scienza e vita
di Giuseppe Pulina
Professore di Zootecnia speciale
all’Università di Sassari
Mozzarella di bufala,
un regalo dal Paese del sole
Il successo del celebre
latticino è continuo.
Il suo consumo, infatti,
non ha mai subito arresti
e perfino nel 2010,
in piena crisi dei mercati,
è aumentato del 6%.
Famoso per la sua bontà,
le sue caratteristiche
nutrizionali
e organolettiche sono
però troppo spesso
sconosciute. Grazie
al professor Luigi Ziccarelli
le andiamo quindi
ad approfondire
La mozzarella di bufala campana Dop è uno dei rari
prodotti che deriva dal latte di una razza bufalina,
che è verosimilmente la più pura al mondo: i pochi capi introdotti in Italia dai Saraceni nel IX secolo
sono i progenitori dei 370 mila bufali attualmente
presenti, senza che da allora siano stati introdotti
elementi di altre popolazioni. È a questa epoca che
risalgono anche le prime notizie sulle paste filate
che, allora, erano prevalentemente prodotte con
latte di vacca; la tecnologia fu però facilmente traslata al latte di bufala, le cui attitudini casearie sono
universalmente riconosciute superiori. L’incremento
dei consumi ha trascinato con sé l’aumento del numero di bufale che è passato dai 12.500 del 1947
ai 369.894 capi attuali. Il professor Luigi Ziccarelli,
preside della Facoltà di Veterinaria di Napoli, studia
le bufale da oltre 40 anni ed è riconosciuto a livello
internazionale quale maggiore esperto della specie.
Lo intervistiamo sul principale prodotto di questo
allevamento e sulle sue caratteristiche.
Leggiamo spesso sulla confezione di latticini
freschi a pasta filata il termine mozzarella. Ma
la vera mozzarella non è solo quella ottenuta
da latte di bufala?
«Il termine mozzarella di bufala non è consentito
per legge. Nel passato il sostantivo mozzarella non
è stato registrato ed è diventato di uso comune
per il prodotto similare che deriva dal latte di vacca.
La dizione esatta è mozzarella di bufala campana
Dop, mentre per i latticini prodotti con latte di bu-
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fala fuori della zona Dop il termine mozzarella può
essere utilizzato se seguito da un nome (di fantasia)
che precede la specifica di latte di bufala».
Allora parliamo di mozzarella di bufala campana Dop. Quali sono le sue caratteristiche?
«È un formaggio fresco a pasta filata. Rientra tra
quei prodotti creati in tempi difficilmente databili nell’Italia meridionale e consumati localmente;
come il caciocavallo, per esempio, che arrivò sul
mercato di Torino dopo l’Unità, alla fine del 1800.
Prodotti che sono espressione della creatività del
mondo artigianale del Mezzogiorno. I formaggi,
in genere, derivano dalla coagulazione del latte
che può verificarsi anche casualmente se si lascia
riposare il secreto mammario. L’uomo ha sviluppato poi tecniche di conservazione/maturazione,
che hanno generato i differenti tipi di formaggio,
osservando il contenuto abomasale dei neonati
dei ruminanti e ciò che si verificava quando il latte
veniva lasciato in un recipiente tenuto in un ambiente caldo (le specie presentavano una riproduzione di tipo stagionale e il latte era disponibile
dopo lo svezzamento dei piccoli che avveniva tra
la fine della primavera e l’inizio dell’estate). Il tutto è verosimilmente avvenuto casualmente».
Ma la mozzarella ha una procedura di produzione piuttosto sofisticata che è difficile sia
stata osservata per caso…
«Certamente. I formaggi a pasta filata non posso-
La mozzarella di bufala campana
Dop non è un condimento, ma una
vera pietanza che fornisce per ogni
100 gr di prodotto circa 270 kcal
no essere derivati da un’osservazione casuale,
ma rappresentano un processo più avanzato
della creatività dell’allevatore/trasformatore.
Per ottenere la pasta filata, a differenza degli
altri tipi di formaggio che dopo la coagulazione vengono formati in recipienti, è necessario
far riposare la cagliata sotto siero per 3,5/4
ore e attendere che questa raggiunga un valore di pH di 4,8 (necessario per far separare
il calcio colloidale dalla caseina). Solo allora,
se sottoposta ad acqua bollente, la pasta diventa elastica e può essere plasmata. Ciò non
può essere avvenuto casualmente ma, di sicuro, è stato un processo messo in atto per
recuperare una cagliata dimenticata sotto siero, e quindi non più utilizzabile per dar luogo
a un classico formaggio. Non è da escludere
che tale processo sia stato ideato per sanificare col calore un latte spesso alla base della
febbre ondulante (brucellosi o febbre maltese), molto diffusa nelle regioni meridionali».
