RECUPERO ARTICOLARE E DELLA
PERFORMANCE
NEUROMUSCOLARE NELLA
PRATICA NEURORIABILITATIVA
Stefano Casati Dott.in Fisioterapia
Definizione di Biomeccanica
• La meccanica è lo studio delle forze e dei
loro effetti.
• La biomeccanica è l’applicazione dei
principi meccanici al corpo umano ed
animale, in movimento e a riposo .
• Lo studio completo della meccanica
comprende due aree di base:
• la statica = lo studio dei corpi a riposo
o in equilibrio risultante da forze che
agiscono su di esso
• la dinamica = lo studio dei corpi in
movimento
• La dinamica, a sua volta può essere suddivisa
in cinematica e cinetica.
• La cinematica è la “scienza del movimento”. Si
occupa delle relazioni che esistono tra
spostamenti, velocità ed accelerazioni nei
movimenti di traslazione e rotazione. Non si
occupa delle forze in gioco, ma solo della
descrizione dei movimenti in se stessi.
• La cinetica si interessa dei corpi in movimento
e delle forze che intervengono a produrlo.
Il corpo umano è un sistema
articolato dove i vari segmenti
corporei (leve ossee) si muovono
attorno a fulcri rappresentati
dalle articolazioni (assi articolari).
.
FORZA= Grandezza fisica in grado di
modificare lo stato di quiete o di moto di un
corpo, oppure di modificarlo.
• Le forze che permettono i
movimenti attivi attorno alle
articolazioni sono generate da
forze interne od esterne.
•I
movimenti
attivi
sono
prevalentemente
di
tipo
angolare e la loro efficacia
dipende oltre che dalla forza
anche
dal
punto
di
applicazione della forza e dalla
sua
direzione.
Momento angolare
• tendenza della forza stessa a
causare una rotazione intorno ad un
asse di rotazione (fulcro, centro di
rotazione)
• è uguale all'intensità della forza
moltiplicata per il braccio della forza
che è la distanza ortogonale tra l'asse
di rotazione e la linea d'azione della
forza.
M = F x Br effettiva efficacia
della forza a produrre movimento
.
Br
Punto applicazione forza
fulcro
F
• Cosa influenza il Momento
angolare, ossia l'efficacia di
una Forza ?
1 L' dell'intensità della Forza (
grado di reclutamento muscolare)
FULCRO
PUNTO DI APPLICAZIONE
°
Br
F
• 2) Il valore del Br che è
determinato da due fattori:
La distanza del punto di applicazione della
Forza dal fulcro.
FULCRO
°
Br1
F1
F2
F3
Br2
Br3
Tanto è maggiore la distanza tra il punto d’applicazione della
forza e il fulcro maggiore sarà l’efficacia della stessa
La direzione della Forza
Br3
Br2
°
F3
Br1
F1
F2
Br2 > Br1 > Br3
La forza ha il suo massimo effetto rotatorio se applicata
ortogonalmente all’asse maggiore della leva da muovere
Il momento angolare della forza
M può modificarsi se:
• cambia la grandezza della forza F
(modificazione della capacità del muscolo
di produrre tensione )
•cambia la grandezza del braccio di forza
b (cambiando l’inserzione del muscolo).
• cambia la direzione del muscolo senα
(cambiando così la componente rotatoria
della forza).
