Periodico di cultura venatoria e gestione faunistico-ambientale del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana - Poste italiane S.p.A spedizione in A.P. - 70% - DCB Bergamo - Cod. ISSN 1723-5758 - contiene IP
Soccorso alla fauna
in difficoltà
Bilancio della gestione
venatoria nel C.A.
Valle Brembana 2008
Il bosco: imputato numero
uno nella diminuzione dei
selvatici?
Agosto 2009
Anno XIII - n. 37
I capanni e le misure di
conservazione dei siti di
Rete Natura 2000
Etica venatoria e
responsabilità
Risultati delle analisi
della fauna selvatica in
provincia di Bergamo
Agosto 2009
Sommario
L’editoriale
Enrico Bonzi
3
ATTUALITÀ
Il nuovo Assessore Provinciale
alla caccia, pesca e sport
4
Risultati delle analisi svolte
nell’ambito del controllo
sanitario della fauna selvatica in
provincia di Bergamo
Dr. Franco Paterlini - Dr.ssa Alessandra
Gaffuri
24
COMMISSIONI
Tipica Alpina
Direttore responsabile: Enrico Bonzi
Coordinatore: Flavio Galizzi
Redazione:
Flavio Galizzi, Lino E. Ceruti, Giambattista Gozzi, Luigi
Capitanio, Piergiacomo Oberti
Piergiacomo Oberti
Hanno collaborato:
Tiziano Ambrosi, Umberto Arioli, Gianantonio Bonetti,
Angelo Bonzi, Luigi Capitanio, Lino E. Ceruti, Annibale
Facchini, Sergio Facchini, Flavio Galizzi, Gianbattista
Gozzi, Alessandra Gaffuri, Cristian Midali, Piergiacomo
Oberti, Stefania Pendezza, Romano Pesenti, Luigi Poleni,
GianBattista Vitali
Angelo Bonzi Direzione e redazione
Lenna (Bg) - Piazza IV Novembre, 10
Tel. e Fax 0345/82565
www.comprensorioalpinovb.it
e-mail comprensorio: [email protected]
Impaginazione e stampa:
Diliddo Grafica&Stampa, San Pellegrino Terme
Editore:
Comprensorio Venatorio Alpino
Valle Brembana
Registrazione presso il Tribunale di Bergamo, n° 29/97
del 22/07/97
Rivista dei Soci del Comprensorio Venatorio Alpino Valle
Brembana
5
Ungulati
Gianantonio Bonetti Capanno
6
6
Lepre
Cristian Midali
Ripopolabile
Luigi Poleni
6
8
Bilancio della gestione venatoria
degli ungulati selvatici nel C.A.
Valle Brembana S.V. 2008
9
Il bosco: imputato numero uno
nella diminuzione dei selvatici?
Luigi Capitanio
16
Sergio Facchini
Educazione Faunistica
Stefania Pendezza
28
30
33
Proposte di lettura
Luigi Capitanio
34
Pagine d’Autore
Annibale Facchini
Racconti
Flavio Galizzi
Avvenimenti e iniziative
A. Bonzi - G.B. Gozzi
L’attività venatoria da
appostamento fisso e le misure
di conservazione dei siti di Rete
Natura 2000 (SIC e ZPS)
Dr. Giovambattista Vitali
19
Etica venatoria e responsabilità
Flavio Galizzi
CACCIAINVALBREMBANA
26
35
37
In cucina
Foto:
Andrea Galizzi, Flavio Galizzi, Archivio Di Liddo, Archivio
Provincia, www.valbrembanaweb.it
2
Armi e balistica
Romano Pesenti
La rivista si avvale della collaborazione di tutti i Soci,
con scritti e materiale grafico fotografico, senza impegni
da parte della Redazione, che si riserva di vagliare ed
eventualmente modificare quanto pervenuto, e tratterrà
il materiale nel proprio archivio. La riproduzione anche
parziale è vietata, salvo il consenso degli autori e del
Comitato di Gestione
Foto copertina:
A. Galizzi
Foto retro copertina:
F. Galizzi, Primula veris
Appunti di biologia animale
Tiziano Ambrosi
Soccorso alla fauna in difficoltà
Gianantonio Bonetti
G.B. Gozzi
RUBRICHE
7
ARTICOLI
a cura della Redazione
Sarà l’anno delle cesene?
22
38
40
S
iamo ormai alla fine del mandato del C.T.G.; spero che qualcosa di
positivo sia stato fatto in questi 5 anni. Da parte nostra l’impegno è
stato sicuramente molto…
Ringrazio tutti i Soci collaboratori che mi sono stati vicini con sincerità per la gestione del nostro Comprensorio.
Un ringraziamento particolare va ai collaboratori che hanno contribuito alla ristrutturazione della
sede, una realizzazione molto importante e qualificante di questi anni, e a coloro che annualmente contribuiscono al funzionamento della stessa.
Ringrazio anche l’Assessorato provinciale Caccia e Pesca, nella persona dell’Ass. Luigi Pisoni,
per la fattiva collaborazione.
Un augurio sentito, infine, a tutti i Cacciatori, affinché nella imminente stagione venatoria, trascorrendo sulle nostre montagne piacevoli giornate immersi nella natura, possano trovare motivi
di grande soddisfazione.
Il Presidente
del Comprensorio
Enrico Bonzi
Attualità
Il nuovo Assessore Provinciale
alla caccia, pesca e sport
Carissimi lettori,
spettabile Redazione,
mi accingo, in questi mesi estivi,
ad intraprendere un’impegnativa tappa della mia vita politicoamministrativa al servizio di un
settore che, ben comprendo, essere
delicato e nel contempo, di importante rilevanza sociale e culturale.
Credo che la prefazione programmatica del Presidente della
Provincia Ettore Pirovano, che vi
porge i suoi saluti ed i migliori auguri, sia molto esaustiva .
“I cacciatori non sono solo uomini col fucile, ma persone profondamente innamorate della storia
delle tradizioni e della cultura
del proprio territorio e, in quanto
tali, depositari e custodi del bene
comune che deve essere trasmesso
alle nuove generazioni”.
In questa frase, profondamente
rispettosa dei cacciatori ma anche
del territorio e delle tradizioni,
ben si comprende quale grande
responsabilità venga affidata a voi
tutti.
Non essendo cacciatore entro nel
vostro universo, con profondo rispetto ed estrema attenzione, ben
conscio che molto dovrò apprendere e che non vi è apprendimento
senza ascolto.
Vi assicuro, quindi, la massima
disponibilità, che già, spero, abbiate avuto modo di verificare e,
contestualmente, anche la massima sincerità e coerenza.
La ricerca di una equilibrata armonia tra l’esercizio dell’arte venatoria e l’ecosistema ambientale
non può prescindere dalla chiarezza degli intenti e dalla reciproca
lealtà.
Ho assunto l’impegno di valorizzare, promuovere e proteggere la
caccia ben comprendendo che essa
rappresenta anche una parte importante della nostra storia, anzi
della storia dell’uomo, delle nostre
tradizioni e della nostra cultura.
4
CACCIAINVALBREMBANA
Non posso, però, prescindere dal
vostro prezioso aiuto e dalla vostra
collaborazione.
Tocca a voi , per primi, credere in
questo obiettivo ben convinti che,
per raggiungerlo insieme, sarà necessaria una approfondita analisi
dell’attuale situazione.
Dalla volontà comune di confrontarsi nascerà: da parte mia la
disponibilità a rivedere alcune
eventuali scelte operative, a volte non condivise; da parte vostra
l’impegno nella ricerca di una
maggiore unità e di una più forte
volontà nel trasmettere l’amore e
la passione per la caccia e per l’ambiente alle giovani generazioni.
Dall’unità, dalla collaborazione
reciproca e dal confronto leale con
tutti i soggetti interessati scaturiranno i frutti positivi necessari alla
valorizzazione e promozione dell’”
Arte della caccia”.
Augurando in bocca al lupo per
la prossima stagione venatoria invio auguri di serenità.
Alessandro Cottini
Le Commissioni
Commissione
Tipica Alpina
Domenica 16 Agosto prende il via
la sessione estiva dei Censimenti
dell’Avifauna Tipica Alpina, come
stabilito dalla Direttiva Tecnica per
l’attuazione dei Censimenti faunistici approvata con D.G.P. n° 145 del
29/03/07.
Le modalità in essa contenute ricalcano in buona parte quelle degli
scorsi anni:
- Conteggio a vista, con l’ausilio di
cani da ferma, di Coturnici, Galli
Forcelli e Pernici Bianche dalla 3°
Domenica di Agosto, alla 2° Domenica di Settembre.
- Alle operazioni con i cani da ferma
possono accedere coloro che hanno optato per la forma di caccia
“Avifauna Tipica Alpina” nell’anno precedente, e altro personale
volontario, con qualificata esperienza faunistica e cinofila, autorizzato dal Comitato di Gestione e
socio del Comprensorio.
- I cani da ferma devono essere di
età superiore ai 2 anni, e non più
di 2 per operatore.
- Le uscite potranno svolgersi solo
con un numero minimo di 3 operatori.
- Il censimento viene effettuato in
aree predestinate (Aree Campione)
localizzate sia in territorio a Caccia
Programmata, che in zone di tutela e cartografate in scala 1:25’000.
- Dovrà essere data priorità ai cen-
simenti a Caccia Programmata,
in quanto ai fini della “stima”
delle popolazioni censite, su
cui si baserà il Piano di Prelievo, verranno considerati esclusivamente i dati rilevati nei territori a Caccia Programmata.
L’Amministrazione
Provinciale
con sua comunicazione del 22 Luglio, ha ribadito che, per la determinazione dell’eventuale piano di
prelievo si atterrà integralmente a
quanto previsto nel documento tecnico predisposto dall’ I.N.F.S. (oggi
I.S.P.R.A.).
Questo documento, meglio conosciuto come “CRITERI ORIENTATIVI PER LA DETERMINAZIONE DEL PRELIEVO SOSTENIBILE
DELLE POPOLAZIONI DI GALLO
FORCELLO E COTURNICE NEI
COMPRENSORI ALPINI”, datato
02/02/07, riprende criteri e concetti su:
- Individuazione ed estensione delle Aree Campione da sottoporre a
monitoraggio.
- Modalità di esecuzione dei Censimenti Primaverili.
- Modalità di esecuzione monitoraggio estivo con cani da ferma .
- Elaborazione dati.
- Analisi dei carnieri.
- Formulazione dei Piani di Prelievo.
Si ricorda che nel nostro comprensorio queste direttive vengono
adottate da almeno un decennio,
secondo la strategia gestionale,e gli
insegnamenti emersi e condivisi dal
“Progetto Galliformi Alpini della
Valle Brembana”.
Da un’attenta valutazione dei due
documenti (Delibera Provinciale e
Criteri Orientativi I.S.P.R.A.) la commissione ha individuato alcuni punti
che divergono in modo sostanziale e
contraddittorio, in particolare non si
concorda nell’escludere, ai fini della
predisposizione del Piano di Prelievo, le consistenze rilevate nelle zone
di tutela, e affiancare al dato certo
del censito/avvistato il parametro
dello “stimato”.
Su questi argomenti, tecnicamente
incomprensibili, la commissione ha
espresso le sue perplessità anche al
referente tecnico faunistico del comprensorio, che per inciso, oltre ad
aver dimostrato disponibilità dovrà
stilare una relazione al termine dei
censimenti.
In quella sede è stata anche evidenziata e motivata la non condivisione
di mantenere 3 giorni fissi per caccia alla tipica e il prelievo di un solo
capo per cacciatore, in alternativa a
quanto finora adottato e condiviso
di 3 capi con chiusura al raggiungimento del Piano.
Sinceramente non si comprende
dove si vuole arrivare con l’introdurre ulteriori divieti, limitazioni e paletti vari verso una forma di caccia
già ridotta al lumicino, che seppure
ridotta ai minimi termini ha comunque trovato un suo equilibrio.
Concludo invitando tutti gli addetti ad un maggiore impegno nelle
operazioni di censimento.
Il Presidente
Piergiacomo Oberti
CACCIAINVALBREMBANA
5
Le Commissioni
Commissione
Ungulati
Commissione
Capanno
L’impegno della Commissione Ungulati, in questo periodo, è
stato tutto rivolto al recepimento
delle direttive ISPRA in materia di
censimenti e di preparazione dei
piani di prelievo. Direttive, quelle
dell’ISPRA, non sempre facili da
applicare e non scevre di sacrifici
sotto il profilo numerico dei prelievi.
Sarà, a tal proposito, indispensabile un aumento percentuale di territorio da censire per la specie capriolo in modo d’adeguarle almeno
al minimo richiesto del 30% in tutti
i settori, considerando anche che il
calcolo del prelevabile sarà rapportato al “minimo certo” è cioè al reale contato. La tipologia stessa dei
censimenti dovrà essere stravolta
anche se la sua applicazione ed
attuazione risulterà estremamente
difficoltosa.
Particolarmente importante è stato, e sarà, sotto questo aspetto, il
lavoro del tecnico faunistico Dott.
Claudio Cesaris.
Essendo ormai giunti al termine del nostro mandato, corre l’obbligo di ringraziare il C.T.G. ed il
suo presidente Enrico Bonzi, tutti
i componenti della Commissione
Ungulati, quanti hanno prestato la
loro preziosa e fattiva opera in questi 5 anni venatori ed i cacciatori
tutti!
Grazie davvero!
Un particolare Waidmannsheil
per la prossima stagione!
Nonostante siamo a fine mandato, la commissione migratoristi del
nostro comprensorio, con grande
impegno, ha pianificato e quindi
reso operative tutte quelle funzioni
che si rendono necessarie affinché la
stagione venatoria si apra serena e
con i migliori auspici .
Come concordato durante l’assemblea di settore, abbiamo predisposto le liste per la distribuzione
dei presicci.
Sarò ripetitivo, ma vi invito a controllare i vostri recapiti telefonici
all’interno di tutte quattro le specie,
perché in alcuni casi abbiamo verificato numeri telefonici discordanti.
Vi inviterei anche, qualora alcuni
di voi per motivi diversi non fossero
più titolati ad avere diritto al ritiro
dei presicci, di informare la nostra
segretaria in modo che i loro nominativi possano essere rimossi da tale
elenco.
Questa operazione, se eseguita
singolarmente, è di una semplicità
estrema, ma necessita di un lavoro
supplementare e dispendioso se più
soci non si attengono a queste disposizioni.
Proprio mentre sto scrivendo questo articolo stiamo preparando la
seconda edizione della sagra venatoria estiva per uccelli da richiamo,
che quest’anno si svolgerà nel comune di Lenna.
Non entro nei particolari perché
certamente la redazione nel prossimo numero di caccia in Val Brembana, quando avremo a disposizione
tutto il materiale fotografico, come
già avvenuto per la passata edizione, ci onorerà di uno spazio maggiore.
Il Presidente
Gianantonio Bonetti
Commissione
Lepre
La Redazione si scusa per l’errore involontario diffuso nella comunicazione
del numero passato della rivista.
6
CACCIAINVALBREMBANA
La Commissione aveva proposto
di spostare la data di apertura dal
20 al 27 Settembre, e non al 1° ottobre
come erroneamente risulta scritto.
Come dalla lettura del Calendario
2009 la proposta risulta accolta.
L’apertura alla lepre infatti, per il
Stiamo seguendo con attenzione e
trepidazione i vari eventi legislativi,
che in questo periodo stanno caratterizzando il mondo venatorio, e mi
riferisco alla modifica della 157/92
(legge nazionale sulla caccia), alla
votazione in Regione Lombardia
della legge sulle deroghe e sui roccoli, e per ultimo, ma non certo per
importanza, l’evolversi della situazione inerente le Z.P.S., che purtroppo ricoprono più del 50% del nostro
Comprensorio.
Siamo fiduciosi negli uomini e
nelle istituzioni che ci rappresentano, tuttavia credo che dobbiamo
superare quelle divisioni interne al
mondo venatorio che da anni ci trasciniamo, e che pensiamo di risolvere schierandosi con gruppi politici
di diversi colori.
Le scelte delle associazioni venatorie devono essere impostate su basi
scientifiche e tecniche, impostando una caccia moderna, legata alle
tradizioni, all’etica, all’agricoltura e
alla conservazione dell’ambiente.
Credo che tutti insieme, ognuno
con il proprio piccolo contributo, se
motivato da quella passione e quella
caparbietà che in molti ci invidiano,
abbiamo la possibilità di contribuire
affinché si pongano le basi perché
anche le generazioni future abbiano
l’opportunità di vivere questa nostra meravigliosa passione.