Questa tecnologia primitiva è però profondamente mutata…
«Per tagliare i tempi e ottimizzare l’elasticità
della caseina, qualcuno intuì che il processo
di coagulazione sarebbe stato più efficiente
se si fosse aggiunto al latte il siero innesto e
cioè il siero che residuava da una precedente
lavorazione. Oggi si sa che questo siero innesto fornisce al latte quella flora lattica in grado di scindere la molecola del lattosio in acido
lattico utile ad acidificare il latte e prepararlo
all’azione del caglio/rennina. È grazie alla flora lattica che continuerà il processo di acidificazione della cagliata, che sarà l’elemento
essenziale sia per una ottimale filatura sia per
conferire aromi e sapore al prodotto finito. È
grazie all’attività di questa flora batterica, che
costituisce il legame con l’ambiente in cui sono allevate le bufale – e ciò giustifica la Dop
–, che possono inoltre esistere differenze di
aroma tra mozzarelle di aree diverse anche
se prodotte esclusivamente con latte di bufala. La presenza nel prodotto di questa flora batterica viva ne favorisce la digeribilità ma
ne riduce la durata commerciale (shelf life) a
4-5 giorni».
La mozzarella di bufala, scusami se continuo a chiamarla così, è un prodotto artigianale per eccellenza. I consumatori
però la trovano anche nei supermercati e
sull’etichetta sono riportate scadenze più
lunghe dei 4-5 giorni. Come mai?
«Hai ragione. Attualmente, grazie a una flora
batterica addomesticata dalle recenti tecnologie, la durata commerciale della mozzarella
di bufala campana Dop può superare anche i
21 giorni, ed essere utilizzabile dalla GDO. Tra
il prodotto artigianale e quello industriale indubbiamente esiste una differenza che negli
ultimi anni, e con la costante attività di ricerca, va sempre più riducendosi. La mozzarella
di bufala campana Dop artigianale è di solito
eccellente, ma, talvolta, a causa dell’inquinamento del siero innesto, può risultare anche
scadente, mentre quella industriale è normalmente al di sopra della media».
Una contraddizione salta però agli occhi:
la mozzarella di bufala campana Dop andrebbe consumata nei giorni immediatamente successivi alla sua produzione, da
un lato; ma i consumatori e, mi verrebbe
da dire, la GDO, vorrebbero un prodotto
con una shelf life piuttosto lunga...
«In effetti, a causa forse di una scarsa cultura in materia di alimenti, nell’operare la scelta il consumatore si comporta in maniera difficilmente definibile perché, se da una parte
sceglie la mozzarella di bufala campana Dop
perché desidera un prodotto fresco, dall’altra
predilige quella con una più lunga vita commerciale e con una data di scadenza quanto
più lontano possibile da quella riportata in
etichetta. Egli riesce, tuttavia, a percepire la
differenza perché, se ha l’opportunità di conoscere il prodotto artigianale, lo apprezza, e
ritiene che quello industriale sia diverso per la
presenza di una percentuale variabile di latte
di vacca. Il consumatore, per larga parte, non
è consapevole che quando la mozzarella reca
il bollino della Dop la materia prima è costituita esclusivamente da latte di bufala».
Grande il successo della “mozzarella di
bufala” rispetto a quella vaccina. La
crescita dei consumi ha portato a un
aumento del numero di bufale che è
passato da12.500 (1947) a 369.894
Veniamo a un punto dolente. Più un prodotto è pregiato più contro di lui si accanisce la contraffazione. La mozzarella
non è immune e diversi scandali, amplificati dai media, hanno reso opaca la fiducia dei consumatori. Cosa ne pensi?
«Nulla è immune da contraffazione. Nel caso
della mozzarella di bufala campana Dop però i controlli sono molto rigorosi e numerosi
– mediamente dai 15 mila ai 20 mila l’anno,
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scienza e vita
Da ricordare sempre: quando la mozzarella reca il bollino della Dop la materia prima deriva
esclusivamente da latte di bufala, sia nel caso del prodotto artigianale che di quello industriale
che ritengo lo rendano il formaggio più controllato
in assoluto – e accertano prioritariamente se è presente latte di altra specie. A norma di disciplinare, la
lavorazione deve iniziare entro 36 ore dalla mungitura e il latte deve derivare da bufale mediterranee
italiane nate e allevate nella zona Dop».
