APPUNTI di
ECONOMIA MONETARIA
Giancarlo Bertocco*
Corso di Laurea Triennale
Anno Accademico 2010-11
*Questo testo è stato realizzato sulla base degli appunti presi durante le lezioni
tenute nell‟anno accademico 2009-10, dalle studentesse Debora Diana e Federica
Geranio che ringrazio.
1
Indice
-Presentazione del corso
3
-PARTE PRIMA: I FONDAMENTI TEORICI DELLA POLITICA
MONETARIA CONTEMPORANEA
1. La teoria neoclassica
5
2. La critica di Keynes
11
3. Il modello IS-LM
18
4. La curva di Phillips e la spiegazione Keynesiana dell’inflazione
29
5. La critica di Friedman alla curva di Phillips
37
6. Le aspettative razionali
54
7. L’incoerenza temporale della politica monetaria
58
8. Indipendenza e credibilità delle autorità monetarie
83
-PARTE SECONDA: LA POLITICA MONETARIA DELLA
BANCA CENTRALE EUROPEA
94
2
Presentazione del corso
Questo corso ha un duplice obiettivo. Il primo consiste nell‟analizzare
l‟evoluzione della teoria monetaria negli ultimi decenni poiché tale processo ha
condizionato in modo rilevante il comportamento delle autorità monetarie e quindi
la definizione delle strategie di politica monetaria (i.e. la definizione degli
obiettivi e degli strumenti della politica monetaria).
Il secondo obiettivo consiste nell‟analizzare le scelte di politica monetaria adottate
in epoca recente; in particolare, le scelte compiute della Banca Centrale Europea
(Bce), l‟organismo che elabora la politica monetaria comune ai paesi aderenti
all‟Unione monetaria Europea (quei paesi che hanno adottato l‟euro come moneta
unica). Le scelte assunte dalla Bce sono molto rilevanti per l‟Italia poiché dal
1999 essa decidendo di partecipare all‟Unione monetaria europea ha abbandonato
l‟uso della propria moneta nazionale (lira italiana) e si è sottomessa, per quanto
riguarda le decisioni di politica monetaria, alla Banca Centrale Europea.
Nella seconda parte del corso verrà analizzata la crisi economica che ha colpito
l‟economia mondiale. L‟economia mondiale si trova, infatti, a partire dal 20082009 in una profonda recessione associata per le sue proporzioni alla Grande
Depressione del 1929. La recente crisi mondiale quindi non è un evento di
secondaria importanza ma un fenomeno di rilevanza storica che, analogamente
alla Crisi del 1929 e al fenomeno della stagflazione degli anni ‟70, sarà ricordato
nei libri di storia. Concentrandosi sulle peculiarità della recente crisi si analizzerà
la relazione che esiste tra politica monetaria e crisi economica; in particolare,
saranno affrontate due questioni: 1) la possibile relazione tra le scelte di politica
monetaria adottate dagli anni ‟90 ad oggi e lo scoppio della crisi finanziaria; 2) la
reazione delle autorità monetarie alla crisi.
Un corso di economia monetaria si occupa, evidentemente, di moneta.
Occuparsi di moneta significa spiegare qual è il ruolo della moneta nel sistema
economico. Nel corso “Istituzioni di Macroeconomia” sono stati descritti modelli
macroeconomici in cui compariva il mercato della moneta caratterizzato da
domanda e offerta di moneta. La quantità di moneta esistente, quindi, può essere
3
studiata considerando due distinte prospettive: chi domanda moneta e chi offre
moneta. L‟espressione domanda di moneta non significa desiderare/volere moneta
bensì esprime la decisione di un soggetto economico di detenere una porzione
della sua ricchezza sottoforma di moneta. Dall‟altro lato l‟offerta di moneta si
riferisce ad un processo di creazione di moneta da parte delle autorità monetarie.
Come già visto nel corso “Istituzioni di Macroeconomia” ci sono due diverse
teorie della moneta: teoria quantitativa della moneta e teoria keynesiana della
moneta. Si provvede ora ad una presentazione dei cenni introduttivi delle teorie
sopracitate.
La teoria quantitativa della moneta può essere anche definita come teoria
neoclassica della moneta: tale teoria è, infatti, sostenuta da economisti di
impostazione neoclassica. Il principio cardine di questa teoria è quello della
neutralità della moneta: la moneta permette di ridurre i costi dello scambio che
sarebbero molto più elevati in una economia di baratto. Questa peculiarità della
moneta non ha però alcun effetto sulle variabili reali: il reddito (Y) e il numero di
lavoratori occupati (N) non dipendono dalla quantità di moneta (M) in
circolazione. Una economia di mercato infatti è spontaneamente volta al
raggiungimento dell‟equilibrio di piena occupazione grazie alla flessibilità dei
salari e del tasso di interesse (se ne parlerà in maniera approfondita in seguito).
L‟unico effetto determinato da variazioni di M si ha sul livello generale dei
prezzi: l‟inflazione è un fenomeno puramente monetario.
La teoria Keynesiana della moneta è basata, come si evince immediatamente dal
nome, sul pensiero dell‟economista britannico John Maynard Keynes (1883 1946). Keynes,
afferma che una economia di mercato non è in grado di
raggiungere spontaneamente l‟equilibrio di piena occupazione ma è caratterizzata
da fluttuazioni del reddito e dell‟occupazioni determinate dalle fluttuazioni della
domanda aggregata. Ecco che la legge di Say non più valida: è la domanda
aggregata (non più l‟offerta) che determina il reddito. Secondo questa teoria
l‟economia monetaria non è semplicemente una economia in cui si “usa” moneta
bensì una economia in cui la presenza della moneta è elemento fondamentale per
spiegare l‟origine delle fluttuazione delle variabili reali.
4
PARTE PRIMA: I FONDAMENTI TEORICI DELLA POLITICA
MONETARIA CONTEMPORANEA
In questa prima parte analizzeremo le fasi più significative della evoluzione della
teoria monetaria negli ultimi decenni.
Il punto di partenza è costituito dalla teoria keynesiana della moneta, che abbiamo
descritto nel corso di macroeconomia, che in contrasto con la teoria neoclassica
afferma il principio della non- neutralità della moneta. Secondo la teoria
neoclassica, come certamente ricorderete, la moneta è neutrale perche Y e N non
dipendono dalla quantità di moneta in circolazione, ma dipendono da fattori reali.
Possiamo descrivere la teoria neoclassica del reddito utilizzando un modello che
specifica due mercati: il mercato del lavoro e il mercato dei beni.
1 La teoria neoclassica
Mercato del lavoro.
Il mercato del lavoro è caratterizzato da:
funzione di domanda di servizi di lavoro da parte delle imprese, Nd → funzione
decrescente rispetto al salario reale e coerente con il principio di massimizzazione
dei profitti delle imprese
1
Nd = f
e
f’ < 0
funzione di offerta di lavoro che riflette il comportamento delle famiglie, Ns →
funzione crescente rispetto al salario reale
2
Ns = g
e
g’ > 0
L‟equilibrio sul mercato del lavoro si ottiene in corrispondenza del valore del
salario reale che eguaglia domanda e offerta di lavoro (figura 1). E rappresenta
l‟equilibrio di piena occupazione del mercato del lavoro: tutti i lavoratori che
desiderano lavorare al salario reale
E
5
sono impiegati quindi non esiste
disoccupazione involontaria. In atri termini il numero di lavoratori disposti a
lavorare è pari al numero di lavoratori che le imprese intendono assumere.
3
Nd = Ns
Secondo la teoria neoclassica il salario reale dovrebbe essere flessibile, ossia
dovrebbe reagire agli squilibri tra domanda e offerta di lavoro come fanno tutti i
prezzi su ogni mercato.
La flessibilità dei salari assicura quindi l‟esistenza del punto di equilibrio, ossia
spinge l‟economia di mercato verso l‟equilibrio di piena occupazione.
Se per esempio
>
allora Nd (
) < Ns (
), ossia si ha un eccesso di
offerta di lavoro: il numero di lavoratori disposti a lavorare al salario
è
maggiore del numero di lavoratori che le imprese sono disposte ad assumere, con
la conseguenza che si crea disoccupazione involontaria. In tale situazione di
squilibrio del mercato, se il salario è flessibile allora il salario reale diminuisce, Ns
diminuisce e Nd aumenta fino a che il sistema torna in equilibrio.
Figura 1
𝑊
𝑃
𝑾
𝑷
Nd
E
Ns
Equilibrio di piena occupazione
Nd (
Ns
NE
) = Ns (
Nd
Nd ; Ns
6
)
Dato il livello di occupazione ( NE) è possibile determinare il livello del reddito
sulla base della funzione di produzione:
4) Y = f(N); da cui si ricava: YPO = f(NE)
La flessibilità dei salari è condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere
l‟equilibrio di piena occupazione; affinché le imprese possano massimizzare i
profitti occorre che esse riescano a vendere tutto quanto prodotto. In altri termini
deve esistere una domanda aggregata capace di assorbire il reddito di piena
occupazione: YPO.
D = YPO
Per definire le condizioni necessaria ad ottenere D = YPO specifichiamo la
condizione di equilibrio sul mercato dei beni :
5) D = Y
E infine specifichiamo la composizione della domanda aggregata:
6) D = C (Y; r) + I (
attesi;
D = C + I = C (Y; r) + I (
r)
attesi;
r)
C = C (Y; r)
I=I(
attesi;
r)
Abbiamo ottenuto un sistema di 6 equazioni con 6 incognite: Nd, Ns, W/P, Y, D,
r.
Esiste un ordine di soluzione poiché il sistema non è integrato; le equazioni 1-3
determinano W/PE e NE
Dato NE la 4) determina YPO .
Affinché si abbia una domanda aggregata capace di assorbire il reddito di piena
occupazione è necessario :
D = YPO
Poiché: D = C (Y; r) + I (
7
attesi;
r) si otterrà:
C (YPO; r) + I (
YPO
attesi;
r) = YPO
C (YPO; r) = I (
attesi;
r)
risparmio S
S (YPO; r) = I (
attesi;
r)
affinché si realizzi l‟equilibrio di piena occupazione il tasso di interesse deve
assumere il valore in corrispondenza del quale gli investimenti sono uguali al
risparmio di piena occupazione. La figura 2 descrive l‟ordine di soluzione del
modello neoclassico
Figura 2
Ns
Equilibrio
Nd
Nd ; Ns
NE
Funzione
di
produzion
e
aggregata
Y
r
S (YPO; r)
Y=h( ;
N)
YP
Equilibrio
rE
O
I(
N
NE
S=I
8
attesi;
r)
S;
I
La forma della funzione di produzione riflette l‟ipotesi della produttività
marginale decrescente del lavoro:
quindi all‟aumentare della
quantità di lavoro impiegata, aumenta la quantità prodotta.
quindi al crescere della quantità di lavoro impiegata, la
produttività marginale del lavoro decresce.
Flessibilità del tasso di interesse: la teoria neoclassica afferma non solo che esiste
un valore del tasso di interesse che assicura D = YPO, ma afferma anche che si
realizzerà proprio il valore del tasso di interesse che rende S (YPO; r) = I (
attesi;
r)
esistono forze capaci di assicurare che il tasso di interesse assuma il valore
coerente con l‟equilibrio di piena occupazione.
Per individuare queste forze è necessario analizzare la teoria neoclassica del tasso
di interesse, secondo cui r è un fenomeno reale, cioè determinato dalle decisioni di
risparmio e di investimento.
r = remunerazione del risparmio, premio che le imprese riconoscono ai risparmiatori
in cambio della loro rinuncia al risparmio.
Il tasso di interesse è dunque il premio che le imprese pagano alle famiglie per
utilizzare, ai fini dell‟investimento, le risorse da esse risparmiate.
Nel sistema economico esisterà quindi un mercato in cui vengono scambiate le
risorse risparmiate/non consumate dai risparmiatori: tramite un contratto di
credito le famiglie cedono le proprie risorse risparmiate alle imprese al fine di
consentire loro opere di investimento.
OFFERTA DI CREDITO LS che coincide con le decisioni di risparmio (S)
delle famiglie;
DOMANDA DI CREDITO Ld che coincide con le decisioni di investimento
(I) delle imprese.
Secondo la teoria neoclassica il mercato del credito coincide con il mercato dei
beni.
9
c
o
n
d
o
l
Figura 3
r
LS = S (YPO;
r)
r1
rE
Equilibrio
Ld = I (
I(
In E: S (YPO; rE) = I (
attesi;
attesi; rE)
S=
I
r1)
ossia Ls = Ld
S (YPO; r1)
attesi;
r)
attesi)
=
S; I
D = (YPO; r;
YPO
Se invece r1 > rE allora I (
attesi;
r1) < S (YPO; r1) ossia si avrà un eccesso di
risparmio sugli investimenti e quindi LS > Ld ossia si avrà un eccesso di offerta di
credito sulla domanda di credito.
Secondo la teoria neoclassica questo squilibrio è una situazione temporanea: r è
sensibile agli squilibri tra domanda e offerta di risorse quindi si assisterà ad una
riduzione del tasso di interesse stesso, ad una riduzione dei risparmi e ad una
contestuale espansione degli investimenti fino al raggiungimento dell‟equilibrio in
cui r = rE.
In conclusione, la flessibilità del tasso di interesse rispetto agli squilibri tra S e I
assicura che si realizzi sempre una domanda capace di assorbire il reddito di piena
occupazione.
In altre parole la teoria neoclassica è coerente con la LEGGE DI SAY,
secondo la quale, grazie alla flessibilità del tasso di interesse, la
domanda aggregata si adegua sempre al reddito di piena occupazione:
YPO → D, ossia le decisioni di produzione determinano la domanda.
10
Questa analisi della determinazione del reddito è coerente con la Teoria
quantitativa della Moneta che afferma che Y è indipendente rispetto alla quantità
di moneta in circolazione e che variazioni della quantità di moneta influenzano i
prezzi. Questa teoria può essere rappresentata mediante l‟equazioni degli scambi,
basata sul concetto di velocità di circolazione della moneta: V = T/M = YN/M
Vale inoltre: Deflatore Pil = P = YN/YR quindi: YN = PYR , infine:
MV = PY
La relazione causale tra M e P dipende da tre condizioni:
i) M esogena, P endogena
ii) Y indipendente rispetto a M
iii) V indipendente rispetto a M
Negli anni trenta del secolo scorso, quando la crisi ridusse la fiducia degli
economisti nei confronti della teoria neoclassica che affermava che il sistema è in
grado di raggiungere spontaneamente l‟equilibrio di piena occupazione, Keynes
elaborò una teoria alternativa alla teoria neoclassica della determinazione del
reddito e alla teoria quantitativa della moneta.
La teoria di Keynes affermava che un‟economia di mercato non è in grado di
raggiungere spontaneamente l‟equilibrio di piena occupazione e il principio della
non neutralità della moneta; affermava cioè, che la moneta è un elemento
importante per spiegare le fluttuazione del reddito e dell‟occupazione.
2 La critica di Keynes alla teoria neoclassica del tasso di interesse
Keynes sosteneva che non esiste alcun meccanismo capace di assicurare D = YPO:
anche nel caso in cui i salari fossero flessibili, non esiste certezza circa il fatto che
si realizzi un livello di domanda aggregata pari al reddito di piena occupazione.
Secondo la teoria neoclassica questo meccanismo è costituito dal tasso di
interesse; Keynes critica la teoria neoclassica del tasso di interesse. Nel corso di
macroeconomia abbiamo ricordato due critiche di keynes alla teoria neoclassica
del tasso di interesse.
In primo luogo
Keynes afferma che non esiste
necessariamente un valore
positivo del tasso di interesse r > 0 in corrispondenza del quale gli investimenti
11
delle imprese siano pari al risparmio di piena occupazione, ovvero in
corrispondenza del quale D = YPO.
Secondo Keynes infatti, I e S dipendono anche dalle aspettative di profitto delle
imprese e dalle aspettative di reddito futuro dei risparmiatori:
a parità di tasso di interesse, gli investimenti variano in relazione alle aspettative
di profitto delle imprese:
- se le aspettative di profitto aumentano allora anche gli investimenti
aumentano;
- se le aspettative di profitto diminuiscono allora anche gli investimenti
diminuiscono.
a parità di reddito corrente e di tasso di interesse i risparmi dipendono anche dalle
aspettative sui redditi futuri:
- se le aspettative di reddito futuro sono alte allora i risparmi diminuiscono;
- se le aspettative di reddito futuro sono basse allora i risparmi aumentano.
Nel caso in cui gli investimenti si riducano (le aspettative di profitto delle imprese
peggiorano) e i risparmi aumentino (le aspettative di reddito futuro dei
risparmiatori diminuiscono) si avrà:
r
S (YPO; r)
E
rE
I(
I’
attesi;
r)
S’
S, I
S=
I
r<0
Figura 4
12
Se le aspettative di profitto peggiorano, la curva degli investimenti si sposta verso
sinistra e sarà più rigida rispetto al tasso di interesse.
Inoltre se peggiorano le aspettative di reddito futuro dei risparmiatori, a parità di r
e di reddito corrente, essi cercheranno di risparmiare di più e quindi la curva dei
risparmi cambierà inclinazione e si sposterà verso destra.
In tale situazione le curve si incontrerebbero solo in corrispondenza di un tasso di
interesse negativo
non esiste alcun r > 0 in corrispondenza del quale S(YPO) =
I.
Se r = 0
eccesso di risparmio sugli investimenti
S’ (YPO, r = 0) > I’ (
attesi; r = 0)
YPO – C’(YPO; r = 0) > I’ (
attesi;
r = 0)
YPO > C’(YPO; r = 0) + I’ (
attesi;
r = 0)
YPO > D (YPO;
attesi;
r = 0)
La domanda aggregata risulta essere insufficiente ad assorbire il reddito di piena
occupazione. Secondo la teoria neoclassica ciò comporterebbe una riduzione del
tasso di interesse, ma in questo caso r è già pari a 0 e il tasso di interesse non può
essere negativo
per la teoria keynesiana si assisterà ad un adeguamento della
produzione delle imprese alla domanda aggregata: Y diminuirà finché Y = D.
Per la teoria neoclassica, e in particolare per la legge di Say e grazie
alla flessibilità del tasso di interesse, YPO → D, ossia il livello della
domanda aggregata si adegua al livello della produzione.
Invece per la teoria keynesiana vale il principio della domanda
effettiva: D → YPO, ossia sono le decisioni di produzione delle imprese
che si adeguano al livello della domanda aggregata.
Keynes ha elaborato una seconda critica alla teoria neoclassica del tasso di
interesse. Egli infatti sostiene che anche nel caso in cui esista un valore del tasso
di interesse maggiore di zero, tale da indurre le imprese a realizzare un flusso di
13
investimenti pari al risparmio di piena occupazione, non è detto che il tasso di
interesse assuma proprio quel valore. Secondo la teoria neoclassica il tasso di
interesse assumerà quel valore perche esso corrisponde al prezzo delle risorse
risparmiate, quindi è sensibile agli squilibri tra risparmi e investimenti. Secondo
Keynes, invece il tasso di interesse non dipende dalle decisioni di risparmio e di
investimento ma è un fenomeno monetario; dipende dalla domanda e dall‟offerta
di moneta.
Secondo la teoria keynesiana, quindi, anche se esistesse un valore del tasso di
interesse rE tale per cui S(YPO;rE) = I (
attesi;
rE)
il tasso di interesse non
assumerebbe necessariamente quel valore perché domanda ed offerta di moneta
potrebbero aver determinato un valore differente del tasso di interesse.
Se Md e Ms sono tali da determinare r1 > rE si avrà che S(YPO;r1) > I (
attesi; r1),
ossia un eccesso di risparmi sugli investimenti.