Vi terremo informati dell’evolversi
di questi eventi attraverso i rappresentanti del C.A. e delle associazioni
venatorie, non mancheremo di segnalare tempestivamente eventuali
esiti positivi qualora ve ne fossero.
Auguro a tutti un in bocca al lupo
per la prossima apertura della stagione venatoria
Il Presidente
Angelo Bonzi
CVA Valle Brembana, sarà il 27 Settembre.
Di seguito vi comunico il piano
di immissione lepri effettuato nel
corso dell’anno, ringrazuiando tutti
coloro che si impegnano per il buon
esito, e augurando a tutti voi una
fruttuosa stagione venatoria.
Le Commissioni
Tabella ripopolamento lepri 2009
COMPRENSORIO ALPINO VALLE BREMBANA
COMUNE
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
AVERARA
BRANZI
CAMERATA
CARONA
CASSIGLIO
CORNALBA
CUSIO
DOSSENA
FOPPOLO
ISOLA DI FONDRA
LENNA
MEZZOLDO
MOIO DE CALVI
OLMO AL BREMBO
OLTRE IL COLLE
TOT.
ADDETTI AL LANCIO
4
0
2
4
0
6
6
8
6
0
0
4
2
2
10
BOTTAGISI PRIMO
COMUNE
ZILIATI GIUSEPPE
OBERTI G.PIETRO
BIANCHI GIUSEPPE
MANGANONI GIACOMO
ALCAINI DARIO
MIDALI CRISTIAN
LAZZARINI OTTAVIO
ORNICA
PIAZZA BREMBANA
PIAZZATORRE
PIAZZOLO
RONCOBELLO
SANTA BRIGIDA
S. GIOVANNI BIANCO
SERINA
TALEGGIO
VALNEGRA
VALLEVE
4
0
6
0
2
2
2
10
16
0
4
27
VALTORTA
4
28
EGMAN WALTER
CAVAGNA GIACOMO
TOT.
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
VEDESETA
12
TOTALE
ADDETTI AL LANCIO
TASSI SILVIO
ARIOLI FRANCO
TASSI SILVIO
BOTTAGISI PRIMO
PANINFORNI WALTER
CAVAGNA GIACOMO
MILESI PIETRO
MIDALI CRISTIAN
REGAZZONI ALFREDO
REGAZZONI PAOLO
LOCATELLI SERGIO
116
Il Presidente
Cristian Midali
Siamo alla porte dell’apertura della
nuova stagione venatoria che auspichiamo sia proficua di indimenticabili
giornate passate tra i colori ammalianti
dell’autunno. Nell’attesa si concretizzi
Commissione
Ripopolabile
AVERARA*
BRANZI
CAMERATA CORNELLO
CORNALBA
CUSIO*
DOSSENA
ISOLA DI FONDRA
LENNA
MEZZOLDO
MOIO DE CALVI
OLMO AL BREMBO
OLTRE IL COLLE
PIAZZA BREMBANA
PIAZZATORRE
PIAZZOLO
RONCOBELLO
SAN GIOVANNI BIANCO
SANTA BRIGIDA
SERINA
TALEGGIO
VALTORTA*
VEDESETA
1° lancio
08/08/09 h 6,45
la sospirata alba della terza domenica
di settembre, proponiamo di seguito
il calendario delle immissioni della
selvaggina ripopolabile previste per il
periodo agosto-novembre 2009.
2° lancio
19/09/09 h 14,00
3° lancio
03/10/09 h 14,00
4° lancio
07/11/09 h 14,00
starne
fagiani
starne
fagiani
starne
fagiani
starne
fagiani
30
20
20
20
20
20
130
10
10
10
10
40
3
5
18
3
3
25
3
5
3
3
3
15
3
5
5
5
35
5
20
18
3
12
200
3
8
5
3
4
10
7
8
3
4
8
10
10
3
5
5
20
3
15
8
3
5
150
3
5
18
3
3
25
3
5
3
3
3
15
3
5
5
5
35
5
20
18
3
12
200
3
8
5
3
4
10
7
8
3
4
8
10
10
3
5
5
20
3
15
8
3
5
150
5
10
37
5
5
47
5
10
5
5
5
25
5
10
5
10
68
10
43
35
5
15
370
5
15
5
5
7
20
13
16
5
7
16
16
20
5
5
10
30
5
25
15
5
10
260
Riteniamo sia utile ribadire alcune precisazioni: 1) la prima immissione sarà effettuata direttamente dai componenti la commissione ripopolabile
2) si ricorda agli incaricati di presentarsi muniti di adeguate gabbie per il trasposto dei capi assegnati
3) il rispetto degli orari previsti per il ritiro
4) i capi eventualmente non ritirati saranno ridistribuiti sul restante territorio.
Per quanto riguarda le Z.P.S., ci preme ricordare che:
- l’addestramento con il cane è possibile solo a partire dalla seconda domenica di Settembre (anche per i cani di età
inferiore ai 15 mesi).
- l’esercizio venatorio è consentito solo dopo il 01/10/2009
Il Presidente
Luigi Poleni
CACCIAINVALBREMBANA
7
Soccorso alla fauna in difficoltà
S intesi del R apporto sui recuperi della fauna selvatica
da parte del C orpo di P olizia P rovinciale
N ucleo I ttico V enatorio - A nno 2 0 0 8
- A cura della Redazione
In un contesto ambientale provinciale
caratterizzato da un elevato grado di biodiversità, l’opera di rinvenimento e soccorso di specie selvatiche ferite, ammalate
o in difficoltà, svolta dal Corpo di Polizia
Provinciale in collaborazione con i cittadini, risulta essere di grande importanza.
Testimonia la costante crescita del livello di attenzione verso le tematiche
ambientali e la grande sensibilità nei con-
fronti della fauna presente sul nostro territorio.
A riguardo va inoltre sottolineato come,
in relazione alla presenza dell’orso JJ5 sul
nostro territorio, gli interventi e i sopralluoghi per la valutazione e l’accertamento
dei danni causati da questo plantigrado
siano stati numerosi, in particolare riguardo alle greggi, agli apiari e agli altri
animali da allevamento.
Riportiamo, estrapolandolo dal rapporto annuale degli interventi su tutto il
territorio, le tabelle riguardanti la realtà
territoriale del nostro Comprensorio.
Tab. 1: Totale dei recuperi di mammiferi in
provincia di Bergamo
Tab. 2: Totale Caprioli recuperati nel
territorio del nostro Comprensorio(su
un totale provinciale di 166 capi
recuperati in Provincia)
Tab. 3: Totale dei camosci recuperati in
Provincia di Bergamo
Per quanto
riguarda il
recupero di
Stambecchi,
ne sono stati
recuperati 3 nel
territorio del
Comune di Ornica,
su un totale di 6
in Povincia (3 a
Valbondione).
Per quanto
riguarda i
Cervi, su un
totale di 13 in
provincia, 3 sono
stati recuperati
nel nostro
Comprensorio,
a Scalvino, nel
Comune di Lenna.
8
CACCIAINVALBREMBANA
Tab. 4a e 4b: Andamento dei recuperi di caprioli
negli anni per ambiti territoriali.
Bilancio della gestione venatoria
degli ungulati selvatici
nel C.A. Valle Brembana S.V. 2008
C A C C I A D I S E L E Z I O N E : U N A C A C C I A P R O G R A M M ATA C O M E
E L E M E N T O P E R L A C O N S E RVA Z I O N E D E L L A G R O S S A FA U N A A L P I N A
- Gianantonio Bonetti
Presidente Commissione Ungulati C.A.V.B.
CAPRIOLO
La situazione del capriolo nel
nostro comprensorio alpino rispecchia fedelmente la situazione che
sta attraversando negli ultimi anni,
questo cervide sull’intero arco alpino.
Dopo una crescita rapida iniziata
sul finire degli anni 80 che sembrava inarrestabile e che ha avuto il
suo apice con 3984 esemplari stimati nel 2002, è iniziata una para-
bola discendente sino ai 2304 capi
stimati l’anno scorso.
I censimenti del 2008 rispetto al
precedente anno 2007, avevano lasciato sperare in una leggera inversione di tendenza, ma le aspettative
sembrano scontrarsi con gli effetti
di un inverno, quello che ci siamo
lasciati alle spalle particolarmente
nevoso e prolungato, i cui effetti
sulla popolazione di caprioli nei
settori più alti del comprensorio,
non potranno che essere negativi.
La Provincia aveva autorizzato
nel 2008 un prelievo di 177 capi,
che si è concluso con l’abbattimento definitivo di 151 esemplari pari
all’85,31% del Piano d’Abbattimento.
Una percentuale buona, ma che
deve essere letta come frutto di un
maggiore sforzo di caccia, messo in
campo dai 206 cacciatori ammessi.
L’analisi del peso dei capi prelevati mette in luce una diminuzione costante del peso ponderale
CACCIAINVALBREMBANA
9
medio, con particolare riferimento alle femmine di seconda classe
scese ad una media di 15,5 Kg ed
ai Kitz generalmente più gracili
delle medie registrate in passato.
La contrazione numerica delle
popolazioni di caprioli non è imputabile ad una sola causa locale,
come dimostra il trend analogo
sull’intero arco alpino, certamente possono svolgere un ruolo determinante la riduzione e lo scadimento qualitativo delle aree di
pascolo, una situazione sanitaria
dubbia, episodi di randagismo e
10
CACCIAINVALBREMBANA
“forse” un prelievo sommerso.
Come cacciatori auspichiamo
una più attenta valutazione, attraverso i censimenti, della reale ed
effettiva entità della popolazione
di caprioli, un prelievo prudente,
una vigilanza più responsabile da
parte di tutti di questo patrimonio faunistico e, non ultimo, la
promozione d’indagini ambientali e sanitarie per poterci confrontare con altre realtà interessate
alla conservazione e alla gestione
venatoria sostenibile di questo
piccolo insostituibile cervide.
CACCIAINVALBREMBANA
11
CAMOSCIO
Decisamente favorevole la situazione del camoscio nel nostro comprensorio, presente con popolazione
stimata di 4225 esemplari con una
densità media di oltre 10 capi per
Kmq. La popolazione attuale, se confrontata alla consistenza potenziale
post-riproduttiva prevista dalla Carta
delle vocazioni faunistiche provinciali, mette in luce una popolazione di
camosci ben strutturata e assestata tra
i sessi e le classi di età.
Naturalmente quanto sopra affermato, non vale per tutti i settori del
12
CACCIAINVALBREMBANA
C. Alpino. In alcuni la popolazione
di camosci, possiamo sostenere senza
smentite, ha raggiunto ormai la capacità portante con densità anche di
11-12 capi al Kmq. Viceversa in altri
settori la densità è inferiore rispetto ai
valori medi del comprensorio.
Nella trascorsa stagione venatoria la
Provincia aveva autorizzato un piano
di prelievo di 440 capi dei quali risultano prelevati 372 esemplari con un
completamento del piano di abbattimento dell’84,55%.
Quest’ultimo valore percentuale,
inferiore anche a quello del capriolo,
deve essere valutato in considerazione
delle abbondanti nevicate cadute nelle
ultime tre settimane della stagione di
caccia, che hanno reso impossibile il
completamento dei prelievi da parte dei cacciatori ritardatari.
Non posso però tacere una
nota di biasimo per alcuni prelievi di camoscio, effettuati in
questo periodo di forte innevamento, dalle strade o in prossimità di zone urbanizzate, dando
così spazio a polemiche e contestazioni da parte di detrattori della nostra attività.
Due ulteriori segnali del buon
assestamento demografico della
popolazione dei camosci ci vengono dati dalla lettura dei pesi medi
delle diverse classi di età, tutti nella
norma per questo rupricaprino, e da
un buon prelievo numerico di camosci maturi e vecchi appartenenti alla
classe 11+.
Perfettamente rispettato anche il
prelievo nella sex-ratio: 187 maschi e
185 femmine. Occorre tuttavia migliorare nella suddivisione dei prelievi per
classi di età in alcuni settori.
Nel settore 2, infatti, risultano
prelevati 23 yearling maschi contro solo 11 yearling fremmine;
risulta inoltre particolarmente
basso il prelievo a carico delle
femmine 2-3 anni rispetto
alle assegnazioni.
Lo stato di salute
della popolazione rupricaprina,
tenuto conto dei numeri
assoluti e della densità
raggiunte, è buona. Come cacciatori esprimiamo tuttavia la nostra preoccupazione per l’allevamento ovi-caprino, in continuo e costante
aumento. Quest’ultimo elemento è causa d’importanti interferenze alimentari
sull’habitat del camoscio ed è conclamato vettore di possibili patologie infettive
e infestive per tutti i ruminanti. Sollecitiamo pertanto le istituzioni preposte, a
vigilare con la nostra comprovata collaborazione sulle condizioni sanitarie sia
delle greggi transumanti che dei piccoli
allevamenti stanziali.
CACCIAINVALBREMBANA
13
CERVO
Il cervo rappresenta ormai un ungulato emergente in tutte le aree alpine e appenniniche.
I dati provinciali mettono in luce
un costante aumento del più grosso
ungulato italiano, con una popolazione stimata, nella nostra provincia, di circa 800 capi, dei quali 220
nel nostro comprensorio. Habitat
naturali ed evoluzione forestale ci
confermano che questa specie sempre più interesserà il nostro territorio nei prossimi anni.
14
CACCIAINVALBREMBANA
La Provincia di Bergamo nel 2008
aveva autorizzato un piano di prelievo di 6 esemplari. Il piano di tiro,
è stato completato con 5 capi, 2 vitelli maschi, 1 fusone, 1 maschio subadulto e 1 femmina sub-adulta.
Il piano di prelievo, prudenziale per scelta, ha voluto mitigare le
perdite per investimenti stradali,
anch’essi in costante aumento soprattutto nel punto critico dei Piani
di Scalvino.
La presenza del cervo e la sua ineludibile espansione numerica e territoriale, imporrà nel medio termine
scelte di pianificazione della caccia
a questa specie attraverso criteri di
assegnazione e metodi di caccia che
non possono essere identici a quelli
del capriolo o del camoscio. Occorrerà sperimentare una nuova organizzazione per questa specie.
Come cacciatori di selezione plaudiamo alla scelta della Provincia di
Bergamo d’aprire, per la prima volta, la caccia al muflone nei vicini
CA Valle Seriana e ATC Prealpino.
Tale decisione ci gratifica e ci lascia
sperare per un sempre maggiore
coinvolgimento dei cacciatori di
selezione nella gestione dei grandi
selvatici erbivori.
CONCLUSIONE
L’espansione numerica e territoriale degli ungulati e le complesse
dinamiche tra erbivori selvatici,
domestici e attività umane, sono
imperniate su un complesso d’interazioni che sovente favoriscono una
parte a danno dell’altra.
Essendo queste in continua evoluzione e cambiamento richiedono
prudenza e lungimiranza da parte di
tutti. E’ quindi necessario un continuo ed intelligente adattamento da
parte dei cacciatori ed una costante
apertura al dialogo costruttivo, anche con enti pseudo-protettori della
natura che escludono aprioristica-
mente ogni confronto costruttivo
con il mondo venatorio.
Solo in questo modo sarà possibile ottenere risultati concreti per il
prossimo futuro. Noi cacciatori non
vogliamo ridurci solo a bipedi predatori che in assenza di predatori
naturali, si sostituiscono a loro per
regolare le popolazioni selvatiche.
Vogliamo invece continuare ad essere un interlocutore forte, accreditato ed affidabile per la gestione
di un importante patrimonio che,
in Valle Brembana, è oggi comparabile alle migliori realtà dell’arco
alpino.
E’ con questi ambiziosi obiettivi
che il nostro Comprensorio Alpino si è recentemente dotato di una
nuova figura gestionale, quella del
“tecnico faunistico”, nella persona
dell’amico e cacciatore Dott. Claudio Cesaris. Il suo impegno professionale competente ed appassionato
oltre a permetterci di avere collegamenti con il Dipartimento di Biologia dell’Università di Pavia, darà
sicuramente ottimi risultati.
Certo di contare sempre sulla Vostra preziosa collaborazione saluto
tutti gli intervenuti a questa assemblea con un caloroso waidmannsheil!
CACCIAINVALBREMBANA
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Il bosco:
imputato numero uno
nella diminuzione
dei selvatici?
- Luigi Capitanio
Lo si tira in ballo in continuazione;
ogni volta che si discute sulle cause
della diminuzione di una specie cara
al cacciatore, siano essi ungulati o galliformi, si sostiene che l’avanzata del
bosco a scapito del pascolo sia la causa
del declino di questa o di quella specie.