• La forza muscolare F può variare
anche con l’allenamento o il nonuso
• Il braccio di forza e l’inclinazione
della forza non sono influenzate
dall’allenamento o dal non-uso e
possono essere modificate solo
chirurgicamente
La forza muscolare F puo’variare
• per l’attivazione neuronale (frequenza e
intensità di scarica motoneuronale)
• per la lunghezza muscolare (relazione
forza-lunghezza)
• per la velocità di contrazione (relazione
forza-velocità)
• per l’architettura muscolare
Fattori
che Capacità di generazione della forza
influenzano
la muscolare
forza muscolare
Attivazione
neuronale
La forza è Maggiore/minore in relazione
al numero e alla sincronizzazione delle
unità motorie reclutate e alla loro
frequenza e intensità di scarica
Relazione
lunghezza
forza- La forza è Maggiore/minore in relazione
alla distanza dalla lunghezza ottimale,
alla possibilità di creare ponti actomiosinici,
Relazione
velocità
forza- La forza è Maggiore in relazione
all’aumento della velocità di contrazione
in condizione eccentrica e minore in
relazione all’aumento della velocità in
condizione concentrica
ARCHITETTURA
MUSCOLARE
comprende
• la disposizione
• la lunghezza
• la sezione traversa e l’angolo di
pennazione delle fibre muscolari
ARCHITETTURA MUSCOLARE
fattore determinante degli scopi
funzionali del muscolo
• la generazione di forza
• la relazione lunghezza-forza
• la relazione forza-velocità
Disposizione delle fibre
muscolari
• Le Fibre muscolari sono raccolte in
fascicoli e si estendono dal tendine
prossimale a quello distale.
• I vari autori descrivono tre classi
generali di disposizione delle fibre
muscolari
Sezione traversa del Muscolo –
PCSA
• La PCSA ( fisiologica area di sezione
traversa) = somma delle aree traverse,
delle singole fibre muscolari, misurate
perpendicolarmente alla loro direzione
longitudinale.
• La forza sviluppata da ogni tipo di
muscolo è direttamente proporzionale
al numero delle fibre muscolari
disposte in parallelo ed è direttamente
proporzionale alla PCSA
muscoli
sottoscapolare
Sezione
cm2
traversa
13,51
sottospinoso
9,51
deltoide posteriore
9,45
deltoide medio
9,08
deltoide anteriore
7,30
sovraspinoso
5,21
Piccolo rotondo
2,92
in
FIGURA 7
La figura mostra la lunghezza delle fibre muscolari e il PCSA dei muscoli dell’arto inferiore. Questo grafico può essere usato per
correlare la forza e il range attivo dei singoli muscoli, visto che la forza è direttamente proporzionale al PCSA e la lunghezza delle fibre è
direttamente proporzionale all’escursione attiva. (Abbreviazioni: AB, adduttore breve; AL,adduttore lungo; AM, grande adduttore; BFl,
capo lungo bicipite femorale; BFs, capo breve bicipite femorale; EDL, estensore lungo delle dita; EHL, estensore lungo dell’alluce; FDL,
flessore lungo delle dita; FHL, flessore lungo dell’alluce; GR, gracile; LG, gastrocnemio laterale; MG, gastrocnemio medio; PB, peroneo
breve, PL, peroneo lungo; PEC, pettineo; PLT, plantere; POP, popliteo; RF, retto femorale; SAR, sartorio; SM, semimembranoso; SOL,
soleo; ST, semitendinoso; TA, tibiale anteriore; TP, tibiale posteriore; VI, vasto intermedio; VL; vasto laterale; VM, vasto mediale) (da
9)
Angolo di pennazione
• L’angolo di pennazione è definito
l’angolo compreso tra la fibra
muscolare e la linea d’azione del
muscolo (asse di generazione
della forza).
Angolo di pennazione
• L’angolo di pennazione è sempre
compreso tra gli 0°e i 30°
• La forza delle fibre muscolari,
effettivamente trasmessa al tendine, è
rappresentata dalla forza stessa
moltiplicata il coseno dell’angolo di
pennazione
Angolo di pennazione
• Nei muscoli pennati, la forza
trasmessa al tendine
rappresenta il 90% della forza
effettiva.
La pennazione è una strategia
per
• concentrare in poco spazio, un
grande numero di elementi
contrattili lungo il tendine
Lunghezza muscolare e
lunghezza della fibra muscolare
• La lunghezza muscolare è definita “la
distanza dall’origine della fibra muscolare
più prossimale all’inserzione della fibra
muscolare più distale”.
