G It Diabetol Metab 2015;35:144-148 Caso clinico Ossigenoterapia iperbarica nel trattamento del piede diabetico: indicazioni, controindicazioni e complicanze. Un caso clinico Introduzione Si definisce ossigenoterapia iperbarica (OTI) la somministrazione a un paziente di ossigeno puro al 100% all’interno di ambienti in cui sia stata creata una pressione superiore di almeno un’atmosfera alla pressione esistente a livello del mare(1). I principi che stanno alla base dell’utilizzo clinico di tale trattamento risiedono nelle leggi fisiche che regolano la solubilità dei gas (in particolare, la legge di Dalton, di Henry e di Boyle). L’OTI, andando a incrementare la pressione parziale di ossigeno a livello di tutto l’albero arterioso, e quindi anche a livello capillare, aumenta la capacità di rilascio dell’ossigeno ai tessuti facilitando il completo soddisfacimento delle esigenze metaboliche(2). Ciò è facilitato inoltre dal fatto che in condizioni di ipoperfusione l’aumento della pressione esercitato dall’iperbaricità determina vasocostrizione spiccata nei distretti normoperfusi e quindi richiamo di sangue che viene indirizzato in maniera preminente verso le zone critiche(2). L’utilizzo clinico dell’OTI affonda le sue radici nel diciassettesimo secolo, e trova ancora oggi la sua principale indicazione nel trattamento della malattia da decompressione del subacqueo e degli stati di intossicazione da monossido di carbonio(3). Il trattamento con OTI può essere somministrato mediante cabine di pressurizzazione singole, destinate a pazienti in area critica, o mediante cabine multiposto. Esistono anche dispositivi portatili, utilizzabili in condizioni di emergenza presso i centri nautici, in caso di malattia da decompressione del subacqueo(1). Il trattamento consta di tre fasi: una fase di compressione, durante la quale la pressione ambientale viene incrementata fino alla pressione desiderata per la seduta, una fase di trattamento vero e proprio, durante la quale il paziente inala ossigeno puro a una pressione fino a tre volte quella ambientale, e infine una fase di decompressione, con il progressivo ritorno alla pressione ambientale(4). Oggi il trattamento con OTI trova, secondo le principali associazioni internazionali di Medicina subacquea e iperbarica, circa E. Iacopi, A. Coppelli, C. Goretti, A. Piaggesi Sezione Dipartimentale Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa Corrispondenza: dott.ssa Elisabetta Iacopi, Sezione Piede Diabetico, Ospedale di Cisanello, via Paradisa 2, 56126 Pisa G It Diabetol Metab 2015;35:144-148 Pervenuto in Redazione l’11-04-2015 Accettato per la pubblicazione il 13-04-2015 Ossigenoterapia iperbarica nel trattamento del piede diabetico: indicazioni, controindicazioni e complicanze venti indicazioni terapeutiche ufficiali e altrettante off-label. Nella tabella 1 sono riportate le più importanti, riconosciute dalla Food and Drug Administration(5). Quando si considera l’utilizzo dell’OTI nel piede diabetico, vengono riconosciute quattro differenti condizioni: l’ulcera cronica resistente alle terapie standard, l’osteomielite refrattaria, la gangrena gassosa e gli innesti dermo-epidermici(5). Il piede diabetico rappresenta una patologia a eziopatogenesi multifattoriale: polineuropatia somatica periferica, arteriopatia obliterante cronica agli arti inferiori e infezione batterica contribuiscono, spesso in associazione, a configurare quadri di difficile gestione, con evoluzione verso l’amputazione dell’arto. Ciò fa sì che la gestione terapeutica di tale condizione necessiti di un approccio integrato a opera di una équipe multidisciplinare e con la possibilità di eseguire bonifica chirurgica, rivascolarizzazione arteriosa, ottimizzazione del controllo glicometabolico, antibioticoterapia mirata, medicazioni locali avanzate(6). In questo quadro si può a buon titolo inserire l’OTI come terapia sia elettiva sia complementare. Diversi sono i meccanismi attraverso i quali tale trattamento sembra esercitare uno stimolo per la ripresa di una normale evoluzione verso la riepitelizzazione da parte di lesioni spesso bloccate in una fase di infiammazione cronica. Sono stati descritti in tal senso un più efficace controllo del processo infettivo, un incremento dell’attività battericida e una modulazione dello stato infiammatorio attraverso la regolazione del rilascio di citochine proinfiammatorie. L’OTI esercita inoltre un effetto di stimolo su neoangiogenesi, vasculogenesi e proliferazione cellulare(7). L’analisi dell’efficacia del trattamento con OTI è