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Eur Torrino News
pubblicazione mensile
ANNO X n° 10 novembre 2012
Editrice: Service & Business 2001
Direttore responsabile:
Sergio Di Mambro
Redazione: V.le degli Eroi di Rodi, 214
Tel. 06.5082257
Grafica: Fabio Zaccaria
Stampa:Spazio Stampa S.a.S.
Hanno collaborato:
­­Editoriale4
Vermeer: Il secolo d’oro dell’Arte Olandese a Roma
6
SOS IMPRESA: Intervista a Rocco Ruotolo
8
Il cibo e la Mente: parla la Dott.ssa Gigliotti
10
Arte: Klee e l’Italia in mostra a Roma
12
Irene Giarracca, Rossana Bartolozzi
Intervista a Mario Napolitano14
Concessionaria pubblicitaria:
Media Live s.r.l.
Arte: Guttuso in mostra a Roma
20
News da Ilperiodico.it
28
Gli itinerari del gusto
32
La direzione si riserva il diritto
di valutare i testi pervenuti.
Il materiale non verrà restituito.
Dente del Giudizio: parla il Dott. Ferrazza
34
Ricette romane
38
Finito di stampare nel mese di:
novembre 2012
Consiglio Regionale Informa
40
Tel.: 06.5082257
Cell.: 380.3965716
e-mail: [email protected]
Editoriale:
] di Sergio Di Mambro [
Cari Lettori,
Questo mese abbiamo voluto portare sulle pagine di Eur Torrino
News il resoconto di un incontro avvenuto presso gli studi della nostra web-TV con Rocco Ruotolo: un testimone di giustizia che, grazie alla collaborazione con Antonio Anile di SOS Impresa, ha potuto
raccontarci la sua odissea. Ruotolo ha trovato il coraggio di denunciare i suoi usurai, si è esposto in prima persona e ha rischiato la
propria vita e quella dei suoi cari: ma ne è uscito. Ciò significa che
per tutti, nessuno escluso, è possibile tirarsi fuori dal cappio della
malavita che blocca l’economia di questo Paese sempre più in crisi, soprattutto grazie alle connivenze con la Politica. Vi invitiamo a
cogliere con estrema attenzione alcuni passaggi dell’intervista, che
troverete anche sul nostro Social Media Network Italiatube.it: alcuni passaggi sono estremamente rivelatori di quanto la malavita possa condizionare la vita democratica di una Nazione.
Ampio spazio dedicato alle mostre d’arte a Roma, letteralmente
“invasa” dai capolavori di tanti maestri del passato più o meno recente. Come di consueto vi presentiamo anche la nostra finestra
informativa sulle attività del Consiglio Regionale del Lazio.
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Johannes Vermeer. Delft 1637-1675
il secolo d’oro dell’arte olandese
Scuderie del Quirinale: 27 settembre 2012-20 gennaio 2013
I
] di Rossana Bartolozzi [
n questo scorcio d’ottobre Roma si risveglia prepotentemente all’attenzione dei romani e dei numerosi turisti che
l’affollano. La mostra dedicata al grande maestro olandese ha focalizzato l’interesse dei romani, tra le tante pur
presenti nella capitale.
Vermeer, molto apprezzato nella sua breve vita, dipinse non più
di 50 quadri, (oggi se ne conoscono solo 37). Non dipinse mai
più di 2 o 3 opere l’anno, ebbe dal punto di vista economico,
una vita molto difficile, addirittura ebbe periodi in cui non sapeva come sfamare i suoi 11 figli, era lento nel dipingere, ma malgrado ciò, alcuni suoi quadri, come le ragazzacon l’orecchino
di perla, sono diventati un cult, ne hanno perfino fatto un film
e scritto un libro biografico. Nel dipingere era sincero con se
stesso, non accettava compromessi, era meticoloso, il suo rifugio
era all’ultimo piano della casa dove, al piano di sotto la moglie,
perennemente incinta, e la suocera si occupavano dei problemi
finanziari e domestici. Lui, nel suo piccolo e disadorno studio,
esposto a nord, inventava, ricomponeva aiutato dalla sua grande
memoria visiva, traeva ispirazione dalle cianfrusaglie che aveva
accumulato intorno a sé e che sapeva trasformare in oggetti di
rara bellezza…
Il padre era un tessitore di seta pregiata, ma svolgeva anche il
mestiere di mercante di quadri, lavoro che Johannes continuò a
fare, nel frattempo studiava pittura e iniziò come pittore di storia. Però nel periodo della sua maturità dedicò il suo interesse ai
soggetti “di genere”, e ad una pittura “intimistica” dove prevaleva la ricerca della prospettiva, aiutato in questo probabilmente
dall’uso della camera oscura. Le notizie su il suo apprendistato,
l’evolversi della sua pittura sono però prive di riscontri seri, trarre delle conclusioni sarebbe quindi azzardato.Tuttavia si ritiene
che nella pienezza della sua vita fosse molto conosciuto e apprezzato nella sua città, Delft. Malgrado ciò, in seguito cadde
nell’oblio finchè all’inizio dell’800 fu riscoperto entrando così
nella storia. Ebbe modo di studiare l’arte italiana, alcune sue figure sono ispirate a nudi del nostro Rinascimento, dato che non
aveva modelli dal vero; mancanza di denaro o una sua scelta personale? Come molti artisti italiani a lui coevi che facevano studi
sul colore e la luce, fino ad allora sottovalutati, dimostrando che
potevano acquisire fondamentali valenze, anche lui puntò il suo
interesse sulla luce, difatti fu la luce che permeava, che appariva
e nascondeva, che vibrava altalenante da un punto all’altro dei
suoi quadri, che faceva percepire preziosi materiali diversi, dalla seta a scintillanti damaschi, a vetri opalescenti, che divenne
il motivo focalizzante dei suoi quadri. Tutte le sue opere sono
pervase da significati misteriosi pronti ad essere percepiti. Ebbe
la straordinaria capacità di interpretare la luce del cielo azzurro
dell’Olanda, dopo che questa fu bonificata dalle paludi.
Nella sua grande capacità come prospettico, usò sempre il rigore, anche se usava spostare i punti di fuga secondo il suo arbitrio;
su qualche tela sono stati trovati dei segni fatti da uno spillo, che
servivano sicuramente a tracciare, con l’aiuto di una cordicella,
le linee prospettiche.
Nella mostra presente alle Scuderie Vermeer è affiancato dai
migliori esponenti della pittura olandese, in grado di illustrare il
mondo artistico a lui contemporaneo.
SOS Impresa:
SOS Usura è una trasmissione realizzata con il patrocinio
del Consiglio Regionale del Lazio
Intervista a Rocco Ruotolo
Testimone di giustizia contro gli usurai
P
roseguono i nostri incontri con Antonio Anile, dirigente
nazionale di SOS Impresa, associazione no profit dedita
al sostegno alle vittime dell’usura. Insieme a lui abbiamo
voluto portare una testimonianza estremamente forte
di un’esperienza di denuncia e lotta all’usura vissuta
dall’interno, raccontandovi la storia di chi ha trovato il coraggio non
solo di denunciare, ma di esporsi in prima linea nella lotta agli usurai, decidendo di tornare a vivere liberandosi dai suo aguzzini.
Protagonista dell’ultima puntata di Medialive Informa, trasmissione realizzata in collaborazione con Sos Impresa, è stata la storia di
Rocco Ruotolo ex imprenditore vittima dell’usura che ha avuto il coraggio di denunciare alle autorità la sua condizione e che oggi è un
testimone di giustizia, una persona che mette ogni giorno a rischio
la vita sua e dei suoi familiari per un ideale di giustizia, e che da due
anni collabora con lo staff di Sos Impresa per aiutare altre persone
che purtroppo affrontano la sua stessa esperienza.
A raccontare la storia di Rocco Ruotolo è un articolo uscito
qualche tempo fa sul Corriere del Veneto: “25 arresti; estorcevano denaro alle aziende. Sgominata organizzazione legata
al clan dei Casalesi, al cui vertice c’era Mario Crisci, conosciuto anche come il dottore”.
Ma come si collega questa notizia a Rocco Ruotolo?
Pur essendo meridionale vivevo in Veneto e avevo un’azienda nel
settore edile, l’attività andava bene, almeno fino a che non è iniziata
la crisi del 2008 e io ed altri imprenditori siamo finiti vittime dell’usura. Compravamo terreni e costruivamo strutture residenziali, e
quando il mercato ha iniziato a rallentare, a causa delle crescenti
difficoltà economiche generali io ed altri imprenditori abbiamo deciso di costituire una sorta di fondo comune. Eravamo molti, e fu
proprio uno di loro a fare da ponte con il Clan dei Casalesi, il cui fine
non era solo quello dell’estorsione ma quello di impossessarsi di tutte le aziende del territorio. A me avrebbero dovuto prestare 300mila
euro da restituire in tre mesi ad un tasso di interesse del 15%, in
realtà prestano meno soldi, a me ne hanno dati solo 50.000, ma
mi avevano fatto firmare assegni per l’intera cifra, più 7.500 euro
al mese di interessi. La verità è che ricevendo una cifra inferiore a
quella pattuita l’imprenditore si trova subito in difficoltà perché non
in grado di realizzare i suoi progetti. A quel punto ti dicono di non
preoccuparti, ti dicono che in caso le cose vadano male rileveranno
la tua attività che è il loro vero fine.