Dunque, la genuinità è certa. Quali altri motivi
ci spingono all’acquisto di questo prodotto?
«Sono dell’avviso che anche la mozzarella industriale (oltre il 45% è distribuito dalla GDO) è gradita al consumatore perché vi percepisce un prodotto
di tipo artigianale. Questa caratteristica deriva dal
fatto che il Consorzio per la tutela della mozzarella
di bufala campana nacque grazie all’impegno di un
industriale e di sei allevatori/trasformatori che hanno sempre cercato di mantenere il prodotto nel canone della tradizione. Attualmente i soci sono 111
e il 20% è rappresentato da allevatori/trasformatori che mantengono viva la lavorazione tradizionale,
proponendo il loro prodotto che resta un termine
di paragone dal quale, anche quello industriale,
non può allontanarsi molto. Ritengo che questa
sia la chiave del successo che ha determinato una
continua ascesa della mozzarella di bufala campana Dop e una diminuzione dei consumi della mozzarella bovina che ormai è di tipo industriale, lontana anni luce dal vero fior di latte, presente ormai in
sporadiche realtà della Penisola Sorrentina».
Ma al di là dell’ottimo lavoro svolto dal Consorzio, cosa distingue questo prodotto?
«Un innegabile punto di forza è rappresentato dal
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I primi pochi
bufali
introdotti
in Italia
dai Saraceni
nel IX secolo
sono i
progenitori
dei 370 mila
attualmente
presenti
fatto che la mozzarella di bufala campana Dop non
è un condimento, ma una vera e propria pietanza che fornisce per ogni 100 grammi di prodotto
circa 270 kcal, appena 15 in più della mozzarella
vaccina, a fronte della quale fornisce 6-8 grammi
di grasso in più, 6-8 grammi di proteine in meno
e circa il 3-5% di acqua in più. Il latte di bufala,
pur essendo più ricco di grasso (8,2% vs 3,3%) e
di proteine (4,65% vs 3,2%) rispetto a quello bovino, non fornisce, sotto l’aspetto nutrizionale, un
prodotto molto diverso da quello vaccino. Nonostante il rapporto grasso/proteine (circa 2 vs meno
di 1) sia doppio di quello vaccino, il reticolo di caseina non riesce a trattenere tutta la materia grassa
che migra nel siero e fornisce più burro. Va notato
che i 6-8 grammi di grasso in più contengono meno colesterolo (163 mg/100 g di grasso) di quello
vaccino (234 mg/100 g di grasso) e quindi 100 g di
prodotto contengono 37 e 41 mg di colesterolo rispettivamente per il vaccino e il bufalino».
Dunque, un prodotto ottimale per la dieta,
che soddisfa metabolismo e palato…
«Il latte di bufala, rispetto a quello vaccino, contiene inoltre più calcio (circa 2 g/litro) che fosforo
(circa 1,2 g/litro) mentre 100 g di mozzarella contengono 245 mg (35% della razione giornaliera
raccomandata) di calcio e 320 mg di fosforo (45%
della razione giornaliera raccomandata)».
In definitiva: qualità, genuinità, gradevolezza, salubrità, tipicità; tutte qualificazioni della mozzarella di bufala campana Dop che ne
hanno decretato il successo…
«La vera chiave del successo però resta ancorata
all’artigianalità della lavorazione. I tecnologi dovranno tendere i loro sforzi a creare innovazioni che
coniughino le esigenze della GDO con la conservazione del prodotto tradizionale e non viceversa,
sacrificando la tradizione alle esigenze di mercato,
in particolare con l’aumento della shelf life. Minore
attenzione dovrebbe ricevere la variabilità del prodotto che, a mio avviso, è un punto di forza perché è un segno di genuinità. La mozzarella di bufala campana Dop è un prodotto fresco che deriva
da una specie con caratteristiche riproduttive stagionali che necessariamente fornisce un latte con
caratteristiche chimiche che risentono della lunghezza della lattazione che varia (proprio perché la
specie è stagionale) nel corso dell’anno. Di questo
il consumatore dovrebbe essere informato al fine di
non interpretare in maniera distorta ciò che è un fenomeno naturale. Con il vino il consumatore accetta la variabilità come espressione di genuinità, e lo
stesso dovrebbe accadere con la mozzarella di bufala campana Dop: l’omogeneità e la standardizzazione dei prodotti non sono indice di genuinità».
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Mozzarella di bufala, un regalo dal Paese del sole