Nuovo
progetto
turismo
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Approfondimenti
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Approfondimenti
Percorso F
Lezione 1
La qualità dell’impresa turistica
Come si ottiene il marchio Ecolabel
L’Ecolabel europeo identifica una struttura ricettiva che viene gestita nel rispetto dell’ambiente e che risponde a criteri definiti a livello europeo usando il così detto approccio LCA (Life Cycle Assessment), che rileva
gli impatti sull’ambiente durante tutte le fasi del ciclo di vita.
Pertanto l’imprenditore che intenda ottenere il marchio europeo di qualità ecologica deve seguire le seguenti fasi:
1) Preparazione. L’imprenditore deve verificare e dimostrare la conformità del proprio servizio e delle
proprie strutture ricettive ai parametri stabiliti. Al riguardo la Commissione europea ha stabilito due
categorie di criteri:
— criteri obbligatori: sono 29 per il servizio di ricettività turistica e 30 per il servizio di campeggio;
devono sempre essere rispettati qualora applicabili;
— criteri opzionali: sono 61 per il servizio di ricettività turistica e 67 per il servizio di campeggio. Considerando che ogni criterio dà diritto ad un punteggio, l’imprenditore deve soddisfarne un certo
numero, a sua scelta, in modo da raggiungere il minimo richiesto.
La rispondenza ai criteri obbligatori e a quelli opzionali scelti deve essere dimostrata attraverso:
— auto-dichiarazioni del soggetto richiedente;
— dichiarazioni e certificazioni rilasciate da fornitori o da terze parti;
— verifiche ispettive da parte dell’organismo competente.
2) Richiesta. I Regolamenti CE 1221/09 EMAS e CE 66/10 ECOLABEL affidano ad ogni Stato membro
l’istituzione di organismi competenti nazionali cui assegnare il compito di applicare gli schemi comunitari. In Italia il D.M. 413/95 ha istituito il Comitato Ecolabel Ecoaudit per svolgere tale funzione con
il supporto tecnico dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale).
percorso F • Qualità dell’impresa turistica, dati personali e sicurezza
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Approfondimenti
La domanda per ottenere il marchio Ecolabel, corredata della documentazione tecnica necessaria (dichiarazioni e certificazioni di conformità ai criteri), deve essere pertanto presentata al Comitato Ecolabel Ecoaudit il quale la inoltra all’ISPRA, incaricata di svolgere l’istruttoria tecnico-amministrativa. Entro
3 mesi si deve concludere la procedura.
I gestori delle strutture per la ricettività turistica che intraprendono il percorso del riconoscimento devono
essere consapevoli del fatto che l’Ecolabel non corrisponde ad un punto di arrivo ma rappresenta un programma d’azione da implementare nel tempo.
La documentazione utile a guidare passo dopo passo l’imprenditore nel percorso di richiesta del marchio
è scaricabile al seguente indirizzo: http://www.isprambiente.gov.it/certificazioni/site/it-IT/Ecolabel/Documentazione/Servizi/.
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percorso F • Qualità dell’impresa turistica, dati personali e sicurezza
Lezione 2
Approfondimenti
La disciplina della sicurezza
aziendale
Le fonti normative sulla sicurezza
Nella nostra Carta costituzionale sono affermati alcuni principi di carattere generale in materia di sicurezza sociale.
La Repubblica, considerando il lavoro come attività socialmente utile e come massima esplicazione della
personalità umana, tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni (art. 35 Cost.). È questa un’affermazione tale da garantire al lavoro una tutela ampia e completa.
Parimenti è tutelata la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività (art. 32
Cost.). Con tale norma si è voluto riconoscere in modo espresso il duplice interesse individuale e sociale
della salute, che rileva non più soltanto come un bene individuale, ma anche come un bene collettivo,
dandovi così rilevanza costituzionale.
La libertà di iniziativa economica privata, inoltre, non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza umana (art. 41 Cost.). Con tale principio viene introdotto un limite all’iniziativa economica privata,
stabilendo che essa non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità
umana.
