Provincia di Modena e Caccia
Problemi, mancanze e omissioni
Problemi – Chi ha denunciato le mancanze?
Tutti coloro che si sono trovati a dover interagire o a dover
subire le scelte della Provincia in materia di caccia hanno
denunciato problemi di varia natura, quando non mancanze
ed omissioni.
Tutti
• Associazione ambientaliste e protezioniste
• Agricoltori
• Cacciatori
• Cittadini
Le Associazioni Protezioniste e
Ambientaliste:
ENPA – LAC – LAV - WWF
PUNTO 1:
Mancato rispetto delle funzioni
della Consulta Faunistico
Venatoria Provinciale
Cosa dice la legge:
• L’Art.2 Comma 4 del Regolamento della Consulta Faunistico
Venatoria, nel quale si definiscono le materie sulle quali la
Consulta deve esprime il proprio parere specificava, tra le
altre, anche i Piani di Prelievo e i Piani di Controllo della
Fauna Selvatica (punti c e f)
Cosa fa la Provincia:
• Con la Determinazione n° 275 del 28/06/06 la Provincia ha
autorizzato un Piano di controllo su Daini senza sottoporre tale
decisione al parere della Consulta Faunistico Venatoria
Cosa dice la legge:
• L’Art.2 Comma 1 del Regolamento della Consulta
Faunistico Venatoria, definisce che alla
convocazione della riunione della Consulta devono
essere acclusi i documenti per i quali è richiesto il
parere.
Cosa fa la Provincia: Piano di Controllo dei Daini
• Consegnata documentazione parziale,
mancata consegna di documenti utili
all’elaborazione di pareri e proposte quali:
– Censimenti
– Elenco dei metodi preventivi utilizzati
– Elenco completo dei danni e verifica degli
stessi.
• Le successive richieste di accesso agli atti
sono state rifiutate.
Cosa fa la Provincia: Piano di Controllo dei Cinghiali
• Consegnato solamente il Progetto del piano.
NESSUNO dei documenti citati a supporto del
progetto ci è stato consegnato per la valutazione.
Non ci è stato consegnato NESSUN documento
utile all’elaborazione di pareri e proposte quali:
– Censimenti
– Elenco dei metodi preventivi utilizzati
– Elenco completo dei danni e verifica degli
stessi.
• Le successive richieste di accesso agli atti sono
state rifiutate.
PUNTO 2:
Mancato rispetto della legge
nazionale in merito alle modalità
di attuazione dei Piani di
Controllo
Cosa dice la legge:
• L’Art.19 Comma 2 della Legge Nazionale
157/1992 dice che “Tale controllo (della fauna
selvatica), esercitato selettivamente, viene
praticato di norma mediante l'utilizzo di
metodi ecologici su parere dell'Istituto
nazionale per la fauna selvatica. Qualora
l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti
metodi, le regioni possono autorizzare piani di
abbattimento”
Cosa fa la Provincia:
• La Determina n°358/2006 autorizza:
– il Piano di Controllo per la specie
Capriolo, NON qualora i metodi preventivi
risultino inefficaci, ma semplicemente
qualora risultino costosi: “Nei frutteti ove la
recinzione risulta di difficile messa in opera
o particolarmente costosa, l’unico rimedio
è dato dall’aumento del prelievo venatorio,
e, se necessario, dalla predisposizione di
piani di controllo “
– il Piano di Controllo per la specie Daino,
senza nemmeno parlare di metodi
preventivi, solamente facendo riferimento a
richieste di danni la cui verifica non ci è
mai pervenuta nonostante le richieste: “In
relazione ad alcune segnalazioni
pervenute da istituzioni faunistiche private
circa la presenza della specie e i
conseguenti danni alle produzioni agricole,
è stato evidenziato come rimedio di
carattere straordinario l’eradicazione di
nuovi nuclei di individui, specialmente se di
dubbia provenienza”.
– il Piano di Controllo per la specie
Cinghiale, senza nemmeno parlare di
metodi preventivi, solamente facendo
riferimento a richieste di danni la cui
verifica non ci è mai pervenuta nonostante
le richieste: “In relazione ad alcune
segnalazioni pervenute da istituzioni
faunistiche private circa la presenza della
specie e i conseguenti danni alle
produzioni agricole, è stato evidenziato
come rimedio di carattere straordinario
l’eradicazione di nuovi nuclei di individui,
specialmente se di dubbia provenienza”.
