base alle esigenze lavorative.
3 Il preavviso al datore di lavoro non è formalmente disciplinato da alcuna normativa specifica.
Per prassi, comunque, si ritiene che i permessi debbano essere richiesti in tempo utile al datore di
lavoro, allo scopo di contemperare le esigenze del lavoratore con le esigenze di garantire la continuità di
un pubblico servizio, nell’ambito dei principi di correttezza e buona fede.
Rimane comunque fermo che improcrastinabili esigenze di assistenza e quindi di tutela del disabile,
come sembra quella da voi rappresentata, non possono che prevalere sulle esigenze dell’ufficio (Parere
del Ministero del Lavoro 6.7.2010 n. 31).
Quesito 2 (n. 35/2011)
Una dipendente che gode di indennità di posizione, madre di un bambino che compirà 8 anni nel
mese di maggio, con riferimento a quest'ultimo ha chiesto, nei termini previsti dalla legge ( preavviso
di 15 giorni), di poter fruire di un congedo parentale di giorni 9, frazionati, durante il mese di aprile .
Si precisa che la stessa dipendente ha già fruito per il medesimo figlio di giorni 47 di congedo
parentale negli anni precedenti.
Si chiede di sapere se la dipendente in questione, titolare di posizione organizzativa, durante il
tempo di fruizione del congedo parentale conservi o meno il godimento della relativa indennità. Si
chiede cioè di sapere se si deve continuare ad erogare l'indennità di posizione durante il congedo
parentale tenendo presente che la dipendente ha già goduto di 47 giorni di congedo.
Risposta
Il caso sottoposto alla nostra attenzione riguarda il godimento o meno della retribuzione di posizione durante
il congedo parentale, in riferimento al figlio di età compresa fra i 3 e gli 8 anni.
Tale situazione rientra nella fattispecie di cui agli artt.32 e 34, 3°comma del D.Lgs.151/2011.
Infatti, dalla lettura congiunta dei suddetti articoli si evince che nel caso di congedi richiesti dal genitore nel
periodo compreso tra il 3° e l’8°anno del figlio, al genitore spetta un’indennità pari al 30% della retribuzione,
a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento
minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, per l’anno 2011 pari ad annui €.
15.221,31.
Conseguentemente, nell’ipotesi contraria in cui il genitore superi il limite reddituale suddetto il periodo di
congedo richiesto non è retribuito.
Pertanto, nel vostro caso, si ritiene che, essendo presumibilmente superato il limite reddituale di
€.15.221,31, il periodo di congedo richiesto dalla dipendente non sia retribuito e che, pertanto, non competa
nemmeno la retribuzione di posizione di cui la dipendente è titolare.
Quesito 3 (n. 69/2010)
Chiedo di sapere se questa amministrazione comunale (totale 13 dipendenti di cui 2 part time 18/36)
è obbligata a riconoscere permessi per diritto allo studio ad uno dei due dipendenti che ne ha fatto
richiesta e, se sì, a quale dei due:
DIPENDENTE 1: iscritto per l'anno accademico x al FUORI CORSO del TERZO ANNO del corso di
laurea in SCIENZE DELL'AMMINISTRAZIONE
DIPENDENTE 2: iscritto per l'anno accademico x al SECONDO ANNO del corso di laurea in SCIENZE
DEI SERVIZI GIURIDICI (la durata del corso è di 3 anni)
Per quest'ultimo dipendente si tratta della seconda laurea in quanto ha gia' conseguito la laurea in
architettura.
Si specifica che l'anno scorso il dipendente n. 1 ha già usufruito dei permessi per diritto allo studio
mentre il dipendente n. 2 non ne ha mai usufruito.
L'amministrazione chiede inoltre se, nel caso sia obbligata a concedere tali permessi, si possano
ripartire le 150 ore tra i due dipendenti che ne hanno fatto richiesta.
E nell'eventualità che nessuno dei due abbia superato tutti gli esami degli anni precedenti?
Risposta
In riferimento al quesito si fa presente che:
l’Amministrazione è obbigata a riconoscere i permessi per diritto allo studio ad uno dei due dipendenti che ne
hanno fatto richiesta.
Il dipendente 1) ha la priorità se il terzo anno cui è iscritto è l’ultimo di corso e se ha superato tutti gli esami
degli anni precedenti (primo e secondo) – vedi art. 15 comma 4 lett. a) del CCNL 14.9.2000 e parere ARAN
900-15A6.
Nel caso in cui ciò non fosse avvenuto avrebbe la precedenza il dipendente 2) in quanto frequenta il
penultimo anno del corso di laurea, purchè anch’egli abbia superato tutti gli esami previsti dai programmi
degli anni precedenti.
Inoltre si precisa che le 150 ore di permesso non possono essere ripartite fra i due dipendenti.
Nell'ultima eventualità da voi rappresentata infine nel quesito, avrebbe la precedenza il dipendente n. 2) in
quanto non ha mai usufruito dei permessi relativi al diritto allo studio per lo stesso corso.
Quesito 4 (n. 74/2010)
Con la presente siamo a chiedere gentilmente:
1) durante il congedo straordinario retribuito per assistenza a portatori di handicap spetta il salario
accessorio (produttività)?
2) quanti giorni di malattia può fare il personale dipendente prima di incorrere nel licenziamento?
Risposta
In riferimento al quesito, si comunica quanto segue:
1) Il D.L. 1.7.2009 n. 78, relativamente all’art. 71 del D.L. 112/08 (convertito nella legge133/08) ha
previsto, fra l’altro, l’abrogazione del 5° comma del predetto art. 71 che prevedeva l’impossibilità di
considerare presente un lavoratore assente dal lavoro ai fini della distribuzione delle risorse
decentrate.
Atteso che nessuna norma specifica quali siano le assenze che incidono sull’erogazione del salario
accessorio, tale individuazione è rimessa ad ogni singola amministrazione.
La scrivente Provincia non ha mai equiparato, anche prima dell’entrata in vigore del D.L. 112/08,
l’assenza dal servizio per congedo straordinario retribuito per assistenza ai portatori di handicap, alla
presenza in servizio per quanto riguarda la distribuzione della produttività.
Quindi, nel nostro ente, il lavoratore assente per questo motivo non percepisce la produttività per tali
giorni di assenza.
2) Il dipendente non in prova, assente per malattia, ha diritto alla conservazione del posto per un
periodo di diciotto mesi. Ai fini della maturazione del predetto periodo, si sommano tutte le assenze
per malattia intervenute nei tre anni precedenti l'ultimo episodio morboso in corso.
Superato tale periodo al lavoratore che ne faccia richiesta può essere concesso di assentarsi per un
ulteriore periodo di 18 mesi in casi particolarmente gravi.
Prima di concedere l'ulteriore periodo di assenza l'amministrazione procede, su richiesta del
dipendente, all'accertamento delle sue condizioni di salute, per il tramite della unità sanitaria locale
competente, al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità
fisica a svolgere qualsiasi proficuo lavoro.
Superati i suddetti periodi di conservazione del posto, nel caso che il dipendente sia riconosciuto
idoneo a proficuo lavoro ma non allo svolgimento delle mansioni del proprio profilo professionale,
l'amministrazione, compatibilmente con la sua struttura organizzativa e con le disponibilità organiche,
può utilizzarlo in mansioni equivalenti a quelle del profilo rivestito, nell'ambito della stessa categoria
oppure, ove ciò non sia possibile e con il consenso dell'interessato, anche in mansioni proprie di profilo
professionale ascritto alla categoria inferiore.
Ove non sia possibile utilizzare il lavoratore come sopra descritto, oppure nel caso che il
dipendente sia dichiarato permanentemente inidoneo a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, l'ente
può procedere alla risoluzione del rapporto, corrispondendo al dipendente l'indennità sostitutiva del
preavviso.
In caso di patologie gravi che richiedano terapie salvavita ed altre assimilabili, come ad esempio
l'emodialisi, la chemioterapia, il trattamento riabilitativo per soggetti affetti da AIDS, sono esclusi dal
computo dei giorni di assenza per malattia i relativi giorni di ricovero ospedaliero o di day-hospital
ed i giorni di assenza dovuti alle citate terapie, debitamente certificati dalla competente Azienda
sanitaria Locale o Struttura Convenzionata.