Cosa c’è di vero in tutto questo? Perché
le superfici destinate a pascolo sopportano meglio di altri habitat l’impatto alimentare della selvaggina?
Il bosco da sempre occupa discrete superfici nelle vallate montane, la sua dimensione ha costituto nel tempo un’indispensabile fonte di sostentamento
nell’economia locale; ancora oggi, anche se in misura ridotta, la selvicoltura viene praticata per la produzione di
legname d’opera e per uso domestico.
Il bosco, unitamente al pascolo alpino,
costituisce l’habitat più esteso e, malgrado i cambiamenti dovuti ai modelli
di utilizzo adottati nella storia delle
nostre vallate alpine, esso rappresenta
la categoria degli habitat che maggiormente si avvicina alla naturalità del
territorio. Nonostante la presenza di
biomassa vegetale per unità di superficie sia elevata, il bosco si presenta
con una povertà di specie animali con
abitudini vegetariane. E’ sempre stato
così oppure è cambiato qualcosa nel
rapporto foresta-selvatico? La natura
forestale è fondamentalmente avversa
alla presenza della fauna selvatica?
L’ecosistema del bosco e la
presenza degli erbivori.
Nel rapporto foresta-fauna il bosco è generalmente considerato come
un’ecosistema a ciclo completo, nel
16
CACCIAINVALBREMBANA
quale gli alberi, ma più in generale i
vegetali, assumono il compito di produttori di “biomassa”, utilizzando
quale materia base “elementi inorganici”. Gli animali dal canto loro,
negli stadi e nelle diverse funzioni,
assumono il ruolo di consumatori di
quest’energia contenuta nella sostanza verde. In un ecosistema completo
come il bosco, soltanto una piccola
parte degli animali che lo abita si nutre esclusivamente di vegetali; altri
animali sono carnivori, altri ancora si
nutrono di carogne.
I secondi sono indispensabili per
un’equilibrio del sistema, senza il
loro intervento regolatore, l’eccessivo
utilizzo delle sostanze vegetali porterebbe il sistema alla crisi. In questo
ciclo completo, dove sostanze vegetali
e animali si compensano in simbiosi,
la parte del leone viene comunque sostenuta dai microrganismi del suolo;
questi, in ultima fase, decompongono i
materiali organici elaborati, siano essi
di origine vegetale o animale, riportandoli a sostanza inorganica iniziale.
Così si completa il ciclo della materia,
iniziato e sostenuto dalla luce e dal calore prodotti dal sole.
Appare dunque ben evidente che
negli ecosistemi che producono sostanze vegetali, il rapporto produttore-consumatore debba necessariamente vivere in equilibrio, pena il collasso
del sistema.
A differenza degli altri modelli di
ecosistema, nel bosco la biomassa degli alberi (produttori) domina largamente la biomassa dei consumatori.
Un bosco maturo di media montagna
possiede una biomassa vegetale di
parecchie centinaia di tonnellate per
chilometro quadrato, mentre la componente animale presente sulla stessa
unità di superficie rimane nell’ordine
di poche centinaia di chilogrammi.
In questo sistema normalmente oltre
il 99% dei processi di trasformazione
delle sostanze vegetali prodotte vengono svolte da microbi che mineralizzano la materia vegetale rendendola
disponibile per l’inizio di un nuovo
ciclo. Solo meno dell’1% della sostanza verde prodotta viene consumata da
animali vegetariani, che a loro volta
vengono utilizzati dai predatori in
ragione del 2 o del 3%. Il resto della
produzione di biomassa passa direttamente alla decomposizione senza un
utilizzo intermedio.
La complessità degli alberi
L’enorme divario esistente tra produttori di sostanze vegetali e consumatori di origine animale che caratterizza il bosco nel suo insieme, sta nella
natura stessa degli alberi.
Gli alberi sono vegetali che accumulano sostanze indispensabili all’accrescimento durante lunghi periodi, misurabili in anni e in alcuni casi anche
in centinaia d’anni.
La loro struttura è essenzialmente
composta da materiali morti: legno
e corteccia. La parte aerea vivente
dell’albero è composta dalle foglie e
dal cambio.
Contrariamente alle “monocotiledoni”, che comprendono quasi tutte
le specie erbacee dei prati, che mantengono le loro parti che generano
l’accrescimento ben protette sotto la
superficie del terreno e dove la brucatura spesso appare indispensabile
per la crescita dell’erba stessa, gli alberi con fronde appartengono invece
all’ordine dei “dicotiledoni”, dove le
parti deputate alla crescita e alla sopravvivenza della pianta sono poste
all’esterno della pianta stessa, in zona
aerea, pertanto esposte alla brucatura
e al danneggiamento da parte degli
erbivori.
Quando un albero viene aggredito
per la brucatura, generalmente vengono sfruttate le modeste parti viventi
quali: foglie o aghi, gemme o germogli,
corteccia verde e radici. Come visto in
precedenza, il metabolismo degli alberi in generale è particolarmente lento e
l’utilizzo anche di piccole parti viven-
ti, le sole ricche di sostanze nutritive
quali appunto le gemme, la corteccia
verde o le piccole radici, sono azioni
fortemente dannose per l’albero stesso, in quanto il rapporto tra la biomassa totale dell’albero e le parti vive dello
stesso sono fortemente sbilanciate e la
ricostituzione dei tessuti danneggiati
è oltremodo particolarmente lenta.
Il bosco in età matura poi non è in
grado di produrre eccedenze vegetative, lo sforzo vegetativo del bosco si
concretizza attraverso la produzione
di bacche, frutti e semi, indispensabili per garantirsi la propria continuità.
Appare dunque evidente che il bosco
può fornire alla fauna un nutrimento
primario moderato, principalmente
sotto forma di frutti e bacche, eventualmente anche un buon rifugio contro i pericoli, in cambio della disseminazione dei propri semi. Nulla di più.
Il pascolo
Gli ambienti erbacei, a differenza del
bosco, sopportano un consumo di sostanza verde molto elevato. Le foglie
dei monocotiledoni, a differenza delle
foglie degli alberi, crescono dal basso
CACCIAINVALBREMBANA
17
e la loro brucatura non pone problemi alla pianta in genere; il pascolo e la
brucatura può rilevarsi favorevole alle
erbe stesse, in quanto l’accrescimento
continuo della loro biomassa porterebbe al soffocamento della sostanza
verde. Un prato è dunque più produttivo se ben pascolato.
Alcuni studi hanno dimostrato
come in alcune grandi praterie del
Nord America e dell’Africa centrale,
la produttività delle erbe possa raggiungere (e in condizioni particolari
superare) le 50 tonnellate per chilometro quadrato, permettendo quindi
il sostentamento di ben 20 tonnellate
di biomassa animale; il grado di consumo può elevarsi temporaneamente
fino oltre il 90% della biomassa vegetale prodotta, permettendo al pascolo
un rinnovo annuale molto marcato. In
simili condizioni di sfruttamento le
foreste verrebbero distrutte in modo
irreversibile in brevissimo tempo.
Nelle considerazioni espresse dal
prof. J.H. Reichholf, in un’interessante
articolo ( Ist die Natur des Waldes gegen das Wild - 1995) egli sostiene che
il capriolo e il cervo non sono specie
forestali; il loro habitat è da ricercare invece nelle praterie e nei margini
del bosco, dove trovano le migliori
condizioni di nutrimento nelle erbe e
nei giovani germogli dei cespugli. Lo
confermano la presenza marcata di
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CACCIAINVALBREMBANA
questi ungulati al margine del bosco
e, nottetempo, negli spazi aperti. In
alcune regioni poi gli stessi ungulati si
mantengono costantemente negli spazi aperti senza mai frequentare la foresta. Cervi e caprioli vivono nel bosco
perché spinti dal disturbo antropico,
non certo per ragioni alimentari.
Queste considerazioni portano alla
ragionevole certezza che le grandi foreste omogenee e mature sono meno
ricche di specie animali rispetto alle
stesse foreste giovani con dimensioni
modeste; queste ultime, maggiormente collegate agli spazi aperti, offrono
l’indispensabile riparo per il ciclo biologico dell’animale, senza peraltro risultare indispensabile sotto l’aspetto
alimentare.
Ma noi cacciatori in ultima analisi
possiamo migliorare la situazione intervenendo (dove possibile!) a modificare lo stato attuale delle cose?
La soluzione del problema è unidirezionale. Oggi il bosco, frequentato
soprattutto dal capriolo, e in parte
anche dalla recente presenza del cervo, offre un’alimentazione inadeguata
allo sviluppo numerico delle popolazioni; ne consegue che le densità, fortemente contratte negli ultimi periodi,
anche con i correttivi apportati, non
riusciranno mai più a raggiungere gli
alti livelli registrati dieci - quindici
anni or sono. Oggi, il bosco chiuso,
ben apprezzato dai protettori della natura, costituisce un habitat eccellente
per piccoli roditori e anche per alcuni
piccoli uccelli insettivori; non si presta certo per la sopravvivenza degli
ungulati. Abbiamo però degli esempi
da imitare, dove le leggi forestali e gli
altri gabelli lo consentono. Nella vicina Svizzera i cacciatori annualmente
intervengono ad aprire nuovi spazi
nella foresta, attraverso il taglio a raso
di piccole porzioni, questo consente
un rinnovo vegetativo e una ripresa
del manto erbaceo e arbustivo molto
appetito da cervi e caprioli. Gli strumenti e le risorse per operare, se ben
impiegate, non mancano; basterebbe,
a questo punto, un programma strategico.
E’ su questi interventi che si giocherà il futuro della caccia ai cervidi nelle
nostre vallate.
L’attività venatoria da appostamento fisso
e le misure di conservazione
dei siti di Rete Natura 2000 (SIC e ZPS)
- Dr. Giovambattista Vitali
- Tecnico Forestale e Faunista
L’Unione Europea, in considerazione
del fatto che gli Habitat naturali degli
Stati Membri presentano un progressivo
degrado, attraverso alcune normativi si
è prefissata l’obiettivo di salvaguardare
e proteggere la biodiversità, compatibilmente con le esigenze di tipo economico, sociale e culturale delle popolazioni
che vivono nel territorio oggetto si salvaguardia comunitaria.
Nel tempo la Comunità Europea ha
emanato dei provvedimenti per individuare i territori oggetto dell’obiettivo sopra descritto, tali norme sono le seguenti:
La Direttiva Uccelli 79/409/CEE,
emanata il 2 aprile del 1979, recepita in
Italia dalla Legge 157/92;
La Direttiva Habitat 92/43/CEE emanata il 21 maggio del 1992, recepita in
Italia con il D.P.R. 8 settembre 1997, n.
357, modificato successivamente con
il DPR n.120 del 12 marzo 2003, n.120
e specificata successivamente a livello
regionale.
Con la Direttiva Uccelli si sono indicate le misure fondamentali per preservare, mantenere o ristabilire per le
specie indicate, una varietà e un’estensione di habitat in ogni stato membro.
Successivamente ogni Stato membro
ha classificato i territori più idonei al
perseguimento degli obiettivi della direttiva, ovvero delimitando le Zone di
Protezione Speciale (ZPS).
La Direttiva Habitat prevede l’istituzione di una serie articolata di siti da
proteggere sul territorio europeo, denominati Siti d’Importanza Comunitaria
(SIC), nodi centrali, con le ZPS, della
rete ecologica comunitaria denominata
“Rete Natura 2000”. In tali aree si applicano le misure necessarie per la salvaguardia, il mantenimento ed il ripristino degli Habitat delle specie per i quali
i siti sono stati istituiti.
I siti Natura 2000
in Provincia di Bergamo
I Siti d’Importanza Comunitaria (SIC)
sono localizzati per la maggior parte in
aree montane o pedemontane, mentre
nel territorio di pianura ne sono presenti solamente tre, coincidenti con delle
riserve naturali già da tempo esistenti.
Le aree individuate come Zona di
Protezione Speciale (ZPS) sono tutte localizzate in territorio montano, tranne
una situata al limite meridionale della
Provincia, al confine con le Provincie di
Brescia e Cremona.
L’ultima ZPS istituita è quella delle
“Orobie Bergamasche”, avente un’estensione di ben 48.000 Ha.
Alcuni siti della Rete Natura 2000 interessano il nostro territorio marginalmente, come il SIC della “Val Venina”
che ricade in area bergamasca sono per
circa 12 Ha.
Ogni sito di rete natura duemila è stato istituito per la presenza di particolari
Habitat o Specie, come nel caso delle
ZPS ove i motivi di conservazione sono
legati all’avifauna.
Gli Habitat e le specie oggetto d’interesse conservazionistico peculiari di
ogni sito sono stati riportati ed elencati
in una scheda specifica, ed è a tali dati
che ci si deve riferire quando si deve
procedere ad una valutazione d’incidenza.
Il piano faunistico provinciale
e la rete natura 2000
Il piano faunistico provinciale in vigore è stato sottoposto a relativa valutazione d’incidenza ambientale, per valutarne
gli effetti sugli Habitat e sulle specie presenti nei siti della rete natura 2000 ricadenti della Provincia di Bergamo.
CACCIAINVALBREMBANA
19
La Regione Lombardia, ente competente, con proprio Decreto n° 6485/08
della Direzione qualità dell’ambiente, esprime valutazione d’incidenza
positiva, ovvero assenza di possibilità di arrecare una significativa incidenza negativa, sull’integrità dei siti
di Natura 2000 presenti nel territorio
bergamasco riguardo al Piano Faunistico.
Per ciò che concerne l’attività venatoria da appostamento fisso, il decreto stabilisce l’obbligo di sottoporre a
valutazione d’incidenza ambientale
tutti nuovi appostamenti fissi o il rinnovo, qualora siano localizzati all’interno di un sito o nell’area perimetrale costituita da una fascia di 1.000 m
di profondità.
Questa cartografia illustra il caso di
un capanno da realizzare nella fascia
dei 1.000 m, e quindi è necessario ottenere la relativa Valutazione d’Incidenza Ambientale.
L’attività venatoria
da appostamento fisso
La caccia da appostamento fisso si
svolge in forma di “aspetto” e con tiro
a fermo, pertanto il prelievo è assolutamente selettivo, perché è possibile una
facile ed agevole individuazione della
specie interessata dall’azione venatoria.
Tradizionalmente l’attività venatoria
praticata da appostamento fisso interessa specie appartenenti alla famiglia
dei turdidi: tordo bottaccio (Turdus
philomelos), tordo sassello (Turdus
iliacus), cesena (Turdus pilaris), merlo
(Turdus merula). Tali specie sono elencate nell’allegato II/2 della direttiva europea 79/409/CEE, specie cacciabili sul
territorio Italiano.
L’azione di caccia a questi turdidi, da
appostamento fisso, coincide temporal-
L’attività venatoria
da appostamento fisso
e la valutazione
d’incidenza ambientale
sparo, le quali determinano gli angoli
di tiro, ovvero le direzioni e gli spazi in
cui viene esercitata l’azione di caccia;
•alberi di battuta, filare di alberi di-
sposti a cerchio, semicerchio o in linea retta, collegati fra loro da pertiche
orizzontali sulle quali vengono posi-
Per tutti i siti della rete “Natura2000”
oltre che le misure di salvaguardia è stata introdotta la “Valutazione d’Incidenza
Ambientale” di Piani o Progetti che riguardano i siti della rete stessa.
Con la valutazione d’incidenza ambientale si descrive e quantifica l’impatto
che la presenza dell’appostamento fisso
induce sugli Habitat biotici e abiotici e
sulle specie animali e vegetali presenti.
La struttura tradizionale
di un appostamento fisso
Tradizionalmente un appostamento
fisso possiede un disegno circolare o rettilineo, e si possono riconoscere alcuni
elementi caratteristici quali:
• il capanno, ove avviene la vera e propria azione di tiro, è normalmente costruito in legno e dotato di feritoie di
20
CACCIAINVALBREMBANA
mente con il periodo della loro migrazione autunnale da N-E verso S-W del
paleoartico. Incide, pertanto, esclusivamente in fase post-riproduttiva dei turdidi citati, e su tutta la loro popolazione
naturale migrante prima della naturale
mortalità invernale e migratoria.
Mentre la caccia alle quattro specie
di turdidi non ha alcuna incidenza durante la fase migratoria primaverile e
di riproduzione delle coppie stanziali
o semi stanziali presenti nel territorio
provinciale.
Effetti dell’attività venatoria
da appostamento fisso
sull’ambiente e sulle specie
Gli effetti della realizzazione di
un appostamento fisso sugli Habitat
presenti nei siti, riguardano esclusivamente l’ambiente in cui viene insediato l’appostamento, e la valutazione d’incidenza viene definita caso
per caso. In generale l’appostamento
è realizzato in uno “spazio aperto”
già esistente e difficilmente produce
un’incidenza sugli ambienti forestali.
