UNIVERSITA’ DEGLI FACOLTA’ DI STUDI PAVIA ECONOMIA Precorso di matematica Materiale didattico gratuito (in bozze di stampa) relativo ai principali argomenti previsti in programma FACOLTA’ DI ECONOMIA Università degli Studi di Pavia PRECORSO DI MATEMATICA Programma 1) Elementi di base Cenni di insiemistica e di logica. Insiemi numerici (N,Z,Q,R). La definizione di funzione. Funzioni iniettive, suriettive e biiettive. Funzione composta e funzione inversa. Funzioni reali di variabile reale. Monotonia. 2) Algebra elementare Potenze e loro proprietà. Elementi di calcolo letterale. Polinomi e loro scomposizione. Prodotti notevoli. Identità ed equazioni: nozione di soluzione. Equazioni di primo e secondo grado. Disequazioni di primo e di secondo grado. Sistemi di equazioni e di disequazioni. Equazioni e disequazioni razionali intere e fratte. Equazioni e disequazioni irrazionali. Equazioni e disequazioni con il valore assoluto. 3) Geometria analitica (geometria Cartesiana) Il piano cartesiano. Equazione della retta. Equazione della parabola. Equazione della circonferenza. 4) Elementi di trigonometria Angoli e misura degli angoli in radianti. Funzioni seno, coseno e tangente e principali proprietà. Relazioni di base fra le funzioni trigonometriche. 5) Funzioni esponenziali e logaritmiche La funzione esponenziale e le sue proprietà. La funzione logaritmo e le sue proprietà. Equazioni e disequazioni con esponenziali e logaritmi. Testi Consigliati G.Giorgi, Elementi di Matematica, Parte 1, G. Giappichelli Editore, Torino. Si fa presente che questo volume è la prima parte del testo adottato nell’insegnamento di Matematica generale. - R. D'Ercole, Precorso di Matematica, Pearson, Milano-Torino, 2011. Materiale didattico gratuito (appunti in bozze di stampa), relativo ai principali argomenti previsti in programma, può essere liberamente scaricato al seguente indirizzo: http://economia.unipv.it/pagp/pagine_personali/ffrancav/m&mdisp/PreCorso-Testo-Bozze%20Complete.pdf 1) ELEMENTI DI BASE (bozza) 1.1) Cenni di insiemistica e di logica (formale, o matematica, o simbolica). A) Richiami sulla logica formale (si prescinde dai contenuti delle ipotesi di partenza). Il linguaggio comune è spesso ambiguo, la logica matematica (formale) è sempre precisa. Si parte da alcuni principi, la cui validità è assunta senza dimostrazione, per poi dedurre nuove affermazioni. I principi si dicono assiomi, le nuove deduzioni si dicono teoremi. Si presuppone chiaramente che esistano delle regole di riferimento che stabiliscano come debbano essere formulati gli assiomi ed i teoremi e quali siano le tecniche di deduzione ammissibili. In logica si definisce proposizione o enunciato qualunque frase per la quale si possa stabilire con certezza se è vera o falsa, cioè alla quale abbia senso associare uno ed uno solo dei due valori di verità: vero o falso. Valgono quindi due principi fondamentali: - il principio di non contraddizione, secondo il quale una proposizione non può essere sia vera che falsa; - il principio del terzo escluso, secondo il quale una proposizione può essere o vera o falsa e non esiste una terza possibilità. Da una data proposizione, applicando degli “operatori logici”, si possono ottenere altre proposizioni. I principali operatori logici sono i seguenti: a/1) Negazione (se la proposizione p è vera, allora la proposizione contraria p è falsa): Si definisce negazione di un enunciato p , e si indica con p , l’enunciato che è vero se p è falso ed è falso se p è vero. La sua tavola di verità è la seguente: p V F p F V a/2) Doppia negazione (se la proposizione p è vera, allora la proposizione contraria riferita alla proposizione contraria p è vera → negare una negazione, significa affermare). a/3) Uguaglianza (o equivalenza). Date le proposizioni p e q , se tra loro equivalenti, si ottiene la nuova proposizione (p⇔ q) la quale risulterà essere vera se e solo se p e q sono entrambe vere, oppure entrambe false. a/4) Unione logica (disgiunzione) Date le proposizioni p e q si ottiene la nuova proposizione (p∪q) [indicata anche con (p ∨ q)] la quale risulterà essere vera se e solo almeno una delle due proposizioni (p o q) è vera. 1 a/5) Intersezione logica (congiunzione) Date le proposizioni p e q si ottiene la nuova proposizione (p∩q) [indicata anche con (p ∧ q)] la quale risulterà essere vera se e solo se tutte e due le proposizioni (p e q) sono vere. a/6) Implicazione. Date le proposizioni p e q si ottiene la nuova proposizione (p⇒ q) la quale risulterà essere sempre vera tranne quando p è vera e q è falsa. [proprietà transitiva: se p⇒ q e q⇒ z allora p⇒ z] [proprietà riflessiva; p⇒ p , che è una tautologia] [proprietà simmetrica; p⇔ q , allora q⇔ p] Con riferimento all’implicazione si può avere: - la verità di p è condizione sufficiente affinché anche q sia vero p⇒q se è vero p allora sarà vero anche q - la verità di p è condizione solo necessaria (non sufficiente) affinché anche q lo sia q⇒p se è vero q allora deve essere vero anche p - la verità di p è condizione sufficiente e necessaria affinché anche q lo sia p⇔q q sarà vero se e solo se è vero anche p (e viceversa) In ambito matematico si parla spesso di ipotesi (una certa proposizione di partenza si accetta per vera) e di tesi (un’altra proposizione che, per conseguenza, si vuole dimostrare essere anche essa vera). La dimostrazione della tesi può essere data per: - inferenza diretta (dalla verità della prima proposizione discende direttamente la verità della seconda); - inferenza indiretta (dalla verità della prima proposizione discende la verità di altre proposizioni le quali conducono alla verifica della verità della tesi); - oppure si può a volte procedere mediante una dimostrazione per assurdo ipotizzando ad esempio che una certa conclusione sia vera, per dimostrare che in realtà è vero il contrario. B) Richiami sugli insiemi. - definizione: un insieme è formato da tutti quegli elementi che sono caratterizzati dal possedere una particolare caratteristica (o più caratteristiche). Si tratta, in realtà, di un concetto primitivo. In tema di proposizioni e di elementi di un insieme si utilizzano sovente i simboli (quantificatori): per indicare che la proposizione è vera per qualsiasi elemento dell’insieme 2 per indicare che la proposizione è vera per almeno un elemento dell’insieme (le rispettive negazioni significano quindi, rispettivamente: “la proposizione è falsa per almeno un elemento dell’insieme”, e “la proposizione è falsa per ognuno degli elementi dell’insieme”). - insieme: vuoto, finito, infinito (numerabile, o non numerabile) - insiemi: coincidenti, disgiunti - sottoinsieme: definizione, sottoinsieme proprio, insieme delle parti (tutti i sottoinsiemi) [Insieme delle parti di {2,5,8} ={ ∅ {2} {5} {8} {2,5} {2,8} {5,8} {2,5,8} }] - operazioni tra insiemi: unione, intersezione, differenza, prodotto cartesiano [A={2,4}, B={4,7}. (A∪B)={2,4,7}; (A∩B)={4}; (A\B)={2}; (B\A)={7}] [Il prodotto cartesiano tra due insiemi A e B si definisce come l'insieme di tutte le possibili coppie che hanno per primo elemento un elemento di A e per secondo elemento un elemento di B. Il prodotto si indica con A x B . Ad esempio: se A = {1, 3, 5, 7} e B = {2, 4}, allora A x B = {(1, 2), (3, 2), (5, 2), (7, 2), (1, 4), (3, 4), (5, 4), (7, 4)}] - proprietà dell’inclusione degli insiemi: vuoto, riflessiva, antisimmetrica, transitiva - proprietà delle operazioni; commutativa, associativa, distributiva Commutativa: quando una certa operazione conduce allo stesso risultato anche “commutando” tra loro gli elementi presi in considerazione. Ad esempio: 5+3=3+5=8 , oppure 2⋅4=4⋅2=8. Non è invece commutativa, ad esempio, l’operazione di sottrazione (5-3≠3-5), di divisione (6/4≠4/6), di elevamento a potenza (53≠35) Associativa: quando l’ordine con cui si esegue in successione lo stesso tipo di operazione tra più elementi non modifica il risultato finale. Ad esempio: 5+3+2 =(5+3)+2=8+2=10 uguale a: 5+3+2=5+(3+2)=5+5=10 ; oppure: 5⋅3⋅2=(5⋅3)⋅2= =(15)⋅2=30 uguale a: 5⋅3⋅2=5⋅(3⋅2)=5⋅6=30 Distributiva: quando la diversa modalità con cui si eseguono tra più elementi operazioni di tipo diverso non modifica il risultato finale. Ad esempio: 5⋅(3+4)= =5⋅7=35 uguale a: 5⋅(3+4)= (5⋅3)+(5⋅4)=15+20=35. - partizione (completa) di un insieme (in un numero di sottoinsiemi disgiunti) [A={2,4,7} può essere ripartito, ad esempio, in A1={2} e A2={4,7}] - intervalli aperti e chiusi (con frontiera ammessa, o esclusa) - intorno di un punto (aperto o chiuso, solo destro o solo sinistro). 1.2) Insiemi numerici (N,Z,Q,R). Insieme S, delle cifre (arabe): S = {0. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9} [è un insieme finito] Insieme N, dei numeri naturali (interi): N = {0, 1, 2, … , n, …. , ….} [è un insieme infinito, numerabile] Sommando due numeri naturali, si ottiene un numero naturale. Moltiplicando due numeri naturali, si ottiene un numero naturale. 3 Insieme Z, dei numeri relativi (interi): Z = {…. , …., -n, …. , -2, -1, 0, 1, 2, … , n, …. , ….} Sommando due numeri relativi (interi), si ottiene un numero relativo (intero). Sottraendo due numeri relativi (interi), si ottiene un numero relativo (intero). Moltiplicando due numeri relativi (interi), si ottiene un numero relativo (intero). Nota: un numero Z, scritto in valore assoluto: |Z| (ma lo stesso concetto vale in generale) va sempre inteso con il suo valore positivo (o nullo), quindi |Z| varrà +Z, quando Z è positivo (o nullo), e varrà –Z, quando Z è negativo (o nullo). Insieme Q, dei numeri razionali (o frazionari): Q = p/q con p e q interi relativi e q ≠0 Due coppie di numeri razionali (h/k e m/n) sono tra loro equivalenti quando h/k = m/n. Dato il numero p/q, il suo opposto sarà (-p/q), e il suo reciproco sarà q/p (se p≠0). Un numero razionale è ridotto ai minimi termini quando numeratore e denominatore sono tra loro numeri primi (non si può quindi più semplificare). I numeri razionali possono essere espressi in forma decimale (finita, o periodica). Sommando due numeri razionali, si ottiene un numero razionale. Sottraendo due numeri razionali, si ottiene un numero razionale. Moltiplicando due numeri razionali, si ottiene un numero razionale. Dividendo due numeri razionali, si ottiene un numero razionale Insieme R, dei numeri reali: [è un insieme infinito, non numerabile] Non tutti i valori che può assumere una certa grandezza possono essere quantificati utilizzando un numero razionale, ad esempio il valore di √2 non può essere scritto utilizzando un numero razionale (anche se il valore di √2, ovviamente, esiste, essendo però un numero con infinite cifre decimali non periodiche). I numeri utilizzabili per rappresentare quantità non descrivibili mediante dei numeri razionali, vengono chiamati numeri irrazionali. L’insieme dei numeri reali è dato dalla unione dei numeri razionali con i numeri irrazionali. R = { numeri razionali ∪ numeri irrazionali}. Sommando due numeri reali, si ottiene un numero reale. Sottraendo due numeri reali, si ottiene un numero reale. Moltiplicando due numeri reali, si ottiene un numero reale. Dividendo due numeri reali (con il divisore diverso da zero), si ottiene un numero reale. Nota: i numeri reali assumono valori che variano nel continuo. Dati due insiemi separati si può individuare un elemento separatore. Ad esempio (senza entrare troppo nel dettaglio), dati gli insiemi A={a : a > 0 , a2 ≤ 2} e B={b : b > 0 , b2 ≥ 2} allora esisterà un elemento separatore S dato da S=√2. Insieme C, dei numeri complessi: Non tutte le operazioni su numeri reali sono possibili, ad esempio √-4 non conduce a nessun risultato “reale”. 