• La lunghezza della fibra muscolare è definita
come la distanza compresa dall’origine
all’inserzione della fibra muscolare, varia da
pochi millimetri a 10 cm
La lunghezza delle fibre muscolari
influenza la velocità di contrazione,
l’escursione attiva e la capacità di generare
forza
• La velocità di contrazione e l’escursione
attiva di un muscolo sono direttamente
proporzionali al numero di sarcomeri in
serie ossia alla lunghezza delle fibre
muscolari
• maggiore è la lunghezza delle fibre
muscolari maggiore è la capacità di
esprimere forza
PROPRIETA’ DI MUSCOLI CON
DIFFERENTE ARCHITETTURA
• I muscoli con fibre corte e importante
PCSA sono designati alla produzione di
forza.
• I muscoli con fibre lunghe sono
designati ad essere attivi in un grande
range di movimento
La forza muscolare e il suo
braccio variano durante il
movimento. e il momento
angolare si modifica con il
cambiamento dell’angolo
articolare
Curva di forza
• La diretta relazione tra la
capacità di un muscolo di
generare un momento angolare
durante il suo intero range
attivo è evidenziato dalla curva
momento-angolo
RECUPERO ARTICOLARE
• Il benessere dei tessuti
articolari dipende dall’uso
dell’articolazione e dallo stress
a carico delle strutture
articolari.
• la nutrizione della cartilagine ialina dipende
dalla compressione e dalla
decompressione che si verificano con il
movimento articolare.
• Il mantenimento della forza e della
flessibilità del legamento e della capsula
dipende da una certa quantità di stress e di
sforzo a carico del tessuto, associati al
movimento articolare
L’immobilizzazione e il disuso
dell’articolazione generano
A
livello
dei
tessuti
molli
una
proliferazione
fibro-adiposa,
un
riassorbimento tissutale, una riduzione
dello spazio tra le fibre del collagene,
una perdita di lubrificazione, una
modificazione
dei
crosslinks
interfibrillari del collagene, che diventano
più spessi
e determinano minor
scorrevolezza.
Questi fenomeni sono la causa
di rideterminazione della
lunghezza a riposo degli stessi
tessuti molli, ovvero il loro
adattamento
alla
nuova
lunghezza imposta.
.
A livello muscolare in seguito ad
immobilizzazione in
accorciamento:
• perdita del numero dei sarcomeri
• il rapporto fra componente connettivale
e fibra muscolare si sposta nettamente
favore della prima.
• La dimensione del muscolo retratto
diminuisce sia in lunghezza che nel
diametro, riducendo così anche la forza
che può esprimere.
• La lunghezza del tessuto
connettivale e del tessuto
muscolare, può anche aumentare
se forze opposte tornano ad essere
presenti e rendere i fenomeni di
perdita di estensibilità reversibili
• Questa possibilità di riorganizzazione
e di rimodellamento del tessuto
connettivale e muscolare, è una
proprietà importante che è alla base
di interventi terapeutici tempestivi,
mirati ed efficaci.
PROPRIETA’ REOLOGICHE
• I tessuti biologici (ossa,
cartilagine, legamenti, tendini,
muscoli etc.) posseggono tre
proprietà reologiche di base
ELASTICITA’
• la deformazione dipende esclusivamente
dalla forza applicata ed è immediata e
direttamente proporzionale ad essa.
Inoltre, è completamente e
immediatamente reversibile al cessare
della forza deformante
VISCOSITA’
• la deformazione dipende, oltre che dalla
forza applicata, anche dalla durata e
dalla velocità di applicazione della
suddetta forza.
• Al cessare della forza deformante le
dimensione di partenza vengono
recuperate molto lentamente
PLASTICITA’
la deformazione è istantanea e continua fin
tanto è applicata la forza deformante e
aumenta fino alla possibile rottura del
materiale. Alla rimozione della forza
deformante le dimensioni originali non sono
recuperate, la deformazione diventa
definitiva e irreversibile
COMPORTAMENTO ELASTO
PLASTICO
• Strain è un termine tecnico utilizzato per
descrivere la somma delle deformazioni
di un oggetto (nel nostro caso di un
tessuto biologico) in risposta
all’applicazione di carichi esterni o meglio i
cambiamenti esterni in forma e
dimensione espressi rispetto alla forma
originaria
• Lo stress è definito come la forza per
l’unità di area che si sviluppa entro un
oggetto in risposta ad un carico
deformante. Può essere meglio
visualizzata come la forza interna
dell’oggetto che si sviluppa per
resistere alle deformazioni indotte
dall’applicazione di carichi esterni
Curva stress-strain
• Dallo stato iniziale di riposo a prima del
superamento del limite elastico la
deformazione che si verifica nell’oggetto
è elastica. Dal superamento del limite
elastico, a prima della rottura, la
deformazione che si verifica nell’oggetto è
plastica e quindi permanente.