Quesito 5 (n. 75/2010)
Presso il nostro Comune lavora un dipendente a tempo indeterminato part-time a 18 ore suddivise su
4 giorni.
Si sposa a febbraio con rito civile e a giugno con rito religioso. Fermo restando che il congedo di 15
giorni consecutivi può essere goduto una sola volta,
1) può chiederlo indifferentemente o successivamente al rito civile o successivamente al rito
religioso?
2) i 15 giorni essendo consecutivi e non frazionabili iniziano dal lunedi e finiscono il lunedi compreso
di due settimane dopo, indipendentemente che il dipendente abbia un part-time su 4 giorni?
3) 'Di norma' il congedo viene concesso a decorrere dalla prima giornata lavorativa successiva alla
celebrazione del matrimonio. Potrebbe chiedere di usufruire del congedo anche tempo dopo?
Risposta
Preliminarmente riteniamo utile precisare che l'art.19 CCNL del 6/7/95 si è limitato a "contrattualizzare" la
precedente disciplina contenuta nell'art.37 comma 2 del T.U.n.3/1957 e nel RDL 24/6/1937, convertito in
legge 23/12/1937 n.2387, secondo cui in occasione del matrimonio al dipendente venivano riconosciuti 15
giorni di congedo straordinario.
L'attuale disciplina dell'art.19,comma 3 del CCNL del 6/7/95, riconosce espressamente il diritto dei lavoratori
a fruire di quindici giorni consecutivi di permesso retribuito "in occasione del matrimonio. L'espressione "in
occasione del matrimonio" stabilisce uno stretto collegamento tra l'evento matrimonio e la fruizione del
permesso; ne consegue che i due eventi devono realizzarsi in modo che il periodo di fruizione possa essere
giustificato dalla "occasione" del matrimonio. Tale collegamento, anche se non significa che la giornata del
matrimonio deve essere ricompresa nei quindici giorni di permesso, non può neanche comportare che la
relativa fruizione sia del tutto svincolata dall'evento giustificativo.
Come indirizzo pratico, ad esempio, il contratto integrativo della Provincia prevede che i 15 giorni di congedo
matrimoniale ricomprendano necessariamente la data del matrimonio; questa è comunque una scelta basata
sullo spazio di autonomia che il CCNL lascia in materia.
Un altro esempio che può essere utilmente seguito è quello del parere rilasciato dall'Aran, secondo il quale
in occasione di matrimonio celebrato nella giornata di sabato (non lavorativo), il permesso retribuito può
ragionevolmente decorrere dal lunedì successivo (prima giornata lavorativa) (Aran 795-19E2).
Sarebbe comunque opportuno che l’ente adottasse una linea di condotta univoca stabilendo con proprio atto
le modalità di utilizzo del congedo.
Il congedo per matrimonio, essendo non frazionabile e quindi necessariamente continuativo comprende
anche i giorni festivi e non lavorativi ricadenti all'interno dello stesso (parere ARAN 795-19E3). Non viene in
rilievo, data la natura del congedo, il fatto che il dipendente sia in part-time.
In caso di sdoppiamento temporale tra celebrazione religiosa e civile, non vi è duplicazione del congedo
(Pret.Milano 4.8.1986) e il diritto al congedo non sorge quando sia celebrato solo quello religioso, senza
trascrizione (Pretura Fermo 18.2.1991) . Pertanto il dipendente, nel caso specifico, può indifferentemente
chiedere il congedo per matrimonio in febbraio a seguito del rito civile, o a giugno a seguito del rito religioso
a valenza giuridica civile.
Quesito 6 (n. 5/2010)
Chiedo cortesemente chiarimenti in ordine all’art. 11 del CCNL siglato il 14 settembre 2000, in merito
alla concessione di aspettative per motivi personali. Questa richiesta è per confermare che
l’aspettativa per motivi personali (studio) sia di 12 mesi in un triennio.
Risposta
In riferimento alla richiesta si conferma che possono essere concessi al dipendente con rapporto di lavoro a
tempo indeterminato, che ne faccia formale e motivata richiesta, periodi di aspettativa per esigenze personali
(per studio) o di famiglia, senza retribuzione e senza decorrenza dell'anzianità, per una durata complessiva
di dodici mesi in un triennio da fruirsi al massimo in due periodi.
Si precisa che, ricorrendone le condizioni, potrebbe essere concesso un congedo non retribuito per la
formazione ai sensi dell’art. 16 del CCNL del 14/9/2000 che fa riferimento all’art. 5 della Legge 8/3/2000 n.
53 così sotto riportati:
CCNL 14/9/2000 – Art. 16 (Congedi per la formazione)
1. I congedi per la formazione dei dipendenti, disciplinati dall'art.5 della legge n.53/2000, sono concessi
salvo comprovate esigenze di servizio.
2. Ai lavoratori, con anzianità di servizio di almeno cinque anni presso lo stesso ente, possono essere
concessi a richiesta congedi per la formazione nella misura percentuale annua complessiva del 10
% del personale delle diverse categorie in servizio, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, al
31 dicembre di ciascun anno.
3. Per la concessione dei congedi di cui al comma 1, i lavoratori interessati ed in possesso della
prescritta anzianità, devono presentare all'ente di appartenenza una specifica domanda, contenente
l'indicazione dell'attività formativa che intendono svolgere, della data di inizio e della durata prevista
della stessa. Tale domanda deve essere presentata almeno sessanta giorni prima dell'inizio delle
attività formative.
4. Le domande vengono accolte in ordine progressivo di presentazione, nei limiti di cui al comma 2 e
secondo la disciplina dei commi 5 e 6.
5. L'ente può non concedere i congedi formativi di cui al comma 1 quando ricorrono le seguenti
condizioni:
a) il periodo previsto di assenza superi la durata di 11 mesi consecutivi;
b) non sia oggettivamente possibile assicurare la regolarità e la funzionalità dei servizi.
6. Al fine di contemperare le esigenze organizzative degli uffici con l'interesse formativo del lavoratore,
qualora la concessione del congedo possa determinare un grave pregiudizio alla funzionalità del
servizio, non risolvibile durante la fase di preavviso di cui al comma 2, l'ente può differire la fruizione
del congedo stesso fino ad un massimo di sei mesi.
7. Al lavoratore durante il periodo di congedo si applica l'art.5,comma 3, della legge n.53/2000. Nel
caso di infermità previsto dallo stesso articolo 5, relativamente al periodo di comporto, alla
determinazione del trattamento economico, alle modalità di comunicazione all'ente ed ai controlli, si
applicano le disposizioni contenute nell'art.21 e, ove si tratti di malattie dovute a causa di servizio,
nell'art.22 del CCNL del 6.7.1995.
Legge 8/3/2000 n. 53 – Art. 5 (Congedi per la formazione)
1. Ferme restando le vigenti disposizioni relative al diritto allo studio di cui all'articolo 10 della legge 20
maggio 1970, n. 300, i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, che abbiano almeno cinque anni di
anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione, possono richiedere una sospensione del
rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un periodo non superiore ad undici mesi, continuativo o
frazionato, nell'arco dell'intera vita lavorativa.
2. Per "congedo per la formazione" si intende quello finalizzato al completamento della scuola dell'obbligo, al
conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione
ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro.
3. Durante il periodo di congedo per la formazione il dipendente conserva il posto di lavoro e non ha diritto
alla retribuzione. Tale periodo non è computabile nell'anzianità di servizio e non è cumulabile con le ferie,
con la malattia e con altri congedi. Una grave e documentata infermità, individuata sulla base dei criteri
stabiliti dal medesimo decreto di cui all'articolo 4, comma 4, intervenuta durante il periodo di congedo, di cui
sia data comunicazione scritta al datore di lavoro, dà luogo ad interruzione del congedo medesimo.
4. Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di congedo per la formazione ovvero può differirne
l'accoglimento nel caso di comprovate esigenze organizzative. I contratti collettivi prevedono le modalità di
fruizione del congedo stesso, individuano le percentuali massime dei lavoratori che possono avvalersene,
disciplinano le ipotesi di differimento o di diniego all'esercizio di tale facoltà e fissano i termini del preavviso,
che comunque non può essere inferiore a trenta giorni.
