Periodico di cultura venatoria e gestione faunistico-ambientale del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana - Poste italiane S.p.A spedizione in A.P. - 70% - DCB Bergamo - Cod. ISSN 1723-5758 - contiene IP Soccorso alla fauna in difficoltà Bilancio della gestione venatoria nel C.A. Valle Brembana 2008 Il bosco: imputato numero uno nella diminuzione dei selvatici? Agosto 2009 Anno XIII - n. 37 I capanni e le misure di conservazione dei siti di Rete Natura 2000 Etica venatoria e responsabilità Risultati delle analisi della fauna selvatica in provincia di Bergamo Agosto 2009 Sommario L’editoriale Enrico Bonzi 3 ATTUALITÀ Il nuovo Assessore Provinciale alla caccia, pesca e sport 4 Risultati delle analisi svolte nell’ambito del controllo sanitario della fauna selvatica in provincia di Bergamo Dr. Franco Paterlini - Dr.ssa Alessandra Gaffuri 24 COMMISSIONI Tipica Alpina Direttore responsabile: Enrico Bonzi Coordinatore: Flavio Galizzi Redazione: Flavio Galizzi, Lino E. Ceruti, Giambattista Gozzi, Luigi Capitanio, Piergiacomo Oberti Piergiacomo Oberti Hanno collaborato: Tiziano Ambrosi, Umberto Arioli, Gianantonio Bonetti, Angelo Bonzi, Luigi Capitanio, Lino E. Ceruti, Annibale Facchini, Sergio Facchini, Flavio Galizzi, Gianbattista Gozzi, Alessandra Gaffuri, Cristian Midali, Piergiacomo Oberti, Stefania Pendezza, Romano Pesenti, Luigi Poleni, GianBattista Vitali Angelo Bonzi Direzione e redazione Lenna (Bg) - Piazza IV Novembre, 10 Tel. e Fax 0345/82565 www.comprensorioalpinovb.it e-mail comprensorio: [email protected] Impaginazione e stampa: Diliddo Grafica&Stampa, San Pellegrino Terme Editore: Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana Registrazione presso il Tribunale di Bergamo, n° 29/97 del 22/07/97 Rivista dei Soci del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana 5 Ungulati Gianantonio Bonetti Capanno 6 6 Lepre Cristian Midali Ripopolabile Luigi Poleni 6 8 Bilancio della gestione venatoria degli ungulati selvatici nel C.A. Valle Brembana S.V. 2008 9 Il bosco: imputato numero uno nella diminuzione dei selvatici? Luigi Capitanio 16 Sergio Facchini Educazione Faunistica Stefania Pendezza 28 30 33 Proposte di lettura Luigi Capitanio 34 Pagine d’Autore Annibale Facchini Racconti Flavio Galizzi Avvenimenti e iniziative A. Bonzi - G.B. Gozzi L’attività venatoria da appostamento fisso e le misure di conservazione dei siti di Rete Natura 2000 (SIC e ZPS) Dr. Giovambattista Vitali 19 Etica venatoria e responsabilità Flavio Galizzi CACCIAINVALBREMBANA 26 35 37 In cucina Foto: Andrea Galizzi, Flavio Galizzi, Archivio Di Liddo, Archivio Provincia, www.valbrembanaweb.it 2 Armi e balistica Romano Pesenti La rivista si avvale della collaborazione di tutti i Soci, con scritti e materiale grafico fotografico, senza impegni da parte della Redazione, che si riserva di vagliare ed eventualmente modificare quanto pervenuto, e tratterrà il materiale nel proprio archivio. La riproduzione anche parziale è vietata, salvo il consenso degli autori e del Comitato di Gestione Foto copertina: A. Galizzi Foto retro copertina: F. Galizzi, Primula veris Appunti di biologia animale Tiziano Ambrosi Soccorso alla fauna in difficoltà Gianantonio Bonetti G.B. Gozzi RUBRICHE 7 ARTICOLI a cura della Redazione Sarà l’anno delle cesene? 22 38 40 S iamo ormai alla fine del mandato del C.T.G.; spero che qualcosa di positivo sia stato fatto in questi 5 anni. Da parte nostra l’impegno è stato sicuramente molto… Ringrazio tutti i Soci collaboratori che mi sono stati vicini con sincerità per la gestione del nostro Comprensorio. Un ringraziamento particolare va ai collaboratori che hanno contribuito alla ristrutturazione della sede, una realizzazione molto importante e qualificante di questi anni, e a coloro che annualmente contribuiscono al funzionamento della stessa. Ringrazio anche l’Assessorato provinciale Caccia e Pesca, nella persona dell’Ass. Luigi Pisoni, per la fattiva collaborazione. Un augurio sentito, infine, a tutti i Cacciatori, affinché nella imminente stagione venatoria, trascorrendo sulle nostre montagne piacevoli giornate immersi nella natura, possano trovare motivi di grande soddisfazione. Il Presidente del Comprensorio Enrico Bonzi Attualità Il nuovo Assessore Provinciale alla caccia, pesca e sport Carissimi lettori, spettabile Redazione, mi accingo, in questi mesi estivi, ad intraprendere un’impegnativa tappa della mia vita politicoamministrativa al servizio di un settore che, ben comprendo, essere delicato e nel contempo, di importante rilevanza sociale e culturale. Credo che la prefazione programmatica del Presidente della Provincia Ettore Pirovano, che vi porge i suoi saluti ed i migliori auguri, sia molto esaustiva . “I cacciatori non sono solo uomini col fucile, ma persone profondamente innamorate della storia delle tradizioni e della cultura del proprio territorio e, in quanto tali, depositari e custodi del bene comune che deve essere trasmesso alle nuove generazioni”. In questa frase, profondamente rispettosa dei cacciatori ma anche del territorio e delle tradizioni, ben si comprende quale grande responsabilità venga affidata a voi tutti. Non essendo cacciatore entro nel vostro universo, con profondo rispetto ed estrema attenzione, ben conscio che molto dovrò apprendere e che non vi è apprendimento senza ascolto. Vi assicuro, quindi, la massima disponibilità, che già, spero, abbiate avuto modo di verificare e, contestualmente, anche la massima sincerità e coerenza. La ricerca di una equilibrata armonia tra l’esercizio dell’arte venatoria e l’ecosistema ambientale non può prescindere dalla chiarezza degli intenti e dalla reciproca lealtà. Ho assunto l’impegno di valorizzare, promuovere e proteggere la caccia ben comprendendo che essa rappresenta anche una parte importante della nostra storia, anzi della storia dell’uomo, delle nostre tradizioni e della nostra cultura. 4 CACCIAINVALBREMBANA Non posso, però, prescindere dal vostro prezioso aiuto e dalla vostra collaborazione. Tocca a voi , per primi, credere in questo obiettivo ben convinti che, per raggiungerlo insieme, sarà necessaria una approfondita analisi dell’attuale situazione. Dalla volontà comune di confrontarsi nascerà: da parte mia la disponibilità a rivedere alcune eventuali scelte operative, a volte non condivise; da parte vostra l’impegno nella ricerca di una maggiore unità e di una più forte volontà nel trasmettere l’amore e la passione per la caccia e per l’ambiente alle giovani generazioni. Dall’unità, dalla collaborazione reciproca e dal confronto leale con tutti i soggetti interessati scaturiranno i frutti positivi necessari alla valorizzazione e promozione dell’” Arte della caccia”. Augurando in bocca al lupo per la prossima stagione venatoria invio auguri di serenità. Alessandro Cottini Le Commissioni Commissione Tipica Alpina Domenica 16 Agosto prende il via la sessione estiva dei Censimenti dell’Avifauna Tipica Alpina, come stabilito dalla Direttiva Tecnica per l’attuazione dei Censimenti faunistici approvata con D.G.P. n° 145 del 29/03/07. Le modalità in essa contenute ricalcano in buona parte quelle degli scorsi anni: - Conteggio a vista, con l’ausilio di cani da ferma, di Coturnici, Galli Forcelli e Pernici Bianche dalla 3° Domenica di Agosto, alla 2° Domenica di Settembre. - Alle operazioni con i cani da ferma possono accedere coloro che hanno optato per la forma di caccia “Avifauna Tipica Alpina” nell’anno precedente, e altro personale volontario, con qualificata esperienza faunistica e cinofila, autorizzato dal Comitato di Gestione e socio del Comprensorio. - I cani da ferma devono essere di età superiore ai 2 anni, e non più di 2 per operatore. - Le uscite potranno svolgersi solo con un numero minimo di 3 operatori. - Il censimento viene effettuato in aree predestinate (Aree Campione) localizzate sia in territorio a Caccia Programmata, che in zone di tutela e cartografate in scala 1:25’000. - Dovrà essere data priorità ai cen- simenti a Caccia Programmata, in quanto ai fini della “stima” delle popolazioni censite, su cui si baserà il Piano di Prelievo, verranno considerati esclusivamente i dati rilevati nei territori a Caccia Programmata. L’Amministrazione Provinciale con sua comunicazione del 22 Luglio, ha ribadito che, per la determinazione dell’eventuale piano di prelievo si atterrà integralmente a quanto previsto nel documento tecnico predisposto dall’ I.N.F.S. (oggi I.S.P.R.A.). Questo documento, meglio conosciuto come “CRITERI ORIENTATIVI PER LA DETERMINAZIONE DEL PRELIEVO SOSTENIBILE DELLE POPOLAZIONI DI GALLO FORCELLO E COTURNICE NEI COMPRENSORI ALPINI”, datato 02/02/07, riprende criteri e concetti su: - Individuazione ed estensione delle Aree Campione da sottoporre a monitoraggio. - Modalità di esecuzione dei Censimenti Primaverili. - Modalità di esecuzione monitoraggio estivo con cani da ferma . - Elaborazione dati. - Analisi dei carnieri. - Formulazione dei Piani di Prelievo. Si ricorda che nel nostro comprensorio queste direttive vengono adottate da almeno un decennio, secondo la strategia gestionale,e gli insegnamenti emersi e condivisi dal “Progetto Galliformi Alpini della Valle Brembana”. Da un’attenta valutazione dei due documenti (Delibera Provinciale e Criteri Orientativi I.S.P.R.A.) la commissione ha individuato alcuni punti che divergono in modo sostanziale e contraddittorio, in particolare non si concorda nell’escludere, ai fini della predisposizione del Piano di Prelievo, le consistenze rilevate nelle zone di tutela, e affiancare al dato certo del censito/avvistato il parametro dello “stimato”. Su questi argomenti, tecnicamente incomprensibili, la commissione ha espresso le sue perplessità anche al referente tecnico faunistico del comprensorio, che per inciso, oltre ad aver dimostrato disponibilità dovrà stilare una relazione al termine dei censimenti. In quella sede è stata anche evidenziata e motivata la non condivisione di mantenere 3 giorni fissi per caccia alla tipica e il prelievo di un solo capo per cacciatore, in alternativa a quanto finora adottato e condiviso di 3 capi con chiusura al raggiungimento del Piano. Sinceramente non si comprende dove si vuole arrivare con l’introdurre ulteriori divieti, limitazioni e paletti vari verso una forma di caccia già ridotta al lumicino, che seppure ridotta ai minimi termini ha comunque trovato un suo equilibrio. Concludo invitando tutti gli addetti ad un maggiore impegno nelle operazioni di censimento. Il Presidente Piergiacomo Oberti CACCIAINVALBREMBANA 5 Le Commissioni Commissione Ungulati Commissione Capanno L’impegno della Commissione Ungulati, in questo periodo, è stato tutto rivolto al recepimento delle direttive ISPRA in materia di censimenti e di preparazione dei piani di prelievo. Direttive, quelle dell’ISPRA, non sempre facili da applicare e non scevre di sacrifici sotto il profilo numerico dei prelievi. Sarà, a tal proposito, indispensabile un aumento percentuale di territorio da censire per la specie capriolo in modo d’adeguarle almeno al minimo richiesto del 30% in tutti i settori, considerando anche che il calcolo del prelevabile sarà rapportato al “minimo certo” è cioè al reale contato. La tipologia stessa dei censimenti dovrà essere stravolta anche se la sua applicazione ed attuazione risulterà estremamente difficoltosa. Particolarmente importante è stato, e sarà, sotto questo aspetto, il lavoro del tecnico faunistico Dott. Claudio Cesaris. Essendo ormai giunti al termine del nostro mandato, corre l’obbligo di ringraziare il C.T.G. ed il suo presidente Enrico Bonzi, tutti i componenti della Commissione Ungulati, quanti hanno prestato la loro preziosa e fattiva opera in questi 5 anni venatori ed i cacciatori tutti! Grazie davvero! Un particolare Waidmannsheil per la prossima stagione! Nonostante siamo a fine mandato, la commissione migratoristi del nostro comprensorio, con grande impegno, ha pianificato e quindi reso operative tutte quelle funzioni che si rendono necessarie affinché la stagione venatoria si apra serena e con i migliori auspici . Come concordato durante l’assemblea di settore, abbiamo predisposto le liste per la distribuzione dei presicci. Sarò ripetitivo, ma vi invito a controllare i vostri recapiti telefonici all’interno di tutte quattro le specie, perché in alcuni casi abbiamo verificato numeri telefonici discordanti. Vi inviterei anche, qualora alcuni di voi per motivi diversi non fossero più titolati ad avere diritto al ritiro dei presicci, di informare la nostra segretaria in modo che i loro nominativi possano essere rimossi da tale elenco. Questa operazione, se eseguita singolarmente, è di una semplicità estrema, ma necessita di un lavoro supplementare e dispendioso se più soci non si attengono a queste disposizioni. Proprio mentre sto scrivendo questo articolo stiamo preparando la seconda edizione della sagra venatoria estiva per uccelli da richiamo, che quest’anno si svolgerà nel comune di Lenna. Non entro nei particolari perché certamente la redazione nel prossimo numero di caccia in Val Brembana, quando avremo a disposizione tutto il materiale fotografico, come già avvenuto per la passata edizione, ci onorerà di uno spazio maggiore. Il Presidente Gianantonio Bonetti Commissione Lepre La Redazione si scusa per l’errore involontario diffuso nella comunicazione del numero passato della rivista. 6 CACCIAINVALBREMBANA La Commissione aveva proposto di spostare la data di apertura dal 20 al 27 Settembre, e non al 1° ottobre come erroneamente risulta scritto. Come dalla lettura del Calendario 2009 la proposta risulta accolta. L’apertura alla lepre infatti, per il Stiamo seguendo con attenzione e trepidazione i vari eventi legislativi, che in questo periodo stanno caratterizzando il mondo venatorio, e mi riferisco alla modifica della 157/92 (legge nazionale sulla caccia), alla votazione in Regione Lombardia della legge sulle deroghe e sui roccoli, e per ultimo, ma non certo per importanza, l’evolversi della situazione inerente le Z.P.S., che purtroppo ricoprono più del 50% del nostro Comprensorio. Siamo fiduciosi negli uomini e nelle istituzioni che ci rappresentano, tuttavia credo che dobbiamo superare quelle divisioni interne al mondo venatorio che da anni ci trasciniamo, e che pensiamo di risolvere schierandosi con gruppi politici di diversi colori. Le scelte delle associazioni venatorie devono essere impostate su basi scientifiche e tecniche, impostando una caccia moderna, legata alle tradizioni, all’etica, all’agricoltura e alla conservazione dell’ambiente. Credo che tutti insieme, ognuno con il proprio piccolo contributo, se motivato da quella passione e quella caparbietà che in molti ci invidiano, abbiamo la possibilità di contribuire affinché si pongano le basi perché anche le generazioni future abbiano l’opportunità di vivere questa nostra meravigliosa passione. Vi terremo informati dell’evolversi di questi eventi attraverso i rappresentanti del C.A. e delle associazioni venatorie, non mancheremo di segnalare tempestivamente eventuali esiti positivi qualora ve ne fossero. Auguro a tutti un in bocca al lupo per la prossima apertura della stagione venatoria Il Presidente Angelo Bonzi CVA Valle Brembana, sarà il 27 Settembre. Di seguito vi comunico il piano di immissione lepri effettuato nel corso dell’anno, ringrazuiando tutti coloro che si impegnano per il buon esito, e augurando a tutti voi una fruttuosa stagione venatoria. Le Commissioni Tabella ripopolamento lepri 2009 COMPRENSORIO ALPINO VALLE BREMBANA COMUNE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 AVERARA BRANZI CAMERATA CARONA CASSIGLIO CORNALBA CUSIO DOSSENA FOPPOLO ISOLA DI FONDRA LENNA MEZZOLDO MOIO DE CALVI OLMO AL BREMBO OLTRE IL COLLE TOT. ADDETTI AL LANCIO 4 0 2 4 0 6 6 8 6 0 0 4 2 2 10 BOTTAGISI PRIMO COMUNE ZILIATI GIUSEPPE OBERTI G.PIETRO BIANCHI GIUSEPPE MANGANONI GIACOMO ALCAINI DARIO MIDALI CRISTIAN LAZZARINI OTTAVIO ORNICA PIAZZA BREMBANA PIAZZATORRE PIAZZOLO RONCOBELLO SANTA BRIGIDA S. GIOVANNI BIANCO SERINA TALEGGIO VALNEGRA VALLEVE 4 0 6 0 2 2 2 10 16 0 4 27 VALTORTA 4 28 EGMAN WALTER CAVAGNA GIACOMO TOT. 