Per cui ad un certo punto mi sono ritrovato “incravattato”, mi minacciavano tutti i giorni, a me e alla mia famiglia. Ho capito quasi
subito questo gioco e ho avvertito la Dia, che insieme al Pm ha coordinato tutto. Purtoppo non è semplice fare giustizia perché cogliere
una persona in flagranza di reato non è sufficiente per dimostrare
la sua colpevolezza, per questo mi è stato chiesto di infiltrarmi. L’ho
fatto per 7-8 mesi e date le mie origini campane sono presto diventato un uomo di fiducia e sono stato inserito nel giro. Questo
ha significato fare delle cose non proprio legali, per questo è come
se fossi dovuto entrare nell’organico della Dia, perché per le leggi
Italiane altrimenti avrei potuto avere delle conseguenze legali anche io. I Casalesi mi usavano per tenere armi e documenti, sapevo
quando avevano bisogno delle pistole e avvertivo la polizia. Avevo
assegni di altri imprenditori, per cui la Dia sapeva perfettamente
quante erano le vittime ed è stato molto più semplice per loro fare
le indagini.
Quello che ho fatto è stato rischioso perché chiaramente se mi avessero scoperto mi avrebbero ucciso, come mi diceva il magistrato
Segui tutte le puntate di SOS IMPRESA su
per recitare bene la parte del criminale devi pensare come loro e
vi assicuro che non viene assolutamente spontaneo. Per pensare
come loro intendo che non dovevo reagire male se assistevo a scene
violente.
I camorristi sono ben integrati all’interno del tessuto sociale
o no?
Queste persone sembrano buone, migliori delle altre, ma poi ti rendi conto che sono spietati, picchiare una persona a sangue freddo
non è una cosa semplice. Al di là di questo, la mafia usa questi
sistemi per fare soldi, ma di fatto vogliono sembrare delle persone
normali, vogliono integrarsi nella società magari attraverso la politica, a me per esempio hanno proposto di diventare sindaco. Nel giro
di pochi anni avevano a strozzo un centinaio di imprenditori che
hanno fatto entrare nel circuito, persone apparentemente per bene
che in alcuni casi infiltrano nella politica. Credo che avessero attività
diffuse in diverse regioni d’Italia. Il fatto è che se un gruppo di una
ventina di persone nel giro di pochi anni è in grado di fare quello
che hanno fatto loro, nuclei affiliati ad altre organizzazioni possono
fare quello che vogliono.
Quali erano i loro contatti?
Erano collegati a banche, commercialisti, in alcuni Istituti di credito
la facevano da padroni, ed è per questo che molte persone cadono
in tentazione, perché i criminali hanno delle risorse che un imprenditore onesto non avrà mai per tutta la vita.
Per quanto tempo ha dovuto fare l’inflitrato?
Per sette otto mesi, devo dire la verità dopo un po’ non ce la facevo
più a vedere certe brutalità.
Quando è intervenuta la polizia sono passato sotto protezione, si
è a rischio perché chiaramente si vogliono vendicare. Da quel momento sono diventato testimone di giustizia e ancora oggi sono in
contatto con la Dia e con le forze dell’ordine per questioni di sicurezza personale. La scorta quando serve è a disposizione, ma cerco
di fare una vita il più normale possibile. Se tornassi indietro farei
certamente la stessa cosa, e consiglio anche agli altri di farlo, perché
se tutti denunciassero si
eliminerebbe
questo
genere di delinquenza.
L’anello debole sono le
istituzioni, dovrebbero
essere più serie, perché
evidentemente se c’è
tanta gente in una regione
industrializzata
come il Veneto è finita in
questa rete vuol dire che
qualche responsabilità è
dello Stato. Il problema
che ho vissuto io è stato
dovuto alla Camera di
Commercio di Padova
il cui unico supporto fu
mettere a disposizione
fiscalisti che non erano
in grado di affrontare il
problema.
Segui tutte le interviste al Dott. Massimiliano Lavini e alla Dott.ssa Gigliotti su
il cibo e la mente
Esiste una stretta e sottile relazione tra cibo e mente.
Oggi siamo portati a dare al
cibo un ruolo quasi primario
per cercare di tamponare gli
effetti dei disagi dovuti alla
nostra esistenza.
Su di esso perciò riversiamo i
nostri conflitti interiori, le nostre ansie e le nostre paure, le
nostre insicurezze, le difficoltà
relazionali e sociali e spesso la
nostra solitudine interiore.
Tutto questo per quel “bisogno”che ci caratterizza fin dalla
nascita e cioè donare e ricevere amore.
Diamo quindi al cibo il compito di riempire i nostri
vuoti, scegliendolo a volte simbolicamente e dando valenze persino ai sapori; a quelli piccanti e salati il compito di
“stuzzicare” le nostre giornate, ai dolci quello di mitigare e
“addolcire” le amarezze quotidiane.
Mangiamo ma non nutriamo né la nostra mente né il nostro corpo.
La soluzione è presto trovata: bisogna adottare uno stile di vita ideale nel quale l’alimentazione assume primaria
importanza. Scegliere quindi “cibi funzionali”, che oltre ad
avere un adeguato contenuto nutrizionale portano ad un
miglioramento dello stato di salute, ed a una riduzione
del rischio di malattia, riducendo pertanto l’assunzione di
“cibo spazzatura”cioè degli alimenti ultra-raffinati, talvolta
inutilmente arricchiti di grassi idrogenati, zucchero e sale
e con un contenuto calorico elevato in relazione al valore
nutrizionale che può risultare sbilanciato.
Cambiare lo stile di vita nutrizionale non significa privarsi del cibo e fare la fame, ma decidere di percorrere un
sentiero che nella sua immensa semplicità ci regala solo
benefici che saranno evidenti su più fronti:
• tono psico-fisico
• peso ideale
• benessere
Tutto ciò è possibile con il METODO 3 EMME.
Durante il percorso 3 EMME si cerca la DISINTOSSICAZIONE dell’organismo attivando i processi di scarico
delle tossine attraverso la depurazione e il drenaggio.
Il nostro organismo ha infatti una notevole capacità di eliminazione ma non si è mai evoluto biologicamente per distruggere quei metalli tossici e inquinanti che sono fonte di
produzione di radicali liberi, veri e propri squali molecolari
capaci di innescare processi degenerativi a carico di qualsiasi apparato del nostro organismo.
Perdere peso non sempre è sinonimo di giusta via se a
scendere è la nostra struttura muscolare.
Questo è quello che accade affidandoci alle diete “fai
da te” caratterizzate da squilibri nutrizionali che si ren10
eur torrino news
dono responsabili di gravi deficit al nostro organismo.
Basti pensare alla riduzione delle proteine esogene (alimentari), voluta soltanto da un computo calorico, che
determina un vero e proprio “saccheggio” della componente proteica della nostra massa magra, vero e proprio
“cannibalismo”autoindotto dall’organismo per garantire la
funzionalità degli organi/apparati.
Il dimagrimento è la premessa - promessa mantenuta dal
METODO 3 EMME: Mantenimento Massa Magra, cioè la perdita del grasso in eccesso, consolidando e
tonificando la massa muscolare.
Il metodo 3 EMME è uno stile di vita, non solo alimentare,
che si propone di ottenere un’ azione profonda di disintossicazione, in modo da permettere all’intero organismo
di riordinare e ripristinare tutti i meccanismi sottoposti ai
molteplici stress della vita quotidiana.
Secondo l’ILSI (International Life Science Institute)«il cibo
cura, riequilibra, sostiene, rafforza, depura, se scelto e
combinato nel modo giusto»!... ciò significa che il nostro
benessere psico-fisico è strettamente correlato alla qualità/
quantità di questo importante “carburante” che è il cibo.
Non dimentichiamo infatti che il cibo che ingeriamo determina la nostra composizione biochimica, anche e soprattutto a livello centrale; da ciò ne risulta che uno squilibrio
del rapporto qualità/quantità si rende responsabile di una
serie di conseguenze a noi
poco gradite ma ben conosciute: spossatezza fisica,
diminuzione delle prestazioni cognitive, tensione,
ansia, malumore, nervosismo, apatia, suscettibilità,
cattiva qualità del sonno.
Il METODO 3 M è adatto
a giovani, anziani ed anche
a bambini obesi oltre gli 8
anni nonché a persone con
patologie metaboliche.
Preme ricordare che è sopratutto un percorso
di prevenzione e di
ricerca del benessere, al termine del quale si
farà proprio un nuovo stile
di vita.