•
La pendenza della curva stress-strain
nella regione elastica rappresenta la
rigidità di un oggetto: quanto più la
pendenza è ripida tanto più l’oggetto è
rigido e capace di resistere a deformazioni.
L’indice che rappresenta la rigidità
dell’oggetto è chiamato modulo di elasticità,
ed è ottenuto dalla divisione del valore dello
stress con quello dello strain. Tanto più è
alto il valore del modulo di elasticità, tanto
più l’oggetto è rigido.
• L’area sottesa alla curva rappresenta
l’energia che il corpo può immagazzinare
e assorbire mentre è sottoposto a carico.
Nella regione elastica, tale energia viene
restituita completamente. Nella regione
plastica, tale energia viene assorbita dalla
modificazione del corpo stesso
•
•
Un oggetto sottoposto a carico mostra, dopo la
rimozione dello stesso, una proprietà
denominata resilienza che rappresenta la
capacità dell’oggetto a ritornare con vigore
alla forma e dimensione originaria. Più un
oggetto è resiliente meno viene persa energia
nelle fasi di carico-scarico e più si
potrà’riutilizzare l’energia immagazzinata
durante la fase di carico.
Il fenomeno che rappresenta la perdita di
energia durante le fasi di carico e scarico è
denominato Isteresi.
• Un oggetto duttile è quello che
presenta un’ampia deformabilità
plastica prima di giungere al punto di
rottura ( es. acciaio, rame). Quello che ha
poca o nulla deformabilità plastica è
detto fragile. Il punto di rottura
dell’oggetto fragile è vicino a quello
elastico (vetro).
COMPORTAMENTO VISCOELASTICO
• Velocità= Più la velocità di applicazione
dei carichi di deformazione è elevata
più i tessuti biologici diventano rigidi.
Se aumenta la velocità di deformazione
sulla curva stress-strain nella regione
elastica troveremo un pendenza piu ripida
che rappresenta un aumento della rigidità
Tempo
• Quando un tessuto biologico è sottoposto ad
un carico costante per diverso tempo, si avrà
una rapida deformazione iniziale, seguita da
una lenta ma progressiva ulteriore
deformazione conosciuta con il nome di
creep. Al cessare del carico deformante la
dimensione originale sarà riguadagnata
completamente in un tempo proporzionale
alla durata del periodo di deformazione.
Stress Relaxation
• Quando un tessuto biologico è sottoposto
ad una deformazione costante lo stress
necessario al raggiungimento e al
mantenimento di questo stato di
deformazione sarà inizialmente elevato
per diminuire progressivamente in
rapporto al trascorrere del tempo(stress
relaxation).
Creep Stress relaxation
La struttura visco-elasto si trova in una posizione a-b di riposo.
L'applicazione di una trazione provoca una deformazione elastica
istantanea (a-c); con il mantenimento della trazione si ha un ulteriore
aumento di deformazione (c-d) comportamento viscoso. AI termine della
trazione si ha un immediato recupero della componente elastica di
deformazione (d-e), seguito da un lento recupero della componente
viscosa (e-f). Se la struttura viene mantenuta in una situazione
deformante per tempo prolungato, si può ottenere una deformazione
permanente
PROPRIETA’ TISSUTROPICA
• La tissotropia è la proprietà di alcuni tessuti
che possono diventare più o meno viscosi
in funzione della storia del loro
movimento. Questi tessuti possono variare
la loro viscosità se vengono agitati, o se
vengono mossi meccanicamente in modo
ripetitivo e riprendono il loro stato viscoso
originale dopo che vengono interrotte tali
sollecitazioni
IMPLICAZIONI CLINICHE
• La conoscenza delle proprietà dei tessuti
biologici aiuta il fisioterapista a
comprendere che alcune manovre
adottate nel proprio lavoro, quali,per
esempio, la mobilizzazione passiva e le
tecniche per il recupero articolare, hanno
una spiegazione fisiologica oltre che
intuitiva.