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 VEDESETA 12 TOTALE ADDETTI AL LANCIO TASSI SILVIO ARIOLI FRANCO TASSI SILVIO BOTTAGISI PRIMO PANINFORNI WALTER CAVAGNA GIACOMO MILESI PIETRO MIDALI CRISTIAN REGAZZONI ALFREDO REGAZZONI PAOLO LOCATELLI SERGIO 116 Il Presidente Cristian Midali Siamo alla porte dell’apertura della nuova stagione venatoria che auspichiamo sia proficua di indimenticabili giornate passate tra i colori ammalianti dell’autunno. Nell’attesa si concretizzi Commissione Ripopolabile AVERARA* BRANZI CAMERATA CORNELLO CORNALBA CUSIO* DOSSENA ISOLA DI FONDRA LENNA MEZZOLDO MOIO DE CALVI OLMO AL BREMBO OLTRE IL COLLE PIAZZA BREMBANA PIAZZATORRE PIAZZOLO RONCOBELLO SAN GIOVANNI BIANCO SANTA BRIGIDA SERINA TALEGGIO VALTORTA* VEDESETA 1° lancio 08/08/09 h 6,45 la sospirata alba della terza domenica di settembre, proponiamo di seguito il calendario delle immissioni della selvaggina ripopolabile previste per il periodo agosto-novembre 2009. 2° lancio 19/09/09 h 14,00 3° lancio 03/10/09 h 14,00 4° lancio 07/11/09 h 14,00 starne fagiani starne fagiani starne fagiani starne fagiani 30 20 20 20 20 20 130 10 10 10 10 40 3 5 18 3 3 25 3 5 3 3 3 15 3 5 5 5 35 5 20 18 3 12 200 3 8 5 3 4 10 7 8 3 4 8 10 10 3 5 5 20 3 15 8 3 5 150 3 5 18 3 3 25 3 5 3 3 3 15 3 5 5 5 35 5 20 18 3 12 200 3 8 5 3 4 10 7 8 3 4 8 10 10 3 5 5 20 3 15 8 3 5 150 5 10 37 5 5 47 5 10 5 5 5 25 5 10 5 10 68 10 43 35 5 15 370 5 15 5 5 7 20 13 16 5 7 16 16 20 5 5 10 30 5 25 15 5 10 260 Riteniamo sia utile ribadire alcune precisazioni: 1) la prima immissione sarà effettuata direttamente dai componenti la commissione ripopolabile 2) si ricorda agli incaricati di presentarsi muniti di adeguate gabbie per il trasposto dei capi assegnati 3) il rispetto degli orari previsti per il ritiro 4) i capi eventualmente non ritirati saranno ridistribuiti sul restante territorio. Per quanto riguarda le Z.P.S., ci preme ricordare che: - l’addestramento con il cane è possibile solo a partire dalla seconda domenica di Settembre (anche per i cani di età inferiore ai 15 mesi). - l’esercizio venatorio è consentito solo dopo il 01/10/2009 Il Presidente Luigi Poleni CACCIAINVALBREMBANA 7 Soccorso alla fauna in difficoltà S intesi del R apporto sui recuperi della fauna selvatica da parte del C orpo di P olizia P rovinciale N ucleo I ttico V enatorio - A nno 2 0 0 8 - A cura della Redazione In un contesto ambientale provinciale caratterizzato da un elevato grado di biodiversità, l’opera di rinvenimento e soccorso di specie selvatiche ferite, ammalate o in difficoltà, svolta dal Corpo di Polizia Provinciale in collaborazione con i cittadini, risulta essere di grande importanza. Testimonia la costante crescita del livello di attenzione verso le tematiche ambientali e la grande sensibilità nei con- fronti della fauna presente sul nostro territorio. A riguardo va inoltre sottolineato come, in relazione alla presenza dell’orso JJ5 sul nostro territorio, gli interventi e i sopralluoghi per la valutazione e l’accertamento dei danni causati da questo plantigrado siano stati numerosi, in particolare riguardo alle greggi, agli apiari e agli altri animali da allevamento. Riportiamo, estrapolandolo dal rapporto annuale degli interventi su tutto il territorio, le tabelle riguardanti la realtà territoriale del nostro Comprensorio. Tab. 1: Totale dei recuperi di mammiferi in provincia di Bergamo Tab. 2: Totale Caprioli recuperati nel territorio del nostro Comprensorio(su un totale provinciale di 166 capi recuperati in Provincia) Tab. 3: Totale dei camosci recuperati in Provincia di Bergamo Per quanto riguarda il recupero di Stambecchi, ne sono stati recuperati 3 nel territorio del Comune di Ornica, su un totale di 6 in Povincia (3 a Valbondione). Per quanto riguarda i Cervi, su un totale di 13 in provincia, 3 sono stati recuperati nel nostro Comprensorio, a Scalvino, nel Comune di Lenna. 8 CACCIAINVALBREMBANA Tab. 4a e 4b: Andamento dei recuperi di caprioli negli anni per ambiti territoriali. Bilancio della gestione venatoria degli ungulati selvatici nel C.A. Valle Brembana S.V. 2008 C A C C I A D I S E L E Z I O N E : U N A C A C C I A P R O G R A M M ATA C O M E E L E M E N T O P E R L A C O N S E RVA Z I O N E D E L L A G R O S S A FA U N A A L P I N A - Gianantonio Bonetti Presidente Commissione Ungulati C.A.V.B. CAPRIOLO La situazione del capriolo nel nostro comprensorio alpino rispecchia fedelmente la situazione che sta attraversando negli ultimi anni, questo cervide sull’intero arco alpino. Dopo una crescita rapida iniziata sul finire degli anni 80 che sembrava inarrestabile e che ha avuto il suo apice con 3984 esemplari stimati nel 2002, è iniziata una para- bola discendente sino ai 2304 capi stimati l’anno scorso. I censimenti del 2008 rispetto al precedente anno 2007, avevano lasciato sperare in una leggera inversione di tendenza, ma le aspettative sembrano scontrarsi con gli effetti di un inverno, quello che ci siamo lasciati alle spalle particolarmente nevoso e prolungato, i cui effetti sulla popolazione di caprioli nei settori più alti del comprensorio, non potranno che essere negativi. La Provincia aveva autorizzato nel 2008 un prelievo di 177 capi, che si è concluso con l’abbattimento definitivo di 151 esemplari pari all’85,31% del Piano d’Abbattimento. Una percentuale buona, ma che deve essere letta come frutto di un maggiore sforzo di caccia, messo in campo dai 206 cacciatori ammessi. L’analisi del peso dei capi prelevati mette in luce una diminuzione costante del peso ponderale CACCIAINVALBREMBANA 9 medio, con particolare riferimento alle femmine di seconda classe scese ad una media di 15,5 Kg ed ai Kitz generalmente più gracili delle medie registrate in passato. La contrazione numerica delle popolazioni di caprioli non è imputabile ad una sola causa locale, come dimostra il trend analogo sull’intero arco alpino, certamente possono svolgere un ruolo determinante la riduzione e lo scadimento qualitativo delle aree di pascolo, una situazione sanitaria dubbia, episodi di randagismo e 10 CACCIAINVALBREMBANA “forse” un prelievo sommerso. Come cacciatori auspichiamo una più attenta valutazione, attraverso i censimenti, della reale ed effettiva entità della popolazione di caprioli, un prelievo prudente, una vigilanza più responsabile da parte di tutti di questo patrimonio faunistico e, non ultimo, la promozione d’indagini ambientali e sanitarie per poterci confrontare con altre realtà interessate alla conservazione e alla gestione venatoria sostenibile di questo piccolo insostituibile cervide. CACCIAINVALBREMBANA 11 CAMOSCIO Decisamente favorevole la situazione del camoscio nel nostro comprensorio, presente con popolazione stimata di 4225 esemplari con una densità media di oltre 10 capi per Kmq. La popolazione attuale, se confrontata alla consistenza potenziale post-riproduttiva prevista dalla Carta delle vocazioni faunistiche provinciali, mette in luce una popolazione di camosci ben strutturata e assestata tra i sessi e le classi di età. Naturalmente quanto sopra affermato, non vale per tutti i settori del 12 CACCIAINVALBREMBANA C. Alpino. In alcuni la popolazione di camosci, possiamo sostenere senza smentite, ha raggiunto ormai la capacità portante con densità anche di 11-12 capi al Kmq. Viceversa in altri settori la densità è inferiore rispetto ai valori medi del comprensorio. Nella trascorsa stagione venatoria la Provincia aveva autorizzato un piano di prelievo di 440 capi dei quali risultano prelevati 372 esemplari con un completamento del piano di abbattimento dell’84,55%. Quest’ultimo valore percentuale, inferiore anche a quello del capriolo, deve essere valutato in considerazione delle abbondanti nevicate cadute nelle ultime tre settimane della stagione di caccia, che hanno reso impossibile il completamento dei prelievi da parte dei cacciatori ritardatari. Non posso però tacere una nota di biasimo per alcuni prelievi di camoscio, effettuati in questo periodo di forte innevamento, dalle strade o in prossimità di zone urbanizzate, dando così spazio a polemiche e contestazioni da parte di detrattori della nostra attività. Due ulteriori segnali del buon assestamento demografico della popolazione dei camosci ci vengono dati dalla lettura dei pesi medi delle diverse classi di età, tutti nella norma per questo rupricaprino, e da un buon prelievo numerico di camosci maturi e vecchi appartenenti alla classe 11+. Perfettamente rispettato anche il prelievo nella sex-ratio: 187 maschi e 185 femmine. Occorre tuttavia migliorare nella suddivisione dei prelievi per classi di età in alcuni settori. Nel settore 2, infatti, risultano prelevati 23 yearling maschi contro solo 11 yearling fremmine; risulta inoltre particolarmente basso il prelievo a carico delle femmine 2-3 anni rispetto alle assegnazioni. Lo stato di salute della popolazione rupricaprina, tenuto conto dei numeri assoluti e della densità raggiunte, è buona. Come cacciatori esprimiamo tuttavia la nostra preoccupazione per l’allevamento ovi-caprino, in continuo e costante aumento. Quest’ultimo elemento è causa d’importanti interferenze alimentari sull’habitat del camoscio ed è conclamato vettore di possibili patologie infettive e infestive per tutti i ruminanti. Sollecitiamo pertanto le istituzioni preposte, a vigilare con la nostra comprovata collaborazione sulle condizioni sanitarie sia delle greggi transumanti che dei piccoli allevamenti stanziali. CACCIAINVALBREMBANA 13 CERVO Il cervo rappresenta ormai un ungulato emergente in tutte le aree alpine e appenniniche. I dati provinciali mettono in luce un costante aumento del più grosso ungulato italiano, con una popolazione stimata, nella nostra provincia, di circa 800 capi, dei quali 220 nel nostro comprensorio. Habitat naturali ed evoluzione forestale ci confermano che questa specie sempre più interesserà il nostro territorio nei prossimi anni. 14 CACCIAINVALBREMBANA La Provincia di Bergamo nel 2008 aveva autorizzato un piano di prelievo di 6 esemplari. Il piano di tiro, è stato completato con 5 capi, 2 vitelli maschi, 1 fusone, 1 maschio subadulto e 1 femmina sub-adulta. Il piano di prelievo, prudenziale per scelta, ha voluto mitigare le perdite per investimenti stradali, anch’essi in costante aumento soprattutto nel punto critico dei Piani di Scalvino. La presenza del cervo e la sua ineludibile espansione numerica e territoriale, imporrà nel medio termine scelte di pianificazione della caccia a questa specie attraverso criteri di assegnazione e metodi di caccia che non possono essere identici a quelli del capriolo o del camoscio. Occorrerà sperimentare una nuova organizzazione per questa specie. Come cacciatori di selezione plaudiamo alla scelta della Provincia di Bergamo d’aprire, per la prima volta, la caccia al muflone nei vicini CA Valle Seriana e ATC Prealpino. Tale decisione ci gratifica e ci lascia sperare per un sempre maggiore coinvolgimento dei cacciatori di selezione nella gestione dei grandi selvatici erbivori. CONCLUSIONE L’espansione numerica e territoriale degli ungulati e le complesse dinamiche tra erbivori selvatici, domestici e attività umane, sono imperniate su un complesso d’interazioni che sovente favoriscono una parte a danno dell’altra. Essendo queste in continua evoluzione e cambiamento richiedono prudenza e lungimiranza da parte di tutti. E’ quindi necessario un continuo ed intelligente adattamento da parte dei cacciatori ed una costante apertura al dialogo costruttivo, anche con enti pseudo-protettori della natura che escludono aprioristica- mente ogni confronto costruttivo con il mondo venatorio. Solo in questo modo sarà possibile ottenere risultati concreti per il prossimo futuro. Noi cacciatori non vogliamo ridurci solo a bipedi predatori che in assenza di predatori naturali, si sostituiscono a loro per regolare le popolazioni selvatiche. Vogliamo invece continuare ad essere un interlocutore forte, accreditato ed affidabile per la gestione di un importante patrimonio che, in Valle Brembana, è oggi comparabile alle migliori realtà dell’arco alpino. E’ con questi ambiziosi obiettivi che il nostro Comprensorio Alpino si è recentemente dotato di una nuova figura gestionale, quella del “tecnico faunistico”, nella persona dell’amico e cacciatore Dott. Claudio Cesaris. Il suo impegno professionale competente ed appassionato oltre a permetterci di avere collegamenti con il Dipartimento di Biologia dell’Università di Pavia, darà sicuramente ottimi risultati. Certo di contare sempre sulla Vostra preziosa collaborazione saluto tutti gli intervenuti a questa assemblea con un caloroso waidmannsheil! CACCIAINVALBREMBANA 15 Il bosco: imputato numero uno nella diminuzione dei selvatici? - Luigi Capitanio Lo si tira in ballo in continuazione; ogni volta che si discute sulle cause della diminuzione di una specie cara al cacciatore, siano essi ungulati o galliformi, si sostiene che l’avanzata del bosco a scapito del pascolo sia la causa del declino di questa o di quella specie. Cosa c’è di vero in tutto questo? Perché le superfici destinate a pascolo sopportano meglio di altri habitat l’impatto alimentare della selvaggina? Il bosco da sempre occupa discrete superfici nelle vallate montane, la sua dimensione ha costituto nel tempo un’indispensabile fonte di sostentamento nell’economia locale; ancora oggi, anche se in misura ridotta, la selvicoltura viene praticata per la produzione di legname d’opera e per uso domestico. Il bosco, unitamente al pascolo alpino, costituisce l’habitat più esteso e, malgrado i cambiamenti dovuti ai modelli di utilizzo adottati nella storia delle nostre vallate alpine, esso rappresenta la categoria degli habitat che maggiormente si avvicina alla naturalità del territorio. Nonostante la presenza di biomassa vegetale per unità di superficie sia elevata, il bosco si presenta con una povertà di specie animali con abitudini vegetariane. E’ sempre stato così oppure è cambiato qualcosa nel rapporto foresta-selvatico? La natura forestale è fondamentalmente avversa alla presenza della fauna selvatica? L’ecosistema del bosco e la presenza degli erbivori. Nel rapporto foresta-fauna il bosco è generalmente considerato come un’ecosistema a ciclo completo, nel 16 CACCIAINVALBREMBANA quale gli alberi, ma più in generale i vegetali, assumono il compito di produttori di “biomassa”, utilizzando quale materia base “elementi inorganici”. Gli animali dal canto loro, negli stadi e nelle diverse funzioni, assumono il ruolo di consumatori di quest’energia contenuta nella sostanza verde. In un ecosistema completo come il bosco, soltanto una piccola parte