stata oggetto nel corso degli anni di trial clinici, metanalisi e di due Cochrane review(6). Alcuni studi clinici hanno riportato la capacità, da parte dell’OTI, di determinare incremento della percentuale di guarigione delle lesioni e riduzione del rischio di amputazione maggiore. Il primo di tali effetti sembra però ridursi fino a scomparire laddove si vada a prolungare il follow-up per lunghi periodi successivi al trattamento. Per quanto riguarda l’ef- 145 fetto sulle amputazioni maggiori, entrambe le Cochrane review hanno concluso che il trattamento non sembra essere in grado di ridurre tale rischio in maniera significativa. Queste conclusioni derivano dal fatto che i trial fin qui eseguiti presentavano una casistica di pazienti eterogenea: nello stesso gruppo a volte erano presenti soggetti con ischemia critica e soggetti senza problematiche di arteriopatia; inoltre le lesioni al piede venivano caratterizzate in maniera non univoca e gli schemi di applicazione dell’OTI risultavano dipendenti più dall’esperienza del Centro in cui veniva svolto il trattamento che da reali specifici protocolli. Il trattamento con OTI è complesso e oneroso, sia in termini di risorse economiche sia di risorse umane. È pertanto fondamentale definire criteri che siano dotati di potere predittivo positivo. La letteratura ne riconosce molti, anche se il più affidabile sembra essere rappresentato dai valori di TcPO2(8). L’applicazione dell’OTI non è esente da eventi avversi anche gravi che tuttavia, grazie alla adeguata formazione del personale responsabile, sono oggi rari e generalmente di tipo lieve o moderato(9). Si riconoscono in particolare effetti avversi cardiovascolari, con incremento del rischio di scompenso cardiaco in soggetti con funzione ventricolare sinistra già compromessa; tossicità da ossigeno, che si può manifestare sia a livello del sistema nervoso centrale, con crisi convulsive, sia a livello oculare, con miopia; sono stati descritti anche episodi ipoglicemici in pazienti insulino-trattati per incremento della sensibilità insulinica. Particolare importanza riveste il rischio di barotrauma: quest’ultima condizione può manifestarsi a livello di ogni punto di contatto dell’aria ambientale inspirata con i tessuti corporei. In particolare però, mentre il barotrauma polmonare, sebbene molto raro, può avere conseguenze particolarmente gravi, quello che si manifesta a carico dell’orecchio medio è generalmente benigno e autolimitantesi(9). L’efficacia dell’OTI nel piede diabetico rimane quindi ancora controversa così come le sue indicazioni. In particolare, sebbene sia noto il ruolo dell’infezione batterica nel piede diabe- Tabella 1 Indicazioni e controindicazioni del trattamento con OTI(5). Indicazioni Controindicazioni Malattia da decompressione Controindicazioni assolute Intossicazione da monossido di carbonio Pneumotorace non trattato Gangrena gassosa Trattamento con cisplatino Necrosi dei tessuti molli Trattamento con doxorubicina Infezioni Trattamento con bleomicina Osteomielite refrattaria Controindicazioni relative Ulcere diabetiche Storia di barotrauma Embolia gassosa BPCO severa Actinomicosi Sinusite/infezione alte vie aeree Lesioni da schiacciamento Pregresso pneumotorace Severa anemizzazione Storia di interventi chirurgici a carico del torace Ustioni Febbre alta non controllata Danno tessutale da radiazioni Gravidanza Innesti dermo-epidermici Claustrofobia/storia di attacchi di panico 146 E. Iacopi et al. tico, nessun dato è disponibile riguardo all’azione dell’OTI sui differenti ceppi batterici(10). Analogamente, anche se l’associazione tra ischemia critica e perdita d’arto è oggi profusamente indagato, pochi sono gli studi che hanno focalizzato l’attenzione sull’utilizzo dell’OTI nei pazienti ischemici(11). Appare quindi evidente come, presupposto fondamentale all’applicazione estensiva dell’ossigenoterapia iperbarica, sia oggi costituito dalla conduzione di studi clinici prospettici controllati randomizzati che definiscano pazienti target e schemi di trattamento(12). Presentazione del caso clinico - Anamnesi M.S., uomo, di anni 64, con storia familiare positiva per diabete mellito (madre). Pregressa abitudine tabagica, sospesa da circa 13 anni. Buona salute fino all’età di 27 anni quando ha presentato episodio critico caratterizzato da precordialgia con conseguente ricovero in ambiente ospedaliero e diagnosi di infarto acuto del miocardio, trattato con angioplastica coronarica percutanea. All’età di 44 anni il paziente riferisce comparsa di sintomatologia