secondo la teoria neoclassica, tale squilibrio verrebbe risolto con una
riduzione del tasso di interesse fino a che r = rE;

secondo la teoria keynesiana, invece, r non varia perché non dipende da S e
I. In questo caso in corrispondenza di r1 si avrà D(YPO;
attesi;
r1) < YPO e
questo provocherà una riduzione della produzione.
S (YE’ ;
r)
r
Per la teoria
keynesiana
S (Y1; r)
S (YPO; r)
E’
Per la
teoria
neoclassica
r1
rE
E
I(
Figura 5
I(
attesi;
r1) S = I
14
S(YPO; r1)
attesi;
S, I
r)
Si determinerà quindi un livello di reddito Y1 < YPO e, dato che anche i
risparmi diminuiscono, la funzione dei risparmi si sposterà verso sinistra.
Per r = r1 continuerà tuttavia ad esistere uno squilibrio tra S e I: in
particolare si avrà ancora un eccesso di risparmi sugli investimenti S(Y1;r1)
>I(
attesi; r1)
e D(Y1;
attesi; r1)
< Y1.
Ciò provocherà un‟ulteriore riduzione del livello di reddito e la funzione dei
risparmi continuerà a spostarsi verso sinistra finché nel nuovo punto di
equilibrio E‟ si avrà un livello di reddito YE‟ < Y1 < YPO e S(YE‟;r1) = I
(
attesi; r1)
Se 0
Y
e D(YE‟;
attesi; r1)
YPO allora 0
N
= YE‟ < YPO.
NE anche se il salario reale fosse
E
: anche
se il salario reale fosse pari a quello di equilibrio sul mercato del lavoro, le
imprese non necessariamente assumerebbero NE lavoratori, ma solo quanti
permetterebbero di produrre quanto è necessario ad assorbire la domanda
aggregata
il numero di lavoratori assunti è condizionato dal livello della
domanda aggregata.
Keynes assume che i salari sono rigidi (w= ) e che i prezzi sono dati (p= )
quindi anche i salari monetari reali
liovello dei salari reali sia pari a
sono dati; possiamo assumere che il
E;
questo però, secondo Keynes non è
condizione sufficiente per ottenere la piena occupazione.
Questa seconda critica di Keynes nei confronti della teoria neoclassica del tasso di
interesse è stata quella a cui gli economisti hanno dato maggior rilievo. La teoria
keynesiana che considera il tasso di interesse come un fenomeno monetario fu
generalmente accettata negli anni ‟50-‟60, e costituisce un elemento fondamentale
del MODELLO macroeconomico IS-LM, il quale studia l‟interdipendenza tra il
mercato dei beni e il mercato della moneta.
15
Figura 6
Ns
Anche se il salario reale è
pari a E le imprese
assumeranno NE’ lavoratori
e non NE.
Possiamo
Equilibrio
Nd
NE’
Nd ; Ns
NE
Y
YE’
YP
O
r1
Funzione
di
produzion
e
aggregata
NE’
NE
S (YE’ ;
r)
E‟
r
S (YPO; r)
Y=h( ;
N)
rE
I(
N
S=I
Prima di ripassare le caratteristiche di questo modello, ricordiamo i punti
essenziali della teoria keynesiana del tasso di interesse. Come fa Keynes a
giustificare la conclusioni secondo cui il tasso di interesse non dipende dalle
decisioni di S e di I, ma dipende dalla domanda e dall‟offerta di moneta?
Ricordiamo il concetto di domanda di moneta. Domandare moneta significa
decidere di impiegare parte della propria ricchezza in moneta.
16
attesi;
r)
S;
I
Concetto di ricchezza: grandezza stock; somma dei risparmi.
Sottolineando il legame tra decisioni di risparmio e accumulazione di ricchezza
Keynes osserva che in un mondo in cui esiste moneta e i redditi sono pagati in
moneta un soggetto economico che percepisce un reddito in moneta deve prendere
due decisioni:
1.
in primo luogo il nostro soggetto dovrà decidere quanta parte del suo reddito egli
consumerà e quanta invece egli accantonerà in qualche forma disponibile per il
consumo futuro;
2.
una volta presa questa decisione, lo attende un‟altra decisione: in quale forma egli
conserverà le disponibilità per il consumo futuro che ha accantonate, provengano
esse dal suo reddito corrente o dal risparmio precedente? Vorrà mantenerle nella
forma di disponibilità liquide immediate (ossia in moneta) o è disposto ad
abbandonare la disponibilità immediata per un periodo determinato o indefinito,
lasciando alle condizioni future del mercato di determinare a quali condizioni egli
potrà convertire, ove necessario, la disponibilità differita di beni specifici in potere
d‟acquisto immediato su beni in generale? In altri termini, qual è il grado della sua
preferenza per la liquidità?
Il risparmiatore, oltre a porsi il problema di quanto risparmiare, deve quindi chiedersi
come impiegare la ricchezza costruita continuando a risparmiare nel tempo (moneta o
titoli?):
C
Y
Moneta
S
W
I decisione
Titoli
II decisione è legata alla presenza di moneta
bancaria non deperibile, la quale può dare origine ad
un contratto di credito.
La ricchezza è costituita da moneta, e da titoli. I titoli sono un‟attività finanziaria
che dà diritto a ricevere somme future. Il nostro individuo può decidere di impiegare
la propria ricchezza tenendo moneta oppure può acquistare titoli; cedere moneta in
cambio di titoli che danno diritto a ricevere un interesse.
17
Il tasso di interesse non influenza la decisione di risparmio (I decisione),
bensì la scelta relativa alla composizione della ricchezza (II decisione).
Il tasso di interesse è la ricompensa riconosciuta a chi rinuncia alla liquidità per un
periodo determinato. Esso quindi mette in equilibrio la domanda e l‟offerta di
moneta:

l‟offerta di moneta MS è determinata dalle decisioni delle autorità
monetarie;

la domanda di moneta Md si compone della domanda di moneta
transazionale e della domanda di moneta speculativa: domanda di moneta
in termini reali
= f (Y;r) = Md transazioni (Y) + Md speculativa (r)
f‟ (Y) >0
e
f‟ (r) < 0
3 Il modello IS-LM
Veniamo ora al modello IS-LM:

Equilibrio sul mercato dei beni con r endogeno:
D=Y
D=C+I+
C = C 0 + c Yd
Yd = Y – T
T = tY dove t = pressione fiscale
I=I(
attesi;
r) = I0 – br
0<t<1
ossia gli investimenti sono una funzione lineare del
tasso di
interesse e tra I e r esiste una
relazione inversa.
Sostituendo si ottiene:
C = C0 + c Yd = C0 + c(Y – T) = C0 + c(Y – tY) = C0 + c (1-t)Y
18
D=C+I+
= C0 + c (1-t)Y + I0 - br +
= C0 + I0 - br +
+ c (1-t)Y
Domanda
autonoma,
ossia
indipendente
dal reddito
D=Y
=
diventa: C0 + I0 - br +
Domanda
indotta, ossia
dipendente
dal reddito
+ c (1-t)Y = Y
Y - c (1-t)Y = C0 + I0 - br +
Y [ 1 - c (1-t) ] = C0 + I0 - br +
Equazione della retta IS: Y =
[C0 + I0 - br +
]
dove Y e r sono le incognite.
La retta IS rappresenta tutte le combinazioni di valori di Y e r in
corrispondenza delle quali si ha equilibrio sul mercato dei beni.
La curva è così chiamata perché in corrispondenza dell‟equilibrio sul
mercato dei beni si ha equilibrio tra domanda e offerta aggregata, cioè
equilibrio tra I e S.
- Se r = r0 allora D = C0 + I0 – br0 +
- Se r1 < r0 allora I ↑
domanda autonoma ↑
D = C0 + I0 – br1 +
Y = Y1 =
] > Y0
domanda autonoma ↓
D = C0 + I0 – br2 +
Y↑
+ c (1-t)Y
[C0 + I0 – br1 +
- Se r2 > r0 allora I ↓
Y = Y2 =
+ c (1-t)Y e Y = Y0
+ c (1-t)Y
[C0 + I0 – br2 +
19
] < Y0
Y↓
Figura 7
D
D=Y
1
Equilibrio sul mercato dei
beni
c (1-t)
C0 + I0 – br1 +
0
Curve di domanda aggregata
C0 + I0 – br0 +
2
C0 + I0 – br2 +
Y
Y2
Y0
Y1
r
r = r2
2
Eccesso di offerta di beni
0
r = r0
r = r1
1
Eccesso di domanda di
beni
Retta IS
Y
Y2
Y0
Y1
L‟equilibrio del mercato dei beni implica che la produzione Y è una
funzione decrescente del tasso di interesse r
negativamente.
20
la curva IS è inclinata
Tutte le combinazioni di Y e r che non appartengono alla curva IS danno
origine a situazioni di squilibrio sul mercato dei beni:
- tutte le combinazioni al di sopra di IS sono caratterizzate da eccesso di
offerta di beni;
- tutte le combinazioni al di sotto di IS sono caratterizzate da eccesso di
domanda di beni.

Equilibrio sul mercato della moneta con Y endogeno:
Come abbiamo visto la funzione di domanda di moneta può essere scritta:
Funzione di domanda di moneta keynesiana in termini reali:
= f (Y;r) = Md transazioni (Y) + Md speculativa (r)
f’ (Y) >0
e
f’ (r) < 0
in termini
lineari:
kY – hrdei prezzi
conè dato,
k >0
h >0
Il modello
IS-LM
assume che il= livello
cioèe che
i prezzi
sono indipendenti dalla quantità di moneta in circolazione perciò p =
.
Nel modello IS-Lm la ricchezza è una grandezza esogena e costituisce il
vincolo di bilancio: dato l‟ammontare di W, i relativi possessori possono
decidere di impiegarla in moneta o in titoli
=
+
dove la domanda di titoli è pari a
=
-
=
-
anch‟essa è funzione del reddito e del tasso di interesse:
g‟(Y) < 0 e g‟(r) > 0.
(Y; r) e quindi
= g (Y; r) con
1
L‟offerta di moneta descrive il comportamento del soggetto che è in grado
di determinare la quantità di moneta in circolazione nel sistema economico,
1
g’(Y) < 0 poiché se Y ↑
g’(r) > 0 poiché se r ↑
(Y) ↑
(r) ↓
=
=
-
21
-
↓
↑
ossia della Banca Centrale. Keynes assume che siano le autorità monetarie a
controllare la qunatità di moneta in circolazione; quindi ne consegue che
l‟offerta di moneta è una grandezza esogena.
Funzione di offerta di moneta keynesiana in termini reali:
=
Dal momento che dipende esclusivamente dalle scelte della Banca Centrale, l‟offerta di
moneta è indipendente da r la funzione di offerta di moneta è parallela all‟asse delle
ordinate.
Condizione di equilibrio sul mercato della moneta
= f (Y;r)
= =
r
r1
rE
E
r2
(Y;r)
W
Figura 8
In E
=
, ossia si ha l‟equilibrio sul mercato della moneta: la quantità
di moneta che il pubblico desidera possedere è pari alla quantità di moneta
creata dalla BC.
22
L‟equazione che descrive l‟equilibrio sul mercato della moneta contiene due
incognite Y e r
Equazione della retta LM:
= f (Y;r) = kY - hr
dove Y e r sono le incognite.
La retta LM rappresenta tutte le combinazioni di valori di Y e r in
corrispondenza delle quali si ha equilibrio sul mercato della moneta.
- Se Y = Y0 allora r = r0 e
=
- Se Y1 > Y0 allora r1 > r0
e si avrà
(Y0; r0)
(Y1; r0) >
(Y0; r0) =
, ossia un
eccesso di domanda di moneta. Di conseguenza, per procurarsi moneta, il
pubblico vende titoli sul mercato e questo provoca un eccesso di offerta di titoli
(Y1; r0) <
(Y0; r0) =
. Tale eccesso di offerta di titoli determina una
riduzione del prezzo dei titoli stessi e quindi un aumento del tasso di interesse r
, ovvero Md ↓ e Bd ↑ fino a r1 .
2
- Se Y2 < Y0 allora r2 < r0 e si avrà
(Y2; r0) <
(Y0; r0) =
, ossia un eccesso
di offerta di moneta. Di conseguenza, per disfarsi di moneta, il pubblico
acquista titoli sul mercato e questo provoca un eccesso di domanda di titoli
(Y2; r0) >
(Y0; r0) =
. Tale eccesso di domanda di titoli determina un
aumento del prezzo dei titoli stessi e quindi una riduzione del tasso di interesse
r, ovvero Md ↑ e Bd ↓ fino a r2 .
Affinchè si abbia equilibrio sul mercato della moneta, per una data offerta
reale di moneta,
un aumento del livello del reddito, che provoca un
aumento della domanda di moneta per finanziare le transazioni, dovrà essere
2
Dal momento che il prezzo di un titolo è pari al valore attuale dei rendimenti futuri del titolo
stesso, esiste una relazione inversa tra il prezzo del titolo e il tasso di interesse:
- se PB ↑ allora r ↓ ;
- se PB ↓ allora r ↑ .
23
accompagnato da un incremento del tasso di interesse che provoca invece
una riduzione della domanda speculativa di moneta.,
r
r1
r0
r2
r
Retta LM
r1
1
0
r0
1
Eccesso di
offerta di moneta
0
(Y1)
2
r2
Eccesso di
domanda di
moneta
2
(Y0)
(Y2)
Y
Y
Y
2
0
1
Figura 9
Tutte le combinazioni di Y e r che non appartengono alla curva LM danno origine
a situazioni di squilibrio sul mercato della moneta:
- tutte le combinazioni al di sopra di LM sono caratterizzate da eccesso di offerta di
moneta;
- tutte le combinazioni al di sotto di LM sono caratterizzate da eccesso di domanda
di moneta.
La soluzione del sistema formato dall‟equazione della retta IS e dall‟equazione
della retta LM permette di trovare la combinazione YE e rE in corrispondenza della
quale si ha equilibrio sia sul mercato dei beni sia sul mercato della moneta (Fig.
10)
24
Y
Figura 10
r
rE
LM:
= kY - hr
Equilibrio sul mercato dei
beni e sul mercato della
moneta
IS:
Y=
[C0 + I0 - br +
]
Y
YE <
YPO
Il modello IS-LM, anche se trascura le aspettative, presenta diverse caratteristiche
keynesiane:
1.
vale il principio della domanda effettiva (D → Y);
2.
vale la teoria keynesiana del tasso di interesse (r è un fenomeno
monetario);
3.
si ha un equilibrio senza piena occupazione, ovvero con disoccupazione
involontaria (YE<YPO);
4.
vengono messi in evidenza gli effetti della politica fiscale e della politica
monetaria, quali strumenti per stimolare l’occupazione.
LA POLITICA FISCALE
La politica fiscale consiste nella manovra della spesa pubblica G e della pressione
fiscale t.

un aumento di G provoca un incremento multiplo del reddito e quindi uno
spostamento verso l‟alto della retta IS:
25
r
= kY - hr
LM:
E‟
rE
E
IS’: Y =
[C0 + I0 - br +
G1]
IS: Y =
[C0 + I0 - br +
G0]
Y
YE
Figura 11
se t ↑
(1 – t) ↓
c (1 – t) ↓
1 – c (1 – t) ↑
↓
Y ↓ , ossia
un aumento della pressione fiscale ha un effetto restrittivo sul reddito.
Al contrario, se t ↓
(1 – t) ↑
c (1 – t) ↑
1 – c (1 – t) ↓
↑
Y ↑ , ossia una riduzione della pressione fiscale ha un effetto espansivo
sul reddito.
Variazioni di t influenzano l‟inclinazione della IS infatti modificano il
valore del moltiplicatore; tanto più piccolo è t, tanto maggiore è il
moltiplicatore e quindi tanto maggiore è la variazione di Y provocata da una
variazione di r, perciò tanto più piatta sarà la IS e viceversa
LA POLITICA MONETARIA
Secondo il modello IS-LM la politica monetaria coincide con le variazioni della
quantità di moneta determinate dalla Banca Centrale tramite operazioni di
mercato aperto, ossia tramite operazioni di compravendita di titoli sul mercato
secondario:
26

attraverso l‟acquisto di titoli da privati nel mercato secondario, la BC
immette moneta nel sistema economico;

attraverso la vendita di titoli al pubblico nel mercato secondario, la BC
riduce la quantità di moneta in circolazione nel sistema economico.
r
LM (
r
)
LM (
0
r0
r0
1‟
r‟1
0
r‟1
1‟
(Y0;r)
400
500
Y0
Figura 12
Esempio: la Banca Centrale decide di espandere la quantità di moneta in
circolazione mediante un‟operazione di acquisto di titoli nel mercato secondario.
dM = 100
d
dM = 100
BC =
=
100
+ dM = 400 + 100 = 500
spostamento verso
destra della curva di offerta di moneta:
Di conseguenza si determina uno squilibrio tra domanda e offerta di moneta e di
titoli:
>
-
<
PB↑
=
(Y0; r0)
(Y0; r0) + d
r↓
↑e
)
)
quindi si ha un eccesso di offerta di moneta;
BC
quindi si ha un eccesso di domanda di titoli
↓ fino a che r = r’1 .
27
LM varia in
funzione della
quantità di
moneta in
circolazione
In r’1
si viene a creare un nuovo equilibrio sia sul mercato della moneta
sia sul mercato dei titoli:
(Y0; r1) =
(Y0; r1) =
Vediamo ora come un aumento della quantità di moneta in circolazione modifica
l‟equibrio sul modello IS-LM. L‟incremento di M determina uno spostamento
della curva LM verso destra e il raggiungimento di una nuova posizione di
equilibrio caratterizzata da un tasso di interesse inferiore e da un livello di reddito
maggiore
Se M ↑
r↓
I↑
Y↑
Se M ↓
r↑
I↓
Y↓
Quindi la moneta non è più neutrale in senso neoclassico: secondo la teoria
keynesiana variazioni della quantità di moneta in circolazione influenzano il livello di
reddito.
Secondo la teoria neoclassica, invece, variazioni della quantità di moneta in
circolazione non influenzavano il livello di reddito.
LM (
r
)
LM (
)
0
r0
1
r1
r‟1
1‟
IS
Y0
Figura 13
28
Y1
Y
)
4. La curva di Phillips e la spiegazione keynesiana dell’inflazione.
Il modello IS-LM come abbiamo visto, assume che P e W siano dati; W sono
fissati dalla contrattazione tra lavoratori e imprese e P sono fissati dalle imprese.
Considerare W e P dati significa assumere che queste grandezze non variano al
variare del redito e dell‟occupazione; cioè assumere che sia possibile variare Y e
N con prezzi e salari costanti. Questa è la condizione necessaria che assicura
l‟efficacia delle politiche keynesiane; l‟efficacia di queste politiche si riduce se si
elimina questa ipotesi di W e P dati.
Il primo passo che portò all‟eliminazione dell‟ipotesi di W e P dati fu fatto dagli
economisti Keynesiani che negli anni ‟60 inserirono all‟interno del modello ISLM una particolare relazione nota come CURVA DI PHILLIPS.
La curva di Phillips è il risultato di uno studio empirico compiuto negli anni ‟50,
sulla relazione tra le seguenti due grandezze:

tasso di variazione dei salari monetari:

tasso di disoccupazione:
u=
=
=
In particolare:
Curva di
Phillips
0
u0
Figura 1
La curva di Phillips è caratterizzata da:
29
u

relazione inversa tra il tasso di variazione dei salari monetari e il tasso di
disoccupazione:

= f (u) con f‟<0
esiste un particolare valore del tasso di disoccupazione in corrispondenza
del quale il tasso di variazione dei salari monetari è pari a 0:
se u = u0
=0
Nel corso degli anni ‟60 tale relazione venne inserita nel modello IS-LM al fine di
eliminare l‟ipotesi di W e P dati. Questa ipotesi veniva considerata come un limite
del modello IS-LM poiché questo modello, assumendo prezzi e salari dati non era
in grado di spiegare il fenomeno dell‟inflazione. Quindi negli anni ‟60 con
l‟introduzione della curva di Phillips si eliminò l‟ipotesi di salari monetari
costanti. W era fissato dalla contrattazione tra lavoratori (sindacati) e imprese,
ovvero dalla forza contrattuale dei lavoratori3 . Assumere che fosse una grandezza
indipendente rispetto al reddito significava assumere che la forza contrattuale dei
lavoratori fosse indipendente dal livello di occupazione e dal livello del reddito.
Con l‟introduzione della Curva di Phillips si assume invece che la forza
contrattuale dei lavoratori vari in funzione del livello di reddito e quindi del
livello di occupazione:
- quando il tasso di disoccupazione u è elevato, la forza contrattuale dei
lavoratori è ridotta perché essi subiscono la concorrenza dei disoccupati,
quindi il tasso di variazione dei salari monetari sarà ;
- quando, invece, il tasso di disoccupazione u è basso, la forza contrattuale
dei lavoratori è consistente, e il tasso di variazione dei salari monetari
sarà elevato.
In questo modo all‟ipotesi dei salari monetari dati si sostituì l‟ipotesi dei
salari monetari flessibili. In particolare:
=
3
(1 +
)
Per forza contrattuale si intende la capacità di ottenere maggiori livelli salariali.
30
dove
con f‟ < 0
= f (ut)
L‟ipotesi dei salari monetari flessibili implica l‟abbandono dell‟ipotesi di prezzi fissi; il
lavoro rappresenta nei modelli macroeconomici l‟unico fattore produttivo variabile;
quindi diventa irragionevole assumere che i prezzi rimangano costanti in un mondo in
cui i salari monetari variano.
Possiamo definire la relazione tra prezzi e salari ricordando le relazioni che descrivono il
comportamento delle imprese e che abbiamo usato per costruire la curva di domanda di
lavoro. Siamo partiti dalla funzione di produzione
funzione di produzione: Y = f ( ; N)
nel breve periodo lo stock di capitale è costante; ciò che varia è il lavoro.
Le imprese domandano lavoro in maniera coerente con il principio di massimizzazione
dei profitti
le imprese assumono un numero di lavoratori N in corrispondenza del
quale la produttività marginale del lavoro è pari al salario reale:
N → PMaL (N) =
da cui
P=
Esiste, dunque, una relazione diretta tra prezzi e salari monetari.
Riscriviamo ora il modello IS-LM tenendo conto di queste relazioni:
Y = C(Y) + I(r) +
1.IS:
2.LM:
=
3.Equazione dei prezzi:
=
4.Equazione dei salari monetari:
(Y; r)
=
31
(1 +
)
5.Tasso di variazione dei salari monetari:
= f (u) con
u = g(N)
6.Tasso di disoccupazione:
f’<0
dove degli occ
Se
la
forza
lavoro è data
(
)
allora
quando N ↑
disoccupati
u↓
↓
quindi
g’<0
7.Numero degli occupati:
N = N(Y)
si tratta della
funzione inversa
della funzione
di produzione
Y = f ( ; N)
Osserviamo che invece di un sistema di due sole equazioni in due incognite (Y e
r), ora il modello IS-LM è caratterizzato da un sistema di ben 7 equazioni in 7
incognite (Y, r, P, W, N,
, u).
Per descrivere le caratteristiche di questo modello possiamo osservare che,
secondo la curva di Phillips, esiste un valore del redito reale coerente con la
stabilità dei prezzi. Infatti sappiano che esiste un valore di u e quindi di N in
corrispondenza del quale il tasso di variazione dei salari è pari a zero e quindi
anche il tasso di variazione dei prezzi sarà pari a zero. A questo valore di N o
corrisponde Yo.
Supponiamo che il sistema sia in equilibrio in corrispondenza di Y0 , con
Y0 → N0 → u0 →
= 0 e quindi
=
32
→ tasso di inflazione:
= 0.
=0
E supponiamo inoltre che Y0 < YPO quindi Y0 non assicura la piena occupazione
in corrispondenza di Y0 si ha disoccupazione involontaria (si tratta sempre di
un equilibrio IS-LM)
Analizziamo gli effetti di una politica fiscale espansiva finalizzata ad espandere il
reddito e l‟occupazione. ( ↑) . Questi effetti saranno differenti da quelli descritti
dal modello IS-LM che assume prezzi dati; in questo caso se varia Y variano i
salari monetari e i prezzi; si avrà che:
↑
DAUTONOMA ↑
Y ↑ : Y1 > Y0
0
N ↑ : N1 > N0
0:
1
u ↓ : u1 < u0
0:
1
>
>0
Quindi possiamo considerare una sequenza temporale:
↑
t0
t1
Y0
N0
u0
Y1 >
Y0 N 1 >
N0
u 1 < u0
1 >
0
1 > 0
=0
=0
t2
Y2 = Y1 > Y0
N 2 = N1 > N0
u 2 = u1 < u0
* = 1 = es. 5%
* > 0 : * = *= 5%
* = * = 5%
In t1 con Y1 > Yo si avrà un tasso di variazione dei salari monetari e un tasso di
inflazione maggiore di zero.
Vediamo quali condizioni si devono realizzare nel periodo successivo t2 affinchè
il sistema rimanga al livello Y1 Il tasso di variazione dei salari monetari sarà
sempre w1, ad esempio 5% e questo comporta prezzi stabili o crescenti?
Ricordiamo l‟equazione dei prezzi
P = W/PMaL(N1)
Quindi se i salari monetari crescono del 5% i prezzi dovranno crescere del 5%;
infatti: In t2 il tasso di inflazione sarà pari a:
33
Tasso di Inflazione =
tasso di variazione
percentuale dell’indice
dei prezzi.
*=
=
=
=
* = 5%
Possiamo concludere che per mantenere Y1 si devono verificare due condizioni:
i) le autorità di politica economica devono accettare un tasso di inflazione del
5%.;
ii) esse devono accettare inoltre, di variare la quantità di moneta ad un tasso pari
al tasso di inflazione. Per giustificare questa condizione vediamo quali sono gli
effetti dell‟aumento dei prezzi sull‟equilibrio nel mercato della moneta
=
In t1 :
In t2:
(Y1; r1)
<
poiché Pt2 > Pt1
=
(Y1; r1)
l‟offerta reale di
moneta diminuisce.
Sul mercato della moneta viene quindi a determinarsi una situazione di eccesso di
domanda di moneta (il pubblico desidera più moneta di quella che possiede) a cui
corrisponde una situazione di eccesso di offerta di titoli
I↓
>
PB ↓
r↑
Y↓ .
L‟aumento del livello dei prezzi ha un effetto restrittivo sulla domanda
aggregata perché l‟aumento del tasso di interesse provoca una riduzione degli
investimenti e conseguentemente una riduzione del reddito.
34
Affinché in t2 si mantenga il livello di reddito Y1 occorre anche che venga annullato
tale effetto restrittivo sul reddito derivante da un aumento dei prezzi: le autorità
monetarie dovranno aumentare la quantità di moneta in circolazione in misura pari
all’aumento dei prezzi. Pertanto, affinché il reddito si mantenga al livello Y1 anche
nel periodo t2 è necessario che * = * = 5%.
Le autorità di politica economica possono espandere il livello di reddito oltre Y0 a
condizione di accettare un tasso di inflazione maggiore di zero (pari al 5%).
Questo risultato è coerente con la curva di Phillips; possiamo definire due versioni
equivalenti della curva di Phillips. La prima in termini di relazione tra tasso di
variazione dei salari monetari e tasso di disoccupazione; la seconda in termini di
relazione tra tasso di inflazione e redito reale.
Curva di Phillips: le due
curve sono equivalenti
1
1=
5%
0
u1
0
1
*=
5%
*
0
u0
0
u
Y0
u0
Figura 2
I due grafici precedenti ci consentono di osservare cosa accade nel caso di
politiche espansive sia in termini di relazione tra il tasso di disoccupazione e il
tasso di variazione dei salari monetari che in termini di relazione tra il livello di
reddito e il tasso di inflazione.
Rispetto al modello IS-LM tradizionale, questo modello IS-LM con curva di
Phillips presenta due importanti differenze con riferimento a:
35
Y1 Y
1.
descrizione degli effetti della politica economica:
→
nel modello IS-LM tradizionale le autorità di politica economica
potevano espandere il livello di reddito e ridurre il tasso di
disoccupazione a parità di prezzi (prezzi stabili);
→
nel modello IS-LM con curva di Phillips, invece, le autorità di politica
economica possono espandere il livello di reddito e quindi ridurre il
tasso di disoccupazione solo se accettano tassi di inflazione crescenti.
Le autorità di politica economica non possono ottenere piena
occupazione e prezzi stabili, devono accettare un costo in termini di
inflazione. Esiste un trade-off…
Esiste un trade-off tra reddito ed inflazione: redditi più elevati possono essere
ottenuti solo a fronte di maggiori tassi di inflazione.
2.
spiegazione dell‟inflazione: mentre il modello IS-LM tradizionale non
conteneva alcuna una spiegazione dell‟inflazione dal momento che i prezzi
erano dati, il modello IS-LM con curva di Phillips contiene una spiegazione
dell‟inflazione secondo cui l‟inflazione è determinata da 2 fattori:
→ il meccanismo di formazione dei salari monetari e dei prezzi;
→ il
comportamento
delle
autorità
monetarie,
le
quali
devono
continuamente aumentare la quantità di moneta ad un tasso pari al tasso
di inflazione.
Questo modello macroeconomico entrò in crisi negli anni „70 quando si manifestò
il fenomeno della stagflazione: la bassa crescita dei redditi e l‟elevata inflazione si
dimostravano infatti incoerenti con il modello IS-LM con curva di Phillips,
caratterizzato invece da una relazione crescente tra inflazione e reddito.
36
stagflazione
stagflazione
1
Curva di Phillips
0
u1
0
u0
u
Y0
u0
Figura 3
Il fenomeno della stagflazione indusse gli economisti a prendere in considerazione
la critica teorica al modello keynesiano con curva di Phillips. elaborata nel corso
degli anni sessanta da Milton Friedman che è il primo artefice
della
CONTRORIVOLUZIONE MONETARISTA, la quale determinò il declino della
cosiddetta rivoluzione keynesiana, e il contestuale recupero della teoria neoclassica nella
versione del MONETARISMO. Tale processo si sviluppò in tre fasi:
1.
critica alla curva di Phillips;
2.
introduzione del concetto di aspettative razionali;
3.
introduzione del concetto di incoerenza temporale della politica monetaria.
5. La critica di Friedman alla curva di Phillips
Nel suo lavoro pubblicato alla fine degli anni ‟60 Friedman mette in evidenza un
importante punto debole del modello keynesiano; Friedman mostra che questo
modello assume che i lavoratori si comportino in maniera irrazionale nel
determinare i loro salari monetari. Per illustrare questa critica consideriamo il
valore dei salari reali in t0, t1 e t2 :
→
supponiamo che Wt0 = 1 e PMaL (N0) = 1
37
Y1
Pt0 =
= =1
quindi
=1
→
=
) = 1 (1 + 0,05) = 1,05
(1 +
→
il salario monetario
aumenta del 5%
Pt1 =
=
1,1
→ i prezzi aumentano del 10%
PMaL (N1) < PMaL (N0) = 1 poiché N1>N0 e
quindi
=
= PMaL (N1) = 0,95
i salari reali diminuiscono nonostante i salari monetari siano aumentati.
→
=
(1 +
*)=
(1 + 0,05)
Pt2 =
*=
* = 5%
→ salari monetari e prezzi aumentano nella stessa
misura
quindi
= PMaL (N1) = 0,95
Secondo Friedman i lavoratori si comportano in maniera irrazionale perché
chiedono aumenti dei salari monetari che non hanno alcun effetto sui loro salari
reali. In particolare:

in t1 i salari reali cadono nonostante l‟aumento dei salari monetari del 5%;

in t2 invece l‟aumento dei salari monetari non provoca alcuna variazione dei
salari reali perché l‟aumento dei salari monetari è completamente bilanciato
dall‟aumento dei prezzi.
Questo, sottolinea Friedman, non è un comportamento razionale. Egli si domanda
infatti
perché i lavoratori chiedono aumenti dei salari monetari → la risposta è
perché vogliono un aumento dei salari reali, un aumento del loro potere di
38
acquisto, ed invece in t1 i salari reali sono diminuiti e in t2 l‟aumento dei salari
reali è perfettamente compensato dall‟aumento dei prezzi. Questo non è razionale;
non è economicamente razionale chiedere aumenti dei salari monetari che non
abbiano alcun effetto sui salari reali.
In altri termini, se i lavoratori fossero stati disposti ad accettare una riduzione dei
salari reali per ottenere più occupazione non avrebbero avuto alcun bisogno di
chiedere un aumento dei salari monetari del 5% a fronte del quale si sarebbe poi
avuta un‟inflazione del 10%; avrebbero accettato un salario monetario costante e
la riduzione del salario reale provocata da un aumento dei prezzi del 5%, oppure
avrebbero accettato una riduzione dei salari monetari del 5% a prezzi costanti.
Sulla base di questa critica, Friedman riconsidera il significato della curva di
Phillips ridefinendo in particolare il significato del tasso di disoccupazione u0 in
corrispondenza del quale
= 0. A questo scopo, Friedman sottolinea che il
mercato del lavoro funziona come qualsiasi altro mercato. Di conseguenza, il
prezzo che si determina all‟interno del mercato del lavoro sarà stabile quando
questo mercato è in equilibrio, ossia quando si ha piena occupazione sul mercato
del lavoro.
= 0 quando Nd = Ns
Quindi secondo Friedman:
Ne consegue che u0 è il tasso di disoccupazione coerente con l‟equilibrio di piena
occupazione: si tratta del tasso naturale di disoccupazione.
In particolare, secondo Friedman il tasso naturale di disoccupazione è diverso da
zero (u0 ≠ 0) nonostante sia coerente con l‟equilibrio di piena occupazione poiché:

Ns = occupati + disoccupati

Nd = occupati + posti vacanti
39
Si tratta di posti di lavoro che le imprese intendono occupare, ma che non sono
ancora stati occupati perché le imprese sono ancora in fase di selezione del
personale.
La presenza di posti vacanti ha senso solo se si elimina l‟ipotesi di l‟omogeneità
dei lavoratori assunta dal modello IS-LM, ossia l‟ipotesi per cui essi hanno tutti le
stesse caratteristiche e qualità.
Sapendo che l‟equilibrio di piena occupazione si ottiene in corrispondenza di Nd
= Ns, si avrà:
OCCUPATI + POSTI VACANTI = OCCUPATI + DISOCCUPATI
POSTI VACANTI = DISOCCUPATI
DISOCCUPAZIONE FRIZIONALE = disoccupazione temporanea legata al
fatto che le imprese non hanno ancora terminato il processo di
selezione del personale.
il tasso naturale di disoccupazione ha due caratteristiche fondamentali:
1.
è coerente con la stabilità dei salari monetari, ossia con
2.
è coerente con la piena occupazione, ossia con Nd = Ns.
= 0;
Queste definizioni ci permettono di specificare quali condizioni si devono
verificare secondo Friedman, per ottenere un tasso di disoccupazione inferiore al
tasso naturale (fig. 1).
Affinché si possa ottenere u1 < u0 è necessario un livello di occupazione N1 > N0 . Per
ottenere N1 è a sua volta necessario che:
Ns = N1 ossia che i lavoratori siano disposti a lavorare al salario reale
S;
Nd = N1 ossia che le imprese siano disposte ad occupare N1 lavoratori al salario reale
40
D.
Ns

Nd
Curva di
Phillips
N0
=0
u1
N1
u
u0
Ns
S
Equilibrio di piena occupazione
E
Nd
D
N0
N1
Nd ; Ns
Figura 1
Poiché il livello dei salari reali che spinge i lavoratori a offrire N1 unità di lavoro
è diverso dal livello dei salari reali che spinge i datori di lavoro a dare
occupazione a N1 lavoratori, ossia poiché
41
D
<
S,
le condizioni per ottenere u1
Nd; Ns
sembrano irrealizzabili. Friedman dimostra il passaggio da N0 a N1 è possibile
nel caso in cui i lavoratori soffrano di illusione monetaria, ossia confondano i
salari monetari con i salari reali.
Per definire il concetto di illusione monetaria occorre introdurre l‟ipotesi
fondamentale secondo cui i salari monetari e i prezzi vengono fissati in tempi
diversi:
t
0
1
Sulla base della contrattazione tra imprese e lavoratori, in 0 vengono fissati i salari
monetari.
I prezzi, invece, vengono fissati dalle imprese durante il periodo t e comunque a
seguito della contrattazione tra imprese e lavoratori.
Per questi motivi, l‟equazione della funzione di offerta di lavoro Ns cambia nel
modo seguente:
Ns = f
Ns = f
Wt e Pt venivano
fissati nello stesso
momento.
I prezzi vengono determinati dopo la
contrattazione quindi al tempo 0 i
lavoratori conoscono solo i salari
monetari e non anche il livello dei
prezzi
per definire l’offerta di
lavoro i lavoratori devono elaborare
una previsione circa il livello futuro dei
prezzi ( ). Di conseguenza il salario
reale atteso dai lavoratori sarà pari a
.
Per quel che riguarda, invece, la funzione di domanda di lavoro Nd, al tempo 0 le
imprese conoscono Wt e saranno esse stesse a determinare il livello dei prezzi
durante il periodo t. Di conseguenza la funzione di domanda di lavoro resta pari a
Nd = g
Dato Wt potremo quindi determinare il livello dei prezzi Pt che le
imprese fisseranno in corrispondenza di una certa quantità di domanda di lavoro.
42
Una volta definite queste ipotesi ci chiediamo quali sono le condizioni necessarie
affinché anche in questo caso si possa ottenere N1 > N0 :