5. Il lavoratore può procedere al riscatto del periodo di cui al presente articolo, ovvero al versamento dei
relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.
Quesito 7 (n. 14/2010)
Un dipendente in ferie che viene chiamato per una donazione Avis ha diritto a recuperare il giorno di
ferie?
Risposta
Con riferimento alla vostra richiesta del 10.8 u.s. si fa presente che il CCNL 6.7.1995 prevede come sole
ipotesi di interruzione delle ferie in godimento da parte del dipendente esclusivamente
- una malattia di durata superiore a 3 giorni oppure che abbia comportato il ricovero ospedaliero (art. 18 c.
14), e
- sopravvenute esigenze di servizio (art. 18 comma 11).
Alle ipotesi previste dal contratto l’art. 47, comma 4 del D:Lgs. 151/01 ha previsto che anche la malattia del
figlio, che dia luogo a ricovero ospedaliero e per la quale il dipendente richiede il congedo previsto dal
predetto articolo, interrompa, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento.
Alla luce di quanto sopra e visti anche i vari pareri espressi dall’ARAN in materia, in tutti gli altri casi, tra cui
quello da voi citato, le ferie continuano a decorrere regolarmente, senza alcuna interruzione.
Quesito 8 (n. 18/2011)
In caso di fruizione di congedo parentale usufruito a giorni, come si calcola il residuo disponibile? E
i giorni del mese sono quelli di calendario?
Risposta
Il congedo parentale può essere utilizzato in modo continuativo o frazionato, in mesi o giorni. In caso di
usufruizione in modo frazionato, come previsto dall’art. 17, comma 5, del CCNL 14.9.2000, il mese è
considerato di 30 gg. sommando tutti giorni di assenza richiesti.
Quesito 9 (n. 21/2011)
Se un lavoratore deve assistere due familiari disabili ha diritto a raddoppiarre i permessi lavorativi?
Puo' godere di sei giorni di permesso mensile? La dipendente è figlia unica, non è convivente e non
ha altri familiari in grado di prestare assistenza ai genitori, entrambi disabili gravi.
Risposta
Sebbene l’INPDAP prevedesse la possibilità di cumulare i tre giorni di permesso ex L. 104/92 (circolare n. 34
del 10.7.2000 punto 5.1), il Parere Dipartimento Funzione Pubblica – Ufficio Personale Pubbliche
Amministrazioni – Servizio Trattamento del Personale del 18.2.2008 n. 13, stabilisce che i permessi possono
essere fruiti in riferimento ad un’unica persona disabile. Infatti “visto il mutato quadro normativo, che ha
allargato la titolarità della legittimazione considerando non più indispensabile la sussistenza delle
convivenza, si ritiene che l’interpretazione sopra prospettata sia più aderente alla ratio e allo spirito della
legge”. Afferma inoltre che “un’assistenza resa con continuità è logicamente prestata in favore di una sola
persona”.
Non sarebbe possibile, pertanto, secondo la Funzione Pubblica, assistere due persone con continuità.
Tuttavia la Funzione Pubblica ritiene che le amministrazioni, nell’ambito del quadro delineato e nell’esercizio
della propria discrezionalità datoriale, debbano individuare a seconda delle circostanze che si presentano i
presupposti per la concessione dei permessi
Quesito 10 (n. 24/2011)
Se un dipendente cat. C tempo indeterminato che ha diritto a 32 giorni di ferie perché lavora 5 giorni,
nel caso di collaborazione (per un periodo di sei mesi) con un altro comune per ulteriori 12 ore e
quindi lavorando anche al sabato ha diritto ad aumentare in proporzione le ferie? E nel caso inverso,
cioè se il dipendente lavora 6 giorni con diritto a 36 ferie con la collaborazione lavora nel comune
dove è dipendente 5 giorni, i giorni devono essere ridotti? E se il dipendente fosse un responsabile
di servizio?
Risposta
A nostro parere, i giorni di ferie devono comunque essere commisurati ai giorni lavorativi prestati dal
dipendente , come previsto dal contratto nazionale, per cui se il dipendente, in seguito alla convenzione ,
passa da un regime di settimana corta (5gg lavorativi) a uno di settimana lunga (6 gg lavorativi) ha diritto a
32 + 4 gg di ferie, e viceversa; se nel corso dell'anno, i due periodi si alternano ( per esempio, 6 mesi su 5
giorni e 6 mesi su 6 giorni) i giorni di ferie totali vanno calcolati in proporzione, come specificato anche
dall'Aran nel quesito sotto riportato: "795-18A1. Quanti giorni di ferie spettano ad un dipendente che sia
impiegato per due mesi all’anno in regime orario di settimana corta (5 gg.) e per i restanti mesi in regime di
settimana lunga (6 gg.) ? In generale come si calcolano le ferie in tutti i casi di passaggio da un regime
all’altro? Nei mesi in cui il dipendente è impiegato in regime orario di settimana corta matura n. 2,33 giorni di
ferie al mese, pari a 28/12. Nei mesi in cui è impiegato in regime orario di settimana lunga matura invece
2,66 giorni di ferie al mese, pari a 32/12. Quindi egli avrà diritto per i primi due mesi a 4,66 giorni di ferie e
per i restanti mesi a 26,6 giorni di ferie, pari a complessivi 31,26 giorni di ferie. Non essendo possibile
considerare la frazione come giorno intero, il dipendente, nel caso in esame, avrà diritto a 31 giorni di ferie."
Il fatto che i giorni di ferie vadano calcolati secondo il regime di settimana lunga o corta pare indirettamente
confermato anche dal parere del Consiglio di stato che , in merito all'utilizzo di lavoratori in convenzione, ha
affermato che "...le ferie vadano godute nello stesso periodo [presso i due enti datori di lavoro] per garantire
l'attuazione del diritto costituzionalmente garantito al riposo. "Inoltre, gli stessi lavoratori a part-time
orizzontale (quindi con prestazione su tutti i giorni lavorativi previsti) hanno diritto a pari numero di giorni di
ferie rispetto ai lavoratori a tempo pieno, indipendentemente dalle ore di lavoro prestate.
Si ritiene che non influisca sul calcolo delle ferie il fatto che il dipendente sia responsabile di servizio, ma
valga sempre il principio della settimana su 5 o 6 giorni con proporzione nell'anno.
Quesito 11 (n. 9/2010)
Nel conteggiare i permessi retribuiti per la malattia dei figli inferiori ai tre anni ho sempre il dubbio se
deve considerare 30 giorni per anno solare sino al compimento dei tre anni o 30 giorni per ogni anno
di vita del bambino facendo riferimento alla effettiva data di nascita.
Qual è l’interpretazione corretta?
Risposta
In riferimento al quesito, si precisa quanto segue:
Le assenze per congedo malattia del figlio, fino ai tre anni, sono riconosciute per 30 giorni all’anno
interamente retribuiti, computati complessivamente fra entrambi i genitori.
In ogni caso il limite annuale del congedo è riferito non all’anno solare ma ai singoli anni di vita del figlio,
quindi facendo riferimento alla data di nascita del bambino.
Quesito 12 (n. 15/2010 – prima parte)
L. 104/92 - il dipendente che ne usufruisce deve tutte le volte produrre documentazione ?
Risposta
Si riporta un prospetto con le indicazioni relative alla documentazione che il dipendente deve presentare al
datore di lavoro, per usufruire dei permessi di cui all'art. 33 della legge 104/92.
Documentazione da presentare per usufruire dei permessi di cui all’art. 33 legge 104/1992
1) Il dipendente in situazione di handicap grave deve produrre all’ufficio di appartenenza
- inizialmente:
- domanda con la quale richiede il beneficio previsto;
- certificazione dell’A.S.L. competente, dalla quale risulti che l’interessato si trova in situazione di gravità,
accertata ai sensi dell’art. 3, 3° comma, della L. 104/92;
- di volta in volta:
- apposita comunicazione con indicazione del periodo di assenza oppure delle ore di permesso.