degli animali che lo abita si nutre esclusivamente di vegetali; altri animali sono carnivori, altri ancora si nutrono di carogne. I secondi sono indispensabili per un’equilibrio del sistema, senza il loro intervento regolatore, l’eccessivo utilizzo delle sostanze vegetali porterebbe il sistema alla crisi. In questo ciclo completo, dove sostanze vegetali e animali si compensano in simbiosi, la parte del leone viene comunque sostenuta dai microrganismi del suolo; questi, in ultima fase, decompongono i materiali organici elaborati, siano essi di origine vegetale o animale, riportandoli a sostanza inorganica iniziale. Così si completa il ciclo della materia, iniziato e sostenuto dalla luce e dal calore prodotti dal sole. Appare dunque ben evidente che negli ecosistemi che producono sostanze vegetali, il rapporto produttore-consumatore debba necessariamente vivere in equilibrio, pena il collasso del sistema. A differenza degli altri modelli di ecosistema, nel bosco la biomassa degli alberi (produttori) domina largamente la biomassa dei consumatori. Un bosco maturo di media montagna possiede una biomassa vegetale di parecchie centinaia di tonnellate per chilometro quadrato, mentre la componente animale presente sulla stessa unità di superficie rimane nell’ordine di poche centinaia di chilogrammi. In questo sistema normalmente oltre il 99% dei processi di trasformazione delle sostanze vegetali prodotte vengono svolte da microbi che mineralizzano la materia vegetale rendendola disponibile per l’inizio di un nuovo ciclo. Solo meno dell’1% della sostanza verde prodotta viene consumata da animali vegetariani, che a loro volta vengono utilizzati dai predatori in ragione del 2 o del 3%. Il resto della produzione di biomassa passa direttamente alla decomposizione senza un utilizzo intermedio. La complessità degli alberi L’enorme divario esistente tra produttori di sostanze vegetali e consumatori di origine animale che caratterizza il bosco nel suo insieme, sta nella natura stessa degli alberi. Gli alberi sono vegetali che accumulano sostanze indispensabili all’accrescimento durante lunghi periodi, misurabili in anni e in alcuni casi anche in centinaia d’anni. La loro struttura è essenzialmente composta da materiali morti: legno e corteccia. La parte aerea vivente dell’albero è composta dalle foglie e dal cambio. Contrariamente alle “monocotiledoni”, che comprendono quasi tutte le specie erbacee dei prati, che mantengono le loro parti che generano l’accrescimento ben protette sotto la superficie del terreno e dove la brucatura spesso appare indispensabile per la crescita dell’erba stessa, gli alberi con fronde appartengono invece all’ordine dei “dicotiledoni”, dove le parti deputate alla crescita e alla sopravvivenza della pianta sono poste all’esterno della pianta stessa, in zona aerea, pertanto esposte alla brucatura e al danneggiamento da parte degli erbivori. Quando un albero viene aggredito per la brucatura, generalmente vengono sfruttate le modeste parti viventi quali: foglie o aghi, gemme o germogli, corteccia verde e radici. Come visto in precedenza, il metabolismo degli alberi in generale è particolarmente lento e l’utilizzo anche di piccole parti viven- ti, le sole ricche di sostanze nutritive quali appunto le gemme, la corteccia verde o le piccole radici, sono azioni fortemente dannose per l’albero stesso, in quanto il rapporto tra la biomassa totale dell’albero e le parti vive dello stesso sono fortemente sbilanciate e la ricostituzione dei tessuti danneggiati è oltremodo particolarmente lenta. Il bosco in età matura poi non è in grado di produrre eccedenze vegetative, lo sforzo vegetativo del bosco si concretizza attraverso la produzione di bacche, frutti e semi, indispensabili per garantirsi la propria continuità. Appare dunque evidente che il bosco può fornire alla fauna un nutrimento primario moderato, principalmente sotto forma di frutti e bacche, eventualmente anche un buon rifugio contro i pericoli, in cambio della disseminazione dei propri semi. Nulla di più. Il pascolo Gli ambienti erbacei, a differenza del bosco, sopportano un consumo di sostanza verde molto elevato. Le foglie dei monocotiledoni, a differenza delle foglie degli alberi, crescono dal basso CACCIAINVALBREMBANA 17 e la loro brucatura non pone problemi alla pianta in genere; il pascolo e la brucatura può rilevarsi favorevole alle erbe stesse, in quanto l’accrescimento continuo della loro biomassa porterebbe al soffocamento della sostanza verde. Un prato è dunque più produttivo se ben pascolato. Alcuni studi hanno dimostrato come in alcune grandi praterie del Nord America e dell’Africa centrale, la produttività delle erbe possa raggiungere (e in condizioni particolari superare) le 50 tonnellate per chilometro quadrato, permettendo quindi il sostentamento di ben 20 tonnellate di biomassa animale; il grado di consumo può elevarsi temporaneamente fino oltre il 90% della biomassa vegetale prodotta, permettendo al pascolo un rinnovo annuale molto marcato. In simili condizioni di sfruttamento le foreste verrebbero distrutte in modo irreversibile in brevissimo tempo. Nelle considerazioni espresse dal prof. J.H. Reichholf, in un’interessante articolo ( Ist die Natur des Waldes gegen das Wild - 1995) egli sostiene che il capriolo e il cervo non sono specie forestali; il loro habitat è da ricercare invece nelle praterie e nei margini del bosco, dove trovano le migliori condizioni di nutrimento nelle erbe e nei giovani germogli dei cespugli. Lo confermano la presenza marcata di 18 CACCIAINVALBREMBANA questi ungulati al margine del bosco e, nottetempo, negli spazi aperti. In alcune regioni poi gli stessi ungulati si mantengono costantemente negli spazi aperti senza mai frequentare la foresta. Cervi e caprioli vivono nel bosco perché spinti dal disturbo antropico, non certo per ragioni alimentari. Queste considerazioni portano alla ragionevole certezza che le grandi foreste omogenee e mature sono meno ricche di specie animali rispetto alle stesse foreste giovani con dimensioni modeste; queste ultime, maggiormente collegate agli spazi aperti, offrono l’indispensabile riparo per il ciclo biologico dell’animale, senza peraltro risultare indispensabile sotto l’aspetto alimentare. Ma noi cacciatori in ultima analisi possiamo migliorare la situazione intervenendo (dove possibile!) a modificare lo stato attuale delle cose? La soluzione del problema è unidirezionale. Oggi il bosco, frequentato soprattutto dal capriolo, e in parte anche dalla recente presenza del cervo, offre un’alimentazione inadeguata allo sviluppo numerico delle popolazioni; ne consegue che le densità, fortemente contratte negli ultimi periodi, anche con i correttivi apportati, non riusciranno mai più a raggiungere gli alti livelli registrati dieci - quindici anni or sono. Oggi, il bosco chiuso, ben apprezzato dai protettori della natura, costituisce un habitat eccellente per piccoli roditori e anche per alcuni piccoli uccelli insettivori; non si presta certo per la sopravvivenza degli ungulati. Abbiamo però degli esempi da imitare, dove le leggi forestali e gli altri gabelli lo consentono. Nella vicina Svizzera i cacciatori annualmente intervengono ad aprire nuovi spazi nella foresta, attraverso il taglio a raso di piccole porzioni, questo consente un rinnovo vegetativo e una ripresa del manto erbaceo e arbustivo molto appetito da cervi e caprioli. Gli strumenti e le risorse per operare, se ben impiegate, non mancano; basterebbe, a questo punto, un programma strategico. E’ su questi interventi che si giocherà il futuro della caccia ai cervidi nelle nostre vallate. L’attività venatoria da appostamento fisso e le misure di conservazione dei siti di Rete Natura 2000 (SIC e ZPS) - Dr. Giovambattista Vitali - Tecnico Forestale e Faunista L’Unione Europea, in considerazione del fatto che gli Habitat naturali degli Stati Membri presentano un progressivo degrado, attraverso alcune normativi si è prefissata l’obiettivo di salvaguardare e proteggere la biodiversità, compatibilmente con le esigenze di tipo economico, sociale e culturale delle popolazioni che vivono nel territorio oggetto si salvaguardia comunitaria. Nel tempo la Comunità Europea ha emanato dei provvedimenti per individuare i territori oggetto dell’obiettivo sopra descritto, tali norme sono le seguenti: La Direttiva Uccelli 79/409/CEE, emanata il 2 aprile del 1979, recepita in Italia dalla Legge 157/92; La Direttiva Habitat 92/43/CEE emanata il 21 maggio del 1992, recepita in Italia con il D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, modificato successivamente con il DPR n.120 del 12 marzo 2003, n.120 e specificata successivamente a livello regionale. Con la Direttiva Uccelli si sono indicate le misure fondamentali per preservare, mantenere o ristabilire per le specie indicate, una varietà e un’estensione di habitat in ogni stato membro. Successivamente ogni Stato membro ha classificato i territori più idonei al perseguimento degli obiettivi della direttiva, ovvero delimitando le Zone di Protezione Speciale (ZPS). La Direttiva Habitat prevede l’istituzione di una serie articolata di siti da proteggere sul territorio europeo, denominati Siti d’Importanza Comunitaria (SIC), nodi centrali, con le ZPS, della rete ecologica comunitaria denominata “Rete Natura 2000”. In tali aree si applicano le misure necessarie per la salvaguardia, il mantenimento ed il ripristino degli Habitat delle specie per i quali i siti sono stati istituiti. I siti Natura 2000 in Provincia di Bergamo I Siti d’Importanza Comunitaria (SIC) sono localizzati per la maggior parte in aree montane o pedemontane, mentre nel territorio di pianura ne sono presenti solamente tre, coincidenti con delle riserve naturali già da tempo esistenti. Le aree individuate come Zona di Protezione Speciale (ZPS) sono tutte localizzate in territorio montano, tranne una situata al limite meridionale della Provincia, al confine con le Provincie di Brescia e Cremona. L’ultima ZPS istituita è quella delle “Orobie Bergamasche”, avente un’estensione di ben 48.000 Ha. Alcuni siti della Rete Natura 2000 interessano il nostro territorio marginalmente, come il SIC della “Val Venina” che ricade in area bergamasca sono per circa 12 Ha. Ogni sito di rete natura duemila è stato istituito per la presenza di particolari Habitat o Specie, come nel caso delle ZPS ove i motivi di conservazione sono legati all’avifauna. Gli Habitat e le specie oggetto d’interesse conservazionistico peculiari di ogni sito sono stati riportati ed elencati in una scheda specifica, ed è a tali dati che ci si deve riferire quando si deve procedere ad una valutazione d’incidenza. Il piano faunistico provinciale e la rete natura 2000 Il piano faunistico provinciale in vigore è stato sottoposto a relativa valutazione d’incidenza ambientale, per valutarne gli effetti sugli Habitat e sulle specie presenti nei siti della rete natura 2000 ricadenti della Provincia di Bergamo. CACCIAINVALBREMBANA 19 La Regione Lombardia, ente competente, con proprio Decreto n° 6485/08 della Direzione qualità dell’ambiente, esprime valutazione d’incidenza positiva, ovvero assenza di possibilità di arrecare una significativa incidenza negativa, sull’integrità dei siti di Natura 2000 presenti nel territorio bergamasco riguardo al Piano Faunistico. Per ciò che concerne l’attività venatoria da appostamento fisso, il decreto stabilisce l’obbligo di sottoporre a valutazione d’incidenza ambientale tutti nuovi appostamenti fissi o il rinnovo, qualora siano localizzati all’interno di un sito o nell’area perimetrale costituita da una fascia di 1.000 m di profondità. Questa cartografia illustra il caso di un capanno da realizzare nella fascia dei 1.000 m, e quindi è necessario ottenere la relativa Valutazione d’Incidenza Ambientale. L’attività venatoria da appostamento fisso La caccia da appostamento fisso si svolge in forma di “aspetto” e con tiro a fermo, pertanto il prelievo è assolutamente selettivo, perché è possibile una facile ed agevole individuazione della specie interessata dall’azione venatoria. Tradizionalmente l’attività venatoria praticata da appostamento fisso interessa specie appartenenti alla famiglia dei turdidi: tordo bottaccio (Turdus philomelos), tordo sassello (Turdus iliacus), cesena (Turdus pilaris), merlo (Turdus merula). Tali specie sono elencate nell’allegato II/2 della direttiva europea 79/409/CEE, specie cacciabili sul territorio Italiano. L’azione di caccia a questi turdidi, da appostamento fisso, coincide temporal- L’attività venatoria da appostamento fisso e la valutazione d’incidenza ambientale sparo, le quali determinano gli angoli di tiro, ovvero le direzioni e gli spazi in cui viene esercitata l’azione di caccia; •alberi di battuta, filare di alberi di- sposti a cerchio, semicerchio o in linea retta, collegati fra loro da pertiche orizzontali sulle quali vengono posi- Per tutti i siti della rete “Natura2000” oltre che le misure di salvaguardia è stata introdotta la “Valutazione d’Incidenza Ambientale” di Piani o Progetti che riguardano i siti della rete stessa. Con la valutazione d’incidenza ambientale si descrive e quantifica l’impatto che la presenza dell’appostamento fisso induce sugli Habitat biotici e abiotici e sulle specie animali e vegetali presenti. La struttura tradizionale di un appostamento fisso Tradizionalmente un appostamento fisso possiede un disegno circolare o rettilineo, e si possono riconoscere alcuni elementi caratteristici quali: • il capanno, ove avviene la vera e propria azione di tiro, è normalmente costruito in legno e dotato di feritoie di 20 CACCIAINVALBREMBANA mente con il periodo della loro migrazione autunnale da N-E verso S-W del paleoartico. Incide, pertanto, esclusivamente in fase post-riproduttiva dei turdidi citati, e su tutta la loro popolazione naturale migrante prima della naturale mortalità invernale e migratoria. Mentre la caccia alle quattro specie di turdidi non ha alcuna incidenza durante la fase migratoria primaverile e di riproduzione delle coppie stanziali o semi stanziali presenti nel territorio provinciale. Effetti dell’attività venatoria da appostamento fisso sull’ambiente e sulle specie Gli effetti della realizzazione di un appostamento fisso sugli Habitat presenti nei siti, riguardano esclusivamente l’ambiente in cui viene insediato l’appostamento, e la valutazione d’incidenza viene definita caso per caso. In generale l’appostamento è realizzato in uno “spazio aperto” già esistente e difficilmente produce un’incidenza sugli ambienti forestali. Per ciò che concerne la fauna si deve considerare che l’attività venatoria da appostamento fisso può creare un disturbo che incide in un’area di circa 100 m di raggio dall’appostamento fisso, cioè considerando una gittata massima di sparo di 50 m e quella di disturbo sonoro pari a 100 m, quindi il suo effetto è puntiforme. Questi disturbi, nel caso l’appostamento fisso non sia collocato all’interno del sito, ma nella fascia di 1.000 m, devono essere correlati anche alla distanza tra il limite del disturbo ed il confine del sito stesso. zionate le gabbie degli uccelli da richiamo; •secconi, ovvero alberi morti aventi la funzione di posatoio per gli uccelli; •piazza, è lo spazio che si crea tra il capanno e gli alberi di battuta, normalmente è rappresentata da una radura avente una