Mobilizzazione passiva
• mantiene mobilità articolare
• previene aderenze dei tessuti
• favorisce :
1. la circolazione sanguigna
2. il nutrimento dell’articolazione
3. l’inibizione del dolore
La riduzione del dolore si verifichi
attraverso due meccanismi:
• 1) la mobilizzazione aiuta a migliorare la
nutrizione complessiva dell’articolazione
attraverso il movimento del fluido sinoviale.
• 2) la mobilizzazione attiva i meccanorecettori di
tipo I e II nella capsula articolare. La
stimolazione di questi meccanorecettori riduce il
dolore.
• Distrazione decoattanti possono essere utili per
ridurre la compressione anormale delle superfici
articolare.
Mobilizzazione passiva
• L’efficacia di questa tecnica, si basa
principalmente sul comportamento tissotropico
del sistema articolare e dei muscoli (aumento
momentaneo della fluidità).
• Agisce sempre nella prima prima parte della curva
stress/strain, senza mai superare il limite elastico.
• E’ una manovra che viene eseguita ripetutamente
a velocità moderata creando modificazioni dello
stato di quiete che non determinano deformazioni
permanenti capaci di migliorare il range articolare
o la lunghezza dei legamenti e dell’unità muscolotendinea
Le macchine di movimento passivo
continuo
PREVENGONO
• aderenze dei tessuti molli durante
l’immobilizzazione articolare
• non sono consigliate nel recupero
articolare, poiché il tempo in cui la
macchina mantiene le strutture retratte in
tensione è solitamente troppo breve (25sec.)
Tecniche per il recupero articolare
• Per ottenere un aumento permanente del range
articolare e della lunghezza dei legamenti e
dell’unità muscolo-tendinea occorre determinare
delle deformazioni prodotto da alte tensioni o
carichi, ossia superare il limite elastico della
curva stress/strain e quindi produrre delle
modificazioni parziali dei tessuti biologici. Un
approccio di questo tipo può essere
rappresentato dalle manovre di
manipolazione, dallo stretching ballistico,
dalla mobilizzazione passiva forzata, sblocco
in narcosi.
Tecniche per il recupero
articolare
• Un altro approccio per ottenere miglioramento
dell’ articolarità e della lunghezza dei tessuti è il
considerare la loro natura visco-elastica, per cui
mantenere queste strutture in allungamento per
diverso tempo (stretching statico-progressivo),
mantenendo o un carico costante o una
deformazione costante, utilizzando, in questo
modo, i fenomeni di stress relaxation e creep
Tecniche per il recupero articolare
• La natura visco-elastica non permette il
mantenimento di deformazioni permanenti.
Permette ai tessuti, pur se viene cessata
la forza deformante, di rimanere in una
posizione di allungamento per un periodo
proporzionale al tempo di
somministrazione della stessa forza
deformante.
• Per ottenere e mantenere deformità
permanenti e modificazioni permanenti
delle dimensioni dei tessuti biologici, il
comportamento visco-elastico è,
comunque, necessario, in quanto,
concede il tempo ai vari tessuti di
rimodellarsi e riorganizzarsi tramite
fenomeni biologici cellulari e molecolari
(es. miofibbrillogenesi)
Tecniche per il recupero articolare
• Questo approccio può essere
rappresentato dalle tecniche di
stretching lento graduale
progressivo e stretching statico
progressivo dove i carichi sono
solitamente modesti ma mantenuti
per diverso tempo.
• Riassumendo, un tessuto biologico risulta
più rigido se sottoposto a elevate velocità
di deformazione, può essere maggiormente
deformabile se sottoposto a deformazioni
che durano nel tempo anche senza
aumentare il carico e raggiunta una
deformazione, il carico deformante applicato
per mantenerla diminuisce sensibilmente
con il passare del tempo.
