NEVE’ SHALOM WAHAT AL SALAM Oasi di pace Durante le ore di religione, come approfondimento dell'unità didattica riguardante l'interculturalità, abbiamo visto e commentato due documentari: Nevè Shalom Wahat al Salam e Lacrime di pace. Oasi di pace: La scuola per la pace è stata fondata per insegnare a ragazzi/e ebrei e palestinesi a vivere insieme usando la tecnica della NON VIOLENZA. La scuola è frequentata annualmente da 1500 persone; giovani e adulti, scolaresche di ebrei e palestinesi che la frequentano per una settimana. In questo arco di tempo si cerca di capire perché questi due popoli sono in conflitto. Ognuno comunica agli altri i suoi sentimenti verso la propria nazione; affrontano il dialogo sviluppando le loro capacità di esprimersi e ascoltarsi. All’inizio si pensava che sarebbe stata un’impresa azzardata, visto che fra i due popoli non c’è solo una questione di diversità, ma proprio del fatto di essere nemici. Nel documentario è raccontata la testimonianza di una mamma ebrea che esprime il suo timore il primo giorno di scuola. Si rende conto che suo figlio, ebreo, frequenterà una scuola materna in cui si parla anche arabo e la sua paura è che lui possa perdere la propria identità culturale. Supera questo timore riflettendo sul fatto che suo figlio in quella scuola imparerà a socializzare, ma soprattutto a convivere con persone diverse da lui. Abbiamo sottolineato un altro problema. Vista la presenza di persone appartenenti a diversi credi religiosi sarà necessario: “costruire una chiesa, una sinagoga o una moschea?” Per risolverlo è stata costruita la "DOUMIA-SAKINAH" “la casa del silenzio”: un luogo di culto, pubblico, dove ci si ritrova per pregare in silenzio. Il silenzio diventa così un “linguaggio” che avvicina persone diverse. Lacrime di pace: Il documentario “Lacrime di Pace” è costruito con due narrazioni parallele, che presentano la storia di due padri: uno ebreo e uno palestinese che condividono il grande dolore della morte del loro figlio. La prima scena comincia con il sequestro di un militare ebreo rapito da un gruppo di terroristi; il suo popolo prega per lui, toccante la scena della manifestazione, incontro di preghiera, al muro del pianto, ma purtroppo il giovane viene ucciso. Il padre si racconta, esprimendo il suo dolore, sentendosi in colpa per non aver potuto fare niente, si tormente, ha dei rimpianti. Questa storia si intreccia con la seconda. Un ragazzo palestinese che stava lavorando con suo padre alla costruzione della loro casa; il padre lo incarica di andare a comprare del cemento, ma mentre lui esce di casa si trova coinvolto in una sparatoria tra esercito israeliano e palestinesi in cui rimane ucciso. Suo padre lo viene a sapere da un amico di famiglia. Questi due genitori si iscrivono al “Circolo dei genitori”, che hanno in comune la morte dei propri figli o di parenti cari. Si trovano per condividere il loro dolore e nonostante lo frequentino sia ebrei che palestinesi, quindi i due popoli in conflitto, in questo caso il loro odio l’uno per l’altro viene messo da parte. Insieme provano a dialogare e cercano di far capire ai padri che hanno ancora i loro figli in vita, che dovrebbero essere i primi a fare in modo che abbiano un futuro migliore. Si conclude con l’abbraccio dei due padri coinvolti. Commento personale: Il primo documentario, “Oasi di pace” che raccontava della scuola per la pace, è interessante ma meno coinvolgente rispetto al secondo. Questo villaggio interetnico, interculturale in un paese dilaniato da divisioni e conflitti è una buona iniziativa che ci può dare anche un minimo di speranza, perché se ci fossero un po’ più di persone 'intelligenti' che si unissero al gruppo che la frequenta, questa maledetta guerra potrebbe finire. Il secondo documentario “Lacrime di pace” è stato, per noi maggiormente coinvolgente, perché racconta due testimonianze davvero tristi che fanno molto riflettere. Come abbiamo detto sopra, presentano le storie di due padri, uno ebreo e uno palestinese, che hanno in comune un’enorme dolore: la perdita di un figlio. La morte di un figlio è la cosa peggiore che possa capitare a qualcuno e come nel caso del padre ebreo si pensa alla vendetta; anche noi all’inizio avremmo sentito il bisogno di vendicare nostro figlio, ma sicuramente non avremmo mai avuto il coraggio di uccidere qualcuno. È molto bello, una grande speranza, il fatto che ci sia un'iniziativa concreta come il “Circolo dei Genitori”, soprattutto visto che le due popolazioni in guerra, anche se per un momento triste, si possono avvicinare e condividere qualcosa insieme. Tra di noi si è parlato che per un genitore è difficile accettare la morte di un figlio e che trovar il coraggio per frequentare questo circolo sia dura; noi invece non siamo d’accordo e pensiamo che può essere un modo per provare ad accettarlo. Quando purtroppo muore una persona per noi cara, tutti ci dicono “Ti capisco!”, ma in realtà non è vero, invece, con quei genitori se ti dicono così sai che è la verità! Un'altra motivazione che lo ha reso interessante è data dal atto che si affrontano situazioni che sentiamo ai telegiornali ma alle quali vengono date tentativi di risposta che invece sui media trovano poco spazio. Chittò Francesca Spotti Nicole Per approfondire l’argomento: - http://nswas.org/rubrique109.html - http://www.keshet.it/rivista/nov-dic-01/pag12.htm - http://www.ariberti.it/link/pace_diritti_umani.htm#PALESTINA - http://www.ariberti.it/link/religione.htm#ISLAM - http://www.ariberti.it/link/religione.htm#DIALOGO