caratterizzata da poliuria e polidipsia associate a decremento ponderale. Gli accertamenti ematochimici eseguiti hanno permesso il riscontro di valori glicemici elevati, tali da porre diagnosi di diabete mellito; è stata così avviata terapia con antidiabetici orali, mantenuta per alcuni anni, e sostituita in seguito da terapia insulinica multiniettiva secondo schema basal-bolus. Il paziente giunge alla nostra attenzione per la presenza di flemmone della gamba destra. Da circa un mese, infatti, riferisce comparsa di lesione ulcerativa a carico della loggia laterale del piede destro in seguito a trauma da calore (borsa dell’acqua calda). Nonostante le cure locali e la terapia antibiotica il quadro clinico è andato incontro a rapido peggioramento con comparsa di febbre ed estensione in senso prossimale del processo infettivo alla gamba. Esame del paziente all’ingresso in reparto All’ingresso in reparto il paziente mostrava febbre elevata. L’esame obiettivo a carico dell’arto inferiore destro ha evidenziato un quadro di gangrena di IV e V dito con cellulite estesa a carico di tutto l’arto inferiore, che si presentava gonfio e caldo. Gli esami ematochimici hanno evidenziato marcata leucocitosi (18.000/ml) con innalzamento degli indici di flogosi (fibrinogeno 422 mg/dl; VES 95 mm/h; PCR 13,45). Il livello di compenso glicometabolico è apparso pessimo, con un valore di HbA1c pari a 9,2% (77 mmol/mol). Strategia terapeutica Il paziente è stato sottoposto a esame TC dell’arto inferiore destro che ha evidenziato la presenza di fascite di gamba. Per tale motivo è stato sottoposto a intervento chirurgico di fa- Figura 1 Quadro clinico locale in quarta giornata postoperatoria. sciotomia aperta (con evacuazione di grandi quantità di materiale purulento) e amputazione di IV e V dito. L’esame colturale ha evidenziato la presenza di Acinetobacter baumanii sensibile al solo meropenem, Escherichia coli multisensibile e, infine, Staphylococcus aureus meticillino-sensibile. È stata quindi avviata terapia endovenosa con meropenem e ampicillina/sulbactam. L’esame dopplersonografico arterioso a carico degli arti inferiori non ha mostrato stenosi emodinamicamente significative. Nel decorso postoperatorio, visto il riscontro in corso di esame colturale di infezione sostenuta da batteri Gram negativi, il paziente è stato sottoposto a ciclo (60 minuti al giorno per 12 giorni) di sedute di OTI. Nella figura 1 si possono osservare le condizioni locali dell’arto in quarta giornata postoperatoria. Nonostante fosse stato adeguatamente educato all’esecuzione di misure comportamentali decongestionanti a carico dell’orecchio medio, il paziente ha lamentato nel corso delle sedute sintomatologia dolorosa a livello della regione mastoidea. Per tale motivo, dopo valutazione specialistica in ambito otorinolaringoiatrico, è stato sottoposto a intervento di miringotomia con posizionamento di tubo di drenaggio trans-timpanico. Tale presidio ha permesso una netta riduzione della sintomatologia e un netto miglioramento della compliance all’OTI. Evoluzione della lesione ulcerativa La terapia locale della lesione è stata attuata mediante irrigazione con soluzione di poliexanide e contestualmente applicazione di terapia a pressione negativa (–125 mmHg), rinnovata ogni 4 giorni. Le medicazioni locali, associate all’ossigenoterapia iperbarica e all’infusione di chemioterapici (sulla base di esami colturali ripetuti) hanno consentito un netto, continuo miglioramento della situazione locale tanto che, al momento della dimissione (avvenuta dopo 15 giorni dal ricovero), la ferita chirurgica si presentava in condizioni generali buone, con presenza di tes- Ossigenoterapia iperbarica nel trattamento del piede diabetico: indicazioni, controindicazioni e complicanze suto di granulazione lungo tutta la sua estensione e notevole riduzione della profondità della lesione stessa. Degno di nota il fatto che gli esami colturali non hanno mai evidenziato la presenza di germi anaerobi, sebbene l’analisi del quadro a carico dell’arto avesse posto un forte sospetto della presenza degli stessi. Ciò è probabilmente da attribuirsi alle metodiche di analisi degli esami colturali attualmente in corso presso il nostro presidio ospedaliero che non prevedono la sistematica coltura dei campioni mediante preventivo arricchimento con brodo per anaerobi. Risultano in tal modo fortemente ridotte le capacità di ricerca di tale tipologia di microrganismi. Dopo la dimissione il paziente è stato seguito presso i nostri Ambulatori del Piede Diabetico. Qui