• Bisogna evitare gli allungamenti di elevata
intensità e breve durata che eccitano i fusi
neuromuscolari, provocando una contrazione
riflessa del muscolo e aumentano la
rigidezza, causando possibili lesioni al
tessuto per effetto degli sforzi generati
OBIETTIVI DELLO
STRETCHING
• Ripristino delle qualità di lunghezza
ed estensibilità del muscolo
• indispensabili per la conservazione
del range articolare completo
Lo stiramento muscolare induce
profonde modificazioni
A livello della placca motrice crescono i
recettori per l’acetilcolina.
Il mantenimento del muscolo in posizione
allungata determina nuovi filamenti di actina e
miosina, aumento del numero di sarcomeri in
serie e quindi dall’incremento di lunghezza,
peso e massa muscolare.
Conservare la flessibilità muscolare
• contenere gli attriti interni attraverso
un’idonea capacità di scivolamento fra i
diversi elementi costitutivi della struttura
del muscolo. Grazie alla proprietà
tissotropica infatti, il movimento rompe i
ponti molecolari della struttura,
riducendone la resistenza interna.
STIRAMENTO LENTO
GRADUALE PROGRESSIVO
• Vengono riportati tempi che vanno da 10
secondi ad alcuni minuti.
• effetto immediato è un aumento della
ROM, che potrebbe risultare dalla risposta
creep presente nei tessuti biologici.
• E’ stata dimostrata una riduzione della
resistenza allo stretching dopo più
ripetizioni di questo (probabilmente per la
proprietà tissotropica e della stress
relaxation).
STIRAMENTO PASSIVO O
ALLUNGAMENTO STATICO
• La letteratura riporta grande consenso
circa l’utilizzo delle ortesi nel trattamento
della componenti passive della spasticità,
nella prevenzione delle retrazioni,
complicanza frequente nei soggetti con
sindromi ipertoniche.
• L’utilizzo di un’ortesi, grazie ai tempi
di trattamento più prolungati, è in
grado di creare una modificazione
plastica, ottenendo un
rimodellamento permanente del
tessuto connettivo.
ORTESI
• Le ortesi per il trattamento della
spasticità si dividono
principalmente in splint e cast.
SPLINT
• a forma di doccia, possono essere
dorsali, palmari o bi-valve, dinamici o
statici a secondo della presenza o
meno di parti mobili e possono essere
indossati e rimossi più volte durante
l’arco della giornata.
VANTAGGI
• Corretta igiene degli arti immobilizzati
possibilità di mobilizzarli passivamente o
attivamente• Gli splint hanno dei vantaggi rispetto alle
ortesi tradizionali: coprono infatti la
lunghezza dell’intero arto e il materiale
utilizzato distribuisce la forza applicata in
modo uniforme ed evita la formazione di
punti di pressione elevata sulla pelle.
SVANTAGGI
• I velcri utilizzati con gli splint non sono in
grado di stabilizzare l’articolazione come
un cast circonferenziale.
• Gli splint rigidi offrono un adeguato
posizionamento per prevenire le deformità
ma sembrano non essere efficaci nel
ridurre le retrazioni.
TEMPI D’APPLICAZIONE
• In base alla letteratura non è possibile collegare
il guadagno della ROM al numero di ore di
splinting.
• Buckon et al. mettono a confronto diversi tipi di SPLINT
in relazione al successivo recupero della dorsiflessione
di caviglia da parte dei pazienti. Il posizionamento si è
svolto per 6-12 ore durante il giorno in un range di tempo
di 3 mesi.
• Gelinas et al. sottolineano un guadagno di almeno 10°
della ROM in19/22 pazienti che hanno indossato uno
splint statico progressivo al gomito per 20 ore al giorno
con un periodo medio di 4.5 ± 1.8 mesi. Al successivo
follow up dopo 6 mesi soltanto 2 pazienti hanno
mostrato una perdita della ROM di 10°, mentre i risultati
sono rimasti stabili per gli altri.