4 C = {numeri formati da una componente “reale”, più una componente “immaginaria” (che fa riferimento alla grandezza i, con i2= -1)}. Nota sul teorema fondamentale dell’algebra. Dato un polinomio P(x) di grado n a coefficienti interi; P(x) = c0⋅xn + c1⋅xn-1 + c2⋅xn-2 +….+ cn-1⋅x1 + cn , l’equazione P(x)=0 (con c0≠0) ha n soluzioni (reali o immaginarie, singole o multiple). Vengono detti “numeri algebrici” i numeri complessi (reali) che sono soluzione di una equazione del tipo P(x)=0 , vengono detti “numeri trascendenti” i numeri complessi (reali) che non sono soluzione di nessuna equazione del tipo P(x)=0. Vale la relazione: S ⊂ N ⊂ Z ⊂ Q ⊂ R ⊂ C . 1.3) La definizione di funzione. Funzioni iniettive, suriettive e biiettive. Si dirà che esiste una relazione (binaria) tra gli elementi degli insiemi A e B quando una certa proposizione r fa corrispondere un elemento di A con un elemento di B (la proposizione inversa farà invece corrispondere un elemento di B con un elemento di A). Viene detta funzione una applicazione f che associa ad ogni elemento di A uno e un solo elemento di B, e si può scrivere: f : A→B. L’insieme A viene detto dominio (insieme di definizione), l’insieme dei corrispondenti elementi di B, cioè: f(A)⊆B, viene detto codominio (insieme delle immagini). L’elemento di B, ottenuto da un dato elemento di A, viene detto immagine di a∈A. L’elemento a∈A, in relazione con un dato elemento di B, viene spesso chiamato contro immagine di b∈B. Molto spesso si usa la simbologia: y=f(x) che mette in evidenza la variabili indipendente x, dalla variabile dipendente y. L’insieme delle coppie (x,y) forma l’insieme dei punti che formano il grafico della funzione. - Funzione iniettiva: ad ogni diverso elemento di A corrisponde un distinto (e unico) elemento di B (ogni elemento b∈f(A) proviene da un solo elemento di A, si ha quindi una sola contro immagine). Si possono però avere elementi di B che non sono immagine di alcun elemento di A. Si ottiene quindi: f(A)⊂B. Funzione con corrispondenza “uno a uno” - Funzione suriettiva: ogni elemento di B è immagine di qualche elemento di A, quindi f(A)=B e non f(A)⊂B (può quindi capitare che più elementi di A conducano allo stesso elemento di B (una funzione suriettiva può non essere iniettiva) - Funzione biiettiva (biunivoca): è una funzione sia iniettiva, sia suriettiva. Ogni elemento di B è immagine di uno e un solo elemento di A (relazione biunivoca). Si ha: f(A)=B. 5 T T S , y = e− x 2 , La retta T (parallela all’asse delle ascisse) interseca il grafico della funzione in due punti (due diversi valori di x possono condurre allo stesso valore di y) ⇒ la funzione non è quindi iniettiva La retta S (parallela all’asse delle ascisse) non interseca mai il grafico ⇒ la funzione non è quindi suriettiva y = x3 Qualsiasi retta T (parallela all’asse delle ascisse) interseca il grafico ⇒ la funzione è quindi suriettiva Qualsiasi retta T (parallela all’asse delle ascisse) interseca il grafico in solo punto ⇒ funzione iniettiva (per ogni diverso valore di x si ottiene un diverso valore di y) ⇒ la funzione è quindi biiettiva è iniettiva, ma non suriettiva. La sua immagine è l'intervallo (-3, 3); f : → (-3 , +3) è biiettiva è suriettiva, non iniettiva (il valore y=1, ad esempio, viene ottenuto per tre distinti valori di x) . [Nota: esempi tratti dal sito dell’Università dell’Insubria (“precorso.dicom.uninsubria.it”) ove è reperibile, per consultazione, molto altro materiale di particolare interesse] 6 Per qualsiasi valore reale di x si ottiene uno e un solo valore reale di y. Si ha quindi una relazione di tipo biunivoco tra ogni elemento x e il corrispondente elemento y (e viceversa, nel senso che ogni elemento y è contro immagine di uno e un solo elemento x) è biiettiva (iniettiva e suriettiva) I concetti di funzione iniettiva, suriettiva e biiettiva possono essere rappresentati anche utilizzando dei diagrammi sagittali (di Eulero-Venn), nel modo seguente: Insieme A Funzione iniettiva Insieme B f(A)⊂B • • [la cardinalità di A è minore di quella di B] • • Insieme A [la cardinalità di A è maggiore di quella di B] Insieme B f(A)=B • • • • • • • • Insieme A Funzione biiettiva [la cardinalità di A è uguale a quella di B] • • • Funzione suriettiva • Insieme B f(A)=B • • • • • • 7 La funzione è allora invertibile 1.4) Funzione composta e funzione inversa Si ha una funzione composta quando si hanno più funzioni tra loro concatenate. Più rigorosamente: date le funzioni “f : A→B” e “g : B→C” si ottiene la funzione (composta): “fog: A→C”. Ad esempio: dato f(x)=4⋅x+5 e g(y)=y2 si ottiene: g(x)= (4⋅x+5)2. Occorre quindi prima utilizzare la funzione f(x) e poi la funzione g(y). Quando si ha biunivocità tra ogni elemento di A e di B (funzione biiettiva) oltre alla funzione f : A→B, si ha anche la funzione inversa f -1 che considera la applicazione inversa da B ad A: f -1 : B→A. E’ quindi equivalente parlare di funzioni biiettive, o di funzioni invertibili. Se poi, in particolare, si considera quale insieme B l’insieme f(A), allora la funzione f è inevitabilmente suriettiva su f(A) e quindi affinché si abbia la funzione inversa deve solo essere verificato che f sia iniettiva. Data, ad esempio, la funzione y(x)=4⋅x+5, per ottenere la funzione inversa basta riscrivere la funzione invertendo la variabile indipendente con quella dipendente: y(x)=4⋅x+5 ⇒ x(y)=(y-5)/4. L’ultima espressione evidenzia come assegnato un certo valore di y, si ottiene il corrispondete valore di x. Ad esempio, posto y=7 si ottiene x(7)=(75)/4=0,5. La funzione inversa di una funzione inversa sarà la funzione di partenza. 1.5) Funzioni reali di variabile reale. Si ha una funzione reale di variabile reale quando sia l’insieme A, sia l’insieme B, sono formati da numeri reali, quindi: f : A→B con A⊆R , B⊆R. Ad ogni elemento di A corrisponde uno e un solo elemento di B. Una funzione reale di variabile reale può essere rappresentata mediante delle espressioni di tipo matematico (ad esempio: y(x)=4⋅x+5), oppure mediante il corrispondente grafico. Il dominio della funzione f(x) (cioè il suo campo di esistenza, o insieme di definizione) può essere dato dall’insieme di tutti i numeri reali, o solamente da una sua parte (ad esempio, solo i numeri reali non negativi). Consideriamo, su un piano cartesiano (x , y), il grafico di una funzione y=f(x): - ad ogni valore della ascissa x deve corrispondere un solo punto del grafico - se per ogni valore y ammissibile (compreso tra il minimo e il massimo del grafico) si ha un solo un solo punto del grafico, allora la funzione è iniettiva - se per almeno un valore y si hanno più punti del grafico, allora la funzione non è iniettiva - se per ogni valore di y si ha almeno un punto del grafico, allora la funzione è suriettiva 1.6) Monotonia. Consideriamo una funzione “f : A→B”, con A⊆R e B⊆R (funzione reale di variabile reale). Consideriamo quindi due generici elementi appartenenti all’insieme T⊆A, che chiameremo x1 e x2 , Qualora risulti, per qualsiasi coppia (x1 e x2), con x1 < x2 : 8 a) f(x1) < f(x2) b) f(x1) ≤ f(x2) c) f(x1) = f(x2) d) f(x1) ≥ f(x2) e) f(x1) > f(x2) diremo che la funzione è strettamente crescente in T diremo che la funzione è crescente (non decrescente) in T diremo che la funzione è costante in T diremo che la funzione è decrescente (non crescente) in T diremo che la funzione è strettamente decrescente in T Una funzione si dice monotona quando non varia il tipo del suo andamento (monotona strettamente crescente, monotona crescente, eccetera). Una funzione si dice, ad esempio, strettamente crescente nel punto x* quando con riferimento ad un “intorno di x*”⊆T⊆A, e presi in considerazione i punti x*+h e x*-h (entrambi appartenenti all’intorno di x*) si ottiene, per qualsiasi valore di h>0: f(x*-h) < f(x*) < f(x*+h) Nota: una funzione (ad esempio) strettamente crescente in un intervallo, sarà crescente anche in ogni suo punto. Ma non è necessariamente vero il contrario: un funzione strettamente crescente in ogni punto di un certo intervallo non è detto che sia sempre strettamente crescente in tutto quell’intervallo (ci potrebbero infatti essere dei punti di discontinuità). Nota: la monotonia di una funzione può essere verificata attraverso lo studio del segno della sua derivata prima. 9 2) ALGEBRA ELEMENTARE (bozza) - Aritmetica: operazioni matematiche elementari (addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione) su numeri. - Algebra elementare: operazioni matematiche elementari (addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione) su numeri e simboli (grandezze letterarie) ai quali si potrà assegnare successivamente un valore numerico. 2.1) Potenze e loro proprietà. Il numero 5, moltiplicato per se stesso 3 volte (5⋅5⋅5=125), può essere scritto 53=125. L’espressione an rappresenta una potenza, con a = base della potenza e n = esponente. • potenze con esponente intero, cioè a dire con n ∈ Z Con a ∈ R (reale) diverso da zero, si ottiene: a0 = 1 (per definizione, se a≠0) a1 = a ; ; an = a⋅ a⋅ a⋅…⋅ a (a moltiplicato n volte, se n ≥ 2) a(-n) = 1/ an [potenze con esponente negativo] Nota: alla scrittura 00 non si da nessun significato (è una forma indeterminata). Valgono (tra le tante) le seguenti proprietà: (a⋅b)k = αk⋅bk ; (a/b)k = ak/bk ; ak⋅ah = ak+h ; ak/ah = ak-h ; (ak)h = ak⋅h • potenze con esponente razionale, cioè a dire con r ∈ Q (con r = p/q , p e q interi , q≠ 0) q ar = ap/q = a p (radice q-esima di ap). In particolare vale: a1/n = n a e a-1/n = 1/ n a . Occorre però escludere dai valori di a quelli che condurrebbero a situazioni non accettabili. Ad esempio: a4/2 = a2 a2/4 = a1/2 = 2 a a-4/2 = a-2 = 1/ a2 a-2/4 = a-1/2 = 1/ 2 a ∀ a ∈ℜ ∀a≥0 ∀ a ∈ℜ , a ≠ 0 ∀a≥0 ,a≠0 ⇒a>0 a2/3 = 3 a 2 ∀ a ∈ℜ a3/2 = 2 a 3 a-2/3 = 1/ 3 a 2 ∀ a ≥ 0 (essendo una radice di ordine pari) ∀ a ∈ℜ , a ≠ 0 a-3/2 = 1/ 2 a 3 ∀a≥0 ,a≠0 ⇒a>0 1 • potenze con esponente irrazionale, cioè a dire con r ∈ irrazionale. Si opera individuando i valori razionali che più si avvicinano al valore irrazionale (uno per difetto, l’altro per eccesso). Le successioni dei valori della potenza che si ottengono si avvicinano sempre più al valore della potenza con esponente irrazionale. 