Fattori personali, sociali e assistenziali del processo di recovery da un disturbo mentale grave Izabel Marin Novembre 2005 Nel campo della salute mentale, recovery si riferisce a un processo attivo, dinamico e altamente individuale attraverso cui una persona assume la responsabilità della propria vita, e sviluppa uno specifico insieme di strategie rivolte non solo al fronteggiamento dei sintomi, ma anche alle minacce secondarie della disabilità, che comprendono stigma, discriminazione ed esclusione sociale. Un aspetto critico di questo processo è lo sviluppo di un senso di coscienza circa la propria esperienza come persona con un problema mentale, la ricerca di un significato personale in questa esperienza e perciò lo sviluppo di un senso di se stesso come 'altro dall'essere disabile'. (Carling, 1990 in “Principles of recovery”) Aspetti qualificanti della ricerca sulla recovery: ► far emergere la prospettiva in prima persona di chi ha vissuto l’esperienza di ripresa/guarigione da un disturbo mentale grave ► la propria percezione dei fattori che sono stati utili al fine di un superamento, anche se parziale, della condizione di disabilità ► la testimonianza delle modalità con cui la persona ha potuto superare tale condizione ► Il presente studio costituisce una analisi di 13 interviste in profondità con persone che hanno trattenuto un rapporto prolungato con i Servizi di Salute Mentale (CSM di Barcola, Domio e Maddalena) e che i medesimi hanno indicato come casi ad alta priorità. ►I soggetti intervistati sono 7 uomini e 6 donne di età compresa tra i 27 e i 59 anni che hanno ricevuto una diagnosi di psicosi grave e che attualmente presentano un livello medio/alto di funzionalità sociale. Metodologia sono stati inclusi i soggetti che: ► hanno avuto esperienza di un disturbo mentale severo e si considerano guariti o in via di guarigione, e stanno affrontando la loro vita in modo soddisfacente ► hanno avuto esperienza di presa in carico da un servizio di salute mentale ► non hanno avuto ricoveri in strutture psichiatriche negli ultimi due anni Analisi tematica (Topor 2001) I temi emersi nell’analisi dei risultati rispettano un equilibrio tra la dimensione temporale (evoluzione dal primo insorgere del disturbo ai percorsi di cambiamento, alla situazione attuale e futura) e la dimensione tematica, che distingue i principali gruppi di fattori intervenuti nel processo di recovery, sia strutturali e/o favoriti dal servizio di salute mentale, sia soggettivi e favoriti dal ruolo attivo dei soggetti. La perdita di sé come metafora della sofferenza “Mi sono disintegrata come persona, ho messo in discussione tutto e penso di aver perso completamente l’identità. E’ grave perché non sapevo più come affrontare la vita, i rapporti. Se perdi l’identità sei priva di tutto. Non riuscivo più a distinguere il bene dal male. Non avevo più parametri…avevo perso i riferimenti, completamente.” “Un muro” nella comunicazione con il mondo ► condizione di perdita di identità e di isolamento sociale (perdita di capacità di gestire la propria vita) ► difficoltà di trovare una spiegazione al malessere e incapacità di comunicare il proprio dolore ► comportamenti inadeguati e tentativi di dare senso a quello che accade ► desiderio di trovare un ponte comunicante, qualcuno che stia dalla propria parte e le possa riconoscere le ragioni. Paura di essere “pazzi” ► svolta in peggio accentuata da una parte dalla sfiducia nei legami affettivi significativi; dall’altra da tentativi fallimentari di far fronte alle difficoltà che giorno per giorno si presentano ► impatto drammatico all’arrivo al servizio di salute mentale descritto come momento di rottura dei legami e di perdita di speranza ► condivisione del pregiudizio connesso al disturbo mentale: “conferma di essere pazzi” Percorsi