2) I genitori di soggetto minorenne in situazione di handicap grave devono produrre all’ufficio di
appartenenza
- inizialmente:
- domanda con la quale si richiede il beneficio previsto;
- certificazione dell’A.S.L. competente, dalla quale risulti che il figlio si trova in situazione di gravità, accertata
ai sensi dell’art. 3, 3° comma, della L. 104/92;
- di volta in volta:
- comunicazione dei giorni di assenza ovvero delle ore di permesso;
- dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestante che il bambino non è ricoverato a tempo pieno
presso un istituto specializzato;
- dichiarazione in ordine al fatto che l’altro genitore fruisca o meno dei permessi richiesti.
3) I familiari di soggetti portatori di handicap grave devono far pervenire all’ufficio di appartenenza
- inizialmente:
- domanda con la quale si richiede il beneficio previsto;
- certificazione dell’A.S.L. competente, dalla quale risulti che il familiare assistito si trovi in situazione di
handicap grave, ai sensi dell’art. 3, 3° comma, della L. 104/92;
- di volta in volta:
- comunicazione dei giorni di assenza o delle ore di permesso;
- dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dalla quale risulti che il familiare disabile non è ricoverato a
tempo pieno;
- dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dalla quale risulti che il lavoratore sia l’unico componente della
famiglia, che assiste con continuità ed in via esclusiva il familiare disabile;
- dichiarazione in ordine al fatto che altro familiare benefici o meno dei permessi per lo stesso soggetto
portatore di handicap.
°°°°°°
Validità della certificazione rilasciata dall’A.S.L.
Si segnala che alcune amministrazioni pubbliche, sulla scorta di indicazioni contenute in circolari INPS,
opportunamente richiedono ai fruitori dei permessi una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, da
rinnovare annualmente, attestante che da parte della A.S.L. non si è proceduto a rettifica e non è stato
modificato il giudizio sulla gravità dell’handicap.
Quesito 13 (n. 27/2010)
Al dipendente che avendo lavorato il sabato mattina come da suo orario settimanale di 6 giorni e
avendo poi prestato servizio elettorale (scrutatore) nel pomeriggio dello stesso giorno per le
consultazioni referendarie del 21 e 22 giugno 2009 spetta il riposo compensativo?
Risposta
I giorni dedicati alle operazioni elettorali sono considerati a tutti gli effetti giorni di attività lavorativa (art,119
T.U.361/57, modificato dalla L.53/90).
Da ciò consegue che
- il datore di lavoro ha l’obbligo di consentire l’assenza e di retribuirla.
- Il lavoratore ha diritto di assentarsi nonché ha diritto di godere dei riposi compensativi per i giorni festivi
o non lavorativi (sabato) compresi nel periodo di svolgimento delle operazioni elettorali.
Per regola generale, dunque, nel caso oggetto del presente parere, il dipendente non avrebbe dovuto
lavorare il sabato mattina bensì iniziare la sua attività di scrutatore il sabato pomeriggio. In base ad
un’interpretazione letterale delle norme, il dipendente non avrebbe avuto diritto al riposo compensativo,
essendo il sabato per il medesimo dipendente giornata lavorativa, ed essendo il riposo compensativo
previsto solo per le giornate festive o non lavorative.
A fronte di quanto accaduto in concreto, si deve cercare una soluzione che sia sostenibile ed il più possibile
coerente con i principi in materia prevalenti sopra riportati, ritenendosi non perseguibile la strada di non
considerare affatto l’attività svolta nel corso della mattinata.
Considerata, perciò, come principale la prestazione resa per l’attività elettorale, la prestazione svolta dal
dipendente nella mattinata potrebbe trovare collocazione nella categoria del lavoro straordinario e, perciò,
ricercare una risposta al quesito nelle regole e nei principi che governano questo istituto e che brevemente di
seguito si ricordano.
Lo straordinario svolto da un dipendente pubblico è retribuibile (ovvero oggetto di recupero compensativo) se
preventivamente autorizzato nei modi dovuti, secondo la pacifica giurisprudenza amministrativa ( da ultimo
consiglio di Stato n.3460/09).
In caso di mancata autorizzazione e di esperimento da parte del dipendente di una azione di indebito
arricchimento, si deve tener conto che la medesima differisce da quella ordinaria, come insegna la suprema
Corte di cassazione, in quanto presuppone non solo il fatto materiale della esecuzione di un’opera o di una
prestazione vantaggiosa per l’Amministrazione ma anche il riconoscimento, da parte di questa, dell’utilità
dell’opera o della prestazione. Tale riconoscimento può essere esplicito, cioè con un atto, ovvero in modo
implicito, da atti o comportamenti della p.a. dai quali si desuma inequivocabilmente un giudizio positivo circa
il vantaggio o l’utilità ricevuta.
Si segnala, infine, l’opportunità per il futuro, onde evitare il crearsi di situazioni di difficile gestione, di
richiamare l’attenzione dei soggetti interessati alle norme vigenti in quanto non da tutti adeguatamente
conosciute.
Quesito 14 (n. 37/2010)
Quale è il regime normativo/economico applicabile nel caso un dipendente richieda cure termali?
Risposta
La lettura coordinata delle disposizioni normative in materia nonché gli orientamenti espressi in materia
dall’ARAN e dalla Funzione Pubblica portano alla formulazione dei punti che seguono:
a) di norma le cure termali devono essere effettuate nell’ambito del periodo di ferie spettante a ciascun
lavoratore;
b) l’art. 16 L. 412/1991 (si veda sopra) ha previsto le condizioni tassative (in somma sintesi: richiesta del
medico di base – visita e prescrizione del medico specialista dell'unità sanitaria locale, con
attestazione della necessità di trattamento tempestivo) che, eccezionalmente, consentono al
lavoratore di assentarsi per fruire delle cure termali anche al di fuori del periodo di ferie. In questo
caso l’assenza dal servizio è da imputarsi a malattia e non può comunque superare i 15 gg. all’anno.
In aggiunta, tra il periodo di effettuazione delle cure e quello di fruizione delle ferie devono
intercorrere almeno 15 gg.;
c) i lavoratori invalidi di guerra, di servizio, di lavoro, ciechi, sordomuti o invalidi civili (con più dei 2/3 di
minorazione) possono usufruire, al di fuori del periodo di ferie e senza che ricorrano le condizioni
tassative, di cui al punto che precede, di cure elioterapiche, climatiche e psammoterapiche. In tal
caso l’assenza dovrà essere comunque imputata a malattia (da giustificarsi con il relativo certificato
medico). Vale anche in questo caso il limite massimo di assenza fissato in 15 gg. ed il principio per
cui, tra il periodo di effettuazione delle cure e quello di fruizione delle ferie, devono intercorrere
almeno 15 gg.;
d) la Funzione Pubblica ha espresso l’orientamento secondo cui il congedo straordinario (art. 37 DPR
3/1957) spetta, tuttora, ai mutilati o invalidi di guerra o per servizio, qualora le cure siano richieste
dallo stato di invalidità.
In aggiunta si rileva che:
- La certificazione medica, in possesso del lavoratore, e la richiesta di assentarsi dal lavoro devono essere
presentate al datore di lavoro con congruo anticipo. Al rientro in servizio, il dipendente è tenuto a presentare
al responsabile della struttura di assegnazione la dichiarazione di soggiorno, che può essere rilasciata dal
competente ufficiale sanitario.
- Si ritiene, sulla base di orientamenti ARAN, che il lavoratore che fruisce di cure termali, con assenza dal
lavoro imputata a malattia, è soggetto al controllo del datore di lavoro, che può inviare il lavoratore presso
l’Istituto di Medicina del Lavoro territorialmente competente nel luogo di cura. Il lavoratore non è però tenuto
all’osservanza delle fasce di reperibilità.
- La fruizione delle cure termali deve iniziare entro il termine massimo indicato dal medico specialista e,
comunque, non oltre 30 gg. dalla data della prescrizione medica.
Trattamento economico
I periodi di cure termali sono computati all’interno del periodo di comporto per malattia, anche al fine della
determinazione del trattamento economico da riconoscere al dipendente, ai sensi dell’art. 21, comma 7,
lettere a), b) e c) CCNL 6 luglio 1995.