Ns = N1
se
=
S

Nd = N1 se
=
D
<
=
S
>
Avremo quindi:
S
D=
<
>
Sarà quindi possibile ottenere N1 > N0 a condizione che i lavoratori sbaglino
<
le loro previsioni sui prezzi al tempo t:
.
Lo squilibrio tra salario reale atteso e salario reale effettivo offerto dalle
imprese si può realizzare solo se i lavoratori soffrono di illusione monetaria, ossia
sbagliano a prevedere il livello futuro dei prezzi.
Ns
Figura 2
S=
1,05
E
1
=
0,95
D
Nd
N0
43
N1
Nd ; Ns
Per esempio, supponiamo di avere:
-
W0 = 1, PMaL (N0) = 1 e quindi P0 =
-
PMaL (N1) = 0,95
=1
Per ottenere N1 > N0 occorre che:

Ns = N1
se
=
S
= 1,05
→ i lavoratori sono disposti ad offrire
N1 unità di lavoro se il salario reale atteso

Nd = N1 se
= 1,05
da cui
=
D
è pari a 1,05
= PMaL (N1) < PMaL (N0)
0,95
1
= 1,05 *
Si supponga che i lavoratori si aspettino prezzi stabili e quindi pari a quelli del
periodo precedente
Di conseguenza:
in questo caso avremo:
= 1,05 *
= P0 = 1
= 1,05 * 1 = 1,05
Per essere indotti ad espandere l’occupazione i lavoratori dovranno ricevere un aumento del
5% del salario monetario che, data la stabilità dei prezzi, viene dagli stessi interpretato
come un aumento del 5% anche dei salari reali.
Per realizzare N1 è necessaria una seconda condizione: che le imprese siano
disposte ad assumereN1 lavoratori, le imprese assumeranno N1 lavoratori solo se
questo è coerente con la massimizzazione dei profitti, cioè se il salario reale
=PMl(N1). Le imprese una volta fissati salari monetari possono fissare i prezzi e
quindi possono definire il livello dei prezzi coerente con N1
Dalla funzione di domanda di lavoro si ottiene:
= PMaL (N1) = 0,95 si
ricava che il prezzo fissato dalle imprese per assumere N1 lavoratori è pari a Pt =
=
1,1
<
.
44
È quindi possibile espandere l‟occupazione da N0 a N1 solo se i lavoratori
sbagliano le proprie aspettative circa il livello futuro dei prezzi.
Le aspettative dei lavoratori possono essere espresse anche in termini di tasso di
inflazione:

Tasso di inflazione atteso al tempo t:
=
=
= 0
Dato che i prezzi attesi sono stabili, il tasso di inflazione atteso è pari a 0.

Tasso di inflazione effettivo al tempo t:
=
=
= 10%
É possibile espandere il livello di occupazione da N0 a N1 solo se i lavoratori
commettono un errore di previsione circa il livello del tasso di inflazione,
ossia solo se
<
. In particolare, l’errore di previsione determina una
discrepanza tra il salario reale atteso dai lavoratori e il salario reale
effettivamente percepito dai lavoratori stessi.
Questa è una spiegazione razionale della relazione tra inflazione e occupazione
poiché è basata su un comportamento razionale dei lavoratori: in t offrono N1
perché si aspettano un aumento del salario reale. Il primo risultato dell‟analisi di
Friedman consiste nel dimostrare che è possibile ridurre il tasso di disoccupazione
al di sotto del tasso naturale solo nel caso in cui i lavoratori non riescono a
prevedere correttamente il tasso di inflazione.
Il secondo fondamentale risultato dell‟analisi di Friedman consiste nel mostrare
che l‟espansione da N0 a N1 è solo un fenomeno temporaneo → non è possibile
mantenere costantemente nel tempo l‟occupazione al livello N1. La ragione
fondamentale consiste nel fatto che
alla fine del periodo i lavoratori si
accorgeranno dell‟errore di previsione commesso e lo correggeranno. Se l‟errore
45
di previsione viene corretto, non sarà più possibile ottenere un livello di
occupazione pari a N1 e di conseguenza l‟occupazione tornerà al livello N0.
Per dimostrare questo specifichiamo quali condizioni si devono realizzare
affinché in t+1 si abbia sempre un livello occupazionale pari a N1 > N0 :

Ns = N1
se
=
S=

Nd = N1
se
=
D
>
1,05
= 0,95
<
o, equivalentemente,
<
Quindi, affinché in t+1 si mantenga un livello di occupazione pari a N1 occorre
ancora un errore di previsione dei lavoratori circa il livello dei prezzi/livello del
tasso di inflazione;
l‟errore di previsione del periodo t+1 deve essere uguale all‟errore di previsione
del periodo t:
=
10%
0
Errore di previsione in
t+1
Errore di previsione in t
Conosciamo il valore dell‟errore di previsione, per definire Il valore di Pt+1
dobbiamo conoscere il valore di Pet+1; dobbiamo cioè specificare come i
lavoratori determinano le loro aspettative di inflazione.
Friedman introduce il concetto di aspettative adattive: secondo questo
meccanismo i lavoratori modificano le loro previsioni inflazionistiche sulla base
degli errori di previsione commessi nel passato.
Per comprendere tale concetto si considerino i seguenti due periodi successivi:
t-1
t
|────────────|────────────|
46
All‟inizio del periodo t+1 i lavoratori prevedono Pet+1, mentre si realizza Pt+1,
l‟ipotesi di aspettative adattive implica la seguente relazione:
(

)
se
, ossia se i lavoratori hanno previsto correttamente
l’inflazione allora essi non modificano le previsioni e quindi si avrà che
;

se invece
allora
Riscriviamo la relazione in termini lineari usando il parametro λ :
=
Infine se
+
(
) con 0
1
= 1 allora
Se = 1 il tasso di inflazione atteso
per il periodo t è uguale al tasso di
inflazione effettivo del periodo
precedente t-1.
Quindi, tornando al nostro esempio, possiamo dire che sulla base delle aspettative
adattive
.
Di conseguenza avremo che:
=
da cui
10%
10%
0
Possiamo illustrare questo risultato con un esempio:
Abbiamo visto che affinchè Ns=N1
Wt+1 = 1,05 *
= Pt (1 +
= 1,05 allora avremo:
) = 1,1 (1 + 0,1) = 1,1 * 1,1
1,2
= 10%
Il livello dei salari monetari al tempo t+1 sarà quindi:
1,05 * 1,2
47
Wt+1 =
Il tasso di variazione dei salari monetari sarà:
Conseguentemente
A differenza di quanto affermato dai keynesiani, Friedman conclude che la
relazione tra reddito e inflazione non è stabile poiché per ottenere N1 (e quindi Y1)
occorre che nel periodo t si realizzi un tasso di inflazione del 10% e nel periodo
t+1 un tasso di inflazione del 20% :
=
20%
=
Ns
=
(t+2)
Curva di
Phillips
=0
30%
10%
3
=
S
20%
0
0
(t)
= 10%
D
2
(t+1)
1
Nd
0
N0
N1
Nd ; Ns
Y0
Figura 3
Lo spostamento verso l‟alto della curva di Phillips, ovvero l‟aumento del tasso di
inflazione, sono imputabili al diverso tasso di inflazione atteso.
Per mantenere N1 > N0 anche in t+2 occorre che:

Ns = N1
se
=
S=

Nd = N1 se
=
D
1,05
= 0,95
48
Y1
Y
>
<
o, equivalentemente,
<
Inoltre, per ottenere N1 > N0 anche in t+2, l‟errore di previsione in t+2 dovrà
essere pari all‟errore di previsione del periodo precedente:
=
=
20%
0
Errore di
previsione
in t+2
20%
Errore di
previsione
in t+1
10%
10%
Errore di
previsione
in t
Per l‟ipotesi delle aspettative adattive
=
= 20% quindi, affinché anche in
t+2 si abbia un errore di previsione del 10%, occorre che
= 30%.
Possiamo quindi concludere che per espandere il livello di occupazione e quindi il
livello di reddito si deve realizzare un tasso di inflazione continuamente crescente.
Friedman mostra quindi che è possibile mantenere Y1>Y0 solo se l‟inflazione è
crescente e non stabile come diceva il modello keynesiano. O in altri termini,
secondo il modello keynesiano esiste una relazione stabile tra reddito e tasso di
inflazione, mentre secondo Friedman esiste una relazione stabile tra reddito ed
errore di previsione.
Possiamo mostrare che affinché esista una relazione stabile4 tra reddito e tasso di
inflazione (come quella che intercorre nel punto 0), ossia affinché si abbia
un‟unica curva di Phillips è necessario che il tasso di inflazione atteso sia sempre
pari a 0. Infatti se:

in t:

in t+1:
=0,
=
= 10%
=0
4
Tra reddito e tasso di inflazione intercorre una relazione stabile quando a un determinato valore
del reddito corrisponde un unico valore del tasso di inflazione.
49
N1
Ns = N1 se
=
S=
Nd = N1 se
=
D
Wt+1 = 1,05 *
= 1,05 * 1,1
= Pt (1 +
1,05
= 0,95
) = 1,1 (1 + 0) = 1,1 * 1 = 1,1
si avrà una relazione stabile tra reddito e tasso di inflazione, ossia un‟unica
curva di Phillips.
Questo esempio mostra però che i lavoratori dovrebbero continuare ad attendersi
prezzi stabili quando l‟inflazione è del 10%; un comportamento irrazionale

Ricapitolando…
secondo il modello keynesiano esiste una relazione stabile tra
equivalentemente tra
e u (o
e Y), ossia la curva di Phillips è stabile:
equivalente a
con f‟<0
= h (Y)
Y=g( )
con h‟>0
Friedman sottolinea che queste relazioni si basano sull‟ipotesi che il tasso di
inflazione atteso da parte dei lavoratori sia sempre pari a 0 e quindi possa essere
trascurato. Egli sostiene, al contrario, che il tasso di inflazione atteso dai lavoratori
è diverso da 0 e quindi Y = g (
(
)
ossia in termini lineari: Y = YN +
) con >0.
In termini lineari avremo: Y = Y0 +
(
); quando
= 0 il reddito sarà
al suo livello naturale, soltanto con un errore di previsione superiore a zero si
potrà ottenere un valore del reddito reale superiore a Yo.
Secondo Friedman esiste una relazione stabile non tra reddito e tasso di
inflazione, ma tra reddito ed errore di previsione.
50
allora Y>YN.5 In
→ Se esiste un errore di previsione, ossia se
questo caso l‟errore di previsione deve essere costante e, poiché
, il tasso di inflazione deve essere crescente;
allora Y = YN .
→ Se
Tornando al nostro esempio, ricapitolando, abbiamo che:
In 0:
Y0 ; u0 ;
=0
In t:
Y1>Y0 ;
In t+1:
Y1>Y0 ;
=
In t+2:
Y1>Y0 ;
=
= 10% ;
=0;
= 10% ;
=
= 10%
= 20% ;
= 20% ;
= 30% ;
=
= 20%
=
= 30%
...
Per mantenere Y1 > Y0 nel
tempo il tasso di
inflazione deve essere
continuamente crescente.
Ci possiamo chiedere, questo punto, come devono comportarsi le autorità
monetarie al fine di mantenere Y=Y1 e quindi un‟inflazione continuamente
crescente?
Sappiamo che se P ↑
↓
PB ↓
r↑
I↓
Y↓
Quindi per mantenere Y1 > Y0 occorre che la variazione della quantità di moneta
sia via via pari al tasso di inflazione, ossia che
cresca in misura pari a .
Nessuna autorità monetaria sarà però disposta ad accettare un tasso di inflazione
crescente
non è possibile espandere il reddito in maniera permanente oltre il
livello naturale YN = Y0, per questa ragione Friedman conclude che l‟incremento
del reddito oltre il suo valore naturale può essere soltanto temporaneo.
Ci possiamo chiedere allora quali sono gli effetti di una variazione della quantità
di moneta ad un tasso costante. Quali sono ad esempio, gli effetti della decisione
delle autorità monetarie di aumentare la quantità di moneta al tasso annuo del
10%;
Possiamo rispondere a questa domanda in termini logici:
5
In corrispondenza del reddito naturale YN si ha il tasso naturale di disoccupazione u0.
51
l‟inflazione tende ad un valore finito, infatti abbiamo visto che
l‟inflazione potrà crescere continuamente soltanto se la quantità di moneta
cresce continuamente;
l‟errore di previsione commesso dai lavoratori tende a 0, infatti l‟errore
di previsione è cosante solo se l‟inflazione è crescente;
se l‟errore di previsione tende a zero, il reddito tende al livello naturale
Y0
In conclusione, se il reddito tende a Yo, allora la variazione della quantità di
moneta non avrà alcun effetto permanente sul reddito e provocherà soltanto un
aumento del tasso di inflazione. Quindi nel lungo periodo, al di fuori del caso di
inflazione crescente, la politica monetaria non è in grado di influenzare il livello
del reddito; le autorità monetarie possono soltanto scegliere il tasso di inflazione
da associare al livello naturale del reddito; se decidono di variare la quantità di
moneta al 10% otterranno un tasso di inflazione del 10%; se scegliessero un tasso
del 20% provocherebbero un tasso di inflazione del 20% ecc. nel lungo periodo
quindi, la curva di Phillips diventa verticale (figura 4)
= 20%
Curva di
Phillips nel
lungo
periodo
= 10%
(t+2)
3
= 30%
=0
= 20%
(t+1)
Curve di Phillips nel breve periodo
(t)
= 10%
Y0
Figura 4
Y1
Y
Y0 è pari al reddito naturale YN, il quale corrisponde al tasso
naturale di disoccupazione u0 coerente con l’equilibrio di piena
occupazione.
52
In corrispondenza di Y0 si ha proprio il tasso naturale di disoccupazione u0, il
quale, essendo coerente con un tasso di inflazione stabile, è definito NAIRU (Non
Accelerating Inflation Rate Unemployment).In corrispondenza di Y1> Y0, invece,
si ha u1< u0 e quindi un tasso di inflazione
crescente.
La conclusioni di Friedman circa gli effetti della politica monetaria, cioè delle
variazioni della quantità di moneta coincidono con quelle della teoria quantitativa
della moneta. Friedman quindi propone di superare la teoria keynesiana e di
accettare una nuova versione della teoria neoclassica basata sul concetto di tasso
naturale di disoccupazione, sull‟introduzione delle aspettative adattive, che sarà
definita monetarismo.
L‟opera di Friedman ha avuto un impatto enorme sulla evoluzione della teoria
macroeconomica; a partire dagli anni ‟70 diminuisce il consenso nei confronti
della teoria keynesiana.
C‟è un aspetto paradossale in questa evoluzione della teoria macroeconomica:
abbandono della teoria keynesiana e affermazione del monetarismo e della nuova
macroeconomia classica. Dobbiamo ricordare infatti che la teoria di Keynes si
basa su due elementi fondamentali:
i) una spiegazione delle ragioni per cui una economia di mercato è soggetta a
crisi, a fluttuazioni del reddito e dell‟occupazione;
ii) la specificazione di strumenti, politica fiscale e monetaria, che possono essere
usati per spingere il sistema verso la piena occupazione.
La critica di Friedman si concentra sul secondo punto; egli ha dimostrato che le
politiche keynesiane possono funzionare soltanto in certe condizioni; ha
dimostrato che:
i) in un mondo in cui i lavoratori sono interessati al salario reale, chiedono
aumenti dei salario monetario per ottenere una aumento dei salari reali e non
accettano riduzioni permanenti del salario reale per ottenere una maggior
occupazione, cioè in un mondo i cui i salari monetari contrattuali dipendono dal
tasso di inflazione atteso dai lavoratori;
53
ii) non è possibile attraverso politiche keynesiane espandere in modo permanente
il livello di occupazione oltre a quello naturale che corrisponde alla situazione in
cui l‟errore di previsione è pari a zero.
L‟aspetto paradossale della reazione degli economisti alla critica di Friedman sta
nel fatto che questa critica non affronta il primo punto della teoria di Keynes, cioè
non mette in discussione la spiegazione della crisi e della instabilità del sistema
economico. Infatti il problema che Keynes poneva non era quello di espandere il
livello dell‟occupazione oltre la piena occupazione; Keynes affermava che anche
nel caso in cui i salario reale desiderato dai lavoratori fosse pari a W/P E, fosse
cioè coerente con la piena occupazione ciò non è sufficiente per garantire la piena
occupazione poiché è necessario che si creino le condizioni affinchè le imprese
riescano a vendere ciò che producono. Questo aspetto della teoria Keynesian, il
primo punto, è stato completamente dimenticato.
Si tratta di una reazione paradossale; sarebbe come se, facendo un esempio che
riguarda la medicina, di fronte alla dimostrazione dell‟inefficacia di una certa
medicina nel curare una determinata malattia, i ricercatori invece di concludere
che è necessario trovare un farmaco più efficace concludessero che la malattia
non esiste.
6. Le aspettative razionali
Tra gli anni ‟70 e ‟80 il monetarismo ha subito una importante evoluzione
costituita dall‟introduzione del concetto di aspettative razionali. Questo concetto
caratterizza la Nuova macroeconomia classica legata al nome di Robert Lucas.
Il concetto di aspettative razionali è stato elaborato al fine di superare un limite
rilevante dell‟ipotesi di aspettative adattive. Tale limite consisteva nel fatto che
per elaborare previsioni sull‟inflazione futura gli operatori elaboravano le loro
aspettative trascurando tutte le informazioni disponibili circa i fattori che
54
influenzano l‟inflazione, basandosi solo sul tasso di inflazione registrato nel
periodo precedente.
Per renderci conto di questo limite ragioniamo in termini generali. Ipotizziamo di
dover elaborare una previsione su Y = f (X) e supponiamo inoltre che chi elabora
le aspettative disponga di informazioni che gli consentano di prevedere il valore
di X al tempo t; (
).
È allora ragionevole concludere che questo soggetto utilizzerà queste
informazioni per elaborare le previsioni di di Y :
=f( )
=f( )
Questo è lo schema di funzionamento delle aspettative razionali. Supponiamo che
= f ( rispetto
)
il fenomeno
al quale si elaborano le aspettative sia l‟inflazione e che gli
operatori siano convinti che l‟inflazione sia un fenomeno monetario,
=f( )
→
=f
( ) e quindi dipenda dal tasso di variazione della quantità di moneta.
In questo caso le aspettative sul tasso di inflazione verranno elaborate sulla base
delle informazioni circa le variazioni della quantità di moneta, le quali dipendono
dalle decisioni dell‟autorità monetaria. Consideriamo il seguente esempio:
t-1
t
|─────────|─────────|
0
1
Supponiamo che all‟inizio di ogni periodo le autorità monetarie dichiarino
pubblicamente quale sarà il tasso di variazione della quantità di moneta
che
verrà realizzato nel corso del periodo stesso. In questo modo gli operatori hanno a
disposizione le informazioni che permettono loro di elaborare una previsione del
tasso di inflazione:

in caso di aspettative adattive le aspettative sull‟inflazione futura vengono
elaborate sulla base del tasso di inflazione registrato nel periodo precedente
→
;
55

in caso di aspettative razionali le aspettative sull‟inflazione futura vengono
elaborate sulla base delle informazioni che gli operatori hanno circa
=f(
→
)
L‟introduzione dell‟ipotesi di AR ha conseguenze molto importanti; permette di
dimostrare infatti, che la politica monetaria è inefficace non soltanto nel lungo
periodo come ha dimostrato Friedman, ma anche nel breve periodo. Possiamo
illustrare questa conclusione considerando il seguente esempio in cui si
considerano 2 periodi:
t-1
t
|─────────|─────────|
0
1
Ipotizziamo la seguente condizione di partenza:
=0
=0
u0; N0
PMaL (N0) = 1
Wt-1 = 1
Pt-1 = 1
=1
PMaL (N0) = 1
Wt-1 =decidano
1
Supponiamo inoltre, che all‟inizio del periodo t le autorità monetarie
di
Pt-1 = 1
espandere la quantità di moneta al tasso del 10%. Analizziamo le conseguenze di
=1
questa decisioni nel caso di aspettative adattive e nel caso di aspettative razionali.