di risalita: la ricostruzione del senso di sé “Farsi coraggio, a distanza di tempo, era affrontare la situazione. Stavo malissimo, non sopportavo il dolore perché arrivava ad un dolore insopportabile, ma non avevo la forza di intraprendere le strade per uscirne che sapevo quali erano. Il farsi coraggio significa cercare di intraprendere queste strade, dire: “Si, sto male, non ho la forza e invece devo trovarla perché è l’unica cosa che posso fare, l’unico comportamento che posso avere. Cosi non riesco a stare, sto troppo male…peggio di cosi, non posso stare, so che le persone mi dicono di fare cosi e cosi che sto meglio, cerchiamo di farlo". E poi quando si comincia a farlo viene tutto da sé perché appena si comincia a fare, inizia il percorso di guarigione e non si tratta più di avere coraggio ma solo di continuare, insomma.” La volontà di stare meglio Il processo di ricostruzione di un senso di sé implica: ► l’autodeterminazione a stare meglio: “voglia di stare bene, di credere a me stesso” ► una decisione di agire a favore di se stessi, “rendersi conto che la salute è un bene prezioso” ► l’accettazione di un aiuto: “ascoltare gli altri” ► l’orientarsi nel presente, focalizzare le proprie energie nell’immediato, “è inutile pensare al passato” Senso di autocontrollo: imparare a riconoscere e a gestire le difficoltà ► sviluppo di capacità di minimizzare gli effetti dei sintomi: apprendere dalla propria esperienza a riconoscerli e a fare attenzione ai “campanelli di allarme” ► imparare a distinguere il disturbo da se stessi: “inizi a conoscere un po’ la cosa, anche sul sintomo, sulle cose che prima ti colpivano, ti aggredivano e non sapevi come difenderti. Se si presentano situazioni che hai già conosciuto, sai addomesticarle, diciamo, e non cacciarle via” ► strategie di autocontrollo: “programmare la propria vita”, “fare le cose che piacciono e che fanno sentire sicuri”, “non abbassare la guardia”; mantenere un impegno costante sulle proprie conquiste; “chiedere aiuto prima di stare male veramente” Persone, strumenti e mezzi della recovery “Non so in che modo, in un modo esterno, ho ricostruito un progetto della mia vita”. Le relazioni che aiutano a mettere “ mattoncino su mattoncino” ► La recovery non avviene in solitudine, emerge da tutti racconti la presenza di una o più persone che hanno aiutato in momenti cruciali per la loro presenza, per il loro modo di trattare la persona e i suoi problemi, per l’accettazione e la fiducia trasmessa In che modo è percepito l’aiuto? famiglia: ► nei momenti di particolare difficoltà per il senso di protezione, accudimento e supporto ► il cambiamento nel modo di porsi ( del padre) dando più tempo e più spazio alla persona per esprimersi ► l’iniziativa (della moglie) di contattare il Servizio e chiedere aiuto ► “non avermi lasciato mai solo” amici ► l’amicizia è riconosciuta come valida quando assume la caratteristica di rapporto reciproco e senza pregiudizio, quando la persona sente l’accettazione dell’altro e quando i suoi problemi sono visti come quelli di una qualsiasi persona che ha bisogno di aiuto e “non come persona che ha un disturbo psichiatrico grave e allora va aiutata in una determinata maniera” Operatori: ► per la restituzione della fiducia in sé e negli altri, per l’aiuto alla comprensione e risoluzione dei problemi, per le possibilità offerte di reinserimento nella vita normale “Il Centro era un mondo, in piccolo. Era un mondo. Io ho cominciato a vederlo, a vedere quel mondo lì e avere rapporti lì dentro: la fiducia, la sfiducia, il dare, il non dare. Questo mi ha dato gli strumenti da portare anche all’esterno. E’ stato un processo lungo, però penso che sia stato proprio questo, l’aiuto che mi è stato dato. Il costruirmi, mettere insieme mattoncino su mattoncino, tenermi