Nuove terapie per la SM, parte 1:
scienza e impatto delle terapie orali per la SM
Attività sponsorizzata mediante un finanziamento didattico indipendente di Biogen Idec
http://www.medscape.org/viewarticle/823890
Nuove terapie per la SM, parte 1: scienza e impatto delle terapie orali per la SM
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Pubblico destinatario
Questa attività si rivolge a un pubblico globale di neurologi e medici di base
Obiettivo
Questa attività si propone di esaminare i più recenti dati clinici e i profili delle nuove terapie modificanti la malattia per la sclerosi
multipla (SM), per quanto concerne il tasso di recidive, la progressione della malattia, la neurodegerazione, i meccanismi di azione
e i profili di efficacia e sicurezza.
Obiettivi di apprendimento
Al termine di quest’attività, i partecipanti saranno in grado di:
1. mettere a confronto i meccanismi di azione delle terapie per la SM
2. discutere dei recenti dati clinici relativi a efficacia, sicurezza e tollerabilità delle nuove terapie modificanti la malattia
3. mettere a confronto i dati relativi ai farmaci iniettabili e orali per la SM
4. valutare i rischi e i benefici dei farmaci iniettabili e orali al momento di selezionare un farmaco per uno specifico paziente
Informazioni sul curatore e dichiarazioni
Ron Schaumburg, MA
Direttore Scientifico, Medscape, LLC
Dichiarazione: Ron Schaumburg, MA, ha dichiarato di non intrattenere alcun rapporto finanziario rilevante.
Andrew N. Wilner, MD
Medico Neurologo Ospedaliero, Dipartimento di Neurologia, Lawrence and Memorial Hospital, New London, Connecticut, USA
Dichiarazione: Andrew N. Wilner, MD, ha dichiarato di non intrattenere alcun rapporto finanziario rilevante
Informazioni sugli autori/docenti e dichiarazioni
Mathias Buttmann, MD, Neurologo Consulente Senior, Direttore dell’Ambulatorio SM, Vicedirettore del Gruppo di Ricerca Clinica
sulla Sclerosi Multipla, Dipartimento di Neurologia, Università di Würzburg, Würzburg, Germania
Mathias Buttmann, MD, ha dichiarato di intrattenere i seguenti rapporti finanziari:
Ha ricoperto l’incarico di advisor o consulente per: Bayer HealthCare Pharmaceuticals; Biogen Idec, Inc.; Genzyme Corporation;
Merck Serono; Novartis Pharmaceuticals Corporation; Ocatapharma
Ha ricevuto fondi per la ricerca clinica da: Merck Serono; Novartis Pharmaceuticals
Il Dott. Buttmann intende discutere di usi off-label di farmaci, dispositivi meccanici, farmaci biologici o prodotti diagnostici
approvati dalla FDA per l’uso negli Stati Uniti.
Il Dott. Buttmann intende discutere di farmaci sperimentali, dispositivi meccanici, farmaci biologici o prodotti diagnostici non
approvati dalla FDA per l’uso negli Stati Uniti.
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Introduzione
La sclerosi multipla (SM) è una malattia infiammatoria cronica demielinizzante che colpisce il cervello e il midollo spinale, causata
da una combinazione di predisposizione genetica ed esposizione a fattori ambientali.[1,2] Un attacco autoimmune mediato dai
linfociti T contro i componenti della mielina potrebbe svolgere un ruolo centrale nella patogenesi, sebbene non sia stato ancora
confermato un singolo autoantigene SM-specifico condiviso dalla maggioranza dei pazienti.[2] La sclerosi multipla colpisce circa
400.000 persone negli Stati Uniti e oltre 600.000 in Europa, ed ha una prevalenza globale stimata di 2,3 milioni.[3,4] La malattia
colpisce le donne con una frequenza almeno doppia rispetto agli uomini; la maggioranza dei casi viene diagnosticata tra i 20 e i 40
anni di età.
Sebbene il decorso clinico iniziale sia tipicamente “recidivante-remittente” (RRMS), circa i due terzi dei pazienti affetti da RRMS che
non sono stati trattati con le moderne terapie modificanti la malattia (DMT) alla fine entrano in una fase secondaria progressiva
(SPMS), caratterizzata da un accumulo costante di sintomi invalidanti.[5,6] Nel 10% - 15% di tutti i pazienti colpiti da SM, la malattia
mostra un decorso progressivo primario (PPMS). A distanza di quindici anni dall’insorgenza della malattia, il 50% dei pazienti non
trattati ha bisogno di assistenza per la deambulazione.[7] Studi osservazionali condotti in svariate regioni geografiche indicano che
negli ultimi anni il decorso clinico generale è diventato più benigno, forse dovuto in parte alla disponibilità di moderne DMT per i
pazienti con RRMS.[8] Attualmente le DMT mirano principalmente a prevenire le recidive, il nuovo accumulo di disabilità
permanente e l’attività della malattia rilevata mediante risonanza magnetica per immagini (RMI). Questi farmaci possono essere
somministrati mediante iniezione, infusione o per bocca. Sfortunatamente, non sono ancora state approvate DMT per i pazienti
con PPMS. Le recidive acute vengono trattate con una terapia standard costituita dalla somministrazione di alte dosi di
corticosteroidi per via endovenosa nell’arco di 3-5 giorni. Per i pazienti con decorso della malattia progressivo cronico, le
opportunità di trattamento farmacologico sono date da farmaci sintomatici che migliorano la deambulazione o alleviano sintomi
quali la spasticità o l’affaticamento. La recente introduzione di tre DMT orali ha ampliato considerevolmente il numero di opzioni
terapeutiche per i malati di RRMS e si prospettano altri trattamenti, inclusi i nuovi anticorpi monoclonali.[9]
Terapia iniettabile
I primi trattamenti moderni ed efficaci per la RRMS risalgono al 1993, quando l’ente federale statunitense Food and Drug
Administration (FDA) approvò l’interferone iniettabile β-1b, seguito da preparazioni di interferone β-1a e glatiramer acetato (GA).
[10]
Tutti questi farmaci sono attualmente approvati in quasi tutti i Paesi del mondo e, inoltre, in determinati Paesi sono state
approvate alcune preparazioni a base di interferone β per i pazienti con SPMS e recidive superimposte.[11] In studi cardine di
sperimentazione clinica della durata di 2 anni, questi trattamenti parenterali hanno ridotto la frequenza dei nuovi episodi
recidivanti-remittenti di circa il 30% rispetto al placebo, e la maggioranza di essi ha abbassato moderatamente il rischio di
nuova disabilità permanente.[12] L’aderenza alle terapie iniettabili può essere ostacolata dagli effetti collaterali cutanei come dolore,
infiammazione, indurimento e lipoatrofia, nonché da effetti sistemici avversi come sintomi parainfluenzali, disfunzione epatica e
citopenie.[13,14] I farmaci iniettabili sono i trattamenti più comunemente prescritti per la SM, ma la loro modesta efficacia —
assommata a un profilo principalmente benigno, ma con eventi avversi subottimali che limitano l’aderenza del paziente — ha
indotto a ricercare terapie più efficaci e meglio tollerate.[15,16]
Terapia infusiva
Le terapie infusive per la SM attualmente approvate dalla FDA e dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) includono natalizumab
e mitoxantrone. L’alemtuzumab è stato approvato in Europa nel settembre 2013, ma nel dicembre 2013 l’FDA ne ha negato
l’approvazione negli Stati Uniti. Tutti e 3 i farmaci sono altamente efficaci nel ridurre il tasso di recidive, ma sono generalmente
limitati all’uso in seconda o terza linea a causa dei potenziali eventi avversi gravi. Il natalizumab è stato associato a
leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) in 1 paziente su 290 trattati fino al gennaio 2014,[17] mentre il mitoxantrone
può causare disfunzione sistolica nel 12% dei pazienti, insufficienza cardiaca congestizia nello 0,4% e leucemia acuta secondaria
nello 0,8%.[18] Il trattamento con alemtuzumab può essere seguito da eventi avversi autoimmuni potenzialmente letali ma
trattabili, incluse la porpora trombocitopenica immune nell’1% e la sindrome di Goodpasture nello 0,3%. Inoltre, in circa un
terzo dei pazienti si è verificata disfunzione tiroidea autoimmune entro 3 anni dall’infusione. In alcuni casi, queste complicanze
potrebbero manifestarsi a distanza di anni dall’ultima infusione.[19]
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Terapie orali
Dal 2010 sono stati resi disponibili 3 farmaci orali, ciascuno con un meccanismo di azione differente e un profilo di eventi avversi
particolare. Segue un esame di questi nuovi farmaci e delle svariate terapie orali aggiuntive ancora in fase di sviluppo.
Fingolimod
Cenni storici. Fingolimod deriva dal myriocin/ISP-1, un metabolita del fungo entomopatogeno Isaria sinclairii.[15] Originariamente
ricercato come immunosoppressivo per impedire il rigetto nel trapianto di reni, in studi di sperimentazione clinica di fase 3 il
fingolimod non si dimostrò efficace nell’aumentare gli effetti della ciclosporina.[15] Ulteriori indagini rivelarono che, dopo la
fosforilazione nella sua forma attiva in vivo, il fingolimod si lega ai recettori accoppiati alle proteine G per la sfingosina 1-fosfato
(S1P). Il fingolimod riduce la conta dei linfociti nel sangue periferico, incluse le cellule T CD4+, T CD8+ e B.[20] Gli effetti sulla
migrazione e il trafficking delle cellule hanno suggerito che il fingolimod potrebbe trovare applicazione nelle malattie
autoimmuni come la SM.[20]
Meccanismi di azione. Il fingolimod si lega a 4 dei 5 recettori S1P (S1P1, 3, 4 e 5) e possiede almeno 2 meccanismi di azione di cui
possono beneficiare i malati di SM. In uno dei meccanismi, il fingolimod antagonizza funzionalmente i recettori S1P1,
determinando la ritenzione dei linfociti T naive positivi per il recettore 7 (CCR7) per le chemochine e dei precursori dei linfociti T
di memoria centrale all’interno dei linfonodi, prevenendone l’infiltrazione nel sistema nervoso centrale (SNC), dove potrebbero
causare danni infiammatori. Per contro, le cellule T effettrici tardive e di memoria effettrice CCR7-negative, necessarie per la difesa
dagli antigeni estranei e dalle cellule cancerogene, sono in certa misura risparmiate dal fingolimod.[20]
Per quanto riguarda il secondo meccanismo, il fingolimod, che attraversa efficacemente la barriera emato-encefalica, può avere un
effetto diretto su astrociti, oligodendrociti, neuroni, cellule della microglia e dendritiche, tutti espressione dei recettori S1P. Questi
effetti diretti sul SNC possono essere neuroprotettivi, promuovendo potenzialmente la preservazione della mielina e prevenendo
la neurodegenerazione, come indicato dagli studi condotti sugli animali.[21]
Studi di sperimentazione clinica di fase 3. Uno studio randomizzato di fase 3, in doppio cieco, controllato con placebo, del
fingolimod orale in 1272 pazienti con RRMS (FREEDOMS) ha dimostrato tassi annualizzati di recidive nell’arco di 2 anni di 0,40 con
il placebo, 0,18 con 0,5 mg/d di fingolimod e 0,16 con 1,25 mg/d di fingolimod, rappresentando una riduzione relativa
rispettivamente del 54% e del 60% per entrambi i dosaggi (P <0,001 per l’uno o l’altro dosaggio rispetto al placebo).[22] La
progressione della disabilità confermata a tre mesi dopo 2 anni, intesa come endpoint secondario chiave, è stata osservata nel
24,1% con il placebo, 17,7% con 0,5 mg/d di fingolimod e 16,6% con 1,25 mg/d di fingolimod, rappresentando riduzioni relative
del rapporto di rischio (HR) rispettivamente del 30% e 32% in entrambi i gruppi del fingolimod rispetto al placebo (P =0,02 per
l’uno o l’altro dosaggio di fingolimod rispetto al placebo). Entrambi i dosaggi di fingolimod si sono rivelati superiori al placebo per
tutte le misure RMI segnalate a 24 mesi (da P <0,001 a P =0,03), inclusa l’atrofia cerebrale (P <0,001 per entrambi i dosaggi di
fingolimod rispetto al placebo). Nello studio FREEDOMS non vi era squilibrio nella presenza di lesioni RMI captanti gadolinio al
basale. Gli eventi avversi hanno incluso bradicardia e blocco della conduzione atrioventricolare al momento della prima dose,
enzimi epatici elevati, ipertensione ed edema maculare.
Un secondo studio randomizzato di fase 3, in doppio cieco, condotto principalmente negli Stati Uniti (FREEDOMS II), i cui risultati
sono stati presentati nel 2012 in occasione di convegni medici, ha valutato i dosaggi di fingolimod di 0,5 o 1,25 mg/d rispetto
al placebo in 1083 pazienti con RRMS.[23] A distanza di 2 anni, il tasso annualizzato di recidive era di 0,40 per il placebo, 0,21 per
0,5 mg/d e 0,20 per 1,25 mg/d di fingolimod (P <0,001 per l’una o l’altra dose rispetto al placebo). Contrariamente allo studio
FREEDOMS I, non vi è stata alcuna riduzione significativa nella progressione confermata della disabilità con l’una o l’altra dose. Il
fingolimod ha tuttavia ridotto significativamente l’alterazione del volume cerebrale, l’attività infiammatoria e il carico di malattia
alla RMI rispetto al placebo.[24] Gli eventi avversi verificatisi con maggiore frequenza nei gruppi del fingolimod rispetto al gruppo
del placebo includevano carcinoma delle cellule basali, infezioni da herpes zoster, ipertensione, linfopenia, leucopenia, aumento
dei livelli di alanina aminotransferasi, bradicardia sintomatica e blocco cardiaco di secondo grado.
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Nello studio testa a testa TRANSFORMS di fase 3, randomizzato, in doppio cieco, della durata di 12 mesi, eseguito su 1292
pazienti con RRMS, i dosaggi di fingolimod 0,5 mg/d e 1,25 mg/d sono stati messi a confronto con iniezioni intramuscolari s
ettimanali di interferone β-1a (30 μg) con modalità di trattamento “double-dummy”.[25] Il tasso annualizzato di recidive è stato di
0,33 per il gruppo trattato con interferone, 0,16 per il fingolimod 0,5 mg/d e 0,20 per il fingolimod 1,25 mg/d (P <0,001 per l’uno
o l’altro dei dosaggi di fingolimod). In questo studio della durata di 1 anno non sono state riscontrate differenze significative tra i
gruppi per quanto riguarda la progressione della disabilità. Le lesioni in T2 nuove o allargate evidenziate dalla RMI, le lesioni in T1
captanti il gadolinio (Gd) e l’atrofia cerebrale nel corso di 1 anno erano significativamente inferiori in entrambi i gruppi del
fingolimod rispetto al gruppo trattato con interferone β-1a. Vi sono stati 2 casi di encefalite primaria da virus varicella-zoster ed
herpes simplex a disseminazione fatale nel gruppo del fingolimod a dose elevata. Per il resto, gli eventi avversi sono stati simili a
quelli osservati nello studio FREEDOMS II.
Ricerca corrente. Un programma di ricerca clinica sul fingolimod attualmente in corso include uno studio multicentrico in doppio
cieco, controllato con placebo, in pazienti con PPMS, con data primaria di completamento prevista per il mese di settembre del
2014 (INFORMS), nonché sperimentazioni su neurite ottica, sclerosi amiotrofica laterale, sindrome di Rett e altre indicazioni. Sono
anche in corso svariati studi osservazionali sulla sicurezza nei pazienti con SM, incluso un registro globale sulla gravidanza[26].
Indicazioni. Alla data di questo documento (aprile 2014), il fingolimod 0,5 mg come terapia di prima linea, per via orale una volta
al giorno, per i pazienti con forme di SM recidivanti o recidivanti-remittenti è stato approvato (in ordine cronologico) in Russia,
Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti (tutti e 3 nel 2010), Svizzera, Australia e oltre 30 altri Paesi. In Canada e nell’Unione Europea, il
fingolimod è stato approvato nel 2011 soltanto per i pazienti con RRMS altamente attiva; la stessa decisione è stata presa in pochi
altri Paesi. Al gennaio del 2014, l’esperienza clinica includeva oltre 84.500 pazienti con oltre 118.500 anni-paziente.[27]
Controindicazioni. Il fingolimod non deve essere prescritto ai pazienti con infarto miocardico recente, angina instabile, ictus,
attacco ischemico transitorio, insufficienza cardiaca scompensata che richiede ospedalizzazione, insufficienza cardiaca di Classe III/
IV, precedenti o presenza di blocco atrioventicolare di secondo o terzo grado tipo Mobitz II, sindrome del seno malato (a meno che
il paziente non sia portatore di pacemaker), intervallo QTc al basale ≥500 ms o trattamento con farmaci antiaritmici di classe Ia o III.[28]
Poiché i dati ottenuti da studi sugli animali suggeriscono un rischio teratogeno (categoria C dell’FDA), è consentito prescrivere il
fingolimod alle donne in età fertile, che però dovranno usare metodi contraccettivi efficaci durante e per 2 mesi dopo il
trattamento.[29]
Teriflunomide
Cenni storici. Il secondo farmaco orale per l’RRMS a ottenere l’approvazione della FDA è stato il teriflunomide, nel 2012. Il
teriflunomide è un metabolita attivo del leflunomide, un farmaco di seconda linea dopo il metotrexato per l’artrite reumatoide.[30]
Il leflunomide fu originariamente scoperto da programmi su larga scala di analisi di composti, miranti a identificare pesticidi per
l’agricoltura, ma le sue proprietà antinfiammatorie vennero presto riconosciute.[31] Nell’Unione Europea, il leflunomide è
disponibile per il trattamento dell’artrite reumatoide dal 1999 e per la psoriasi dal 2004, con un’esperienza accumulata di oltre 2
milioni di anni-paziente. Un effetto avverso del leflunomide è che può causare grave disfunzione epatica; sono stati inoltre
riscontrati effetti teratogeni negli esperimenti sugli animali,[30] sebbene tali effetti non siano stati ancora dimostrati sugli esseri
umani.[31]
Meccanismo di azione. Il teriflunomide inibisce la diidroorotato deidrogenasi, l’enzima limitante la velocità nella sintesi
mitocondriale de novo delle pirimidine.[31] Il teriflunomide ha come bersaglio i linfoblasti che hanno un requisito elevato di
pirimidine, ma risparmia i linfociti a riposo e a espansione omeostatica, che possono ottenere sufficiente pirimidina da una via di
salvataggio separata.[31] A concentrazioni più elevate, il teriflunomide ha inoltre inibito le tirosin-chinasi e la cicloossigenasi 2 in
vitro, causando l’espressione alterata di molecole di adesione e citochine, che potrebbero possedere o meno rilevanza terapeutica
in vivo.[31]
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Studi di sperimentazione clinica di fase 3. Uno studio randomizzato di fase 3, in doppio cieco, controllato con placebo, del
teriflunomide (TEMSO) in 1088 pazienti affetti da RRMS ha dimostrato un tasso annualizzato di recidive nell’arco di 2 anni dello
0,54 per il placebo rispetto allo 0,37 per il teriflunomide 7 mg/d e dello 0,37 per il teriflunomide 14 mg/d, rappresentando una
riduzione relativa del rischio rispettivamente del 31,2% e del 31,5% con entrambi i dosaggi di teriflunomide rispetto al placebo (P
<0,001 per l’uno o l’altro dosaggio di teriflunomide).[32] La progressione confermata della disabilità a dodici settimane ha mostrato
solo una tendenza statistica per una possibile riduzione con teriflunomide 7 mg/d (21,7% dei pazienti) rispetto al placebo (27,3%)
(P =0,08), ma la progressione della disabilità si è ridotta in modo significativo rispetto al placebo con il dosaggio di teriflunomide
14 mg/d (20,2%, P =0,03). Dopo 108 settimane, l’esito principale alla RMI di variazione nel volume totale delle lesioni in T2 era
inferiore del 39,4% (P =0,03) con il dosaggio da 7 mg/d e inferiore del 67,4% (P =0,003) con il dosaggio 14 mg/d rispetto al placebo.[33]
Le lesioni in T1 captanti il Gd risultavano significativamente ridotte con entrambi i dosaggi di teriflunomide rispetto al placebo
(P <0,001 per entrambi i dosaggi), mentre l’atrofia cerebrale non risultava influenzata significativamente dal teriflunomide (P =0,19
per 7 mg e P =0,35 per 14 mg rispetto al placebo). Gli eventi avversi hanno incluso diarrea, nausea, assottigliamento dei capelli che
raramente ha causato l’interruzione del trattamento, e un leggero aumento dei livelli di alanina aminotransferasi, ma non sono
stati riscontrati casi di disfunzione epatica grave.
Un altro studio randomizzato di fase 3, in doppio cieco, controllato con placebo (TOWER) ha dimostrato tassi annualizzati di
recidive più bassi con teriflunomide 7 mg/d (0,39, P =0,0183) e teriflunomide 14 mg/d (0,32, P =0,001) rispetto al placebo (0,50)
in 1169 pazienti con SM recidivante.[5] Analogamente ai risultati riscontrati nello studio TEMSO, il teriflunomide 14 mg/d ha
abbassato significativamente il rischio di accumulo sostenuto di disabilità (riduzione relativa HR del 32%, P =0,0442), ma il
dosaggio di 7 mg/d non ha dato risultati diversi da quelli del placebo. Gli endpoint di RMI non sono stati inclusi nello studio
TOWER. Gli eventi avversi più comuni erano simili a quelli riscontrati nello studio TEMSO.
TOPIC era uno studio di fase 3, della durata di 2 anni, controllato con placebo, condotto su 618 pazienti con un primo episodio
clinico suggestivo di SM (sindrome clinicamente isolata).[34] Il teriflunomide, sia a 7 mg/d che a 14 mg/d, ha ridotto
significativamente il rischio di conversione a SM clinicamente definita: placebo (35,9%), teriflunomide 7 mg/d (27,6%, P =0,0271),
teriflunomide 14 mg/d (24,0%, P =0,0087). Entrambi i dosaggi hanno ridotto significativamente il rischio di nuove recidive e di
nuove lesioni in T2 alla RMI. Nel complesso, il profilo degli effetti avversi ha confermato i risultati ottenuti negli studi TEMSO e
TOWER.
Nello studio comparativo di fase 3 TENERE (con esaminatore in cieco), condotto su 324 pazienti con SM recidivante, il tasso
annualizzato di recidive come endpoint secondario non ha differito significativamente fra teriflunomide 14 mg/d (0,26) e
interferone β-1a (44 μg) (0,22, P =0,6); tuttavia, il tasso annualizzato di recidive era significativamente più elevato nei pazienti
sottoposti a trattamento con teriflunomide 7 mg/d (0,41) rispetto all’interferone β-1a (P =0,03).[35] L’endpoint primario composito,
ovvero il tempo al fallimento del trattamento, definito dalla prima occorrenza di una recidiva confermata o dall’interruzione
permanente del trattamento per qualsiasi causa, non ha differito fra i 3 gruppi di trattamento.
Ricerca corrente. La ricerca clinica in corso con il teriflunomide continua a essere focalizzata sulla SM con studi su farmacocinetica,
efficacia e sicurezza, effetti sulle cellule immunitarie, patologia cerebrale e altre indagini (clinicaltrials.gov). Sono inoltre in corso
programmi osservazionali sulla sicurezza e a partire da giugno del 2014 inizierà la raccolta di dati per un registro internazionale
sulla gravidanza richiesto dall’EMA.[36]
Indicazioni. Il teriflunomide in monosomministrazione giornaliera è approvato dall’FDA per il trattamento delle forme recidivanti
di sclerosi multipla. Nell’Unione Europea, il teriflunomide è approvato per gli adulti affetti da RRMS. Altri Paesi con approvazione
corrente includono Argentina, Australia, Colombia, Canada, Messico, Venezuela e Corea del Sud. Ad aprile 2014 il farmaco è stato
somministrato ad oltre 25.000 pazienti colpiti da SM.[37]
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Controindicazioni. Il teriflunomide reca un’avvertenza speciale dell’FDA (Black Box Warning) per insufficienza epatica, basata
sull’esperienza con il suo farmaco progenitore, il leflunomide.[38] Fino ad oggi, non sono stati segnalati casi di grave insufficienza
epatica con il teriflunomide; esso è tuttavia controindicato nei pazienti con preesistente insufficienza epatica grave. Il
teriflunomide reca un’avvertenza speciale (Black Box Warning) anche in merito alla teratogenicità, ed è controindicato in
gravidanza (categoria X dell’FDA).[38] Il farmaco ha mostrato teratogenicità negli animali, ma l’esperienza molto limitata negli esseri
umani non ha ancora rivelato un potenziale teratogeno. Il teriflunomide ha un’emivita lunga (circa 2 settimane) che può causare
livelli sierici misurabili di teriflunomide fino a due 2 anni dalla cessazione del trattamento. Di conseguenza, le pazienti che
rimangono incinte mentre sono in terapia con teriflunomide devono interrompere immediatamente l’assunzione del farmaco,
ricevere un consulto e sottoporsi a eliminazione accelerata mediante colestiramina o carbone attivo fino a raggiungere una
concentrazione verificata di teriflunomide nel plasma inferiore a 0,02 µg/mL.[38]
Dimetil fumarato (DMF)
Cenni storici. Il DMF, un estere dell’acido fumarico noto anche come BG-12, è stato approvato per la prima volta nel 2013 come
farmaco orale per il trattamento della RRMS. Gli esteri dell’acido fumarico vengono usati per il trattamento della psoriasi sin dal
1959 e sono il trattamento impiegato più frequentemente per la psoriasi grave in Germania, dove sono stati formalmente
approvati per questa indicazione nel 1994.[39] Piuttosto che una miscela di esteri dell’acido fumarico, così come viene usato in
Germania, il DMF è un derivato singolo del fumarato.[39] Il DMF viene sottoposto a rapido metabolismo di primo passaggio che
produce monometil fumarato, anch’esso farmacologicamente attivo.[40] Il DMF ha trovato impiego in passato come agente biocida
nelle calzature e nei mobili, ma è stato bandito dall’Unione Europea per questa finalità a causa del suo elevato potenziale di
provocare dermatite da contatto anche a basse concentrazioni.[41]
Meccanismo di azione. Il DMF innesca l’attivazione della via di risposta antiossidante del fattore nucleare 1 (eritroide-derivato 2)like 2 (Nrf2), che in teoria combatte la neuroinfiammazione, la neurodegenerazione e lo stress ossidativo tossico.[42] Il DMF inibisce
inoltre la via del fattore nucleare KB, bloccando in tal modo le funzioni cellulari indotte dal fattore di necrosi tumorale α, inclusi i
suoi effetti proinfiammatori.[39]
Studi di sperimentazione clinica di fase 3. In uno studio randomizzato di fase 3, in doppio cieco, controllato con placebo
(DEFINE), svolto su 1237 pazienti con RRMS, la proporzione stimata di pazienti recidivanti durante i 2 anni dello studio è stata
significativamente inferiore con DMF 240 mg somministrato due volte al giorno (27%) e DMF somministrato tre volte al giorno
(26%) rispetto al placebo (46%, P <0,001 per l’uno o l’altro dosaggio), che era l’endpoint primario.[42] Il tasso annualizzato di
recidive a 2 anni era dello 0,36 per il placebo, 0,17 per DMF 240 mg due volte al giorno e 0,19 per DMF 240 mg tre volte al giorno,
il che corrispondeva a una riduzione relativa con il DMF di rispettivamente il 53% e il 48% (P <0,001 per l’una o l’altra dose). Degno
di nota è stato però un forte squilibrio al basale in merito alla presenza di lesioni captanti il Gd alla RMI nei pazienti che ricevevano
placebo invece che DMF. Fra i pazienti sottoposti a RMI (placebo, n=180; DMF due volte al giorno, n=176), il 30% in più di pazienti
nel braccio del placebo presentava lesioni captanti il Gd alla RMI al basale; la presenza di tali lesioni è un provato fattore predittivo
di recidive future. Inoltre, e in contrasto con i precedenti studi sulla RRMS, per l’inclusione nello studio DEFINE non era necessario
che si fossero avute recidive cliniche negli ultimi 12 mesi. Di conseguenza, è legittimo affermare che nello studio DEFINE i pazienti
che ricevevano placebo avevano un’attività di malattia infiammatoria più elevata al basale rispetto a quelli che ricevevano DMF,
possibilmente causando una distorsione dei risultati a favore del DMF. Entrambi i dosaggi di DMF hanno ridotto il tasso
confermato a 12 settimane di progressione della disabilità, che era del 27% nel gruppo del placebo, 16% nel gruppo che
assumeva il DMF due volte al giorno (P =0,005) e 18% nel gruppo che lo assumeva tre volte al giorno (P =0,01), il che corrisponde
a una riduzione relativa HR di, rispettivamente, 38% e 34%. Per contro, nessuno dei due dosaggi di DMF ha mostrato un effetto
significativo sulla progressione confermata della disabilità a 24 settimane rispetto al placebo. Il numero di lesioni captanti il Gd e
di lesioni iperintense ponderate in T2 nuove o allargate, si è ridotto con entrambi i dosaggi di DMF rispetto al placebo (P <0,001
per l’una o l’altra dose). È tuttavia opportuno notare che il numero di lesioni captanti il mezzo di contrasto al basale era maggiore
del 30% nel gruppo del placebo, il che può avere causato una sovrastima dell’effetto del trattamento con il DMF. È stato notato un
effetto inconsistente sull’atrofia cerebrale nell’arco di 2 anni; si è verificata una riduzione significativa soltanto con il dosaggio più
basso (P =0,02) e non con il dosaggio più alto.[43] In una valutazione sulla qualità della vita correlata allo stato di salute, i punteggi
riassuntivi della componente fisica del modulo breve SF-36 (Short Form-36) hanno favorito il DMF rispetto al placebo (P <0,001
per l’uno o l’altro dosaggio).[44]
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Nuove terapie per la SM, parte 1: scienza e impatto delle terapie orali per la SM
Gli eventi avversi nello studio DEFINE hanno incluso rossore, diarrea, nausea, dolore nella parte alta dell’addome, abbassamento
della conta linfocitaria, livelli elevati di aminotransferasi nelle cellule epatiche e proteinuria. Il rossore e i sintomi gastrointestinali
sono diminuiti durante i primi mesi del trattamento. Tuttavia, sebbene ci sia stata una diminuzione dell’incidenza dei sintomi
gastrointestinali e del rossore nell’arco di vari periodi di trattamento, la prevalenza di questi effetti avversi non si è ridotta
altrettanto marcatamente.[41] La prevalenza complessiva del rossore era del 31% durante il primo mese; il tasso è passato al 24%
nel secondo mese e nel corso dei mesi successivi, se si è abbassato, lo ha fatto solo leggermente. In 3 degli eventi di rossore grave,
i pazienti hanno necessitato di ospedalizzazione e trattamento con corticosteroidi endovenosi. La prevalenza complessiva dei
sintomi gastrointestinali per i pazienti che ricevevano DMF due volte al giorno è stata del 22% nel primo mese, 17% durante il
secondo mese e compresa fra il 6% e il 12% nei mesi successivi. Sebbene i tassi complessivi dei pazienti che hanno interrotto il
trattamento fossero comparabili fra i gruppi del placebo e del DMF, il numero dei pazienti che riceveva DMF e che ha interrotto il
trattamento a causa di vampate di rossore o sintomi gastrointestinali è stato 3 volte più alto; i pazienti che ricevevano
placebo hanno interrotto più frequentemente il trattamento a causa di progressione della malattia. L’incidenza di rossore e sintomi
correlati è stata 5 volte più alta nel gruppo DMF rispetto ai pazienti trattati con placebo e ai pazienti trattati con GA. Data la natura
parzialmente transitoria di questi effetti avversi, è importante istruire i pazienti e monitorarli attentamente, in particolare durante
le prime settimane di trattamento, al fine di assicurare l’aderenza alla terapia.
In un altro studio randomizzato di fase 3, controllato con placebo (CONFIRM), 1430 pazienti con RRMS hanno ricevuto DMF 240
mg due volte al giorno, DMF 240 mg tre volte al giorno, placebo o iniezioni sottocutanee giornaliere di GA (20 mg) quale
comparatore attivo di riferimento rispetto al placebo.[45] Lo studio non è stato previsto per testare la superiorità o non inferiorità
del DMF rispetto al GA. Il tasso annualizzato di recidive è stato dello 0,40 nel gruppo del placebo e inferiore in tutti e 3 i gruppi
attivi: DMF 240 mg due volte al giorno (0,22, P <0,001), DMF 240 mg tre volte al giorno (0,20, P <0,001) e GA (0,29, P =0,01). Non c’è
stato squilibrio nella distribuzione delle lesioni captanti il Gd alla RMI al basale nello studio CONFIRM, dove la somministrazione
di DFM due volte al giorno ha ridotto il tasso di recidive del 44% rispetto al placebo. L’analisi dei sottogruppi di entrambi gli studi,
DEFINE e CONFIRM, ha rivelato che il DMF ha avuto un effetto minore sulle recidive nei pazienti con punteggi EDSS più elevati al
basale, nei pazienti non naive al trattamento e nei pazienti di almeno 40 anni di età. Ciononostante, è stata dimostrata una
riduzione consistente nei tassi di recidive in quella quota limitata di pazienti con precedente attività elevata di malattia. Una
possibile riduzione del rischio relativo nella progressione confermata della disabilità a 12 settimane non ha raggiunto un livello
statisticamente significativo per alcuno dei trattamenti attivi: DMF due volte al giorno (-21%, P =0,25), DMF tre volte al giorno
(-24%, P =0,20) o GA (-7%, P =0,70). Tutti e 3 i trattamenti attivi hanno causato una diminuzione del numero delle lesioni
iperintense ponderate in T2, nuove o allargate, alla RMI rispetto al placebo (P <0,001 per tutti) nonché delle nuove lesioni
ipointense ponderate in T1 (P <0,001 per l’uno o l’altro dosaggio di DMF e P =0,002 per GA). Per contro, l’atrofia cerebrale — non
segnalata né nello studio CONFIRM né nello studio DEFINE — non è stata significativamente più bassa rispetto al placebo in
alcuno dei 3 bracci di trattamento attivo.[46] Gli eventi avversi sono stati simili a quelli osservati nello studio DEFINE. I pazienti
trattati con placebo tendevano ad avere un abbassamento nei punteggi delle sottoscale dell’SF-36, mentre i pazienti trattati con
DMF e GA avevano generalmente un miglioramento o rimanevano stabili.[47]
Ricerca corrente. La ricerca clinica corrente si concentra principalmente su farmacocinetica, popolazioni speciali, tollerabilità e uso
di DMF nell’RRMS e nella psoriasi. Sono inoltre in corso studi osservazionali sulla sicurezza e un registro
mondiale sull’esposizione al farmaco durante la gravidanza.
Indicazioni. Il DMF è approvato dalla FDA e in Australia per il trattamento delle forme recidivanti di sclerosi multipla negli adulti.
Nell’Unione Europea e in Canada, il DMF è approvato per il trattamento dei pazienti affetti da RRMS. In Europa, al mese di marzo
2014, il farmaco è commercializzato soltanto in Germania. Al mese di settembre 2013, circa 35.000 pazienti in tutto il mondo erano
stati trattati con DMF, inclusi pazienti in studi post-marketing, in studi di sperimentazione clinica e partecipanti a programmi di
distribuzione gratuita di farmaci.[48]
L’acido fumarico può causare PML? Alla data di questo documento, sono stati segnalati 4 casi di PML in pazienti con psoriasi, in
associazione con prodotti contenenti acido fumarico. Almeno 3 di questi pazienti erano affetti da linfopenia grave e prolungata
prima di ammalarsi di PML. Fino ad ora, non sono stati segnalati casi di PML nei malati di SM trattati con DMF. La diminuzione dei
valori della conta dei linfociti negli studi di fase 3 DEFINE e CONFIRM ha mostrato una fase di plateau fino alla settimana 96 inclusa.
[42,45]
Alla luce di questi dati, può essere consigliabile monitorare costantemente la conta dei linfociti al fine di identificare
precocemente i pazienti con SM trattati con DMF che possono correre il rischio di ammalarsi di PML.
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www.medscape.org/viewarticle/823890
Controindicazioni. Il foglietto illustrativo del DMF non elenca controindicazioni assolute, ma può essere prudente non prescrivere
questo farmaco ai pazienti con infezioni gravi.[53] Dato che il DMF può causare linfopenia, è opportuno eseguire un emocromo
prima del trattamento e ripeterlo con regolarità, come suggerito dalle informazioni di prescrizione. Se nel corso del trattamento
dovesse insorgere una linfopenia grave, probabilmente si manifesterà durante i primi mesi della terapia. Non vi sono effetti
teratogeni noti negli esseri umani, ma negli animali sono stati osservati effetti avversi (categoria C).
Altri agenti orali testati in fase 3 e fase 2
Azatioprina. L’azatioprina, un analogo dei nucleosidi purinici, è stata approvata in Germania nel 2000 come agente di seconda
linea per l’RRMS, ma non è stata sottoposta a indagini complete secondo gli standard correnti. Negli Stati Uniti, l’azatioprina è
approvata per la prevenzione del rigetto nell’omotrapianto renale e per la gestione dell’artrite reumatoide attiva.[54]
Cladribina. L’accumulo intracellulare del metabolita attivo della cladribina, la 2-clorodeossiadenosina trifosfato, altera il
metabolismo cellulare, inibisce la sintesi e la riparazione del DNA e conduce all’apoptosi.[55] La sua predilezione per i linfociti causa
rapide riduzioni delle cellule T CD4+ e CD8+ e delle cellule B CD19+, risparmiando in certa misura le altre cellule del sistema
immunitario. La cladribina riduce inoltre le citochine proinfiammatorie, le chemochine, l’espressione delle molecole di adesione e
la migrazione delle cellule mononucleate.[55]
Lo studio randomizzato di fase 3, in doppio cieco, controllato con placebo (CLARITY) di 2 dosi di cladribina (3,5 mg/kg o 5,25 mg/
kg) in 1326 pazienti con RRMS ha ridotto significativamente i tassi di recidive, il rischio di progressione della disabilità e le misure
di attività di malattia alla RMI.[55] Gli eventi avversi degni di nota hanno incluso linfocitopenia (21,6% nel gruppo a dosaggio basso
e 31,5% nel gruppo a dosaggio alto) ed herpes zoster (8 pazienti nel gruppo a dosaggio basso e 12 pazienti nel gruppo a dosaggio
alto rispetto a nessun paziente nel gruppo del placebo). La cladribina orale ha anche ritardato significativamente la diagnosi di SM
nei pazienti con un primo evento clinico demielinizzante in uno studio randomizzato di fase 3 in doppio cieco (ORACLE).[56]
Sebbene inizialmente approvata in Russia e Australia, la cladribina venne respinta dalla FDA e dall’EMA principalmente per
problemi di aumento delle infezioni opportunistiche e delle malignità.[56] Lo sponsor ne ha successivamente interrotto lo sviluppo.
Laquinimod. Laquinimod è un derivato orale chinolina-3-carbossiammide del roquinimex, in precedenza valutato in studi di fase
3 quale trattamento per la SM, ma ritirato a causa di eventi avversi immuno-mediati gravi, tra cui sierosite, pericardite e infarto
miocardico.[16,57] Laquinimod venne sviluppato con la speranza che offrisse un profilo di sicurezza migliore rispetto al roquinimex.
È stato osservato che il laquinimod riduce gli infiltrati di cellule infiammatorie nel SNC, riduce la demielinizzazione e previene la
perdita assonale. Sebbene il suo esatto meccanismo di azione, incluso il target molecolare, non sia noto, il laquinimod limita la
migrazione dei linfociti nel SNC e riduce la risposta proinfiammatoria degli astrociti.[16] La sua capacità di contrastare l’atrofia
cerebrale suggerisce un possibile effetto neuroprotettivo.
In uno studio randomizzato di fase 3 in doppio cieco (ALLEGRO), 1106 pazienti con RRMS hanno ricevuto laquinimod orale 0,6
mg/d o placebo per 2 anni.[57] Il gruppo del laquinimod ha avuto un tasso annualizzato di recidive inferiore — 0,30 rispetto a 0,39
del gruppo del placebo (P =0,002 dopo rettifica per le variabili al basale) — corrispondente a una riduzione relativa HR del 23%. Il
gruppo del laquinimod ha anche avuto un rischio ridotto di progressione confermata della disabilità a 3 mesi (11,1%) rispetto al
gruppo del placebo (15,7%) (P =0,01 dopo rettifica per le variabili al basale). Le misure alla RMI del numero cumulativo di lesioni
captanti il Gd e di lesioni nuove o allargate sulle immagini ponderate in T2 erano minori per il gruppo del laquinimod rispetto al
gruppo del placebo (P <0,001 per entrambi dopo rettifica). Inoltre, l’atrofia cerebrale era meno pronunciata nei pazienti trattati
con laquinimod (P <0,001 dopo rettifica). Nei risultati dello studio ALLEGRO non sono state segnalate analisi non rettificate.[57,58]
Ventiquattro pazienti (5%) trattati con laquinimod hanno manifestato aumenti transitori dei livelli di alanina aminotransferasi di
oltre 3 volte più alti del limite superiore del range di normalità, rispetto a otto pazienti (2%) nel gruppo del placebo, con aumenti
di oltre 5 volte più alti del limite superiore del range di normalità, equamente distribuiti tra i gruppi. Gli eventi avversi che si sono
manifestati in almeno 2 pazienti del gruppo del laquinimod e che si sono verificati con maggiore frequenza rispetto al gruppo del
placebo hanno incluso diarrea, nausea, dolore addominale, infezione delle vie urinarie, sinusite, appendicite (5 pazienti
laquinimod, 1 paziente placebo), tosse, mal di schiena, artralgia e insonnia.
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Nuove terapie per la SM, parte 1: scienza e impatto delle terapie orali per la SM
Uno studio randomizzato di fase 3, in doppio cieco, controllato con placebo (BRAVO), del laquinimod 0,6 mg/d in 1331 pazienti
con RRMS, ha incluso un terzo braccio di riferimento (con esaminatore in cieco) di interferone β-1a intramuscolare (30 μg una
volta alla settimana) a fini di confronto descrittivo.[59] I dati non rettificati dello studio BRAVO, presentati come notizie dell’ultima
ora (Late Breaking News) al Congresso 2011 ECTRIMS/ACTRIMS, hanno mostrato soltanto una tendenza statistica verso una
differenza nel tasso annualizzato di recidive tra laquinimod e placebo, ovvero l’endpoint primario (riduzione relativa per il
laquinimod -18%, P = 0,075).[60] Tuttavia, dopo la correzione delle differenze al basale tra i gruppi di trattamento nel volume delle
lesioni in T2 e la percentuale dei pazienti con lesioni captanti il Gd, un’analisi rettificata ha dimostrato che il laquinimod ha ridotto
significativamente il tasso annualizzato di recidive allo 0,29 rispetto allo 0,37 per il placebo (P =0,026). Al basale, il 16% in meno
dei pazienti nel gruppo del placebo avevano lesioni captanti il Gd alla RMI rispetto al gruppo del laquinimod. Analogamente, il
laquinimod ha mostrato solamente una significatività borderline per una riduzione del progresso della disabilità, con soltanto il
13% dei pazienti trattati con placebo con progressione confermata rispetto al 10% dei pazienti trattati con laquinimod
(riduzione HR -31%, P =0,063). L’atrofia cerebrale alla RMI risultava ridotta significativamente del -28% rispetto al placebo
(P <0,001). Gli eventi avversi erano simili a quelli osservati nello studio ALLEGRO. Non vi sono state infezioni opportunistiche né
malignità potenzialmente letali.[16] L’interferone β-1a ha ridotto significativamente il tasso annualizzato di recidive allo 0,27 rispetto
allo 0,37 per il placebo (P =0,002). L’interferone β-1a non ha avuto un effetto significativo rispetto al placebo per quanto riguarda il
rischio di progressione della disabilità o atrofia cerebrale. Al momento è in corso un terzo studio di fase 3 denominato CONCERTO,
che includerà circa 1800 pazienti per un periodo massimo di 24 mesi, e che include un braccio con laquinimod a 1,2 mg/d oltre a
un braccio a 0,6 mg/d e a un braccio con placebo. ARPEGGIO, uno studio di fase 2 su 500 pazienti con PPMS, è attualmente in fase
di pianificazione.
Agenti testati in fase 2
Sono in fase di sviluppo nuovi agonisti del recettore S1P con una più alta selettività ai sottotipi del recettore rispetto al
fingolimod. Questi composti di “prossima generazione” includono siponimod, ponesimod, KRP-203, ONO-4641, RPC1063, CS-0777
e GSK2018682.[61]
Siponimod modula selettivamente i recettori S1P1 e S1P5, ma risparmia S1P2, -3 e -4. Questo profilo può essere particolarmente
vantaggioso, poiché S1P1 e S1P5 sono coinvolti nell’astrogliosi, la sopravvivenza delle cellule, la modulazione dei processi degli
oligodendrociti e la migrazione delle cellule T al SNC. L’efficacia e la sicurezza di siponimod per la SPMS sono attualmente in fase di
esame nello studio di fase 3 EXPAND.[61]
Anche ONO-4641 è un modulatore selettivo dei recettori S1P1 e S1P5. In uno studio di fase 2 della RRMS (DreaMS), ONO-4641 ha
provocato una diminuzione delle lesioni cerebrali alla RMI.[61] Sono necessari ulteriori studi clinici per determinare se i modulatori
selettivi del recettore S1P offrono un vantaggio di sicurezza rispetto al fingolimod.[62]
Infine, firategrast, un inibitore orale dell’integrina α-4, ha dimostrato di essere piuttosto promettente in uno studio randomizzato
di fase 2, in doppio cieco, controllato con placebo, su pazienti affetti da RRMS, ma a questo punto non è ancora stato avviato lo
studio di fase 3.[63]
L’impatto dei nuovi agenti orali sul trattamento della SM
L’aggiunta recente di 3 nuove DMT orali — fingolimod, teriflunomide e DMF — ha ampliato notevolmente le opzioni di
trattamento dei malati di RRMS. È tuttavia necessario tenere presenti i rischi e i benefici relativi di questi agenti al momento di
selezionare il trattamento per il singolo paziente.
Efficacia. Sebbene vi siano pochi confronti diretti testa a testa tra gli agenti orali e le DMT parenterali per la SM, i dati di efficacia
ricavati da questi studi possono essere istruttivi. I pazienti con RRMS trattati con fingolimod hanno avuto un tasso annualizzato di
recidive significativamente più basso e meno atrofia cerebrale rispetto a quelli trattati con interferone β-1a intramuscolare, come
risulta dallo studio testa a testa TRANSFORMS della durata di 1 anno, con modalità di trattamento “double-dummy”.[25] Lo studio
CONFIRM non era stato ideato per confrontare direttamente l’efficacia di DMF e GA; tuttavia, un numero di misure sono sembrate
favorire il DMF, sebbene quest’ultimo non abbia dimostrato di essere migliore del placebo per alcuni aspetti chiave.[44] Nello studio
TENERE con esaminatore in cieco, teriflunomide 14 mg/d era comparabile all’interferone β-1a in termini di tasso annualizzato di
recidive e tempo al fallimento della terapia, mentre il tasso di recidive è stato significativamente più alto nei pazienti trattati con
teriflunomide 7 mg/d.[35] Sebbene il laquinimod non abbia ridotto significativamente il tasso annualizzato di recidive rispetto al
placebo, nello studio BRAVO ha mostrato un effetto terapeutico significativo sull’atrofia cerebrale; per converso, l’interferone β-1a
intramuscolare ha ridotto significativamente il tasso di recidive, ma non l’atrofia cerebrale, rispetto al placebo. Questo studio non
era stato ideato per determinare la superiorità o non inferiorità del laquinimod rispetto all’interferone β-1a. Sono necessari
ulteriori dati comparativi al fine di poter stratificare chiaramente l’efficacia relativa dei farmaci orali e iniettabili.
Pg.10
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Sicurezza e tollerabilità. Sebbene gli interferoni iniettabili e il GA abbiano precedenti comprovati di sicurezza, i loro modesti
benefici terapeutici possono essere compromessi dalla mancanza di aderenza. Gli agenti orali da assumere una volta al giorno
(ovvero fingolimod, teriflunomide) o due volte al giorno (DMF) hanno teoricamente il potenziale di migliorare l’aderenza,
eliminando il disagio causato dalle frequenti iniezioni. Ciononostante, possono verificarsi problemi di tollerabilità anche con i
farmaci orali. Per esempio, possono verificarsi infezioni da herpes zoster con il fingolimod, disturbi gastrointestinali con il DMF
e assottigliamento dei capelli con il teriflunomide. Inoltre, con ciascuno degli agenti orali si possono verificare effetti collaterali
sistemici potenzialmente gravi. Sebbene tutti i farmaci orali siano stati studiati in almeno due studi di fase 3, l’esperienza a lungo
termine nel “mondo reale” rimane limitata. Inoltre, la teratogenicità costituisce un problema, poiché molti dei malati di SM sono
donne in età fertile; fingolimod e DMF rientrano nella categoria C e il teriflunomide nella categoria X della FDA per la gravidanza.
L’esperienza molto limitata non ha ancora dimostrato un potenziale teratogeno di questi farmaci negli esseri umani. L’interferone
β è stato associato a un peso inferiore medio alla nascita, minore lunghezza media alla nascita e nascita prematura negli esseri
umani, e rientra nella categoria C della FDA per la gravidanza. Il GA, per il quale sono pubblicamente disponibili meno dati sugli
esseri umani rispetto all’interferone β, rientra nella categoria B.[64] Non sono stati ancora descritti effetti teratogeni, né negli animali
né negli esseri umani, con il GA, che al momento ha un’esperienza di oltre 2 milioni di anni-paziente con SM (Teva
Pharmaceuticals, comunicazione personale, marzo 2014).
Conclusioni
I nuovi agenti orali per la SM offrono aggiunte molte apprezzate all’arsenale ormai consolidato delle DMT parenterali. Sia i farmaci
più nuovi che quelli più vecchi comportano vantaggi e svantaggi. Dato che per i nuovi agenti orali non disponiamo ancora di dati
di sicurezza nel lungo termine, sarà prudente monitorare l’esperienza clinica che si sta accumulando, in termini di efficacia e di
eventi avversi, al momento di prendere in considerazione l’uso di questi farmaci nei nostri pazienti. Si dovrebbero includere quanti
più pazienti possibile nei registri prospettici osservazionali volti a valutare la sicurezza. Dato il numero crescente di opzioni
terapeutiche a disposizione, l’identificazione di biomarcatori predittivi in grado di aiutare a individualizzare le decisioni
terapeutiche è un’esigenza preminente non ancora soddisfatta nel campo della gestione della SM.
Messaggio personale. L’autore desidera dedicare questo articolo a un familiare che soffre di RRMS e che — dopo un esordio drammatico
— si sottopone con successo da 15 anni a un trattamento con un agente iniettabile di prima linea.
Pg.11
Nuove terapie per la SM, parte 1: scienza e impatto delle terapie orali per la SM
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Nuove terapie per la SM, parte 1: scienza e impatto