Cosa dice la legge:
• Sempre l’Art.19 Comma 2 della Legge
Nazionale 157/1992 dice che “Tali piani
devono essere attuati dalle guardie venatorie
dipendenti dalle amministrazioni provinciali.
Queste ultime potranno altresì avvalersi dei
proprietari o conduttori dei fondi sui quali si
attuano i piani medesimi, purché muniti di
licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle
guardie forestali e delle guardie comunali
munite di licenza per l'esercizio venatorio ”
• Questa specifica inerente al personale
autorizzato ad effettuare i Piani di Controllo è
stata ribadita dalla sentenza della Corte
Costituzionale n. 392 del 21 ottobre 2005.
Tale sentenza ha censurato la legge del Friuli
Venezia Giulia che – similmente a quella della
Regione Emilia Romagna cui la Provincia di
Modena fa riferimento – prevedeva, per la
caccia di selezione, il coinvolgimento di altri
soggetti oltre quelli previsti dalla normativa
nazionale.
Cosa fa la Provincia:
• La Determina n°362/2006 autorizza un
Piano di Controllo dei cinghiali al quale
possono partecipare:
–
La Polizia Provinciale esplica su tutti i
piani di controllo attività di coordinamento e
di vigilanza e, ove possibile, partecipando
anche attivamente alle operazioni
esecutive. Più precisamente, qualora la
Polizia Provinciale non possa partecipare
direttamente alle operazioni esecutive,
queste dovranno essere garantite da
personale autorizzato.
• Per tale motivo in data 20/10/06 è stata
consegnata al Presidente della Provincia e
all’Assessore alle politiche faunistiche una
DIFFIDA all’eventualità che gli abbattimenti
fossero realizzati da soggetti diversi da quelli
previsti dall’Art.19 comma 2 della LN 157/92.
• In data 15/12/06 è stata fatta istanza di
partecipazione al procedimento inerente le
suddette delibere 358 e 362 ed è stato richiesto
l’elenco delle persone che hanno effettuato le
catture. Ad oggi, seppur scaduto il termine
massimo di 30 gg, non abbiamo ancora ricevuto
risposta in merito.
PUNTO 3:
Mancata presa di posizione in
merito alle discrepanze tra la
legge nazionale e il
funzionamento degli ATC
Cosa dice la legge:
• Art. 14 comma 10 LN 157/92: ” Negli organi direttivi degli
ambiti territoriali di caccia deve essere assicurata la
presenza paritaria, in misura pari complessivamente al
60 per cento dei componenti, dei rappresentanti di
strutture locali delle organizzazioni professionali agricole
maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle
associazioni venatorie nazionali riconosciute, ove
presenti in forma organizzata sul territorio. Il 20 per cento
dei componenti è costituito da rappresentanti di
associazioni di protezione ambientale presenti nel
Consiglio nazionale per l'ambiente e il 20 per cento da
rappresentanti degli enti locali”
Cosa fa la Provincia:
• Ad oggi all’interno degli ATC non
sono presenti né Associazioni
ambientaliste né Associazioni degli
agricoltori, uscite, appunto, in segno
di protesta nei confronti della
Provincia.
PUNTO 4:
Mancata trasparenza in merito
alla destinazione della fauna
abbattuta
Cosa dice la legge:
• Art. 1 comma 1 LN 157/92: ” La fauna
selvatica è patrimonio indisponibile
dello Stato ed è tutelata nell'interesse
della comunità nazionale ed
internazionale ”
Cosa fa la Provincia:
• In data 15/12/06 è stata fatta istanza di
partecipazione al procedimento inerente le
suddette delibere 358 e 362 e sono stati richiesti
“il percorso seguito dai capi abbattuti e la loro
destinazione finale”. Ad oggi, seppur scaduto il
termine massimo di 30 gg, non abbiamo ancora
ricevuto risposta in merito.