insieme, non demolirmi più. Costruirmi e anche aver fiducia nel prossimo, negli altri”. Principali aspetti dell’aiuto ► ► ► ► ► Mettere la persona “nel contesto della vita normale, del contatto con gli altri” Aiutare a “tirare fuori quello che va bene e riconoscerlo” La comprensione della sofferenza: “il fatto di parlare, riuscire a capire il percorso della malattia, lo stare bene e lo stare male, andare a fondo” Il colloquio come strumento chiave della comprensione, come momento di “sfogo”, di “spugna che assorbe”, possibilità di “ricostruire un vissuto” e di “modificare un pensiero” rispetto agli aspetti di difficoltà nel rapporto con gli altri Necessità di stabilire una relazione di reciprocità e di profondo rispetto (“non tu medico e io paziente”) che “permette di superare lo scoglio e parlare dei problemi come se si parlassi ad un amico che ha più esperienza” Dare e ricevere aiuto: il ruolo dei gruppi di sostegno 1. Combattere contro lo stigma è un elemento cruciale del percorso di recovery: ► serve un ambiente di supporto che permetta di superare le barriere interpersonali e sviluppare una nuova rete di amicizie e di scambio sociale in cui sentirsi parte integrante e attiva della comunità. ► il gruppo aiuta a rafforzarsi contro lo stigma e ricostruire un significato intorno ai propri sentimenti di inadeguatezza 2. Ricostruire una rete sociale a partire dalle conoscenze acquisite al Servizio ► “Da quando sono venuto qui al Centro avrò conosciuto cinquanta-sessanta persone. Sarò uscito con più della metà, o in gruppo o da soli o in coppia o in doppia coppia, o andare in spiaggia, o andare in piscina, o andare al tennis, indifferente, andare al bigliardo, a cena, a sciare. E dopo via via, quando uno passa dei mesi con delle persone, vede cosa c'è insieme, che tipo di approfondimento ci può essere, e quindi pian piano si screma, e si resta in pochi”. 3. Avere la possibilità di scelta di fare o di stare assieme a persone che hanno un interesse in comune, ad es. il gruppo donne “Ritornare uomini” attraverso il lavoro ► Nel processo di ricostruzione di identità e senso di appartenenza, il lavoro emerge come tema centrale “la realtà é lavoro e vita sociale” “devi trovare il tuo ruolo e dire: faccio il mio e basta” ► Si può trattare della perdita del lavoro o della necessità di ridimensionare le proprie capacità produttive, del ruolo sociale o della sfida di cercare di mantenere il lavoro come punto di riferimento di normalità “ho cercato innanzitutto di sentirmi una persona normale, tra virgolette, nel senso che il lavoro alla scuola non lo ho mai lasciato fino a quando non ho maturato la pensione di anzianità”. ► Gestione della perdita di funzionalità sociale: trovare nuove modalità di impegno più adatte “Credo sia stato fondamentale senz'altro il poter trovare una soluzione sul posto di lavoro, vedere di adottare un part-time, cioè un tempo relativamente inferiore, non un tempo pieno, per non fare troppe ore, per stanchezza, e anche il cambio sede di lavoro. Cambiare sede. Questo credo siano stati gli elementi determinanti, non della guarigione, comunque non mi considero ancora guarito, ma determinanti di un miglioramento, diciamo, che mi ha consentito di ritornare uomo, insomma, un po’.” ► Strumenti validi per il “ritorno”: il reinserimento lavorativo attraverso la borsa formazione lavoro, il sostegno alla ricerca e al mantenimento del lavoro “ gli operatori mi hanno aiutata a trovare un lavoro e anche a mantenerlo. Poi, da sola, ho camminato con le mie gambe” “…è stato un aiuto stando qui un po’ nel senso che per tre mesi ho lavorato. Era circa tre anni fa o più, rispondevo al telefono, andavo a cercare l’infermiera, lo psichiatra, lo psicologo di corsa per tutto il Centro… quindi i primi mesi è stato uno “smuoversi”, fare qualcosa