Non ci rimane quindi che
imparare a mangiare bene
per diventare così più forti sia nel corpo che nello
spirito!
Dott.ssa Vincenza Gigliotti
Farmacista specializzata
in Fitoterapia
Klee e l’Italia
Galleria Nazionale d’Arte Moderna: 9 ottobre 2012 - 27 gennaio 2013
] di Rossana Bartolozzi [
Nella mostra sono presenti circa 100 opere che documentano
il rapporto che Klee ebbe con l’Italia ove si recò 6 volte, nella
tradizione e nello spirito del Grand Tour, collaudata da altri
celebri personaggi come Goethe e Burckard. L’Italia fu il vero
spirito inspiratore del suo percorso artistico, visitò varie città
che gli suggerirono studi, paesaggi,che operarono profonde
metamorfosi nel suo stile. Dal Futurismo, dal cui incontro avvenuto negli anni ’10 scaturì la dinamicità delle forme, si avvia
tutta la produzione futura, finché una malattia debilitante lo
condusse alla morte. Nei suoi viaggi in Italia, e dai ricordi classici, ebbe un cospicuo nutrimento che lo fece approdare ad un
linguaggio sempre a metà tra il realismo e l’astratto. Mantenne
sempre in vita questo legame ombelicale con l’Italia che tanto
aveva contribuito alla sua formazione e di cui, negli ultimi anni
aveva sempre patito un sentimento di nostalgia. Ma anche l’Italia lo ha conosciuto e riconosciuto se altri artisti come Licini,
Novelli ed altri presenti in mostra, hanno affiancato il suo operato. Le acquaforti del suo primo periodo, di rara fattura, sono una
contaminazione con il grottesco e l’assurdo ma documentano
come nella sua prima ricerca egli fosse un figurativo esasperato.
Klee, metà svizzero e metà tedesco, nel suo percorso artistico
si è interessato anche ad altri episodi artistici, come il Pointillisme. Nel 1920 viene chiamato da Walter Gropius al Bauhaus di
Weimar, dove insegna teoria della forma, ma lascerà l’insegnamento nel 1930 perché l’indirizzo a cui ormai si era indirizzata
la scuola, era di natura troppo industrializzata e quindi lontana
dalle sue ideologie. Tra l’altro Hitler la fece chiudere perché
accusata di essere un covo di bolscevichi.
Egli in tutta la sua vita non aspirò mai a tradurre l’arte come
semplice rappresentazione della realtà, difatti diceva “L’arte
non riproduce il visibile ma lo rende visibile”.
Come Kandinskij, ebbe sempre una grande passione per la musica ma mentre il primo divenne un artista astratto, lui con la
realtà ebbe sempre un filo invisibile che a lei lo univa, sempre
coltivando la musica; era figlio di un insegnante di musica tedesco e di una musicista di origine svizzera.
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12
eur torrino news
La storia della sartoria italiana:
intervista ad uno dei più illustri esponenti del settore
] di Irene Giarracca [
N
apolitano non è solo il cognome di uno degli uomini
più in vista sulla scena politica italiana, ma anche quello di uno dei più grandi artigiani del mondo.
Mario Napolitano, attuale Presidente della Federazione Mondiale dei Maestri Sarti, si accosta all’artigianato
alla tenera età di 8 anni grazie all’appoggio dello zio paterno che lo
introduce ai segreti del mestiere. All’età di 15 anni, a seguito dell’emigrazione dello zio, il giovane sarto decide di partire alla volta della
Capitale. Pur sprovvisto dell’appoggio familiare insegue il suo sogno
e ancora una volta con il sostegno dello zio viene accolto in un laboratorio artigianale romano.
Lungo sarà il suo apprendistato e molteplici le boutique per le quali
presterà la sua opera, fino al 1960, quando aprirà il primo atelier; ancora oggi situato nel cuore dell’Eur.
Nel 1993 riceve la nomina di Vicepresidente dell’Accademia Nazionale dei Sartori, e nel 1997 ne diventa Presidente, nonché membro del
direttivo della Federazione Mondiale dei Maestri Sarti.
Viene chiesto il suo coinvolgimento per portare in tour la collezione
dell’Accademia italiana che arriverà prima in Spagna, poi in Svizzera
e infine a Parigi. La sua determinazione e professionalità saranno riconosciute con la nomina alla Presidenza della Federazione Mondiale
dei Maestri Sarti nel 2003.
La sartoria italiana è famosa in tutto il mondo, ovunque se ne riconosce e apprezza lo stile, anche se purtroppo nel corso degli ultimi
decenni il mercato ha privilegiato altri ambiti lasciando indietro uno
dei più importanti settori del Made in Italy. L’arte sartoria è parte del
nostro patrimonio storico, di questo è ben consapevole l’Accademia,
che negli ultimi anni si è prodigata per il sostegno alle nuove generazioni. In proposito ha dichiarato il Presidente: “i giovani aspiranti
talvolta perdono di vista il necessario percorso da intraprendere per
diventare veri professionisti; quello che più conta è la pratica in laboratorio, non si può essere grandi stilisti senza l’ausilio di artigiani
preparati e professionali”.
Nel corso del secolo l’emigrazione ha portato con sé anche l’arte
sartoria italiana, consentendo al mondo di apprezzarne lo stile e la
raffinatezza, ed è anche grazie a questi artigiani che il nostro Paese
può vantare ancora oggi un primato nel settore, come conferma anche
Mario Napolitano: “Nel 2002 in occasione di una mostra organizzata
in collaborazione con il Governo cinese e la Camera di Commercio di
Roma sono stato invitato insieme ad una delegazione di sarti italiani e
di orafi romani a presenziare ad un concorso organizzato per l’emersione di giovani talenti cinesi – dichiara – durante l’esposizione mi ac-
14
eur torrino news
costo al lavoro di un
ragazzo, ne rimango sbalordito vista
la bravura, chiedo
informazioni circa
il suo percorso formativo e mi dicono
che ha lavorato per
4 anni in un laboratorio australiano
gestito da un sarto
italiano”.
L’Italia è la patria
del­la sartoria, un’arte che ha origini lontane, l’Ac­cademia
dei Sartori venne
infatti fondata nel
1575 per volontà di
Papa Gregorio XIII
con la denominazione di Università dei Sartori; aveva sede nell’attuale
Via della Consolazione nei pressi della Chiesa di S. Omobono, che
alcuni anni dopo sarà assegnata alla Corporazione. Sebbene l’attività
dell’Università non conobbe battute d’arresto, la corporazione venne
sciolta nel 1801 da Papa Gregorio VII con la soppressione di tutte le
corporazioni.
Nel 1938 però la Chiesa venne restituita ai mastri artigiani, che grazie
all’intervento del Comune di Roma nel 1940 videro restaurata la loro
sede storica. Tornerà alle sue antiche funzioni poco più tardi: nel 1947
Amilcare Minnucci, mastro sarto, si adoperò per riportare in vita l’antica Università, che oggi ha sede in Via Rasella.
Mario Napolitano, insieme all’Accademia Nazionale dei Sartori, lavora per promuovere i giovani talenti, per rinnovare un’arte centenaria
espressione della cultura e dell’eccellenza italiana.
Proprio per questo l’Accademia organizza annualmente il concorso
Forbici D’oro ormai giunto alla sua 60° edizione. La struttura offre
ai giovani talenti, che abbiano massimo 35 anni d’età, la possibilità di
accedere ad un corso di formazione. La scuola di taglio, pensata per
arricchire la professionalità dei giovani sarti italiani, consente loro di
continuare a collaborare contemporaneamente con i rispettivi laboratori di provenienza, perché come ricordato dallo stesso Napolitano
ciò che più conta è la pratica.
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“C
’era una volta l’agenda” o forse sarebbe più giusto dire
“c’era una volta il tablet”. Così potrebbe iniziare la
nostra storia. Scrivere a mano è un atto antichissimo, e se qualcuno pensava che la tecnologia lo avrebbe potuto soppiantare
con i suoi memo vocali, touchscreen e tastiere ultrasensibili
si sbagliava di grosso: carta e penna sopravviveranno persino
alla plastica. Scrivere, annotare, disegnare, scarabocchiare...
sono azioni che nascono dal profondo, che rispecchiano le
nostre pulsioni più vere, non potranno mai estinguersi, semmai
convivere con altri sistemi. Scrivere è come bere, chi ci rinuncerebbe? Oggi, per essere “in”, l’importante è che la penna nel
taschino non manchi mai, né tantomeno l’agenda sulla scrivania
o in borsa.
Qui in Italia il fatto non ci sorprende più di tanto. Popolo di
artisti e scrittori, non abbiamo mai rinunciato a esercitare la
nostra manualità, a partire dalla scuola, dove, meno male,
registriamo ancora oggi un certo ritardo nell’uso della scrittura
digitale a favore del tradizionale quaderno a righe o a quadretti.