=0
=0
u
;
N
0
0
In caso di aspettative adattive:
PMaL (N0) = 1
1. Yt = YN + (
) con > 0
→ il redditoWè una
funzione
t-1 = 1
Pt-1 = 1
dell‟errore di previsione
2.
=
=1
=0
) → il tasso di inflazione dipende dal tasso di variazione della
=0
quantità di moneta
=0
u0; N0
- Se
= 0 allora
=0 e
Yt = YN
PMaL (N0) = 1
Wt-1 = 1
Pt-1 = 1
3.
=f(
=1
56
-
Se
= 10% allora
> 0,
e(
)>0, quindi
Yt > YN
→
una politica monetaria espansiva ha
effetti di breve periodo sul reddito e sull‟occupazione.

In caso di aspettative razionali:
1. Yt = YN +
(
) con
>0
→ il reddito è una funzione
dell‟errore di previsione
2.
=f(
)
Supponiamo che la relazione sia lineare:
=
Inoltre avremo:
3.
=f(
); anche in questo caso supponiamo che la relazione sia lineare:
=
In questo caso gli operatori elaborano le loro previsioni sulla base delle
informazioni relative al comportamento delle autorità monetarie. Se le
autorità monetarie annunciano di voler incrementare la quantità di moneta
del 10%, allora
= 10%; se le autorità seguono davvero questo
comportamento si avrà:
-
=
allora
=
= 10%
=
= 10%
Wt = Wt-1 * (1 +
=
quindi Yt = YN in particolare:
) = 1 * (1 + 0,1) = 1,1
→ i salari monetari
aumentano del 10%
Pt =
=
= 10%
=
=1=
Yt = YN → la politica monetaria espansiva non ha avuto alcun
effetto sul reddito neppure nel breve periodo.
57
-
Se
quindi Yt
allora
<
allora
<
YN in particolare se
e quindi Yt > YN
Yt può essere diverso da YN nel breve termine solo se i lavoratori non
prevedono correttamente il tasso di variazione della quantità di moneta.
Yt può essere diverso da YN nel breve termine solo se i lavoratori non
Ci possiamoprevedono
chiedere da
cosa dipende la
capacità
degli operatori
prevederedi moneta.
correttamente
il tasso
di variazione
delladiquantità
correttamente il tasso di variazione della quantità di moneta. La capacità dei
lavoratori diY prevedere
correttamente il tasso di variazione della quantità di
t può essere diverso da YN nel breve termine solo se i lavoratori non
prevedono
correttamente
il tasso di variazione
della
quantità di moneta.
moneta dipende
fondamentalmente
dal comportamento
delle autorità
monetarie.

Se le autorità monetarie si comportano in maniera trasparente e forniscono
Yt può essere
da YN nel
brevealle
termine
solo se i allora
lavoratori
informazioni
chiare ediverso
comprensibili
relative
loro decisioni
gli non
prevedono correttamente il tasso di variazione della quantità di moneta.
operatori non commetteranno errori di previsione;

Se invece le autorità monetarie non forniscono informazioni comprensibili e
trasparenti allora gli operatori risulteranno indotti a sbagliare le previsioni e
quindi a commettere un errore di previsione.
Quindi in un mondo con aspettative razionali Yt>Ynat solo nel caso in cui le
autorità monetarie non forniscono informazioni comprensibili agli operatori, cioè
soltanto nel caso in cui le autorità monetarie inducono gli operatori a sbagliare le
loro previsioni. Ci dobbiamo chiedere quindi se esistono ragioni che spingono le
autorità monetarie a ingannare gli operatori al fine di ottenere un reddito maggiore
di quello naturale. Questa è la domanda da cui si può partire per spiegare il
fenomeno dell‟incoerenza temporale della politica monetaria.
7. L’incoerenza temporale della politica monetaria.
La domanda che ci siamo posti ci porta a considerare la terza fase dell‟evoluzione
della teoria monetaria contemporanea legata al concetto di incoerenza temporale
della politica monetaria.
Per capire se esistono o meno ragioni che possono spingere le autorità monetarie
ad „ingannare‟ gli operatori, cioè ad evitare di dare informazioni chiare e
58
comprensibili circa il loro operato, è necessario specificare le preferenze delle
autorità monetarie. Possiamo distinguere due tipologie di autorità monetarie sulla
base delle loro diverse preferenze:
1.
Autorità del primo tipo. Sono autorità che agiscono per conto della società
nel suo complesso, e quindi hanno gli stessi obiettivi e le stesse preferenze
della società nel suo complesso;
2.
Autorità del secondo tipo. Sono autorità monetarie che hanno preferenze
diverse da quelle che caratterizzano la società nel suo complesso.
Specifichiamo dettagliatamente le preferenze di questi due tipi di autorità.
7.1 Le preferenze delle autorità monetarie del I tipo
Le preferenze delle autorità monetarie del I tipo possono essere descritte mediante
una funzione di preferenza U, la quale esprime il livello di soddisfazione che le
autorità attribuiscono alle diverse combinazioni del reddito reale Y e del tasso di
inflazione :
Funzione di preferenza:
U = f (Y; )
Funzione di preferenza: U = f (Y; )
Dobbiamo specificare come varia U al variare di Y e P.

Funzione
di preferenza:
= ef (Y;
Per quanto riguarda
la relazione
tra reddito realeU Y
livello) di soddisfazione
U ricordiamo che vale:
Funzione di preferenza:
Y = YN + (
)
U = f (Y; )
Quindi Y>YN solo se P>Pe
Chiediamoci qual è il valore di Y che massimizza la soddisfazione delle
autorità monetarie sapendo che esse hanno le stesse preferenze della società
nel suo complesso.
-
Se Y < YN allora Y ↑
U↑
e quindi
U(YN) > U(Y < YN)
Ci aspettiamo quindi che al crescere del reddito, per Y<YN cresca anche
la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo.
- Se invece Y > YN allora U(Y) < U(YN). Infatti è possibile ottenere Y
> YN solo se gli operatori commettono un errore di previsione e per la
società nel suo complesso Y > YN non incrementa la soddisfazione
59
perché è un risultato che la società non avrebbe accettato se fosse stata in
grado di prevedere correttamente il tasso di inflazione.
Il valore di Y che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è pari
a YN:
Y
max U è Y = YN
Il valore di Y che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è pari
a YN:
Y
max U è Y = YN
Il valore
Per quanto
riguarda
la relazione
tra tasso didelle
inflazione
e livello didel I tipo è pari
di Y che
massimizza
la soddisfazione
autorità monetarie
a YN:
Y
max U è Y = YN
soddisfazione U valgono le seguenti relazioni:
Il valore
Y chepositivi
massimizza
la presenza
soddisfazione
delle autorità
- Perdivalori
di P (in
di inflazione)
si avràmonetarie
U( > 0) <del I tipo è pari
a YN:
Y
max U è Y = YN
U( = 0) infatti l‟inflazione produce almeno due effetti negativi:
1. si confondono grandezze nominali e reali;
2. vi sono effetti redistributivi tra debitori e creditori poiché l‟inflazione
determina la riduzione del valore reale dei debiti nominali. Di
conseguenza i debitori risultano avvantaggiati e i creditori
svantaggiati.
- Per valori negativi di P (in presenza di deflazione)
U( < 0) < U( = 0)
infatti anche in questo caso l‟inflazione a due conseguenze negative :
1. si confondono grandezze nominali e reali;
2. si manifestano effetti redistributivi tra debitori e creditori di segno
opposto a prima poiché la deflazione determina l‟aumento del valore
reale dei debiti nominali. Di conseguenza i debitori risultano
svantaggiati e i creditori avvantaggiati.
Il valore di
a 0:
che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è pari
max U è
=0
Per la società nel suo complesso è quindi preferibile la presenza di prezzi stabili.
Il valore quindi
di che
massimizza
delle autoritàdelle
monetarie
Possiamo
concludere
chela ilsoddisfazione
livello di soddisfazione
autoritàdel I tipo è pari
a 0:
monetarie del I tipo è max quando Y = YNmax
e U= 0.è
=0
Per la società nel suo complesso è quindi preferibile la presenza di prezzi stabili.
Il valore di
a 0:
che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è pari
max U è
=0
Per la società nel suo complesso è quindi preferibile la presenza di prezzi stabili.
Il valore di
a 0:
che massimizza la soddisfazione
delle autorità monetarie del I tipo è pari
60
max U è
=0
Figura 1
=0
Curva di Phillips
=0
2
2
2
2
1
2
0
1
Y1
1
Y1
1
Y1
1
Y1
1
20
1
0
10
0
Y0N
2
Y0N
Y2
2
Y2
Y0N
Y2
YN
Y2
La combinazione 0 è quella che massimizza la soddisfazione delle autorità
monetarie del I tipo:
U(0) = U(YN;
= 0)
max U
Le combinazioni 1 e 2 presentano un livello di soddisfazione inferiore a quello
associato alla combinazione 0:
U(1) = U(Y1 < YN;
1<
0) < U(0)
U(2) = U(Y2 > YN;
2>
0) < U(0)
Una volta specificate le preferenze delle autorità, ci possiamo chiedere se queste
autorità del I tipo hanno interesse ad ingannare gli operatori. Possiamo
concludere che le autorità monetarie del I tipo non hanno interesse ad
ingannare gli operatori e quindi ad ottenere un valore di Y>YN perché in questo
caso la loro soddisfazione sarebbe inferiore a quella in corrispondenza di Y = YN.
In altre parole tali autorità non hanno interesse ad indurre gli operatori a
commettere errori di previsione.
61
=0
Y
= 0Y
Y
Y
Ci possiamo domandare come devono comportarsi le autorità del 1 tipo per
ottenere questa combinazione. Per ottenere la combinazione 0, è necessario che
= 0. In un mondo con aspettative razionali il tasso atteso di inflazione dipende
dalle aspettative circa il tasso di variazione della quantità di moneta
= Me ; le
autorità monetarie devono comportarsi in modo trasparente, ossia devono fornire
informazioni chiare circa il loro obiettivo che è quello di realizzare un tasso di
inflazione pari a zero, e circa il tasso di variazione della quantità di moneta che
dovrà essere pari a zero per indurre gli operatori ad aspettarsi un tasso di
inflazione pari a zero. In questo caso si avrà, infatti, che:
e quindi
e quindi
=0
=0
La combinazione di Y e che massimizza la
soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è
in corrispondenza di
= = 0 e Y = YN.
La combinazione di Y e che massimizza la
soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è
in corrispondenza di
= = 0 e Y = YN.
La combinazione di Y e che massimizza la
7.2 Le preferenze delle autorità monetarie del II tipo
soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è
in corrispondenza
di suo
= complesso.
= 0 e Y = YN.
Queste autorità hanno preferenze diverse
dalla società nel
Supponiamo che per queste autorità la soddisfazione
cresca
di
La combinazione
di anche
Y e per
chevalori
massimizza
la
soddisfazione
delle
autorità
monetarie
del
I tipo è
Y>YN
in corrispondenza di
= = 0 e Y = YN.
Per le autorità monetarie del II tipo il livello di soddisfazione aumenta
al crescere del reddito anche per valori di Y > YN, ossia U(YN) <
U(Y>YN).
Per leper
autorità
del IIditipo
il livello
di soddisfazione
Invece,
quantomonetarie
riguarda il tasso
inflazione,
assumiamo
il tasso diaumenta
inflazione
al crescere del reddito anche per valori di Y > YN, ossia U(YN) <
che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie
del II tipo sia uguale a
U(Y>YN).
quello che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo, e
Per le autorità monetarie del II tipo il livello di soddisfazione aumenta
quindi sia pari a zero.
al crescere del reddito anche per valori di Y > YN, ossia U(YN) <
U(Y>YN).
Quindi nel caso delle autorità del 2 tipo potrà risultare che U(2) > U(0) ossia
Per le autorità monetarie del II tipo il livello di soddisfazione aumenta
U(Y
U(Yreddito
1); per
queste
autorità
diNsoddisfazione
al crescere
anche
per
valori
di Y >l‟incremento
YN, ossia U(Y
)<
2 > YN) > del
N) ( figura
U(Y>Yall‟incremento
N).
legato
di reddito supera la perdita di soddisfazione provocata
dall‟incremento di inflazione.
62
Le preferenze di queste autorità monetarie si discostano da quelle della società nel
suo complesso. Come si giustifica allora l‟esistenza di tali autorità? La
giustificazione più diffusa elaborata dagli economisti, consiste nell‟ipotizzare
che si tratti di autorità monetarie che dipendono dalle autorità di governo: si tratta
quindi di autorità che subiscono le pressioni delle autorità di governo
e
perseguono gli obiettivi fissati dalle autorità di governo.
Nei Paesi democratici le autorità di governo vengono elette per un certo periodo
di tempo e quindi si pongono il problema della loro rielezione. Esse possono
quindi cercare di adottare misure che favoriscano la loro rielezione come ad
esempio la realizzazione nei periodi pre-elettorali di una politica espansiva che
miri a determinare un incremento del livello di reddito e dell‟occupazione al fine
di influenzare le scelte degli elettori. Questo comportamento è confermato da
diversi studi empirici.
Al fine di influenzare il comportamento degli elettori, le autorità di
governo possono quindi spingere le autorità monetarie ad attuare una
politica monetaria espansiva che determini un temporaneo aumento
del reddito.
Al fine di influenzare il comportamento degli elettori, le autorità di
Per
definirepossono
le sceltequindi
di queste
autoritàlerappresentiamo
le preferenze
delle autorità
governo
spingere
autorità monetarie
ad attuare
una
politica monetaria
espansiva che
determini
temporaneo
monetarie
del II tipo costruendo
delle
curve di un
indifferenza,
che aumento
rappresentano
del reddito.
tutte le combinazioni (Y; ) alle quali l‟autorità monetaria attribuisce lo stesso
livello di soddisfazione (figura 2). Per costruire queste curve prendiamo come
Al fine di influenzare il comportamento degli elettori, le autorità di
riferimento
la curvaquindi
di Phillips
che corrisponde
un tasso di
atteso
governo possono
spingere
le autoritàad
monetarie
adinflazione
attuare una
politica
monetaria
espansiva
un temporaneo
aumento
pari
a zero;
questa curva
indica che
tutte determini
le combinazioni
possibili quando
il tasso
del reddito.
atteso di inflazione è pari a zero. Prendiamo come riferimento la combinazione 0
(YN, P = 0) e rappresentiamo tutte le combinazioni alle quali la nostra autorità del
Al fine di influenzare il comportamento degli elettori, le autorità di
secondo
attribuisce
stessa soddisfazione;
al crescereaddiattuare
Y a parità
governotipo
possono
quindilaspingere
le autorità monetarie
una di
politica monetaria
espansiva che
determini
un temporaneo
inflazione
cresce la soddisfazione,
quindi
per mantenere
costante la aumento
soddisfazione
del reddito.
dovrà crescere l‟inflazione fino a quando la disutilità dell‟inflazione compensa
perfettamente l‟incremento di soddisfazione derivante dall‟incremento del reddito
(punto B). In questo modo otterremo la curva U(0).
63
A
n
c
h
e
l
e
a
u
t
o
r
i
t
à
d
e
l
I
I
t
i
p
o
p
r
e
f
e
r
i
s
c
o
n
o
q
u
i
n
d
i
l
a
p
Figura 2
U(0)
Curve di indifferenza
=0
B
B
B
U(0)
U(A)
U(0)
U(A)
U(0)
U(A)
=0
B
U(A)
B
B
=0
B
B
A
0
0
0
0
YN
0
YA
YN
0
YA
=0
A
A
YN
YA
A positivamente;
0
Le curve di indifferenza
hanno tre caratteristiche. 1) Sono inclinate
0
YN
YA
2) hanno un‟inclinazione decrescente poiché l‟utilità
marginale
del reddito Y è
decrescente mentre la disutilità marginale dell‟inflazione è crescente, quindi al
crescere del reddito sarà necessario un incremento del tasso di inflazione sempre
minore per compensare gli effetti di un incremento di una unità del reddito; 3)
curve di indifferenza più lontane dall‟origine rappresentano livelli di
soddisfazione maggiore. La curva che parte dalla combinazione A, U(A)
corrisponde ad un livello di soddisfazione maggiore rispetto a U(0) poiché U(Y A
P=0)>U(Y0 P=0)
Una volta specificate le preferenze possiamo definire la combinazione che
massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie.
64
Y
Y
Y
Y
Figura 3
D
CB
C
B
C
B
D
0
0
C
D
=0
B
B
D
U(A)
B
B
0
C
0
YN
YN
YN
YN
D
D
CA B
YA YD
D
CA
CA
A
YA YD
D
YA YD
Curve di
indifferenza U(A)
=0
U(A)
=0
=0
YA YD
Supponiamo che Pe=0, quindi le combinazioni possibili sono quelle che stanno
sulla curva di Phillips che corrisponde a Pe=0. Abbiamo visto che per le autorità
del primo tipo la combinazione che massimizza la soddisfazione è la
combinazione 0. Questo non vale per le autorità del secondo tipo poiché esistono
combinazioni che assicurano una maggio soddisfazione: ad esempio la
combinazione C a cui corrisponde il reddito YA ed un tasso di inflazione che è
inferiore a quello che corrisponde al punto B quindi U(YA, Pc)>U(B).
Partendo dalla combinazione 0 le autorità monetarie hanno convenienza a
scegliere combinazioni che stanno sulla curva di Phillips a destra della
combinazione 0 fino a quando l‟inclinazione della curva di Phillips è inferiore
all‟inclinazione della curva di indifferenza.
L‟inclinazione della curva di Phillips esprime qual è l‟incremento di inflazione
necessario per ottenere un certo incremento di reddito.
L‟inclinazione delle curve di indifferenza, invece, esprime di quanto deve crescere
l‟inflazione affinchè il livello di soddisfazione si mantenga inalterato.
Infatti, come possiamo notare dalla fig. 3, le autorità monetarie hanno
convenienza a spostarsi dalla combinazione 0 alla combinazione C perchè
l‟incremento di inflazione necessario per ottenere YA è inferiore dell‟incremento
65
U(A)
Y
Y
Y
Y
di inflazione necessario per spostarsi nella combinazione B, ossia per mantenere
lo stesso livello di soddisfazione che si ha in 0.
L‟incremento di soddisfazione generato dall‟aumento del reddito (da YN a YA) è
quindi superiore alla perdita di soddisfazione derivante dall‟aumento del tasso di
inflazione (da 0 a
C).
Consideriamo ora la combinazione D:
U(D) = U(YD > YA;
D
>
C)
U(D) = U(A)
Inoltre U(A) > U(C)
quindi
U(D) > U(C)
Le autorità monetarie espandono la loro soddisfazione incrementando
il reddito quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore
all’inclinazione delle curve di indifferenza. In altri termini, fino a
quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore all’inclinazione
delle curve di indifferenza, le autorità monetarie hanno convenienza
a spostarsi verso destra lungo la curva di Phillips.
Le autorità monetarie espandono la loro soddisfazione incrementando
il reddito quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore
all’inclinazione
delle curve
indifferenza.
a abbia
Per
semplicità supponiamo
che ladicurva
di PhillipsIn
siaaltri
una termini,
retta e chefino
quindi
quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore all’inclinazione
un‟inclinazione
le curve
di indifferenza,
invece,
hanno
inclinazione
delle curve dicostante;
indifferenza,
le autorità
monetarie
hanno
convenienza
a spostarsi verso destra lungo la curva di Phillips.
decrescente
al crescere del reddito si arriverà ad un punto in cui le due
inclinazioni
uguali.
In corrispondenza
di tale punto
si avrà la
Le autoritàsaranno
monetarie
espandono
la loro soddisfazione
incrementando
il reddito quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore
combinazione (Y; ) che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del
all’inclinazione delle curve di indifferenza. In altri termini, fino a
IIquando
tipo: l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore all’inclinazione
delle curve di indifferenza, le autorità monetarie hanno convenienza
a spostarsi verso destra lungo la curva di Phillips.
max U → (Y > YN ;
> 0) (Figura 4)
Le autorità monetarie espandono la loro soddisfazione incrementando
il reddito quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore
delle
indifferenza.
In altri
termini,
fino
Leall’inclinazione
autorità monetarie
noncurve
hannodiinteresse
ad espandere
il reddito
oltre
Y a perché
quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore all’inclinazione
indelle
tal caso
l‟inclinazione
della curva
di Phillips
sarebbe superiore
all‟inclinazione
curve
di indifferenza,
le autorità
monetarie
hanno convenienza
a spostarsi
destra lungo la curva di Phillips.
della
curva di verso
indifferenza.
66
Figura 4
U(0)
Curve di
indifferenza
U(0) U(A)
=0
B
U(0) U(A)
B
U(0) U(A)
In la riduzione di
=0
soddisfazione generata
U(A)
dall‟aumento dell‟inflazione
è perfettamente compensata
=0
dall‟incremento
di
soddisfazione che deriva
dall‟aumento del reddito.
=0
Y
B
D
B
Y0 = C D
YN
Curva di Phillips
0
A
C D
Y0 =
Y
YA
0YN
A
C D
Y
Y
YA
0 Y0 = A
C
Y
Il primo risultato Yche
N abbiamo
YA ottenuto mostra che
Y le autorità del secondo tipo
0
A
scelgono la combinazione α e non la combinazione 0. Questo risultato dipende
Y da
Y0 =
YA
Y
YN
due elementi:
1.
dalle preferenze dell‟autorità monetaria del II tipo;
2.
dall‟ipotesi secondo cui
Ci chiediamo
.
se questa seconda ipotesi è ragionevole. La risposta dipende
dall‟ipotesi che si introduce circa il meccanismo di formazione delle aspettative.