°°°°°°°-°°°°°°°
Riferimenti normativi
Art. 37, comma 2, DPR 3/1957: “Il congedo straordinario compete di diritto quando l'impiegato debba
contrarre matrimonio o sostenere esami o, qualora trattisi di mutilato o invalido di guerra o per servizio,
debba attendere alle cure richieste dallo stato di invalidità…”.
Art. 13 L. 638/1983: “4. I congedi straordinari, le aspettative per infermità, i permessi per malattia comunque
denominati, concessi per fruire delle prestazioni di cui al comma precedente, non possono superare il
periodo di quindici giorni l'anno anche per i soggetti di cui all'art. 57, terzo comma, della legge 23 dicembre
1978, n. 833. 5. Tra i periodi concessi ai sensi dei commi precedenti e i congedi ordinari e ferie annuali deve
intercorrere un intervallo di almeno quindici giorni.
6. I congedi straordinari, le aspettative per infermità ed i permessi per malattia di cui ai commi precedenti
non possono essere concessi per cure elioterapiche, climatiche e psammoterapiche, ad eccezione di quelli
spettanti agli invalidi per causa di guerra, di servizio e del lavoro e ai ciechi, ai sordomuti e agli invalidi civili
con una percentuale superiore ai due terzi”.
Art. 16 L. 412/1991: “In attesa della disciplina organica della materia, le prestazioni idrotermali possono
essere fruite dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, anche al di fuori dei congedi ordinari e delle ferie
annuali, esclusivamente per la terapia o la riabilitazione relative ad affezioni o stati patologici per la cui
risoluzione sia giudicato determinante, anche in associazione con altri mezzi di cura, un tempestivo
trattamento termale motivatamente prescritto da un medico specialista dell'unità sanitaria locale ovvero,
limitatamente ai lavoratori avviati alle cure dall'INAIL, motivatamente prescritto dai medici del predetto
Istituto. Le prescrizioni mediche di cui sopra vengono rilasciate con l'osservanza del decreto del Ministro
della sanità di cui al comma 4”.
Art. 22, comma 25, della L. 724/1994: “Salvo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 37 del testo
unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, sono abrogate tutte le
disposizioni, anche speciali, che prevedono la possibilità per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di
cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed
integrazioni, di essere collocati in congedo straordinario oppure in aspettativa per infermità per attendere
alle cure termali, elioterapiche, climatiche e psammoterapiche”.
Quesito 15 (n. 47/2010)
Come possono essere fruiti i permessi per congedo parentale ai sensi degli artt. 32 e 38 D.Lgs.
151/01 ed art. 17 comma 5 ccnl 14/09/00.
Risposta
I periodi di congedo parentale possono essere utilizzati in modo continuativo o frazionato (in mesi o giorni).
In caso di usufruizione in modo frazionato, come previsto dall’art. 17, comma 5, del CCNL 14.9.2000, si
computano anche gli eventuali giorni festivi o non lavorativi che ricadono al loro interno in quanto è
necessaria la ripresa effettiva del lavoro tra una frazione e l’altra. Ciò non significa che immediatamente
dopo un periodo di congedo non possano essere ammessi periodi di ferie, di fruizione di altri congedi o di
altri permessi.
Si ricorda anche il parere ARAN n. 900-17E16:
“E’ possibile che un dipendente fruisca delle ferie subito dopo un periodo di congedo parentale, senza aver
ripreso servizio?
Nessuna norma vieta la fruizione delle ferie dopo la fruizione del congedo parentale.”
Si esemplifica la prassi seguita presso il nostro ente, che riteniamo rispettosa anche dei pareri ARAN:
Ø se il dipendente chiede venerdì come congedo parentale e lunedì giorno di ferie, sabato (in caso di
settimana corta) e domenica sono conteggiati come giorni di congedo parentale.
Ø nel caso in cui il dipendente domanda martedì come giorno di congedo parentale e mercoledì ferie, tale
giorno non è da considerare congedo parentale.
Quesito 16 (n. 54/2010)
Qual'è la disciplina del riposo giornaliero retribuito del padre lavoratore con moglie casalinga ?
Risposta
In merito al quesito esposto si precisa quanto segue:
per periodi di riposo giornalieri si intendono i periodi di riposo cui la lavoratrice madre può fruire durante il
primo anno di vita del bambino per provvedere alle esigenze del bambino stesso.
Originariamente questa esigenza era strettamente correlata al parto e alle necessità proprie
dell’allattamento, successivamente, la Legge 30 dicembre 1971, n.1204 ha escluso ogni nesso fra riposo e
allattamento, tant’è che le ore dedicate per il riposo possono essere cumulate per assicurare alla madre la
possibilità di assolvere i compiti delicati e impegnativi legati alle esigenze del neonato nel primo anno di vita.
La disciplina dei riposi giornalieri è stabilita dal D.Lgs. n.151/2001 che all’art.39 prevede per il datore di
lavoro il dovere di consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di
riposo, anche cumulabili durante la giornata.
Il periodo di riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.
La Legge 9 dicembre 1977 n.903, recepita dall’art. 40 del D.Lgs. n.151/2001 riconosce il diritto anche per il
padre lavoratore stabilendo la seguente casistica:
a) qualora i figli siano affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
d) in caso di morte o grave infermità della madre.
Il Consiglio di Stato, sezione VI, con Sentenza n.4293 del 9 settembre 2008 (conferma TAR Toscana n. 2737
del 25 novembre 2002) ha riconosciuto il diritto del padre lavoratore ai benefici previsti dalla legge
n.1204/1971, quali riduzione dell’orario giornaliero e relativo trattamento economico, in caso di madre
casalinga.
Secondo il Giudice Amministrativo, che ha sul punto richiamato una interessante ricostruzione fornita da
Cass. Sezione III, n. 20324/05; essendo noto che molti settori dell’ordinamento considerano la figura della
casalinga come lavoratrice, va individuata la ratio della norma , volta a far beneficiare al padre di permessi
per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente ma,
comunque, impegnata in attività casalinghe che la distolgano dalla cura del neonato
L’orientamento giurisprudenziale si allinea nel sostenere che nell’ipotesi di madre non lavoratrice dipendente
debba essere ricompresa anche la lavoratrice casalinga (vedasi Ministero del Lavoro, lettera circolare
prot.8894 del 12 maggio 2009).
Per quanto attiene l’articolazione dei permessi fruibili dal padre nell’arco della giornata lavorativa è richiesta,
così come già per la madre, la presentazione di specifica domanda con l’indicazione dell’orario al
Responsabile dell’unità di appartenenza.
Ciò perché l’articolazione dei riposi giornalieri deve essere concordata tra il lavoratore e il dirigente: in
mancanza di accordo, sarà determinata dalla Direzione Provinciale del lavoro, tenuto conto delle esigenze
del neonato e dell’attività lavorativa.
Le parti, nel ricercare un accordo, sono tenute ad osservare come è noto i consueti principi di correttezza e
buona fede.
Quesito 17 (n. 60/2010)
Un dipendente ha chiesto per determinati periodi un congedo non retribuito ai sensi dell'art. 4
comma 2 della legge n. 53/2000 e dell'art.2 comma 1 e 2 del D.M. 278/2000.
Ha fornito la documentazione comprovante lo stato di salute della madre, che rientra tra le patologie
previste dalle sopramenzionate leggi.
Tale congedo si deve sempre concedere per forza? sempre e comunque?
Come si effettua il calcolo delle ferie che non maturano?
Risposta
In riferimento al quesito si precisa che, ai sensi del D.M. n. 278 del 21.7.2000, fino a quando i CCNL non
definiranno diverse modalità operative, il congedo non retribuito per gravi e documentati motivi familiari può
essere concesso anche in modo parziale, o dilazionato nel tempo, oppure negato, specificandone però i
motivi; i motivi possono consistere nella mancanza delle condizioni di cui al D.M., oppure in ragioni
organizzative o produttive che non consentono la sostituzione del dipendente; è chiaramente necessario che
la motivazione sia particolarmente argomentata e non generica, considerata la delicatezza delle situazioni in
esame.