A scrivere su carta è ancora la stragrande maggioranza delle
persone. I prodotti di cancelleria, che all’estero registrano un
vero e proprio revival, qui da noi, non hanno mai rischiato di
tramontare. Ci piace esprimere la nostra personalità sulle pagine rigorosamente di carta della nostra agenda.
L’agenda non va accesa, basta aprirla, prendere appunti è un
attimo, consultarla è una frazione di secondo, non sarà necessario leggere, basterà un colpo d’occhio ai segni che vi abbiamo
lasciato. C’è chi delle sue agende ne fa addirittura una collezione: in fila, nella libreria, testimoniano mesi e anni di lavoro,
registrando idee, sbalzi d’umore, mescolando vita lavorativa
e impegni privati. Quando si riguardano le vecchie agende è
come guardare un album di fotografie: sono piene di ricordi
mischiati a cronaca quotidiana. Da noi potrai trovare un vasto
assortimento di agende: Quo Vadis, Fulltime, Moleskine e tante
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annotare i segni della tua vita giorno per giorno. Venite a trovarci presso il nostro punto vendita di Via della Grande Muraglia, sapremo consigliarvi al meglio con la consueta competenza
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Guttuso 1912-2012
Complesso del Vittoriano: 12 ottobre 2012 - 10 febbraio 2013
] di Rossana Bartolozzi [
In occasione del centenario della nascita di Guttuso, Roma, nella quale visse per oltre cinquant’anni, lo ricorda con una monumentale mostra in cui sono presenti due tra i suoi più famosi
quadri, La Vucciria, conosciuta in tutto il mondo, dalla inconsueta e provocatoria prospettiva verticale, e il Funerale di Togliatti, opera ardita e imponente.
Il curatore della mostra è il figlioccio, Fabio Carapezza, presidente degli archivi Guttuso ed è un documento di tutto l’arco
operativo del pittore, che si mantenne sempre fedele ad un realismo, a volte esasperato, a volte provocatorio, mai banale.
Quando si trasferisce definitivamente a Roma nel 1957, abita a
Palazzo del Grillo, sede essenziale per ritrovo di amici e intellettuali, dove, come rievoca il figlioccio Fabio Carapezza, veniva
sempre servito un whiske, ma gli amici che non lo gradivano
potevano aggiungere acqua minerale.
Non sempre ebbe vita facile in un periodo dove imperava il fascismo, la sua militanza nel comunismo lo rendeva inviso. Nella
mostra è presente la monumentale Crocifissione che fu condannata senza appello, dai fascisti a motivo del drappo rosso sul
dorso del cavallo, per loro allusivo delle sue partigianerie e peggio ancora dai pugni chiusi del Cristo, e dal clero, che letteralmente inorridì, sia per la Maddalena nuda, e per le tre croci viste
da dietro, apologia dell’anti conformismo. Addirittura quando
il quadro fu presentato ne 1942 Bergamo, fu emanata da parte
della chiesa la famosa interdizione a tutti i parroci a visitare la
mostra, pena la sospensione “divinis ipso facto incurrenda” ma
Guttuso si giustificò dicendo che aveva semplicemte inteso creare un’opera “atemporale”.
Guttuso fu spesso un protagonista scomodo del suo tempo, sia
quando si mise contro il regime e sia nel sostenere le sue idee
sulla funzione dell’arte nella società.
Le diverse tappe della sua vicenda artistica sono ampiamente
documentate nella mostra da dipinti, bozzetti scenici, figurini,
nature morte, corpose e carnali come la sua spesso dolente umanità, o come le donne che tanto dipinse. Le opere che sono state
selezionate per la mostra provengono tutte da importanti collezioni pubbliche e private, insieme ad alcuni dipinti che facevano
parte della sua collezione privata.
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Q
ual è la situazione del mercato immobiliare a Roma e nel Lazio? Il settore
edilizio ha risentito dell’andamento
economico negativo? Di questo e altro abbiamo parlato con il Professor Giuseppe Barile.
Nel 1990 il Professor Barile decide di abbandonare l’attività di insegnante e di dedicarsi
ad un progetto totalmente nuovo, insieme alla
moglie apre la Progedil 90 S.r.l.
La società in questi anni si è grandemente
sviluppata riuscendo a superare le diverse ondate critiche attraversate dal nostro paese ed
oggi è un gruppo che conta uno staff di circa
100 persone tra dipendenti e collaboratori.
Il segreto della società è nell’essere sempre
a disposizione del cliente e dare soluzione
a tutte le problematiche che presenta: “in
questo modo siamo rimasti sempre al passo
con i mutamenti del mercato” afferma il Prof.
Barile “per esempio durante la crisi del ’95
fummo fra i primi a proporre acquisti utilizzando le stesse modalità dell’affitto. Inizialmente ci diedero dei folli, ma poi l’idea risultò
vincente”. Oggi l’azienda, sebbene inserita
nel settore immobiliare, si potrebbe definire
una multi servizi; infatti non si occupa solo
della vendita dell’appartamento, ma grazie
alla collaborazione di partners commerciali
che hanno concluso accordi vantaggiosi con
i migliori istituti di credito, è in grado di offrire all’acquirente mutui a condizioni molto
convenienti; e questo vale anche per la stipula dell’atto notarile. Vende inoltre appartamenti già ammobiliati, che saranno arredati
dal compratore grazie all’ausilio di architetti
di interior design. Il tutto, precisa il titolare,
incluso nel prezzo. “Una delle nostre società
si occupa prevalentemente di attività immobiliare e questo ci permette di poter offrire,
qualora ce ne venga fatta richiesta, la vendita
dell’immobile precedente detenuto”, Con
l’occasione abbiamo inoltre chiesto al Professor Barile di darci un’opinione in merito
all’andamento del mercato immobiliare, che
a suo avviso ha risentito in una percentuale
minima della crisi economica attualmente in
corso: gli aspetti negativi della crisi sono già
stati abbondantemente superati. Alcuni mutamenti però in questi ultimi anni sono stati
registrati ed hanno influenzato anche i principali attori del mercato; la composizione dei
nuclei familiari è indubbiamente cambiata,
la maggioranza sono formati massimo da tre
persone, mentre è molto più diffuso che in
passato il divorzio, per cui numerose sono le
domande per appartamenti di piccole metrature. Il fenomeno ha pertanto condizionato
anche le scelte delle società di costruzione
edilizia, più orientate verso questo genere di
esigenze. È cambiato anche il rapporto con
gli istituti di credito che nell’ultimo periodo
non sono stati più disposti a concedere mutui fino all’80%, erogando al massimo il 60%
del valore totale dell’immobile. In proposito
il Professor Barile è intervenuto sfatando le
voci riguardo alla diffusa insolvenza degli
acquirenti: “Le persone sono disposte a fare
anche le più grandi rinunce pur di pagare le
rate mensili agli Istituti Bancari”.
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eur torrino news
intervista al
Cav. Giuseppe
Barile
] a cura di Irene Giarracca [
news da www.ilPeriodico.it
Il cervelletto e l’apprendimento
Secondo uno studio realizzato da un
gruppo di ricercatori dell’I.R.C.C.S.
Fondazione Santa Lucia, la nostra predisposizione verso l’esterno dipenderebbe dalle dimensioni del cervelletto, parte
che fino ad oggi si pensava influenzasse
unicamente l’equilibrio e la coordinazione. Secondo i ricercatori della Fondazione Santa Lucia di Roma se un individuo è
più curioso di un’altro dipenderebbe da
questo. A seguito di una serie di indagini infatti i ricercatori hanno notato che le
persone più timide e chiuse hanno sviluppato molto meno degli altri quest’area.
Ma è nato prima l’uovo o la gallina? Secondo gli esperti infatti tanto più si è curiosi, si studia e si impara tanto più il cer-
velletto è grande, tanto più si è timidi e
introversi tanto meno si esercita quest’organo.
Fonte: NationalGeographic.com
C’è vita nello spazio?
Arrivano buone notizie…
Lo ha annunciato Astronomy and Astrophysics, sembrerebbe che contrariamente alle valutazioni iniziali alcuni dei pianeti
che orbitano attorno a HD40307 abbiano
le caratteristiche necessarie all’abitabilità.
Sebbene la stella attorno alla quale ruotano sia più piccola e fredda del sole almeno
tre dei corpi celesti orbitanti nel suo sistema ospitano acqua allo stato liquido. Non
vogliamo però tirare conclusioni affrettate e anche se i tre pianeti dovessero dimostrarsi inospitali è bene sapere che la lista
è lunga, sono infatti 800 i pianeti che po-
trebbero avere le condizioni ottimali per lo sviluppo
della vita.