profondità media da 10–20 m. Distanze tra i limiti dei disturbi ed il confine di un Sito (SIC o ZPS) Altri aspetti d’incidenza ambientale da considerare sono: •Il prelievo accidentale, da valutare in funzione della possibile confusione tra le sagome delle specie oggetto di prelievo venatorio e quelle delle specie presenti nel sito, riportate nelle relative schede descrittive; •Disturbo della riproduzione, da considerare che la stagione venatoria non coincide con quella riproduttiva delle specie stanziali, e quindi difficilmente si può produrre un reale disturbo, se non per alcune specie di mammiferi, come gli ungulati (periodo degli accoppiamenti). •Disturbo dell’attività trofica, in generale non si hanno degli effetti significativi, tranne il caso in cui l’appostamento fisso è localizzato a breve distanza da ambienti particolarmente importanti per l’alimentazione di determinate specie; •Diminuzione delle fonti trofiche per i predatori, tale effetto deve essere valutato attentamente stabilendo come le specie oggetto di caccia s’inseriscano nelle abitudini alimentari dei predatori presenti nel sito. Sintetizzando in un’apposita matrice o quadro sinottico tutti gli effetti reali e/o potenziali e il grado di espressione, è possibile esprimere una valutazione complessiva di come l’appostamento fisso e l’attività venatoria ad esso collegata possa incidere sugli Habitat e sulle specie presenti in un determinato sito della Rete Natura 2000. CACCIAINVALBREMBANA 21 Etica venatoria e responsabilità - Flavio Galizzi Uno dei diversi aspetti dell’etica, intesa principalmente come riflessione sul comportamento individuale e di gruppo nei vari campi del sociale, ma anche dell’ambiente, e in senso più specifico rivolta all’ambito venatorio, è il senso di responsabilità. Un volto della coscienza individuale che ci aiuta e ci guida non solo nei comportamenti e nelle azioni, ma ancor prima nella valutazione delle scelte da adottare nell’esercizio di una funzione o di una pratica, quindi anche nella pratica venatoria. Proviamo a fare delle considerazioni di come il senso di responsabilità emerga, o venga soffocato da altri istinti, nei confronti dell’agire e delle scelte di un cacciatore oggi. Quando e come al cacciatore è necessario ricorrere ad una riflessione correlata al senso di responsabilità? Senza dubbio tale aspetto emerge fin dal primo momento in cui si fa la scelta di diventare “cacciatore”, oggi ancor più di un tempo, o ancor meglio si decide di continuare ad essere cacciatore oggi per chi lo è già, in un contesto socio – ambientale profondamente modificato rispetto anche solo agli ultimi decenni del secolo appena trascorso. Il tema “ambientale”, delle 22 CACCIAINVALBREMBANA risorse energetiche e delle risorse sostenibili, ha modificato molto il modo di porci nei confronti dell’ambiente, e ciò vale per ciascuno di noi, poiché l’attività venatoria, per sua natura, ha un forte impatto in tal senso, sia come azione di fatto “cruenta”, sia come immagine nell’opinione pubblica e nell’immaginario collettivo. In tale contesto è da considerarsi assolutamente ridicolo oggi anche solo pensare che la caccia possa essere considerata o comparata ad un’attività sportiva, se non per il fatto che si svolge all’aria aperta e contempla un’attività fisica generale paragonabile a quella di uno sport. Coloro che volessero continuare a considerarla tale è bene che rivolgano il loro interesse e il loro ardore verso attività sportive veramente tali, in cui la sfida e il confronto leale con l’avversario, o con l’ostilità di un ambiente estremo per certi sport “off limits”, sia veramente tale, a partire dalle semplici passeggiate nel verde fino alla sfida gli 8.000 metri. Detto questo emerge come per molti cacciatori, la maggior parte di quelli che sono diventati tali prima degli anni ’80, sia necessaria una sorta di “riconversione” e che si facciano ca- rico di assumere un nuovo modo di porsi nei confronti dell’oggetto del loro interesse. Cosa s’intende con ciò? Innanzitutto che l’oggetto di interesse del cacciatore, la fauna selvatica, è nella maggior parte dei casi un “bene comune”, indisponibile, un bene collettivo, di cui viene autorizzato l’utilizzo previe determinate precise condizioni; in primis la sostenibilità del prelievo. Se un tempo per conseguire l’abilitazione venatoria e il porto d’armi per uso caccia bastava conoscere le principali norme derivanti dalle leggi venatorie e la legislazione in materia di armi, e riconoscere le specie animali oggetto di prelievo, oggi un serio esame per conseguire l’abilitazione venatoria deve richiedere obbligatoriamente qualcosa di più. Deve prevedere innanzitutto un corso approfondito e selettivo che comprenda anche materie complementari alla caccia, ma fondamentali per l’assunzione di quella responsabilità indispensabile di cui si diceva all’inizio, come l’”ecologia del bosco”, l’”etologia animale”, la “dinamica delle popolazioni faunistiche”, la “gestione forestale” e la “gestione faunistica”, oltre a conoscenze di base sul “primo soccorso”, sulla “sicurezza in montagna”, sul “trattamento della spoglia” per un corretto utilizzo alimentare o commerciale delle carni degli animali prelevati (previsto oggi anche dalla normativa europea), e per i più appassionati aggiungerei anche qualche conoscenza sulla flora e sulla vegetazione dei comparti montani in cui si opera, e qualche ricetta tradizionale e regionale sull’utilizzo culinario di queste preziose risorse alimentari. Un percorso che garantisca l’acquisizione di una dignitosa e approfondita “cultura venatoria” in senso generale, per una corretta maturazione personale sui temi delicati della “ gestione venatoria” che viene affidata al cacciatore.. Vi sono riviste serie e specializzate che trattano di tutto ciò, e molti cacciatori seguono con passione e interesse gli aggiornamenti di volta in volta trattati per un auto aggiornamento che ritengono fondamentale, perché le condizioni ambientali sono in continua trasformazione, e ciò che poteva essere valido un anno potrebbe pian piano, con gli anni e le modiche ambientali in atto specialmente in montagna, modificarsi. Non bisogna pensare di sapere, bensì è necessario pensare di “voler saperne di più”, con la curiosità indispensabile di chi si vuole aggiornare su una materia in continua evoluzione. Tutti aspetti fondamentali per una corretta acquisizione di una forte e rinnovata coscienza venatoria che si esprima in un profondo senso di responsabilità nei confronti del contesto socio - ambientale in cui si opera, e nei confronti della fauna tutta, affinché sia manifesto un serio e riconosciuto “valore gestionale” dell’operato dei cacciatori. Potremo sicuramente concentrarci meglio, e far conoscere con un partecipato senso di responsabilità, sulle numerose attività di monitoraggio e controllo del territorio che svolgiamo nel corso delle stagioni, a partire dal giorno dopo la chiusura della caccia, in cui il lavoro di analisi e valutazione dei dati biometrici e dei consuntivi occupa tutto il periodo che precede l’organizzazione della mostra di gestione faunistica, uno spaccato del nostro lavoro che deve trovare un momento di consenso generale e di visibilità anche nei confronti dell’opinione pubblica. Si tratta, nella ricerca di una rinnovata coscienza gestionale dell’attività venatoria, di un valore aggiunto di cui non possiamo più fare a meno, nessuno di noi, qualsiasi specializzazione venatoria eserciti, e che deve diventare la “carta d’identità” del mondo venatorio, specie per noi che operiamo in un contesto alpino di estremo interesse faunistico, ad elevata specializzazione, i cui equilibri sono sempre da mettere a fuoco. Solo in questo modo possiamo presentare la nostra attività gestionale, di nicchia, e proprio per questo delicata e sotto la lente del legislatore e dell’opinione pubblica, anche ai giovani, affinché possa essere vista come opportunità culturale e valoriale per un riavvicinamento di molti di loro alla montagna, per quei valori ambientali e culturali di cui dobbiamo essere anche noi degni portatori. Etica e responsabilità assume quindi, per il cacciatore di montagna, anche questo valore: la presa di coscienza di una nuova funzione del cacciatore, non più semplice beneficiario di un generico diritto di uso privato di un bene pubblico, bensì soggetto attivo nella gestione di un patrimonio collettivo di cui sia in grado, in ogni momento, di rendere conto alla collettività, e nei confronti del quale sappia essere vigile custode prima che privilegiato fruitore. CACCIAINVALBREMBANA 23 Risultati delle analisi svolte nell’ambito del controllo sanitario della fauna selvatica in provincia di Bergamo -Dr. Franco Paterlini – Dr.ssa Alessandra Gaffuri Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna Sezione diagnostica Provinciale di Bergamo L’attività di monitoraggio sanitario sulla fauna. selvatica della Valle Brembana è stata condotta nella quasi totalità sui campioni prelevati durante la stagione venatoria dai cacciatori. Nel corso dell’ anno sono state analizzate anche 5 carcasse di camoscio conferite dagli agenti del Corpo di Polizia Provinciale. Uno di questi era uno “yarling” recuperato nel comune di Branzi in località Cornelli, morto per una patologia polmonare di origine batterica e parassitaria. Un capo adulto proveniva dal comune di Averara e presentava lesioni pleuriche e polmonari; gli altri tre provenivano dal comune di Santa Brigida e sono morti probabilmente per folgorazione. E’ stato anche analizzato un capriolo, rinvenuto nel territorio del comune di Cusio; che presentava polmonite e infestazione da estriasi nasale. 24 CACCIAINVALBREMBANA Sui campioni di sangue prelevato dagli animali abbattuti sono state effettuate indagine sierologiche per la ricerca di anticorpi nei confronti di alcuni agenti patogeni virali, batterici e protozoari. Le determinazioni eseguite ed i risultati sono riportati nelle tabelle sottostanti suddivise per specie. Nel capriolo non si sono evidenziate Positività significative per le malattie ricercate; quest’anno abbiamo eseguito anche l’analisi per Toxoplasma gondii, un protozoo responsabile di aborti sia negli animali che nell’uomo, il quale può infettarsi ingerendo carne di capriolo poco cotta. Circa il 10% degli animali è risultato sierologicamente positivo; non avendo ricevuto il cuore degli animali testati non abbiamo potuto però verificare la presenza di cisti parassitarie nel muscolo. Nel camoscio si mantiene sempre alta la sieroprevalenza per Virus Respiratorio Sinciziale, già responsabile in passato di forme respiratorie ed ormai presente in forma endemica nella popolazione dei camosci orobici, tuttavia. non si hanno segnalazioni che indichino presenza negli animali di sintomi respiratori, quali tosse, scoli nasali e difficoltà nella respirazione. Per quanto riguarda la cheratocongiuntivite infettiva, il tampone oculare prelevato da soggetto identificato con n. 550 è risultato positivo per Mycoplasma conjunctivae; la malattia sembra però essere presente tra gli animali in forma sporadica. Nel cervo non si segnala nulla di rilievo. Purtroppo alcuni campioni non sono risultati idonei per le analisi per ritardi nella consegna del cam- CAPRIOLO MALATTIA POSITIVITÀ / TOTALE Virus respiratorio sinciziale 5/92 Pestivirus 2/100 Toxoplasma 11/106 Paratubercolosi 0/130 CAMOSCIO MALATTIA POSITIVITÀ / TOTALE Virus respiratorio sinciziale 95/242 Pestivirus 3/235 Paratubercolosi (anticorpi nel sangue) 0/242 Cherato congiuntivite infettiva (da tamponi) 1/1 CERVO MALATTIA POSITIVITÀ / TOTALE Virus respiratorio sinciziale 0/3 Pestivirus 0/3 Paratubercolosi (anticorpi nel sangue) 0/4 pione al laboratorio. Abbiamo avuto ancora qualche problema di identificazione dei campioni, che ci auguriamo possa essere risolto inviando la scheda biometrica dell’animale unitamente al prelievo. Per la prossima stagione è nostra intenzione introdurre nuove analisi e probabilmente verranno date nuove informazioni per il prelievo; preghiamo pertanto i cacciatori di seguire con precisione le indicazioni che verranno impartite. Ringraziando i cacciatori per la loro collaborazione e per il lavoro svolto, esprimiamo la nostra disponibilità per qualsiasi chiarimento. CACCIAINVALBREMBANA 25 Sarà l’anno delle cesene? - G.B. Gozzi Cari amici cacciatori capannisti e non solo, voglio farvi partecipi del mio entusiasmo e della mia personalissima convinzione; quest’anno sarà un anno di cesene. Forse non uno di quegli anni come il 2004, che passeranno alla storia e rimarranno nei ricordi di tutti noi, però vi assicuro che sarà una stagione che ci darà modo di divertirci alla grande. Io lo sto ripetendo al mio socio Giovanni ormai da alcuni anni, “ ol 2009 el sarà un ann de iscere” e ho fatto anche delle scommesse tanto sono sicuro del fatto, quindi se volete condividere con me questa attesa, siete avvisati. Non sono di quelli che dicono “ io l’avevo detto…..” quando il fatto è già successo, io lo dico con largo anticipo e non mi sto assolutamente sognando, so anche benissimo di poterci perdere la faccia azzardando questa previsione ma soprattutto pubblicizzandola in questo modo. Comunque sia, ho una personalissima teoria, che non ha nulla di scientifico ed io non sono nemmeno un ornitologo 26 CACCIAINVALBREMBANA studioso delle migrazioni degli uccelli, ho letto si qualche manuale che parla di migrazioni, di distanze, di rotte prevalenti, di condizioni meteorologiche, ma niente di più. Sono semplicemente un cacciatore osservatore e come tale, le mie osservazioni, che ormai durano da oltre 20 anni, mi dicono che quest’anno è l’anno giusto. Sarà un anno di cesene o se preferite chiamatele pure viscarde o gardene (come le chiamano in Trentino) comunque sono per noi tutte le fantastiche “iscere”. Vi passo questa informazione, non per sollevarvi il morale ed illudervi, ma semplicemente perché vi possiate preparare psicologicamente ed anche fisicamente a questo evento. Come tutti sappiamo la stagione del capanno è lunga ed anche faticosa se vogliamo; inoltre non tutti sono pensionati e possono disporre liberamente del proprio tempo, fortunatamente vi sono ancora dei giovani che lavorano e quindi ecco uno dei motivi per distribuire bene le forze nella lunga stagione ma soprattutto riservare qualche giornata di ferie anche per la fine novembre e dicembre. E poi servirà naturalmente anche una scorta adeguata di pastura perché non vorrei mai che sul più bello della uccellagione si rimanesse senza la pastura da attaccare a quei magnifici brucù che solo l’abilità e l’esperienza del cacciatore sa preparare. Il tordo come sappiamo è divertentissimo da cacciare, il merlo generalmente è uno riempitivo, il sassello è misterioso ed imprevedibile (infatti per il sassello non faccio nessuna previsione) ma la cesena è entusiasmante e ti emoziona in maniera incredibile. Vale quindi la pena dedicare tempo ed attenzione a questo evento. Non voglio tenervi nemmeno sulle spine e passo ad illustrarvi la mia semplice teoria dalla quale deriva la mia convinzione. Già da alcuni anni io mi annoto con un certo scrupolo e qui direi quasi scientifico, l’andamento delle stagioni venatorie registrando tutti quei dati e rilevamenti che possono in qualche modo dare del- le indicazioni o mettermi in condizione di azzardare delle previsioni. Devo dire che l’analisi dei dati e dei