Il datore di lavoro è comunque sempre tenuto, entro dieci giorni dalla richiesta del congedo, ad esprimersi
sulla stessa e comunicarne l’esito al dipendente.
Il dipendente, in caso di diniego o concessione parziale, può chiedere, entro venti giorni, il riesame della
domanda.
Il datore di lavoro è tenuto ad assicurare l’uniformità delle decisioni nell’ambito dell’amministrazione; deve
sempre essere assicurato il contraddittorio tra il dipendente e il datore di lavoro ed il contemperamento delle
rispettive esigenze.
Il dipendente può anticipare il rientro nel posto di lavoro, dandone preventiva comunicazione al datore di
lavoro e qualora non si sia provveduto alla sua sostituzione. Qualora il datore di lavoro abbia provveduto alla
sostituzione, per il rientro anticipato è richiesto, compatibilmente con l’ampiezza del periodo di congedo in
corso di fruizione, un preavviso di almeno sette giorni. Il datore di lavoro può comunque consentire il rientro
anticipato anche in presenza di preventiva fissazione della durata minima del congedo o di preavviso
inferiore a sette giorni.
Durante il periodo di congedo il dipendente non ha diritto alla maturazione delle ferie; se il periodo richiesto è
superiore a 15 giorni e fino a 30 (che sia continuativo o dato dalla somma dei giorni) si decurtano dal calcolo
delle ferie i giorni maturati relativi al mese intero.
Quesito 18 (n. 80-c/2010)
E’ stata avviata a visita medica, in conformità del Decreto Leg.vo 81/2008, una dipendente per i soliti
controlli, la dottoressa ci ha inviato l’esito comunicando di non adibire la dipendente al sollevamento
di pesi superiori a 2,5 Kili, la stessa svolge il servizio di Operatore addetto all’assistenza domiciliare
anziani, vi chiedo, non avendo altri posti in organico dove collocare la dipendente, come dovrei
procedere?
Risposta
Nel caso specifico è opportuno verificare se, come pare, l’accertamento medico ha dato esito di giudizio di
idoneità parziale alla mansione con limitazione temporanea o permanente al sollevamento di pesi superiori a
2,5 kg. Si rimanda a quanto disposto dal d.lgs. 81/2008 ( come modificato dal d.lgs.106/2009) art. 41 comma
2 lett. b) e c) , comma 6 e comma 7
Articolo 41 - Sorveglianza sanitaria
2. La sorveglianza sanitaria comprende:
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità
alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa,
viene stabilita, di norma, in una volta l’anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal
medico competente in funzione della valutazione del rischio. L’organo di vigilanza, con provvedimento
motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati
dal medico competente;
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi
professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa
svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;
6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei
seguenti giudizi relativi alla mansione specifica:
a) idoneità;
b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
c) inidoneità temporanea;
d) inidoneità permanente.
7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneità temporanea vanno precisati i limiti temporali di validità.
In questo caso, l’accertamento medico presuppone che il dipendente in questione possa continuare a
svolgere le mansioni relative al profilo rivestito, con l’obbligo per il datore di lavoro di non richiedere al
dipendente prestazioni di attività lavorativa che comportino il sollevamento di pesi superiori a 2,5 kg.
Quindi il dipendente potrebbe restare in tale profilo svolgendo le funzioni che non richiedono di sollevare
pesi, se ciò è possibile. Se ciò non fosse possibile, sarebbe necessario che il medico dichiarasse l’inidoneità
alla mansione specifica quale presupposto a :
- a) cambio di profilo entro la categoria di appartenenza con mansioni equivalenti (con riferimento a
criteri quali esperienza – preparazione - titoli)
- b) adibire il dipendente a mansioni inferiori con modifica di categoria e profilo,garantendo il
trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza.
Si richiama quanto previsto dall’art.42 del d.lgs.81/2008 ( come modificato dal d.lgs.106/2009) :
Articolo 42 - Provvedimenti in caso di inidoneità alla mansione specifica
1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n.68, in
relazione ai giudizi di cui all’articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora
le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni
equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di
provenienza;
Quesito 19 (n. 82/2010)
Si chiedono chiarimenti in merito alle visite mediche obbligatorie che il datore di lavoro deve fare
effettuare ai dipendenti per la legge 626, più precisamente si chiede se tali visite debbano essere
effettuate durante l’orario di lavoro oppure se il dipendente è obbligato a sottoporsi a tali visite
anche se il medico riceve solo negli orari pomeridiani (e quindi al di fuori del normale orario di
lavoro)
Nel nostro ente la quasi totalità dei dipendenti ha effettuato le visite in orario pomeridiano (18.30 –
19.30) e non ha timbrato il cartellino prima di recarsi all’ambulatorio; tre dipendenti si rifiutano di
effettuare tali visite in orario extra lavorativo e pretendono che il medico trovi il tempo al mattino
(durante il loro orario di servizio)
Per parità di trattamento chiedo cosa prevede la normativa in materia (chiedo anche se è previsto il
rimborso spese di viaggio per i dipendenti che non risiedono nel luogo dell’ambulatorio).
Risposta
Quale mero esempio, il ns. ente provvede affinché le visite mediche relative alla Sorveglianza Sanitaria ai
sensi del d.lgs.81/08 e s.m., vengano svolte all’interno dell’orario di servizio dei dipendenti, rimborsando le
spese di trasferta a coloro la cui sede lavorativa è diversa dal luogo ove è ubicato l’ambulatorio del medico
competente incaricato.
Si richiama l’art. 41 - Sorveglianza sanitaria - del d.lgs.81/2008 e s.m., che pur non fornendo precise
indicazioni circa il luogo e la fascia oraria per l’effettuazione delle visite mediche, stabilisce al comma 4 che
le visite mediche sono a cura e spese del datore di lavoro:
Articolo 41 - Sorveglianza sanitaria
4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e
biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle
condizioni previste dall’ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) sono altresì
finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e
stupefacenti.
Più precisamente , possiamo per analogia richiamare quanto previsto dall’art.37 comma 12 in merito alla
Formazione dei Lavoratori , in virtù di quanto previsto dall’art.18 - Obblighi del datore di lavoro e del
dirigente- comma 1 lett. g) , l) :
Articolo 37 – Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli
organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro,
durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
Articolo 18 – Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le
stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
g) inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e
richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto;
(Ammenda da 2.000 a 4.000 euro)
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37;
m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal
richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave
e immediato;
Non vanno comunque tralasciati i previsti obblighi dei lavatori dal presente decreto, e precisamente si
richiama l’ art.20 cc.1, 2 lett.a) b) i);
Articolo 20 – Obblighi dei lavoratori
1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone
presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua
formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a
tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini
della protezione collettiva ed individuale;
(Arresto fino a un mese o con l’ammenda da 200 a 600 euro)
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico
competente.
Pertanto , si rimanda alla buona prassi di adottare soluzioni organizzative aziendali coerenti con la normativa
vigente , finalizzate a promuovere e garantire la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro
Quesito 20 (n. 84/2010)
Avrei bisogno di un parere relativo al recupero del riposo per prestazione lavorativa prestata in
giorno festivo (nel concreto domenica prossima con le elezioni il personale autorizzato presterà
servizio per l’apertura degli uffici elettorali): le ore lavorate vanno recuperate come riposo
compensativo tante quante fatte? E in un’unica soluzione o anche frazionate in più giorni?
Risposta
In relazione al quesito posto si osserva che l’art. 16 CCNL 5 ottobre 2001, nell’integrare le disposizioni
dell’art. 39 CCNL 14 settembre 2000, stabilisce che il personale che, in occasione di consultazioni elettorali o
referendarie, è chiamato a prestare lavoro straordinario nel giorno del riposo settimanale, oltre al relativo
compenso (straordinario festivo ed eventualmente festivo notturno), ha diritto anche a fruire di un riposo
compensativo corrispondente alle ore prestate.
Il riposo compensativo spettante è tuttavia di una sola giornata lavorativa anche qualora le ore di lavoro
straordinario effettivamente rese siano quantitativamente maggiori di quelle corrispondenti alla
durata convenzionale della giornata lavorativa ordinaria.