Per ciò che concerne la fauna si deve
considerare che l’attività venatoria
da appostamento fisso può creare un
disturbo che incide in un’area di circa 100 m di raggio dall’appostamento
fisso, cioè considerando una gittata
massima di sparo di 50 m e quella di
disturbo sonoro pari a 100 m, quindi il
suo effetto è puntiforme.
Questi disturbi, nel caso l’appostamento fisso non sia collocato all’interno del sito, ma nella fascia di 1.000
m, devono essere correlati anche alla
distanza tra il limite del disturbo ed il
confine del sito stesso.
zionate le gabbie degli uccelli da richiamo;
•secconi, ovvero alberi morti aventi la
funzione di posatoio per gli uccelli;
•piazza, è lo spazio che si crea tra il capanno e gli alberi di battuta, normalmente è
rappresentata da una radura avente una
profondità media da 10–20 m.
Distanze tra i limiti dei disturbi
ed il confine di un Sito (SIC o ZPS)
Altri aspetti d’incidenza ambientale da
considerare sono:
•Il prelievo accidentale, da valutare in
funzione della possibile confusione tra
le sagome delle specie oggetto di prelievo venatorio e quelle delle specie
presenti nel sito, riportate nelle relative
schede descrittive;
•Disturbo della riproduzione, da considerare che la stagione venatoria non
coincide con quella riproduttiva delle
specie stanziali, e quindi difficilmente si
può produrre un reale disturbo, se non
per alcune specie di mammiferi, come
gli ungulati (periodo degli accoppiamenti).
•Disturbo dell’attività trofica, in generale non si hanno degli effetti significativi,
tranne il caso in cui l’appostamento fisso è localizzato a breve distanza da ambienti particolarmente importanti per
l’alimentazione di determinate specie;
•Diminuzione delle fonti trofiche per i
predatori, tale effetto deve essere valutato attentamente stabilendo come
le specie oggetto di caccia s’inseriscano
nelle abitudini alimentari dei predatori
presenti nel sito.
Sintetizzando in un’apposita matrice
o quadro sinottico tutti gli effetti reali
e/o potenziali e il grado di espressione,
è possibile esprimere una valutazione
complessiva di come l’appostamento fisso e l’attività venatoria ad esso collegata
possa incidere sugli Habitat e sulle specie
presenti in un determinato sito della Rete
Natura 2000.
CACCIAINVALBREMBANA
21
Etica venatoria e responsabilità
- Flavio Galizzi
Uno dei diversi aspetti dell’etica,
intesa principalmente come riflessione sul comportamento individuale e
di gruppo nei vari campi del sociale,
ma anche dell’ambiente, e in senso più
specifico rivolta all’ambito venatorio,
è il senso di responsabilità.
Un volto della coscienza individuale che ci aiuta e ci guida non solo
nei comportamenti e nelle azioni, ma
ancor prima nella valutazione delle
scelte da adottare nell’esercizio di una
funzione o di una pratica, quindi anche nella pratica venatoria.
Proviamo a fare delle considerazioni di come il senso di responsabilità emerga, o venga soffocato da altri
istinti, nei confronti dell’agire e delle
scelte di un cacciatore oggi.
Quando e come al cacciatore è necessario ricorrere ad una riflessione
correlata al senso di responsabilità?
Senza dubbio tale aspetto emerge
fin dal primo momento in cui si fa la
scelta di diventare “cacciatore”, oggi
ancor più di un tempo, o ancor meglio si decide di continuare ad essere
cacciatore oggi per chi lo è già, in un
contesto socio – ambientale profondamente modificato rispetto anche solo
agli ultimi decenni del secolo appena
trascorso. Il tema “ambientale”, delle
22
CACCIAINVALBREMBANA
risorse energetiche e delle risorse sostenibili, ha modificato molto il modo
di porci nei confronti dell’ambiente,
e ciò vale per ciascuno di noi, poiché
l’attività venatoria, per sua natura, ha
un forte impatto in tal senso, sia come
azione di fatto “cruenta”, sia come
immagine nell’opinione pubblica e
nell’immaginario collettivo.
In tale contesto è da considerarsi
assolutamente ridicolo oggi anche
solo pensare che la caccia possa essere considerata o comparata ad un’attività sportiva, se non per il fatto che
si svolge all’aria aperta e contempla
un’attività fisica generale paragonabile a quella di uno sport. Coloro che volessero continuare a considerarla tale
è bene che rivolgano il loro interesse
e il loro ardore verso attività sportive veramente tali, in cui la sfida e il
confronto leale con l’avversario, o con
l’ostilità di un ambiente estremo per
certi sport “off limits”, sia veramente
tale, a partire dalle semplici passeggiate nel verde fino alla sfida gli 8.000
metri.
Detto questo emerge come per molti
cacciatori, la maggior parte di quelli che sono diventati tali prima degli
anni ’80, sia necessaria una sorta di
“riconversione” e che si facciano ca-
rico di assumere un nuovo modo di
porsi nei confronti dell’oggetto del
loro interesse.
Cosa s’intende con ciò?
Innanzitutto che l’oggetto di interesse del cacciatore, la fauna selvatica, è
nella maggior parte dei casi un “bene
comune”, indisponibile, un bene collettivo, di cui viene autorizzato l’utilizzo previe determinate precise condizioni; in primis la sostenibilità del
prelievo.
Se un tempo per conseguire l’abilitazione venatoria e il porto d’armi per
uso caccia bastava conoscere le principali norme derivanti dalle leggi venatorie e la legislazione in materia di
armi, e riconoscere le specie animali
oggetto di prelievo, oggi un serio esame per conseguire l’abilitazione venatoria deve richiedere obbligatoriamente qualcosa di più. Deve prevedere
innanzitutto un corso approfondito e
selettivo che comprenda anche materie complementari alla caccia, ma fondamentali per l’assunzione di quella
responsabilità indispensabile di cui si
diceva all’inizio, come l’”ecologia del
bosco”, l’”etologia animale”, la “dinamica delle popolazioni faunistiche”,
la “gestione forestale” e la “gestione
faunistica”, oltre a conoscenze di base
sul “primo soccorso”, sulla “sicurezza
in montagna”, sul “trattamento della spoglia” per un corretto utilizzo
alimentare o commerciale delle carni
degli animali prelevati (previsto oggi
anche dalla normativa europea), e per
i più appassionati aggiungerei anche
qualche conoscenza sulla flora e sulla
vegetazione dei comparti montani in
cui si opera, e qualche ricetta tradizionale e regionale sull’utilizzo culinario
di queste preziose risorse alimentari.
Un percorso che garantisca l’acquisizione di una dignitosa e approfondita “cultura venatoria” in senso generale, per una corretta maturazione
personale sui temi delicati della “ gestione venatoria” che viene affidata al
cacciatore..
Vi sono riviste serie e specializzate
che trattano di tutto ciò, e molti cacciatori seguono con passione e interesse gli aggiornamenti di volta in
volta trattati per un auto aggiornamento che ritengono fondamentale,
perché le condizioni ambientali sono
in continua trasformazione, e ciò che
poteva essere valido un anno potrebbe pian piano, con gli anni e le modiche ambientali in atto specialmente in
montagna, modificarsi. Non bisogna
pensare di sapere, bensì è necessario
pensare di “voler saperne di più”,
con la curiosità indispensabile di chi
si vuole aggiornare su una materia in
continua evoluzione.
Tutti aspetti fondamentali per una
corretta acquisizione di una forte e
rinnovata coscienza venatoria che si
esprima in un profondo senso di responsabilità nei confronti del contesto
socio - ambientale in cui si opera, e nei
confronti della fauna tutta, affinché
sia manifesto un serio e riconosciuto
“valore gestionale” dell’operato dei
cacciatori.
Potremo sicuramente concentrarci
meglio, e far conoscere con un partecipato senso di responsabilità, sulle
numerose attività di monitoraggio e
controllo del territorio che svolgiamo
nel corso delle stagioni, a partire dal
giorno dopo la chiusura della caccia,
in cui il lavoro di analisi e valutazione
dei dati biometrici e dei consuntivi occupa tutto il periodo che precede l’organizzazione della mostra di gestione
faunistica, uno spaccato del nostro lavoro che deve trovare un momento di
consenso generale e di visibilità anche
nei confronti dell’opinione pubblica.
Si tratta, nella ricerca di una rinnovata coscienza gestionale dell’attività
venatoria, di un valore aggiunto di cui
non possiamo più fare a meno, nessuno di noi, qualsiasi specializzazione
venatoria eserciti, e che deve diventare la “carta d’identità” del mondo venatorio, specie per noi che operiamo
in un contesto alpino di estremo interesse faunistico, ad elevata specializzazione, i cui equilibri sono sempre da
mettere a fuoco. Solo in questo modo
possiamo presentare la nostra attività
gestionale, di nicchia, e proprio per
questo delicata e sotto la lente del legislatore e dell’opinione pubblica, anche
ai giovani, affinché possa essere vista
come opportunità culturale e valoriale per un riavvicinamento di molti di
loro alla montagna, per quei valori
ambientali e culturali di cui dobbiamo
essere anche noi degni portatori.
Etica e responsabilità assume quindi, per il cacciatore di montagna,
anche questo valore: la presa di coscienza di una nuova funzione del cacciatore, non più semplice beneficiario
di un generico diritto di uso privato
di un bene pubblico, bensì soggetto
attivo nella gestione di un patrimonio
collettivo di cui sia in grado, in ogni
momento, di rendere conto alla collettività, e nei confronti del quale sappia
essere vigile custode prima che privilegiato fruitore.
CACCIAINVALBREMBANA
23
Risultati delle analisi svolte
nell’ambito del controllo sanitario
della fauna selvatica in provincia di Bergamo
-Dr. Franco Paterlini – Dr.ssa Alessandra Gaffuri
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna
Sezione diagnostica Provinciale di Bergamo
L’attività di monitoraggio sanitario sulla fauna. selvatica della Valle Brembana è stata condotta nella
quasi totalità sui campioni prelevati durante la stagione venatoria dai
cacciatori. Nel corso dell’ anno sono
state analizzate anche 5 carcasse di
camoscio conferite dagli agenti del
Corpo di Polizia
Provinciale. Uno di questi era uno
“yarling” recuperato nel comune di
Branzi in località Cornelli, morto per
una patologia polmonare di origine batterica e parassitaria. Un capo
adulto proveniva dal comune di
Averara e presentava lesioni pleuriche e polmonari; gli altri tre provenivano dal comune di Santa Brigida
e sono morti probabilmente per folgorazione. E’ stato anche analizzato
un capriolo, rinvenuto nel territorio
del comune di Cusio; che presentava
polmonite e infestazione da estriasi
nasale.
24
CACCIAINVALBREMBANA
Sui campioni di sangue prelevato
dagli animali abbattuti sono state effettuate indagine sierologiche per la
ricerca di anticorpi nei confronti di
alcuni agenti patogeni virali, batterici e protozoari.
Le determinazioni eseguite ed i
risultati sono riportati nelle tabelle
sottostanti suddivise per specie.
Nel capriolo non si sono evidenziate Positività significative per le
malattie ricercate; quest’anno abbiamo eseguito anche l’analisi per Toxoplasma gondii, un protozoo responsabile di aborti sia negli animali che
nell’uomo, il quale può infettarsi ingerendo carne di capriolo poco cotta.
Circa il 10% degli animali è risultato
sierologicamente positivo; non avendo ricevuto il cuore degli animali testati non abbiamo potuto però verificare la presenza di cisti parassitarie
nel muscolo.
Nel camoscio si mantiene sempre
alta la sieroprevalenza per Virus Respiratorio Sinciziale, già responsabile in passato di forme respiratorie ed
ormai presente in forma endemica
nella popolazione dei camosci orobici, tuttavia. non si hanno segnalazioni che indichino presenza negli
animali di sintomi respiratori, quali
tosse, scoli nasali e difficoltà nella respirazione.
Per quanto riguarda la cheratocongiuntivite infettiva, il tampone oculare prelevato da soggetto identificato con n. 550 è risultato positivo per
Mycoplasma conjunctivae; la malattia
sembra però essere presente tra gli
animali in forma sporadica.
Nel cervo non si segnala nulla di
rilievo.
Purtroppo alcuni campioni non
sono risultati idonei per le analisi
per ritardi nella consegna del cam-
CAPRIOLO
MALATTIA
POSITIVITÀ /
TOTALE
Virus
respiratorio
sinciziale
5/92
Pestivirus
2/100
Toxoplasma
11/106
Paratubercolosi
0/130
CAMOSCIO
MALATTIA
POSITIVITÀ /
TOTALE
Virus
respiratorio
sinciziale
95/242
Pestivirus
3/235
Paratubercolosi
(anticorpi
nel sangue)
0/242
Cherato
congiuntivite
infettiva
(da tamponi)
1/1
CERVO
MALATTIA
POSITIVITÀ /
TOTALE
Virus
respiratorio
sinciziale
0/3
Pestivirus
0/3
Paratubercolosi
(anticorpi
nel sangue)
0/4
pione al laboratorio. Abbiamo avuto
ancora qualche problema di identificazione dei campioni, che ci auguriamo possa essere risolto inviando la
scheda biometrica dell’animale unitamente al prelievo.
Per la prossima stagione è nostra
intenzione introdurre nuove analisi e probabilmente verranno date
nuove informazioni per il prelievo;
preghiamo pertanto i cacciatori di
seguire con precisione le indicazioni
che verranno impartite.
Ringraziando i cacciatori per la
loro collaborazione e per il lavoro
svolto, esprimiamo la nostra disponibilità per qualsiasi chiarimento.
CACCIAINVALBREMBANA
25
Sarà l’anno delle cesene?
- G.B. Gozzi
Cari amici cacciatori capannisti e non
solo, voglio farvi partecipi del mio entusiasmo e della mia personalissima
convinzione; quest’anno sarà un anno
di cesene. Forse non uno di quegli
anni come il 2004, che passeranno alla
storia e rimarranno nei ricordi di tutti
noi, però vi assicuro che sarà una stagione che ci darà modo di divertirci alla
grande. Io lo sto ripetendo al mio socio
Giovanni ormai da alcuni anni, “ ol 2009
el sarà un ann de iscere” e ho fatto anche
delle scommesse tanto sono sicuro del
fatto, quindi se volete condividere con
me questa attesa, siete avvisati. Non
sono di quelli che dicono “ io l’avevo
detto…..” quando il fatto è già successo,
io lo dico con largo anticipo e non mi sto
assolutamente sognando, so anche benissimo di poterci perdere la faccia azzardando questa previsione ma soprattutto pubblicizzandola in questo modo.
Comunque sia, ho una personalissima
teoria, che non ha nulla di scientifico
ed io non sono nemmeno un ornitologo
26
CACCIAINVALBREMBANA
studioso delle migrazioni degli uccelli,
ho letto si qualche manuale che parla di
migrazioni, di distanze, di rotte prevalenti, di condizioni meteorologiche, ma
niente di più. Sono semplicemente un
cacciatore osservatore e come tale, le
mie osservazioni, che ormai durano da
oltre 20 anni, mi dicono che quest’anno
è l’anno giusto. Sarà un anno di cesene
o se preferite chiamatele pure viscarde
o gardene (come le chiamano in Trentino) comunque sono per noi tutte le fantastiche “iscere”. Vi passo questa informazione, non per sollevarvi il morale
ed illudervi, ma semplicemente perché
vi possiate preparare psicologicamente
ed anche fisicamente a questo evento.
Come tutti sappiamo la stagione del
capanno è lunga ed anche faticosa se
vogliamo; inoltre non tutti sono pensionati e possono disporre liberamente del
proprio tempo, fortunatamente vi sono
ancora dei giovani che lavorano e quindi ecco uno dei motivi per distribuire
bene le forze nella lunga stagione ma
soprattutto riservare qualche giornata
di ferie anche per la fine novembre e
dicembre. E poi servirà naturalmente
anche una scorta adeguata di pastura
perché non vorrei mai che sul più bello della uccellagione si rimanesse senza
la pastura da attaccare a quei magnifici
brucù che solo l’abilità e l’esperienza del
cacciatore sa preparare. Il tordo come
sappiamo è divertentissimo da cacciare,
il merlo generalmente è uno riempitivo,
il sassello è misterioso ed imprevedibile
(infatti per il sassello non faccio nessuna
previsione) ma la cesena è entusiasmante e ti emoziona in maniera incredibile.
