Civile Sent. Sez. 2 Num. 3001 Anno 2010
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: ODDO MASSIMO
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Data pubblicazione: 10/02/2010
SENTENZA
Condominio / tabelle
sul ricorso proposto il 18 novembre 2004 da
rnillesimali / revisione
Alberghina Mariano — rappresentato e difeso in virtù di procura spe- per errore.
ciale a margine del ricorso dall'avv. Fabrizio d'Agostini del foro di
Torino e dall'avv. Guido Petrini, presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, alla via del Caravaggio, n. 91
ricorrente
contro
Baroni Chiara, Volpato Paolo, Barberis Elisabetta, Giraudo Vittoria,
Picco Sarnico Maria Caterina, Giulietta Alberto, Casanica Maria, Restione Floriana, quale erede di Restione Ferruccio, Sandrone Angelo,
Petrillo Raffaele, Gavotto Ercole, Braja Barberis Emma, Braja Piera,
Occorsio Annunziata, Fellini Maria Claudia, anche quale erede di
Cena Riccardo, Bemardi Germana, Fontana Ros Valerio e Savio
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Luigi — rappresentati e difesi in virtù di procura speciale in calce al
controricorso dall'avv. Arturo Marzano, presso il quale sono elettivamente domiciliati in Roma, alla via Sabotino, n. 45
controricorrenti
e
batto Marisa, anche quali procuratori di Della Valle Eduardo, Bessone Ornella, Maggiora Dionigi, Vigliani Francesco, Vigliani Enrico,
Pentenero Ugo, De Stefanis Giovanna Paola, Audisio Aurelio, Bertero Paola, Donato Alessandro, Zara Aldo, Servetti Giovanni, Diberti
Bruno, Perico Andrea, Bellia Maria Catena, Sarnico Severino, Baroni
Ernesto, Casale Nicola Piero, Micheletti Daniela, Ferrara Vincenzo,
Gambera Salvatore, Piarulli Antonio, Prezioso Angela e Repetta Fernanda
intimati
nonché
Giacosa Pier Angelo — elettivamente domiciliato in Torino, al c.so
Castelfidardo, n. 21, presso l'avv. Gabriele Bruyère
intimato
avverso la sentenza della Corte d'Appello di n. 1014 del 28 giugno
2004 — non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12
novembre 2009 dal Consigliere dott. Massimo Oddo;
uditi per il ricorrente l'avv. Marco Pietrini e per i controricorrenti
l'avv. Cecilia Ruggeri, delegato dall'avv. Marzano;
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Rolando Pieralberto, Vigliani 'Wilma, Colombatto Mario e Colora-
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Vincenzo Marinelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Torino con sentenza 3 giugno 2002 rigettò la domanda proposta da Mariano Alberghina, condomino dell'edificio al corso
desimo edificio per l'accertamento dell'erroneità delle tabelle millesimali di riparto delle spese condominiali e la condanna dei convenuti alla restituzione delle somme che in conseguenza dell'errore egli
aveva indebitamente versato al condominio dal 1988.
La decisione, gravata dall'Alberghina, venne confermata il 28 giugno
2004 dalla Corte di appello di Torino, la quale, premesso che l'errore
rilevante ai fini dell'art. 69, disp. att., c.c., deve avere carattere oggettivo ed essere causa di un'apprezzabile divergenza tra il valore attribuito nelle tabelle alle unità immobiliari e quello effettivo, rigettò
l'impugnazione, osservando che l'attore non aveva indicato, né tanto
meno dimostrato, con la dovuta specificità l'errore o gli errori oggettivamente verificabili dai quali erano affette le tabelle e l'erroneità di
esse non poteva trarsi dalla loro divergenza da quelle formate nel
giudizio dal c.t.u. in base a criteri e coefficienti di valutazione e di
calcolo utilizzati nell'attualità; aggiunse che "quand'anche l'errore
rilevante potesse essere costituito dalla scelta o valorizzazione di parametri di valutazione, difformi da quelli comunemente utilizzati", e
non solo dalla loro inesatta o disomogenea applicazione alle singole
unità immobiliari, la parte non aveva fornito la prova "di quali fosse-
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Cosenza n. 33, di Torino, nei confronti degli altri condomini del me-
ro stati i criteri di calcolo e di valutazione concretamente utilizzati
per la formazione delle tabelle originarie" e la loro coincidenza con
quelli utilizzati dal c.t.u. per giungere alla formazione di tabelle difformi.