fattori principali che influenzano le migrazioni, non mi danno nessunissima indicazione e certezza tranne che per la cesena appunto. Mi spiego meglio; per il tordo, ed anche per il merlo se vogliamo, non vi è alcun parametro che possa essere confrontato o che possa dar luogo ad un andamento ripetitivo. Tutte le annate buone o eccezionali (come ad esempio il 2003 per citarne una recente) non trovano poi riscontri né precedenti né successivi; quindi non vi sono annate confrontabili e tali da determinare una cadenza fissa. Ecco, la cosa particolare invece è che per la cesena questa cadenza “ fissa” si riscontra ed è attendibile e ripetitiva. Sono 5 anni. A distanza regolare di 5 anni si ripete l’evento di una migrazione abbondante e duratura. Come dicevo la mia ricerca dura da oltre 20 anni e vi posso assicurare che analizzando i dati è possibile stabilire questa cadenza. Non sono l’unico ad annotare gli abbattimenti della stagione è prassi pressoché normale per ogni capannista di avere una sorta di diario di bordo per annotare l’andamento giornaliero della caccia e quindi questa circostanza penso sia verificabile anche dai diari di altri. Come dicevo all’inizio, l’ultima annata eccezionale è stata quella del 2004 e quindi se facciamo più 5……….. siamo sicuramente nell’anno delle cesene! La mia convinzione è supportata anche da altri eventi che nei paesi nordici seguono una cadenza regolare riproponendo dei fenomeni che nessuno è mai riuscito a spiegare ma che esistono e continuano a verificarsi. Ad esempio in Norvegia (ma penso che succeda lo stesso anche in Svezia e Finlandia) ogni 4 anni si registra una vera e propria esplosione della popolazione dei “Lemming” che sono dei piccoli roditori tipo criceti, lunghi circa 15 centimetri e che normalmente vivono nella tundra o nei canneti in prossimità dei fiumi e dei laghi. Anche in questo caso, con una cadenza di 4 anni, la popolazione cresce a dismisura raggiungendo un livello tale da costringere questi piccoli roditori a mettersi in movimento ed a compiere delle migrazioni di massa alla ricerca del cibo e nel loro spostamento senza una meta, devastano e distruggono ogni cosa cre- ando un vero e proprio scompiglio ambientale. Arrivano a frotte attraversano strade, ferrovie, fiordi, baie insenature e quant’altro, ma la loro sarà una migrazione senza ritorno perché andranno poi a morire in una specie di suicidio di massa. Questo fenomeno, che viene studiato e monitorato da esperti alla ricerca di una causa fino ad ora inspiegabile, contribuisce parallelamente a ristabilire in salute la popolazione dei predatori (rapaci, linci, volpi, lupi ecc.) che cibandosi prevalentemente di Lemming, risparmiano altre specie più nobili. Insomma non voglio paragonare le nostre belle “iscere” alla sorte dei Lemming, ma questo per dire che esiste magari una giustificazione scientifica, che sfugge alla nostra conoscenza (o magari semplicemente nessuno si è curato di studiare) per cui a cadenza di 5 anni vi è una esplosione della popolazione delle cesene ed a noi ci tocca di sacrificarci a cacciarle…..Ecco, io vi ho raccontato la mia verità e la mia convinzione. D’altra parte, se così non sarà, non fatemene una colpa, ricordate che la scienza delle previsioni non è una scienza esatta, perché si basa su eventi occasionali ed accidentali, perciò se le cesene non rispetteranno la previsione, faremo come gli altri anni……..aspetteremo! CACCIAINVALBREMBANA 27 Rubriche Appunti di biologia animale - Tiziano Ambrosi ALLENAMENTO DEL CANE SPORTIVO (Parte prima) Lo scopo della medicina sportiva del cane è quello di migliorare le prestazioni dell’animale. La fisiopatologia delle modificazioni che avvengono in un soggetto sottoposto a determinati esercizi atti a migliorare le prestazioni sportive è il cardine di questa disciplina. L’allenamento è l’instaurarsi di queste modificazioni a livello di organi e apparati che permettono il miglioramento delle prestazioni sportive, mirando ad ottenere il massimo rendimento col minimo impegno. Il miglior risultato ottenuto è secondario all’aumento della forza fisica, all’aumento delle capacita lavorative dell’organismo, e all’aumento della resistenza fisica. L’obiettivo finale di tutto questo è senza dubbio l’aumento della resistenza alla fatica. Nel corso del compimento di un lavoro protratto l’animale passa attraverso tre stadi: inizialmente il lavoro risulta impegnativo, successivamente diviene più agevole, dopo un certo periodo di tempo, e rispetto alle condizioni fisiche dell’animale, si arriva ad uno stadio caratterizzato dalla comparsa di una diminuzione delle capacità lavorative, arrivando alla fatica. La fatica è una sindrome caratterizzata da un esaurimento dell’attività funzionale di organi ed apparati provocata dal lavoro protratto. L’affaticamento può interessare un singolo organo o tutto l’organismo. Principale sintomo della fatica è la stanchezza, cioè il manifestarsi dell’affaticamento che il proprietario individua nella diminuzione della forza muscolare, notando alterazioni dell’andatura, alterazioni del sensorio con appesantimento dell’azione del lavoro, sonnolenza, malessere generale, rifiuto ad eseguire esercizi e necessità di riposo. Talvolta compaiono sintomi soggettivi di stanchezza senza che si manifesti la fatica; è una falsa sensazione che l’animale prova, di origine psichica, che scompare con la ripresa del lavoro. I sintomi più importanti della fatica iniziano con tachipnea e tachicardia; proseguendo con l’attività compaiono cianosi delle mucose, dispnea, ipertermia e diminuzione della concentrazione. Come ultimo stadio un cane affaticato può arrivare a svenimenti e perdita di conoscenza. Le cause della fatica possono essere varie e vengono riunite in tre gruppi: I) Carenza energetica Qualsiasi tipo di attività muscolare richiede un consumo di energie, che 28 CACCIAINVALBREMBANA viene prodotta dal metabolismo aerobico e anaerobico degli zuccheri. La mancanza o la carenza del materiale energetico o dell’ossigeno indispensabile per il metabolismo provoca l’insorgenza della fatica. L’apporto energetico deve essere calcolato in base al tipo di attività sportiva che ogni cane deve compiere; una attività moderata richiede energia inferiore o pari a tre volte il metabolismo basale, un lavoro pesante richiede energia da tre a otto volte il metabolismo basale, durante un lavoro massimo la richiesta supera di otto volte il metabolismo basale. II)Accumulo di cataboliti (prodotti “scorie” del metabolismo) La prolungata attività fisica provoca una alterazione nel metabolismo degli zuccheri producendo un’eccessiva quantità di acido lattico, già di per sé tossico, provocando una notevole acidosi a cui l’organismo tenta di opporsi con sistemi tampone. Il tamponamento dell’acidosi provoca la liberalizzazione di grandi quantità di acido carbonico, di fosfati acidi e la denaturazione di alcune proteine, sostanze a loro volta dannose per l’organismo. Inoltre il tentativo di ricavare ulteriore energia dal metabolismo dei grassi e delle proteine provoca la produzione di corpi chetonici,urea, creatinina, a loro volta tossici. L’accumulo nel sangue di tutti questi metaboliti tossici altera la funzionalità epatica e renale, interessando proprio quegli organi adibiti alla distruzione dei metaboliti stessi. Quindi l’accumulo di queste sostanze viene provocato sia da una eccessiva produzione, sia da una diminuzione della loro eliminazione dall’organismo. Notoriamente l’organismo tende a mantenere costante lo stato chimico fisico del proprio mezzo interno(sangue, linfa e liquido interstiziale); il lavoro muscolare protratto determina gravi alterazioni al ”mezzo interno”. L’esagerato metabolismo può provocare ipoglicemia, alterazioni del ph, perdita di liquidi e sali; spesso si ha una notevole perdita di cloruro di sodio con conseguente ipocloremia e iposodiemia. La perdita di liquidi ha come conseguenza una ipovolemia, per diminuzione del volume plasmatico, con aumento della viscosità del sangue, causando delle resistenze periferiche della circolazione. Tutte queste alterazioni sono responsabili delle manifestazioni generali della fatica, in quanto alterano il corretto funzionamento degli organi e apparati. A livello di apparato muscolare aumenta la soglia di eccitabilità, diminuisce l’ampiezza della contrazione ed una lentezza nella contrazione stessa. A carico del sistema nervoso si ha una diminuzione nella coordinazione dei movimenti, un calo delle capacità sensoriali, un allungamento nel tempo di riflesso, un torpore e sonnolenza che possono sfociare nella perdita di coscienza. A livello di apparato cardiocircolatorio si manifesta tachicardia, ipotensione: a livello di apparato respiratorio compare dapprima una tachipnea, seguita molto spesso da una marcata dispnea. Altre alterazioni più o meno gravi possono interessare fegato, reni e l’apparato endocrino. La fatica è facilitata dalle cattive condizioni fisiche, o dalla presenza di malattie, e a sua volta è causa predisponente di malattia. Esistono più fattori che interagendo tra loro influenzano la ”prestazione sportiva” di un cane. Vi sono dei fattori che prendono in considerazione il patrimonio genetico (caratteristiche ereditarie del cane) che possono essere migliorate attraverso la selezione genetica; la conformazione generale del soggetto, riferendosi alla sua costituzione fisica, all’angolazione delle sue articolazioni e alla sua conformazione muscolo-scheletrica (es. Rubriche III)Alterazioni del sangue, linfa e liquido interstiziale ampiezza della cassa toracica,sviluppo muscolare….). L’alimentazione come fabbisogno energetico é un fattore specifico che deve tener conto dal punto di vista, sia qualitativo che quantitativo, delle richieste per svolgere al meglio il lavoro e combattere lo stress ad esso correlato. Quindi serve attenta valutazione della natura delle materie prime e nella composizione della razione, tale da rendere la dieta si altamente energetica, ma allo stesso tempo molto digeribile e di poco “ingombro“ a livello gastroenterico, garantendone l’appetibilità e la capacità di mantenere un buono stato di idratazione.Rivestono importanza anche i fattori psicologici, che comprendono la motivazione, la resistenza allo sforzo, la trasmissione del senso di agonismo, la resistenza alle condizioni climatiche avverse. I fattori ambientali infine possono condizionare il lavoro del cane: essi vanno dalla tipologia del terreno, al clima e all’ambiente in cui avvengono le competizioni. (continua) CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche 29 Rubriche Armi e balistica - Sergio Facchini C’era una volta... la doppietta Quando le primavere hanno superato da un po’ le sessanta, è normale che durante le giornate passate a caccia si ripensi ai primi passi ed alle armi che ci hanno accompagnato per molti anni. Soprattutto durante le battute al cinghiale o l’attesa della pastura serale dei cervi, tornano alla mente i giorni dell’infanzia e della prima giovinezza, quando non potevo contare su di un drilling od una potente carabina ma semplicemente su di una doppietta calibro 12. La prima arma che usai fu un monocanna Beretta cal. 36 col quale cacciavo passeri e storni appena dietro la casa della mia nonna paterna; era un fuciletto che apparteneva ad un mio prozio che sapeva della mia grande passione e che mi concesse di utilizzarlo, dopo avermene spiegato il funzionamento corretto. Naturalmente le norme di sicurezza venivano per prime e furono oggetto di ripetute prove con l’arma scarica. Non deve meravigliare il fatto che a dieci anni lo zio mi avesse affidato un fuciletto: allora si imparava ad andare a caccia molto presto ed i grandi erano ben contenti di insegnare alle nuove leve, se dimostravano di avere sale in zucca, passione e predisposizione al maneggio di un fucile da caccia, anche se solamente si trattava di un cal. 36. Da ottobre fino alla fine di novembre, quasi tutte le domeniche mattina erano dedicate a questa caccia “domestica”, che mi procurò le prime 30 CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche intense emozioni. Tanti, tanti passeri, qualche merlo e qualche storno che si attardavano sui filari delle viti di uva americana caddero vittime della mini carica di pallini del n.11 che accartocciavano i piccoli volatili senza farli soffrire, dato che sparavo a distanze molto brevi. Le piccole cartucce rosse “testa di cane”della Fiocchi di Lecco furono le prime munizioni che utilizzai fino a quando cambiai calibro qualche anno più tardi. Risparmiando sulla mancia domenicale e con l’aiuto di qualche piccolo extra dei miei genitori, riuscivo quasi sempre a raggranellare la cifra necessaria per comprare una scatola da 25 pezzi dall’armeria del paese che, fin quando mio padre non fu trasferito per motivi di lavoro, divenne il mio negozio prediletto. A dieci anni non potevo pretendere di più ma, una volta promosso in seconda media, mi feci regalare una carabina ad aria compressa, una Mondial, una specie di giocattolo, se paragonata alle tedesche Diana, che allora costava 2.200 lire; era precisa ed abbastanza potente e le mie prede divennero tutte le specie di grosse lucertole ed alcuni ratti di dimensioni notevoli, abitatori delle sponde dei canali che alimentavano le centraline dei numerosi stabilimenti locali. Lucertole e ratti in media Val Seriana, passeri e storni nella Bassa Lodigiana: mi sentivo quasi un Professional Hunter! Memore della vecchia doppietta Bayard Piquer di papà lucidata tante volte e da lui venduta qualche anno prima, divenne impellente la necessità di cimentarmi con qualcosa di più sostenuto del cal. 36 e fu così che di botto passai al cal.12, sempre dello zio, una vecchia e solida doppietta Lario a cani esterni, piuttosto pesante ma ben bilanciata, con canne piuttosto corte di acciaio Cogne. A quattordici anni, essendo alto 1,84 e del peso di 70 kg, il calibro 12 non costituì un problema e, grazie agli insegnamenti del”maestro”, un amico di famiglia, e del vecchio zio imparai gran parte dei trucchi del tiro a volo, soprattutto l’anticipo ed il tempo di sparo che da allora in poi si rivelò fondamentale. Per imparare a sparare sufficientemente bene era necessario accompagnare dei bravi cacciatori buoni colpitori e questo lo avevo capito presto, infatti andavo sempre a caccia con persone molto più anziane di me. Raccattare selvaggina fu un’ottima scuola iniziale che diede i suoi frutti qualche stagione dopo. A diciassette anni ottenni la prima licenza di caccia ma non possedevo ancora un fucile vero. Ci pensò mia mamma, che sempre assecondò la mia passione, andando a ritirare la doppietta cal.12 di un cugino che, per motivi di lavoro, aveva dovuto interrompere l’attività venatoria. Quella sera divenne una delle giornate più importati della mia vita di cacciatore: avevo tra le mani un so- ancora. L’allenamento costante era il miglior esercizio per catturare la migratoria che, a seconda del tempo meteorologico, variava la velocità di volo imponendomi di adattarmi ad ogni situazione sul campo. In più di una occasione notai che, a stomaco pieno, ossia nel pomeriggio, sparavo molto meglio, specie quando aspettavo il rientro dei passeri dalla campagna alle cascine: volavano altissimi ed era necessario anticiparli spesso di due o tre metri per centrarli, in quanto sovente spinti dal vento. Ma, usando delle