Vale quindi la pena dedicare tempo ed
attenzione a questo evento. Non voglio
tenervi nemmeno sulle spine e passo ad
illustrarvi la mia semplice teoria dalla
quale deriva la mia convinzione. Già da
alcuni anni io mi annoto con un certo
scrupolo e qui direi quasi scientifico,
l’andamento delle stagioni venatorie
registrando tutti quei dati e rilevamenti
che possono in qualche modo dare del-
le indicazioni o mettermi in condizione
di azzardare delle previsioni. Devo dire
che l’analisi dei dati e dei fattori principali che influenzano le migrazioni,
non mi danno nessunissima indicazione e certezza tranne che per la cesena
appunto. Mi spiego meglio; per il tordo,
ed anche per il merlo se vogliamo, non
vi è alcun parametro che possa essere
confrontato o che possa dar luogo ad
un andamento ripetitivo. Tutte le annate buone o eccezionali (come ad esempio il 2003 per citarne una recente) non
trovano poi riscontri né precedenti né
successivi; quindi non vi sono annate
confrontabili e tali da determinare una
cadenza fissa. Ecco, la cosa particolare
invece è che per la cesena questa cadenza “ fissa” si riscontra ed è attendibile
e ripetitiva. Sono 5 anni. A distanza
regolare di 5 anni si ripete l’evento di
una migrazione abbondante e duratura.
Come dicevo la mia ricerca dura da oltre
20 anni e vi posso assicurare che analizzando i dati è possibile stabilire questa
cadenza. Non sono l’unico ad annotare
gli abbattimenti della stagione è prassi
pressoché normale per ogni capannista
di avere una sorta di diario di bordo per
annotare l’andamento giornaliero della
caccia e quindi questa circostanza penso
sia verificabile anche dai diari di altri.
Come dicevo all’inizio, l’ultima annata eccezionale è stata quella del 2004 e
quindi se facciamo più 5……….. siamo
sicuramente nell’anno delle cesene! La
mia convinzione è supportata anche da
altri eventi che nei paesi nordici seguono una cadenza regolare riproponendo
dei fenomeni che nessuno è mai riuscito
a spiegare ma che esistono e continuano
a verificarsi. Ad esempio in Norvegia
(ma penso che succeda lo stesso anche
in Svezia e Finlandia) ogni 4 anni si
registra una vera e propria esplosione
della popolazione dei “Lemming” che
sono dei piccoli roditori tipo criceti,
lunghi circa 15 centimetri e che normalmente vivono nella tundra o nei canneti
in prossimità dei fiumi e dei laghi. Anche in questo caso, con una cadenza di 4
anni, la popolazione cresce a dismisura
raggiungendo un livello tale da costringere questi piccoli roditori a mettersi
in movimento ed a compiere delle migrazioni di massa alla ricerca del cibo e
nel loro spostamento senza una meta,
devastano e distruggono ogni cosa cre-
ando un vero e proprio scompiglio ambientale. Arrivano a frotte attraversano
strade, ferrovie, fiordi, baie insenature e
quant’altro, ma la loro sarà una migrazione senza ritorno perché andranno
poi a morire in una specie di suicidio
di massa. Questo fenomeno, che viene
studiato e monitorato da esperti alla
ricerca di una causa fino ad ora inspiegabile, contribuisce parallelamente a
ristabilire in salute la popolazione dei
predatori (rapaci, linci, volpi, lupi ecc.)
che cibandosi prevalentemente di Lemming, risparmiano altre specie più nobili. Insomma non voglio paragonare le
nostre belle “iscere” alla sorte dei Lemming, ma questo per dire che esiste magari una giustificazione scientifica, che
sfugge alla nostra conoscenza (o magari
semplicemente nessuno si è curato di
studiare) per cui a cadenza di 5 anni vi è
una esplosione della popolazione delle
cesene ed a noi ci tocca di sacrificarci a
cacciarle…..Ecco, io vi ho raccontato la
mia verità e la mia convinzione. D’altra
parte, se così non sarà, non fatemene
una colpa, ricordate che la scienza delle previsioni non è una scienza esatta,
perché si basa su eventi occasionali ed
accidentali, perciò se le cesene non rispetteranno la previsione, faremo come
gli altri anni……..aspetteremo!
CACCIAINVALBREMBANA
27
Rubriche
Appunti di biologia animale
- Tiziano Ambrosi
ALLENAMENTO DEL CANE SPORTIVO (Parte prima)
Lo scopo della medicina sportiva
del cane è quello di migliorare le prestazioni dell’animale.
La fisiopatologia delle modificazioni che avvengono in un soggetto sottoposto a determinati esercizi atti a
migliorare le prestazioni sportive è il
cardine di questa disciplina.
L’allenamento è l’instaurarsi di queste modificazioni a livello di organi
e apparati che permettono il miglioramento delle prestazioni sportive,
mirando ad ottenere il massimo rendimento col minimo impegno.
Il miglior risultato ottenuto è secondario all’aumento della forza fisica,
all’aumento delle capacita lavorative
dell’organismo, e all’aumento della
resistenza fisica.
L’obiettivo finale di tutto questo è
senza dubbio l’aumento della resistenza alla fatica.
Nel corso del compimento di un lavoro protratto l’animale passa attraverso tre stadi: inizialmente il lavoro
risulta impegnativo, successivamente
diviene più agevole, dopo un certo periodo di tempo, e rispetto alle condizioni fisiche dell’animale, si arriva ad
uno stadio caratterizzato dalla comparsa di una diminuzione delle capacità lavorative, arrivando alla fatica.
La fatica è una sindrome caratterizzata da un esaurimento dell’attività
funzionale di organi ed apparati provocata dal lavoro protratto. L’affaticamento può interessare un singolo organo o tutto l’organismo. Principale
sintomo della fatica è la stanchezza,
cioè il manifestarsi dell’affaticamento che il proprietario individua nella
diminuzione della forza muscolare,
notando alterazioni dell’andatura,
alterazioni del sensorio con appesantimento dell’azione del lavoro,
sonnolenza, malessere generale, rifiuto ad eseguire esercizi e necessità di
riposo. Talvolta compaiono sintomi
soggettivi di stanchezza senza che si
manifesti la fatica; è una falsa sensazione che l’animale prova, di origine
psichica, che scompare con la ripresa
del lavoro.
I sintomi più importanti della fatica
iniziano con tachipnea e tachicardia;
proseguendo con l’attività
compaiono cianosi delle mucose, dispnea, ipertermia e diminuzione della
concentrazione. Come ultimo stadio
un cane affaticato può arrivare a svenimenti e perdita di conoscenza.
Le cause della fatica possono essere
varie e vengono riunite in tre gruppi:
I) Carenza energetica
Qualsiasi tipo di attività muscolare
richiede un consumo di energie, che
28
CACCIAINVALBREMBANA
viene prodotta dal metabolismo aerobico e anaerobico degli zuccheri. La
mancanza o la carenza del materiale
energetico o dell’ossigeno indispensabile per il metabolismo provoca
l’insorgenza della fatica.
L’apporto energetico deve essere
calcolato in base al tipo di attività
sportiva che ogni cane deve compiere; una attività moderata richiede
energia inferiore o pari a tre volte il
metabolismo basale, un lavoro pesante richiede energia da tre a otto volte il
metabolismo basale, durante un lavoro massimo la richiesta supera di otto
volte il metabolismo basale.
II)Accumulo di cataboliti
(prodotti “scorie” del
metabolismo)
La prolungata attività fisica provoca una alterazione nel metabolismo
degli zuccheri producendo un’eccessiva quantità di acido lattico, già di
per sé tossico, provocando una notevole acidosi a cui l’organismo tenta
di opporsi con sistemi tampone. Il
tamponamento dell’acidosi provoca
la liberalizzazione di grandi quantità
di acido carbonico, di fosfati acidi e
la denaturazione di alcune proteine,
sostanze a loro volta dannose per l’organismo. Inoltre il tentativo di ricavare ulteriore energia dal metabolismo
dei grassi e delle proteine provoca la
produzione di corpi chetonici,urea,
creatinina, a loro volta tossici.
L’accumulo nel sangue di tutti questi metaboliti tossici altera la funzionalità epatica e renale, interessando
proprio quegli organi adibiti alla distruzione dei metaboliti stessi.
Quindi l’accumulo di queste sostanze viene provocato sia da una
eccessiva produzione, sia da una diminuzione della loro eliminazione
dall’organismo.
Notoriamente l’organismo tende a
mantenere costante lo stato chimico fisico del proprio mezzo interno(sangue,
linfa e liquido interstiziale); il lavoro
muscolare protratto determina gravi
alterazioni al ”mezzo interno”. L’esagerato metabolismo può provocare ipoglicemia, alterazioni del ph, perdita di
liquidi e sali; spesso si ha una notevole
perdita di cloruro di sodio con conseguente ipocloremia e iposodiemia. La
perdita di liquidi ha come conseguenza
una ipovolemia, per diminuzione del
volume plasmatico, con aumento della
viscosità del sangue, causando delle resistenze periferiche della circolazione.
Tutte queste alterazioni sono responsabili delle manifestazioni generali della
fatica, in quanto alterano il corretto funzionamento degli organi e apparati. A
livello di apparato muscolare aumenta
la soglia di eccitabilità, diminuisce l’ampiezza della contrazione ed una lentezza nella contrazione stessa. A carico del
sistema nervoso si ha una diminuzione
nella coordinazione dei movimenti, un
calo delle capacità sensoriali, un allungamento nel tempo di riflesso, un torpore e sonnolenza che possono sfociare
nella perdita di coscienza.
A livello di apparato cardiocircolatorio si manifesta tachicardia, ipotensione: a livello di apparato respiratorio compare dapprima una tachipnea,
seguita molto spesso da una marcata
dispnea. Altre alterazioni più o meno
gravi possono interessare fegato, reni e
l’apparato endocrino.
La fatica è facilitata dalle cattive
condizioni fisiche, o dalla presenza di
malattie, e a sua volta è causa predisponente di malattia.
Esistono più fattori che interagendo
tra loro influenzano la ”prestazione
sportiva” di un cane.
Vi sono dei fattori che prendono in
considerazione il patrimonio genetico
(caratteristiche ereditarie del cane) che
possono essere migliorate attraverso la
selezione genetica; la conformazione
generale del soggetto, riferendosi alla
sua costituzione fisica, all’angolazione
delle sue articolazioni e alla sua conformazione muscolo-scheletrica (es.
Rubriche
III)Alterazioni del sangue, linfa e liquido interstiziale
ampiezza della cassa toracica,sviluppo
muscolare….).
L’alimentazione come fabbisogno
energetico é un fattore specifico che
deve tener conto dal punto di vista, sia
qualitativo che quantitativo, delle richieste per svolgere al meglio il lavoro
e combattere lo stress ad esso correlato.
Quindi serve attenta valutazione della
natura delle materie prime e nella composizione della razione, tale da rendere
la dieta si altamente energetica, ma allo
stesso tempo molto digeribile e di poco
“ingombro“ a livello gastroenterico, garantendone l’appetibilità e la capacità
di mantenere un buono stato di idratazione.Rivestono importanza anche i
fattori psicologici, che comprendono la
motivazione, la resistenza allo sforzo,
la trasmissione del senso di agonismo,
la resistenza alle condizioni climatiche
avverse.
I fattori ambientali infine possono
condizionare il lavoro del cane: essi
vanno dalla tipologia del terreno, al clima e all’ambiente in cui avvengono le
competizioni.
(continua)
CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
29
Rubriche
Armi e balistica
- Sergio Facchini
C’era una volta... la doppietta
Quando le primavere hanno superato da un po’ le sessanta, è normale che durante le giornate passate a
caccia si ripensi ai primi passi ed alle
armi che ci hanno accompagnato per
molti anni. Soprattutto durante le
battute al cinghiale o l’attesa della
pastura serale dei cervi, tornano alla
mente i giorni dell’infanzia e della
prima giovinezza, quando non potevo contare su di un drilling od una
potente carabina ma semplicemente
su di una doppietta calibro 12.
La prima arma che usai fu un
monocanna Beretta cal. 36 col quale cacciavo passeri e storni appena
dietro la casa della mia nonna paterna; era un fuciletto che apparteneva
ad un mio prozio che sapeva della
mia grande passione e che mi concesse di utilizzarlo, dopo avermene
spiegato il funzionamento corretto.
Naturalmente le norme di sicurezza
venivano per prime e furono oggetto
di ripetute prove con l’arma scarica.
Non deve meravigliare il fatto che
a dieci anni lo zio mi avesse affidato un fuciletto: allora si imparava
ad andare a caccia molto presto ed
i grandi erano ben contenti di insegnare alle nuove leve, se dimostravano di avere sale in zucca, passione
e predisposizione al maneggio di un
fucile da caccia, anche se solamente
si trattava di un cal. 36.
Da ottobre fino alla fine di novembre, quasi tutte le domeniche mattina
erano dedicate a questa caccia “domestica”, che mi procurò le prime
30
CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
intense emozioni. Tanti, tanti passeri, qualche merlo e qualche storno
che si attardavano sui filari delle viti
di uva americana caddero vittime
della mini carica di pallini del n.11
che accartocciavano i piccoli volatili
senza farli soffrire, dato che sparavo
a distanze molto brevi. Le piccole
cartucce rosse “testa di cane”della
Fiocchi di Lecco furono le prime
munizioni che utilizzai fino a quando cambiai calibro qualche anno più
tardi. Risparmiando sulla mancia
domenicale e con l’aiuto di qualche
piccolo extra dei miei genitori, riuscivo quasi sempre a raggranellare
la cifra necessaria per comprare una
scatola da 25 pezzi dall’armeria del
paese che, fin quando mio padre non
fu trasferito per motivi di lavoro, divenne il mio negozio prediletto. A
dieci anni non potevo pretendere di
più ma, una volta promosso in seconda media, mi feci regalare una
carabina ad aria compressa, una
Mondial, una specie di giocattolo, se
paragonata alle tedesche Diana, che
allora costava 2.200 lire; era precisa
ed abbastanza potente e le mie prede
divennero tutte le specie di grosse
lucertole ed alcuni ratti di dimensioni notevoli, abitatori delle sponde dei canali che alimentavano le
centraline dei numerosi stabilimenti
locali. Lucertole e ratti in media Val
Seriana, passeri e storni nella Bassa
Lodigiana: mi sentivo quasi un Professional Hunter!
Memore della vecchia doppietta
Bayard Piquer di papà lucidata tante
volte e da lui venduta qualche anno
prima, divenne impellente la necessità di cimentarmi con qualcosa di
più sostenuto del cal. 36 e fu così che
di botto passai al cal.12, sempre dello zio, una vecchia e solida doppietta
Lario a cani esterni, piuttosto pesante ma ben bilanciata, con canne piuttosto corte di acciaio Cogne.
A quattordici anni, essendo alto
1,84 e del peso di 70 kg, il calibro 12
non costituì un problema e, grazie
agli insegnamenti del”maestro”, un
amico di famiglia, e del vecchio zio
imparai gran parte dei trucchi del
tiro a volo, soprattutto l’anticipo ed
il tempo di sparo che da allora in poi
si rivelò fondamentale. Per imparare
a sparare sufficientemente bene era
necessario accompagnare dei bravi
cacciatori buoni colpitori e questo lo
avevo capito presto, infatti andavo
sempre a caccia con persone molto
più anziane di me.
Raccattare selvaggina fu un’ottima
scuola iniziale che diede i suoi frutti
qualche stagione dopo.
A diciassette anni ottenni la prima
licenza di caccia ma non possedevo
ancora un fucile vero. Ci pensò mia
mamma, che sempre assecondò la
mia passione, andando a ritirare la
doppietta cal.12 di un cugino che,
per motivi di lavoro, aveva dovuto interrompere l’attività venatoria.
Quella sera divenne una delle giornate più importati della mia vita di
cacciatore: avevo tra le mani un so-
ancora. L’allenamento costante era il
miglior esercizio per catturare la migratoria che, a seconda del tempo meteorologico, variava la velocità di volo
imponendomi di adattarmi ad ogni situazione sul campo. In più di una occasione notai che, a stomaco pieno, ossia
nel pomeriggio, sparavo molto meglio,
specie quando aspettavo il rientro dei
passeri dalla campagna alle cascine:
volavano altissimi ed era necessario
anticiparli spesso di due o tre metri per
centrarli, in quanto sovente spinti dal
vento. Ma, usando delle buone cartucce originali della MB con 32 grammi di
piombo del n.11, le prede spesso erano molte, con poche padelle. Dopo tre
anni di uso continuo della doppietta
volli comprare un semiautomatico: un
48 AL a lungo rinculo della Franchi.
Commisi ancora l’errore di acquistare un fucile con una canna di 71 cm e
strozzatissimo, malgrado le iniziali
esperienze negative con la doppietta.