Le Associazioni degli
agricoltori
• Martedì 21 novembre 2006, è stata
organizzata dalle quattro associazioni di
categoria, a Pavullo nel Frignano (Mo),
una manifestazione per denunciare le
gravi mancanze della Provincia
• Le Associazioni degli agricoltori, sempre in
segno di protesta, sono altresì uscite dai
comitati direttivi degli ATC
I cacciatori
• “La stagione venatoria 2006-2007, ancora prima
dell’uscita, era aggravata dal fatto di andare in
scena con un Piano faunistico venatorio
provinciale già scaduto al 31 dicembre 2005
[…]. Alla luce di ciò che è successo negli ultimi
cinque anni il numero degli ATC e la loro
perimetrazione sono stati motivo di egoismi
esasperati, non rispondendo alla legge che non
fa riferimento alla grandezza ma evidenzia che
al loro interno debbono offrire tutte le opportunità
venatorie della provincia, cosa che per Modena
solo uno dei tre attuali Atc possiede”
Giuseppe Nicolini, Presidente Federcaccia –
Resto del Carlino del 22/11/06
• “La causa di questa non funzionalità nella caccia
va attribuita alla Provincia. I dirigenti attuali non
sono competenti nel dirigere questa situazione,
che è basata su tanti clientelismi”.
Ivan Franchini – Presidente Enelcaccia a nome delle associazioni
venatorie – Gazzetta di Modena del 15/01/07
I rappresentanti dei cittadini
Tomaso Tagliani – Consigliere UDC.
• “[…] da tempo questo animale (il cinghiale) ha
portato notevole scompiglio nel mondo agricolo
e venatorio, sollevando da una parte molti
problemi economici, dall’altra esagerati egoismi
[…]
• da anni si dibatte in varie sedi il problema dei
danni creati all’agricoltura, sul nostro territorio
montano e collinare dalla diffusione del
cinghiale: tante le parole, pochi o nulli i risultati
[…]
• considerato l’atteggiamento dissennato di
Amministratori Provinciali e di Dirigenti
dell’Ufficio Caccia, che ha finito per privilegiare
pochi e danneggiare molti; da un’analisi dei
risultati degli ultimi anni, prodotti dall’indirizzo
tecnico e politico della programmazione della
Provincia e dall’Assessorato alle politiche
venatorie, si nota che non solo non si sono
conseguiti gli obiettivi previsti sul piano della
prevenzione dei danni all’agricoltura, che sono
in costante aumento, ma si è anche creata
notevole confusione, con polemiche continue tra
coloro che operano in questo ambito […]
• questo stato di cose è dovuto […] anche ai
cosiddetti piani di controllo che vengono, o
meglio, venivano fatti fino a pochi giorni fa dai
Vigili Provinciali con l’ausilio di cacciatori abilitati
da loro scelti con metodi sicuramente discutibili
(quasi sempre gli stessi), e che, a tutt’oggi, non
hanno prodotto risultati apprezzabili, ma solo
diatribe e invidie. Infatti i privilegiati che fanno i
piani di controllo cacciano 365 giorni all’anno,
con la neve, al martedì e al venerdì, su tutto il
territorio provinciale, cacciando all’interno di
oasi, parchi, ripopolamenti, cinte urbane e
quant’altro.
Matteo Richetti – Consigliere Margherita
Interrogazione presentata alla Regione il 23/11/06
• Il consigliere chiede alla Giunta quali
misure intenda mettere in campo per
rispondere alle varie esigenze di tutela:
delle colture, degli allevamenti suinicoli e
dei consumatori. Invita, inoltre, ad attivare
controlli sul territorio modenese e su quelli
limitrofi (Reggio Emilia e Bologna),
ponendo particolare attenzione alla
presenza di allevamenti non autorizzati.
Mauro Manfredini – Consigliere Lega Nord
Interrogazione presentata alla Regione il 23/11/06
• sempre più di frequente, nei vari Comuni
montani e collinari della nostra Regione, si parla
di danni causati all'agricoltura da cinghiali e
ungulati in genere;
• gli agricoltori ogni anno chiedono risarcimenti
per i danni causati da questi animali;
• i cacciatori ogni anno chiedono che vengano
aumentati le specie ed i capi cacciabili
soprattutto per quello che riguarda ungulati e
cinghiali.