buone cartucce originali della MB con 32 grammi di piombo del n.11, le prede spesso erano molte, con poche padelle. Dopo tre anni di uso continuo della doppietta volli comprare un semiautomatico: un 48 AL a lungo rinculo della Franchi. Commisi ancora l’errore di acquistare un fucile con una canna di 71 cm e strozzatissimo, malgrado le iniziali esperienze negative con la doppietta. Ancora delusioni e la solita trafila prima di raggiungere un discreto livello tra colpi e centri: era il prezzo da pagare per la mia cocciutaggine, anche se potevo fare affidamento solamente sulle mie scarse conoscenze balistiche di allora. Il Franchi 48AL era veramente un mulo e non mi diede alcun problema per diversi anni, anche perchè, con la stanziale, usavo cartucce ottime come la Legia Star Rossa che superava abbondantemente tutte le concorrenti del tempo per efficacia sul selvatico e portata di tiro, al pari delle Walsrode che mio zio Rino usava sempre nella sua doppietta Lario: piombo n.4 nella canna destra per la lepre e n.7 nella sinistra per i fagiani. La mia prima doppietta cal.12, fabbricata nel 1953 da Gelain, uno dei tanti artigiani della Val Trompia, rimaneva comunque la mia prefe- Rubriche gno realizzato, una doppietta calibro 12! Coricatomi non riuscii a prendere sonno, tanta era l’agitazione, ma mi calmai appoggiandola sul letto a fianco sognando grandi avventure e viaggi. Il giorno dopo, riavutomi dallo shock, contemplai a lungo la mia doppietta in ogni dettaglio; era snella, leggera, con canne lunghe e con un calcio proporzionato ed i cani salivano senza sforzo in monta. Provai a puntare a destra e a manca e ne constatai il buon equilibrio; una buona doppietta con una bascula molto magra, tanto da farla sembrare un calibro 16, che negli anni successivi mi avrebbe dato molte soddisfazioni. Era un buon fucile ma, come me ne accorsi quasi subito, aveva delle strozzature molto accentuate: 9 decimi di mm alla canna destra e 10 decimi alla canna sinistra; valori assolutamente inadeguati per la caccia vagante col cane da ferma ed anche inadatto per la migratoria che allora assorbiva gran parte del mio tempo libero. Infatti, nei primi mesi di utilizzo, collezionai una serie infinita di padelle, ma siccome ero testardo insistetti perchè ero sicuro che, prima o poi, i risultati sarebbero arrivati. Fu solamente con l’inizio della seconda stagione di caccia che notai un netto miglioramento nella percentuale dei tiri andati a segno, passando da un pesante 20 per cento ad un buon 60-70 per cento. Ci vollero un bel numero di fucilate, ma alla fine potei ritenermi soddisfatto, tenendo conto che ero alle prime armi. Per risparmiare ricaricavo le cartucce con polvere Sipe, economica ma allora piuttosto erosiva per le canne che andarono via via assottigliandosi a causa del numero elevatissimo di colpi sparati in ogni stagione. Di conseguenza passai a polveri migliori come la MB e la JK6 ed i risultati migliorarono CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche 31 rita e se nel 1966, anziché comprare il Franchi, avessi optato per un sovrapposto Beretta S57E che costava la stessa cifra del semiautomatico (105.000 lire), oggi quest’ultimo farebbe parte certamente delle mie armi da caccia. Per dire il vero ambivo a qualcosa di ancora più bello; desideravo fortemente un sovrapposto Beretta SO2 che spiccava nella vetrinetta della piccola armeria di Fiorano al Serio, più volte mostratami dal proprietario che aveva inteso la mia traboccante passione per i bei fucili. Purtroppo le 220.000 lire per l’SO2 erano una cifra enorme per il tempo, circa la metà del costo di una Fiat 500, e giustamente non ebbi mai il coraggio di chiederle a mio padre che sgobbava anche per assecondare i miei desideri, tant’è che il Franchi lo comprai a rate raggranellando mance, mancette e regalie delle nonne che conoscevano il mio impegno finanziario. Dopo il servizio militare ed il matrimonio, presi casa in Val di Susa mentre il lavoro era a Torino. Indovinate quale fu il primo negozio che visitai a Torino? Naturalmente un’armeria, quella del Sig. Peroldo nel centro città. Là vidi i primi grandi fucili da caccia a canna liscia quando mi recai per montare l’ottica sulla prima carabina. Nelle alte vetrinette interne potei ammirare una coppia di Stanzani, una di Greener ed altre ancora. Passò poco tempo, eravamo nel ‘74, e comprai una stupenda Beretta, credo un mod.410, che di lì a poco cambiai con una Piotti B.S.E.E. Piuma cal.12 con canne di 70 cm e strozzature finalmente di quattro e due stelle, uno dei migliori acquisti della mia vita di cacciatore. Era una doppietta fantastica, elegante, leggera, rifinita alla grande ma costosa: 400.000 erano sempre dei bei soldi. Cacciare 32 CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche con quell’arma era un vero diletto in quanto era sufficiente coprire il selvatico e premere il grilletto anteriore per fare immancabilmente centro. Con piombo del 7 e del 6 la canna destra compiva dei veri e propri miracoli anche a distanze di 30-35 metri e di riserva la canna sinistra con piombo 5 permetteva eventuali recuperi a distanze ragguardevoli. Cacciare col cane da ferma e la doppietta Piotti era semplicemente fantastico, tanto era facile colpire nel segno, ed in più era assai leggera, sotto i 3 kg, vantaggio enorme nelle lunghe camminate estive sotto il sole. Sicuramente è stato il mio miglior fucile da caccia cal.12, un’arma dal rendimento ineguagliabile. Anni più tardi acquistai anche una doppietta Sarasqueta H&H, un po’ più pesante della Piotti e non così aggraziata, anch’essa dotata di canne a 4 e 2 stelle, con la quale cacciai per alcune stagioni con alterne fortune. L’ultima doppietta, una Beretta mod.409 cal.12 invero molto strozzata con canne di 70 cm a due ed una stella, è quella che uso correntemente nella caccia al cinghiale. Costruita nel 1953 è un fucile dalla linea piacevole, anche se molto pesante, ed è rifinita in maniera esemplare come quasi tutte le armi di quegli anni. Con i suoi 3.550 g è una vera roccia e puntare anche oltre i 40 m risulta facile per il perfetto bilanciamento e l’ottima distribuzione del peso: infatti, nella caccia al cinghiale, mi ha dato grandi soddisfazioni anche su animali di grosso peso e in misura del tutto particolare con quelli di peso medio a distanze non del tutto usuali (uno di oltre 40 kg fermato sul posto a 67 m, telemetrati). Molto probabilmente questa doppietta, acquistata usata in perfette condizioni, era stata ordinata per cacciare acquatici in botte, visto il ragguardevole spessore delle canne ed il massiccio manicotto. Sta di fatto che finora mi ha sempre servito egregiamente e sarà al mio fianco in montagna ancora per qualche anno, spero, nelle mie estenuanti attese della bestia nera. Dato che gli anni purtroppo passano velocemente e che portarsi dietro cannoncini di peso elevato stanca non poco, ho ritenuto di dotarmi anche di un’arma molto più leggera che potesse adattarsi un po’ a tutte le cacce sedentarie-alpine da me praticate negli ultimi anni. Ultimamente ho comprato un sovrapposto P. Beretta modello Silver Pidgeon II calibro 20 Magnum in acciaio, del peso di 2.780 g con canne di 68 cm e strozzature fisse di 4 e 2 stelle. Si tratta di un’arma bella, leggera e ben rifinita come solamente la Beretta sa costruire nella sua categoria di prezzo, un vero gioiellino da caccia che mi auguro possa servirmi nelle stagioni future. Ho montato questo fucile solamente una volta, in occasione del suo arrivo in armeria, e non ho ancora sparato un colpo. Ridicolo direte voi, ma per adesso mi accontento di osservarla in ogni suo particolare, ritornando talvolta con la memoria al tempo in cui possedere un fucile di tale fattura sarebbe stato un sogno! Spesso mi capita di ripensare a quella sera del 1964 in cui mia madre arrivò con la mia prima doppietta, che posai sul letto e che mi aiutò a sognare, e provo come un nodo alla gola che stenta a sciogliersi. In fondo cos’era? Una doppietta, nient’altro che un modesto fucile da caccia che allora per me valeva quanto un Purdey o un Boss. E se qualcuno si ostina a sostenere che un fucile non è altro che un attrezzo senz’anima... lasciatelo dire...! Educazione faunistica - Stefania Pendezza Con i bambini alla scoperta del micro-mondo naturale Provate ad immaginare un adulto che passeggia in un bosco o in un prato della Valle Brembana: il suo sguardo corre lontano, segue le catene montuose, percorre pendii scoscesi ricoperti di splendidi boschi. Attraversando una foresta il suo naso è rivolto all’insù, alle cime degli alberi e ai rami che frammentano il cielo in un reticolo intricato e complesso, attraverso il quale filtrano i raggi del sole. Costeggiando un fiume il nostro camminatore si sofferma sulla corrente impetuosa e le spumeggianti cascate di acqua cristallina. Provate ora ad immaginare un bimbo di 3 anni che passeggia negli stessi luoghi in compagnia del suo papà. Il suo sguardo sarà rivolto ad altezza-bimbo, al terreno e al micro mondo che rappresenta una fonte inesauribile di scoperte. In un metro quadrato di prato o di sottobosco possiamo trovare un’incredibile varietà di forme e colori, fauna e flora dalle dimensioni irrilevanti per chi ha lo sguardo sempre rivolto al macro-mondo, ma che rappresentano un mondo di scoperte emozionanti. Evidentemente quando il bambino piccolo diventa adulto sembra dimenticare la bellezza di quel mondo che un tempo era al centro delle sue attenzioni. Un mondo da osservare, toccare, annusare sentire col cuore. Crescendo viviamo proiettati nel futuro e spesso dimentichiamo di gustarci il presente, ecco forse perché ammiriamo le vette lontane e snobbiamo una mini foresta di muschio sotto ai nostri piedi. Sarebbe bello se in ogni percorso di educazione ambientale dedicato alla fascia d’età della scuola primaria e secondaria di primo grado, si proponesse anche qualche attività legata al mondo delle piccole cose, per non dimenticare quanto esse siano belle e imparare, al contempo, quanto siano preziose nella dinamica dell’ecosistema. Ciò che i bambini incontrano nel micro mondo è a portata di mano: anche i bimbi più vivaci e maldestri diventano improvvisamente delicati maneggiatori di piccoli tesori. Che emozione raccogliere una piccola chiocciola, tenerla sul palmo aperto della mano e aspettare in silenzio che “tiri fuori le corna”. Un tempo le mamme insegnavano anche una breve filastrocca a riguardo, chissà se qualcuno fra i lettori la ricorda: Lümàga lümaghì casa fò i tò curnì. L’attesa… il piccolo gasteropode che comincia a fare capolino dal suo guscio, due antenne che si allungano poi quattro. La sensazione di umido solletico quando la chiocciola comincia a misurare il palmo della mano con movimenti impercettibili. Che emozioni! Altro che play station tutto questo è reale, non mediato da uno schermo. Se poi ci si vuole immergere ancora di più nel micro mondo cosa c’è di meglio che proporre ai bambini (ma anche agli adulti, perché no?) di rimpicciolirsi come novelli Lillipuziani? Come? Beh, è semplice. Basta armarsi di una lente, chi non l’ha fatto? Una lente che può essere usata in vari modi, però. Uno di questi è quello canonico, alla Sherlock Holmes, per intenderci. Lente in mano e via alla ricerca di indizi: chi avrà lasciato questa traccia di alimentazione? Qui c’è una ghianda con un buco: sarà stato il ghiro? Il picchio? O un piccolo insetto alla ricerca di un nido dove deporre le uova? Cos’è quel carro armato dai riflessi verdi cangianti che si arrampica sul tronco? Ma è un maggiolino, ovviamente! “Ecco un insetto da record: avrà almeno 1000 piedi?”, esclama un bambino. “E’ davvero bellissimo”, risponde un naturalista, “ma attento a non offenderlo: lo hai chiamato insetto! lo sai che gli insetti hanno al massimo sei zampe? Quello che se ne sta raggomitolato sul tuo palmo è un invertebrato che appartiene alla famiglia dei miriapodi, ed è utilissimo all’ecosistema poiché sminuzza le foglie in piccoli pezzettini facilitando il compito dei batteri e dei funghi, che decompongono la materia…”. Già, perché avventurarsi nel micro mondo significa anche apprendere nozioni che, se toccate con mano, non sono più mere astrazioni, ma vita reale, connessioni tra esseri viventi, legami invisibili che appaiono all’improvviso chiari e quasi palpabili. Se poi ci si vuole immergere completamente in un mondo nuovo e ricco di emozioni, la lente può essere usata anche in un altro modo: provate ad avvicinarla al vostro occhio, tanto vicino da far sì che occupi interamente il vostro campo visivo. Tenendo l’altro occhio chiuso ciò che vi circonda apparirà completamente sfuocato. E’ come inforcare occhiali troppo potenti, un senso di nausea e di mal di testa comincerà ad assalirvi, ma non scoraggiatevi. Se ci avviciniamo abbastanza al micro mondo con la lente attaccata all’oc- CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche 33 chio, allora tutto cambierà. Provate a distendervi in un prato e osservare il mondo così. Tutto ciò che vedrete apparirà improvvisamente chiaro, nitido… ed enorme e voi vi sentirete come insetti alla scoperta di un territorio inesplorato. Gli steli delle margherite appariranno tronchi di strane palme dalle foglie bianche, un piccolo buco nel terreno sarà l’antro di qualche animale misterioso, una formica apparirà come un mostro uscito da un film di fantascienza. Ecco un ragnetto che vi osserva da sotto una foglia di tarassaco. Piccoli peli argentati ricoprono le sue otto zampette (attenti, anche lui non è un insetto, ma un aracnide!). Ora qualcosa avanza tra le piantine del sottobosco! Dapprima è una figura vaga, è ancora sfuocata vista nella lente. “Per tutti i fossili!!! Un dinosauro si avvicina a passo deciso verso di me!!!”, esclama una bambina. No, niente paura. E’ soltanto una splendida salamandra pezzata a caccia di insetti e vermi, di cui è molto ghiotta. Gli inglesi la chiamano Fire Salamander, poiché una leggenda vuole che essa nasca dalle ceneri ancora ardenti di un fuoco. Un’Araba Fenice nostrana… e altrettanto affascinante, con quel suo incedere flessuoso e con quelle macchie gialle, tutt’altro che un vezzo da primadonna. Esse indicano ai possibili predatori la propria velenosità. Un’arma dissuasiva molto più efficace di aculei, artigli o corazze. Passato questo anfibio dai colori vivaci, proseguiamo il nostro micro cammino: davanti alla lente appaiono due enormi antenne paraboliche rivolte al cielo, forse in ascolto di segnali provenienti dallo spazio. Cosa sono? Semplici funghi semplici? Come se fossero cosa da poco! I funghi sono tra gli organismi più importanti dell’ecosistema: essi decompongono gli esseri morti e donano nuovi nutrienti agli esseri vivi. Ad ognuno di essi dovremmo conferire il premio di fungo riciclone! Che meraviglia viaggiare nel micro mondo, quante cose per cui emozionarsi e quante nozioni da apprendere. Ci auguriamo che la prossima volta che osserverete uno splendido panorama di cime innevate, vi ricorderete delle sorprese che vi attendono proprio accanto ai vostri piedi. Buon micro viaggio! 