Ancora delusioni e la solita trafila prima di raggiungere un discreto livello
tra colpi e centri: era il prezzo da pagare
per la mia cocciutaggine, anche se potevo fare affidamento solamente sulle
mie scarse conoscenze balistiche di allora. Il Franchi 48AL era veramente un
mulo e non mi diede alcun problema
per diversi anni, anche perchè, con la
stanziale, usavo cartucce ottime come
la Legia Star Rossa che superava abbondantemente tutte le concorrenti del
tempo per efficacia sul selvatico e portata di tiro, al pari delle Walsrode che
mio zio Rino usava sempre nella sua
doppietta Lario: piombo n.4 nella canna destra per la lepre e n.7 nella sinistra
per i fagiani. La mia prima doppietta
cal.12, fabbricata nel 1953 da Gelain,
uno dei tanti artigiani della Val Trompia, rimaneva comunque la mia prefe-
Rubriche
gno realizzato, una doppietta calibro
12! Coricatomi non riuscii a prendere
sonno, tanta era l’agitazione, ma mi
calmai appoggiandola sul letto a fianco
sognando grandi avventure e viaggi.
Il giorno dopo, riavutomi dallo shock,
contemplai a lungo la mia doppietta in
ogni dettaglio; era snella, leggera, con
canne lunghe e con un calcio proporzionato ed i cani salivano senza sforzo
in monta. Provai a puntare a destra e a
manca e ne constatai il buon equilibrio;
una buona doppietta con una bascula
molto magra, tanto da farla sembrare
un calibro 16, che negli anni successivi
mi avrebbe dato molte soddisfazioni.
Era un buon fucile ma, come me ne
accorsi quasi subito, aveva delle strozzature molto accentuate: 9 decimi di
mm alla canna destra e 10 decimi alla
canna sinistra; valori assolutamente
inadeguati per la caccia vagante col
cane da ferma ed anche inadatto per
la migratoria che allora assorbiva gran
parte del mio tempo libero. Infatti, nei
primi mesi di utilizzo, collezionai una
serie infinita di padelle, ma siccome
ero testardo insistetti perchè ero sicuro
che, prima o poi, i risultati sarebbero
arrivati. Fu solamente con l’inizio della
seconda stagione di caccia che notai un
netto miglioramento nella percentuale
dei tiri andati a segno, passando da un
pesante 20 per cento ad un buon 60-70
per cento. Ci vollero un bel numero di
fucilate, ma alla fine potei ritenermi
soddisfatto, tenendo conto che ero alle
prime armi. Per risparmiare ricaricavo
le cartucce con polvere Sipe, economica
ma allora piuttosto erosiva per le canne
che andarono via via assottigliandosi a
causa del numero elevatissimo di colpi
sparati in ogni stagione. Di conseguenza passai a polveri migliori come la
MB e la JK6 ed i risultati migliorarono
CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
31
rita e se nel 1966, anziché comprare il
Franchi, avessi optato per un sovrapposto Beretta S57E che costava la stessa
cifra del semiautomatico (105.000 lire),
oggi quest’ultimo farebbe parte certamente delle mie armi da caccia. Per
dire il vero ambivo a qualcosa di ancora più bello; desideravo fortemente un
sovrapposto Beretta SO2 che spiccava
nella vetrinetta della piccola armeria
di Fiorano al Serio, più volte mostratami dal proprietario che aveva inteso la
mia traboccante passione per i bei fucili. Purtroppo le 220.000 lire per l’SO2
erano una cifra enorme per il tempo,
circa la metà del costo di una Fiat 500,
e giustamente non ebbi mai il coraggio
di chiederle a mio padre che sgobbava
anche per assecondare i miei desideri,
tant’è che il Franchi lo comprai a rate
raggranellando mance, mancette e regalie delle nonne che conoscevano il
mio impegno finanziario.
Dopo il servizio militare ed il matrimonio, presi casa in Val di Susa mentre il lavoro era a Torino. Indovinate
quale fu il primo negozio che visitai
a Torino? Naturalmente un’armeria,
quella del Sig. Peroldo nel centro città. Là vidi i primi grandi fucili da caccia a canna liscia quando mi recai per
montare l’ottica sulla prima carabina.
Nelle alte vetrinette interne potei ammirare una coppia di Stanzani, una di
Greener ed altre ancora. Passò poco
tempo, eravamo nel ‘74, e comprai una
stupenda Beretta, credo un mod.410,
che di lì a poco cambiai con una Piotti
B.S.E.E. Piuma cal.12 con canne di 70
cm e strozzature finalmente di quattro
e due stelle, uno dei migliori acquisti
della mia vita di cacciatore. Era una
doppietta fantastica, elegante, leggera,
rifinita alla grande ma costosa: 400.000
erano sempre dei bei soldi. Cacciare
32
CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
con quell’arma era un vero diletto in
quanto era sufficiente coprire il selvatico e premere il grilletto anteriore
per fare immancabilmente centro. Con
piombo del 7 e del 6 la canna destra
compiva dei veri e propri miracoli anche a distanze di 30-35 metri e di riserva la canna sinistra con piombo 5 permetteva eventuali recuperi a distanze
ragguardevoli. Cacciare col cane da
ferma e la doppietta Piotti era semplicemente fantastico, tanto era facile
colpire nel segno, ed in più era assai
leggera, sotto i 3 kg, vantaggio enorme
nelle lunghe camminate estive sotto il
sole. Sicuramente è stato il mio miglior
fucile da caccia cal.12, un’arma dal
rendimento ineguagliabile.
Anni più tardi acquistai anche una
doppietta Sarasqueta H&H, un po’ più
pesante della Piotti e non così aggraziata, anch’essa dotata di canne a 4 e
2 stelle, con la quale cacciai per alcune
stagioni con alterne fortune.
L’ultima doppietta, una Beretta
mod.409 cal.12 invero molto strozzata
con canne di 70 cm a due ed una stella,
è quella che uso correntemente nella
caccia al cinghiale. Costruita nel 1953 è
un fucile dalla linea piacevole, anche se
molto pesante, ed è rifinita in maniera
esemplare come quasi tutte le armi di
quegli anni. Con i suoi 3.550 g è una
vera roccia e puntare anche oltre i 40
m risulta facile per il perfetto bilanciamento e l’ottima distribuzione del
peso: infatti, nella caccia al cinghiale,
mi ha dato grandi soddisfazioni anche
su animali di grosso peso e in misura
del tutto particolare con quelli di peso
medio a distanze non del tutto usuali
(uno di oltre 40 kg fermato sul posto a
67 m, telemetrati). Molto probabilmente questa doppietta, acquistata usata in
perfette condizioni, era stata ordinata
per cacciare acquatici in botte, visto il
ragguardevole spessore delle canne ed
il massiccio manicotto. Sta di fatto che
finora mi ha sempre servito egregiamente e sarà al mio fianco in montagna
ancora per qualche anno, spero, nelle
mie estenuanti attese della bestia nera.
Dato che gli anni purtroppo passano velocemente e che portarsi dietro
cannoncini di peso elevato stanca non
poco, ho ritenuto di dotarmi anche di
un’arma molto più leggera che potesse
adattarsi un po’ a tutte le cacce sedentarie-alpine da me praticate negli ultimi anni. Ultimamente ho comprato un
sovrapposto P. Beretta modello Silver
Pidgeon II calibro 20 Magnum in acciaio, del peso di 2.780 g con canne di
68 cm e strozzature fisse di 4 e 2 stelle. Si tratta di un’arma bella, leggera e
ben rifinita come solamente la Beretta
sa costruire nella sua categoria di prezzo, un vero gioiellino da caccia che mi
auguro possa servirmi nelle stagioni
future. Ho montato questo fucile solamente una volta, in occasione del suo
arrivo in armeria, e non ho ancora sparato un colpo. Ridicolo direte voi, ma
per adesso mi accontento di osservarla
in ogni suo particolare, ritornando talvolta con la memoria al tempo in cui
possedere un fucile di tale fattura sarebbe stato un sogno!
Spesso mi capita di ripensare a quella sera del 1964 in cui mia madre arrivò con la mia prima doppietta, che
posai sul letto e che mi aiutò a sognare, e provo come un nodo alla gola che
stenta a sciogliersi. In fondo cos’era?
Una doppietta, nient’altro che un modesto fucile da caccia che allora per me
valeva quanto un Purdey o un Boss.
E se qualcuno si ostina a sostenere
che un fucile non è altro che un attrezzo senz’anima... lasciatelo dire...!
Educazione faunistica
- Stefania Pendezza
Con i bambini alla scoperta
del micro-mondo naturale
Provate ad immaginare un adulto
che passeggia in un bosco o in un
prato della Valle Brembana: il suo
sguardo corre lontano, segue le catene montuose, percorre pendii scoscesi ricoperti di splendidi boschi. Attraversando una foresta il suo naso è
rivolto all’insù, alle cime degli alberi
e ai rami che frammentano il cielo in
un reticolo intricato e complesso, attraverso il quale filtrano i raggi del
sole. Costeggiando un fiume il nostro camminatore si sofferma sulla
corrente impetuosa e le spumeggianti cascate di acqua cristallina.
Provate ora ad immaginare un
bimbo di 3 anni che passeggia negli
stessi luoghi in compagnia del suo
papà. Il suo sguardo sarà rivolto ad
altezza-bimbo, al terreno e al micro
mondo che rappresenta una fonte
inesauribile di scoperte. In un metro quadrato di prato o di sottobosco
possiamo trovare un’incredibile varietà di forme e colori, fauna e flora
dalle dimensioni irrilevanti per chi
ha lo sguardo sempre rivolto al macro-mondo, ma che rappresentano
un mondo di scoperte emozionanti.
Evidentemente quando il bambino
piccolo diventa adulto sembra dimenticare la bellezza di quel mondo
che un tempo era al centro delle sue
attenzioni. Un mondo da osservare,
toccare, annusare…sentire col cuore.
Crescendo viviamo proiettati nel futuro e spesso dimentichiamo di gustarci il presente, ecco forse perché
ammiriamo le vette lontane e snobbiamo una mini foresta di muschio
sotto ai nostri piedi.
Sarebbe bello se in ogni percorso di
educazione ambientale dedicato alla
fascia d’età della scuola primaria e
secondaria di primo grado, si proponesse anche qualche attività legata
al mondo delle piccole cose, per non
dimenticare quanto esse siano belle
e imparare, al contempo, quanto siano preziose nella dinamica dell’ecosistema.
Ciò che i bambini incontrano nel
micro mondo è a portata di mano:
anche i bimbi più vivaci e maldestri
diventano improvvisamente delicati
maneggiatori di piccoli tesori. Che
emozione raccogliere una piccola
chiocciola, tenerla sul palmo aperto
della mano e aspettare in silenzio
che “tiri fuori le corna”. Un tempo
le mamme insegnavano anche una
breve filastrocca a riguardo, chissà
se qualcuno fra i lettori la ricorda:
Lümàga lümaghì casa fò i tò curnì.
L’attesa… il piccolo gasteropode
che comincia a fare capolino dal suo
guscio, due antenne che si allungano…poi quattro. La sensazione di
umido solletico quando la chiocciola
comincia a misurare il palmo della
mano con movimenti impercettibili.
Che emozioni! Altro che play station…tutto questo è reale, non mediato da uno schermo.
Se poi ci si vuole immergere ancora di più nel micro mondo…cosa c’è di
meglio che proporre ai bambini (ma
anche agli adulti, perché no?) di rimpicciolirsi come novelli Lillipuziani?
Come? Beh, è semplice. Basta armarsi
di una lente, chi non l’ha fatto? Una
lente che può essere usata in vari
modi, però. Uno di questi è quello
canonico, alla Sherlock Holmes, per
intenderci. Lente in mano e via alla
ricerca di indizi: chi avrà lasciato questa traccia di alimentazione? Qui c’è
una ghianda con un buco: sarà stato il
ghiro? Il picchio? O un piccolo insetto
alla ricerca di un nido dove deporre
le uova? Cos’è quel carro armato dai
riflessi verdi cangianti che si arrampica sul tronco? Ma è un maggiolino,
ovviamente!
“Ecco
un insetto da record:
avrà almeno 1000
piedi?”, esclama un bambino. “E’ davvero bellissimo”, risponde un naturalista,
“ma attento a non offenderlo: lo hai
chiamato insetto!…lo sai che gli insetti
hanno al massimo sei zampe? Quello che se ne sta raggomitolato sul
tuo palmo è un invertebrato che appartiene alla famiglia dei miriapodi,
ed è utilissimo all’ecosistema poiché
sminuzza le foglie in piccoli pezzettini facilitando il compito dei batteri
e dei funghi, che decompongono la
materia…”.
Già, perché avventurarsi nel micro
mondo significa anche apprendere
nozioni che, se toccate con mano,
non sono più mere astrazioni, ma
vita reale, connessioni tra esseri
viventi, legami invisibili che appaiono all’improvviso chiari e quasi
palpabili.
Se poi ci si vuole immergere completamente in un mondo nuovo e
ricco di emozioni, la lente può essere
usata anche in un altro modo: provate ad avvicinarla al vostro occhio,
tanto vicino da far sì che occupi interamente il vostro campo visivo.
Tenendo l’altro occhio chiuso ciò che
vi circonda apparirà completamente
sfuocato. E’ come inforcare occhiali
troppo potenti, un senso di nausea
e di mal di testa comincerà ad assalirvi, ma non scoraggiatevi. Se ci
avviciniamo abbastanza al micro
mondo con la lente attaccata all’oc-
CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
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chio, allora tutto cambierà. Provate a
distendervi in un prato e osservare
il mondo così. Tutto ciò che vedrete
apparirà improvvisamente chiaro,
nitido… ed enorme e voi vi sentirete come insetti alla scoperta di un
territorio inesplorato. Gli steli delle
margherite appariranno tronchi di
strane palme dalle foglie bianche, un
piccolo buco nel terreno sarà l’antro
di qualche animale misterioso, una
formica apparirà come un mostro
uscito da un film di fantascienza.
Ecco un ragnetto che vi osserva da
sotto una foglia di tarassaco. Piccoli
peli argentati ricoprono le sue otto
zampette (attenti, anche lui non è un
insetto, ma un aracnide!).
Ora qualcosa avanza tra le piantine del sottobosco! Dapprima è una
figura vaga, è ancora sfuocata vista
nella lente. “Per tutti i fossili!!! Un
dinosauro si avvicina a passo deciso
verso di me!!!”, esclama una bambina. No, niente paura. E’ soltanto una
splendida salamandra pezzata a caccia di insetti e vermi, di cui è molto
ghiotta. Gli inglesi la chiamano Fire
Salamander, poiché una leggenda
vuole che essa nasca dalle ceneri ancora ardenti di un fuoco. Un’Araba
Fenice nostrana… e altrettanto affascinante, con quel suo incedere flessuoso e con quelle macchie gialle,
tutt’altro che un vezzo da primadonna. Esse indicano ai possibili predatori la propria velenosità. Un’arma
dissuasiva molto più efficace di aculei, artigli o corazze.
Passato questo anfibio dai colori
vivaci, proseguiamo il nostro micro
cammino: davanti alla lente appaiono due enormi antenne paraboliche rivolte al cielo, forse in ascolto
di segnali provenienti dallo spazio.
Cosa sono? Semplici funghi…semplici? Come se fossero cosa da poco! I
funghi sono tra gli organismi più importanti dell’ecosistema: essi decompongono gli esseri morti e donano
nuovi nutrienti agli esseri vivi. Ad
ognuno di essi dovremmo conferire
il premio di fungo riciclone!
Che meraviglia viaggiare nel micro mondo, quante cose per cui
emozionarsi e quante nozioni da apprendere.
Ci auguriamo che la prossima volta che osserverete uno splendido panorama di cime innevate, vi ricorderete delle sorprese che vi attendono
proprio accanto ai vostri piedi.
Buon micro viaggio!
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CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
Proposte di lettura
- Luigi Capitanio
Siamo in piena estate. Tutti
noi… chi più chi meno… in
questo periodo si concede un
breve periodo di riposo. Fra
poco si riparte con l’attività
venatoria e, noi cacciatori,
utilizziamo il nostro tempo
libero per riordinare tutto ciò
che concerne la caccia. Chi
pratica la propria attività al
capanno è impegnato nelle operazioni di sfalcio, di
sostituzione delle pertiche
trasversali e quant’altro,
per finire poi con i ritocchi
al locale per rendere più
confortevole l’attesa dei
migratori. Chi poi caccia
con il cane, trova in questo periodo di vacanza e di
pre-apertura la necessità
di perfezionare la propria
forma fisica e di rifinire la preparazione del proprio compagno d’avventura.