Quindi, se la giornata lavorativa ordinaria è di 6 ore e lo straordinario elettorale è di 7, il lavoratore godrà di
un riposo compensativo pari a sole 6 ore (e al pagamento di 7 ore di straordinario festivo).
Se invece lo straordinario elettorale è pari a 4 ore, e la giornata ordinaria è pari a 6 ore, il lavoratore
recupererà le 4 ore (oltre al pagamento delle medesime quale straordinario festivo).
In merito, si ritiene che la durata massima del riposo compensativo debba essere al riguardo di 6 ore per i
dipendenti che articolano la propria settimana lavorativa su 6 giorni e di 7,12 ore per i lavoratori chiamati a
prestare la propria attività lavorativa cinque giorni alla settimana.
In tale particolare ipotesi non trova applicazione, per espressa disposizione, la disciplina ordinaria della
prestazione lavorativa effettuata nel giorno di riposo settimanale codificata dall’art. 24, co. 1 del medesimo
CCNL 5 ottobre 2001.
In relazione alle modalità di fruizione del riposo compensativo, l’ARAN, con parere n. 900-38A5, ha
evidenziato che “in assenza di una specifica disciplina contrattuale (non necessaria) i termini per la fruizione
del riposo compensativo possono essere correttamente concordati con il competente dirigente che deve
autorizzare la fruizione dei riposi compensativi in considerazione alle prioritarie esigenze di servizio.
Il riposo compensativo riduce il “debito orario settimanale” per cui se, ad esempio il lavoratore interessato
deve beneficiare di un riposo compensativo di 6 ore, nella settimana di fruizione dovrà espletare solo le
restanti 30 ore d’obbligo”, con modalità da concordarsi con il dirigente di riferimento, anche in modo
frazionato.
Quesito 21 (n. 92/2010)
In caso di effettuazione da parte dipendente di una attivita' che non comporta denuncia all'anagrafe
prestazioni, in quanto non soggetta ad autorizzazione, il dipendente deve comunque informare
l'ente?.
Risposta
Sì, il dipendente deve comunicare al proprio datore di lavoro le eventuali attività extra ufficio che intende
svolgere anche se queste, non sono retribuite oppure non sono soggette a preventiva autorizzazione. La
comunicazione è dovuta in quanto l’ente deve comunque verificare la compatibilità dell’esercizio di tali
attività rispetto ai doveri di ufficio del dipendente e l'assenza di conflitti di interesse.
Quesito 22 (n. 50/2011)
"Una dipendente è assente per malattia (non di tipo oncologico) dal febbraio 2011, la malattia si
protrarrà presumibilmente fino a fine anno.
Nel mese di ottobre l'ufficio personale applicherà la riduzione dello stipendio (per aver raggiunto
quota 9 mesi di assenza per malattia, intervenuta nei tre anni predecenti l'ultimo episodio morboso in
corso, CCNL del 6 luglio 1995).
La dipendente chiede, di poter interrompere la malattia e utilizzare le ferie, avendo la stessa ferie
pregresse per n. 82 giorni lavorativi.
L'Amministrazione potrebbe, qualora fosse legittima, accogliere la richiesta della suddetta?"
Risposta
In riferimento al suo quesito, è necessario premettere che in materia non esiste alcuna regolamentazione
espressa né di fonte legislativa né di fonte contrattuale. Pertanto, non può che farsi riferimento agli
orientamenti giurisprudenziali che si sono formati nel tempo e che sostanzialmente ammettono la possibilità
di mutamento del titolo dell’assenza da malattia a ferie, anche in mancanza di ripresa dell’attività lavorativa
da parte del dipendente (Cass.6.6.1991, n.6431; Cass. 11.3.1995, n.2847; Cass. 28.1.1997 n.873; Cass.
19.11.1998, n 11691).
A questo proposito, l’ARAN nel suo parere n. RAL 552, ricorda che, con la sentenza n.873/1997, la Corte di
Cassazione ha precisato che, in caso di assenza per malattia, è possibile che, su richiesta del lavoratore
interessato, un periodo di assenza venga imputato, al fine di sospendere l’ulteriore decorso del comporto,
alla fruizione delle ferie già maturate, anche se ciò implica la rinunzia al diritto di fruire delle suddette ferie
secondo la destinazione cui queste sono preordinate.
Tale richiesta deve recare l’indicazione del momento a decorrere dal quale si intende convertire l’assenza
per malattia in assenza per ferie, momento che deve precedere la scadenza del periodo di comporto atteso
che con la suddetta scadenza il datore di lavoro acquista il diritto di recedere ai sensi dell’art.2110 del codice
civile.
Tuttavia, in tali casi, secondo la Suprema Corte, non viene meno il potere spettante al datore di lavoro di
fissare il tempo delle ferie, ai sensi dell’art.2109 del codice civile, ma esso deve essere esercitato, così come
prescritto dal legislatore, tenendo conto non solo delle oggettive esigenze tecnico aziendali ma anche degli
interessi del prestatore di lavoro, con particolare riferimento a quello fondamentale connesso alla necessità
di evitare la perdita del posto di lavoro a seguito del superamento del periodo massimo di conservazione del
posto in caso di malattia.
Da ultimo, rilevando un numero particolarmente elevato di ferie maturate dal dipendente e non godute, si
richiama l’attenzione sul disposto contrattuale in base al quale le ferie devono essere ordinariamente godute
entro il 31.12 dell’anno di riferimento, fatte salve le possibilità di slittamento della data all’aprile o al giugno
per ragioni personali o di ufficio.
Quesito 23 (n. 51/2011)
Questa amministrazione in data 29/3/2010 ha irrogato ad un dipendente a tempo indeterminato la sanzione
disciplinare di cui all’art. 55 comma quater del D.Lgs
165/2001 così come modificato dal D.Lgs. 150/2009: “licenziamento senza preavviso” .*
il giudice del lavoro con sentenza del 05.04.2011 condannava questa amministrazione” al reintegro del
lavoratore, e a risarcire al lavoratore il danno sofferto per il licenziamento invalido mediante
corresponsione di un’indennità pari alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino al
giorno di effettiva reintegrazione, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali “
In data 28 maggio 2011 il lavoratore ha ripreso servizio reintegrato al posto di lavoro e liquidata l’indennità.
Il lavoratore in questione ora chiede di poter usufruire del congedo ordinario maturato dal giorno del
licenziamento 29.03.10 al reintegro 28.05.2011.
Alla luce della sentenza si chiede se il lavoratore ha effettivamente maturato il diritto al conteggio dei giorni
per il congedo ordinario, oppure non sono dovuti in quanto il danno sofferto per il licenziamento sono stati
risarciti con l’indennità pari alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino al giorno di
effettiva reintegrazione, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali
Risposta
Il diritto alle ferie riconosciuto dall’art. 36 Costituzione è volto a soddisfare primarie esigenze del lavoratore in
ordine alla reintegrazione delle sue energie psico-fisiche anche mediante lo svolgimento di attività ricreative
e culturali (così anche Corte Cost. 19 dicembre 1990, n. 543)
Esso è esplicitamente dichiarato irrinunciabile dalla citata norma costituzionale.
Tuttavia, in caso di licenziamento dichiarato illegittimo, la reintegrazione disposta dal giudice ai sensi dell’art.
18 della L. 300/1970, c.d. Statuto dei lavoratori ripristina la continuità del rapporto di lavoro, interrotto di fatto
dal datore di lavoro, mediante l’attribuzione al lavoratore illegittimanente licenziato del risarcimento del
danno costituito dalle retribuzioni globali di fatto non percepite dalla data di intimazione del licenziamento
sino a quella della effettiva reintegrazione (art. 18 Statuto dei lavoratori)
Secondo la Cassazione, l’indennità versata al lavoratore ha natura risarcitoria e non retributiva: pertanto il
diritto alle retribuzioni, esigibile nei confronti del datore di lavoro, non comprende anche il diritto ad avere
attribuita, durante il periodo di sospensione verificatosi a seguito del licenziamento dichiarato illegittimo,
l’indennità sostitutiva delle ferie non godute.