L'Alberghina è ricorso con due motivi per la cassazione della senten-
Vittoria Giraudo, Maria Caterina Picco Sarnico, Alberto Giulietta,
Maria Casanica, Floriana Restione, quale erede di Restione Ferruccio, Angelo Sandrone, Raffaele Petrillo, Ercole Gavotto, Emma Braja
Barberis, Piera Braja, Annunziata Occorsi°, Maria Claudia Fellini,
anche quale erede di Cena Riccardo, Germana Bernardi, Valerio Fontana Ros e Luigi Savio hanno resistito con controricorso.
Non hanno svolto attività in giudizio i condomini Pieralberto Rolando, Wilma Vigliani, Mario e Marisa Colornbatto, anche quali procuratori di Della Valle Eduardo, Omelia Bessone, Dionigi Maggiora,
Francesco ed Enrico Vigliani, Ugo Pentenero, Giovanna Paola De
Stefanis, Aurelio Audisio, Paola Bertero, Alessandro Donato, Aldo
Zara, Giovanni Servetti, Bruno Diberti, Andrea Perico, Maria Catena
Bellia, Severino Sarnico, Ernesto Baroni, Nicola Piero Casale, Daniela Micheletti, Vincenzo Ferrara, Salvatore Garnbera, Antonio Piarulli, Angela Prezioso, Fernanda Repetta e Pier Angelo Giocosa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso, denunciando in relazione all'art. 360,
n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 69, disp. att.,
c.c., e 1123 e 2697, c.c., deduce che la nullità della sentenza impu-
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za ed i condomini Chiara Baroni, Paolo Volpato, Elisabetta Barberis,
gnata in quanto, ritenendo che:
a) l'esattezza delle tabelle millesimali andava verificata con riferimento agli elementi oggettivi ed ai criteri di calcolo e di valutazione scelti per la stima delle unità immobiliari, e non già ai criteri correnti nel momento della verifica, ha eluso la funzione delle tabelle di
mino rapportato a quello di mercato;
b) l'attore, anziché i convenuti, era gravato della dimostrazione
che la divergenza delle tabelle redatte dal c.t.u. non era dovuta ad una
diversità dei criteri soggettivi utilizzati, ha fatto applicazione inversa
del principio dell'onere della prova.
11 secondo motivo, lamentando in relazione all'art. 360, nn. 4 e 5,
c.p.c., l'insufficiente e contraddittoria motivazione, si duole che la
sentenza abbia ritenuto inesistenti e non dimostrati fatti pacifici, costituiti dalla: a) specifica indicazione nell'atto di citazione delle ragioni e degli errori che caratterizzavano le tabelle impugnate; b) attribuzione nelle tabelle ai singoli piani dell'edificio di valori decrescenti in relazione all'altezza, risultante dalla c.t.u. e ammessa dai
convenuti; c) vigenza già negli anni '70 - ai quali risalivano le tabelle
- del criterio del valore crescente dei piani in relazione all'altezza,
documentato dalla circolare del Ministero dei Lavori Pubblici
12480/1966; d) omessa considerazione nella formazione delle tabelle
delle cantine e delle soffitte, riconosciuta anche dai convenuti.
Il primo motivo è infondato.
A norma degli artt. 68 e 69, disp. att., c.c., il regolamento di condo-
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esprimere un valore proporzionale della proprietà di ciascun condo-
minio deve precisare i valori proporzionali di ciascun piano o delle
porzioni di piano spettanti in proprietà esclusiva ai singoli condomini
e detti valori, che devono essere ragguagliati in millesimi a quello
dell'intero edificio ed espressi in una apposita tabella allegata al regolamento, possono essere riveduti e modificati, anche nell'interesse
errore; b) quando per le mutate condizioni di una parte dell'edificio,
in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alterato
il rapporto originario tra i loro valori.
Ne consegue che momento normativo di individuazione dei valori
delle unità immobiliari di proprietà esclusiva ai singoli condomini, e
del loro proporzionale ragguaglio in millesimi a quello dell'edificio,
è quello di adozione del regolamento e che la tabella che li esprime è
soggetta ad emenda soltanto in relazione ad errori, di fatto o di diritto, che attengano alla determinazione degli elementi necessari al calcolo del valore delle singole unità immobiliari, ovvero a circostanze
sopravvenute attinenti alla consistenza dell'edificio o delle sue porzioni, che incidano in modo rilevante sull'originaria proporzione dei
valori.