Tutti insomma siamo presi dalla febbre dell’apertura.
Consigliare pertanto di impegnare un po’di tempo anche per la lettura….. ci si sente un po’fuori posto…… Durante le ore più calde di questo periodo però, ho trovato modo di rimanere al fresco con una buona
bibita e, mi sono ritrovato a leggere un piccolo volume che una ragazza
toscana (cacciatrice come pochi!!!) mi ha prestato tempo fa.
Il libro, “Oggi i’cignale sa leggere e scrivere” è scritto in modo magistrale da Crista Bertelli, insegnante, laureata in Dialettologia e già
impegnata in ricerche di carattere linguistico.
L’autore, in questa sua opera, prende in esame esaltando, la caccia al
cinghiale sul Pratomagno della valdarno. Traccia con grande attenzione,
mettendo in risalto, l’evoluzione dalla nascita alla propria affermazione
di tre squadre di cinghialai. In questo suo scritto, analizza per intero la
dialettica usata e considerata “vecchia”, pertanto proveniente da una
tradizione sedimentata nel tempo, accostandola all’uso di termini tecnici “nuovi”, pertanto presi da altri ambiti per la necessità del mondo venatorio di modernizzare e rendere più funzionale una dialettica legata
ad una attività di caccia in via d’espansione.
La pubblicazione di quest’opera, va sottolineato, è stata possibile grazie all’iniziativa del Comitato Regionale Toscano dell’UNAVI e del suo
presidente. Un punto in più in favore del mondo venatorio dunque, che
ne ha compreso il significato ed apprezzato gli intenti della ricerca.
Edito da: Centro Editoriale Toscano nel 2002 per Greentime.
In vendita nelle migliori librerie o richiedendolo direttamente a
“Centro Editoriale Toscano” tel. 055.350.530 Firenze
Pagine d’autore
- Annibale Facchini
La prima edizione de “I racconti della beccaccia “ viene pubblicata nel 1883. Guy de Maupassant descrive le serate di un gruppo di amici
cacciatori che si riuniscono per piacevoli banchetti nel castello del Barone des Ravots.
In autunno, a fine pasto, una vecchia usanza imponeva ai commensali di lasciare tutte le teste delle beccacce mangiate in un grande
piatto.
Il barone prendeva poi una delle teste con relativo becco, la trafiggeva con un ago, infilava l’ago su un tappo. Con una serie di stuzzicadenti
posati a bilanciere sul collo di una bottiglia formava poi una sorta di roulette che indicava con il becco il fortunato che avrebbe gustato il
massimo delle delizie culinarie: le teste delle beccacce riscaldate sulla fiamma di una candela.
Finite le teste, per sdebitarsi, il vincitore doveva raccontare una storia per allietare i commensali.......
Un gallo cantò
La signora Berthe d’Avancelles aveva sino a quel momento
respinto tutte le istanze del suo disperato amministratore, il
barone Joseph de Croissard. Durante l’inverno, a Parigi, egli
l’aveva ardentemente perseguitata, ed ora dava per lei feste e
cacce nel suo castello di Carville, in Normandia.
Il marito di lei, il sig. d’Avancelles, non vedeva nulla, come
il solito. Si diceva vivesse separato dalla moglie, a causa di
una debolezza fisica che la signora non gli perdonava. Era un
ometto grasso, calvo, dalle braccia e dalle gambe corte, dal
collo corto, dal naso corto, corto di tutto insomma.
La signora d’Avancelles era invece una giovane alta e bruna, energica, che rideva di una risata sonora in faccia al suo
signore, il quale la chiamava in pubblico “signora Popone”;
e guardava con una cert’aria provocante e tenera le spalle
larghe e il collo robusto, i lunghi baffi biondi del suo titolato
spasimante, il barone Joseph de Croissard. Tuttavia non gli
aveva ancora concesso nulla. Il barone si rovinava per lei. Erano continue feste, cacce, nuovi svaghi cui egli invitava tutta la
nobiltà dei castelli vicini.
Tutto il giorno i cani correvano e urlavano per i boschi inseguendo la volpe o il cinghiale, ed ogni sera abbaglianti fuochi d’artificio s’alzavano a unire alle stelle i loro pennacchi di
fuoco, mentre le finestre illuminate del salone gettavano sulle
vaste aiuole strascichi di luce sui quali si vedevano passare
ombre.
Era autunno, la stagione fulva. Le foglie volteggiavano sui
prati come stormi di uccelli. Si sentivano indugiare nell’aria
profumi di terra umida, di terra spoglia, come si sente un
odore di carne nuda, quando dopo il ballo una donna lascia
cadere l’abito.
Una sera, in una di queste feste, alla fine della primavera,
la signora d’Avancelles aveva risposto al signor de Croissard
che l’aveva tormentata con le sue suppliche:
- Se debbo cadere, amico mio, non avverrà prima della
caduta delle foglie. Ho troppe cose da fare quest’estate, per
averne il tempo.
E lui si era ricordato di quella frase scherzosa e ardita; ed
ogni giorno spingeva più oltre la corte, e guadagnava terreno
nel cuore della bella audace, che non resisteva più, che pareva
rsistesse ormai solo per formalità.
Doveva aver luogo una grande caccia. E, la vigilia, la signora Berte aveva detto scherzando al barone:
- Barone, se ucciderete l’animale, avrò qualcosa da darvi.
Sin dall’alba, egli fu in piedi per scoprire ove si fosse rintanato il cinghiale. Accompagnò i suoi battitori, dispose i cavalli
per il cambio, organizzò ogni cosa lui stesso per preparare il
proprio trionfo; e , quando i corni dettero il segnale della partenza, comparve in un elegante abito da caccia rosso e oro,
con i fianchi stretti, il busto ampio, l’occhio radioso, fresco e
forte come se si fosse appena levato dal letto.
I cacciatori partirono. Il cinghiale, stanato, perse a fuggire,
inseguito dai cani urlanti attraverso la macchia; e i cavalli presero a galoppare, portando sugli stretti sentieri del bosco le
amazzoni e i cavalieri, mentre, sulle strade molli di umidità,
correvano senza rumore le carrozze che accompagnavano da
lontano la caccia.
La signora d’Avancelles, per malizia, trattenne il barone
presso di sé, indugiando, al passo, in un largo viale interminabilmente diritto e lungo, fiancheggiato da quattro file di
querce che lo ricoprivano quasi componendo una volta.
Fremente d’amore e d’inquietudine, con un orecchio egli
ascoltava lo scherzoso chiacchierio della giovane signora, e
con l’altro seguiva il suono dei corni e i latrati dei cani che
s’allontanavano.
- Non mi amate dunque più? – diceva lei.
E lui rispondeva:
- Come potete dire una cosa simile?
Lei riprendeva:
- Eppure sembra che la caccia v’interessi più di me.
Lui gemeva:
- Non avete, forse, ordinato che io stesso abbatta l’animale?
E lei aggiungeva, seria:
- Ma io lo spero. Dovete ucciderlo davanti a me.
Allora lui fremeva sulla sella, spronava il cavallo, che scattava, e perdendo la pazienza:
- Ma perdinci, signora! Non sarà mai possibile, se rimaniamo qui!
CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
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Poi lei gli parlava con tenerezza, posandogli una mano sul
braccio, o accarezzando distratta la criniera del suo cavallo.
Poi, ridendo, gridava:
- Eppure dovete farlo… altrimenti…. Peggio per voi.
Voltarono a destra in una stradicciola coperta, e ad un tratto, per evitare un ramo che sbarrava il cammino, ella si chinò
su di lui, tanto vicino che egli sentì sul collo il solletico dei
capelli di lei. Allora brutalmente l’abbracciò, e posandole i
grossi baffi sulla tempia, la baciò con un bacio furioso. Lei
non reagì dapprima, rimanendo così sotto quell’appassionata
effusione; poi con una mossa brusca voltò la testa, e sia per
caso sia per intenzione, le sue piccole labbra incontrarono le
labbra di lui, sotto la cascata dei peli biondi. Allora, confusa o
presa dal rimorso, elle frustò il fianco del cavallo, che filò via
di gran galoppo. Proseguirono così a lungo, senza neppure
scambiarsi uno sguardo.
Il tumulto della caccia si andava avvicinando; i cespugli
parevano fremere, e, scuotendo i cani che gli si attaccavano
addosso, passò il cinghiale.
Allora in barone, con un’esclamazione di trionfo, gridò:
- Chi mi ama mi segua!
E scomparve nella macchia, come se la foresta lo avesse inghiottito.
Quando arrivò, alcuni minuti dopo, in una radura, la donna
vide il barone rialzarsi, infangato, con la giacca strappata, le
mani sanguinanti, mentre la bestia distesa a terra aveva il coltello da caccia infitto sino al manico nella groppa.
Il pasto dei cani si effettuò alla luce delle torce, in una notte dolce e malinconica. La luna ingialliva la fiamma rossastra
delle fiaccole che offuscavano la notte con il loro profumo
resinoso. I cani mangiavano le interiora puzzolenti del cinghiale e latravano, e si azzuffavano. E i battitori e i gentiluomini cacciatori, radunati in circolo intorno al cinghiale ucciso
suonavano il corno a pieni polmoni, La fanfara passava nella
notte chiara sopra i boschi, ripetuta dagli echi che si perdevano nelle valli lontane, destando i cervi irrequieti, le volpi
squittenti, disturbando nelle loro scorribande i coniglietti grigi, sull’orlo delle radure.
Gli uccelli notturni volavano, spaventati, sopra la muta ansante e agitata. E le donne, intenerite da tutta quella dolcezza
e da quella violenza, appoggiandosi leggermente al braccio
degli uomini, si allontanavano già per i viali, prima che i cani
avessero finito il loro pasto.
Illanguidita da quella giornata di fatica e di amore, la signora d’Avancelles disse al barone:
- Volete fare un giro nel parco, amico mio?
Lui, senza rispondere, tremante e sfinito la trascinò via.
E subito si baciarono. Camminavano a passi lenti, sotto i
rami quasi spogli che lasciavano filtrare i raggi della luna; e il
loro amore, il loro desiderio, il loro bisogno di stringersi erano diventati tanto veementi, che quasi caddero ai piedi di un
albero.
I corni non suonavano più. I cani sfiniti dormivano nel canile.
- Torniamo a casa, - disse la donna.
Si avviarono.
Poi, quando furono davanti al castello, lei mormorò con
voce esile:
- Sono tanto stanca, che vado a letto, amico mio.
E mentre egli apriva le braccia per un ultimo bacio, lei fuggì, gridando come addio:
- No… vado a dormire… chi mi ama mi segua!
Un’ora dopo, mentre tutto il castello, immerso nel silenzio,
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CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
pareva morto, il barone uscì a passi furtivi dalla sua camera, e
andò a grattare alla porta dell’amica.
Poiché non rispondeva, cercò di aprire. La porta non era
chiusa col catenaccio.
La donna stava sognando, appoggiata al davanzale della
finestra.
Egli le si gettò ai ginocchi e glieli baciò perdutamente attraverso la veste da camera. Lei non diceva nulla, e affondava
carezzevolmente le dita sottili nei capelli del barone.
Poi, all’improvviso, svincolandosi come se avesse preso una
grande risoluzione, mormorò audacemente, ma sottovoce:
- Torno subito, aspettatemi.
E con il dito teso nell’ombra indicava in fondo alla camera
la macchia bianca e vaga del letto. Allora, a tentoni, sossopra,
con le mani tremanti, egli si spogliò in fretta ed entrò nelle
lenzuola fresche. Si distese con delizia, dimenticando quasi
l’amica, tanto piacere provava in quella fresca carezza del lino
sul corpo stanco per il moto.
La donna non tornava, tuttavia, certamente, divertita di
farlo aspettare e languire. Lui chiudeva gli occhi, in preda
ad uno squisito benessere; e sognava dolcemente, nell’attesa deliziosa della cosa tanto desiderata. Ma a poco a poco le
membra gli si intorpidirono, la mente si assopì, i pensieri divennero incerti, vaghi. La grande stanchezza infine lo vinse;
si addormentò.
Dormì di un sonno pesante, dell’invincibile sonno dei cacciatori estenuati. Dormì sino all’aurora.
Ad un tratto, dalla finestra ch’era rimasta socchiusa, un gallo appollaiato su un albero vicino, prese a cantare. Allora, bruscamente, sorpreso del grido sonoro, il barone aprì gli occhi.
Sentendo accanto a sé un corpo femminile, e trovandosi in
un letto che non riconosceva, sorpreso, non ricordandosi più
nulla, balbettò, nell’incertezza del risveglio:
- Come? Dove sono? Che c’è?
Allora lei, che non aveva dormito, guardando quell’uomo
spettinato, con gli cocchi arrossati, le labbra tumide, rispose
con il tono altero con il quale soleva parlare al marito:
- Non è nulla. È un gallo che canta. Riaddormentatevi, signore, non vi riguarda.
…l’uomo, si sa, è nato cacciatore. Cacciatore in tutti i sensi. Alcune volte però la tanto agognata preda sfugge proprio quando sembra
già nel carniere.
Racconti
Il merlo acquaiolo
- Romano Pesenti
Un merlo? Via, e chi ci crede? Che burloni questi ornitologi! Del merlo gli mancano appunto i più essenziali
attributi: quasi non ha coda; non ha gialli né il becco né le
zampe; è più grigio che nero; non toccherebbe una ciliegia
per tutto l’oro del mondo, e non canta; anzi e forse il più
silenzioso degli uccelli.
Però è tanto meno volgare e più simpatico del rumoroso
suo omonimo.
L’avete visto, sui limpidi torrenti delle Alpi, nei siti più
nascosti, nelle gole più pittoresche?
Non pensavate a lui, ve n’andavate cauti e guardinghi
pescando le trote e lì, a un palmo dai vostri piedi, di sotto
a un macigno lambìto dall’acqua, eccolo scattar via come
una freccia, radendo con volo
basso la corrente al centro del
torrente, scendere o risalire velocissimo con un volo perfettamente rettilineo.
Qualche volta, tu, nel silenzio
più assoluto del torrente, tutto
concentrato e attento al lancio
del cucchiaino o al recupero dello
stesso, al suo veloce passaggio hai
un sobbalzo di sorpreso, come se
un diavoletto improvviso ti volesse giocare un brutto scherzetto.
Vola per una cinquantina di
metri, si rimette in piedi sopra un
sasso e se ne sta fermo, impettito,
mostrandovi il suo sparato bianco
del sottogola. Sembra guardarvi
pescare e non si sa se lo fa per giudicare la vostra tecnica di lancio o
per vedere se gli rubate dal torrente una sua preziosa trotella.
L’anno scorso, seduto sotto un
cespuglio di nocciolo, mentre, per
un lancio maldestro e mal calcolato, ero tutto intento a
sbrogliare il filo malamente attorcigliato, come una freccia
un acquaiolo mi piombò vicino su un sasso del torrente.
Non si accorse di me; ristette guardingo per un attimo,
poi si tuffò nella pozza e, dopo un’ardita esplorazione subacquea, riemerse a galla più avanti, asciutto e disinvolto,
saltellando tranquillo su un sasso sporgente.
Così come era comparso, improvvisamente ripartì di
scatto, come un missile, con quel suo caratteristico volo
rettilineo ed equidistante dalle sponde.
Dicono che le sue piume siano leggere e soffici come il
piumino di un’oca, ed è forse grazie ciò che nuota e s’immerge senza problemi nell’acqua. Certamente là sotto trova la maggior parte del suo sostentamento ed è per questo
che il buon Dio l’ha fatto perfetto subacqueo.
Mentre ero concentrato su queste riflessioni zoologiche,
all’improvviso un mer1o, e questa volta un merlo vero,
starnazzando e chioccolando a squarciagola, rumoroso e
sguaiato come sempre, attraversò il mio torrente... e così
ripresi a pescare.
Tratto da “ROBERTO LEMMI, EMOZIONI DIPINTE”,
per gentile concessione dell’Editore Olimpia.
Disegno: Stefano Torriani
CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
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In cucina
- Flavio Galizzi
ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE
ALBERGHIERO
SAN PELLEGRINO TERME
3° CONCORSO DI CUCINA 2009
Il tema di quest’anno, molto caro sicuramente a tutti i cacciatori della nostra Valle, è stato dedicato al Tordo. Ovviamente ai
giovani studenti del terzo anno era stato dato un imput legato alla tradizione bergamasca, ma anche regionale italiana, affinché
potessero spaziare con le loro proposte e facessero nello stesso tempo lo sforzo di andare a rivisitare le vecchie ricette tradizionali locali.