CAST
• Coprono l’intera circonferenza dell’arto,
non sono rimovibili
• sembrano avere una maggiore efficacia
sulla spasticità grazie alla maggior durata
del posizionamento, alla produzione di una
maggior pressione circonferenziale sul
ventre muscolare
VANTAGGI
• La risposta che si ottiene al
posizionamento dei cast è una
deformazione plastica, un cambiamento
permanente della lunghezza dei tessuti
dovuta ad un riallineamento delle fibre
collagene.
SVANTAGGI
• l’immobilizzazione a volte può dare origine
a problematiche di trofismo cutaneo e può
ostacolare le manovre di care e alcune
attività della vita quotidiana come il lavarsi
e il vestirsi.
Tempi d’applicazione
• Molte pubblicazioni raccomandano l’uso di
cast con un intervallo di applicazione di 57 giorni nei pazienti con spasticità
cerebrale, tuttavia non ci sono studi che
provano o disapprovano che queste
raccomandazioni diano risultati migliori.
• Attraverso i casting seriali, si ha una
diminuzione della resistenza offerta dal
muscolo del 20% nelle prime 24 ore, poi la
modificazione procede ma in modo meno
rapido.
• il tempo di posizionamento non è l’unico
fattore a giocare un ruolo importante sui
risultati a lungo termine. Si ottengono
risultati più duraturi se, in seguito si
utilizzano splint.
• Diversi studi mostrano che la rigidità
articolare e muscolare o le aderenze
possono essere combattute con un breve
periodo di casting e successivamente l’uso
di splint può essere utile per mantenere i
risultati.
STUDI CONFRONTO: STIRAMENTO LENTO
GRADUALE PROGRESSIVO e STIRAMENTO PASSIVO
O ALLUNGAMENTO STATICO
•
•
•
•
Bressel et al.30 hanno mostrato che lo stretching dei plantiflessori per un
periodo di 30 minuti al giorno per 6 settimane, imposto o da una tavola o dai
cast, riduce la resistenza passiva e permette un aumento della ROM.
Sono stati scelti (random) due gruppi di partecipanti: durante la prima
sessione del test sono stati sottoposti a 30 min. di stretching ciclico o
statico, mentre si è invertito il protocollo durante la seconda sessione.
Per lo stretching statico la velocità scelta per portare la caviglia in
dorsiflessione fino all’80% del massimo angolo è stata di 5°/sec (velocità
scelta in esperimenti precedenti su bambini con PCI perché non provocava
riflesso da stiramento e migliorava il rilassamento del soggetto).Per lo
stretching dinamico (lento graduale progressivo) si sono utilizzati gli stessi
parametri, procedendo però con movimenti passivi continui.
I risultati mostrano una diminuzione della stiffness del 35% per lo stretching
statico e del 30% per quello ciclico ma la diminuzione del picco di
resistenza che si sviluppa quando l’articolazione viene mantenuta nel tempo
in una posizione non neutrale, è decisamente migliore per lo stretching
statico (53% in più)
CMMS (Casting Motion to Mobilize
Stiffness)
• tecnica sviluppata per mobilizzare un
articolazione . Viene utilizzato, quando è
possibile, il movimento attivo, necessario
per mantenere la lubrificazione delle
articolazioni all’interno della matrice
cellulare del collagene, prevenendo la
formazione di anormali cross-link
all’interno dello stesso.
CONFEZIONAMENTO
es . Per i mm plantiflessori
1)
2)
3)
4)
5)
Corretto posizionamento del retropiede e la tenuta
in massima dorsiflessione per tutto il periodo del
gesso
Bisogna sempre poter sorvegliare il paziente nelle
prime 48 ore potendosi verificare dei disturbi cutanei
o circolatori
Dopo una settimana il gesso viene tolto(può essere
ripetuto tre volte).
Applicare le dovute protezioni pre-confezionamento
Alcuni utilizzano drop-out cast= la parte prossimale o
distale viene aperta "
Stirare il muscolo fino al limite possibile
•
•
•
•
•
I risultati di questo studio sono in contrasto con quelli di McNair et al. che
hanno valutato le variazioni della stiffness in seguito allo stretching statico e
dinamico (60 sec.) in soggetti sani riportando una diminuzione della
stiffness del 16% dopo lo stretching ciclico e nessuna variazione per quello
statico.