I cittadini
Esposto presentato da 7 cittadini di Soliera
• Senza alcun preavviso è stata aperta alla
caccia l’area denominata “Tenuta Rossi”,
sino ad allora “zona protetta” in cui era
fatto “Divieto di Caccia”. Da allora:
– Sono stati uccisi gatti scambiati per lepri
– Sono stati avvelenati diversi cani
– Sono state danneggiate proprietà private
– I cacciatori sono penetrati entro proprietà
private superando le recinzioni
– I cacciatori hanno minacciato con fucile un
cane salvato solo dall’intervento della
proprietaria
– Diverse persone si sono viste passare
accanto colpi di arma da fuoco, tra queste
persone una che stava giocando in cortile con
i nipoti di 3 e 8 anni e la figlia di 15 anni.
Nonostante la caccia abbia
dimostrato ampiamente di NON
essere la soluzione ai problemi
degli agricoltori
Nonostante gli interessi
sottostanti la caccia abbiano più
volte dimostrato di essere parte
del problema che si suppone
debbano risolvere (allevamenti
abusivi, ecc.)
Ad oggi la Provincia continua
a proporre la caccia come
unica soluzione.
È davvero così?
Tratto da “Dalla caccia alla Scienza” –
Dott. Massimo Tettamanti
Le varie teorie elaborate nel corso degli ultimi settant’anni per
giustificare l’esercizio della caccia
sono riducibili fondamentalmente a una di queste due forme:
1) gli animali sono nocivi alle colture quindi: bisogna ucciderli
oppure
2) gli animali uccisi dalla caccia non influenzano gli ecosistemi
quindi: si possono uccidere
Nessuna di queste affermazioni è scientificamente fondata. A
dimostrarne la falsità, e a garantire l’incompatibilità tra la
moderna attivita venatoria e la sopravvivenza dell’ecosistema
sono proprio i continui ripopolamenti, effettuati a beneficio del
cacciatori senza i quali non esisterebbero piu animali cui
sparare.
È fondamentale notare come in alcuni casi, per alcune
specie animali come il cinghiale, siano state proprio le
immissioni in ambiente di specie difficili da gestire ad aver
provocato situazioni dannose per le attività economiche. Gli
eventi di ripopolamento/danno/abbattimento rappresentano
tre fasi di un unico circolo vizioso, dannoso per l’agricoltura e
per l’ambiente e utile esclusivamente ai cacciatori. E questo
circolo che dobbiamo proporci di spezzare.
Il semplice divieto di ripopolamento si è dimostrato inefficace
perché facilmente aggirabile da iniziative illegali. Per una
nuova gestione degli ecosistemi e per impostare in maniera
scientifica la protezione delle aree rurali è dunque inevitabile
impedire sia il ripopolamento a scopo venatorio sia la stessa
attività venatoria. Questa situazione dovrebbe portare,
nei casi in cui l’equilibrio ecologico non e stato ancora
irrimediabilmente compromesso, allo sviluppo della fauna
selvatica secondo la teoria della curva sigmoide e
permetterebbe il raggiungimento di un equilibrio basato sulla
capacità portante delle popolazioni.
Qualora una specie “nociva” risultasse realmente incompatibile
con una corretta gestione del territorio e con le attività
produttive, sono state messe a punto negli ultimi decenni
numerose metodologie non cruente e provatamente efficaci per
minimizzarne l’impatto;
Nel caso di situazioni caratterizzate da vaste superfici boscose
che inglobano aree coltivate di modestia estensione, si è
dimostrata risolutiva l’installazione di recinzioni elettriche intorno
alle singole coltivazioni. Le recinzioni elettriche sono infatti in
grado di respingere i cinghiali in quanto nelle grandi aree
boscose la disponibilita delle risorse alimentari naturali
difficilmente si esaurisce del tutto.
Nel caso di situazioni caratterizzate da aree intensamente
coltivate poste a ridosso di grandi estensioni di bosco, la difesa
delle colture basata sulla recinzione delle singole coltivazioni
risulta troppo costosa, antiestetica e di difficile gestione. In
questi casi è consigliabile disporre la recinzione elettrica lungo il
margine tra il bosco e gli adiacenti campi coltivati, fino a coprire
distanze di svariati chilometri con un’unica recinzione.