2.2) Elementi di calcolo letterale. Si parla di calcolo letterale quando una operazione algebrica è espressa sia utilizzando dei numeri, sia utilizzando delle lettere. Invece che scrivere, ad esempio, (3⋅5), scrivo (h⋅k), dove h e k sono delle grandezze alle quali potrò poi assegnare dei valori numerici. Una espressione algebrica può perdere di significato, quando vengono assegnati particolari valori alle grandezze letterali utilizzate. Ad esempio: a/b è un scrittura lecita, purché sia b≠0 (non ha senso dividere per zero un numero), oppure √a (radice quadrata di a) ha senso, in ambito reale, solo se a≥0. Si possono anche avere delle espressioni indeterminate, ad esempio a/b con a = b = 0. Dovendo procedere al calcolo di una espressione si eseguono (se non sono presenti delle parentesi) prima le potenze, poi i logaritmi, poi i radicali. Si eseguono poi le moltiplicazioni e le divisioni, ed infine le addizioni e le sottrazioni. In presenza di parentesi si eseguono prima i calcoli contenuti nelle parentesi più interne. 2.3) Polinomi e loro scomposizione. Prodotti notevoli. Un monomio è una espressione algebrica formata da un coefficiente e una parte letterale dove non compaiono né addizioni, né sottrazioni. Ad esempio: 5⋅a2 ⋅b5. Il grado di un monomio è dato dalla somma degli esponenti della parte letteraria (con riferimento al monomio citato, il grado associato alla lettera a è 2, quello associato alla lettera b è 5, mentre il grado del monomio è: 2+5=7). Un polinomio è dato dalla somma algebrica di due o più monomi. Ad esempio: 5⋅a2⋅b5+2⋅a2⋅c5. In particolare: un binomio sarà la somma di due monomi, un trinomio sarà dato dalla somma di tre monomi. Il grado di un polinomio è dato dal più elevato grado dei suoi monomi. Un polinomio (reale) P(x) di grado n, in una sola variabile, sarà del tipo: a0xn+a1xn-1+a2xn-2+…+an , con a0≠0 (i numeri reali a0 ,a1 , …an-1 sono i coefficienti del polinomio, il termine an viene detto termine noto. Se tali coefficienti sono dei valori interi si parlerà più propriamente di polinomio a coefficienti interi). La scomposizione di un polinomio (cioè la sua fattorizzazione) si ha quando si riesce a riscrivere il polinomio come prodotto di monomi, o polinomi entro parentesi, di grado inferiore. Quando un polinomio non può più essere scomposto ulteriormente si dice che è irriducibile. 2 Tra i metodi di scomposizione di un polinomio si possono citare: - raccoglimento a fattore comune: 4ab+12ac= 4a⋅(b+3c) - prodotti notevoli: (a+b)2 = a2+b2+2ab ; a2 - b2 = (a+b)⋅ (a-b) 3 2 2 3 (a+b)3 = a +3a b+3ab +b ; (a+b)N = regola di Tartaglia ; eccetera - divisione tra polinomi: per ogni coppia di polinomi A(x), di grado n, e B(x), di grado m, entrambi a coefficienti reali, esistono altri due polinomi Q(x), di grado (n-m), e R(x), di grado inferiore a m, tali per cui vale la relazione: A(x) = B(x) ⋅ Q(x) + R(x) essendo quindi: A(x) il dividendo ; B(x) il divisore ; Q(x) il quoziente R(x) il resto (se R(x)=0 allora A(x) è perfettamente divisibile per B(x)) - regola di Ruffini: dato il polinomio P(x), nota una soluzione α1 (e quindi P(α1)=0), si otterrà: P(x)=Q(x)⋅(x-α1) con Q(x) di grado inferiore (di una unità) a P(x). Si potrà poi cercare di scomporre ulteriormente il polinomio Q(x) utilizzando le altre soluzioni (α2 , α3 .. ..αn) arrivando infine ad ottenere: P(x)= a0 ⋅(x-α1) ⋅(x-α2) ⋅⋅ ⋅ ⋅ ⋅ (x-αn). [Nota: la regola di Ruffini è un caso particolare della divisione tra polinomi ove il divisore B(x) è del tipo (x-α) e il resto R(x) vale zero]. Esiste una procedura di calcolo per potere effettuare anche manualmente l’operazione di divisione tra due polinomi (lo stesso vale per la applicazione della regola di Ruffini). 2.4) Identità ed equazioni: nozione di soluzione. Si ha una identità quando l’uguaglianza tra due espressioni è sempre vera: 4=4 ; a⋅a=a . Si ha una equazione quando l’uguaglianza tra due espressioni è vera solo per alcuni valori numerici attribuiti alle grandezze letterali: 3⋅a=12 è vero solo per a=4. Una equazione algebrica (razionale intera) assumerà quindi la forma: P(x)=0. Il valore α che verifica l’equazione viene detta radice, o soluzione, dell’equazione. Teorema fondamentale dell’algebra Ogni equazione polinomiale di grado n ammette n soluzioni (reali o complesse, non necessariamente tra loro distinte → soluzioni multiple) che indicheremo con: (α1 , α2 , … , αn ) e il polinomio P(x) può essere scritto nella forma: P(x) = a0⋅(x-α1)⋅(x-α2) …. ⋅(x-αn). Eventuali radici tra loro uguali (ad esempio: α1=α2=α5) vengono dette multiple, con grado di molteplicità pari al numero delle radici uguali (nell’esempio proposto, quindi, α1 avrebbe grado di molteplicità pari a tre). Le eventuali radici razionali di una equazione algebrica (a coefficienti interi) vanno ricercate unicamente nei valori ottenibili dal rapporto cj/dj dove: cj sono tutti i possibili divisori (positivo e negativi) del termine noto an , mentre dj sono tutti i possibili divisori (positivi e negativi) del coefficiente a0. Ad esempio, data l’equazione 3x3-17x2+13x-2=0 si ottiene: divisori del termine noto: +1 , -1 , +2 , -2 divisori del termine a0: +1 , -1 , +3 , -3 possibili soluzioni razionali: +1 , -1 , +1/3 , -1/3 , +2 , -2 , +2/3 , -2/3. 2 3 Regola dei segni (di Cartesio): con riferimento a una equazione (in una sola variabile) con coefficienti reali e soluzioni reali si avrà che il numero delle soluzioni positive (contate con il loro ordine di molteplicità) sarà dato dal numero delle variazioni di segno (tralasciando i coefficienti nulli) riscontrabili considerando la successione ordinata dei coefficienti a0 ,a1 , …an-1, an. In presenza di soluzioni complesse il numero delle soluzioni positive sarà dato dal numero delle variazioni di segno eventualmente diminuito di un numero pari (Nota: se esiste una soluzione complessa, allora sarà soluzione anche la complessa coniugata, con lo stesso ordine di molteplicità; quindi se “3+i”, numero complesso, fosse soluzione dell’equazione, allora sarà soluzione anche “3-i”) (Nota: se vi fosse un numero dispari di inversioni di segno, ad esempio 5, allora il numero delle soluzioni positive potrebbe essere: 5, oppure 3, oppure 1. Esisterebbe quindi almeno una soluzione positiva. Se il numero delle inversioni di segno fosse invece pari, si potrebbe avere un numero di soluzioni positive pari a zero). Ad esempio, l’equazione: x 2 + x − 2 = 0 , sarà caratterizzata da: a) avere due soluzioni (reali o immaginarie), essendo di secondo grado b) le possibili radici razionali potrebbero essere: ± 1 oppure ± 2 : verifico, con x=+1 ⇒ 12+1 -2 = 0 x=+1 è soluzione dell’equazione 2 x= -1 non è soluzione delle’equazione verifico, con x=-1 ⇒ (-1) + -1 -2 = -2 2 verifico, con x=+2 ⇒ 2 +2 -2 = +4 x=+2 non è soluzione delle’equazione 2 x= -2 è soluzione dell’equazione verifico, con x=-2 ⇒ (-2) -2 -2 = 0 c) l’equazione ha, nella successione dei suoi coefficienti, una sola inversione di segno, quindi le sue radici reali positive saranno al massimo una, ed infatti delle due radici razionali individuate (che sono poi le uniche due soluzioni esistenti) una è positiva mentre l’altra è negativa d) l’equazione in questione potrebbe essere riscritta, utilizzando le due soluzioni individuate, nel modo seguente: ( x − 1) ⋅ ( x + 2) = 0 ⇒ x 2 − x + 2 ⋅ x − 2 = 0 ⇒ x 2 + x − 2 = 0 Principi di equivalenza. L’equazione A(x)=B(x) è equivalente (ed avrà quindi le stesse soluzioni) a quella ottenibile applicando una identica operazione algebrica ad entrambi i membri dell’equazione: • addizione: A(x)=B(x) ⇒ A(x) +a=B(x) +a • sottrazione: A(x)=B(x) ⇒ A(x) - a= B(x) - a • prodotto: A(x)=B(x) ⇒ A(x)⋅a= B(x)⋅a (con a≠0 , altrimenti si annulla tutto) • divisione: A(x)=B(x) ⇒ A(x)⋅(1/a)=B(x)⋅(1/a) (con a≠0) Un esempio numerico riassuntivo. Si analizzi l’equazione: 2⋅x4 +4⋅x3-6⋅x2 -8⋅x+8 = 0. a) l’equazione è di quarto grado, avrà quindi quattro soluzioni (reali o immaginarie) b) il segno dei coefficienti si inverte due volte, vi saranno quindi non più di due soluzioni reali positive c) le soluzioni razionali vanno ricercate unicamente nei valori ottenibili dal rapporto tra i divisori del termine noto e i divisori del primo coefficiente (positivi o negativi). Nel 4 caso in questione le possibili soluzioni razionali sono: ±8 ; ±4 ; ±2 ; ±1 ; ±½. Per sapere quali valori sono effettivamente soluzione dell’equazione basta provare a verificare numericamente l’equazione sostituendo alla variabile x ciascuno dei valori in questione. Poiché solo i valori “+1” e “-2” verificano l’equazione (annullandola), solo questi saranno soluzioni razionali. [Nota: si sarebbe potuto semplificare un poco i calcoli studiando non l’equazione proposta, ma l’analoga equazione divisa per due, cioè a dire: x4 +2⋅x3-3⋅x2 -4⋅x+4 = 0. Le possibili soluzioni sarebbe state: ±4 ; ±2 ; ±1]. d) applico la regola di Ruffini (sulla equazione già divisa per due, per sveltire i calcoli): 1⋅x4 +2⋅x3 -3⋅x2 -4⋅x +4 1 1 +3 +0 -4 1 3 -0 -4 0 (1⋅x3 +3⋅x2-0⋅x -4)⋅(x-1) = = 1⋅x4 +3⋅x3-0⋅x2 -4⋅x-1⋅x3 -3⋅x2+0⋅x +4 = = 1⋅x4 +2⋅x3-3⋅x2 -4⋅x+4 1⋅x3 +3⋅x2 -0⋅x -4 1 1 4 4 1 4 4 0 (1⋅x2 +4⋅x+4)⋅(x-1) = = 1⋅x3 +4⋅x2 +4⋅x-1⋅x2 -4⋅x-4 = = 1⋅x3 +3⋅x2-0⋅x -4 1⋅x2 +4⋅x +4 -2 -2 -4 1 +2 0 (1⋅x +2)⋅(x+2) = (x+2)2 = = 1⋅x2 +2⋅x +2⋅x+4 = = 1⋅x2 +4⋅x+4 e quindi, in definitiva: 2⋅x4 +4⋅x3-6⋅x2 -8⋅x+8=2⋅( x4 +2⋅x3-3⋅x2 -4⋅x+4)=2⋅(x-1)⋅(x-1)⋅(x+2)⋅(x+2) = 2⋅(x-1)2⋅(x+2)2. Le quattro soluzioni dell’equazione sono date da due soluzioni distinte, ciascuna con grado di molteplicità pari a due (α1=1 e α2=-2). Le soluzioni positive (reali) sono due (date da α1=1, con grado di molteplicità pari a due). 2.5) Equazioni di primo e di secondo grado • Una equazione di primo grado (equazione “lineare”) è una equazione algebrica di grado pari ad uno. Le equazioni di primo grado in una sola incognita possono sempre essere ridotte alla forma normale, del tipo: a⋅x + b = 0 , dove a e b sono dei numeri (reali, ma potrebbero anche essere complessi) e x è la variabile incognita. Con a≠0 l’equazione in questione ha soluzione: x*=-b/a. 5 Le equazioni di primo grado in 2 incognite (x e y) possono sempre essere ridotte alla forma (implicita): a⋅x + b⋅y + c = 0 (o nella equivalente forma esplicita: y = m⋅x+q, con b≠0, m=-a/b, q=-c/b). Ad esempio: 6⋅x -2⋅y -10 = 0, equivale a: y = (6/2)⋅x + (-10/2) = = 3⋅x-5. Le equazioni di primo grado in n incognite (x1 , x2 , …. , xn) possono sempre essere ridotte alla forma (implicita): a1⋅x1 + a2⋅x2 + …. + an⋅xn + k = 0 • Una equazione di secondo grado (equazione “quadratica”) è una equazione algebrica di grado pari a due. Le equazioni di secondo grado in una sola incognita possono sempre essere ridotte alla forma normale, del tipo: a⋅x2 + b⋅x + c = 0 , con a≠0 , dove a , b e c sono dei numeri (reali, ma potrebbero anche essere complessi) e x è la variabile incognita. Per il teorema fondamentale dell’algebra, una equazione di secondo grado avrà due soluzioni (reali o immaginarie). Le soluzioni di una equazione di secondo grado (in una sola variabile) possono essere individuate utilizzando la formula: x* = − b ± b2 − 4 ⋅ a ⋅ c 2⋅a , con soluzioni reali solo nel caso risulti: b2 - (4⋅a⋅c) ≥ 0 . Le soluzione dell’equazione: x2+6⋅x+5 = 0, ad esempio, sono date da: x1 * = − 6 + 6 2 − 4 ⋅1⋅ 5 − 6 + 36 − 20 −6+4 = = = -1 2 ⋅1 2 2 x2 * = − 6 − 6 2 − 4 ⋅1⋅ 5 − 6 − 36 − 20 −6−4 = = = -5 . 2 ⋅1 2 2 Per le soluzioni x1* e x2* di una equazione quadratica volgono inoltre le seguenti relazioni: (x1*+ x2*) = -b/a (ed infatti: (-1) + (-5) = - 6 = - b/a) (x1* ⋅ x2*) = c/a. (ed infatti: (-1) ⋅ (-5) = + 5 = c/a). 