Quindi, nonostante lo stretching ciclico pare essere l’approccio migliore per
problematiche di tipo ortopedico, la sua efficacia sembra essere differente
nei pazienti con problematiche neurologiche.
McNair e i suoi collaboratori hanno suggerito che le proprietà tissotropiche
del muscolo dovrebbero cambiare e rendere il tessuto più viscoso dopo lo
stretching ciclico rispetto a quello statico proprio in virtù del movimento che
questo comporta. Nello studio di Bressel et al., i costituenti del muscolo che
contribuiscono alla tissotropia potrebbero non aver risposto nella stessa
maniera in cui hanno risposto nei soggetti del gruppo di controllo (età media
50 anni – sani) proprio per cause legate alla differente età e alla condizione
nella quale si trovano i tessuti in seguito all’ictus.
Pazienti sottoposti a LLPS stretching prolungato a basso carico : 10/11
soggetti hanno presentato un aumento della ROM di circa 15°. Kathye E. et
al
Pazienti sottoposti a HLPS stretching più breve ad elevato carico : 10/11
soggetti hanno presentato un incremento della ROM di 5°. Kathye E. et al.
CONCLUSIONI 1
• Nel muscolo spastico per lesioni centrali
possiamo assistere a modificazioni strutturali e
quindi funzionali, a carico della maggior parte
delle sue componenti.
• Si verificano alterazioni del tessuto connettivo e in
particolare di alcune sue componenti, come il
collagene e le fibre elastiche.
• Si hanno segni di denervazione periferica e
alterazioni a carico anche dei microvasi sanguigni
intramuscolari.
• Le manifestazioni cliniche di questi fenomeni, che
vanno ad alterare le proprietà reologiche del
muscolo, sono le le retrazioni muscolari, che
incrementano il valore della stiffness passiva.
CONCLUSIONI 2
• Una modalità di trattamento utilizzata per
prevenire, contrastare e correggere le retrazioni
è lo stretching, che può essere applicato
manualmente dal fisioterapista (stiramento lento
graduale progressivo), oppure ottenuto
mediante l’impiego di ortesi (stiramento passivo
o allungamento statico).
• Per quanto riguarda lo striramento lento
graduale progressivo (SLGP) si ritrovano in
letteratura pareri discordanti relativi alla durata e
al numero di ripetizioni da effettuare e sulla
tempo di mantenimento dell’allugamento.
• L’utilizzo di un ortesi è in grado di creare una
modificazione plastica, ottenendo un rimodellamento del
tessuto connettivo.
• Una delle differenze sostanziali tra le due
tipologie di ortesi è la durata del
posizionamento che queste permettono:
gli splint infatti possono essere indossati
e rimossi più volte durante l’arco della
giornata, mentre i cast vengono indossati
dal paziente con intervalli variabili di 410 giorni per poi essere sostituiti in
genere da un nuovo cast (cast seriali).
• Riguardo la loro efficacia la letteratura riporta un
maggior consenso verso i cast, proprio perché
grazie alla maggior durata del posizionamento
permettono rimodellamenti più specifici e
duraturi dei tessuti al contrario degli splint, con i
quali si può avere una risposta elastica dei
tessuti e un ritorno al pattern motorio alterato nel
momento in cui vengono rimossi durante il
giorno. I cast inoltre offrono una maggior
pressione circonferenziale sul ventre muscolare
e mantengono in modo migliore il calore
corporeo locale, fattori che ne aumentano
l’efficacia.
• l’immobilità che impone l’utilizzo dei cast è un
fattore così intollerato da molti clinici che spesso
sono l’ultima risorsa utilizzata per guadagnare
movimento, specialmente per quanto riguarda il
trattamento dell’adulto. Più frequentemente
vengono usati gli splint in quanto permettono di
andare a mobilizzare attivamente e
passivamente le articolazioni che per molte ore
durante la giornata rimangono immobilizzate.
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