In ragione dell'esigenza di certezza dei diritti e degli obblighi dei
singoli condomini, fissati dalle tabelle rnillesirnali, sono escluse,
dunque, sia la revisione che la modifica delle tabelle tanto per errori
nella determinazione del valore, che non siano indotti da quelli sugli
elementi necessari al suo calcolo, quanto per mutamenti successivi
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di un solo condomino: a) quando risulta che sono conseguenza di un
dei criteri di stima della proprietà immobiliare, quand'anche abbiano
comportato una rivalutazione disomogenea delle singole unità dell'edificio od alterato, comunque, il rapporto originario tra il valore delle
singole unità del condominio e tra queste e l'edificio.
Nel caso in cui venga chiesta la revisione delle tabelle, l'errore o gli
genza apprezzabile tra i valori posti a base della redazione delle tabelle e quello allora effettivo, risultare anche oggettivamente verificabili in base agli elementi sui quali il valore in quel momento doveva essere calcolato (cfr.: cass. civ., sez. un., sent. 24 gennaio 1997, n.
6222).
A tali principi si è adeguata la sentenza impugnata, in quanto, precisato che momento rilevante ai fini della verifica di un errore nelle tabelle era quello della loro formazione e dato anche per ammesso che
un errore nella valutazione delle singole unità immobiliari poteva derivare dalla scelta o valorizzazione di parametri di valutazione difformi da quelli all'epoca comunemente utilizzati, ha escluso, con un
apprezzamento in fatto non sindacabile per violazione di legge, la
sussistenza della denunciata "perversione del criterio del piano" in
ragione della mancanza di prova che: a) il coefficiente del piano fosse stato applicato con le modalità affermate dall'attore; b) all'epoca
della formazione delle tabelle il valore degli immobili fosse direttamente proporzionale al piano; c) la divergenza fra i valori indicati
nelle tabelle quelli rilevati dal c.t.u. non fosse da imputare al concorrente utilizzo nella loro formazione di ulteriori criteri e coefficien-
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errori lamentati devono, dunque, oltre che essere causa di una diver-
ti soggettivi di valutazione.
Non diversamente è da escludere un'inversione del principio dell'onere della prova, giacché la Corte di appello ha collegato la soccombenza dell'attore all'esatta considerazione che egli doveva dimostrare
l'esistenza dell'errore, o degli errori, costituenti fondamento della sua
non erano stati accertati dalla c.t.u. e non potevano essere di per sé
presunti dalla discordanza dei valori attuali delle unità immobiliari in
essa indicati.
Il secondo motivo è in parte inammissibile ed in altra infondato.
È inammissibile laddove denuncia l'omessa valutazione:
a) di una circolare del Ministero dei Lavori pubblici, senza soddisfare l'onere imposto dal principio di autosufficienza del ricorso di
indicare in quale fase processuale il documento era stato prodotto, di
trascriverne nell'atto d'impugnazione il contenuto, o la parte significativa di essa, onde consentire il vaglio della decisività dell'omissione, e di specificare se il suo esame fosse stato sollecitato al giudice di appello, che di esso non ha fatto menzione nella sentenza;
b) della circostanza che nella formazione delle tabelle non erano
state considerate le cantine e le soffitte, senza specificare se ed in
quali termini la questione fosse stata riproposta nel giudizio di appello.
E' infondato nella parte in cui concerne la "perversione del criterio
del piano", perché attinge un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito e che è sorretto da una adeguata e logica motivazione
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pretesa e che i criteri in base ai quali erano state formate le tabelle
sull'assenza di prova tanto dell'esistenza al momento della formazione delle tabelle di un criterio di diretta proporzionalità del valore dei
piani alla loro altezza quanto della sua violazione, mentre nel resto
sollecita una rivalutazione degli elementi acquisiti e degli atti processuali che è preclusa al giudice di legittimità.
ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio, che liquida in E 2.200,00, di cui C 200,00 per spese vive,
oltre spese generali, iva, cpa ed altri accessori di legge.
Così deliberato in camera di consiglio, in Roma il 12 novembre
2009.
Il consigliere est.
Il presidente
dott. Massimo Oddo
dott. Roberto Triola
)
Il cancelliere
z
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma,
i O FEB.2010
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All'infondatezza od inammissibilità dei motivi seguono il rigetto del
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