Oltre alle fonti costituzionali vanno ricordate:
— la Carta Sociale Europea, che ha proclamato il diritto di tutti i lavoratori alla sicurezza e all’igiene del
lavoro;
— l’art. 2087 del codice civile, che fa obbligo al datore di lavoro di «adottare nell’esercizio dell’impresa
le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare
l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro»;
— lo Statuto dei lavoratori, che ha riconosciuto ai lavoratori il diritto di controllare direttamente l’applicazione delle norme preventive e di promuovere e attuare misure idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica;
— il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, che ha dato attuazione alle direttive del Consiglio della Comunità
Europea riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro;
— il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Testo unico della sicurezza sul lavoro) che ha riordinato l’intera materia,
al fine di semplificare, coordinare e razionalizzare la normativa antecedente in unico testo legislativo.
percorso F • Qualità dell’impresa turistica, dati personali e sicurezza
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Lezione 3
Approfondimenti
La normativa sul trattamento
dei dati personali
Niente spam per gli iscritti alla newsletter
Un cittadino che compila un form on line per ricevere una newsletter deve poter decidere, liberamente e
consapevolmente, se dire sì o no alle comunicazioni promozionali, alla profilazione, all’invio dei suoi dati
ad altre società e, in generale, a tutti i tipi di trattamenti che vanno al di là del servizio richiesto. La registrazione alla newsletter, inoltre, non può essere condizionata al rilascio del consenso anche per altre finalità.
Il principio è stato ribadito dal Garante privacy che ha vietato l’uso dei dati a fini commerciali ad una società che inviava e-mail promozionali senza consenso agli utenti registrati a un servizio di newsletter. Ora
la società, destinataria del provvedimento inibitorio dell’Autorità, potrà utilizzare i dati fin qui raccolti solo
per inviare la newsletter. Se vorrà inviare email promozionali dovrà mettersi in regola con il Codice della
privacy, modificando il form di registrazione in modo da consentire agli utenti la possibilità di esprimere,
un preventivo consenso «ad hoc» per la ricezione di email promozionali. Dagli accertamenti svolti dall’Ufficio del Garante su segnalazione di un cittadino che lamentava la ricezione di pubblicità indesiderata, è
emerso infatti che per iscriversi la newsletter l’utente, al momento di inserire nel form on line l’indirizzo
email, poteva esprimere solo un generico, omnicomprensivo consenso al «trattamento dei dati personali».
L’accesso al servizio era, peraltro, condizionato alla manifestazione di tale generico consenso. Il comportamento della società è stato dichiarato illecito dal Garante perché i trattamenti di dati per fini commerciali esulano da quelli necessari per adempiere al contratto di fornitura di un servizio. L’Autorità sta valutando,
con separato provvedimento, l’applicazione della sanzione amministrava per l’illecito commesso.
(dal sito www.garanteprivacy.it)
Privacy e diritto all’oblio, la Costituzione di Internet così non va
«Una risorsa globale e che risponde al criterio della universalità (...); strumento essenziale per promuovere
la partecipazione individuale e collettiva ai processi democratici e l’eguaglianza sostanziale». Sono alcune
delle definizioni della rete, contenute nel Preambolo della «Dichiarazione dei diritti in Internet», elaborata dalla Commissione per i diritti e i doveri in internet costituita presso la Camera dei deputati. Si tratta
di un’iniziativa importante, soprattutto perché contribuisce a promuovere la consapevolezza dei diritti
nello spazio digitale. Che è sempre di più il nostro ‘reale’ spazio di vita: l’orizzonte concretissimo cui affidiamo la nostra esistenza, privata e pubblica. Per questo – ed è davvero la ‘cifra’ dell’azione dell’Autorità
Garante – proteggere i nostri dati personali (cioè le parti di noi che consegniamo alla rete) vuol dire proteggere la nostra libertà e la nostra stessa vita da quei rischi di sorveglianza e selezione sociale richiamati
dal documento, conseguenti a un uso distorto del Web.