in caso di aspettative adattive le aspettative sull‟inflazione futura vengono
elaborate sulla base del tasso di inflazione registrato nel periodo precedente,
quindi l‟ipotesi
è ragionevole perché in tal caso si avrà
;

in caso di aspettative razionali le aspettative sull‟inflazione futura vengono
elaborate sulla base delle informazioni che gli operatori hanno circa
=f(
).
In questo secondo caso occorre distinguere due ulteriori situazioni:
67
, ossia

Nella prima supponiamo che gli operatori non conoscano le preferenze
dell‟autorità monetaria, ossia non sanno dire se l‟autorità monetaria sia del I
o del II tipo. E supponiamo inoltre che essi ritengano
credibili le
informazioni prodotte dall‟autorità circa la variazione della quantità di
sarà quindi un‟ipotesi ragionevole nel caso le
moneta. In questo caso
autorità monetarie annuncino di volere realizzare

;
Nella seconda supponiamo gli operatori conoscano le preferenze
dell‟autorità monetaria e quindi sanno di essere in presenza di un‟autorità
del II tipo. In questo caso anche se le autorità monetarie annunciassero
e quindi l‟obiettivo
, gli operatori non si aspetteranno
poiché, conoscendo le preferenze delle autorità monetarie, sanno che se
le autorità monetarie non avranno
combinazione 0, bensì la combinazione
>
0
convenienza a realizzare la
caratterizzata da
Y > YN e
= 0. In altri termini, le autorità monetarie non sono credibili e gli
operatori sanno che se si fidassero dell‟annuncio delle autorità monetarie
commetterebbero un errore di previsione. Di conseguenza, in questo caso
l‟ipotesi
non è ragionevole; anche di fronte ad annunci di
operatori si aspetteranno
, gli
.
Figura 5
’=
10%
’
’==8%
10%
= 8%
’=
10%= 5%
= 8%
’==5%
= 8%
10%
= 5%
= 5%
=0
U(1)
’
U(1)
1
1
U(1)
U(1)
’
=0
’
Curve di
indifferenza = 0
1
=0
1
Curva di Phillips
0
Y0 = YN
0Y
N
0Y =Y
0
N
68
Y
Y
Y
Y
Y
Y
Y
Y
Y
A questo punto ci chiediamo allora quale sarà il valore di
. Sarà certamente
superiore a zero. Andiamo per approssimazioni successive; supponiamo che sia
. La posizione della curva di Phillips, come sappiamo, dipende
dal valore del tasso di inflazione atteso; se
, la curva di Phillips si
sposterà verso l‟alto passando per il punto 1 della figura 5.
In corrispondenza di 1:
= 5%
quindi l‟errore di previsione sarà
di conseguenza Y0 = YN
In questo caso le combinazioni che possono essere scelte dalle autorità monetarie
stanno sulla nuova curva di Phillips che passa
= 5%per il punto 1; le autorità dovranno
scegliere la combinazione che massimizza la soddisfazione. Questa combinazione
quindi l’errore di previsione sarà
può essere definita specificando ledicurve
di indifferenza.
conseguenza
Y1 = YNConsideriamo la curva
U(1) che rappresenta tutte le combinazioni (Y; ) che assicurano la stessa
=
5
%
soddisfazione ottenuta nella combinazione 1. La combinazione 1 non massimizza
5%
la soddisfazione delle autorità monetarie=poiché
l‟inclinazione della Curva di
Phillips è inferiore a quella della curva di indifferenza, quindi le autorità
quindi l’errore di previsione sarà
monetarie avranno convenienza adiscegliere
una combinazione
che sta a destra
conseguenza
Y1 = YN
della combinazione 1.
Si spingeranno fino a scegliere la combinazione α‟? Questa combinazione sarà
= 5% Pα che sarà certamente maggiore
caratterizzata da Yα e da un tasso di inflazione
del 5%. Siamo in grado di calcolare
questol’errore
valore poiché
per ottenere
quindi
di previsione
saràYα l‟errore
conseguenza
Y1 = Yatteso
N
di previsione dovrà essere pari al di
5%,
quindi se il tasso
di inflazione sarà
pari al 5% il tasso di inflazione effettivo dovrà essere del 10%:
. Ci
chiediamo se la combinazione α‟ è quella che massimizza la soddisfazione delle
autorità monetarie. Possiamo dimostrare che le autorità monetarie non
sceglieranno la combinazione α‟, ma sceglieranno la combinazione β che sta a
sinistra della combinazione α. A questo scopo consideriamo un esempio numerico
che ci permette di illustrare il passaggio da 0 ad α quando Pe=0 e a β quando Pe =
5%.
69
q
u
i
n
d
i
l
’
e
r
r
o
r
e
d
i
p
r
e
v
i
s
i
o
n
e
s
Tabella 1
Reddito
Disutilità
Utilità marginale
marginale
reddito è
inflazione è
decrescente
Inflazione
crescente
Y0
dY = +1
combinazione 0
=0
dato che
-1
+10
-2
+9
-3
+8
-4
+7
-5
+5
-6
+4
allora
dY = +2
dato che
allora
dY = +3
dato che
allora
dY = +4
dato che
allora
dY = +5
dato che
allora
dY = +6
dato che
allora
70
I valori della tabella 1 sono determinati assumendo che l‟inclinazione della curva
di Phillips sia costante e che per ottenere un aumento del reddito dell‟1% (dY= +
1%) sia necessario un errore di previsione relativo al tasso di inflazione pari
all‟1%. Inoltre si suppone che il tasso di inflazione atteso sia pari a zero. I valori
riportati nella tabella 1 descrivono il percorso che porta le autorità monetarie a
scegliere la combinazione α.
Le autorità monetarie sceglieranno un combinazione a destra della combinazione
0 se l‟inclinazione della curva di Phillips è inferiore a quella della curva di
indifferenza e questo implica che l‟incremento di soddisfazione connesso
all‟incremento di reddito supera la perdita di soddisfazione provocata
dall‟incremento di inflazione. Nell‟esempio riportato nella tabella un incremento
del reddito dell‟1% richiede un incremento dell‟inflazione dell‟1%; le autorità
monetarie sceglieranno di espandere il reddito dell‟1% perché l‟utilità marginale
del reddito è pari a 10 e la disutilità dell‟inflazione è pari a 1. Poiché l‟utilità
marginale del reddito è decrescente mentre la disutilità dell‟inflazione è crescente,
si arriverà ad una combinazione in corrispondenza della quale l‟incremento di
soddisfazione generato dall‟incremento di reddito è perfettamente compensato
dalla perdita di soddisfazione provocata dalla crescita dell‟inflazione; quella è la
combinazione che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie. Nel
nostro esempio corrisponde alla combinazione α che prevede un incremento del
reddito del 5% e dell‟inflazione del 5% in quanto l‟incremento di soddisfazione
derivante dall‟incremento del reddito dal 4 al 5% è perfettamente compensato
dalla perdita di soddisfazione che corrisponde all‟aumento dell‟inflazione dal 4 al
5%.
Questo esempio ci permette di spiegare perché, quando il tasso atteso di inflazione
atteso è pari al 5% le autorità monetarie non sceglieranno la combinazione α‟;
infatti per ottenere un incremento del reddito pari al 5% dovrebbero accettare un
tasso di inflazione del 10%, ma, come mostra la tabella 2, la disutilità conseguente
all‟incremento dell‟inflazione dal 9 al 10% è maggiore dell‟incremento di
soddisfazione relativo all‟incremento del reddito dal 4 al 5% perciò scegliendo la
combinazione α le autorità monetarie ridurrebbero la loro soddisfazione.
71
Tabella 2
Reddito
Disutilità
Utilità marginale
marginale
reddito è
inflazione è
decrescente
Inflazione
crescente
Y0
dY = +1
= 5%
combinazione 1
dato che
-6
+10
-7
+9
-8
+8
-9
+7
-10
+5
allora
dY = +2
dato che
allora
dY = +3
dato che
allora
dY = +4
dato che
allora
dY = +5
dato che
allora
La tabella 2 mostra che le autorità monetarie quando il tasso di inflazione atteso è
pari al 5% massimizzeranno la loro soddisfazione scegliendo la combinazione β
che prevede un incremento del reddito del 3% a cui si accompagna un tasso di
inflazione dell‟8% (figura 5)
72
Questo esempio ci porta a concludere che il tasso di inflazione atteso dai
lavoratori non sarà neppure Pα = 5% poiché i lavoratori sanno che se si
aspettassero
un
tasso
di
inflazione
del
5%
le
autorità
monetarie
massimizzerebbero la loro soddisfazione realizzando un tasso di inflazione
dell‟8%. Rimane aperto il problema della definizione del tasso di inflazione atteso
dai lavoratori.
Per individuare questo tasso proviamo a chiederci se questo tasso può essere pari
all‟8%. Sulla base di quanto abbiamo visto sinora possiamo dedurre che non potrà
essere neppure l‟8% perché se il tasso atteso fosse l‟8% il tasso
=
→ Max U (
= 8% ) sarebbe maggiore dell‟8%. Quanto abbiamo visto sinora ci consente
però di fare alcune osservazioni che ci permetteranno di specificare il valore del
tasso atteso di inflazione:
Riassumendo…

Se
=0

Se
allora
→ Max U (
= 0) =
=
=
= 5%
allora
→ Max U (
=
= 8%
allora
→ Max U (
= 5%
= 5% ) =
=
8%

Se
=
= 8% ) = ??
<11%
Questa sequenza ci suggerisce che:
1. Esiste una relazione tra tasso di inflazione atteso e tasso di inflazione che
massimizza la soddisfazione dell‟autorità monetaria del II tipo → al crescere del
tasso di inflazione atteso il tasso di inflazione che massimizza la soddisfazione
dell‟autorità monetaria aumenta:
=f(
)
con f’ > 0
= f ( di )previsione
con f’
2. Esiste anche una relazione tra l‟errore
ed>il0 tasso di inflazione
atteso → l‟errore di previsione diminuisce
= f ( )al crescere
con f’del
> 0tasso di inflazione
atteso:
=f( )
con f’ > 0
( -
)=h(
)
con h’ < 0
( - ) =che:
h(
Queste relazioni ci permette di concludere
)
con h’ < 0
( -
)=h(
)
con h’ < 0
( -
)=h(
73
)
con h’ < 0
a) se il tasso di inflazione atteso fosse l‟8% allora il tasso di inflazione che
massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie sarà inferiore a 11%;
b) esisterà un valore del tasso di inflazione atteso sufficientemente grande
(
*) in corrispondenza del quale l‟errore di previsione
→
*
Max U (
=
*) =
-
* è uguale a 0 :
*
Possiamo individuare questo valore costruendo una funzione che sintetizzi le due
relazioni appena descritte:
Equazione 1:
=
dove
0<g<1
=
dove
0<g<1
Nel nostro esempio g assume un valore pari a 0,6, e Pα = 5%
= allora
dove
0<g<1