Fonte: Blitzquotidiano.it
Anche i neonati hanno un accento
Secondo il Professor Karthleen Wermke del Centro per lo sviluppo prevocale
dell’Università di Wurzburg in Germania
durante la gestazione il feto che sente tutti i suoni esterni ne viene influenzato, talmente tanto che i suoi vagiti avrebbero uno specifico accento. Secondo gli studiosi
infatti i vagiti di un neonato imiterebbero la cadenza della lingua parlata intorno
a lui. Così ad esempio il pianto dei bambini francesi tenderebbe a finire con una nota ascendente. Tutto ciò, secondo il
professor Wermke, dimostrerebbe che il
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processo di apprendimento comincia già
nella fase fetale
Fonte: NationalGeographic.com
Osteria del Malpasso: Una storia lunga un secolo
N
el XII Municipio, in via Romeo Collalti 169 nella zona
di Spinaceto, dal 1910 c’è l’Osteria del Malpasso. Una
storia che inizia anche prima di questa data ma difficile
da ricostruire. Dal 1990 Armando Branciani, il fondatore, ha ceduto l’attività ai nipoti e alle loro figlie, Alessandra ed Emilia.
Alessandra, cosa ricorda della storia dell’Osteria Malpasso?
Ho dei ricordi veramente molto belli perché questo posto era dello
zio di mio padre. Io venivo qui a giocare, i miei sono i ricordi di una
bambina che veniva a trovare lo zio e mangiava cucina buonissima.
Ricordi d’infanzia.
Chi veniva presso quest’osteria?
Ascoltavo sempre i racconti di mio zio: ci parlava della Principessa
Iolanda e di Federico Fellini, che ha conosciuto anche mia madre. Infatti lei, dall’età di 18 anni, è venuta a lavorare qui ed ha conosciuto il
“Grande Maestro”, mi raccontava che era solito chiedere un’insalatiera con la frutta, e tanti altri piccoli aneddoti che sicuramente meglio di
me può raccontare mio zio Armando.
Che tipo di clientela caratterizza l’osteria?
Una clientela molto particolare, artisti, politici, imprenditori, liberi
professionisti, famiglie. Insomma una clientela selezionata ma non per
nostra scelta. Noi accettiamo tutti!
Parliamo di Lei, visto che la Sua attività è un’altra…
Sì, in realtà sono un soprano, una cantante lirica. È una passione che
coltivo da quando avevo 3 anni. Ho iniziato a cantare nei cori parrocchiali fino a 18 anni poi ho iniziato a studiare canto e pianoforte privatamente. Ho coltivato questa passione che mi accompagna tutt’ora.
Ho cantato in grandi teatri, ad esempio quello di Taormina e ho avuto
una piccola parte nel Teatro dell’Opera di Roma diretta dal Maestro
Placido Domingo, una persona che desideravo conoscere da una vita.
Studio tutt’ora e la mia vera professione è questa, anche se non mi
sento di abbandonare l’Osteria, e di far venire meno l’aiuto ai miei
genitori. Avrei anche intenzione di organizzare, presso i locali dell’Osteria del Malpasso, delle serate di musica classica e jazz.
Mia madre è la cuoca, mio padre si occupa di fare la spesa, perché il
locale è come una grande casa. Io e mia sorella ci occupiamo delle relazioni in sala. Resta il fatto che non ho abbandonato la mia professione.
In pochi ascoltano la musica classica e forse non si è ancora “aperti”
per andare oltre quello che ci viene proposto dai media.
Emilia, anche a Lei chiediamo: cosa ricorda di questo luogo?
La prima volta che sono venuta qui ero una neonata. Venivo con mia
madre a trovare gli zii. Infatti abitavamo nei pressi. Una parte della mia
infanzia l’ho trascorsa qui. Se c’era da lavorare si lavorava altrimenti si
stava insieme a giocare con gli altri bambini. Successivamente le cose
sono cambiate se non altro perché ci siamo trasferiti da Roma per poi
tornare nuovamente. Io ho iniziato a studiare all’università e, successivamente, a lavorare. Mio padre, proprio quando mi sono laureata,
ha rilevato l’Osteria dagli zii, facendomi lavorare inizialmente qui. Io
naturalmente ho proseguito il mio percorso di studi facendo essenzialmente due lavori: aiutavo i miei genitori con il locale e svolgevo l’attività per cui ho studiato. Sono un’insegnante di francese ma nel tempo
libero sono terapeuta: mi occupo di yoga e naturopatia.
Cosa l’ha spinta ad avvicinarsi a queste discipline?
Inizialmente un interesse puramente culturale. La mia formazione universitaria è di tipo umanistico e da sempre ho effettuato ricerche di
natura comparata. Quindi sono abituata a mettere in comparazione
elementi che all’apparenza sono molto diversi tra loro. In più i miei genitori hanno sempre curato me e mia sorella con l’omeopatia. Questo
ha fatto sì che ci avvicinassimo a un determinato discorso salutistico.
Successivamente ho frequentato una scuola per naturopati, in cui ho
studiato filosofia indiana. È durato 3 anni, e sono stati anche molto
duri. Sono stata in India dove ho sostenuto molti esami.
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Le castagne
Il caldarrostaio, con il suo carico di sapori che si frappone
all’incedere veloce degli stili metropolitani, non è una figura
retorica che appartiene al passato, ma un vago ammonimento
contro le tentazioni del pensiero globalizzato. Le castagne, una
volta pane dei poveri, sono ancora qua, a ricordarci un legame
con la terra madre che nei primi rigori del freddo autunnale si
veste del corpo di questo frutto marrone. Gli abitanti più anziani
del Lazio, ricordano ancora di quando la merenda, per la scuola,
era fatta solo di caldarroste. I monti Cimini con Valleranno, Canapina, Ronciglione, Soriano nel Cimino, Vetralla, Caprarola e Viterbo
hanno elevato monumenti di storia alla castagna e ancora riescono a
trarne lavoro e occupazione. Il marrone dei monti Cimini è considerato tra i migliori d’Italia per la sua pezzatura cospicua e la caratteristica di essere coltivato su terreni vulcanici, ricchi di sali minerali.
Non sono da meno i paesi dei monti Lepini e Predestini e in quelli
della Tolfa che profumano di aromi delle castagne, cucinate e
preparate in tutte le salse nei periodi duri delle migrazioni. Una
particolare citazione meritano i marroni di Segni e di Arcinazzo
Romano. Molto apprezzato dai francesi è soprattutto il marrone
di Cave, da anni esportato Oltralpe per formare i marron glaces. Anche nei Castelli romani il frutto è a capotavola nella
ricca tradizione gastronomica, non fosse altro per la diffusione, nel teritorio di boschi cedui. Le castagne e i marroni
del Lazio con il mantello lucido e la pelle secca, sono
regine e imperatori d’autunno, capaci di riprodurre gli
aspetti migliori della tradizione popolare. Nella nostra
regione questi frutti si consumano arrosto, bolliti e
disseccati, mentre con la farina si preparano dolci
gustosi come il castagnaccio. Diamo quindi il
benvenuto all’autunno, che ci porta non solo
nubi e vento, ma anche la possibilità di
godere nel calduccio delle nostre case
un frutto così buono e ricco di
valori nutrizionali.
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Dente del giudizio
quando deve essere estratto?
a cura del Dott. Fabrizio Ferrazza
Spesso nella nostra pratica quotidiana ci imbattiamo in problematiche derivanti dal posizionamento
dei denti del giudizio, sia quando sono normalmente erotti sia quando la loro eruzione è parziale
o quando sono inclusi totalmente nell’osso. Nella
gestione di questa problematica non esiste una
strada univoca ma è fondamentale una valutazione sia della sintomatologia che può dare un errato
posizionamento del dente, sia da eventuali terapie
ortodontiche che debbano essere intraprese la cui
gestione è affidata in equipe con il collega ortodontista.
Quando dunque estrarre il dente? Indicazione all’
estrazione è sicuramente la pericoronite frequente ossia l’infiammazione della mucosa intorno al
dente del giudizio che provoca arrossamento della
gengiva, gonfiore e conseguente dolore. Questo
avviene soprattutto quando il dente è erotto solo in
maniera parziale e la restante mucosa che copre la
corona tende ad infiammarsi per l’inevitabile locus
favorevole ad una azione batterica aggressiva.
Altra indicazione può derivare da una inclusione
totale o parziale che abbia danneggiato o essere
potenzialmente dannosa per il dente adiacente.
Infine può essere necessario estrarre un dente del
giudizio se può causare interferenza o potenziale
recidiva in una terapia ortodontica particolarmente
complessa e la cui valutazione prescinde assolutamente da un consulto con il collega ortodontista
che dovrà valutare se la presenza dell’elemento
possa provocare difficoltà al raggiungimento degli
obiettivi prefissati.
Spesso si nota una certa disinvoltura nel voler estrarre i terzi molari o denti del giudizio che a mio avviso
andrebbe riconsiderata e contestualizzata in un
ambito di stretta necessità in quanto ritengo questo
intervento decisamente più invasivo per il paziente
rispetto anche all’ inserimento di uno o più impianti
nella gestione del post operatorio sia da un punto
di vista del dolore che dello smaltimento del gonfiore e della completa restitutio ad integrum. Questo perché molto spesso gli interventi comportano
osteotomie di una certa importanza per esporre
e successivamente estrarre il dente. Tutto questo
riguarda molto spesso se non esclusivamente i denti
dell’arcata inferiore mentre per i denti del mascellare sebbene la valutazione alla loro estrazione deve
essere comunque la stessa, qualora fosse necessario procedere non presentano particolare problematica se erotti in arcata, mentre è raro estrarre
denti in inclusione ossea totale.