Accanto alla straordinaria capacità di promuovere processi inclusivi, di partecipazione democratica e pluralistica, infatti, il web ha anche dimostrato – con l’ambivalenza propria di ogni tecnologia – di poter amplificare, con effetti dirompenti, atti discriminatori, violenti, vessatori, spesso nei confronti dei soggetti più
fragili o di quanti siano percepiti (e rappresentati) come diversi. Ma la profilazione e il monitoraggio delle
scelte individuali (espresse dal comportamento on-line), consentono più sottili strategie di esclusione, che
rischiano di riprodurre quelle zone ‘ad accesso limitato’ di cui parla Bauman. Questi rischi di discriminazione e omologazione possono essere prevenuti soltanto con un consapevole esercizio, da parte di ciascuno, dei propri diritti in rete e con un impegno delle istituzioni tutte, nella consapevolezza che fenomeni
globali – quali quelli propri dello spazio virtuale – esigono risposte altrettanto globali.
In questo senso, la prospettiva da cui muove la Dichiarazione – ovvero la promozione di quei principi nelle sedi internazionali – merita apprezzamento, pur nella consapevolezza dei limiti che incontra l’affermazione di una stessa regola in ordinamenti (e quindi in contesti sociali, politici, istituzionali) profondamente
diversi tra loro. Ad esempio, l’equilibrio tra anonimato in rete e tutela di chiunque sia leso da comportamenti illeciti tenuti on-line, è realizzato prevedendo la reversibilità dell’anonimato (e quindi la possibilità di
identificazione dell’agente) in base a provvedimento giudiziale, nei casi previsti dalla legge. Questo bilanciamento – soddisfacente, come affermato dalla stessa Cedu, in un ordinamento democratico – e affidato
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alle tipiche garanzie liberali della riserva di legge e di giurisdizione, rischia tuttavia di rivelarsi inadeguato
in contesti appena meno liberali del nostro. In un ordinamento in cui il potere legislativo non sia espressione della volontà popolare e in cui l’ordine giudiziario sia privo di reale autonomia e indipendenza, infatti,
non è difficile immaginare come le deroghe all’anonimato possano essere utilizzate dal regime per reprimere il dissenso e le minoranze.
Per altro verso, suscita più di una perplessità la formulazione in tema di diritto all’oblio contenuta nella
Dichiarazione. Perché nel tentativo di adeguare il diritto a una realtà segnata da incessante e rapida evoluzione tecnologica, non bisogna sottovalutare le implicazioni di sistema che ha ogni nuovo istituto giuridico. Il documento prevede la legittimazione di chiunque a conoscere i casi nei quali altri abbiano ottenuto
la deindicizzazione di propri dati personali (ovvero la sottrazione alla reperibilità, con i motori di ricerca,
di notizie a partire dal solo nominativo dell’interessato, pur conservandole, nella loro integralità, nel sitosorgente). Si dovrebbe quindi, evidentemente, pubblicare (sempre in rete?) un elenco dei soggetti che abbiano esercitato questa prerogativa. In tal modo un diritto, quale quello all’oblio – affermatosi come garanzia di una ‘biografia non ferita’ dallo stigma della memoria eterna della rete – rischierebbe, con un’eterogenesi dei fini, di rivolgersi nel suo opposto. E questo non mi pare condivisibile, dovendosi invece preservare la natura autentica del diritto all’oblio, che già di per sé consente di coniugare memoria collettiva e
storia individuale; giudizio pubblico e identità personale.
Dobbiamo, infatti, garantire sempre che la tecnica sia alleata, invece che nemica, dei diritti. E che la rete,
sfuggendo alle opposte tentazioni della censura e dell’anomia, promuova le libertà e i diritti di ciascuno.
(dal sito www.garanteprivacy.it)
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