Secondo uno studio dell’Office National de la Chasse,
l’organismo tecnico statale francese preposto alla gestione
faunistica e venatoria, impiegando 800 metri di recinzione
elettrica per la difesa diretta delle singole coltivazioni è possibile
proteggere solo una superficie di 4 ettari, mentre gli stessi 800
metri di recinzione elettrica, impiegati in forma lineare, possono
difendere colture per circa 32 ettari.
Questa soluzione è stata adottata, in modo esemplare, in
provincia di Siena per proteggere un’area di circa 3.700 ettari
coltivati prevalentemente a mais, posta in località Ponte sul
Rigo, nel comune di S. Casciano dei Bagni, al confine con la
provincia di Viterbo. Le sole recinzioni elettriche, per quanto
bene installate e mantenute, non sono comunque in grado di
fermare l’urto continuo di cinghiali affamati : la corrente elettrica
può soltanto dissuadere ma non risolve il problema del cibo.
Occorre percio parallelamente effettuare il “foraggiamento
dissuasivo”.
Il foraggiamento dissuasivo deve essere praticato utilizzando il
mais, l’alimento maggiormente gradito dai cinghiali, ed essere
impiegato esclusivamente nel
periodo della maturazione dei cereali e delle uve, in parallelo al
funzionamento degli impianti elettrici di prevenzione. Importante
inoltre è sottolineare l’inadeguatezza del foraggiamento condotto
con le strategie tradizionali (bidone
bucato, mais interrato o fornito in mucchi): la somministrazione
di mais in un solo o in pochi siti, così come viene fatto
tradizionalmente dai cacciatori con altri obiettivi, non è in grado
di soddisfare le esigenze alimentari di più branchi e non riesce
ad impedire che alcuni branchi vadano ad alimentarsi a danno
delle colture agricole.
Non è comunque possibile escludere che, in casi particolari e in
aree circoscritte, possa essere opportuno diminuire la
consistenza di una popolazione. Il metodo piu adatto a questo
scopo non è certo la caccia di selezione (che interviene in
maniera traumatica e ha un impatto devastante sulle
popolazioni) ma piuttosto la contraccezione. Il controllo della
fertilità negli animali selvatici deve presentare le seguenti
caratteristiche: efficacia (ma non al 100%, dato che non si tratta
di far estinguere una popolazione, ma di limitarne l’entità); non
nocività; reversibilità, nel caso che eventi inattesi riducano la
popolazione, ed anche perché la selezione naturale possa agire;
economicità; durevolezza. I metodi chirurgici, presupponendo la
cattura e quindi pericolo e stress sia per l’animale sia per coloro
che la eseguono, sono da evitare per quanto possibile; metodi
chimici e immunologici possono essere invece applicati senza
ricorrere alla cattura, cioè mediante somministrazione di
bocconi o sparando le sostanze chimiche o gli antigeni a
distanza.
Società di Medicina veterinaria Preventiva
La Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva, informa
che già da tempo aveva valutato positivamente l’intenzione da
parte dell’azienda australiana Peptech Animal Health di
chiedere l’autorizzazione alla commercializzazione della Unione
Europea del “Superlorin” farmaco a base di “desloreliln” per il
controllo demografico del randagismo canino: si tratta di un
impianto sottocutaneo di un ormone attivo (deslorelin) a lenta
diffusione che provoca soppressione dei comportamenti
sessuali per lunghi periodi e comunque reversibile.
Tale soluzione farmacologica potrebbe […] essere sperimentata
ed eventualmente utilizzata ogni qualvolta ci si ritrovi a dover
governare l’eccessivo incremento demografico di popolazioni
animali selvatiche e sinantropiche, ad esempio oltre ai cani
randagi anche ai caprioli ed ai cinghiali.
Disponibilità della Provincia
• In data 10/08/06 abbiamo richiesto un
incontro con il Presidente della Provincia,
Dott. Sabattini, al fine di proporgli progetti
alternativi per la risoluzione delle
problematiche relative alla caccia.
• Il nostro invito è caduto nel vuoto.
Scarica

scarica il documento per capire meglio la situazione