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1 - Ortopanoramica dove si evince l’indicazione all’estrazione del
dente del giudizio che sta cariando l’elemento adiacente
2 - Particolare dell’opt
3 - Dente del giudizio inclinato e semi incluso
Segui tutte le interviste al Dott. Ferrazza su
Ricette romane
La coda alla vaccinara
La cucina romana è composta da alimenti poveri ma gustosi,
dedita alla necessità e all’abitudine di utilizzare al meglio i prodotti dell’allevamento e dell’agricoltura. E proprio a Roma si è
sviluppata la cultura del “quinto quarto”, cioè delle parti meno
pregiate del manzo, di cui fanno parte: la trippa, la pajata, il
cuore, la milza, tutte le frattaglie, e la coda. E la ricetta della
coda alla vaccinara deriva
dal nome dei lavoratori del mattatoio, chiamati i vaccinari, che
a fine giornata ricevevano come paga i tagli meno pregiati della carne, dovendo così industriarsi per renderla gustosa. Oggi la
coda è considerata la “regina del quinto quarto, ovvero di quel
che rimane della bestia vaccina a seguito della vendita delle parti
migliori. È un piatto che è stato rivalutato, dopo essere stato considerato negli anni, l’emblema di una particolare romanità greve
e caciarona. Ora campeggia nelle trattorie tradizionali come una
ghiottoneria, non sempre reperibile. Questo a causa della complessità che presenta il trattare la coda, che prima deve essere
spurgata, tagliata in tronchetti, messa a bagno in acqua fredda e
successivamente bollita. Esistono comunque due versioni principali della preparazione, che si differenziano nella parte finale,
dove in una viene preparata una salsa a base di cioccolato fondente, pinoli e uva passa, mentre nell’altra no. Tuttavia è difficile
stabilire quale sia la ricetta originale, perché ambedue convivono
da vari decenni nei ristoranti da molti decenni.
L prima versione è quella indicata da Ada Boni nel suo libro
“la cucina romana” edito nel 1929, dove trattandosi di cucina
casalinga, indica una preparazione dal doppio uso: prepara con
la stessa carne un primo piatto con il brodo ottenuto lessando
la coda, poi un secondo di carne costituito dalla coda alla vaccinara. L’altra versione è un piatto più ricco, al quale è stata
dedicata anche una poesia da Cesare Simmi, proprietario del
ristorante “la Cisterna” a partire dal 1928. Si prende una coda
di bue e la si lava sotto l’acqua corrente per togliere le tracce
di sangue. Si taglia a tocchi e la si mette a rosolare con un trito
di lardo (o guanciale) e olio. Appena rosolata si aggiunge una
cipolla tritata con due spicchi d’aglio, dei chiodi di garofano,
sale e pepe. Si fa evaporare l’acqua buttata dalla coda, si sfuma
con del vino bianco secco e si fa cuocere per un quarto d’ora
coperta. Quindi si aggiunge un Kg di pomodori pelati a pezzi.
Si lascia cuocere per circa un’ora, poi si allunga la salsa con
dell’acqua calda fino a coprire la coda.
Ingredienti: 1 kg di coda di bue a tronchetti;
1 carota; 2 cipolle; 1 mazzetto di erbe aromatiche; 50 gr di guanciale; 1 spicchio d’aglio; 1
bicchiere di vino bianco; 1 Kg di pomodori pelati; 4 cuori di sedano; olio sale e pepe.
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] a cura di M.G. Ardito [
Ingredienti: uova, pecorino romano, olio, sale
e pepe, guanciale.
Tagliare il guanciale a dadini, metterlo in un tegame con l’olio e farlo friggere finchè il grasso
sia divenuto leggermente croccante, quindi togliere da fuoco. Sbattere le uova unite al pepe
macinato e al pecorino. Scolare la pasta e versarla nella ciotola, farla amalgamare. All’occorrenza aggiungere ancora pecorino.
La pasta alla carbonara
I piatti tipici della Capitale sono per lo più di origine popolare, ma con il tempo si sono diffusi in tutte le classi sociali,
forse come conseguenza della storia del papato con cui per
molti secoli si è identificata quella della città. Infatti dopo i fasti del Rinascimento, la Chiesa si è dovuta confrontare con la
Riforma di Lutero che predicava rigore e ritorno alla dottrina
dei sacri testi. Da quel momento il Regno Pontificio inaugurò
un periodo più sobrio tra la nobiltà romana, che investì ogni
campo dell’arte e della cultura, compresa quella culinaria. Per
questo i piatti popolari si diffusero in ogni ambiente e crebbe
la proposta soprattutto nelle osterie e nelle bettole, locali caratteristici molto frequentati perché nei romani era molto radicata
la tradizione di “banchettare”, usanza conservatasi ancora oggi,
esprimendosi nell’andare a mangiare fuori casa. “A Roma si
mangia bene dappertutto” si diceva una volta e con ragione, e
non solo per la qualità del cibo ma anche la simpatia, l’allegria
e la grande convivialità che costruiscono attorno al “pasto” una
sorta di teatro popolare che porta al piacere di godere dell’attimo fuggente. E quella romana non è una tradizione culinaria
troppo fantasiosa, ma certo è ricca di carattere, e fondamentalmente uguale a se stessa e fedele nei secoli. Nel ricco elenco
di pietanze tradizionali la pasta la fa da regina, pensiamo “all’
amatriciana”, alla “cacio e pepe”o anche solo alla “ajo e ojo”
usata persino alla fine di un pasto. La vera protagonista resta
comunque sempre “la carbonara” di cui si tramanda la tradizione come piatto tipico dei carbonari, per la facilità a reperire gli ingredienti. È un piatto rustico, caratteristico di Roma,
molto nutriente e dal gusto intenso, in cui è “prescritto” usare
gli spaghetti. Sarebbe l’evoluzione del pasto “cacio e ova”che i
carbonari usavano portare nei loro tascapane, preparati anche
il giorno prima. Nelle trattorie tipiche è molto gettonata, sia per
i romani che per i turisti che scoprono ogni volta come la città
eterna offra altre meraviglie, oltre quelle storico-archeologiche.
Il Valore Del Sorriso
Il sorriso illumina il volto e
trasmette emozioni. Il sorriso
ha il volto di mamma per il
bambino: il sorriso che vale
molto e costa poco.
Il sorriso ha tante età, quello
del neonato senza denti, quello del bambino con le
‘finestrelle’ e quello dell’adolescente che vuole un
sorriso perfetto e
soffre per quel dente
non proprio allineato.
Sono faccette in ceramica
che ridonano la luce al volto
ed il desiderio di sorridere e
sentirsi più sicuri di sé senza
dover mettere le mani davanti al viso o fare sorrisetti che
mandano improbabili messaggi subliminali.
Il volto si riaccende, il desiderio di truccarsi e di trovare
un nuovo sex-appeal: è la magia del sorriso.
C’è una fase d’eclissi
tra i trenta e i quaranta anni per poi
tornare a specchiarsi
e vedere i segni del tempo sui propri denti, l’usura e il
colore sbiadito come una vecchia foto e il desiderio
di riappropriarsi della propria immagine e riguadagnare il sorriso perduto.
È bello sapere che esiste
l’odontoiatria estetica che
può, dopo uno studio del
volto, eseguire il progetto
di un nuovo sorriso (smile
design), pronto effetto,
senza anestesia e senza
dolore.
Gli occhi vedono cose nuove
gli altri sentono nuove attrazioni.
prima
dopo
Segui tutte le interviste del Consiglio Reg. del Lazio su
Consiglio Regionale informa
Ufficio di Presidenza: rispettate norme
su nomina Segretario generale
In merito alla notizia sul presunto abuso
d’ufficio, contestato ai componenti dell’Ufficio di presidenza (UDP) del Consiglio regionale del Lazio, rispettivamente Mario
Abbruzzese, Bruno Astorre, Raffaele D’Ambrosio, Claudio Bucci, Gianfranco Gatti e
Isabella Rauti, nel fascicolo aperto dal pm
Alberto Pioletti, si precisa quanto segue:
“Le funzioni del segretario Generale Nazzareno Cecinelli, sarebbero dovute cessare
alla fine del mese di marzo 2012, con il
compimento del limite di età (67 anni) già
previsto per il suo collocamento in pensione. Peraltro il decreto legge del 6 dicembre
n. 201/2011, cosiddetto decreto “salva
Italia”, all’art. 24 prevede il mantenimento
in servizio fino al 70° anno di età, per cui
l’UDP valutava se prolungare ulteriormente
l’incarico.