2.6) Disequazioni di primo e di secondo grado • Una disequazione di primo grado è una disequazione algebrica di grado pari ad uno. Operando con una sola incognita, invece che una espressione del tipo: a⋅x + b = 0 (equazione), si otterrà, sostituendo al segno di “=” il segno “>” , “≥” , “<” , “≤” una delle seguenti espressioni (con a>0): a⋅x + b > 0 a⋅x + b ≥ 0 a⋅x + b < 0 a⋅x + b ≤ 0 . Nel caso si abbia invece a<0 occorrerà invertire il segno delle disuguaglianze (in generale, quando si moltiplicano, o si dividono, entrambi i membri di una disequazione 6 per un numero negativo, occorre invertire il segno della disequazione). Risolvere una disequazione significa trovare tutti i valori di x che verificano la disuguaglianza. Ad esempio: 3⋅x + 2 ≥ 0 ⇒ x ≥ (-2)/3 ; mentre -3⋅x + 2 ≥ 0 ⇒ x ≤ 2/3. Si può dare una rappresentazione geometrica delle soluzioni di una disequazione. Nel caso si operi con valori reali di x, si può quindi fare riferimento ad una retta, individuare il valore che verifica la equazione associata alla disequazione (punto di separazione tra i valori di x che verificano la disuguaglianza con il segno “<”, e quelli che la verificano con il segno “>”), e individuare infine quale delle due semi-rette rappresenta tutti i punti che verificano la disequazione desiderata: 3⋅x + 2 < 0 3⋅x + 2 = 0 | -2/3 3⋅x + 2 > 0 x Operando con due incognite, invece che una espressione del tipo: a⋅x + b⋅y + c = 0 (equazione), si otterrà, sostituendo al segno di “=” il segno “>” , “≥” , “<” , “≤” una delle seguenti espressioni (con a>0): a⋅x + b⋅y + c > 0 ; a⋅x + b⋅y + c ≥ 0 ; a⋅x + b⋅y + c < 0 ; a⋅x + b⋅y + c ≤ 0 . Si può dare una rappresentazione geometrica delle soluzioni di una disequazione lineare in due incognite. Nel caso si operi con valori reali di x, si può quindi fare riferimento al piano cartesiano, individuare la retta che verifica la equazione associata alla disequazione (retta di separazione tra i valori di x che verificano la disuguaglianza con il segno “<”, e quelli che la verificano con il segno “>”), e individuare quale dei due semi-piani rappresenta tutti i punti che verificano la disequazione: y Retta di separazione 10⋅x + 5⋅y - 5 = 0 1 10⋅x + 5⋅y - 5 < 0 10⋅x + 5⋅y - 5 > 0 x 1/2 -1 Operando con tre variabili occorrerebbe dare una rappresentazione grafica nello spazio a tre dimensioni. Operando con più di tre variabili si dovrebbe operare negli spazi con più di tre dimensioni (iper-spazi). • Una disequazione di secondo grado (disequazione “quadratica”) è una disequazione algebrica di grado pari a due. Operando con una sola incognita, invece che l’espressione: a⋅x2 + b⋅x + c = 0 , con a≠0 , (equazione), si otterrà, sostituendo al segno di “=” il segno “>” , “≥” , “<” , “≤” una 7 delle seguenti espressioni (con a>0): a⋅x2 + b⋅x + c > 0 ; a⋅x2 + b⋅x + c ≥ 0 ; a⋅x2 + b⋅x + c < 0 ; a⋅x2 + b⋅x + c ≤ 0 Qualora fosse a < 0 si deve invertire il segno delle disuguaglianze. Ad esempio: 5⋅x2 +3⋅x + 2 ≥ 0 ⇒ - 5⋅x2 - 3⋅x - 2 ≤ 0 I valori di x che verificano una disequazione di secondo grado possono essere trovati risolvendo prima, se possibile, l’equazione associata e verificando poi se l’Insieme Ammissibile delle soluzioni è quello individuato all’interno, oppure all’esterno, dell’insieme compreso tra le due soluzioni reali trovate. Ad esempio: la disequazione: x2+6⋅x+5 ≥ 0, la cui relativa equazione ha come soluzioni i valori x1*=-1 e x1*=-5 , risulta verificata ∀ x ∉ (-1 , -5), cioè a dire per tutti valori di x compresi tra (-∞) e (-1), e anche per tutti valori di x compresi tra (-5) e (+∞), estremi compresi. Ad esempio: la disequazione: x2+6⋅x+5 < 0, la cui relativa equazione ha come soluzioni i valori x1*=-1 e x1*=-5 , risulta verificata ∀ x ∈ (-1 , -5), cioè a dire per tutti valori di x compresi tra (-1) e (-5), estremi esclusi. Ad esempio: la disequazione: 5⋅x2+4⋅x+6 > 0, la cui relativa equazione non ammette soluzioni reali (essendo negativo il valore del discriminante =b2-(4⋅a⋅c)=-104) risulta verificata ∀ x ∈ ℜ , cioè a dire per qualsiasi valore reale. Ad esempio: la disequazione: 5⋅x2+4⋅x+6 < 0, la cui relativa equazione non ammette soluzioni reali (essendo negativo il valore del discriminante =b2-(4⋅a⋅c)=-104) non risulta mai verificata, cioè a dire che non esiste nessun valore reale che possa verificare la disequazione. In generale, ad esempio, data la disequazione: a⋅x2 + b⋅x + c > 0 , con a≠0: - con a>0 - con a<0 se se se se se se >0 =0 <0 >0 =0 <0 le soluzioni saranno esterne all’intervallo [x1*, x2*] con x1*≠ x2* le soluzioni saranno tutte quelle diverse da x1*= x2* le soluzioni saranno date da qualsiasi valore reale le soluzioni saranno interne all’intervallo (x1*, x2*) con x1*≠ x2* non vi saranno soluzioni reali (le radici x1* e x2* coincidono) non vi saranno soluzioni reali. 2.7) Sistemi di equazioni e di disequazioni • Si ha un sistema di equazioni quando, invece che operare su una singola equazione, si opera su più equazioni che devono essere tutte risolte contemporaneamente (ammesso che tale soluzione esista). Occorre quindi ricercare quel valore (o quei valori) da attribuire alla variabile incognita (o alle variabili incognite) che risolvono tutte le equazioni prese in considerazione. 8 Ad esempio il sistema di equazioni sotto indicato: 3⋅ x + 3⋅ y = 6 − 1 ⋅ x + 1 ⋅ y = 0 3 ⋅1 + 3 ⋅1 = 6 − 1 ⋅ 1 + 1 ⋅ 1 = 0 ha soluzione x=1 , y=1 , valendo: • Si ha un sistema di disequazioni quando, invece che operare su una singola disequazione, si opera su più disequazioni che devono essere tutte risolte contemporaneamente (ammesso che tale soluzione esista). Occorre quindi ricercare quel valore (o quei valori) da attribuire alla variabile incognita (o alle variabili incognite) che risolvono tutte le equazioni prese in considerazione. 3⋅ x + 3⋅ y > 6 Ad esempio dal sistema di disequazioni: − 1 ⋅ x + 1 ⋅ y < 0 x > 0 y Retta: -1⋅x + y = 0 2 Retta: 3 ⋅x + 3 ⋅ y = 6 si ottiene (graficamente) 1 Insieme Ammissibile. Parte del piano i cui punti verificano il sistema delle disequazioni considerate. x -1 2 1 Ad esempio il punto di coordinate x=2 , y=1 , che giace nella porzione di piano individuata come soluzione del sistema di disequazioni (Insieme Ammissibile), verifica contemporaneamente le tre disequazioni perse in considerazione: 3⋅x + 3⋅y = 3⋅2 + 3⋅1 = 9 > 6 -1⋅x + 1⋅y = -1⋅2 + 1⋅1 = -1 < 0 1⋅x = 2 > 0 Si segnala che poiché le disequazioni sono state scritte come disequazioni forti (il segno di uguale non è previsto come accettabile), l’Insieme Ammissibile sarà dato dalla regione di piano indicata, ma escludendo la sua frontiera. 2.8) Equazioni e disequazioni razionali, intere e fratte • Equazioni razionali intere. Si veda quanto esposto nel precedente punto 2.5) 9 • Equazioni razionali fratte. Si opera cercando di semplificare il più possibile l’espressione utilizzando i principi di equivalenza (della addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione), ricordando di operare sui valori ammissibili delle variabili (il denominatore di una frazione, ad esempio, non potrà essere nullo; l’espressione sotto radice quadrata non potrà assumere valori negativi, eccetera). Ad esempio: x − 2 1 + 2x x x − 2 1 + 2x x 2 ⋅ ( x − 2) 2 − (1 + 2 x)( x + 2) − 2 x = 2 = − ⇒ − ⇒ =0 x + 2 2x − 4 x − 4 x + 2 2( x − 2) ( x − 2) ⋅ ( x + 2) 2 ⋅ ( x + 2)( x − 2) con: 2 ⋅ ( x + 2)( x − 2) ≠ 0 , cioè a dire con x ≠ -2 e x ≠ +2 con: 2 ⋅ ( x − 2) 2 − (1 + 2 x)( x + 2) − 2 x = 2 x 2 − 8 x + 8 − x − 2 − 2 x 2 − 4 x − 2 x = − 15 x + 6 = 0 , per x*=2/5 • Disequazioni razionali intere, Si veda quanto esposto nel precedente punto 2.6) per le disequazioni di primo e di secondo grado. Per le disequazioni di grado superiore si può operare dopo avere scomposto il più possibile l’espressione oggetto di studio. Ad esempio, la disequazione: x4 - 4⋅x3 - x2 + 4⋅x > 0, può essere riscritta nella forma: x⋅(x – 4)⋅(x2 -1) > 0. Per ognuno dei tre fattori si valuta il segno e si vede di conseguenza il segno della disequazione originaria: x (x – 4) (x2 -1) negativo negativo positivo negativo negativo negativo -1 x⋅(x – 4)⋅(x2 -1) positivo positivo negativo negativo 0 negativo positivo negativo positivo 1 positivo positivo positivo positivo 4 negativo positivo • Disequazioni razionali fratte. Si opera cercando di semplificare il più possibile l’espressione utilizzando i principi di equivalenza (della addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione), ricordando di operare sui valori ammissibili delle variabili (il denominatore di una frazione, ad esempio, non potrà essere nullo; l’espressione sotto radice quadrata non potrà assumere valori negativi, eccetera). Si ricordi che moltiplicando (o dividendo) per un valore negativo si inverte il segno della disuguaglianza. Ad esempio: 3x − 2 ≤1 ⇒ x −3 3x − 2 −1 ≤ 0 x−3 ⇒ 3x − 2 − x + 3 ≤0 x−3 ⇒ 2x + 1 ≤0 x−3 con: 2 x + 1 , negativo per x<-1/2 , nullo per x=-1/2 , positivo per x>-1/2 con: x − 3 , negativo per x < 3 , nullo per x = 3 , positivo per x> 3 10 2x +1 x−3 negativo negativo positivo negativo -1/2 2x + 1 x−3 positivo positivo positivo 3 negativo positivo In definitiva, lo schema procedurale per individuare l’insieme ammissibile delle soluzioni di una disuguaglianza fratta, è quindi (in generale) il seguente: a) si portano tutti i termini al primo membro della disequazione b) si trasforma l’espressione al primo membro fino ad ottenere una unica frazione c) si individuano i punti (o gli intervalli) non ammissibili d) si individuano gli intervalli in cui il numeratore è positivo, o negativo e) si individuano gli intervalli in cui il denominatore è positivo, o negativo f) si individuano gli intervalli in cui la frazione è positiva, o negativa 2.9) Equazioni e disequazioni irrazionali • Si ha una equazione irrazionale quando l’incognita compare all’interno di uno o più radicali. Ad esempio: x =9 (attenzione, l’equazione: ( 2 )⋅x=9, pur contenendo un valore irrazionale ( 2 ) non è una equazione irrazionale in quanto l’incognita x non è all’interno del segno di radice). Per risolvere l’equazione proposta si elevano a potenza entrambi i membri allo scopo di eliminare il radicale: x =9 ⇒ ( x )2=92 ⇒ x*=92=81 In generale occorre però ricordare che elevando a potenza n-esima (con n intero, maggiore di uno) entrambi i termini di una equazione si ottiene una nuova equazione le cui soluzioni comprendono sicuramente quelle dell’equazione irrazionale originaria, ma potrebbero anche esservi (con n pari) delle soluzioni spurie che invece non soddisfano l’equazione originaria. Ad esempio (facendo riferimento alla radice quadrata principale, cioè quella non negativa): 9− x = x−3 ⇒ ( 9− x )2 = (x − 3)2 x1 * = 0 x2 * = 5 ⇒ 9 − x = x 2 + 9 − 6 x ⇒ x 2 − 5 x = 0 per dove: la prima soluzione (x1*=0) non verifica l’equazione irrazionale di partenza: 9− x = x−3 ⇒ 9−0 −0+3= 0 ⇒ 9 +3 ⇒ +3+3 = 6 ≠ 0 mentre la seconda soluzione (x2*=5) verifica l’equazione irrazionale di partenza: 9− x = x−3 ⇒ 9−5 −5+3= 0 ⇒ . 11 4 −2 ⇒ +2−2 = 0 Per individuare quali soluzioni dell’equazione elevata a potenza sono anche soluzioni dell’equazione di partenza (verifica da farsi solo nel caso sia n pari) si può: a) sostituire nelle equazione originaria le soluzioni dell’equazione elevata a potenza, e verificare numericamente se l’equazione originaria risulta verificata (come mostrato appena sopra) b) imporre che sia il radicando, sia il membro di destra, siano non negativi, Nell’esempio preso in considerazione deve quindi risultare: (9-x) ≥ 0 ⇒ x ≤ 9 ; (x-3) ≥ 0 ⇒ x ≥ 3 di conseguenza l’unica soluzione ammissibile (con; 3 ≤ x ≤ 9) è data da x*=5. Nel caso fossero presenti più radicali si procederà isolando un primo radicale, che verrà elevato a potenza, poi si tenterà di isolare un secondo radicale, che verrà a sua volta elevato a potenza, eccetera. Ad esempio: 3 3 3 x − x = x ⇒ x 2 − x = 2 9 (9 x )3 ⇒ x 2 − x = 3 x ( ) 3 ⇒ x 2 − x = x ⇒ ecc… • Si ha una disequazione irrazionale quando l’incognita compare all’interno di uno o più radicali. Occorre inoltre distinguere a seconda che il radicale abbia indice pari, oppure indice dispari. a) radicale con indice dispari. Se l’indice di radice è dispari si procede all’elevamento a potenza con esponente uguale all’indice di radice, senza preoccuparsi del segno del radicando (che potrà quindi assumere valori sia positivi, sia negativi, sia nulli). Ad esempio: 3 x − 2 ≥ 2 ⇒ x − 2 ≥ 2 3 ⇒ x ≥ 8 + 2 ⇒ per x ≥ 10 b) radicale con indice pari (l’espressione sotto il segno di radice può assumere solamente valori non negativi) . Occorre distinguere i diversi casi, ad esempio qualora la disequazione fosse del tipo: A( x) < B( x) , allora per individuare le sue soluzioni occorre considerare che: a) deve essere A(x) ≥ 0 (altrimenti non avrebbe senso il radicale); b) deve essere B(x) > 0 (dato che il valore del radicale sarà inevitabilmente non negativo); c) deve essere A(x) < [B(x)]2 (per soddisfare la disequazione richiesta). 12 Ad esempio: 2 x 2 + 3 < x + 2 ⇒ x +3 ≥ 0 2 verificato per qualsiasi valore di x x+2 > 0 verificato per -2 < x 2 x + 3 < ( x + 2) 2 ⇒ x 2 + 3 < x 2 + 4 + 4 x ⇒ − 1 < 4 x , vero per -1/4 < x di conseguenza la disequazione in oggetto risulterà verificata quando tutte e tre le condizioni sopra citate risultano verificate, cioè a dire per tutti i valori di x maggiori di -0,25. Qualora la disequazione fosse del tipo: A( x) > B( x) 2 x − 1 > x − 3 ⇒ nel caso sia x-3 ≥ 0 , cioè nel caso sia x ≥ 3 x-1 > 0 verificato per x > 1 x − 1 > ( x − 3) 2 ⇒ x − 1 > x 2 + 9 − 6 x ⇒ − x 2 + 7 x − 10 > 0 , per 2 < x < 5 di conseguenza la disequazione in oggetto risulterà verificata quando tutte e tre le condizioni sopra citate risultano verificate, cioè a dire per 3 ≤ x < 5. ⇒ nel caso sia x-3 < 0 , cioè nel caso sia x < 3 x-1 ≥ 0 verificato per x ≥ 1 2 x − 1 > x − 3 risulta di conseguenza necessariamente verificata, di conseguenza la disequazione in oggetto risulterà verificata quando tutte le condizioni sopra citate risultano verificate, cioè a dire per 1 ≤ x < 3. La soluzione completa della disequazione considerata è allora data dalla unione delle soluzioni ottenute nelle due diverse ipotesi, cioè a dire: [1<x<3)∪[3<x<5)= [1<x<5) 2.10) Equazioni e disequazioni con il valore assoluto • Si ha una equazione con il valore assoluto quando l’incognita compare all’interno di una espressione che deve essere valutata in valore assoluto, essendo il valore assoluto (o modulo) del numero k lo stesso valore k, se è k≥0. oppure il suo valore opposto (-k), se è k<0 (analogamente per le espressioni in valore assoluto, ad esempio l’espressione |k-1|, in valore assoluto, varrà “+(k-1)” quando (k-1)≥0, mentre varrà “-(k-1)” quando (k-1)≤0). Il valore assoluto di un numero (o di una espressione) sarà quindi sempre positivo o nullo. Per le equazioni in valore assoluto non vale il Teorema fondamentale dell’algebra (una equazione di grado n possiede complessivamente n soluzioni), ad esempio l’equazione |x| = 1 (di primo grado) avrà due soluzioni; x1*=1 e x2*=-1. Per risolvere una equazione in valore assoluto occorre analizzarla separatamente nei diversi intervalli in cui essa risulta positiva, o negativa (o nulla). Ad esempio, l’equazione |x-1| = 2+2⋅x condurrà a risolvere due distinti problemi: - per (x-1)≥0, cioè per x≥1, si avrà: (x-1)=2+2⋅x ⇒ x*= -3 (soluzione non ammissibile) [la soluzione x*= -3 non è accettabile in quanto non verifica la condizione x≥1] 13 - per (x-1)≤0, cioè per x≤1, si avrà: -(x-1)=2+2⋅x ⇒ -3⋅x=1 ⇒ x*= -1/3 (ammissibile) [la soluzione x*= -1/3 è accettabile in quanto verifica la condizione x≤1] La soluzione generale dell’equazione con il valore assoluto sarà dato da tutte le soluzioni (ammissibili) ottenute nei due distinti problemi, che nel caso in questione coincide con l’unica soluzione x*= -1/3. Ad esempio, l’equazione |x|+3⋅|x+2|=0 problemi: condurrà a risolvere quattro distinti - per x≥0 e (x+2)≥0, cioè per x≥0, si avrà: x+3(x+2)=0 ⇒ 6+4⋅x=0 ⇒ x*= -3/2 [la soluzione x*= -3/2 non è accettabile in quanto non verifica la condizione x≥0] - per x≥0 e (x+2)≤0, cioè per nessun valore di x (che non può essere sia x≥0, sia x≤-2) [non esiste nessun valore che può verificare entrambe le condizioni x≥0 e x≤-2] - per x≤0 e (x+2)≥0, cioè per -2≤x≤0, si avrà: -x+3(x+2)=0 ⇒ 6+2⋅x=0 ⇒ x*= -3 [la soluzione x*= -3 non è accettabile in quanto non verifica la condizione -2≤x≤0] - per x≤0 e (x+2)≤0, cioè per x≤-2, si avrà: -x-3(x+2)=0 ⇒ -6-4⋅x=0 ⇒ x*= -3/2 [la soluzione x*= -3/2 non è accettabile in quanto non verifica la condizione x≤-2] La soluzione generale dell’equazione con il valore assoluto sarà dato da tutte le soluzioni (ammissibili) ottenute nei quattro distinti problemi, che nel caso in questione, però, non esistono (nessuno dei quattro distinti problemi ammette soluzione). Si poteva, del resto, subito arrivare a tale conclusione osservando che l’equazione |x|+3⋅|x+2|=0 è data dalla somma di due addendi entrambi non negativi (causa la presenza del valore assoluto) e quindi, affinché valga zero la loro somma, occorre che siano entrambi nulli dovendo quindi risultare contemporaneamente sia: |x|=0 ⇒ x=0 , sia: 3⋅|x+2|=0 ⇒ x=-2 , il che non è possibile. Se l’equazione fosse invece stata (ad esempio): |x|+3⋅|x+2|=8, allora, replicando la procedura sopra descritta, si sarebbero ottenute le soluzioni (ammissibili): x=-7/2 ; x=1/2. • Si ha una disequazione con il valore assoluto quando l’incognita compare all’interno di una espressione che deve essere valutata in valore assoluto. Occorre operare nei diversi intervalli nei quali le grandezze sotto condizione di valore assoluto risultano essere positive, o negative (o nulle). Ad esempio, l’equazione |x|-2⋅|x+3| ≥ 0 potrà essere analizzata nel modo seguente: -3 ⇒ x<0 (x+3) ⇒ (x+3)<0 x 0 valori di x x<0 x>0 (x+3)>0 (x+3)>0 14 di conseguenza: - per x ≤ -3, si dovrà studiare l’espressione [–x+2⋅(x+3)] che risulta positiva per: –x+2(x+3) ≥ 0 ⇒ x+6 ≥ 0 ⇒ x ≥ -6. La disequazione originaria sarà quindi verificata per: -6 ≤ x ≤ -3 - per -3 ≤ x ≤ 0, si dovrà studiare l’espressione [–x–2⋅(x+3)] che risulta positiva per: –x–2(x+3) ≥ 0 ⇒ –3⋅x–6 ≥ 0 ⇒ x ≤ –2. La disequazione originaria sarà quindi verificata per: –3 ≤ x ≤ -2 - per 0 ≤ x, si dovrà studiare l’espressione [+x–2⋅(x+3)] che risulta positiva per: +x–2(x+3) ≥ 0 ⇒ –x–6 ≥ 0 ⇒ –x ≥ +6 ⇒ x ≤ –6 ⇒ impossibile (essendo 0 ≤ x) La disequazione originaria non sarà quindi mai verificata per 0 ≤ x. La disequazione originaria (con il valore assoluto) sarà quindi verificata per tutti i valori di x compresi tra (-6) e (-3), e per tutti i valori di x compresi tra (-3) e (-2). In totale risulterà quindi verificata ∀ x ∈ [-6 , -2] (estremi compresi). A scopo di verifica si può controllare che: - per x=-7 - per x=-6 - per x=-5 - per x=-4 - per x=-3 - per x=-2 - per x=-1 - per x=-0 si ottiene: |x|-2⋅|x+3| si ottiene: |x|-2⋅|x+3| si ottiene: |x|-2⋅|x+3| si ottiene: |x|-2⋅|x+3| si ottiene: |x|-2⋅|x+3| si ottiene: |x|-2⋅|x+3| si ottiene: |x|-2⋅|x+3| si ottiene: |x|-2⋅|x+3| ⇒ |-7|-2⋅|-7+3| ⇒ |-6|-2⋅|-6+3| ⇒ |-5|-2⋅|-5+3| ⇒ |-4|-2⋅|-4+3| ⇒ |-3|-2⋅|-3+3| ⇒ |-2|-2⋅|-2+3| ⇒ |-1|-2⋅|-1+3| ⇒ |-0|-2⋅|-0+3| 15 ⇒ 7-2⋅4 = -1 , non verificata ⇒ 6-2⋅3 = 0 , verificata ⇒ 5-2⋅2 = 1 , verificata ⇒ 4-2⋅1 = 1 , verificata ⇒ 3-2⋅0 = 3 , verificata ⇒ 2-2⋅1 = 0 , verificata ⇒ 1-2⋅2 = -3 , non verificata ⇒ 0-2⋅3 = -6 , non verificata. 3) GEOMETRIA ANALITICA (Geometria Cartesiana) [bozza] 3.1) Il piano cartesiano. E’ un sistema di riferimento formato da due rette orientate, tra loro perpendicolari (ortogonali), che si intersecano in un punto chiamato origine. La retta orientata orizzontalmente (solitamente caratterizzata dalla lettera x) è l’asse delle ascisse, quella perpendicolare (verticale) (solitamente caratterizzata dalla lettera y) è l’asse delle ordinate. Il sistema dei due assi permette di individuare qualsiasi punto collocato su un piano utilizzando una coppia di valori reali (valore di ascisse, e valore di ordinata). L’origine degli assi, ad esempio, sarà caratterizzato dalla coppia di coordinate: (x=0 , y=0). Esiste quindi una corrispondenza biunivoca tra i punti di un piano cartesiano e una coppia di numeri reali [le coppie di numeri reali fanno quindi riferimento al prodotto cartesiano R⋅R=R2]. Un piano cartesiano viene diviso (dalle due rette orientate) in quattro quadranti il primo dei quali fa riferimento a tutti i punti le cui coordinate sono entrambe positive (o non negative, volendo considerare anche gli assi che lo delimitano). Gli altri quadranti vengono individuati procedendo in senso anti-orario (iniziando dal primo quadrante). Il sistema di riferimento cartesiano (a due dimensioni) può essere esteso ad un numero maggiore di dimensioni. Con tre dimensioni, ad esempio, ogni punto verrà individuato da tre coordinate e si opererà nello spazio naturale. Con più di tre dimensioni si farà riferimento al concetto di iper-spazio. Con riferimento al piano cartesiano vale la pena di ricordare almeno i seguenti concetti: a) calcolo della distanza tra due punti appartenenti al piano cartesiano. Dati i punti P(x1; y1) e Q(x2; y2) la loro distanza D (misurata dalla lunghezza del segmento che li unisce) può essere facilmente calcolata utilizzando il teorema di Pitagora (in un triangolo rettangolo, l'area del quadrato costruito sull'ipotenusa è uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui due cateti). Ad esempio, considerando i punti P(2; 3) e Q(5; 7), si ottiene y(x) D (tra P e Q) = (5 − 2) 2 + (7 − 3) 2 = = 9 + 16 = 25 = 5 Q y2=7 P y1=3 1 0 x1=2 x x2=5 1 b) modifica dell’origine degli assi di riferimento (traslazione degli assi). Nel caso si voglia posizionare diversamente l’origine degli assi spostandola, ad esempio, dal punto O(0,0) al punto P(2.5) basterà analogamente rettificare il valore delle coordinate di riferimento (la nuova coordinata sull’asse delle ascisse sarà: x*=x-2, la nuova coordinata sull’asse delle ordinate sarà: y*=y-5) y(x*)=y-5 y(x) P y1=5 x*=x-2 x x1=2 0 c) rotazione degli assi cartesiani di riferimento (mantenendo la stessa origine). Gli assi ruoteranno (rispetto alla situazione originale) di un certo angolo α. Le coordinate di un punto P(x,y), riferito al sistema di assi cartesiani ortogonali, andrà quindi riscritto utilizzando come valori di coordinate quelli riferiti al nuovo sistema di assi (ruotato di un angolo α). Le nuove coordinate (riferite al nuovo sistema di assi cartesiani) saranno: x*= x⋅cos α + y⋅sin α e y* = - x⋅sin α + y⋅cos α. Ad esempio, il punto P(2,4), riferito al sistema di assi cartesiani ortogonali, avrà le seguenti nuove coordinate (a seguito di una rotazione degli assi di 45°): x* = x⋅cos α + y⋅sin α = x⋅cos (45) + y⋅sin (45) ≅ 2⋅0,7071 + 4⋅0,7071 = 4,2426 y* = - x⋅sin α + y⋅cos α =- x⋅sin (45) + y⋅cos (45) ≅- 2⋅0,7071 + 4⋅0,7071 = 1,4142 y y* = - x⋅sin α + y⋅cos α • 4 x*= x⋅cos α + y-sin α P angolo α 0 x 2 2 3.2) Equazione della retta. Una equazione è una uguaglianza tra due espressioni (contenenti anche delle variabili) che risulta verificata solo assegnando a tali variabili (cioè alle incognite) degli opportuni valori. Per risolvere una equazione occorre allora individuare, se ve ne sono, tutti i valori che, sostituiti alle variabili, verificano l’uguaglianza. L’insieme dei valori che possono essere attribuiti alle variabili viene detto dominio, ogni valore che soddisfa l’uguaglianza viene detta soluzione, o radice dell’equazione. L’insieme dei valori che si ottengono sostituendo alle variabili dei valori ammissibili viene detto codominio. Nel piano cartesiano si definisce retta l’insieme dei punti le cui coordinate verificano l’equazione: a⋅x+b⋅y+c = 0 [equazione qui definita in forma implicita,], dove a, b e c sono dei valori numerici prefissati (reali, con a e b non entrambi nulli), mentre x e y sono le coordinate dei punti. La retta (con b≠0) può essere scritta anche in forma esplicita (detta anche “canonica”): y(x) = m⋅x + q , dove m è il coefficiente angolare della retta (misura la “pendenza” della retta rispetto all’asse delle ascisse), e q è l’intercetta all’origine (si tratta del valore che assume la variabile dipendente y quando la variabile indipendente x vale zero: y(0) = q). Per valori positivi di m la retta sarà quindi crescente con x; per valori negativi di m la retta sarà decrescente con x, con m=0 la retta sarà costante con x [“con x” sta a significare: “all’aumentare del valore di x]. Il valore di m può essere ottenuto calcolando il rapporto tra la variazione dell’ordinata e la variazione dell’ascisse rispetto a due punti qualsiasi della retta. Ad esempio, con riferimento ai punti P (x1; y1) e Q (x2; y2), si ottiene: m = (y2 - y1) / (x2 - x1) [Nota: occorre che sia x2 ≠ x1] Il valore di m (positivo) ha a che fare con l’angolo descritto dalla retta delle ascisse e dalla retta individuata dall’equazione in oggetto. Più esattamente, se l’angolo in questione è di ampiezza α, allora si ha: m = tangente di α (si ricorda che il valore della tangente dell’angolo α, in trigonometria, è dato dal rapporto tra il seno e il coseno dell’angolo in questione) Analogamente per valori negativi di m. Per m=0 la retta descritta dall’equazione sarà parallela all’asse delle ascisse, e non si formerà nessun angolo. Il passaggio dalla forma implicita (a⋅x+b⋅y+c=0) alla forma esplicita (y(x)=m⋅x+q) viene semplicemente effettuata, con b≠0, ricavando: y(x)= – (a/b)⋅x –(c/b) , con m=-(a/b) e q = -(c/b). Ad esempio, la retta: -6⋅x+3⋅y-3 = 0, può essere scritta: y(x)=(6/3)⋅x+(3/3)=2⋅x+1, con m=2, coefficiente angolare e q=1, intercetta all’origine. Q y(x) y2=7 m = (7-5)/(3-2)=2/1=2 P y1=5 Intercetta all’origine q = y(0) = 2⋅0+1 = 1 1 x1=2 x x2=3 L’espressione della retta (con x2 ≠ x1 e y2 ≠ y1) passante per i punti P (x1; y1) e Q (x2; y2) deve quindi verificare la condizione: (y - y1) / (y2 - y1) = (x - x1) / (x2 - x1), da cui: y(x) = y1 + [(y2 - y1)/ (x2 - x1)] ⋅ (x - x1). 3 Ad esempio la retta passante per i punti P(2; 5) e Q(3; 7), sarà data da: y(x)= y1+[(y2-y1)/(x2-x1)]⋅(x- x1)=5+[(7-5)/(3-2)]⋅(x-2) = 5+[2/1]⋅(x-2) = 5+2⋅x-4=2⋅x+1 [nel caso particolare di x1 = x2 si otterrebbe una retta verticale di equazione: x = x1 ] - le rette y(x) = m⋅x + q e Y(x) = M⋅x + Q sono tra loro parallele se e solo se m = M - le rette y(x) = m⋅x + q e Y(x) = M⋅x + Q sono tra loro perpendicolari se e solo se m⋅M= -1 - il fascio di rette passante per il punto P(x1,y1) ha espressione: y = y1 + m (x-x1). Ad esempio, il fascio di rette passante per il punto P(2; 5) sarà data da: y=y1+m(x-x1)=5+m(x-2)=m⋅x+(5-m⋅2) - la distanza (perpendicolare, minima) D tra il punto P(x0,y0) e la retta a⋅x+b⋅y+c = 0 è data dalla seguente espressione: D = |a⋅x0+b⋅y0+c|/√(a2+b2). Con riferimento alla espressione esplicita della retta si ottiene invece: D = |y0-m⋅x0-q|/√(1+m2) [per la distanza tra due rette tra loro parallele basta calcolare la distanza tra una retta e un qualsiasi punto dell’altra] Ad esempio la distanza D tra la retta (-6⋅x+3⋅y-3 = 0) e il punto Z(1,1) è data da: D = |a⋅x0+b⋅y0+c|/√(a2+b2) = |-6⋅1+3⋅1-3|/√((-6)2+32) = 6/√(45) = 6/(3⋅√5)=2/√5. Ad esempio la distanza D tra la retta (y(x)=2⋅x+1) e il punto Z(1,1) è data da: D = |y0-m⋅x0-q|/√(1+m2) = |1-2⋅1-1|/√(1+22) = 2/√5. - il punto di intersezione tra le rette y(x) = m⋅x + q e Y(x) = M⋅x + Q può essere individuato risolvendo (nelle variabili x e y) il sistema composto dalle due equazioni. y = 2 ⋅ x +1 − x + 7 = 2 ⋅ x + 1 3 ⋅ x = 6 x = 6 / 3 = 2 ⇒ ⇒ ⇒ y = − x + 7 y = − x + 7 y = −x + 7 y = −2 + 7 = 5 Ad esempio: 3.3) Equazione della parabola. Nel piano cartesiano, fissato un punto F (detto fuoco) e una retta R (detta direttrice) non passante per il punto F, si definisce parabola il luogo dei punti P(x,y) equidistanti da F e da R. La retta perpendicolare alla direttrice e passante per F si chiama asse (di simmetria) della parabola, il punto V di intersezione tra la parabola e il suo asse viene chiamato vertice della parabola. L’equazione y(x) = a⋅x2 + b⋅x + c rappresenta l’equazione canonica di una parabola (si tratta quindi di una funzione polinomiale di secondo grado, cioè di una funzione quadratica). Alcune caratteristiche geometriche, relative al grafico di una parabola, sono le seguenti: - è una curva aperta che si allarga sempre più (non è contenuta in una regione finita del piano) - è simmetrica rispetto all’asse di simmetria - l’asse di simmetria passa per il fuoco F e interseca la parabola in un punto detto vertice - volge la concavità sempre dalla stessa parte. Con riferimento ai valori di a, b e c (ed essendo ∆=b2-4⋅a⋅c) si ottiene: - il punto di vertice V è dato da: V(-b/2a ; -∆ /4⋅a). Ottenuta comunque la coordinata di ascisse 4 del vertice (-b/2a), si può facilmente ottenere la coordinata dell’ordinata per semplice sostituzione nell’equazione della parabola - il “fuoco “ F è dato da: F(-b/2a ; (- ∇ +1)/4⋅a) - l’asse di simmetria (parallelo all’asse delle ordinate) è dato dalla retta: x= -b/2⋅a - la retta direttrice (parallela all’asse delle ascisse) è data da: y= (-∆-1)/4⋅a) - la concavità della parabola: sarà rivolta “verso l’alto” se a>0 sarà rivolta “verso il basso” se a<0 se a=0 non si ha a che fare con una parabola - all’aumentare del valore di a (in valore assoluto) la parabola risulta “meno allargata” - riguardo all’asse della parabola: se b = 0 l’asse della parabola sarà dato dall’asse delle ordinate se c = 0 la parabola passerà per l’origine degli assi cartesiani se b = c = 0 , allora si ha: y(x) = a⋅x2 e quindi il vertice della parabola sarà V(0;0) e l’asse della parabola sarà dato dall’asse delle ordinate - il coefficiente c individua il punto di intersezione della parabola con l'asse delle ordinate, il punto di intersezione della parabola con l’asse delle ordinate si ha quindi nel punto (0,c) - considerato il valore del discriminante ∇=(-b2+4ac): se ∆ >0 l’asse delle ascisse è secante rispetto alla parabola [due soluzioni per y(x)=0] se ∆=0 l’asse delle ascisse è tangente rispetto alla parabola [una soluzione per y(x)=0] se ∆<0 l’asse delle ascisse è esterno alla parabola [nessuna soluzione per y(x)=0] Ad esempio, con riferimento alla funzione y(x) = x2 -4⋅x+3, si ottiene: ∆ = b2-4⋅a⋅c = 16 – 12 = 4 V(-b/2a ; -∆ /4⋅a) = (4/2 ; -4/4) = (+2 ; -1) F(-b/2a ; (-∆+1)/4⋅a) = (4/2 ; -3/4) = (2 ; -3/4) Asse di simmetria: : x = -b/2⋅a = 4/2 = +2 Retta direttrice: y= (-∆-1)/4⋅a) = -5/4 Tipo di concavità: rivolta verso l’alto, essendo a>0 Intersezione della parabola con l’asse delle ordinate: c = 3 Intersezione della parabola con l’asse delle ascisse: x1=1 e x2=3 (soluzioni di y(x)=0) y(x) Asse di simmetria 3 1 V(2;-1) x F(2;-3/4) • -3/4 -5/4 3 2 • Retta direttrice 5 Risulta inoltre possibile ottenere l’espressione della parabola passante per tre punti prefissati semplicemente risolvendo un sistema di tre equazioni (nelle incognite: a , b e c). Volendo quindi, ad esempio, ottenere l’espressione della parabola che passa per i punti P1(1;0) , P2(3;0) e P3(0;3) si imposterà il sistema: 0 = a ⋅ 12 + b ⋅ 1 + c a + b = −3 a + b = −3 2 0 = a ⋅ 3 + b ⋅ 3 + c ⇒ 9 ⋅ a + 3 ⋅ b = −3 ⇒ 6 ⋅ a = 6 ⇒ c = 3 c = 3 3 = a ⋅ 02 + b ⋅ 0 + c b = −4 a = 1 c = 3 ⇒ y(x) = x2 -4⋅x+3 . 3.4) Equazione della circonferenza. Nel piano cartesiano, fissato un punto C(α , β), detto centro, e una distanza costante r (detta raggio), si definisce circonferenza il luogo dei punti P(x,y) caratterizzati dall’avere la stessa distanza r dal centro C(α , β). L’equazione (Cartesiana) della circonferenza, che sfrutta il teorema di Pitagora, viene quindi così formalizzata: (x-α)2 +(y-β)2 = r2, cioè a dire: x2 +α 2 -2⋅α⋅x + y2 +β 2 -2⋅β⋅⋅y –r 2 = 0. Ponendo ora: a = (-2⋅α ) , b = (-2⋅β ) , c = (α 2 + β 2 – r 2) , si ottiene l’analoga equazione in forma canonica: x2 + y2 + a⋅x + b⋅y + c = 0. Nota: poiché i coefficienti di x2 e di y2 hanno lo stesso valore, qualora fossero diversi da uno si può sempre dividere tutta l’equazione per il valore di tale coefficiente ottenendo quindi per tale coefficiente il valore unitario. Nota: fissati i valori di α, di β e di r risulta agevole tracciare il grafico di una circonferenza (scritta in forma canonica) su di un piano cartesiano. Si ottiene infatti: C(-a/2;-b/2) , r=[(-a/2)2 + (-b/2)2 -c]0,5. In particolare, nel caso il centro fosse posizionato nell’origine degli assi cartesiani (α=0 , β=0) si otterrebbe l’equazione: x2 + y2 = r2 (di raggio r, ovviamente per r ≥ 0) Ad esempio: l’equazione: (x - 4)2 + (y - 2)2 = 22 , cioè a dire: x2 + 42 –2⋅4⋅x +y2 +22 –2⋅2⋅y –22 = = x2+y2 -8⋅x -4⋅y +16 = 0 , sarà centrata nel punto di coordinate (4;2) e avrà raggio r=2. In particolare si può verificare che vale: ∗) centro della C circonferenza in (α ; β) = (4 ; 2) ∗) coefficiente a = (-2⋅α ) = -2 ⋅ 4 = -8 ∗) coefficiente b = (-2⋅β ) = -2 ⋅ 2 = -4 ∗) coefficiente c = (α 2 + β 2 – r 2) = 42 + 22 - 22 = 16 ∗) raggio r = (−a / 2) 2 + (−b / 2) 2 − c = 4 = 2 6 raggio r (x , y) (y-β) y • β C(α ; β) (x-α) α x Nota: per trovare l’equazione della circonferenza passante per tre punti (non tra loro allineati) basta costruire (e risolvere nelle variabili a, b e c) un sistema di tre equazioni ognuna composta dalla equazione della circonferenza scritta in forma canonica (x2 + y2 + a⋅x + b⋅y + c = 0) rispettivamente valutata in corrispondenza dei tre punti dati. Ad esempio, per ottenere l’equazione della circonferenza passante per i punti: P1(4;4) , P2(2;2) e P3(4;0) si imposterà il sistema: 4 2 + 4 2 + 4a + 4b + c = 0 32 + 4a + 4b + c = 0 2 2 2 + 2 + 2a + 2b + c = 0 ⇒ 8 + 2a + 2b + c = 0 ⇒ che ha come soluzione: 2 16 + 4a + 0b + c = 0 2 4 + 0 + 4a + 0b + c = 0 e quindi l’espressione della equazione (scritta in forma esplicita) è la seguente: x2 + y2 + a⋅x + b⋅y + c = 0 ⇒ x2 + y2 - 8⋅x - 4⋅y + 16 = 0 . y raggio r=2 2 • C(4; 2) x 4 7 a = −8 b = −4 c = 16 4) ELEMENTI DI TRIGONOMETRIA [bozza] 4.1) Angoli e misura degli angoli in radianti. Su un piano cartesiano si fissi un punto O (chiamato vertice dell’angolo) e si facciano uscire da tale punto due semirette (che chiameremo h e k). L’insieme di tali semirette suddivide il piano cartesiano in due regioni, ciascuna delle quali individua un angolo. Per pervenire al concetto di angolo orientato si deve stabilire quale delle due semirette è quella di partenza, dopo di che si stabilisce un verso lungo il quale idealmente ruotare tale semiretta di partenza per pervenire alla definizione dell’ampiezza dell’angolo (normalmente il verso è quello antiorario), ampiezza che sarà evidenziata dalla seconda semiretta (di arrivo). Ad esempio: k semiretta di arrivo ampiezza dell’ angolo (acuto) verso vertice O • h semiretta di partenza Angolo retto, quando le semirette h e k sono tra loro ortogonali (perpendicolari). Angolo acuto, se di ampiezza minore ad un angolo retto. Angolo ottuso, se di ampiezza maggiore ad un angolo retto (ma minore dell’angolo piatto). Angolo piatto, se di ampiezza pari al doppio di un angolo retto. Angolo convesso, se di ampiezza minore di un angolo piatto. Angolo concavo, se di ampiezza maggiore di un angolo piatto. Angolo giro, se di ampiezza pari al doppio di un angolo piatto (quattro volte un angolo retto). Ovvio segnalare che all’angolo ottenuto in figura (angolo acuto), compreso tra h (di partenza) e k (di arrivo), si contrappone l’angolo concavo che si sarebbe ottenuto partendo da k, per arrivare ad h (con, in questo caso: angolo acuto + angolo concavo = angolo giro). Angoli complementari, se la loro somma è un angolo retto. Angoli supplementari, se la loro somma è un angolo piatto. Angoli esplementari, se la loro somma è un angolo giro. Le semirette h e k vengono comunemente chiamate i lati dell’angolo. La bisettrice di un angolo è la semiretta, uscente anche essa dal vertice O che divide in due parti uguali l’angolo in questione (i punti della bisettrice sono equidistanti da h da k). 1 Concavo [Nota: figure tratte da Wikipedia, l’enciclopedia libera] Considerando una circonferenza il cui centro è collocato nel vertice dell’angolo, si può misurare l’ampiezza dell’angolo utilizzando quale unità di misura il grado. Un grado è un settore circolare pari a 1/360 del cerchio. Ogni grado viene suddiviso in 60 minuti, ogni minuto in 60 secondi. Come unità di misura internazionale si preferisce però utilizzare il radiante che è dato dal rapporto tra la lunghezza l dell’arco di circonferenza (delimitato dalle semirette che definiscono l’angolo) e la lunghezza del raggio r di tale circonferenza. Poiché il rapporto tra la lunghezza dell’arco di circonferenza e il raggio non dipende dall’ampiezza del raggio bensì solo dall'angolo compreso, si può sempre ipotizzare che il raggio della circonferenza valga uno. L’utilizzo del radiante permette di ottenere formule più semplici di quelle che si avrebbero utilizzando le equivalenti misure in gradi sessagesimali. [circonferenza C di raggio r: C = 2⋅π⋅r ; circonferenza C di raggio r=1: C = 2⋅π⋅1] Tra la misura in gradi, e quella in radianti, vale la seguente relazione (che permette di passare facilmente da una unità di misura all’altra): “gradi” : “radianti” = 360 : (2⋅π) (con π = 3,14159..), da cui, in generale: “radianti” = (2⋅π)⋅”gradi”)/360 [Nota: figura tratta da Wikipedia, l’enciclopedia e quindi (ad esempio): libera] gradi radianti 0 0 15 π /12 30 π /6 45 π /4 π /3 60 90 π /2 120 2/3 π 135 3/4 π 150 5/6 π gradi radianti 180 π 210 7/6 π 225 5/4 π 240 4/3 π 270 3/2 π 300 5/3 π 315 7/4 π 330 11/6 π 360 2π 4.2) Le funzioni seno, coseno e tangente. Con riferimento ai lati di un triangolo rettangolo ABC, con lunghezza dei cateti pari ad a e b, mentre l’ipotenusa ha una lunghezza pari a c, per l’angolo α valgono le seguenti grandezze: 2 B seno di α = sin α = a / c c coseno di α = cos α = b / c a α tangente di α = tg α = a / b A C b Con riferimento ad un punto P collocato su una circonferenza di centro O e con raggio r = 1 (circonferenza goniometrica), si ottengono analogamente, per l’angolo α, le seguenti grandezze (evidenziate in figura con riferimento al primo quadrante di un piano cartesiano con origine in O, ma che valgono anche qualora il punto P sia relativo agli altri quadranti): seno di α = sin α = y / r coseno di α = cos α = x / r tangente di α = tg α = y / x • P r y (sen α ⋅ r) α ⇒ con r=1 si ottiene: sen α = y , cos α = x tg α = sen α/ cos α cotangente di α = cos α/ sen α O x (cos α ⋅ r) In generale: a) al crescere di α da 0 a 90 gradi (cioè da 0 a π/2 radianti) il seno cresce da 0 a 1 mentre il coseno decresce da 1 a 0; b) al crescere di α da 90 a 180 gradi (cioè da π/2 a π radianti) il seno decresce da 1 a 0 mentre il coseno decresce da 0 a -1; c) al crescere di α da 180 a 270 gradi (cioè da π a (3/2)π radianti) il seno decresce da 0 a -1 mentre il coseno cresce da -1 a 0; d) al crescere di α da 270 a 360 gradi (cioè da (3/2)π a 2π radianti) il seno cresce da -1 a 0 mentre il coseno cresce da 0 a 1; e) al crescere di α oltre i 360 gradi (cioè oltre 2π radianti) la semiretta di arrivo (che delimita l’angolo) ritorna ad assumere, ogni giro, le medesime posizioni assunte nel giro precedente; ne consegue che il seno ed il coseno di α riprendono periodicamente gli stessi valori corrispondenti all'intervallo 0 ≤ α ≤ 360; diremo quindi che il seno ed il coseno sono funzioni periodiche di periodo ± 360 gradi (± 2π , in radianti); f) il seno ed il coseno assumono, al variare dell'angolo α, tutti e soli i valori reali compresi nell’intervallo [-1;1]; valgono dunque le condizioni: -1 ≤ sin α ≤ 1 ; -1 ≤ cos α ≤ 1; g) i grafici delle funzioni sin α e cos α sono la sinusoide e la cosinusoide (funzioni periodiche di periodo 2π). 3 Grafico delle funzioni seno e coseno al variare di x (ampiezza in radianti) Grafico di tangente π. 4.3) Relazioni di base tra le funzioni trigonometriche. Principali proprietà (con r = 1): A) (sin α)2 + (cos α)2 = r2 = 1 [teorema di Pitagora] da cui la possibilità di ricavare (sin α) o (cos α) in funzione delle altre due variabili: sin α = ± √(1-(cos α)2) ; cos α = ± √(1-(sin α)2) [ad esempio: cos(30°) = ±[1-sen(30°)2]0,5 = ± [1- 0,52]0,5 = ± [0,75]0,5 ≅ ±0,866] . 4 B) tg α = sin α / cos α Da cui la possibilità di trasformare una qualunque espressione in seno, coseno e tangente (di uno stesso angolo) in una espressione tutta in seno, o tutta in coseno, o tutta in tangente (dello stesso angolo). [Nota: attenzione al corretto uso del simbolo “ ± ”] [ad esempio: tg α+cos(α)-2⋅sen(α) = sen(α)/√(1-(sin α)2) + √(1-(sin α)2) - 2⋅sen(α)]. C) formule di addizione e di sottrazione ; ; D) il termine “coseno” sta per “complementare al seno”, proprio nel senso che il valore assunto da una delle due misure può essere calcolato utilizzando opportunamente la misura dell’altra. Si ottiene quindi, tra l’altro: • sin α = cos (90°-α) , operando in gradi ⇒ ad esempio: sin(30°) = cos (90°-30°) = cos(60°) ⇒ con: sin(30°)=0,5 , cos(60°)=0,5 • sin α = cos (π/2-α) , operando in radianti ⇒ ad esempio, sin(π/6) = cos (π/2-π/6) = cos(π/3) ⇒ con: sin(π/6)=0,5 , cos(π/3)=0,5 • cos α = sin (90°-α) , operando in gradi ⇒ ad esempio: cos(15°) = sin (90°-15°) = sin (75°) ⇒ con: cos(15°)≅0,9659 , sin(75°)≅0,9659 • cos α = sin (π/2-α) , operando in radianti ⇒ad esempio, cos(π/12)=sin(π/2-π/12)=cos(5π/12) ⇒ con: cos(π/12)=0,9659 , sin(5π/12)=0,9659 (sen 60°) • α=60°=π/3 (sen 30°) α=30°=π/6 O (cos 30°) (cos 60°) Nota: è possibile dimostrare, operando nell’ambito del calcolo infinitesimale, che la derivata del seno è il coseno, e che la derivata del coseno è l’opposto del seno. Operando poi tramite opportuni sviluppi in serie si può pervenire a considerare le funzioni di seno e di coseno quali parte immaginaria e parte reale della funzione esponenziale quando il relativo argomento è un numero immaginario. 5 5) FUNZIONI ESPONENZIALI E LOGARTIMICHE [bozza] 5.1) La funzione esponenziale e le sue proprietà. L’espressione an rappresenta una potenza, con a = base della potenza e n = esponente. • potenze con esponente intero, cioè a dire con n ∈ Z Con a ∈ R (reale) diverso da zero, si ottiene: a0 = 1 (per definizione, se a≠0) a1 = a ; ; an = a⋅ a⋅ a⋅…⋅ a (a moltiplicato n volte, se n ≥ 2) a(-n) = 1/ an [potenze con esponente negativo] Nota: alla scrittura 00 non si dà nessun significato (è una forma indeterminata). Valgono (tra le tante) le seguenti proprietà: (a⋅b)k = αk⋅bk ; (a/b)k = ak/bk ; ak⋅ah = ak+h ; ak/ah = ak-h ; (ak)h = ak⋅h • potenze con esponente razionale, cioè a dire con r ∈ Q (con r = p/q , con p e q interi relativi e q ≠0) q ar = ap/q = a p (radice q-esima di ap). In particolare vale: a1/n = n a e a-1/n = 1/ n a . Occorre però escludere dai valori di a quelli che condurrebbero a situazioni non accettabili. Ad esempio: a4/2 = a2 a2/4 = a1/2 = 2 a a-4/2 = a-2 = 1/ a2 a-2/4 = a-1/2 = 1/ 2 a ∀ a ∈ℜ ∀ a ≥ 0 (essendo una radice di ordine pari) ∀ a ∈ℜ , a ≠ 0 ∀a≥0 ,a≠0 ⇒a>0 a2/3 = 3 a 2 ∀ a ∈ℜ a = a3 a-2/3 = 1/ 3 a 2 ∀ a ≥ 0 (essendo una radice di ordine pari) ∀ a ∈ℜ , a ≠ 0 a-3/2 = 1/ 22 a 3 ∀a≥0 ,a≠0 ⇒a>0 3/2 2 • potenze con esponente irrazionale, cioè a dire con r ∈ irrazionale. Si opera individuando i valori razionali che più si avvicinano al valore irrazionale (uno per difetto, l’altro per eccesso). Le successioni dei valori della potenza che si ottengono si avvicinano sempre più al valore della potenza con esponente irrazionale. 1 Funzione esponenziale: considerato un numero reale a (positivo, con a ≠ 1) e un numero reale positivo y, la relazione: y=ax ammette una e una sola soluzione (nella variabile indipendente x, reale). Esiste quindi una corrispondenza biunivoca tra x∈R (reale, qualsiasi) e y∈R+ (reale, positivo), di conseguenza esisterà anche la funzione inversa (funzione logaritmica). Qualsiasi numero reale y può essere scritto in forma esponenziale. La funzione esponenziale, di base a (reale, positivo, diverso da uno) ed esponente x (reale), è data da f(x) = ax . f = ax f = ax per: 1 < a < ∞ 1 0 Per a = 1 , non c’è biunivocità x per 0 < a < 1 1 0 esponenziale crescente x esponenziale decrescente I diagrammi di due funzioni esponenziali sono tra loro simmetrici quando la prima funzione utilizza la base a e la seconda funzione la base (1/a) (il primo diagramma, se a>1, sarà monotono crescente, il secondo monotono decrescente. Al contrario se 0<a<1). Il dominio della variabile x [di f(x)=ax] è dato dai numeri reali (x∈R), il codominio (y) è dato dai numeri reali positivi. La base a è un numero reale, positivo, diverso da uno (a∈R0+, a≠1). Nota: non si confonda la funzione esponenziale y(x)=ax, dove la variabile indipendente, fissato a, è data dalla x (all’esponente), con la funzione potenza y(a)=ax, dove la variabile indipendente, fissato x (all’esponente), è data dalla base a. Nota: la funzione esponenziale, essendo la base della potenza un valore positivo, fornisce quindi, sempre, un valore positivo (ax > 0). In generale, però, il calcolo di una potenza potrebbe anche condurre ad un valore negativo. Ad esempio: (-2)-3=13/(-2)3=1/-8<0. 