Secondo i piu' recenti dati dell'Ania in un anno solare sono ben oltre 34 mila le denunce dei cittadini per danni subiti nelle strutture sanitarie. L'aumento dal 2008 al 2009 è stato addirittura del 15%. Considerato che un risarcimento medio si aggira tra i 25 mila e i 40 mila euro, la cd “malasanità” costa una cifra enorme, compresa tra 850 milioni di euro e 1 miliardo e 400 milioni all'anno. C'è il rischio che la compagnia assicurativa crolli, com'è successo alla Faro, che è fallita lasciando molte ASL in grande difficoltà. I dati emergenti dalle varie realtà locali hanno fotografato un preoccupante fenomeno, costante e uniforme: la progressiva chiusura del mercato assicurativo, che spunta condizioni contrattuali sempre piu' onerose in termini di costi e di minori estensioni delle garanzie delle coperture proposte, cui fa riscontro un'accettazione forzata imposta agli assicurati che devono loro malgrado aderire a condizioni insoddisfacenti e svantaggiose per carenza di offerte alternative piu' valide. Sono sicuramente peggiorate le garanzie fornite dalle coperture assicurative della RC medico sanitarie con il passaggio dalla polizza “loss occurrence” (verificarsi del danno in capo al paziente nel periodo indicato in polizza) a quella “claims made” (indennizzo per le sole richieste risarcitorie pervenute all'assicurazione durante la vigenza del contratto). MANCA UN SISTEMA DI GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO La struttura (a mezzo del legale rappresentante) e non il medico ha l'obbligo di garantire la sicurezza delle cure predisponendo la dovuta organizzazione in termine di risorse strutturali e di personale MA IL MEDICO NON SI PUO’ CHIAMARE FUORI Cassazione IV Sezione Penale Sentenza n. 8254/2011 “Come è noto, i principi fondamentali che regolano, nella vigente legislazione, l’esercizio della professione medica, richiamano, da un lato, il diritto fondamentale dell’ammalato di essere curato ed anche rispettato come persona, dall’altro, i principi dell’autonomia e della responsabilità del medico, che di quel diritto si pone quale garante, nelle sue scelte professionali.” “Il richiamo al rispetto di quel diritto e di quei principi è assoluto, nella legge, sotto tutti i punti di vista, avendo, peraltro, il primo, rilievo costituzionale ed essendo stato ripetutamente oggetto di interventi del giudice e di leggi che ne hanno ribadito il significato ed il valore sotto ogni possibile profilo.” “Nel praticare la professione medica, dunque, il medico deve, con scienza e coscienza, perseguire un unico fine: la cura del malato utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo dispone la scienza medica, senza farsi condizionare da esigenze di diversa natura, da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive che non siano pertinenti rispetto ai compiti affidatigli dalla legge ed alle conseguenti relative responsabilità” “D’altra parte, lo stesso sistema sanitario, nella sua complessiva organizzazione, è chiamato a garantire il rispetto dei richiamati principi, di guisa che a nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, né di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell’ammalato.” MANCA LA PREVISIONE DI UNA SOGLIA DI PUNIBILITA' PENALE Decreto Balduzzi: “L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve.” Decreto Balduzzi: “Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo” “Norme inutili sulla responsabilità professionale e norme carenti sul piano delle garanzie di copertura assicurativa delle strutture sanitarie”. Giorgio Santacroce – Presidente Corte d’Appello di Roma Afro Maisto – Presidente Corte d’Assise di Roma Istituire almeno a livello regionale un “fondo vittime da alea terapeutica” per quei danni gravi ai pazienti non imputabili né a negligenza, imprudenza, imperizia del medico chirurgo, né a carenze strutturali e omessa prevenzione-gestione del rischio clinico da parte delle strutture; bensì, derivanti da complicanze insite nella patologia, nella metodica, non prevedibili né evitabili.