Successivamente, è intervenuta la circolare
del Ministro della Funzione pubblica n. 2 del
8 marzo 2012 che, invece, ha interpretato
l’anzidetta norma in senso restrittivo, ritenendola non applicabile ai dipendenti pubblici e rendendo quindi impraticabile l’affidamento dell’incarico fino al compimento
del 70° anno di età.
Pertanto, con deliberazione del 20 marzo
2012, l’UDP ha preso atto di tale recentissima nuova interpretazione ed ha provveduto
ad indire un regolare avviso/bando pubblico
per l’individuazione di un nuovo segretario
generale.
Per non paralizzare l’attività amministrativa
e per esigenze di continuità della stessa, si
ritenne opportuno, ai sensi della L.R. 6 agosto 2007, n. 15 e di alcune pronunce della
Corte dei Conti e della Corte Costituzionale, di avvalersi, per il periodo strettamente
necessario (180 giorni) alla conclusione del
relativo iter procedurale, della collaborazione del Segretario uscente. Terminato tale
periodo l’UDP, lo scorso 27 settembre, ha
provveduto alla sua sostituzione. Pertanto
l’Ufficio di presidenza ritiene che siano state
rispettate le norme per l’incarico temporaneo di segretario generale”. Lo rende noto
l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Lazio.
Abbruzzese: le consultazioni non sono terminate.
Per l’Aula è necessaria una mediazione politica
Il presidente del Consiglio regionale, Mario Abbruzzese, al termine delle consultazioni di ieri
con i gruppi consiliari, ha diffuso un comunicato in cui ne riassume l’esito. “L’esigenza di
effettuare un giro di consultazioni con i capigruppo di maggioranza e minoranza - si legge
nella nota - scaturisce non solo dalla difficoltà
di interpretare l’art.2 del decreto legge n.174
che riguarda la riduzione dei consiglieri da
70 a 50, ma anche dal portare a compimento tutta una serie di tagli ai costi della politica
delle Regioni. Per quanto attiene la riduzione
dei consiglieri, è escluso che si possa procedere in Aula alla modifica statutaria che, come
espressamente scritto nel decreto, può essere
approvata entro sei mesi dall’entrata in vigore
del decreto stesso”.
“In merito invece alla riduzione delle indennità
di consiglieri e assessori, al divieto di cumulo
di indennità ed emolumenti, alla riduzione
dei contributi ai gruppi consiliari e, non meno
importante, all’introduzione dei limiti ai vitalizi
dei consiglieri che sarebbe immediatamente
attuabile anche nei confronti degli uscenti,
vorrei terminare questo giro di consultazioni
entro un paio di giorni, per poi procedere, fatta
salva la disponibilità assolutamente necessaria dei Gruppi, ad un eventuale convocazione
della Conferenza dei Capigruppo nella quale
decidere formalmente se convocare o meno il
Consiglio per approvare i tagli previsti dal decreto del Governo. Ciò rientrerebbe in quella
fattispecie di atti indifferibili e urgenti e per i
quali lo Statuto consente all’Aula di riunirsi” ha concluso Abbruzzese.
Il presidente ha incontrato i capigruppo di Pdl,
Chiara Colosimo, Udc, Francesco Carducci, e
Lista Polverini, Mario Brozzi, oltre a Giuseppe
Celli (Lista civica), Luciano Romanzi (Psi), Anna
Maria Tedeschi (Idv), Ivano Peduzzi (Fds) Rocco
Pascucci (Mpa), Mario Mei (Api) e Claudio Moscardelli per il Pd.
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Consiglio Regionale informa
Ex RSI – D’Annibale: “rischio speculazione ediliza
su pelle lavoratori”
“Ormai è oltre un anno che continua la
protesta dei lavoratori ex RSI, oggi diventata Costa Sistemi Ferroviari che lottano per
i propri diritti. È personale altamente qualificato e impegnato nella manutenzione dei
treni notte. Tra meno di due mesi scadrà
ogni forma di cassa integrazione e saranno
ufficialmente senza un lavoro. Hanno occupato la fabbrica di via Umberto Partini a
Roma perché dopo 15 o 20 anni di esperienza lavorativa si vedono accantonati nonostante la professionalità acquisita. Chiedono
un reimpiego che restituirebbe loro una dignità professionale dopo anni di esperienza sulle carrozze ferroviarie. Le promesse
dell’amministrazione comunale e regionale
si sono risolte in un nulla di fatto. Ora sembra che dopo l’approvazione del Piano Casa
la proprietà dell’immobile che è a due passi
dalla stazione Tiburtina voglia approfittare
della possibilità di un cambio di destinazione
d’uso da area industriale ad area commerciale. In questo modo si procederebbe a una
speculazione edilizia sulla pelle dei lavoratori
che sarebbero, ancora una volta, le vittime
predestinate”.
Legge Stabilità – Abbruzzese: occorre migliorare il testo
“Concordo con l’on. Renato Brunetta quando
afferma che gli obiettivi principali del Governo
devono essere quello del rispetto dei saldi e del
pareggio di bilancio nel 2013, ma anche che il
testo della legge di Stabilità, di cui è relatore,
debba salvaguardare tutti quei fattori che possono e devono promuovere lo sviluppo del nostro Paese, ed allo stato attuale non sembra lo
faccia”. Lo sostiene il Presidente del Consiglio
Regionale del Lazio, Mario Abbruzzese, in merito al confronto che si è aperto tra le forze politiche ed il Governo sul testo del Decreto legge di
Stabilità, attualmente all’esame della Camera.
“Cio’ significherebbe anche contribuire a promuovere lo sviluppo a livello regionale, nei
territori. Non dobbiamo sottrarci alle doverose
regole già imposte con la recente legge della
Spending review – continua Abbruzzese – ma
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affiancando ai tagli dei costi in essa previsti
azioni volte a diminuire l’attuale regime di tassazione, sia in riferimento all’Irpef che all’Irap.
Si possono in questo modo recuperare risorse
tagliando la spesa pubblica improduttiva e utilizzando parte di questi introiti per abbattere il
nostro elevato debito pubblico. Azione – sottolinea il presidente Abbruzzese – che affiancata
ad altre, quali una seria riduzione del carico
fiscale sulle quote dei redditi da lavoro dipendente, ad esempio, potrebbe incentivare le assunzioni e migliorare la produttività delle nostre
PMI, così come l’applicazione della Direttiva UE
sul ritardo dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione”.
“Bene hanno fatto, dunque, Pdl, Pd ed Udc a
sollevare alcune obiezioni costruttive sul provvedimento del Governo, soprattutto in merito
alle deduzioni ed alle detrazioni – puntualizza
il presidente del Consiglio regionale del Lazio.
La franchigia fissata per le prime a 250 euro e
il tetto per gli oneri detraibili per le seconde a
3000 euro, come sottolineato anche dall’ISTAT,
non servono ad alleggerire il carico fiscale né
delle famiglie, né delle imprese. Solo il 70%
delle famiglie potrebbe beneficiarne con un
risparmio di circa 340 euro, comunque non
sufficiente a compensare i sacrifici già imposti
dalle continue manovre degli ultimi anni. Diverso risulterebbe, invece, il sostegno alle famiglie
più bisognose attraverso l’istituzione di un fondo ad ok da alimentare tramite i tagli alla spesa pubblica e con i proventi ricavati dalla lotta
all’evasione fiscale”.
“Anche l’aumento di un punto percentuale
dell’IVA, così come previsto, finirebbe per gravare non solo sul mondo imprenditoriale, ma
proprio sui singoli cittadini, andando ad incidere per circa l’80% su numerosi beni di prima
necessità con effetti assolutamente depressivi
per tutta l’economia. Piuttosto – conclude Abbruzzese – ci si dovrebbe concentrare nel portare avanti misure di carattere più strutturale,
che oltre al pareggio di bilancio, guardino alla
crescita. Misure che tradotte in termini produttivi possiamo definire come prioritarie per promuovere un serio processo di sviluppo, come
ad esempio quella del nuovo regime IVA per
cassa, che entrerà in vigore dal primo dicembre, come previsto nel Decreto Sviluppo e che
permette ai detentori di partita IVA di versare
quest’ultima solo al momento in cui viene loro
effettivamente saldata la fattura”.
Consiglio Regionale informa
Costi della politica – Montino: “Prossimo consiglio
riforma giunta e consiglio”
Pubblichiamo la dichiarazione del Consigliere regionale Esterino Montino, il quale
affonda il dito nella piaga: si abbattimento
delle tasse e degli sprechi in Consiglio Regionale ma anche della giunta regionale.
Infatti il bilancio regionale è di 26 miliardi
di euro e il Consiglio regionale rappresenta
in termini percentuali lo 0,35%., quindi 97
Miliardi di euro. Ben vengano tagli al consiglio regionale ma soprattutto gli sprechi ad
esempio nelle ASL, gli assessori esterni, per
citarne qualcuna.