Per tutti loro è stato assai interessante e stimolante, e le ricette realizzate sono state veramente degne di una cucina tradizionale che si affaccia su un orizzonte nuovo, fatto di stimoli e di ricerca di nuovi abbinamenti, di nuovi sapori, di nuovi modi di
presentare un piatto, degni del livello di preparazione che raggiungono gli studenti dell’Istituto Alberghiero di San Pellegrino
Terme.
Lo scopo del Concorso che da alcuni proponiamo agli studenti dell’IPSSAR è quello di promuovere una cultura gastronomica
legata alla tradizione venatoria e al territorio, con uno sguardo aperto alla promozione e al recupero di una gastronomia che
tanto cara è stata ai nostri padri, e che merita di essere rivalutata nel suo aspetto culturale e di essere rivisitata in chiave moderna per rappresentare anche per il territorio bergamasco una risorsa in più legata al turismo e alla cultura locale.
In vista del passo autunnale del tordo vi proponiamo le quattro ricette che sono risultate vincitrici, in ordine 1° classificato,
2° classificato, 3°/4° classificati ex equo, ringraziando, oltre gli alunni partecipanti, la Preside Prof. Silvana Nespoli, che ci ha
ospitati con la classe che contraddistingue la storia dell’Istituto, i professori di cucina che hanno guidato e consigliato gli allievi
nelle loro scelte, in particolare il Prof. Carlo calvetti e la Vice Preside, il personale dell’Istituto e gli sponsor, senza i quali queste
iniziative troverebbero difficoltà a concretizzarsi.
NIDO DI POLENTA
CROCCANTE CON
JAMBONETE DI TORDO
E FUNGHI
Davide Perico, di Ponteranica
INGREDIENTI per 5 persone
10 tordi
150 gr. di salsiccia
200 ml di panna fresca
70 gr. di burro
70 ml di vino bianco
100 gr. di pancetta
10 gr. di funghi
250 gr. di farina di masis
salvia q.b.
sale / pepe
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CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
Procedimento:
Pulire e lavare i tordi, asciugarli (se ci sono residui di piume fiammeggiare),
dividere le cosce e il petto, privarle della pelle. Bardare le cosce con la pancetta, porle in un rondò (padella rotonda con bordi alti) con burro spumeggiante
e salvia, far rosolare, sfumare con vino bianco, aggiungere la panna, la salsiccia sgrassata e ultimare la cottura con brodo per circa 30 minuti.
Aprire il petto a libro, mettere la salsiccia e una foglia di salvia, arrotolare con
carta pellicola, cuocere a vapore a 100° per 15 minuti circa.
A parte preparare i funghi porcini lavati e tagliati a listarelle nel senso della
lunghezza, farli saltare con una noce di burro e uno spicchio d’aglio, una manciata di prezzemolo tritato e un filo di panna.
Per il nido di polenta croccante, preparare la polenta e una volta cotta lasciarla
raffreddare e passarla allo schiaccia patate direttamente sulla placca da forno
e infornare a secco a 200° per circa 7 mimuti, tenendola osservata.
Presentazione:
Mettere al centro del piatto il nido con all’interno qualche porcino e le cosce, al
suo fianco il petto scaloppato e nappato con la salsa di cottura. Guarnire con
prezzemolo riccio e riccioli di pancetta croccante. Servire ben caldo.
TORDI DELL’ORTO CARDUCCIANO
Roberto Perico, di Presezzo
INGREDIENTI per 4 persone
Per i tordi
8 tordi
200 gr. di burro
100 gr. di pancetta
15 foglie di salvia
Brandy per fiammeggiare
Per il risotto
8 manciate di riso Carnaroli
brodo, olio, cipolla, grana e sale q. b.
1 bicchiere di Valcalepio
1 mela renetta
1 frutto di melograno
succo di melograno
Procedimento:
Asciugare i tordi puliti e lavati con un panno asciutto.
Prendere la pancetta, la salvia e i tordi ed infilzarli in uno stecco fino a 4 per spiedino.
In un rondò sciogliere il burro e far prendere colore ai tordi, fiammeggiare con il brandy e lasciare i tordi a bagno nel burro
a fiamma bassa.
Preparare il riso rosolandolo con olio e cipolla tritata, bagnare con il vino e farlo evaporare.
Una volta rosolato aggiungere il brodo, la mela renetta sbucciata e grattugiata grossolanamente, farla sciogliere e quando è
pronto mantecare con il burro di cottura dei tordi e poco formaggio grana.
Una volta mantecato aggiungere il semi del melograno e il succo.
Servire con due tordi sopra e bagnare con del burro sciolto.
TORDI ALLA PANNA CON RIPIENO DI SALSICCIA E CASTAGNE
Lorenzo Locatelli, di Stabello, Zogno
INGREDIENTI per 5 persone
10 tordi
500 gr. di castagne
100 gr. di pancetta
Procedimento:
100 gr. di salciccia
1 mela
50 ml. di grappa
500 ml. di panna
50 gr. di burro
200 gr. di parmigiano grattugiato
1 uovo
sale, pepe e
noce moscata q.b.
3 foglie di alloro
800 gr. di patate
Si prepara prima il ripieno: sbollentare le castagne per pochi minuti, unire alla salciccia rosolata e legare il tutto con un
uovo, formaggio grattugiato e condire. Se necessario, per ammorbidire, aggiungere della panna.
Riempire i tordi e avvolgerli molto bene nella pancetta, se necessario fermare le gambe con uno stuzzicadenti per evitare
che il ripieno fuoriesca durante la cottura. Tenere il sugo di cottura allungato con la panna.
Cuocere in un rondò ampio a fuoco medio per circa 15/20 minuti; durante la cottura aggiungere una mela a pezzettini e
innaffiare con la grappa, facendo ben attenzione di farla evaporare.
Nel frattempo preparare le patate “paglia” tagliandole a listarelle molto sottili e friggerle, così che nella presentazione facciano sia da contorno, sia da guarnizione formando al centro del piatto un nido dentro il quale presentare i tordi; bagnare
con la salsa alla panna.
TORDI CON FUNGHI E CREMA DI ASPARAGI
Cristofer Pellegrinelli, di Barzana
INGREDIENTI per 5 persone
10 tordi
400 gr. di asparagi
400 gr. di funghi porcini
2 dl. di panna fresca
50 gr. di cipolla
100 gr. di sedano
100 gr. di carote
2 spicchi di aglio
Sale, pepe e noce moscata q.b.
Procedimento:
Si cuociono gli asparagi a vapore, si tolgono e si frullano con la panna, si aggiustano di sapore con sale, pepe e noce moscata.
A parte si prepara un fondo con olio, sedano, carote, cipolle e aglio. Si mettono i tordi e si fanno saltare fino a cottura ultimata.
Si puliscono i funghi e si tagliano a lamelle; si cuociono in padella aggiungendo poi la panna.
Si compone il piatto disponendo i tordi e i funghi, guarnendo con la crema di asparagi.
CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
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Avvenimenti e iniziative
- Angelo Bonzi
Ripristini ambientali
Il termine ripristino ambientale, se
scomposto singolarmente, sembrerebbe evocare il recupero di qualcosa legato alla natura, o all’ambiente
danneggiato da un qualche cosa
che ne abbia compromesso le caratteristiche originali.
In molte realtà invece il lavoro dell’uomo si rende necessario
per permettere all’uomo stesso di
convivere in modo coerente con
la natura stessa, e senza interagire troppo profondamente di trarne
dei vantaggi sociali, culturali, e in
molte realtà anche economici, da un
contesto nel quale siamo all’apice
della catena biologica.
Ho utilizzato questa premessa per
introdurre il lettore su un argomento che di solito utilizzano i cosiddetti ecologisti per pubblicizzare le
loro campagne elettorali ma che in
realtà, se non vi è un’adeguata remunerazione, si propongono gratuitamente solo cacciatori, pescatori,
alpini, o qualche ente benefico per
svolgere un lavoro duro ma socialmente utile.
Ritengo giusto gratificare pubblicamente, tramite il nostro giornale,
i cacciatori del C.A. Valle Brembana
che durante l’anno si impegnano a
mantenere sfalciati, decespugliati e
ripristinati, anche con interventi di
notevoli portata, i nostri sentieri,
dei quali poi ne fanno utilizzo tutti:
residenti, villeggianti e quant’altri
desiderosi di visitare i nostri bellissimi luoghi.
Ricordo inoltre che il C.A. mette a
disposizione un fondo apposito da
utilizzare per questo fine, pertanto
presentando una adeguata documentazione che dimostri l’utilità
dell’intervento si può usufruire di
un contributo economico per finanziare una parte dell’opera.
Noi cacciatori, ma in ugual modo
tutti i nostri valligiani, siamo particolarmente schivi nel documentare
attraverso i sistemi di informazio-
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CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
ne queste nostre iniziative. Ritengo
questo una grossa lacuna, che ci penalizza in termini di visibilità, e non
valorizza in modo adeguato il cacciatore come amante della natura.
Sono anche
convinto che per
costruire un progetto vincente si
debbano coinvolgere le nuove generazioni, magari attraverso un
percorso di ricerca e di sviluppo
nelle le scuole, affinché si faciliti la
crescita e la consapevolezza civile e
culturale dei ragazzi su queste problematiche.
Medagliere Valle Brembana: si è conclusa
con successo anche la 14ªedizione
- G.B. Gozzi
IL SETTER BERRY VINCE E
CONFERMA IL SUCCESSO DEL
2008
Lo scorso 12 luglio, a Blello ha avuto
luogo la 5^ ed ultima prova del Medagliere Valle Brembana edizione 2009, organizzata, con il solito impegno dalla sezione A.N.N.U. di Gerosa, il vincitore di
giornata è stato l’ eccellente setter inglese
Tartalky’s Guil, di proprietà di Tironi Antonello e condotto da Mazzoleni Mauro.
Anche per l’ edizione appena conclusa,
gli organizzatori non possono che essere
soddisfatti del buon esito della manifestazione, che rappresenta da sempre una
valida occasione di confronto tra gli appassionati cinofili della provincia e non
solo. Come il buon vino, invecchiando
anche il Medagliere migliora sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
Infatti nonostante le varie competizioni
che spesso si sovrappongono e la crisi
economica che in qualche misura frena la
partecipazione, tutte le prove hanno dimostrato una buona partecipazione numerica ed anche dal punto di vista della
qualità dei soggetti presentati ogni anno
si evidenziano soggetti in crescita e meritevoli di grande attenzione.
L’edizione 2009, si è sviluppata come
detto su 5 prove organizzate dalle Associazioni venatorie presenti sul territori,
ed ha visto vincitore finale del torneo il
setter Berry di Fiorona Roberto di San
Giovanni Bianco con punti 52, bissando
così il successo ottenuto nell’ edizione
del 2008, al secondo posto il setter BLU
di Mosca Fausto di San Giovanni Bianco
con punti 26, al terzo il setter Sky sempre
di Fiorona Roberto con punti 22, al quarto
posto Tartalky’s Guil di Tironi Antonello
di Peja con punti 22 (da regolamento per
la classifica finale, a parità di punteggio,
avanza il cane più giovane) ed in fine al
quinto la setter femmina Onda di Vitali
Eugenio di Taleggio.
La manifestazione ha come finalità, attraverso il lavoro dei selezionatori/conduttori e degli esperti giudici, la selezio-
ne zootecnica del cane da ferma che nei
sette minuti di durata del turno di gara
deve dimostrare la propria capacità nel
reperire il selvatico, all’uopo liberato, manifestando nel contempo le caratteristiche
proprie della razza di appartenenza.
Valore aggiunto della manifestazione
non essendo previsto l’abbattimento della selvaggina liberata è l’incremento faunistico sul territorio.
CLASSIFICA FINALE MEDAGLIERE
BERRY STM DI FIORONA ROBERTO
PUNTI 52
BLU STM DI MOSCA FAUSTO
PUNTI 26
SKY STM DI FIORONA ROBERTO
PUNTI 22
TARTALKY’S GUIL DI TIRONI ANTONELLO
PUNTI 22
ONDA STF DI VITALI EUGENIO
PUNTI 20
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Mercoledì 7 Ottobre
Dott. Bruno Bassano
Medico Veterinario
Responsabile Servizio sanitario e Ricerca scientifica
Parco Nazionale Gran Paradiso
“Effetti climatici e ambientali sulla popolazione di stambecco
del Parco Nazionale Gran Paradiso”
Moderatore
Prof. Paolo Lanfranchi
Lo stambecco delle Alpi rappresenta un modello di grande interesse per lo studio degli
effetti dei cambi climatici a livello alpino. La sua biologia e Life History suggeriscono
l’ipotesi di una specie relegata “a forza” sulle Alpi e quindi particolarmente sensibile agli
effetti della neve e del clima. L’altezza della neve condiziona la dinamica di popolazione di
questa specie, e ne condiziona gli spostamenti durante la stagione degli amori e alcuni
effetti del riscaldamento globale potrebbero essere la causa dell’attuale declino di alcune
popolazioni dell’arco alpino.
Mercoledì 14 Ottobre
Dott. Luca Pellicioli
Medico Veterinario
Università degli Studi di Milano
“Esperienze di ricerca scientifica applicata a popolazioni
di ungulati selvatici alpini: il modello delle Alpi Orobie”
Moderatore
Dott.ssa Alessandra Gaffuri
Il notevole incremento demografico di ungulati selvatici avvenuto negli ultimi decenni sulle
Alpi Orobie ha portato alla nascita di nuove ed emergenti problematiche, anche di ordine
sanitario, legate alla corretta gestione della fauna selvatica. In questi anni, attraverso l’attivazione e la realizzazione di piani di monitoraggio sanitario ed attività di ricerca scientifica è stato possibile approfondire gli aspetti sanitari, metabolici
e parassitologici della popolazione di ruminanti selvatici presenti sul territorio orobico e
sviluppare idonee misure di conservazione del patrimonio faunistico.
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CACCIAINVALBREMBANA - Rubriche
COMPRENSORIO VENATORIO
ALPINO VALLE BREMBANA:
Enrico Bonzi – Presidente
Lino E. Ceruti - Rappresentante Provincia
Pietro Milesi – Rappresentante Comunità Montana
Angelo Bonzi – Rappresentante CPA/ANLC
Teofano Boffelli – Rappresentante ANUU
Giuseppe Bonomi – Rappresentante F.I.D.CCarlo Milesi – Rappresentante F.I.D.CAthos Curti – Gruppo Cinofilo Bergamasco
Giovanni Morali – Rappresentante C.A.I.
Bruno Calvi – Rappresentante C.A.I.
Antonio Locatelli – Rappresentante Coldiretti
Sperandio Colombo - Rappresentante Coldiretti
COMMISSIONI:
Avifauna tipica alpina: Presidente sig. Piergiacomo Oberti
Ungulati: Presidente sig.Gian Antonio Bonetti
Lepre: sig. Midali Cristian
Capanno: sig. Umberto Arioli
Stanziale ripopolabile: sig.Luigi Poleni
SEDE:
Lenna (BG) – Piazza IV Novembre, 10– tel./fax 034582565
www.comprensorioalpinovb.it - e-mail : [email protected]
Segretaria : Alba Rossi
Orari di apertura: Mercoledì, Giovedì e Venerdì: dalle 9.00 alle 12.30
e dalle 14.00 alle 16.30 - Sabato dalle 9.00 alle 12.30
ASSESSORATO PROVINCIALE
SETTORE CACCIA E PESCA
Via San Giorgio – tel. 035387700
Assessore Sett. Caccia e Pesca – Luigi Pisoni
Ufficio Tecnico Caccia e Pesca
Dirigente – Alberto Cigliano
Collaboratori tecnico faunistici – Giacomo Moroni – Alberto Testa
Servizio di Vigilanza Provinciale
Responsabile – Gian Battista Albani Rocchetti
Collaboratori – Bruno Boffelli, Cristiano Baroni
SERVIZI DI PUBBLICA UTILITÀ
Pronto Soccorso Sanitario
Ospedale Civile S. Giovanni B.: Tel. 034527111
Centro antiveleni – Ospedali Riuniti di Bergamo:
Tel 035269469 (Tel 118)
Soccorso Alpino CAI – Elisoccorso: Clusone:
Tel. 034623123
Pronto Soccorso Veterinario – BG
Via Corridoni 91 - Tel. 035362919
Corpo Polizia Provinciale:
numero verde 800350035
Emergenza Sanitaria; Tel. 118
Vigili del fuoco: Tel 115
CACCIAINVALBREMBANA
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disponibile - Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana