RECUPERO ARTICOLARE E DELLA PERFORMANCE NEUROMUSCOLARE NELLA PRATICA NEURORIABILITATIVA Stefano Casati Dott.in Fisioterapia Definizione di Biomeccanica • La meccanica è lo studio delle forze e dei loro effetti. • La biomeccanica è l’applicazione dei principi meccanici al corpo umano ed animale, in movimento e a riposo . • Lo studio completo della meccanica comprende due aree di base: • la statica = lo studio dei corpi a riposo o in equilibrio risultante da forze che agiscono su di esso • la dinamica = lo studio dei corpi in movimento • La dinamica, a sua volta può essere suddivisa in cinematica e cinetica. • La cinematica è la “scienza del movimento”. Si occupa delle relazioni che esistono tra spostamenti, velocità ed accelerazioni nei movimenti di traslazione e rotazione. Non si occupa delle forze in gioco, ma solo della descrizione dei movimenti in se stessi. • La cinetica si interessa dei corpi in movimento e delle forze che intervengono a produrlo. Il corpo umano è un sistema articolato dove i vari segmenti corporei (leve ossee) si muovono attorno a fulcri rappresentati dalle articolazioni (assi articolari). . FORZA= Grandezza fisica in grado di modificare lo stato di quiete o di moto di un corpo, oppure di modificarlo. • Le forze che permettono i movimenti attivi attorno alle articolazioni sono generate da forze interne od esterne. •I movimenti attivi sono prevalentemente di tipo angolare e la loro efficacia dipende oltre che dalla forza anche dal punto di applicazione della forza e dalla sua direzione. Momento angolare • tendenza della forza stessa a causare una rotazione intorno ad un asse di rotazione (fulcro, centro di rotazione) • è uguale all'intensità della forza moltiplicata per il braccio della forza che è la distanza ortogonale tra l'asse di rotazione e la linea d'azione della forza. M = F x Br effettiva efficacia della forza a produrre movimento . Br Punto applicazione forza fulcro F • Cosa influenza il Momento angolare, ossia l'efficacia di una Forza ? 1 L' dell'intensità della Forza ( grado di reclutamento muscolare) FULCRO PUNTO DI APPLICAZIONE ° Br F • 2) Il valore del Br che è determinato da due fattori: La distanza del punto di applicazione della Forza dal fulcro. FULCRO ° Br1 F1 F2 F3 Br2 Br3 Tanto è maggiore la distanza tra il punto d’applicazione della forza e il fulcro maggiore sarà l’efficacia della stessa La direzione della Forza Br3 Br2 ° F3 Br1 F1 F2 Br2 > Br1 > Br3 La forza ha il suo massimo effetto rotatorio se applicata ortogonalmente all’asse maggiore della leva da muovere Il momento angolare della forza M può modificarsi se: • cambia la grandezza della forza F (modificazione della capacità del muscolo di produrre tensione ) •cambia la grandezza del braccio di forza b (cambiando l’inserzione del muscolo). • cambia la direzione del muscolo senα (cambiando così la componente rotatoria della forza). • La forza muscolare F può variare anche con l’allenamento o il nonuso • Il braccio di forza e l’inclinazione della forza non sono influenzate dall’allenamento o dal non-uso e possono essere modificate solo chirurgicamente La forza muscolare F puo’variare • per l’attivazione neuronale (frequenza e intensità di scarica motoneuronale) • per la lunghezza muscolare (relazione forza-lunghezza) • per la velocità di contrazione (relazione forza-velocità) • per l’architettura muscolare Fattori che Capacità di generazione della forza influenzano la muscolare forza muscolare Attivazione neuronale La forza è Maggiore/minore in relazione al numero e alla sincronizzazione delle unità motorie reclutate e alla loro frequenza e intensità di scarica Relazione lunghezza forza- La forza è Maggiore/minore in relazione alla distanza dalla lunghezza ottimale, alla possibilità di creare ponti actomiosinici, Relazione velocità forza- La forza è Maggiore in relazione all’aumento della velocità di contrazione in condizione eccentrica e minore in relazione all’aumento della velocità in condizione concentrica ARCHITETTURA MUSCOLARE comprende • la disposizione • la lunghezza • la sezione traversa e l’angolo di pennazione delle fibre muscolari ARCHITETTURA MUSCOLARE fattore determinante degli scopi funzionali del muscolo • la generazione di forza • la relazione lunghezza-forza • la relazione forza-velocità Disposizione delle fibre muscolari • Le Fibre muscolari sono raccolte in fascicoli e si estendono dal tendine prossimale a quello distale. • I vari autori descrivono tre classi generali di disposizione delle fibre muscolari Sezione traversa del Muscolo – PCSA • La PCSA ( fisiologica area di sezione traversa) = somma delle aree traverse, delle singole fibre muscolari, misurate perpendicolarmente alla loro direzione longitudinale. • La forza sviluppata da ogni tipo di muscolo è direttamente proporzionale al numero delle fibre muscolari disposte in parallelo ed è direttamente proporzionale alla PCSA muscoli sottoscapolare Sezione cm2 traversa 13,51 sottospinoso 9,51 deltoide posteriore 9,45 deltoide medio 9,08 deltoide anteriore 7,30 sovraspinoso 5,21 Piccolo rotondo 2,92 in FIGURA 7 La figura mostra la lunghezza delle fibre muscolari e il PCSA dei muscoli dell’arto inferiore. Questo grafico può essere usato per correlare la forza e il range attivo dei singoli muscoli, visto che la forza è direttamente proporzionale al PCSA e la lunghezza delle fibre è direttamente proporzionale all’escursione attiva. (Abbreviazioni: AB, adduttore breve; AL,adduttore lungo; AM, grande adduttore; BFl, capo lungo bicipite femorale; BFs, capo breve bicipite femorale; EDL, estensore lungo delle dita; EHL, estensore lungo dell’alluce; FDL, flessore lungo delle dita; FHL, flessore lungo dell’alluce; GR, gracile; LG, gastrocnemio laterale; MG, gastrocnemio medio; PB, peroneo breve, PL, peroneo lungo; PEC, pettineo; PLT, plantere; POP, popliteo; RF, retto femorale; SAR, sartorio; SM, semimembranoso; SOL, soleo; ST, semitendinoso; TA, tibiale anteriore; TP, tibiale posteriore; VI, vasto intermedio; VL; vasto laterale; VM, vasto mediale) (da 9) Angolo di pennazione • L’angolo di pennazione è definito l’angolo compreso tra la fibra muscolare e la linea d’azione del muscolo (asse di generazione della forza). Angolo di pennazione • L’angolo di pennazione è sempre compreso tra gli 0°e i 30° • La forza delle fibre muscolari, effettivamente trasmessa al tendine, è rappresentata dalla forza stessa moltiplicata il coseno dell’angolo di pennazione Angolo di pennazione • Nei muscoli pennati, la forza trasmessa al tendine rappresenta il 90% della forza effettiva. La pennazione è una strategia per • concentrare in poco spazio, un grande numero di elementi contrattili lungo il tendine Lunghezza muscolare e lunghezza della fibra muscolare • La lunghezza muscolare è definita “la distanza dall’origine della fibra muscolare più prossimale all’inserzione della fibra muscolare più distale”. • La lunghezza della fibra muscolare è definita come la distanza compresa dall’origine all’inserzione della fibra muscolare, varia da pochi millimetri a 10 cm La lunghezza delle fibre muscolari influenza la velocità di contrazione, l’escursione attiva e la capacità di generare forza • La velocità di contrazione e l’escursione attiva di un muscolo sono direttamente proporzionali al numero di sarcomeri in serie ossia alla lunghezza delle fibre muscolari • maggiore è la lunghezza delle fibre muscolari maggiore è la capacità di esprimere forza PROPRIETA’ DI MUSCOLI CON DIFFERENTE ARCHITETTURA • I muscoli con fibre corte e importante PCSA sono designati alla produzione di forza. • I muscoli con fibre lunghe sono designati ad essere attivi in un grande range di movimento La forza muscolare e il suo braccio variano durante il movimento. e il momento angolare si modifica con il cambiamento dell’angolo articolare Curva di forza • La diretta relazione tra la capacità di un muscolo di generare un momento angolare durante il suo intero range attivo è evidenziato dalla curva momento-angolo RECUPERO ARTICOLARE • Il benessere dei tessuti articolari dipende dall’uso dell’articolazione e dallo stress a carico delle strutture articolari. • la nutrizione della cartilagine ialina dipende dalla compressione e dalla decompressione che si verificano con il movimento articolare. • Il mantenimento della forza e della flessibilità del legamento e della capsula dipende da una certa quantità di stress e di sforzo a carico del tessuto, associati al movimento articolare L’immobilizzazione e il disuso dell’articolazione generano A livello dei tessuti molli una proliferazione fibro-adiposa, un riassorbimento tissutale, una riduzione dello spazio tra le fibre del collagene, una perdita di lubrificazione, una modificazione dei crosslinks interfibrillari del collagene, che diventano più spessi e determinano minor scorrevolezza. Questi fenomeni sono la causa di rideterminazione della lunghezza a riposo degli stessi tessuti molli, ovvero il loro adattamento alla nuova lunghezza imposta. . A livello muscolare in seguito ad immobilizzazione in accorciamento: • perdita del numero dei sarcomeri • il rapporto fra componente connettivale e fibra muscolare si sposta nettamente favore della prima. • La dimensione del muscolo retratto diminuisce sia in lunghezza che nel diametro, riducendo così anche la forza che può esprimere. • La lunghezza del tessuto connettivale e del tessuto muscolare, può anche aumentare se forze opposte tornano ad essere presenti e rendere i fenomeni di perdita di estensibilità reversibili • Questa possibilità di riorganizzazione e di rimodellamento del tessuto connettivale e muscolare, è una proprietà importante che è alla base di interventi terapeutici tempestivi, mirati ed efficaci. PROPRIETA’ REOLOGICHE • I tessuti biologici (ossa, cartilagine, legamenti, tendini, muscoli etc.) posseggono tre proprietà reologiche di base ELASTICITA’ • la deformazione dipende esclusivamente dalla forza applicata ed è immediata e direttamente proporzionale ad essa. Inoltre, è completamente e immediatamente reversibile al cessare della forza deformante VISCOSITA’ • la deformazione dipende, oltre che dalla forza applicata, anche dalla durata e dalla velocità di applicazione della suddetta forza. • Al cessare della forza deformante le dimensione di partenza vengono recuperate molto lentamente PLASTICITA’ la deformazione è istantanea e continua fin tanto è applicata la forza deformante e aumenta fino alla possibile rottura del materiale. Alla rimozione della forza deformante le dimensioni originali non sono recuperate, la deformazione diventa definitiva e irreversibile COMPORTAMENTO ELASTO PLASTICO • Strain è un termine tecnico utilizzato per descrivere la somma delle deformazioni di un oggetto (nel nostro caso di un tessuto biologico) in risposta all’applicazione di carichi esterni o meglio i cambiamenti esterni in forma e dimensione espressi rispetto alla forma originaria • Lo stress è definito come la forza per l’unità di area che si sviluppa entro un oggetto in risposta ad un carico deformante. Può essere meglio visualizzata come la forza interna dell’oggetto che si sviluppa per resistere alle deformazioni indotte dall’applicazione di carichi esterni Curva stress-strain • Dallo stato iniziale di riposo a prima del superamento del limite elastico la deformazione che si verifica nell’oggetto è elastica. Dal superamento del limite elastico, a prima della rottura, la deformazione che si verifica nell’oggetto è plastica e quindi permanente. • La pendenza della curva stress-strain nella regione elastica rappresenta la rigidità di un oggetto: quanto più la pendenza è ripida tanto più l’oggetto è rigido e capace di resistere a deformazioni. L’indice che rappresenta la rigidità dell’oggetto è chiamato modulo di elasticità, ed è ottenuto dalla divisione del valore dello stress con quello dello strain. Tanto più è alto il valore del modulo di elasticità, tanto più l’oggetto è rigido. • L’area sottesa alla curva rappresenta l’energia che il corpo può immagazzinare e assorbire mentre è sottoposto a carico. Nella regione elastica, tale energia viene restituita completamente. Nella regione plastica, tale energia viene assorbita dalla modificazione del corpo stesso • • Un oggetto sottoposto a carico mostra, dopo la rimozione dello stesso, una proprietà denominata resilienza che rappresenta la capacità dell’oggetto a ritornare con vigore alla forma e dimensione originaria. Più un oggetto è resiliente meno viene persa energia nelle fasi di carico-scarico e più si potrà’riutilizzare l’energia immagazzinata durante la fase di carico. Il fenomeno che rappresenta la perdita di energia durante le fasi di carico e scarico è denominato Isteresi. • Un oggetto duttile è quello che presenta un’ampia deformabilità plastica prima di giungere al punto di rottura ( es. acciaio, rame). Quello che ha poca o nulla deformabilità plastica è detto fragile. Il punto di rottura dell’oggetto fragile è vicino a quello elastico (vetro). COMPORTAMENTO VISCOELASTICO • Velocità= Più la velocità di applicazione dei carichi di deformazione è elevata più i tessuti biologici diventano rigidi. Se aumenta la velocità di deformazione sulla curva stress-strain nella regione elastica troveremo un pendenza piu ripida che rappresenta un aumento della rigidità Tempo • Quando un tessuto biologico è sottoposto ad un carico costante per diverso tempo, si avrà una rapida deformazione iniziale, seguita da una lenta ma progressiva ulteriore deformazione conosciuta con il nome di creep. Al cessare del carico deformante la dimensione originale sarà riguadagnata completamente in un tempo proporzionale alla durata del periodo di deformazione. Stress Relaxation • Quando un tessuto biologico è sottoposto ad una deformazione costante lo stress necessario al raggiungimento e al mantenimento di questo stato di deformazione sarà inizialmente elevato per diminuire progressivamente in rapporto al trascorrere del tempo(stress relaxation). Creep Stress relaxation La struttura visco-elasto si trova in una posizione a-b di riposo. L'applicazione di una trazione provoca una deformazione elastica istantanea (a-c); con il mantenimento della trazione si ha un ulteriore aumento di deformazione (c-d) comportamento viscoso. AI termine della trazione si ha un immediato recupero della componente elastica di deformazione (d-e), seguito da un lento recupero della componente viscosa (e-f). Se la struttura viene mantenuta in una situazione deformante per tempo prolungato, si può ottenere una deformazione permanente PROPRIETA’ TISSUTROPICA • La tissotropia è la proprietà di alcuni tessuti che possono diventare più o meno viscosi in funzione della storia del loro movimento. Questi tessuti possono variare la loro viscosità se vengono agitati, o se vengono mossi meccanicamente in modo ripetitivo e riprendono il loro stato viscoso originale dopo che vengono interrotte tali sollecitazioni IMPLICAZIONI CLINICHE • La conoscenza delle proprietà dei tessuti biologici aiuta il fisioterapista a comprendere che alcune manovre adottate nel proprio lavoro, quali,per esempio, la mobilizzazione passiva e le tecniche per il recupero articolare, hanno una spiegazione fisiologica oltre che intuitiva. Mobilizzazione passiva • mantiene mobilità articolare • previene aderenze dei tessuti • favorisce : 1. la circolazione sanguigna 2. il nutrimento dell’articolazione 3. l’inibizione del dolore La riduzione del dolore si verifichi attraverso due meccanismi: • 1) la mobilizzazione aiuta a migliorare la nutrizione complessiva dell’articolazione attraverso il movimento del fluido sinoviale. • 2) la mobilizzazione attiva i meccanorecettori di tipo I e II nella capsula articolare. La stimolazione di questi meccanorecettori riduce il dolore. • Distrazione decoattanti possono essere utili per ridurre la compressione anormale delle superfici articolare. Mobilizzazione passiva • L’efficacia di questa tecnica, si basa principalmente sul comportamento tissotropico del sistema articolare e dei muscoli (aumento momentaneo della fluidità). • Agisce sempre nella prima prima parte della curva stress/strain, senza mai superare il limite elastico. • E’ una manovra che viene eseguita ripetutamente a velocità moderata creando modificazioni dello stato di quiete che non determinano deformazioni permanenti capaci di migliorare il range articolare o la lunghezza dei legamenti e dell’unità muscolotendinea Le macchine di movimento passivo continuo PREVENGONO • aderenze dei tessuti molli durante l’immobilizzazione articolare • non sono consigliate nel recupero articolare, poiché il tempo in cui la macchina mantiene le strutture retratte in tensione è solitamente troppo breve (25sec.) Tecniche per il recupero articolare • Per ottenere un aumento permanente del range articolare e della lunghezza dei legamenti e dell’unità muscolo-tendinea occorre determinare delle deformazioni prodotto da alte tensioni o carichi, ossia superare il limite elastico della curva stress/strain e quindi produrre delle modificazioni parziali dei tessuti biologici. Un approccio di questo tipo può essere rappresentato dalle manovre di manipolazione, dallo stretching ballistico, dalla mobilizzazione passiva forzata, sblocco in narcosi. Tecniche per il recupero articolare • Un altro approccio per ottenere miglioramento dell’ articolarità e della lunghezza dei tessuti è il considerare la loro natura visco-elastica, per cui mantenere queste strutture in allungamento per diverso tempo (stretching statico-progressivo), mantenendo o un carico costante o una deformazione costante, utilizzando, in questo modo, i fenomeni di stress relaxation e creep Tecniche per il recupero articolare • La natura visco-elastica non permette il mantenimento di deformazioni permanenti. Permette ai tessuti, pur se viene cessata la forza deformante, di rimanere in una posizione di allungamento per un periodo proporzionale al tempo di somministrazione della stessa forza deformante. • Per ottenere e mantenere deformità permanenti e modificazioni permanenti delle dimensioni dei tessuti biologici, il comportamento visco-elastico è, comunque, necessario, in quanto, concede il tempo ai vari tessuti di rimodellarsi e riorganizzarsi tramite fenomeni biologici cellulari e molecolari (es. miofibbrillogenesi) Tecniche per il recupero articolare • Questo approccio può essere rappresentato dalle tecniche di stretching lento graduale progressivo e stretching statico progressivo dove i carichi sono solitamente modesti ma mantenuti per diverso tempo. • Riassumendo, un tessuto biologico risulta più rigido se sottoposto a elevate velocità di deformazione, può essere maggiormente deformabile se sottoposto a deformazioni che durano nel tempo anche senza aumentare il carico e raggiunta una deformazione, il carico deformante applicato per mantenerla diminuisce sensibilmente con il passare del tempo. • Bisogna evitare gli allungamenti di elevata intensità e breve durata che eccitano i fusi neuromuscolari, provocando una contrazione riflessa del muscolo e aumentano la rigidezza, causando possibili lesioni al tessuto per effetto degli sforzi generati OBIETTIVI DELLO STRETCHING • Ripristino delle qualità di lunghezza ed estensibilità del muscolo • indispensabili per la conservazione del range articolare completo Lo stiramento muscolare induce profonde modificazioni A livello della placca motrice crescono i recettori per l’acetilcolina. Il mantenimento del muscolo in posizione allungata determina nuovi filamenti di actina e miosina, aumento del numero di sarcomeri in serie e quindi dall’incremento di lunghezza, peso e massa muscolare. Conservare la flessibilità muscolare • contenere gli attriti interni attraverso un’idonea capacità di scivolamento fra i diversi elementi costitutivi della struttura del muscolo. Grazie alla proprietà tissotropica infatti, il movimento rompe i ponti molecolari della struttura, riducendone la resistenza interna. STIRAMENTO LENTO GRADUALE PROGRESSIVO • Vengono riportati tempi che vanno da 10 secondi ad alcuni minuti. • effetto immediato è un aumento della ROM, che potrebbe risultare dalla risposta creep presente nei tessuti biologici. • E’ stata dimostrata una riduzione della resistenza allo stretching dopo più ripetizioni di questo (probabilmente per la proprietà tissotropica e della stress relaxation). STIRAMENTO PASSIVO O ALLUNGAMENTO STATICO • La letteratura riporta grande consenso circa l’utilizzo delle ortesi nel trattamento della componenti passive della spasticità, nella prevenzione delle retrazioni, complicanza frequente nei soggetti con sindromi ipertoniche. • L’utilizzo di un’ortesi, grazie ai tempi di trattamento più prolungati, è in grado di creare una modificazione plastica, ottenendo un rimodellamento permanente del tessuto connettivo. ORTESI • Le ortesi per il trattamento della spasticità si dividono principalmente in splint e cast. SPLINT • a forma di doccia, possono essere dorsali, palmari o bi-valve, dinamici o statici a secondo della presenza o meno di parti mobili e possono essere indossati e rimossi più volte durante l’arco della giornata. VANTAGGI • Corretta igiene degli arti immobilizzati possibilità di mobilizzarli passivamente o attivamente• Gli splint hanno dei vantaggi rispetto alle ortesi tradizionali: coprono infatti la lunghezza dell’intero arto e il materiale utilizzato distribuisce la forza applicata in modo uniforme ed evita la formazione di punti di pressione elevata sulla pelle. SVANTAGGI • I velcri utilizzati con gli splint non sono in grado di stabilizzare l’articolazione come un cast circonferenziale. • Gli splint rigidi offrono un adeguato posizionamento per prevenire le deformità ma sembrano non essere efficaci nel ridurre le retrazioni. TEMPI D’APPLICAZIONE • In base alla letteratura non è possibile collegare il guadagno della ROM al numero di ore di splinting. • Buckon et al. mettono a confronto diversi tipi di SPLINT in relazione al successivo recupero della dorsiflessione di caviglia da parte dei pazienti. Il posizionamento si è svolto per 6-12 ore durante il giorno in un range di tempo di 3 mesi. • Gelinas et al. sottolineano un guadagno di almeno 10° della ROM in19/22 pazienti che hanno indossato uno splint statico progressivo al gomito per 20 ore al giorno con un periodo medio di 4.5 ± 1.8 mesi. Al successivo follow up dopo 6 mesi soltanto 2 pazienti hanno mostrato una perdita della ROM di 10°, mentre i risultati sono rimasti stabili per gli altri. CAST • Coprono l’intera circonferenza dell’arto, non sono rimovibili • sembrano avere una maggiore efficacia sulla spasticità grazie alla maggior durata del posizionamento, alla produzione di una maggior pressione circonferenziale sul ventre muscolare VANTAGGI • La risposta che si ottiene al posizionamento dei cast è una deformazione plastica, un cambiamento permanente della lunghezza dei tessuti dovuta ad un riallineamento delle fibre collagene. SVANTAGGI • l’immobilizzazione a volte può dare origine a problematiche di trofismo cutaneo e può ostacolare le manovre di care e alcune attività della vita quotidiana come il lavarsi e il vestirsi. Tempi d’applicazione • Molte pubblicazioni raccomandano l’uso di cast con un intervallo di applicazione di 57 giorni nei pazienti con spasticità cerebrale, tuttavia non ci sono studi che provano o disapprovano che queste raccomandazioni diano risultati migliori. • Attraverso i casting seriali, si ha una diminuzione della resistenza offerta dal muscolo del 20% nelle prime 24 ore, poi la modificazione procede ma in modo meno rapido. • il tempo di posizionamento non è l’unico fattore a giocare un ruolo importante sui risultati a lungo termine. Si ottengono risultati più duraturi se, in seguito si utilizzano splint. • Diversi studi mostrano che la rigidità articolare e muscolare o le aderenze possono essere combattute con un breve periodo di casting e successivamente l’uso di splint può essere utile per mantenere i risultati. STUDI CONFRONTO: STIRAMENTO LENTO GRADUALE PROGRESSIVO e STIRAMENTO PASSIVO O ALLUNGAMENTO STATICO • • • • Bressel et al.30 hanno mostrato che lo stretching dei plantiflessori per un periodo di 30 minuti al giorno per 6 settimane, imposto o da una tavola o dai cast, riduce la resistenza passiva e permette un aumento della ROM. Sono stati scelti (random) due gruppi di partecipanti: durante la prima sessione del test sono stati sottoposti a 30 min. di stretching ciclico o statico, mentre si è invertito il protocollo durante la seconda sessione. Per lo stretching statico la velocità scelta per portare la caviglia in dorsiflessione fino all’80% del massimo angolo è stata di 5°/sec (velocità scelta in esperimenti precedenti su bambini con PCI perché non provocava riflesso da stiramento e migliorava il rilassamento del soggetto).Per lo stretching dinamico (lento graduale progressivo) si sono utilizzati gli stessi parametri, procedendo però con movimenti passivi continui. I risultati mostrano una diminuzione della stiffness del 35% per lo stretching statico e del 30% per quello ciclico ma la diminuzione del picco di resistenza che si sviluppa quando l’articolazione viene mantenuta nel tempo in una posizione non neutrale, è decisamente migliore per lo stretching statico (53% in più) CMMS (Casting Motion to Mobilize Stiffness) • tecnica sviluppata per mobilizzare un articolazione . Viene utilizzato, quando è possibile, il movimento attivo, necessario per mantenere la lubrificazione delle articolazioni all’interno della matrice cellulare del collagene, prevenendo la formazione di anormali cross-link all’interno dello stesso. CONFEZIONAMENTO es . Per i mm plantiflessori 1) 2) 3) 4) 5) Corretto posizionamento del retropiede e la tenuta in massima dorsiflessione per tutto il periodo del gesso Bisogna sempre poter sorvegliare il paziente nelle prime 48 ore potendosi verificare dei disturbi cutanei o circolatori Dopo una settimana il gesso viene tolto(può essere ripetuto tre volte). Applicare le dovute protezioni pre-confezionamento Alcuni utilizzano drop-out cast= la parte prossimale o distale viene aperta " Stirare il muscolo fino al limite possibile • • • • • I risultati di questo studio sono in contrasto con quelli di McNair et al. che hanno valutato le variazioni della stiffness in seguito allo stretching statico e dinamico (60 sec.) in soggetti sani riportando una diminuzione della stiffness del 16% dopo lo stretching ciclico e nessuna variazione per quello statico. Quindi, nonostante lo stretching ciclico pare essere l’approccio migliore per problematiche di tipo ortopedico, la sua efficacia sembra essere differente nei pazienti con problematiche neurologiche. McNair e i suoi collaboratori hanno suggerito che le proprietà tissotropiche del muscolo dovrebbero cambiare e rendere il tessuto più viscoso dopo lo stretching ciclico rispetto a quello statico proprio in virtù del movimento che questo comporta. Nello studio di Bressel et al., i costituenti del muscolo che contribuiscono alla tissotropia potrebbero non aver risposto nella stessa maniera in cui hanno risposto nei soggetti del gruppo di controllo (età media 50 anni – sani) proprio per cause legate alla differente età e alla condizione nella quale si trovano i tessuti in seguito all’ictus. Pazienti sottoposti a LLPS stretching prolungato a basso carico : 10/11 soggetti hanno presentato un aumento della ROM di circa 15°. Kathye E. et al Pazienti sottoposti a HLPS stretching più breve ad elevato carico : 10/11 soggetti hanno presentato un incremento della ROM di 5°. Kathye E. et al. CONCLUSIONI 1 • Nel muscolo spastico per lesioni centrali possiamo assistere a modificazioni strutturali e quindi funzionali, a carico della maggior parte delle sue componenti. • Si verificano alterazioni del tessuto connettivo e in particolare di alcune sue componenti, come il collagene e le fibre elastiche. • Si hanno segni di denervazione periferica e alterazioni a carico anche dei microvasi sanguigni intramuscolari. • Le manifestazioni cliniche di questi fenomeni, che vanno ad alterare le proprietà reologiche del muscolo, sono le le retrazioni muscolari, che incrementano il valore della stiffness passiva. CONCLUSIONI 2 • Una modalità di trattamento utilizzata per prevenire, contrastare e correggere le retrazioni è lo stretching, che può essere applicato manualmente dal fisioterapista (stiramento lento graduale progressivo), oppure ottenuto mediante l’impiego di ortesi (stiramento passivo o allungamento statico). • Per quanto riguarda lo striramento lento graduale progressivo (SLGP) si ritrovano in letteratura pareri discordanti relativi alla durata e al numero di ripetizioni da effettuare e sulla tempo di mantenimento dell’allugamento. • L’utilizzo di un ortesi è in grado di creare una modificazione plastica, ottenendo un rimodellamento del tessuto connettivo. • Una delle differenze sostanziali tra le due tipologie di ortesi è la durata del posizionamento che queste permettono: gli splint infatti possono essere indossati e rimossi più volte durante l’arco della giornata, mentre i cast vengono indossati dal paziente con intervalli variabili di 410 giorni per poi essere sostituiti in genere da un nuovo cast (cast seriali). • Riguardo la loro efficacia la letteratura riporta un maggior consenso verso i cast, proprio perché grazie alla maggior durata del posizionamento permettono rimodellamenti più specifici e duraturi dei tessuti al contrario degli splint, con i quali si può avere una risposta elastica dei tessuti e un ritorno al pattern motorio alterato nel momento in cui vengono rimossi durante il giorno. I cast inoltre offrono una maggior pressione circonferenziale sul ventre muscolare e mantengono in modo migliore il calore corporeo locale, fattori che ne aumentano l’efficacia. • l’immobilità che impone l’utilizzo dei cast è un fattore così intollerato da molti clinici che spesso sono l’ultima risorsa utilizzata per guadagnare movimento, specialmente per quanto riguarda il trattamento dell’adulto. Più frequentemente vengono usati gli splint in quanto permettono di andare a mobilizzare attivamente e passivamente le articolazioni che per molte ore durante la giornata rimangono immobilizzate.