Se
0
5%

Se
5%

Se
8%

allora
allora
P=
< 11%
Equazione 2:
Questa seconda equazione esprime il fatto che i lavoratori sceglieranno quel
particolare valore del tasso di inflazione che rende pari a zero l‟errore di
previsione.
Abbiamo ottenuto un sistema lineare di due equazioni con due incognite: P, P e.
Risolvendo il sistema otteniamo il il valore di
l‟errore di previsione è pari a 0:
da cui
74
* in corrispondenza del quale
A questo punto possiamo calcolare il corrispondente tasso di inflazione che
massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del II tipo:
Max U (
= 12,5%) =
12,5% = 5% + 0,6
12,5% = 12,5%
Figura 6
E
= 12,5%
E
= 12,5%
E
= 12,5%
= 8%
= 12,5%
= 8%
5%
== 8%
5%
== 8%
= 5%
= 5%
=0
E
Curve di
indifferenza
1
=0
1
=0
Y
1
Y= 0
1
Y
0
Y0 =
0Y
N
Y
Y
Y
Y
Curva di Phillips
0Y =
0
YN
Y
Y
0
Siamo in grado, ora, di determinare
il livello di reddito reale Y che corrisponde ad
= 12,5%. EssoYsarà pari a Y =YYN in quanto l‟errore
un tasso di inflazione attesoY0del
YN
di previsione è nullo ( - * = 0): questo valore corrisponde al punto E della
Y0 = di YN la curva di Phillips passa per il punto E in
figura 6. Infatti in corrispondenza
YN
quanto il tasso di inflazione atteso è pari al 12,5%, e allo stesso tempo il tasso di
inflazione del 12,5 % è il valore che massimizza la soddisfazione delle imprese,
quindi nel punto E l‟inclinazione della curva di Phillips è uguale all‟inclinazione
della curva di indifferenza.
75
Y
Quindi se le aspettative sono razionali e gli operatori conoscono le preferenze
delle autorità monetarie (ossia sanno di essere in presenza di un‟autorità del II
tipo) allora la combinazione (Y; ) scelta dalle autorità monetarie del II tipo sarà
E: come è possibile notare dal grafico, le autorità monetarie non sono quindi in
grado di espandere il reddito (YE=YN) perché gli operatori, conoscendo le
preferenze delle autorità, non commettono alcun errore di previsione.
Finora abbiamo descritto le preferenze delle autorità monetarie utilizzando le
curve di indifferenza; possiamo esprimere le preferenze analiticamente utilizzando
una funzione di preferenza o una funzione di costo:
-
funzione di preferenza, rappresenta i livelli di soddisfazione associati alle
diverse combinazioni reddito e tasso di inflazione;
-
funzione di costo, rappresenta il livello di insoddisfazione che le autorità
monetarie attribuiscono a scostamenti del reddito reale e del tasso di
inflazione rispetto a valori obiettivo.
Consideriamo la funzione di costo Z sapendo che:
Y*
→
=0 →
valore obiettivo del reddito
valore obiettivo dell‟inflazione
1)
Z=b
(Y – Y*)2 +
2
dove:
Z = b (Y – Y*)2 + 2
b = peso attribuito agli scostamenti del reddito rispetto a quelli
dell‟inflazione;
-
Z=b
(Y – Y*)2 +
2
(Y – Y*)2 = scostamento del reddito effettivo
rispetto al reddito obiettivo. Il
Z = b (Y – Y*)2 + 2
valore dello scostamento è elevato al quadrato in quanto si ipotizza che
l‟insoddisfazione delle autorità si manifesti sia nel caso in cui Y<Y* sia nel
caso opposto in cui Y>Y*;
-
esiste una relazione diretta tra scostamento del reddito e Z: se lo
scostamento aumenta anche Z crescerà;
76
-
2
= scostamento del valore effettivo dell‟inflazione da quello obiettivo che
è posto pari a zero. Anche in tal caso lo scostamento è elevato al quadrato
al quadrato poiché si assume che l‟insoddisfazione delle autorità si registri
sia per valori superiori che per valori inferiori rispetto all‟obiettivo.
L‟obiettivo delle autorità consiste nell‟individuare la combinazione di valori di Y
e P che minimizza la funzione di costo. Per individuare questa combinazione
dobbiamo specificare il valore obiettivo del reddito (equazione 2) Mentre per le
autorità monetarie del I tipo il valore obiettivo del reddito è YN (e quindi k=1), le
autorità monetarie del II tipo sono per definizione incentivate ad espandere il
reddito oltre YN quindi per tali autorità il reddito obiettivo sarà pari a:
Y* = k YN
2)
dove k > 1
Inoltre sappiamo che
3)
Y = YN +
( -
)
Quindi sostituendo le equazioni 2 e 3 nella 1 si i otterrà:
Z=b
[ YN +
( -
) – kYN ]2 +
2
La funzione di costo diventa una funzione di P, che si ipotizza sia controllato dalle
autorità monetarie mediante la manovra della quantità di moneta; l‟obiettivo
dell‟autorità monetaria del II tipo sarà quello di minimizzare la funzione di costo,
ossia di scegliere quel valore del tasso di inflazione che minimizza Z:
→ Min Z
Poniamo
A = [ YN +
( -
cioè
) – kYN ]
Z=b
→
=0
quindi si avrà:
A2 +
77
2
Quindi risulterà:
2A
Il valore di P che minimizza la funzione di costo è quel valore che azzera la
derivata prima della funzione di costo rispetto al tasso di inflazione:
ossia
2bA
bA
Sostituendo l‟espressione di A si ottiene:
b [ YN +
2
bYN +
b
( -
) – kYN ] +
2
b
bkYN +
bYN
2
bYN
b
2
b
Infine si ricava:
Questa equazione ci dice che il tasso di inflazione che minimizza la funzione di
costo è una funzione lineare del tasso di inflazione atteso
>0
e corrisponde a
.
del nostro esempio (5%), è infatti
un valore positivo poiché k>1
0<
<1
e corrisponde a g del nostro esempio (0,6)
Abbiamo visto, quando abbiamo espresso le preferenze mediante curve di
indifferenza, che l‟errore di previsione si riduce al crescere del tasso di inflazione
atteso
, quindi esisterà un valore del tasso di inflazione atteso tale da
78
determinare un errore di previsione pari a 0, cioè:
Per individuare questo
valore poniamo:
g
Possiamo ottenere Pe risolvendo il seguente sistema:
=
sostituendo la seconda equazione nella prima si ottiene:
da cui
Pe
Il valore di
in corrispondenza del quale l’errore di previsione è pari a 0
corrisponde a:
poiché k>1
79
Questa espressione è maggiore di zero; nel nostro esempio era pari a 12,5%
Di conseguenza il tasso di inflazione che massimizza la soddisfazione delle
autorità monetarie del II tipo sarà pari a
:
Questa espressione è maggiore di zero; nel nostro esempio era pari a 12,5%
Se invece k=1 (autorità monetarie del I tipo)
=
dove
quindi
e quindi
infatti:
=
dato che k=1
7.3 Il concetto di incoerenza temporale della politica monetaria.
Abbiamo visto che in un mondo con aspettative razionali e in cui gli operatori
conoscono le preferenze delle autorità monetarie, le autorità del II tipo non
riescono ad espandere il reddito oltre il suo valore naturale; l‟unico risultato che
riescono ad ottenere è quello di provocare un tasso di inflazione superiore a zero
poiché i lavoratori si aspettano un tasso di inflazione maggiore di zero.
La combinazione E (figura 6) è certamente peggiore della combinazione 0 perché,
a parità di reddito (YE=Y0) in corrispondenza di E il livello di inflazione è
maggiore (
). Ci possiamo chiedere perché le autorità del secondo tipo non
riescono a raggiungere la combinazione 0 che è invece, la combinazione che le
autorità del I tipo riescono a realizzare.
Per illustrare questo punto chiediamoci come dovrebbero comportarsi le autorità
del II per realizzare la combinazione 0. Dovrebbero comportarsi come le autorità
del I tipo: annunciare l‟obiettivo di inflazione 0 e un tasso di variazione della
quantità di moneta pari a 0. Questo dovrebbe indurre gli operatori ad aspettarsi un
tasso di inflazione pari a zero che è la condizione necessaria affinchè si possa
realizzare un tasso di inflazione pari a zero.
80
Questo risultato può essere ottenuto dalle autorità del primo tipo poiché sono
credibili, cioè riescono ad influenzare le aspettative degli operatori, ma non dalle
autorità del secondo tipo. Infatti il loro annuncio di un obiettivo di inflazione pari
a zero non è credibile, non induce gli operatori ad aspettarsi un tasso di inflazione
pari a zero poiché essi sanno che se il tasso atteso di inflazione fosse pari a zero,
allora il tasso di inflazione che massimizza la soddisfazione di queste autorità
sarebbe maggiore di zero, pari a Pα=5% nel nostro esempio.
In conclusione possiamo affermare che in un mondo con aspettative razionali la
presenza di autorità del II tipo genera inflazione.
L’inflazione è quindi determinata dalla presenza di autorità monetarie del II tipo.
Possiamo infine introdurre il concetto di incoerenza temporale della politica
monetaria. La teoria monetaria contemporanea afferma che l‟inflazione che
corrisponde al punto E della figura 6 è provocata dalla incoerenza temporale della
politica monetaria.
Il concetto di incoerenza temporale della politica monetaria si applica ad una
strategia di politica economica che si realizza in due momenti distinti 1,2. Questa
strategia prevede quindi decisioni che si devono realizzare nei due periodi; nel
momento 0 si definiscono le decisioni da realizzare in 1 e in 2.
Questa strategia è caratterizzata da incoerenza temporale se una volta attuata la
politica ottimale prevista per il periodo 1, la politica definita il periodo 2 non si
rivela più ottimale a causa delle decisioni prese nel periodo 1. Nel periodo 2 la
politica prevista non è più ottimale non perché siano cambiate le condizioni
esterne, ma a causa degli effetti della decisioni prese nel periodo 1.
Possiamo mostrare che la strategia che dovrebbero seguire le autorità del II tipo
per realizzare la combinazione 0 è caratterizzata da incoerenza temporale.
1
2
|──────|──────|
2
O 1
Wt
1
2
Informazioni1 →
Informazioni →
= 20
Wt
81
Informazioni →
=0
→
Per ottenere la
combinazione 0 le
autorità monetarie del II
tipo dovrebbero seguire
una strategia
caratterizzata da
incoerenza temporale
della politica monetaria.
Al fine di ottenere la combinazione 0 in corrispondenza della quale
(Y=YN;
) tali autorità dovrebbero seguire una strategia caratterizzata da 2
momenti; all‟inizio del periodo 1 i lavoratori contrattano i salari monetari sulla
base della loro aspettativa circa il tasso di inflazione.
Per realizzare la combinazione 0 le autorità monetarie del II tipo devono nel
periodo 1, fornire agli operatori le informazioni (
→
) che possano
spingere questi ultimi ad elaborare un tasso di inflazione atteso pari a 0 (decisioni
di politica monetaria del periodo 1)
Wt = Wt-1 * (1 +
)
se
=0
allora
Wt = Wt-1
e i prezzi restano costanti
Wt = Wt-1 * (1 + ) se = 0
allora
Wt = Wt-1 e i prezzi restano costanti
Nel periodo 2 le autorità monetarie potranno ottenere Yt = YN e
se
Wt = Wt-1 * (1 + ) se = 0
allora
Wt = Wt-1 e i prezzi restano costanti
realizzano
. Questa strategia però funziona
per le autorità monetarie del I
influenzano
operatori);
non avrà
Wt = Wtipo
(1 +sono) credibili
se = (ossia
0
allora
Wtle=aspettative
Wt-1 e i degli
prezzi
restano costanti
t-1 * che
invece successo per le autorità monetarie del II tipo. Infatti i lavoratori sanno che
se si aspettassero un tasso di inflazione pari a 0 le autorità monetarie del II tipo
massimizzerebbero la loro soddisfazione realizzando un tasso di inflazione
maggiore di 0, ossia pari a
; in questo caso per effetto delle decisioni prese nel
periodo 1 le autorità del secondo tipo saranno spinte a modificare nel periodo 2,
la loro strategia che non sarebbe più quella di realizzare un‟inflazione pari a 0 ma
un‟inflazione pari a Pα. Si tratta quindi di una strategia caratterizzata da
incoerenza temporale.
Gli operatori consapevoli di questo comportamento delle autorità monetarie del II
tipo si aspetteranno un tasso di inflazione maggiore di zero.
Possiamo quindi concludere che la presenza di inflazione, in un mondo
con aspettative razionali e autorità monetarie del II tipo, è
conseguenza dell’incoerenza temporale della politica monetaria.
Possiamo quindi concludere che la presenza di inflazione, in un mondo
con aspettative razionali e autorità monetarie del II tipo, è
conseguenza dell’incoerenza temporale della politica monetaria.
Possiamo quindi concludere che la presenza di inflazione, in un mondo
82
con aspettative razionali e autorità monetarie del II tipo, è
conseguenza dell’incoerenza temporale della politica monetaria.
8. Indipendenza e credibilità delle autorità monetarie.
Secondo la versione tradizionale della teoria quantitativa della moneta
l‟inflazione è un fenomeno monetario dovuto alla variazione della quantità di
moneta:
→
In un mondo caratterizzato da aspettative razionali e in presenza di autorità
monetarie del II tipo l‟inflazione dipende dal fatto che il tasso di inflazione
atteso dai lavoratori è maggiore di 0:
Wt ↑
↑
Queste autorità non sono in grado di impiegare la
↑
politica monetaria per
espandere il reddito: non è possibile ottenere un maggior livello di reddito grazie
ad una maggiore inflazione.
L‟aspetto paradossale è che se esistono autorità monetarie del II tipo non è
neppure possibile ottenere la stabilità dei prezzi, ossia la combinazione
0(Y=YN;
).
Gli studiosi di macroeconomia si sono allora interrogati su cosa è possibile fare
per eliminare l‟inflazione → la risposta è stata che bisogna eliminare le condizioni
che portano alla presenza di
autorità monetarie del II tipo, cioè di autorità
monetarie che sono fortemente condizionate dalle scelte delle autorità di governo.
Per eliminare l‟inflazione bisognerebbe quindi creare autorità monetarie che siano
indipendenti delle autorità di governo, ossia che non subiscano pressioni dalle
autorità di governo. E‟ ragionevole ipotizzare che autorità monetarie indipendenti
dovrebbero avere preferenze che riflettono quelle della società nel suo complesso
e quindi tali da indurre a massimizzare la soddisfazione scegliendo la
combinazione 0, ossia quella in corrispondenza della quale i lavoratori non
vengono ingannati. Le autorità del primo tipo infatti, sono credibili sono cioè in
83
c
c
e
t
t
i
d
i
i
n
d
i
p
e
n
d
e
n
grado di influenzare con il loro comportamento, le aspettative inflazionistiche
degli operatori. Autorità monetarie indipendenti rispetto alle autorità di governo
sono autorità monetarie credibili.
L‟indipendenza delle autorità monetarie si compone di diversi elementi. In
particolare è possibile distinguere:
1.
INDIPENDENZA PERSONALE → i vertici direttivi dell‟autorità
monetaria sono composti da persone in grado di resistere alle pressioni che
possono essere esercitate dalle autorità di governo. Tale forma di
indipendenza viene garantita stabilendo, per esempio, che i componenti dei
Consigli direttivi delle autorità monetarie durino in carica per un periodo
predeterminato e non siano rieleggibili;
2.
INDIPENDENZA
RELATIVA
AGLI
OBIETTIVI
→
l‟autorità
monetaria deve essere in grado di fissare autonomamente gli obiettivi della
propria azione;
3.
INDIPENDENZA RELATIVA AGLI STRUMENTI → l‟autorità
monetaria deve essere in grado di scegliere autonomamente gli strumenti
con cui realizzare i propri obiettivi.
8.1. Regole e discrezionalità della politica monetaria
Indipendenza non è sinonimo di irresponsabilità: un‟autorità monetaria
indipendente ha la responsabilità nei confronti della società nel suo complesso di
realizzare gli obiettivi che massimizzano la soddisfazione di quest‟ultima.
L’autorità monetaria indipendente risponde del proprio operato nei confronti
di tutta la società.
Si devono quindi creare le condizioni affinché l‟opinione pubblica possa
verificare e valutare le scelte compiute dall‟autorità monetaria.
La verifica-valutazione del comportamento delle autorità monetarie è facilitata da
due elementi:
84
1.
l‟autorità monetaria deve fornire informazioni relative al suo operato, ossia
deve spiegare le scelte compiute, gli obiettivi che si è prefissata e le ragioni
di eventuali scostamenti tra risultati ottenuti e obiettivi prefissati
l’autorità monetaria indipendente deve essere trasparente;
2.
l’autorità monetaria deve seguire una strategia basata su regole di
decisione piuttosto che una strategia discrezionale.
Possiamo distinguere due strategie di politica economica: i) una politica
economica basata su regole di decisione; ii) una politica discrezionale.
La differenza tra queste due strategie può essere specificata osservando che
all‟interno di qualsiasi strategia di politica economica è possibile distinguere
due momenti: il momento della programmazione/pianificazione della
strategia e quello della sua realizzazione.
Nel caso di una strategia basata su regole di decisione l‟intervallo temporale
che separa tali due momenti è molto ampio; nel caso di una strategia
discrezionale, invece, i due momenti tendono a coincidere:
0
1
2
3
───|──────|──────|──────|──────
t
t+1
t+2
In caso di strategia basata su regole di decisione l‟autorità monetaria
stabilisce come si comporterà in ogni periodo successivo e quindi tra
programmazione e realizzazione della strategia intercorre un ampio
intervallo temporale, quindi nell‟istante 0 essa dichiarerà come si
comporterà in t, t+1, t+2…
Nel caso di una politica discrezionale, invece, tale intervallo temporale si
annulla perché di periodo in periodo l‟autorità monetaria programma e
realizza un particolare intervento di politica monetaria.
Per la società nel suo complesso risulta quindi più facile valutare una strategia
basata su regole di decisione piuttosto che una strategia discrezionale.
85
8.2 Alcuni esempi di regole.
Negli ultimi 20-30 anni le autorità monetarie hanno seguito soprattutto strategie
basate su regole di decisione. In particolare possiamo distinguere tre esempi di
regole di decisione:
1.
monetary targeting;
2.
inflation targeting;
3.
regola di Taylor.
Monetary targeting
Tale regola prevede che le autorità monetarie fissino al tempo 0 il tasso di
variazione della quantità di moneta
che si dovrà realizzare in t, in t+1, in
t+2,….e che esse ritengono sia coerente con un dato valore obiettivo del tasso di
inflazione.
Fondamento teorico di tale regola è infatti la teoria quantitativa della moneta
secondo cui variazioni della quantità di moneta determinano variazioni del tasso
di inflazione:
→ .
Possiamo spiegare attraverso quale processo le autorità monetarie scelgono
partendo dall‟equazione degli scambi:
MV=PY
dove
M = quantità di moneta
V = velocità di circolazione della moneta
P = prezzi
Y = reddito reale
Equivalente a:
2% 2% -0,5%
Per scegliere
le autorità monetarie devono quindi innanzitutto specificare il
tasso di inflazione
che intendono realizzare ed elaborare previsioni circa
e .
L‟esempio più rilevante di realizzazione di questa regola è rintracciabile nella
politica monetaria realizzata in Germania a partire dagli anni ‟70 e fino al 1998
86
quando venne costituita l‟Unione Monetaria Europea, la quale comportò
l‟adozione di una politica monetaria comune.
Nei primi anni di vita della BCE fu adottata una regola che rifletteva proprio
quella di monetary targeting della BC tedesca, ossia quella del Paese europeo
economicamente più forte, e i valori di
erano proprio quelli del nostro
esempio.
Il monetary targeting venne tuttavia adottato anche in altri Paesi e, in alcuni casi,
era anche prevista una penalità nei confronti delle autorità monetarie che non
fossero riuscite a rispettare il tasso di variazione della quantità di moneta
definito.
Inflation targeting
Tale regola venne adottata a partire dagli anni ‟90 in Inghilterra e Canada e in altri
paesi. Questa regola è caratterizzata da due elementi:
1.
le autorità monetarie devono annunciare pubblicamente il valore obiettivo di
che dovrà essere realizzato in un determinato intervallo di tempo.
Solitamente l‟intervallo di tempo è di medio periodo (2 anni) poiché le
autorità monetarie riconoscono di non essere in grado di controllare
nel
breve periodo: esse riconoscono cioè che nel breve periodo ci possono
essere fattori che influenzano
indipendentemente dalle proprie decisioni e
che non possono essere contrastati dalle proprie scelte.
2.
il secondo aspetto rilevante riguarda la scelta dello strumento da utilizzare
per realizzare l‟obiettivo prefissato in termini di .
Questa regola non definisce uno strumento specifico, ma analizzando
l‟esperienza storica possiamo notare che i Paesi che l‟hanno adottata hanno
tutti utilizzato il tasso di interesse:
r→
Questa può sembrare una scelta sorprendente poiché sinora abbiamo assunto
che
lo strumento fondamentale utilizzato dalle autorità monetarie per
controllare
fosse
.
87
Ciò ci spinge a porci due domande:
a) Perché le autorità monetarie non hanno più usato
per controllare
?
La ragione è che in molti Paesi negli anni ‟80-‟90 si è registrata un‟elevata
instabilità della relazione tra inflazione e tasso di variazione della quantità di
moneta:
tra
, con la conseguenza che è venuta meno la relazione biunivoca
e : a parità di quantità di moneta si potevano avere più livelli di tasso di
inflazione o, viceversa, in corrispondenza di diversi valori della quantità di
moneta era possibile ottenere lo stesso valore del tasso di inflazione.
Vista l‟instabilità di tale relazione,
diventò quindi uno strumento poco efficace
e dunque uno strumento da sostituire.
b) Come fanno le autorità monetarie a controllare il tasso di interesse r?
Per capire ciò occorre fare una premessa → Come abbiamo appena detto lo
strumento fino ad allora utilizzato per controllare
era la quantità di moneta, la
quale veniva controllata dalle autorità monetarie mediante operazioni di mercato
aperto, ossia mediante operazioni di compravendita di titoli.
In particolare la moneta è costituita dalle passività finanziarie della Banca
centrale:
M = PFBC
Questa definizione di moneta è molto imprecisa: se pensiamo alla funzione di
mezzo di scambio della moneta allora dobbiamo osservare che la moneta non
coincide esclusivamente con le passività delle Banche Centrali poiché anche le
passività a vista emesse dalle singole banche (essenzialmente depositi) vengono
usate come mozzo di pagamento. Una definizione più precisa di moneta è allora la
seguente:
M = PFBC + depositi
Dal momento che la componente principale della moneta è costituita dai depositi
ci chiediamo se le autorità monetarie sono in grado di controllare la quantità di
moneta in circolazione. A questa domanda gli economisti danno due risposte :
88