5.2) La funzione logaritmo e le sue proprietà. L’espressione loga(x) rappresenta un logaritmo (logaritmo, in base a, di argomento x), con a positivo, diverso da uno, e x reale positivo. Il logaritmo del numero x è quindi l’esponente che occorre assegnare alla base a per ottenere il valore di x. Ad esempio, il logaritmo in base 10 di 100 [log10(100)] vale 2, poiché 102=100. [Il simbolo log10(x) viene spesso scritto, per evidenziarlo ulteriormente: Log10(x)] 2 La funzione logaritmica: x(y)=loga(y) [cioè: x(y)=logaritmo, in base a, di y], è l’inversa della funzione esponenziale: y=ax ⇒ loga(y)=loga(ax) ⇒ loga(y)=x⋅loga(a) ⇒ loga(y)=x⋅1 ⇒ ⇒ x = loga(y) [dominio e codominio risultano scambiati rispetto alla funzione esponenziale] Qualsiasi numero reale positivo y può essere scritto in forma logaritmica (la funzione logaritmo è biunivoca). Valgono le seguenti proprietà (con x ∈ R0+ , z ∈ R0+ ; base a reale, positiva, diversa da uno): loga (x⋅z) = loga (x) + loga (z) loga (x/z) = loga (x) - loga (z) loga (xα) = α ⋅ loga x loga (ax) = x ⋅ loga a = x loga (x) = logb (x) / logb (a) [b^ logb (a)=a→a^ loga (x)=x→( b^ logb (a))^(loga (x))=x=b^logb (x)] loga (1/x) = loga (1) - loga (x) = 0 - loga (x) = - loga (x) [- loga (x) = cologaritmo di x = colog(x)] Il logaritmo di uno, qualunque sia la base a (a≠0), vale sempre zero: a0=1 ⇒ loga (1)=0 inoltre, a loga ( x ) = x , per qualsiasi x positivo, ad esempio: a loga (7 ) = 7 inoltre, log a (a x ) = x , per qualsiasi x reale, ad esempio: log a (a 4 ) = 4 ⋅ log a (a) = 4 ⋅ 1 = 4 Nota: attenzione a non commettere l’errore (grossolano) di considerare che il logaritmo di una somma sia data dalla somma dei singoli logaritmi, o che il logaritmo di un prodotto sia dato dal prodotto dei singoli logaritmi. Ad esempio: log10(100⋅10)=log10(1000)=3, che è diverso da: log10(100) ⋅ log10(10) = 2⋅1 = 2. Normalmente si utilizza quale “base” o il valore 10 (si parlerà allora di logaritmi in base decimale, e si utilizzerà solitamente il simbolo Log), oppure si utilizza quale valore il numero (irrazionale) di Nepero e = 2,718281828…… (e si parlerà allora di logaritmi naturali, e si utilizzerà solitamente il simbolo ln). Vale quindi: lne(x) =Log10(x)/Log10(e) ≅ Log10(x)⋅2,302585. La funzione logaritmo: x(y)=loga(y), è l’inversa della funzione esponenziale: y=ax. Fissato un valore (positivo) di y si ottiene un unico valore di x che risolve tale equazione. La y (con dominio y∈R0+) è la variabile indipendente, mentre la x è ora la variabile dipendente (con codominio x∈R). Per la base a valgono le solite limitazioni (positivo, diversa da uno). La funzione logaritmo è quindi data da: x = loga (y) (logaritmo, in base a, di y). 3 Graficamente si ottengono le seguenti curve, a seconda che per la base valga: 0<a<1 , piuttosto che: 1<a<+∞, entrambe con asintoto verticale in corrispondenza dell’asse delle ordinate. x x = loga (y) y x= a , 1<a 1<a<∞ 0 x = loga (y) , 1 < a y 1 1 y 0<a<1 5.3) Equazioni e disequazioni con esponenziali e logaritmi. A) Si ha una equazione esponenziale quando l’incognita compare nell’esponente di una o più potenze. La più semplice equazione esponenziale (equazione esponenziale elementare) è data da: ax = b (con a > 0 , a ≠ 1). Nel caso fosse: → b>0, l’equazione ax = b ammette sempre una e una sola soluzione (data da: ax=b ⇒ ⇒ loga(ax)=loga(b) ⇒ x⋅loga(a)=loga(b) ⇒ x⋅1=loga(b) ⇒ x=loga(b) ; → b<0, l’equazione ax = b non ammette alcuna soluzione; → b=1, l’equazione ax = b risulta verificata, per x=0, per qualsiasi valore ammissibile di a [se fosse infine: a=1, l’equazione sarebbe risolta per ∀ x (soluzione indeterminata)] La equazione esponenziale in forma normale è del tipo: af(x) = ag(x) che risulta risolta per quei valori di x che verificano la condizione: f(x) = g(x). Ad esempio: 2 x+ 2 = 2 x 2 ⇒ (x+2)=x2 ⇒ x2 –x–2=0 ⇒ x*=2 , x*= –1. 2 22 4 Verifica, con x*= +2 ⇒ 2 2+ 2 = 24 = 16 ; 2 2 = 2 ⋅ = 2 = 16 2 1 Verifica, con x*= –1 ⇒ 2 ( −1)+ 2 = 21 = 2 ; 2 ( −1) = 2 = 2 . Per equazione esponenziale generalizzata si intende spesso una equazione del tipo: af(x) = bg(x), caratterizzata del fatto che le basi delle due potenze sono diverse. Per tentare di risolvere una equazione esponenziale si utilizzano, tra l’altro, le usuali proprietà delle potenze. 4 Ad esempio: 5x 2 −2 − 6 2⋅ x = 0 ⇒ 5x 2 −2 = 6 2⋅ x ⇒ log5 (5 x 2 −2 ) = log5 (6 2⋅ x ) ⇒ 2 2 2 ⇒ ( x − 2) ⋅ log 5 (5) = 2 ⋅ x ⋅ log5 (6) ⇒ ( x − 2) ≅ 2 ⋅ x ⋅ 1,11328 ⇒ x − 2,22656 ⋅ x − 2 ≅ 0 che ha soluzione, essendo equazione di secondo grado, per x1*≅ 2,913 e per x2*≅ - 0,687. B) Si ha una equazione logaritmica quando l'incognita compare nell'argomento di uno o più logaritmi. L'equazione logaritmica più semplice (elementare) è data da: y=loga(x), con x incognito (positivo). Sono esempi di equazioni logaritmiche, con a > 0 , a ≠ 1: loga(x) = b ; loga(f(x)) = g(x) ; loga(f(x)) = loga g(x) ; loga(f(x)) = logb g(x). Per tentare di risolvere una equazione logaritmica (ammesso che abbia soluzione) si utilizzano, tra l’altro, le usuali proprietà dei logaritmi. Ad esempio: Log10 (4⋅x + 20) = 3 ⇒ Log10 (4⋅x + 20) = Log10 (1000) ⇒ 4⋅x + 20 = 1000 ⇒ x = 245 Verifica: Log10 (4⋅245 + 20) = Log10 (980 + 20) = Log10 (1000) = Log10 (103) = 3 C) Si ha una disequazione esponenziale quando l’incognita compare nell’esponente di una o più potenze. La più semplice disequazione esponenziale (disequazione esponenziale elementare) è data da: ax > b (con a > 0). Per ricercare la soluzione di una generica disequazione esponenziale si può tentare di ridurla fino alla sua equivalente forma elementare (ax > b), scrivendo poi il valore di b quale potenza di a (ad esempio: b= ac), da cui: ax > ac. Tale disequazione risulterà verificata per x > c, qualora sia a > 1, mentre sarà verificata per x < c, qualora sia 0 < a < 1. Nel risolvere una disequazione esponenziale occorre ricordare che il tipo di monotonia di una funzione esponenziale (crescente, oppure decrescente) dipende dal valore assegnato alla base (a > 1, oppure a < 1 ). x+1 x+1 2 Ad esempio: 2 > 4 ⇒ 2 > 2 ⇒ verificata per x+1 > 2 ⇒ x > 1 2+1 3 Prova: con x=2 si ottiene: 2 = 2 = 8 > 4. Verificato. x+1 x+1 2 Ad esempio: (1/2) > 0,25 ⇒ (1/2) > (1/2) ⇒ verificata per x+1 < 2 ⇒ x < 1 0+1 Prova: con x=0 si ottiene: (1/2) = (1/2) = (1/2) > 0,25. Verificato. Più in generale, si ottiene (ad esempio): con: 1 < a < +∞ → ax > b ⇔ x > loga(b) → a f(x) >a g(x) ⇔ f(x) > g(x) → a f(x) >b g(x) ⇔ f(x) > g(x)⋅ loga(b) 5 con: 0 < a < 1 → ax > b → a f(x) >b → a f(x) >b ⇔ x < loga(b) g(x) ⇔ f(x) < g(x) g(x) ⇔ f(x) < g(x)⋅ loga(b) D) Si ha una disequazione logaritmica quando l’incognita compare nell'argomento di uno o più logaritmi. La più semplice disequazione logaritmica (disequazione logaritmica elementare) è data da: loga x > b (con a > 0, diverso da 1). Per ricercare la soluzione di una generica disequazione logaritmica si può tentare di ridurla fino alla sua equivalente forma elementare (loga x > b), scrivendo poi il valore di b quale logaritmo in base a (ad esempio: b= loga c), da cui: loga x > loga c. Tale disequazione risulterà verificata per x > c, qualora sia a > 1, mentre sarà verificata per x < c, qualora sia 0 < a < 1. Nel risolvere una disequazione logaritmica occorre ricordare che il tipo di monotonia di una funzione logaritmica dipende dal valore assegnato alla base (la funzione sarà crescente con a > 1 ; decrescente con a < 1). Ad esempio: Log10(x) > 2 ⇒ Log10(x) > Log10(100) ⇒ verificata per x > 100 Prova, con x=120: si ottiene: Log10(120)≅2,078 > 2. Verificato. Ad esempio: loge(x) > 2 ⇒ loge(x) > loge(e2≅7,389) ⇒ verificata per x > 7,389 Prova, con x=8: si ottiene: log e(8) ≅ 2,079 > 2. Verificato. Ad esempio: log 0,5(x) > 2 ⇒ log 0,5(x) > log 0,5(0,25) ⇒ verificata per x < 0,25 Prova, con x=0,125: si ottiene: log 0,5(0,125) = 3 > 2. Verificato. Più in generale, tenendo conto che gli argomenti dei logaritmi devono essere positivi e che vale: b= loga(ab), si ottiene (ad esempio): con: 1 < a < +∞ → loga (f(x)) > b con: 0 < a < 1 ⇒ f(x) > a b , con f(x) > 0 → loga (f(x)) > loga (g(x)) ⇒ f(x) > g(x) , con f(x) > 0 , g(x) > 0 → loga (f(x)) > b ⇒ f(x) < a → loga (f(x)) > loga (g(x)) ⇒ f(x) < g(x) , con f(x) > 0 , g(x) > 0 b , con f(x) > 0 Nota: si tenga presente che l’equazione: loga(f(x))=loga(g(x)) non equivale completamente alla equazione: f(x)=g(x) in quanto mentre le soluzioni della prima sono sicuramente anche soluzioni della seconda, non è necessariamente vero il contrario (alcune soluzioni di f(x)=g(x) potrebbero infatti verificare l’uguaglianza tra le due espressioni, ma facendo loro assumere dei valori negativi e quindi non ammissibili quali argomento di un logaritmo). Risulta quindi necessario controllare che sia: f(x) > 0 e g(x) > 0. 6 ( ) Un esempio numerico: risolvere la disequazione: ln x 2 − x − 2 < 0 . (x (x deve essere: 2 2 ) − x − 2) < 1 , − x − 2 > 0 , dovendo risultare positivo l’argomento del logaritmo affinché risulti minore di zero il valore del logaritmo [ln(x2-x-2)<0⇒ln(x2-x-2)<ln(1)⇒(x2-x-2)<1⇒(x2-x-3)<0] La funzione (x2-x-2) è, graficamente, una parabola rivolta verso l’alto (essendo positivo il coefficiente di “x2), che si annulla per x*= -1 e x*=2. La funzione (x2-x-2-1) ⇒ (x2-x-3) è, graficamente, una parabola rivolta verso l’alto (essendo positivo il coefficiente di “x2), che si annulla per i valori x*=0,5⋅(1-√13)≅-1,3 e x*=0,5⋅(1+√13)≅+2,3. Si ottiene quindi, con riferimento ai segni delle due espressioni: per (x2-x-2) positivo per (x2-x-3) positivo -1,3 negativo positivo -1 negativo 2 positivo negativo ( ) positivo negativo 2,3 positivo ) ( ) In conclusione, dovendo valere sia il vincolo x 2 − x − 2 > 0 , sia il vincolo x 2 − x − 3 < 0 , si ottiene che la disequazione logaritmica ln x 2 − x − 2 < 0 risulterà verificata per: ( -1,3 ( ) ln x 2 − x − 2 < 0 NO -1 SI 2 NO 2,3 SI NO cioè a dire per: (0,5⋅(1-√13) ≅ -1,3 < x < -1) , e per: (2 < x < 0,5⋅(1+√13) ≅ +2,3) . Prova: Prova: Prova: Prova: Prova: ( ln(x ln(x ln(x ln(x ) − x − 2) per x = -1,1 − x − 2) per x = 1 − x − 2) per x = 2,2 − x − 2) per x = 3 ln x 2 − x − 2 per x = -2 2 2 2 2 → → → → → ln(4) ≅ 1.386 , positivo (disequazione non verificata) ln(0,31) ≅ -1,171, negativo (disequazione verificata) ln(− 2) , argomento negativo, non ammissibile ln(0,64) ≅ -0,446 , negativo (disequazione verificata) ln(4) ≅ 1,386 , positivo (disequazione non verificata) [Inutile segnalare, si spera, che il termine “Prova”, utilizzato frequentemente nel corso del testo, non prova in generale un bel nulla, valendo per il solo valore numerico di x preso in considerazione. Vale cioè la regola che se la “Prova” non risulta verificata, allora si è in presenza di un errore certo, se invece la “Prova” risulta verificata, allora per il valore di x preso in esame (ma solo per quello) le affermazioni ipotizzate non vengono contraddette]. 7