34 CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche Proposte di lettura - Luigi Capitanio Siamo in piena estate. Tutti noi… chi più chi meno… in questo periodo si concede un breve periodo di riposo. Fra poco si riparte con l’attività venatoria e, noi cacciatori, utilizziamo il nostro tempo libero per riordinare tutto ciò che concerne la caccia. Chi pratica la propria attività al capanno è impegnato nelle operazioni di sfalcio, di sostituzione delle pertiche trasversali e quant’altro, per finire poi con i ritocchi al locale per rendere più confortevole l’attesa dei migratori. Chi poi caccia con il cane, trova in questo periodo di vacanza e di pre-apertura la necessità di perfezionare la propria forma fisica e di rifinire la preparazione del proprio compagno d’avventura. Tutti insomma siamo presi dalla febbre dell’apertura. Consigliare pertanto di impegnare un po’di tempo anche per la lettura….. ci si sente un po’fuori posto…… Durante le ore più calde di questo periodo però, ho trovato modo di rimanere al fresco con una buona bibita e, mi sono ritrovato a leggere un piccolo volume che una ragazza toscana (cacciatrice come pochi!!!) mi ha prestato tempo fa. Il libro, “Oggi i’cignale sa leggere e scrivere” è scritto in modo magistrale da Crista Bertelli, insegnante, laureata in Dialettologia e già impegnata in ricerche di carattere linguistico. L’autore, in questa sua opera, prende in esame esaltando, la caccia al cinghiale sul Pratomagno della valdarno. Traccia con grande attenzione, mettendo in risalto, l’evoluzione dalla nascita alla propria affermazione di tre squadre di cinghialai. In questo suo scritto, analizza per intero la dialettica usata e considerata “vecchia”, pertanto proveniente da una tradizione sedimentata nel tempo, accostandola all’uso di termini tecnici “nuovi”, pertanto presi da altri ambiti per la necessità del mondo venatorio di modernizzare e rendere più funzionale una dialettica legata ad una attività di caccia in via d’espansione. La pubblicazione di quest’opera, va sottolineato, è stata possibile grazie all’iniziativa del Comitato Regionale Toscano dell’UNAVI e del suo presidente. Un punto in più in favore del mondo venatorio dunque, che ne ha compreso il significato ed apprezzato gli intenti della ricerca. Edito da: Centro Editoriale Toscano nel 2002 per Greentime. In vendita nelle migliori librerie o richiedendolo direttamente a “Centro Editoriale Toscano” tel. 055.350.530 Firenze Pagine d’autore - Annibale Facchini La prima edizione de “I racconti della beccaccia “ viene pubblicata nel 1883. Guy de Maupassant descrive le serate di un gruppo di amici cacciatori che si riuniscono per piacevoli banchetti nel castello del Barone des Ravots. In autunno, a fine pasto, una vecchia usanza imponeva ai commensali di lasciare tutte le teste delle beccacce mangiate in un grande piatto. Il barone prendeva poi una delle teste con relativo becco, la trafiggeva con un ago, infilava l’ago su un tappo. Con una serie di stuzzicadenti posati a bilanciere sul collo di una bottiglia formava poi una sorta di roulette che indicava con il becco il fortunato che avrebbe gustato il massimo delle delizie culinarie: le teste delle beccacce riscaldate sulla fiamma di una candela. Finite le teste, per sdebitarsi, il vincitore doveva raccontare una storia per allietare i commensali....... Un gallo cantò La signora Berthe d’Avancelles aveva sino a quel momento respinto tutte le istanze del suo disperato amministratore, il barone Joseph de Croissard. Durante l’inverno, a Parigi, egli l’aveva ardentemente perseguitata, ed ora dava per lei feste e cacce nel suo castello di Carville, in Normandia. Il marito di lei, il sig. d’Avancelles, non vedeva nulla, come il solito. Si diceva vivesse separato dalla moglie, a causa di una debolezza fisica che la signora non gli perdonava. Era un ometto grasso, calvo, dalle braccia e dalle gambe corte, dal collo corto, dal naso corto, corto di tutto insomma. La signora d’Avancelles era invece una giovane alta e bruna, energica, che rideva di una risata sonora in faccia al suo signore, il quale la chiamava in pubblico “signora Popone”; e guardava con una cert’aria provocante e tenera le spalle larghe e il collo robusto, i lunghi baffi biondi del suo titolato spasimante, il barone Joseph de Croissard. Tuttavia non gli aveva ancora concesso nulla. Il barone si rovinava per lei. Erano continue feste, cacce, nuovi svaghi cui egli invitava tutta la nobiltà dei castelli vicini. Tutto il giorno i cani correvano e urlavano per i boschi inseguendo la volpe o il cinghiale, ed ogni sera abbaglianti fuochi d’artificio s’alzavano a unire alle stelle i loro pennacchi di fuoco, mentre le finestre illuminate del salone gettavano sulle vaste aiuole strascichi di luce sui quali si vedevano passare ombre. Era autunno, la stagione fulva. Le foglie volteggiavano sui prati come stormi di uccelli. Si sentivano indugiare nell’aria profumi di terra umida, di terra spoglia, come si sente un odore di carne nuda, quando dopo il ballo una donna lascia cadere l’abito. Una sera, in una di queste feste, alla fine della primavera, la signora d’Avancelles aveva risposto al signor de Croissard che l’aveva tormentata con le sue suppliche: - Se debbo cadere, amico mio, non avverrà prima della caduta delle foglie. Ho troppe cose da fare quest’estate, per averne il tempo. E lui si era ricordato di quella frase scherzosa e ardita; ed ogni giorno spingeva più oltre la corte, e guadagnava terreno nel cuore della bella audace, che non resisteva più, che pareva rsistesse ormai solo per formalità. Doveva aver luogo una grande caccia. E, la vigilia, la signora Berte aveva detto scherzando al barone: - Barone, se ucciderete l’animale, avrò qualcosa da darvi. Sin dall’alba, egli fu in piedi per scoprire ove si fosse rintanato il cinghiale. Accompagnò i suoi battitori, dispose i cavalli per il cambio, organizzò ogni cosa lui stesso per preparare il proprio trionfo; e , quando i corni dettero il segnale della partenza, comparve in un elegante abito da caccia rosso e oro, con i fianchi stretti, il busto ampio, l’occhio radioso, fresco e forte come se si fosse appena levato dal letto. I cacciatori partirono. Il cinghiale, stanato, perse a fuggire, inseguito dai cani urlanti attraverso la macchia; e i cavalli presero a galoppare, portando sugli stretti sentieri del bosco le amazzoni e i cavalieri, mentre, sulle strade molli di umidità, correvano senza rumore le carrozze che accompagnavano da lontano la caccia. La signora d’Avancelles, per malizia, trattenne il barone presso di sé, indugiando, al passo, in un largo viale interminabilmente diritto e lungo, fiancheggiato da quattro file di querce che lo ricoprivano quasi componendo una volta. Fremente d’amore e d’inquietudine, con un orecchio egli ascoltava lo scherzoso chiacchierio della giovane signora, e con l’altro seguiva il suono dei corni e i latrati dei cani che s’allontanavano. - Non mi amate dunque più? – diceva lei. E lui rispondeva: - Come potete dire una cosa simile? Lei riprendeva: - Eppure sembra che la caccia v’interessi più di me. Lui gemeva: - Non avete, forse, ordinato che io stesso abbatta l’animale? E lei aggiungeva, seria: - Ma io lo spero. Dovete ucciderlo davanti a me. Allora lui fremeva sulla sella, spronava il cavallo, che scattava, e perdendo la pazienza: - Ma perdinci, signora! Non sarà mai possibile, se rimaniamo qui! CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche 35 Poi lei gli parlava con tenerezza, posandogli una mano sul braccio, o accarezzando distratta la criniera del suo cavallo. Poi, ridendo, gridava: - Eppure dovete farlo… altrimenti…. Peggio per voi. Voltarono a destra in una stradicciola coperta, e ad un tratto, per evitare un ramo che sbarrava il cammino, ella si chinò su di lui, tanto vicino che egli sentì sul collo il solletico dei capelli di lei. Allora brutalmente l’abbracciò, e posandole i grossi baffi sulla tempia, la baciò con un bacio furioso. Lei non reagì dapprima, rimanendo così sotto quell’appassionata effusione; poi con una mossa brusca voltò la testa, e sia per caso sia per intenzione, le sue piccole labbra incontrarono le labbra di lui, sotto la cascata dei peli biondi. Allora, confusa o presa dal rimorso, elle frustò il fianco del cavallo, che filò via di gran galoppo. Proseguirono così a lungo, senza neppure scambiarsi uno sguardo. Il tumulto della caccia si andava avvicinando; i cespugli parevano fremere, e, scuotendo i cani che gli si attaccavano addosso, passò il cinghiale. Allora in barone, con un’esclamazione di trionfo, gridò: - Chi mi ama mi segua! E scomparve nella macchia, come se la foresta lo avesse inghiottito. Quando arrivò, alcuni minuti dopo, in una radura, la donna vide il barone rialzarsi, infangato, con la giacca strappata, le mani sanguinanti, mentre la bestia distesa a terra aveva il coltello da caccia infitto sino al manico nella groppa. Il pasto dei cani si effettuò alla luce delle torce, in una notte dolce e malinconica. La luna ingialliva la fiamma rossastra delle fiaccole che offuscavano la notte con il loro profumo resinoso. I cani mangiavano le interiora puzzolenti del cinghiale e latravano, e si azzuffavano. E i battitori e i gentiluomini cacciatori, radunati in circolo intorno al cinghiale ucciso suonavano il corno a pieni polmoni, La fanfara passava nella notte chiara sopra i boschi, ripetuta dagli echi che si perdevano nelle valli lontane, destando i cervi irrequieti, le volpi squittenti, disturbando nelle loro scorribande i coniglietti grigi, sull’orlo delle radure. Gli uccelli notturni volavano, spaventati, sopra la muta ansante e agitata. E le donne, intenerite da tutta quella dolcezza e da quella violenza, appoggiandosi leggermente al braccio degli uomini, si allontanavano già per i viali, prima che i cani avessero finito il loro pasto. Illanguidita da quella giornata di fatica e di amore, la signora d’Avancelles disse al barone: - Volete fare un giro nel parco, amico mio? Lui, senza rispondere, tremante e sfinito la trascinò via. E subito si baciarono. Camminavano a passi lenti, sotto i rami quasi spogli che lasciavano filtrare i raggi della luna; e il loro amore, il loro desiderio, il loro bisogno di stringersi erano diventati tanto veementi, che quasi caddero ai piedi di un albero. I corni non suonavano più. I cani sfiniti dormivano nel canile. - Torniamo a casa, - disse la donna. Si avviarono. Poi, quando furono davanti al castello, lei mormorò con voce esile: - Sono tanto stanca, che vado a letto, amico mio. E mentre egli apriva le braccia per un ultimo bacio, lei fuggì, gridando come addio: - No… vado a dormire… chi mi ama mi segua! Un’ora dopo, mentre tutto il castello, immerso nel silenzio, 36 CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche pareva morto, il barone uscì a passi furtivi dalla sua camera, e andò a grattare alla porta dell’amica. Poiché non rispondeva, cercò di aprire. La porta non era chiusa col catenaccio. La donna stava sognando, appoggiata al davanzale della finestra. Egli le si gettò ai ginocchi e glieli baciò perdutamente attraverso la veste da camera. Lei non diceva nulla, e affondava carezzevolmente le dita sottili nei capelli del barone. Poi, all’improvviso, svincolandosi come se avesse preso una grande risoluzione, mormorò audacemente, ma sottovoce: - Torno subito, aspettatemi. E con il dito teso nell’ombra indicava in fondo alla camera la macchia bianca e vaga del letto. Allora, a tentoni, sossopra, con le mani tremanti, egli si spogliò in fretta ed entrò nelle lenzuola fresche. Si distese con delizia, dimenticando quasi l’amica, tanto piacere provava in quella fresca carezza del lino sul corpo stanco per il moto. La donna non tornava, tuttavia, certamente, divertita di farlo aspettare e languire. Lui chiudeva gli occhi, in preda ad uno squisito benessere; e sognava dolcemente, nell’attesa deliziosa della cosa tanto desiderata. Ma a poco a poco le membra gli si intorpidirono, la mente si assopì, i pensieri divennero incerti, vaghi. La grande stanchezza infine lo vinse; si addormentò. Dormì di un sonno pesante, dell’invincibile sonno dei cacciatori estenuati. Dormì sino all’aurora. Ad un tratto, dalla finestra ch’era rimasta socchiusa, un gallo appollaiato su un albero vicino, prese a cantare. Allora, bruscamente, sorpreso del grido sonoro, il barone aprì gli occhi. Sentendo accanto a sé un corpo femminile, e trovandosi in un letto che non riconosceva, sorpreso, non ricordandosi più nulla, balbettò, nell’incertezza del risveglio: - Come? Dove sono? Che c’è? Allora lei, che non aveva dormito, guardando quell’uomo spettinato, con gli cocchi arrossati, le labbra tumide, rispose con il tono altero con il quale soleva parlare al marito: - Non è nulla. È un gallo che canta. Riaddormentatevi, signore, non vi riguarda. …l’uomo, si sa, è nato cacciatore. Cacciatore in tutti i sensi. Alcune volte però la tanto agognata preda sfugge proprio quando sembra già nel carniere. Racconti Il merlo acquaiolo - Romano Pesenti Un merlo? Via, e chi ci crede? Che burloni questi ornitologi! Del merlo gli mancano appunto i più essenziali attributi: quasi non ha coda; non ha gialli né il becco né le zampe; è più grigio che nero; non toccherebbe una ciliegia per tutto l’oro del mondo, e non canta; anzi e forse il più silenzioso degli uccelli. Però è tanto meno volgare e più simpatico del rumoroso suo omonimo. L’avete visto, sui limpidi torrenti delle Alpi, nei siti più nascosti, nelle gole più pittoresche? Non pensavate a lui, ve n’andavate cauti e guardinghi pescando le trote e lì, a un palmo dai vostri piedi, di sotto a un macigno lambìto dall’acqua, eccolo scattar via come una freccia, radendo con volo basso la corrente al centro del torrente, scendere o risalire velocissimo con un volo perfettamente rettilineo. Qualche volta, tu, nel silenzio più assoluto del torrente, tutto concentrato e attento al lancio del cucchiaino o al recupero dello stesso, al suo veloce passaggio hai un sobbalzo di sorpreso, come se un diavoletto improvviso ti volesse giocare un brutto scherzetto. Vola per una cinquantina di metri, si rimette in piedi sopra un sasso e se ne sta fermo, impettito, mostrandovi il suo sparato bianco del sottogola. Sembra guardarvi pescare e non si sa se lo fa per giudicare la vostra tecnica di lancio o per vedere se gli rubate dal torrente una sua preziosa trotella. L’anno scorso, seduto sotto un cespuglio di nocciolo, mentre, per un lancio maldestro e mal calcolato, ero tutto intento a sbrogliare il filo malamente attorcigliato, come una freccia un acquaiolo mi piombò vicino su un sasso del torrente. Non si accorse di me; ristette guardingo per un attimo, poi si tuffò nella pozza e, dopo un’ardita esplorazione subacquea, riemerse a galla più avanti, asciutto e disinvolto, saltellando tranquillo su un sasso sporgente. Così come era comparso, improvvisamente ripartì di scatto, come un missile, con quel suo caratteristico volo rettilineo ed equidistante dalle sponde. Dicono che le sue piume siano leggere e soffici come il piumino di un’oca, ed è forse grazie ciò che nuota e s’immerge senza problemi nell’acqua. Certamente là sotto trova la maggior parte del suo sostentamento ed è per questo che il buon Dio l’ha fatto perfetto subacqueo. Mentre ero concentrato su queste riflessioni zoologiche, all’improvviso un mer1o, e questa volta un merlo vero, starnazzando e chioccolando a squarciagola, rumoroso e sguaiato come sempre, attraversò il mio torrente... e così ripresi a pescare. Tratto da “ROBERTO LEMMI, EMOZIONI DIPINTE”, per gentile concessione dell’Editore Olimpia. Disegno: Stefano Torriani CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche 37 In cucina - Flavio Galizzi ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ALBERGHIERO SAN PELLEGRINO TERME 3° CONCORSO DI CUCINA 2009 Il tema di quest’anno, molto caro sicuramente a tutti i cacciatori della nostra Valle, è stato dedicato al Tordo. Ovviamente ai giovani studenti del terzo anno era stato dato un imput legato alla tradizione bergamasca, ma anche regionale italiana, affinché potessero spaziare con le loro proposte e facessero nello stesso tempo lo sforzo di andare a rivisitare le vecchie ricette tradizionali locali. Per tutti loro è stato assai interessante e stimolante, e le ricette realizzate sono state veramente degne di una cucina tradizionale che si affaccia su un orizzonte nuovo, fatto di stimoli e di ricerca di nuovi abbinamenti, di nuovi sapori, di nuovi modi di presentare un piatto, degni del livello di preparazione che raggiungono gli studenti dell’Istituto Alberghiero di San Pellegrino Terme. Lo scopo del Concorso che da alcuni proponiamo agli studenti dell’IPSSAR è quello di promuovere una cultura gastronomica legata alla tradizione venatoria e al territorio, con uno sguardo aperto alla promozione e al recupero di una gastronomia che tanto cara è stata ai nostri padri, e che merita di essere rivalutata nel suo aspetto culturale e di essere rivisitata in chiave moderna per rappresentare anche per il territorio bergamasco una risorsa in più legata al turismo e alla cultura locale. In vista del passo autunnale del tordo vi proponiamo le quattro ricette che sono risultate vincitrici, in ordine 1° classificato, 2° classificato, 3°/4° classificati ex equo, ringraziando, oltre gli alunni partecipanti, la Preside Prof. Silvana Nespoli, che ci ha ospitati con la classe che contraddistingue la storia dell’Istituto, i professori di cucina che hanno guidato e consigliato gli allievi nelle loro scelte, in particolare il Prof. Carlo calvetti e la Vice Preside, il personale dell’Istituto e gli sponsor, senza i quali queste iniziative troverebbero difficoltà a concretizzarsi. NIDO DI POLENTA CROCCANTE CON JAMBONETE DI TORDO E FUNGHI Davide Perico, di Ponteranica INGREDIENTI per 5 persone 10 tordi 150 gr. di salsiccia 200 ml di panna fresca 70 gr. di burro 70 ml di vino bianco 100 gr. di pancetta 10 gr. di funghi 250 gr. di farina di masis salvia q.b. sale / pepe 38 CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche Procedimento: Pulire e lavare i tordi, asciugarli (se ci sono residui di piume fiammeggiare), dividere le cosce e il petto, privarle della pelle. Bardare le cosce con la pancetta, porle in un rondò (padella rotonda con bordi alti) con burro spumeggiante e salvia, far rosolare, sfumare con vino bianco, aggiungere la panna, la salsiccia sgrassata e ultimare la cottura con brodo per circa 30 minuti. Aprire il petto a libro, mettere la salsiccia e una foglia di salvia, arrotolare con carta pellicola, cuocere a vapore a 100° per 15 minuti circa. A parte preparare i funghi porcini lavati e tagliati a listarelle nel senso della lunghezza, farli saltare con una noce di burro e uno spicchio d’aglio, una manciata di prezzemolo tritato e un filo di panna. Per il nido di polenta croccante, preparare la polenta e una volta cotta lasciarla raffreddare e passarla allo schiaccia patate direttamente sulla placca da forno e infornare a secco a 200° per circa 7 mimuti, tenendola osservata. Presentazione: Mettere al centro del piatto il nido con all’interno qualche porcino e le cosce, al suo fianco il petto scaloppato e nappato con la salsa di cottura. Guarnire con prezzemolo riccio e riccioli di pancetta croccante. Servire ben caldo. TORDI DELL’ORTO CARDUCCIANO Roberto Perico, di Presezzo INGREDIENTI per 4 persone Per i tordi 8 tordi 200 gr. di burro 100 gr. di pancetta 15 foglie di salvia Brandy per fiammeggiare Per il risotto 8 manciate di riso Carnaroli brodo, olio, cipolla, grana e sale q. b. 1 bicchiere di Valcalepio 1 mela renetta 1 frutto di melograno succo di melograno Procedimento: Asciugare i tordi puliti e lavati con un panno asciutto. Prendere la pancetta, la salvia e i tordi ed infilzarli in uno stecco fino a 4 per spiedino. In un rondò sciogliere il burro e far prendere colore ai tordi, fiammeggiare con il brandy e lasciare i tordi a bagno nel burro a fiamma bassa. Preparare il riso rosolandolo con olio e cipolla tritata, bagnare con il vino e farlo evaporare. Una volta rosolato aggiungere il brodo, la mela renetta sbucciata e grattugiata grossolanamente, farla sciogliere e quando è pronto mantecare con il burro di cottura dei tordi e poco formaggio grana. Una volta mantecato aggiungere il semi del melograno e il succo. Servire con due tordi sopra e bagnare con del burro sciolto. TORDI ALLA PANNA CON RIPIENO DI SALSICCIA E CASTAGNE Lorenzo Locatelli, di Stabello, Zogno INGREDIENTI per 5 persone 10 tordi 500 gr. di castagne 100 gr. di pancetta Procedimento: 100 gr. di salciccia 1 mela 50 ml. di grappa 500 ml. di panna 50 gr. di burro 200 gr. di parmigiano grattugiato 1 uovo sale, pepe e noce moscata q.b. 3 foglie di alloro 800 gr. di patate Si prepara prima il ripieno: sbollentare le castagne per pochi minuti, unire alla salciccia rosolata e legare il tutto con un uovo, formaggio grattugiato e condire. Se necessario, per ammorbidire, aggiungere della panna. Riempire i tordi e avvolgerli molto bene nella pancetta, se necessario fermare le gambe con uno stuzzicadenti per evitare che il ripieno fuoriesca durante la cottura. Tenere il sugo di cottura allungato con la panna. Cuocere in un rondò ampio a fuoco medio per circa 15/20 minuti; durante la cottura aggiungere una mela a pezzettini e innaffiare con la grappa, facendo ben attenzione di farla evaporare. Nel frattempo preparare le patate “paglia” tagliandole a listarelle molto sottili e friggerle, così che nella presentazione facciano sia da contorno, sia da guarnizione formando al centro del piatto un nido dentro il quale presentare i tordi; bagnare con la salsa alla panna. TORDI CON FUNGHI E CREMA DI ASPARAGI Cristofer Pellegrinelli, di Barzana INGREDIENTI per 5 persone 10 tordi 400 gr. di asparagi 400 gr. di funghi porcini 2 dl. di panna fresca 50 gr. di cipolla 100 gr. di sedano 100 gr. di carote 2 spicchi di aglio Sale, pepe e noce moscata q.b. Procedimento: Si cuociono gli asparagi a vapore, si tolgono e si frullano con la panna, si aggiustano di sapore con sale, pepe e noce moscata. A parte si prepara un fondo con olio, sedano, carote, cipolle e aglio. Si mettono i tordi e si fanno saltare fino a cottura ultimata. Si puliscono i funghi e si tagliano a lamelle; si cuociono in padella aggiungendo poi la panna. Si compone il piatto disponendo i tordi e i funghi, guarnendo con la crema di asparagi. CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche 39 Avvenimenti e iniziative - Angelo Bonzi Ripristini ambientali Il termine ripristino ambientale, se scomposto singolarmente, sembrerebbe evocare il recupero di qualcosa legato alla natura, o all’ambiente danneggiato da un qualche cosa che ne abbia compromesso le caratteristiche originali. In molte realtà invece il lavoro dell’uomo si rende necessario per permettere all’uomo stesso di convivere in modo coerente con la natura stessa, e senza interagire troppo profondamente di trarne dei vantaggi sociali, culturali, e in molte realtà anche economici, da un contesto nel quale siamo all’apice della catena biologica. Ho utilizzato questa premessa per introdurre il lettore su un argomento che di solito utilizzano i cosiddetti ecologisti per pubblicizzare le loro campagne elettorali ma che in realtà, se non vi è un’adeguata remunerazione, si propongono gratuitamente solo cacciatori, pescatori, alpini, o qualche ente benefico per svolgere un lavoro duro ma socialmente utile. Ritengo giusto gratificare pubblicamente, tramite il nostro giornale, i cacciatori del C.A. Valle Brembana che durante l’anno si impegnano a mantenere sfalciati, decespugliati e ripristinati, anche con interventi di notevoli portata, i nostri sentieri, dei quali poi ne fanno utilizzo tutti: residenti, villeggianti e quant’altri desiderosi di visitare i nostri bellissimi luoghi. Ricordo inoltre che il C.A. mette a disposizione un fondo apposito da utilizzare per questo fine, pertanto presentando una adeguata documentazione che dimostri l’utilità dell’intervento si può usufruire di un contributo economico per finanziare una parte dell’opera. Noi cacciatori, ma in ugual modo tutti i nostri valligiani, siamo particolarmente schivi nel documentare attraverso i sistemi di informazio- 40 CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche ne queste nostre iniziative. Ritengo questo una grossa lacuna, che ci penalizza in termini di visibilità, e non valorizza in modo adeguato il cacciatore come amante della natura. Sono anche convinto che per costruire un progetto vincente si debbano coinvolgere le nuove generazioni, magari attraverso un percorso di ricerca e di sviluppo nelle le scuole, affinché si faciliti la crescita e la consapevolezza civile e culturale dei ragazzi su queste problematiche. Medagliere Valle Brembana: si è conclusa con successo anche la 14ªedizione - G.B. Gozzi IL SETTER BERRY VINCE E CONFERMA IL SUCCESSO DEL 2008 Lo scorso 12 luglio, a Blello ha avuto luogo la 5^ ed ultima prova del Medagliere Valle Brembana edizione 2009, organizzata, con il solito impegno dalla sezione A.N.N.U. di Gerosa, il vincitore di giornata è stato l’ eccellente setter inglese Tartalky’s Guil, di proprietà di Tironi Antonello e condotto da Mazzoleni Mauro. Anche per l’ edizione appena conclusa, gli organizzatori non possono che essere soddisfatti del buon esito della manifestazione, che rappresenta da sempre una valida occasione di confronto tra gli appassionati cinofili della provincia e non solo. Come il buon vino, invecchiando anche il Medagliere migliora sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Infatti nonostante le varie competizioni che spesso si sovrappongono e la crisi economica che in qualche misura frena la partecipazione, tutte le prove hanno dimostrato una buona partecipazione numerica ed anche dal punto di vista della qualità dei soggetti presentati ogni anno si evidenziano soggetti in crescita e meritevoli di grande attenzione. L’edizione 2009, si è sviluppata come detto su 5 prove organizzate dalle Associazioni venatorie presenti sul territori, ed ha visto vincitore finale del torneo il setter Berry di Fiorona Roberto di San Giovanni Bianco con punti 52, bissando così il successo ottenuto nell’ edizione del 2008, al secondo posto il setter BLU di Mosca Fausto di San Giovanni Bianco con punti 26, al terzo il setter Sky sempre di Fiorona Roberto con punti 22, al quarto posto Tartalky’s Guil di Tironi Antonello di Peja con punti 22 (da regolamento per la classifica finale, a parità di punteggio, avanza il cane più giovane) ed in fine al quinto la setter femmina Onda di Vitali Eugenio di Taleggio. La manifestazione ha come finalità, attraverso il lavoro dei selezionatori/conduttori e degli esperti giudici, la selezio- ne zootecnica del cane da ferma che nei sette minuti di durata del turno di gara deve dimostrare la propria capacità nel reperire il selvatico, all’uopo liberato, manifestando nel contempo le caratteristiche proprie della razza di appartenenza. Valore aggiunto della manifestazione non essendo previsto l’abbattimento della selvaggina liberata è l’incremento faunistico sul territorio. CLASSIFICA FINALE MEDAGLIERE BERRY STM DI FIORONA ROBERTO PUNTI 52 BLU STM DI MOSCA FAUSTO PUNTI 26 SKY STM DI FIORONA ROBERTO PUNTI 22 TARTALKY’S GUIL DI TIRONI ANTONELLO PUNTI 22 ONDA STF DI VITALI EUGENIO PUNTI 20 CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche Mercoledì 7 Ottobre Dott. Bruno Bassano Medico Veterinario Responsabile Servizio sanitario e Ricerca scientifica Parco Nazionale Gran Paradiso “Effetti climatici e ambientali sulla popolazione di stambecco del Parco Nazionale Gran Paradiso” Moderatore Prof. Paolo Lanfranchi Lo stambecco delle Alpi rappresenta un modello di grande interesse per lo studio degli effetti dei cambi climatici a livello alpino. La sua biologia e Life History suggeriscono l’ipotesi di una specie relegata “a forza” sulle Alpi e quindi particolarmente sensibile agli effetti della neve e del clima. L’altezza della neve condiziona la dinamica di popolazione di questa specie, e ne condiziona gli spostamenti durante la stagione degli amori e alcuni effetti del riscaldamento globale potrebbero essere la causa dell’attuale declino di alcune popolazioni dell’arco alpino. Mercoledì 14 Ottobre Dott. Luca Pellicioli Medico Veterinario Università degli Studi di Milano “Esperienze di ricerca scientifica applicata a popolazioni di ungulati selvatici alpini: il modello delle Alpi Orobie” Moderatore Dott.ssa Alessandra Gaffuri Il notevole incremento demografico di ungulati selvatici avvenuto negli ultimi decenni sulle Alpi Orobie ha portato alla nascita di nuove ed emergenti problematiche, anche di ordine sanitario, legate alla corretta gestione della fauna selvatica. In questi anni, attraverso l’attivazione e la realizzazione di piani di monitoraggio sanitario ed attività di ricerca scientifica è stato possibile approfondire gli aspetti sanitari, metabolici e parassitologici della popolazione di ruminanti selvatici presenti sul territorio orobico e sviluppare idonee misure di conservazione del patrimonio faunistico. 42 CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche COMPRENSORIO VENATORIO ALPINO VALLE BREMBANA: Enrico Bonzi – Presidente Lino E. Ceruti - Rappresentante Provincia Pietro Milesi – Rappresentante Comunità Montana Angelo Bonzi – Rappresentante CPA/ANLC Teofano Boffelli – Rappresentante ANUU Giuseppe Bonomi – Rappresentante F.I.D.CCarlo Milesi – Rappresentante F.I.D.CAthos Curti – Gruppo Cinofilo Bergamasco Giovanni Morali – Rappresentante C.A.I. Bruno Calvi – Rappresentante C.A.I. Antonio Locatelli – Rappresentante Coldiretti Sperandio Colombo - Rappresentante Coldiretti COMMISSIONI: Avifauna tipica alpina: Presidente sig. Piergiacomo Oberti Ungulati: Presidente sig.Gian Antonio Bonetti Lepre: sig. Midali Cristian Capanno: sig. Umberto Arioli Stanziale ripopolabile: sig.Luigi Poleni SEDE: Lenna (BG) – Piazza IV Novembre, 10– tel./fax 034582565 www.comprensorioalpinovb.it - e-mail : [email protected] Segretaria : Alba Rossi Orari di apertura: Mercoledì, Giovedì e Venerdì: dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 16.30 - Sabato dalle 9.00 alle 12.30 ASSESSORATO PROVINCIALE SETTORE CACCIA E PESCA Via San Giorgio – tel. 035387700 Assessore Sett. Caccia e Pesca – Luigi Pisoni Ufficio Tecnico Caccia e Pesca Dirigente – Alberto Cigliano Collaboratori tecnico faunistici – Giacomo Moroni – Alberto Testa Servizio di Vigilanza Provinciale Responsabile – Gian Battista Albani Rocchetti Collaboratori – Bruno Boffelli, Cristiano Baroni SERVIZI DI PUBBLICA UTILITÀ Pronto Soccorso Sanitario Ospedale Civile S. Giovanni B.: Tel. 034527111 Centro antiveleni – Ospedali Riuniti di Bergamo: Tel 035269469 (Tel 118) Soccorso Alpino CAI – Elisoccorso: Clusone: Tel. 034623123 Pronto Soccorso Veterinario – BG Via Corridoni 91 - Tel. 035362919 Corpo Polizia Provinciale: numero verde 800350035 Emergenza Sanitaria; Tel. 118 Vigili del fuoco: Tel 115 CACCIAINVALBREMBANA 43