che può sembrare stupido o facile ma non è sempre facile”. Componenti finali della recovery: appropriazione del percorso di sofferenza, accettazione e lotta allo stigma, speranza e aspettative future di miglioramento. “Per me il termine guarire significa condurre una vita normale, con i tuoi alti e i tuoi bassi; a parte che io non mi ritengo guarita nel senso che adesso non vedo la malattia psichiatrica come una malattia da cui guarisci, vedo la malattia psichiatrica come una tua componente con cui devi imparare a convivere; non c'è un momento di guarigione o un momento di malattia, la malattia sono io e non sono io. E' una parte di me che è più vulnerabile, che ho imparato a gestire e imparare a gestire questa parte di me vuole dire guarire, vuol dire poter condurre una vita normale”. ► componente fondamentale della recovery: la capacità di dare senso e significato alla propria esperienza di sofferenza attraverso un processo di valorizzazione e di accettazione ► l’accettazione non è rassegnazione, è lotta “bisogna accettare il male per combatterlo” ► la guarigione non è intesa come un “prodotto finale” di un processo ► Salute e Malattia sono entrambe dimensioni che possono coesistere nella continuità della propria esistenza “La vita è un equilibrio sopra la follia” ► riconoscimento di un percorso verso la salute e allo stesso tempo la consapevolezza che c’è un cammino da percorrere ► consapevolezza della propria forza e del consolidare un equilibrio andando oltre la “follia” “Facevo molta fatica, non era facile lasciar sedimentare le cose, però qualche cosa si è messa in moto, pian piano. Mi rendo conto di cercare un equilibrio, io vivo un equilibrio, però so cosa vuol dire il malessere. Lo tengo sotto controllo, penso. Ho imparato…come si può dire… a proposito del passato…so cos’è il dolore, perché era veramente molto doloroso. Questo equilibrio mi dà gioia ogni giorno, ogni giorno ci sono tante cose, piccole cose, però per me è una gioia questo equilibrio che ho. Sentivo una canzone l’altro giorno, non so se la conosce, V. Rossi ha scritto una canzone che dice: - “La vita è un equilibrio sopra la follia” – Ed è vero, per me. Mi sento fortunata di aver conosciuto comunque il dolore della malattia mentale. Sicuramente è un arricchimento, sicuramente mi sento fortificata. Mi sento più capace di capire…di sapere che cos’è che mi fa bene, l’alimento…Prima non ero così consapevole.” Accettazione e Stigma Strategie per far fronte allo stigma: ► riconoscimento della persistenza del fenomeno e capacità di trovare soluzioni anche parziali “dei miei disturbi mentali sanno solo le mie amiche più strette. Con le conoscenze superficiali non ne faccio parola” ► capacità di costanza e pazienza per ricostruire i rapporti con i propri figli ► essere capaci di accettare se stessi anche se gli altri non ti accettano “io ho sempre avuto il problema di essere accettata, quindi per me era proprio un problema di rapporto con la gente, diventava una cosa mostruosa, quando stavo male, e adesso che finalmente accetto me stessa anche quando sto male, so che riesco a gestirmi e se trovo gente che se mi accetta va bene, se non mi accetta pazienza; c'è sempre qualcuno che ti accetta, per cui ho accettato me stessa finalmente, sono riuscita a fare questo cambiamento così importante”. Speranza e aspettative di miglioramento Percezione di sè nel futuro: ► aspettative ambivalenti nella ricerca di una normalità: da una parte un abbassamento di aspettative “non avere progetti” come una sorta di autodifesa; ► d’altra parte, il desiderio di miglioramento per quanto riguarda la formazione, le relazioni, l’indipendenza economica. “non sono ignorante perché qualcosa lo so, ho lavorato per tanti anni però non sono competente in qualcosa che veramente mi affascina, mi piace”.