si è evidenziata la completa guarigione delle lesioni operatorie a carico della gamba destra nel corso dei 45 giorni successivi alla dimissione. L’analisi dell’autocontrollo glicemico domiciliare ha mostrato anche un netto miglioramento del controllo metabolico. Evoluzione della complicanza intercorsa a carico dell’orecchio medio Nel corso delle visite ambulatoriali successive alla dimissione si è osservata però una brusca riduzione dell’acuità uditiva per cui si è inviato il paziente presso i colleghi specialisti otorinolaringoiatri. I colleghi, all’esame obiettivo dell’orecchio esterno e medio, hanno evidenziato, a carico dell’orecchio destro, la mancata espulsione spontanea del tubo di drenaggio trans-timpanico con conseguente flogosi del meato uditivo. Il paziente è stato pertanto sottoposto in regime ambulatoriale a rimozione del tubo di drenaggio. Ciononostante il processo flogistico locale ha continuato a estendersi. Dopo alcune settimane, in occasione del successivo controllo otorinolaringoiatrico, l’esame TC dell’apparato uditivo ha mostrato come tale flogosi si fosse estesa fino a obliterare in maniera quasi completa la cavità timpanica con coinvolgimento del manico del martello. Il quadro è risultato anche clinicamente abbastanza esteso tanto che il paziente ha iniziato a presentare sintomatologia compatibile con paralisi incompleta del VII nervo cranico, limitata alla metà inferiore dell’emivolto, con sintomi di tipo dinamico: deviazione della rima buccale verso il lato opposto al processo infiammatorio nel tentativo di parlare o sorridere, oltre alla difficoltà di soffiare o gonfiare le guance. Il paziente è stato quindi ricoverato in regime di urgenza presso la UO di Otorinolaringoiatria I del nostro presidio ospedaliero. Qui è stato sottoposto a intervento chirurgico di timpanoplastica aperta di tipo II con rimozione di parte della mastoide che è stata ricostruita mediante polvere di tessuto osseo autologo. L’esame istologico ha confermato la natura infiammatoria del tessuto rimosso. Nel corso delle settimane successive il paziente ha eseguito regolari controlli specialistici con esecuzione di audiogrammi seriati che hanno evidenziato un lento ma quasi completo ripristino dell’acuità uditiva preesistente. Lo studio neurofisiologico del nervo faciale ha mostrato inoltre, nelle settimane successive, e concordemente con il rilievo clinico obiettivo, una lenta ma sostanziale ripresa della funzionalità. 147 Flow-chart diagnostico-terapeutica Uomo di 64 anni si presenta alla nostra attenzione per fascite di gamba Anamnesi • 27 aa infarto acuto del miocardio trattato con PTCA • 44 aa diabete mellito di tipo 2 in terapia insulinica basal bolus Esame obiettivo • Addome e torace: ndn • Temperatura corporea: 38,9° C • Arto inferiore destro: gangrena di IV e V dito con cellulite ed edema dell’arto Esami di laboratorio • Globuli bianchi 18.000/ml • Indici di flogosi (fibrinogeno 422 mg/dl; VES 95 mm/h; PCR 13,45) • HbA1c 9,2% - 77 mmol/mol Esami strumentali • Tc gamba destra: fascite di loggia anteromediale • ECD arti inferiori: ndn • Esame del fundus oculi: retinopatia diabetica non profilerante Terapia • Intervento chirurgico di fasciotomia aperta con amputazione IV e V dito piede destro • Chemioterapia antibiotica per via parenterale • Ciclo di terapia a pressione negativa in modalità instill • Ciclo di ossigenoterapia iperabarica Discussione L’efficacia dell’OTI nel trattamento del piede diabetico continua a essere controversa. Le evidenze scientifiche a oggi disponibili si basano su dati non univoci derivanti spesso da casistiche limitate. Pochi dati sono inoltre disponibili riguardo all’impatto esercitato dalle comorbilità, quali per esempio arteriopatia periferica o coronaropatia, altamente prevalenti in questi pazienti, sull’efficacia dell’OTI. Infine, non è ancora ben chiarita l’azione dell’OTI sui differenti ceppi batterici presenti. In conclusione quindi, in virtù delle scarse evidenze scientifiche a oggi disponibili, non può essere sostenuto il quotidiano utilizzo dell’OTI. Tale trattamento dovrebbe però essere considerato, in un selezionato gruppo di pazienti, quale efficace opzione terapeutica in grado di favorire la guarigione delle lesioni e il salvataggio dell’arto. Bibliografia 1. Londahl M, Fagher K, Katzman P. What is the role of hyperbaric oxygen in the management of diabetic foot disease? Curr Diab Rep 2011;11:285-93. 2. Krogh A. The number and distribution of capillaries in muscles 148 E. 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