(Cass. Civ. 20.11.1978, n. 4239; Cass. Civ., 5.5.2000, n. 5624; Cass. Civ., 5.4.2001, n. 5092; Cass. Sez.
Lavoro, 8.7.2008, n. 18707; Cass. Sez. Lavoro, 5.8.2011 n. 10341)
In particolare nell’ipotesi della avvenuta sospensione del rapporto di lavoro, sia pure per fatto imputabile al
datore di lavoro, è venuta meno l’offerta della prestazione lavorativa e, quindi, è venuta meno l’esigenza del
lavoratore di recuperare le energie psico-fisiche.
Pertanto la corresponsione delle retribuzioni a titolo risarcitorio per il periodo di sospensione illegittima del
rapporto di lavoro esaurisce, nello stesso periodo, anche il diritto del lavoratore alla corresponsione
dell’indennità sostitutiva delle ferie e rende irrilevante la illegittimità della iniziativa di sospensione operata dal
datore.
Quesito 24 (n. 52/2011)
Quale dicitura va riportata dal medico sul certificato di malattia conseguente ad un ricovero e/o
intervento chirurgico, per la non applicazione della decurtazione della retribuzione?
Risposta
Non verrà applicata la decurtazione di cui all’art.71, comma 1 L.133/2008 nella ipotesi di convalescenza
conseguente a ricovero ospedaliero, in presenza di certificazione rilasciata da struttura pubblica o da medico
convenzionato con il SSN, nella quale si evidenzi il nesso causale e la continuità tra il ricovero e la
successiva assenza (es. il certificato deve riportare che la malattia è conseguente ad un ricovero ospedaliero
oppure post-ricovero oppure intervento chirurgico)
Quesito 25 (n. 22/2011)
Nel caso in cui un dipendente venga dichiarato dal medico del lavoro assolutamente inidoneo a
svolgere le proprie funzioni è possibile per l'ente che non riesce a ricollocarlo nel proprio interno,
seguire la procedura prevista dall'art. 33 del D.leg.vo 165/2001 in merito all'eccedenza di personale e
alla messa in mobilità?
Risposta
L'art. 21 del CCNL 6.7.1995 prevede che "...superati i periodi di conservazione del posto ... nel caso che il
dipendente sia riconosciuto idoneo a proficuo lavoro ma non allo svolgimento delle mansioni del proprio
profilo professionale, l'amministrazione, compatibilmente con la sua struttura organizzativa e con le
disponibilità organiche, può utilizzarlo in mansioni equivalenti a quelle del profilo rivestito, nell'ambito della
stessa qualifica oppure, ove ciò non sia possibile e con il consenso dell'interessato, anche in mansioni
proprie di profilo professionale ascritto a qualifica inferiore. Dal momento del nuovo inquadramento, il
dipendente seguirà la dinamica retributiva della nuova qualifica senza nessun riassorbimento del trattamento
in godimento. Ove non sia possibile procedere in tal senso, oppure nel caso che il dipendente sia dichiarato
permanentemente inidoneo a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, l'Amministrazione può procedere alla
risoluzione del rapporto corrispondendo al dipendente l'indennità sostitutiva del preavviso".
Va rilevato anche che l'art. 15 del DPR 461/01 stabilisce che "ai fini dell'accertamento delle condizioni di
idoneità al servizio, l'Amministrazione sottopone il dipendente a visita della Commissione territorialmente
competente, con invio di una relazione recante tutti gli elementi informativi disponibili... In conformità
all'accertamento sanitario di inidoneità assoluta a qualsiasi impiego e mansione, l'Amministrazione procede,
entro trenta giorni dalla ricezione del verbale della Commissione, alla risoluzione del rapporto di lavoro e
all'adozione degli atti necessari per la concessione di trattamenti pensionistici alle condizioni previste dalle
vigenti disposizioni in materia, fatto salvo quanto previsto per il personale delle Forze armate e delle Forze di
polizia, anche ad ordinamento civile".
Qualora l'inidoneità totale a svolgere qualsiasi mansione non derivi da causa di servizio, pare opportuno
analizzare la situazione anche sotto altri aspetti, in particolare quello previdenziale. Con riferimento all'art. 13
della L. 274/91 e all'art. 2, co. 12 della L. 335/95, dovrebbe essere valutata e verificata con ponderatezza la
situazione del dipendente in ordine alla sua anzianità contributiva, ai fini della percezione di congrua
pensione.
Valutata la situazione di un piccolo Comune, nel caso di inidoneità parziale del dipendente (inidoneità a
svolgere le mansioni affidate), si consiglia di valutare anche la possibilità di procedere secondo le
disposizioni previste dall'art. 33 del D.Lgs. 165/01 attivando l'istituto della disponibilità, previa idonea
informativa alle OO.SS.. A tale riguardo, la ricollocazione del dipendente in disponibilità potrebbe essere più
facilmente raggiunta, in enti di maggiore dimensione, se il lavoratore fosse iscritto negli appositi elenchi ai
sensi della L. 68/99.
Quesito 26 (n. 68/2011)
In caso di infortunio è prevista la visita fiscale al dipendente? stante che per infortunio sul lavoro e’
prevista l’esclusione dell’obbligo di reperibilità?
Risposta
In riferimento al quesito sopra riportato si fa presente che in caso di infortunio sul lavoro non è prevista visita
fiscale e non vi è obbligo di reperibilità.
Si precisa che nel comma 5 lett. E) del Codice disciplinare CCNL 11.4.2008 la sanzione disciplinare dalla
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di 10 giorni si applica,
graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, in caso di svolgimento di attività
che ritardino il recupero psico-fisico durante lo stato di malattia o di infortunio.
Quesito 27 (n. 88/2010)
Legge 104/92 applicata negli enti locali
Relativamente alle tre giornate lavorative spettanti per ciascun mese:
1. sono remunerate come se fossero lavorate a tutti gli effetti?
2. competono i contributi di legge come per i giorni lavorati o si tratta di contributi figurativi?
3. maturano le ferie e la tredicesima?
4. quali documenti giustificativi dell'assenza deve presentare il lavoratore assente nei tre giorni
sopra descritti?
Risposta
n. 1.
I permessi ex.L.104/92 sono retribuiti e non danno quindi luogo a decurtazioni del trattamento economico.
n. 2.
I giorni sono remunerati come giornate lavorative pertanto vanno assoggettati a tutti i contributi di legge
(ex.CPDEL, F.C. e TFS/TFR) non trattandosi di fattispecie riferita a contribuzione figurativa;
n. 3.
Si, maturano le ferie e la tredicesima è intera;
n. 4.
Il lavoratore a cui è stato riconosciuto il diritto a fruire dei permessi ex L.104/92 in quanto portatore di
handicap grave o in quanto lavoratore che presta assistenza ad un famigliare portatore di handicap grave,
non è tenuto a giustificare la sua assenza, avendone preventivamente dato comunicazione al datore di
lavoro.
Il lavoratore comunque deve aver già presentato al proprio datore di lavoro specifica istanza di fruizione dei
permessi ex.L.104/92, corredata dalla certificazione medica dello stato di gravità dell’handicap, rilasciata
dall’ASL competente, e nel caso in cui il lavoratore sia soggetto che presta assistenza ad un famigliare
portatore di handicap grave, oltre alla istanza di fruizione dei permessi ex.L.104/92, corredata dalla
certificazione medica dello stato di gravità dell’handicap, rilasciata dall’ASL competente, dovrà allegare un’
autocertificazione attestante le condizioni previste dall’art. 33 della L.104/92, secondo cui il familiare da
assistere è un parente o affine entro il terzo grado al quale il lavoratore presta assistenza continuativa in via
esclusiva.
Quesito 28 (n. 93/2010)
In caso di due gioni seguenti di convalescenza conseguenti ad un intervento in day hospital vale la
regola di decurtazione dallo stipendio o no?
Risposta
La decurtazione di cui all'art. 71, comma 1, della L. 133/08 non viene applicata anche in caso di
convalescenza conseguente ad un day hospital (considerato come ricovero) purchè il certificato rilasciato da
una struttura pubblica o da un medico convenzionato con il SSN evidenzi il nesso causale e la continuità tra
il ricovero e la successiva assenza.
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