“Questa mattina abbiamo preteso che il
Consiglio non perdesse tempo in altre questioni e affrontasse invece il tema dei costi
della politica. Nella riunione dei Capigruppo
abbiamo chiesto con forza che nella prossima seduta questo, e solo questo, sia il
tema all’ordine del giorno. Non permetteremo ce ne siano altri. Entro settembre deve
chiudersi il percorso di riforma. Per mercoledì prossimo è convocata una riunione dei
capigruppo che valuterà le varie proposte
depositate da tempo dal centrosinistra e da
tutte le altre forze politiche per vedere se ci
sono le condizioni per arrivare a una proposta condivisa. La riunione andrà avanti ad
oltranza. Poi si facciano una, due, tre sedute del Consiglio e in pochi giorni la riforma
si può fare. Ma deve essere complessiva e
riguardare Giunta e Consiglio e deve valere per l’oggi e non per il domani. Occorre
ridurre le commissioni e gli assessori esterni,
tagliare le indennità di funzione ma eliminare anche il vitalizio per gli esterni, diminuire
le società e, nello stesso tempo, il numero
degli assessorati. Approvare subito la riforma che porta a 50 il numero dei consiglieri
regionali. È tempo di uscire dall’ipocrisia e
affrontare alla radice tutti i costi della politica regionale. Tutti, nessuno escluso”.
Province – Abbruzzese: decreto assicurari loro funzionalità
“Il riordino delle Province, con la conseguente riduzione del loro numero da 86 a
51, approvato dal Governo con un nuovo
decreto, completa il percorso avviato nel
mese di luglio ed è da considerarsi certamente necessario ai fini dei tagli ai costi della pubblica amministrazione”. Lo dichiara in
una nota il presidente del Consiglio Regionale del Lazio, Mario Abbruzzese.
“Ma non possiamo nascondere che nel
Lazio si creeranno non pochi problemi sul
territorio, dal punto di vista economico, amministrativo e gestionale. In particolare per
quanto riguarda la nuova Provincia di Frosinone - puntualizza Abbruzzese - gli organi
politici dovranno avere esclusivamente sede
nella città capoluogo, che nel caso specifico sarebbe Latina. Così come è previsto che
sempre nella città capoluogo della Provincia
vengano trasferite, con successive riforme,
anche altri uffici amministrativi, quali ad
esempio le prefetture, le questure e la motorizzazione civile”.
importanza, ritengo sia doveroso che, pur
in un ottica di tagli, le si metta in condizione
di funzionare e di riuscire ad offrire a tutti
i propri Comuni lo stesso livello e la stessa
qualità in termini di fruibilità dei servizi”.
“Va da sé - conclude Abbruzzese - che questo implicherà non pochi sacrifici per i cittadini, per i quali mi auguro il Governo trovi
delle soluzioni adeguate al fine di ridurne i
numerosi disagi che si andranno a creare.
Considerando che, se pur senza Giunte e
depotenziate nel numero dei loro rappresentanti, le competenze che restano in capo
alle Province sono comunque di primaria
Inno Mameli – Abbruzzese: legge rafforza
sentimento unità nazionale
“L’importanza che hanno avuto i festeggiamenti per il 150°Anniversario dell’Unità
d’Italia che si sono tenuti in ogni paese del
nostro territorio ci hanno dimostrato come
fosse radicato in tutti gli italiani questo sentimento di amore ed attaccamento alla nostra storia ed alle nostre radici”. Lo dichiara
in una nota il presidente del Consiglio regionale del Lazio Mario Abbruzzese, in riferimento approvato in via definitiva dall ‘Aula
del Senato che prevede l’obbligatorietà del44
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lo studio dell’Inno di Mameli nelle scuole
ed istituisce altresì “La Giornata Giornata
dell’Unita’ nazionale, della Costituzione,
dell’inno e della bandiera”, che verrà celebrata il 17 marzo di ogni anno.
“Il Consiglio regionale del Lazio – ha ricordato Abbruzzese - in occasione proprio
dei festeggiamenti per il 150° Anniversario
dell’Unità d’Italia ha promosso numerose
iniziative tra cui proprio quella che ha visto
come protagonisti i ragazzi delle scuole del
Lazio, momenti di confronto con i nostri
giovani cittadini della regione che ricorderò
sempre con molto piacere. Questa legge,
peraltro, cade in un momento storico dove
risulta di estrema importanza ricordare quei
sentimenti di amore e di unità che hanno
reso grande il gesto compiuto da tanti uomini e da tante donne che hanno creduto
fino a sacrificare la propria vita nel valore di
un popolo unito”.
Consiglio Regionale informa
Violenza donne: Rauti, firmata petizione per Nobel a Malala
“Contro le violenze di genere, per garantire
i diritti umani fondamentali ed un futuro di
democrazia ho firmato - ed invito a sostenere - la petizione ‘Premio Nobel per la Pace
a Malala’, la quindicenne pakistana gravemente ferita alla testa, lo scorso 9 ottobre,
mentre andava a scuola, sulla strada tra
Khurshal e la Valle di Swat, ed ora ricoverata
in Gran Bretagna.”
A dichiararlo è la Consigliera regionale Isabella Rauti, Presidente della Onlus Hands of
Women – HOW.
La petizione - lanciata da Giovanna Fiume su
‘charge.org’ (https://www.change.org/it/petizioni/premio-nobel-per-la-pace-a-malala)
e, appoggiata dal quotidiano Avvenire, chiede che la ragazza pachistana sia insignita del
premio Nobel per la Pace per aver difeso il
diritto alla scuola ed all’istruzione.
“Malala Yousafzai è diventata l’emblema
internazionale di un diritto spesso negato,
quello all’istruzione: secondo le Nazioni Unite, sono almeno 32 milioni le bambine che
non possono frequentare la scuola di cui 5
milioni sono pachistane - ricorda Rauti – ed
il 12 novembre, in tutto il mondo, si è celebrata per iniziativa dell’Onu la giornata dedicata a Malala.”
“Le violenze sulle donne non sono soltanto episodi individuali ma rappresentano
una responsabilità collettiva ed una malattia sociale di rilevanza mondiale”, afferma
la Presidente di How, un ‘Associazione che
combatte i pregiudizi e le violenze di genere e punta a costituire un network internazionale tra realtà associative e organismi
istituzionalizzati, impegnati a contrastare il
fenomeno delle violenze sulle donne e sulle bambine nel mondo. L’associazione How
verrà presentata alla stampa internazionale
venerdì 23 novembre a Roma.
Montino: “Nulla di fatto dalla riunione capigruppo,
non c’è spazio per cambiare legge elettorale”
“La riunione dei Capigruppo si è conclusa con
un nulla di fatto e non poteva essere altrimenti.
Perché in regime di ordinaria amministrazione non è possibile convocare il consiglio per
provvedimenti che hanno un carattere di modifica sostanziale di leggi importanti e regole
fissate dalla normativa regionale. Ormai si sta
configurando una gravissima e intollerabile responsabilità della Polverini, dopo 43 giorni non
ha ancora indetto le elezioni per il rinnovo del
Consiglio regionale. Un periodo di vacatio nel
quale un’amministrazione dimissionaria sta
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procedendo all’approvazione di decine di delibere, provvedimenti di portata straordinaria al
di fuori di qualsiasi regola. Un modo di agire
che non riguarda solo la Giunta, ma il complesso della Regione e mi riferisco alle Asl, alle
aziende partecipate, alle agenzie regionali che
continuano a sfornare un provvedimento dopo
l’altro. Il sospetto è che si continua ad agire nella totale incertezza per proseguire a deliberare
atti che non rientrano nei compiti di una amministrazione dimissionaria. A proposito della
modifica della legge elettorale ricordo che c’era
stato un precedente nella passata legislatura.
Dopo le dimissioni di Marrazzo, nel periodo
della mia reggenza, la commissione Affari Costituzionali e Statutari voleva cambiare la legge
elettorale. Postomi il problema, lo sottoposi
agli organi tecnici del consiglio che dissero con
chiarezza che la faccenda non era di competenza di quell’assemblea consiliare. Così, senza
polemica, accantonammo qualsiasi progetto
di modifica. Il parere del direttore del servizio
legislativo della Pisana, oggi, dice esattamente
la stessa cosa. Riconferma che un consiglio dimissionario non è abilitato a cambiare norme
sostanziali. Può solo approvare norme indifferibili e urgenti, senza modificarle nella sostanza.
Ecco perché la Presidente deve recepire le norme previste dal decreto legge nazionale attraverso un decreto e indire immediatamente, il
prima possibile le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale. Lo deve fare lei, nessun altro e
senza ombra di dubbio. Se qualcuno ci chiede
di rafforzare questo atto con un recepimento
tecnico puro e semplice della norma, lo si può
fare a stragrande maggioranza dei consensi del
consiglio. L’importante è che la Polverini la finisca di perdere tempo, ulteriori rinvii, in una
vicenda così delicata, sarebbero intollerabili”.
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12 ottobre 2012 - Eurtorrinolive.it