secondo la teoria della esogeneità della moneta le autorità monetarie sono in
grado di controllare l‟ammontare di deposti e quindi la quantità di moneta in
circolazione;

secondo la teoria della endogeneità della moneta, invece, le autorità monetarie
non sono in grado di controllare la quantità di moneta in circolazione.
Secondo i sostenitori della teoria dell‟esogeneità della moneta esiste una relazione
tra depositi e passività della Banca Centrale:
DEP = f (PFBC)
Se questa relazione è stabile allora le autorità monetarie sono in grado di
controllare la quantità di moneta in circolazione:
M = PFBC + (DEP = f (PFBC))
Secondo gli studiosi della teoria dell‟esogeneità della moneta tale relazione si
basa sull‟esistenza di un vincolo che riguarda le banche costituito dall‟obbligo di
avvalersi di una riserva a fronte dei propri depositi composta solo da passività
della Banca Centrale:
Le riserve devono essere proporzionali all’ammontare dei depositi:
con
dove
è il coefficiente di riserva.
Lo stato patrimoniale delle banche risulterà quindi così composto:
Banche
attività
Crediti
Riserve
passività
Depositi
Questo vincolo definisce una relazione tra le PFBC e i depositi e quindi tra le
PFBC e la moneta. Per semplicità supponiamo che M = DEP, avremo quindi:
89

Ossia:
le riserve sono proporzionali all‟ammontare dei depositi;

le riserve possono essere costituite solo da passività della Banca Centrale;

l‟ammontare massimo delle riserve coincide con l‟ammontare delle passività della
Banca Centrale, determinato dalla stessa tramite operazioni di mercato aperto.
Sostituendo la seconda equazione nella prima si ottiene:
da cui
dove
DEP =
è il moltiplicatore dei depositi.
Facciamo un semplice esempio:
quindi DEP =
Banche
attività
passività
Crediti
4000
Depositi
5000
Riserve 0,2*5000

È importante distinguere nettamente il concetto di moneta da quello di base
monetaria:
la moneta è composta dal circolante e dai depositi:
M = CIRC + DEP

la base monetaria, o moneta ad alto potenziale, è il nucleo da cui scaturisce
l‟ammontare della moneta ed è rappresentata dall‟insieme degli strumenti
finanziari che possono essere utilizzati dalle banche per costituire la riserva
obbligatoria. La componente più rilevante della base monetaria è costituita dalle
passività della Banca Centrale quindi avremo:
90
BM = PFBC
La Banca Centrale controlla la base monetaria e quindi le proprie passività
finanziarie attraverso due operazioni:
-
operazioni di mercato aperto;
-
finanziamenti che la BC concede alle aziende di credito: le banche
ordinarie possono ottenere base monetaria dalla BC e quindi indebitarsi nei
confronti di quest‟ultima.
A questo punto siamo quindi in grado di comprendere come le autorità monetarie
controllano il tasso di interesse.
Le autorità monetarie stabiliscono autonomamente e discrezionalmente il tasso di
interesse al quale la BC finanzia le aziende di credito → tale tasso è definito tasso
ufficiale di sconto rS (o tasso di riferimento).
La manovra di questo tasso di interesse è diventata lo strumento principale di
politica monetaria usato dalle autorità monetarie per influenzare l‟intera struttura
dei tassi di interesse:
Se rS ↑
rL ↑
r↑
dove rL è il tasso di interesse applicato da ogni singola banca.
Dobbiamo infine specificare la relazione tra tasso di interesse e inflazione. La
manovra del tasso di interesse agisce sul tasso di inflazione attraverso tre canali:
1) le aspettative. La manovra del tasso di interesse rende esplicito l‟indirizzo della
politica monetaria e quindi influenza le aspettative inflazionistiche;
2) la domanda aggregata. Una variazione del tasso di interesse influenza la
domanda aggregata e questo può influenzare il livello dei prezzi;
3) il tasso di cambio. Una variazione del tasso di interesse, influenza il saldo della
bilancia dei pagamenti e quindi il tasso di cambio il quale influenza il prezzo dei
beni importati e quindi il tasso di inflazione; un aumento del tasso d interesse
migliora il saldo della bilancia dei pagamenti, provoca una rivalutazione del
cambio e questo determina una riduzione del prezzo in valuta nazionale dei beni
importati.
91
Regola di Taylor
Tale regola è il risultato di uno studio empirico compiuto sul comportamento della
BC americana (Federal Reserve) tra gli anni „80-„90 da J. Taylor. Taylor
studiando il comportamento delle autorità monetarie americane concluse che esse
avevano manovrato il tasso di interesse –r- secondo una regola basata su due
punti:
1.
le autorità monetarie negli anni „80-„90 hanno manovrato il tasso di
interesse nominale al fine di ottenere un particolare valore obiettivo del
tasso di interesse reale;
2.
le autorità monetarie negli anni „80-„90 hanno manovrato il tasso di
interesse in funzione degli scostamenti del reddito Y e del tasso di
inflazione
rispetto ai valori obiettivo Y* e *.
Sapendo che:

R = tasso di interesse reale;


avremo
r = tasso di interesse nominale;
R=r-
= tasso di inflazione.
Ipotizziamo di acquistare in t = 0 un titolo (P0 = 1000 €) con un rendimento
nominale del 10%; ciò significa che in t = 1 avremo un montante pari a 1100 €:
0
1
|─────────────────|
P0 = 1000 €
M = 1100 €
r = 10%

Se
=0
allora
R=r–

Se
= 10%
allora
R = r –
= 10% - 0 = 10%
= 10% - 10% = 0
→
In questo caso gli interessi nominali coprono completamente gli
effetti dell’inflazione.

Il tasso di interesse reale può essere negativo se
92
.
Sapendo che:

R* = valore obiettivo del tasso di interesse reale → R* = rt –

rt = tasso di interesse nominale controllato dalle autorità monetarie e fissato
in modo tale da raggiungere R*
possiamo trovare l‟equazione che soddisfa le 2 condizioni della regola di Taylor:
rt = R* +
t
+ a(
t
– *) + b (Yt – Y*)
1^ CONDIZIONE
con a > 0; b > 0
2^ CONDIZIONE

Se
t
= * e Yt = Y*
rt* = R* +

Se
t
> *
rt > rt*
(viene attuata una
rt < rt*
(viene attuata una
rt > rt*
(viene attuata una
rt < rt*
(viene attuata una
t
politica restrittiva)

Se
t
< *
politica espansiva)

Se Yt > Y*
politica restrittiva)

Se Yt < Y*
politica espansiva)
Secondo la regola di Taylor le autorità monetarie negli anni ‘80-‘90
hanno perseguito un duplice obiettivo, ossia hanno definito il tasso di
interesse in funzione del controllo del tasso di inflazione e del
raggiungimento di un particolare livello di reddito.
Una strategia basata sulla regola di Taylor contrasta perciò con la teoria
quantitativa della moneta secondo cui l‟obiettivo delle autorità monetarie sarebbe
esclusivamente garantire la stabilità dei prezzi.
93
PARTE SECONDA. LA POLITICA MONETARIA DELLA
BANCA CENTRALE EUROPEA
L‟analisi teorica descritta nelle pagine precedenti ci permette di descrivere la
politica monetaria adottata dalla Banca Centrale Europea (BCE)
La BCE nasce nel 1999 quando si realizza L‟Unione Monetaria Europea con la
quale un gruppo di paesi europei adotta una moneta comune e rinuncia alle
monete nazionali.
La BCE è un‟autorità monetaria sovra-nazionale governata da due organi:
1. CONSIGLIO DIRETTIVO composto dai rappresentanti delle Banche
Centrali dei Paesi che aderiscono all‟UEM + i componenti del comitato
esecutivo. Si tratta dell‟organo che decide la politica monetaria;
2.
COMITATO ESECUTIVO composto da 6 membri (1 presidente, 1 vicepresidente + 4 membri) che restano in carica per un periodo di 8 anni e non
sono rieleggibili. Tale organo esegue la politica monetaria decisa dal
Consiglio Direttivo.
La nascita della BCE non ha determinato la cancellazione delle Banche Centrali
nazionali, ma ne ha ridefinito i compiti. Le Banche Centrali nazionali devono ora
infatti:

applicare la politica monetaria comune;

vigilare sul sistema finanziario.
Gli obiettivi della BCE sono stati definiti in maniera ufficiale dal Trattato di
Maastricht (1991) il quale ha stabilito:

la stabilità dei prezzi come obiettivo esclusivo della BCE (viene quindi
totalmente cancellata la politica keynesiana):
94

le tappe del percorso che avrebbe dovuto portare nel 1999 alla nascita della
UEM.
Per quanto riguarda la strategia, la BCE specifica chiaramente le condizioni da cui
dipende l‟efficacia della politica monetaria rispetto all‟obiettivo della stabilità dei
prezzi.
Secondo la BCE condizione fondamentale per raggiungere tale obiettivo è la
credibilità dell‟autorità monetaria; il concetto di credibilità è strettamente
collegato al concetto di incoerenza temporale della politica monetaria che mostra
che l‟inflazione è causata dall‟incoerenza temporale della strategia di politica
monetaria di autorità che non sono credibili quando annunciano di voler realizzare
l‟obiettivo di stabilità dei prezzi. Come abbiamo visto le autorità del II tipo non
sono credibili in quanto non riescono con il loro annuncio a influenzare le
aspettative degli operatori. Un‟autorità monetaria è credibile se è in grado di
influenzare, con i propri annunci, le aspettative degli operatori; questa è la
condizione necessaria per ottenere la stabilità dei prezzi. Per ottenere questa
condizione infatti, il tasso atteso di inflazione deve essere pari a zero e questo si
verifica soltanto nel caso in cui gli operatori ritengono credibile l‟annuncio delle
autorità monetarie di vore ottenere la stabilità dei prezzi. Le autorità del I tipo
sono autorità credibili
Abbiamo visto che un‟autorità del I tipo deve essere un autorità indipendente dal
potere politico. Il Trattato di Maastricht ha infatti dato molta rilevanza
all‟indipendenza della BCE:
95

stabilendo che BCE e BC nazionali devono essere indipendenti rispetto alle
autorità di Governo;

stabilendo il divieto per la BCE di finanziamenti monetari del disavanzo
pubblico.
L’autonomia della BCE rispetto alle autorità di governo è rafforzata
dalla sua indipendenza economica: la BCE non riceve alcun
finanziamento dai governi nazionali in quanto è economicamente
autosufficiente.
La BCE, infatti, si finanzia con le entrate che ottiene grazie al fatto che detiene il
monopolio dell‟emissione di base monetaria. Tali entrate derivano quindi dai:

rendimenti sui titoli acquistati a seguito delle operazioni di mercato aperto;

tassi di interesse sui finanziamenti che concede agli istituti di credito.
SIGNORAGGIO → entrate del soggetto che emette, batte moneta.
Garantisce alla BCE l’autonomia economica.
Un‟autorità monetaria è credibile se è:

indipendente

trasparente, ossia in grado di influenzare le aspettative degli operatori con le
autorità monetaria del I tipo;
informazioni che fornisce loro in maniera chiara e comprensibile.
Per facilitare la comprensione del proprio operato, la BCE ha annunciato
pubblicamente la propria strategia finalizzata al raggiungimento della stabilità dei
prezzi. Tale strategia si compone di 3 elementi:
1.
la BCE ha annunciato l‟obiettivo della stabilità dei prezzi in termini
quantitativi, ossia in termini di valore obiettivo del tasso di inflazione da
realizzare nel medio periodo
è qui ravvisabile il primo aspetto
dell‟inflation targeting.
96
Mantenere l’inflazione entro il 2 % nel medio periodo rende esplicita la
responsabilità delle autorità monetarie e allo stesso tempo influenza le
aspettative degli operatori dal momento che l’autorità monetaria viene ritenuta
credibile.
L
La ragione fondamentale per cui viene scelto un valore obiettivo del tasso di
inflazione pari al 2% anziché allo 0% sta nel fatto che ciò rende efficace la
politica monetaria in situazioni particolari di recessione. In questo caso le
autorità monetarie abbassando il tasso di interesse al di sotto del 2%
riescono ad avere un tasso di interesse reale negativo.

Se r = 0 e
= 0 allora R = 0

Se r = 0 e
= 2% allora R = 0 – (+2%) = -2%
Un tasso di inflazione del 2% rende più efficace la politica monetaria in
condizioni particolari in cui Y<YN.
2.
La politica antiinflazionistica della BCE è basata su due pilastri. Il I^ pilastro è
costituito dall‟annuncio del tasso di variazione della quantità di moneta
coerente con l‟obiettivo della stabilità dei prezzi
monetary targeting.
Secondo l‟equazione degli scambi di Fisher :
=
–
+
= 2% - (-0,5%) + 2% = 4,5%
97
ritenuto
tale pilastro rispecchia il
Esiste però una differenza tra il monetary targeting e la strategia della BCE:
quando quest‟ultima annuncia la variazione della quantità di moneta, allo
stesso tempo afferma di non essere vincolata esplicitamente a realizzare tale
obiettivo quantitativo
è solo una variabile di riferimento. Nel monetary
targeting, invece, la BCE è obbligata a rispettare questo obiettivo.
3.
Il II^ pilastro della strategia anti-inflazionistica è costituito dal monitoraggio
da parte della BCE di una serie di indicatori che essa ritiene possano
anticipare e quindi aiutare a prevedere l‟andamento del tasso di inflazione.
Si tratta di grandezze economiche che aiutano a prevedere la dinamica dei
costi di produzione:

Andamento dei salari;

Tassi di cambio;

Indicatori della politica fiscale;

Risultati di inchieste condotte sul comportamento delle imprese o dei
consumatori.
L’inflazione dunque non è solo un fenomeno monetario, ma dipende anche
dall’evoluzione dei costi di produzione
spiegazione keynesiana dell’inflazione.
La BCE associa i due pilastri a 2 approcci teorici differenti, a due diverse
spiegazioni dell‟inflazione:

Il primo pilastro è coerente con l‟approccio che attribuisce un ruolo di
primo piano alla moneta nello spiegare l‟evoluzione futura dei prezzi;

Il secondo pilastro è coerente con una spiegazione alternativa del processo
inflazionistico che mette in risalto gli effetti della dinamica dei costi di
produzione.
98
La BCE adotta quindi un atteggiamento pragmatico, sottolineando che fare
esclusivo riferimento all‟approccio monetarista non è sufficiente:
Inoltre, dobbiamo osservare che l‟importanza per la BCE di questi due pilastri è
cambiata nel tempo:

sino al 2004 il I pilastro (ossia quello monetario) era il più importante;

dal 2004 in poi l‟importanza del I pilastro si è notevolmente ridotta,
lasciando spazio al II pilastro: da allora infatti la BCE ha smesso di
annunciare il tasso di variazione della quantità di moneta coerente con
l‟obiettivo della stabilità dei prezzi.
Questo cambiamento è dovuto al fatto che nei primi anni di applicazione del I
pilastro si sono registrati forti scostamenti tra i valori annunciati e i valori effettivi
della quantità di moneta:

annunciato = 4,5%

effettivo = 8%
La BCE ha quindi smesso di annunciare il tasso di variazione della quantità di
moneta ritenuto coerente con l‟obiettivo della stabilità dei prezzi poiché
sistematicamente non veniva realizzato.
Bisogna inoltre precisare che tale scostamento era dovuto
essenzialmente all’instabilità della funzione di domanda di moneta.
Se Md è stabile allora è stabile anche la relazione tra moneta e tasso di interesse,
ossia esiste una relazione biunivoca tra M e r
controllare M o r è la stessa cosa
perché ad una data quantità di moneta corrisponde un certo tasso di interesse e
viceversa. Infatti si ha che:

se M = M0 allora r = r0 (combinazione 0, figura 1);

se le autorità monetarie vogliono r = r0 allora dovranno creare M = M0.
99
Se invece la relazione tra queste due grandezze è instabile, ossia se cambia la
propensione alla liquidità del pubblico, allora la funzione di domanda di moneta si
sposta (es. se aumenta la propensione alla liquidità allora Md si sposterà verso
destra, figura 1).
Se le autorità monetarie decidono di controllare la quantità di moneta e di
mantenere M = M0 allora r ≠ r0 ossia il nuovo equilibrio sarà in corrispondenza di
r1 > r0 (combinazione 1). Le autorità monetarie dovranno quindi accettare un
aumento del tasso di interesse.
Se invece le autorità monetarie decidessero di mantenere stabile il tasso di
interesse (r = r0) allora dovrebbero adeguare l‟offerta di moneta alla domanda,
ossia espandere M fino a M1 > M0 (combinazione 2).
Figura 1
r
r1
r0
M0
M1
1
0
2
Md’ (Y0;r)
Md (Y0;r)
Md; Ms
100
Quest’ultima fu la scelta che fece la BCE nei suoi primi anni di vita e
quanto appena detto consente altresì di capire perché nei primi anni
di vita annunciato fosse inferiore a effettivo.
Nel settembre del 2001 l‟attentato alle torri gemelle a New York ha influenzato le
scelte di portafoglio dei possessori di ricchezza aumentando la propensione del
pubblico a mantenere liquidità vista la situazione di incertezza.
La BCE ha accettato lo scostamento tra
annunciato (4,5%) e
effettivo (8%)
poiché ciò non ha comportato un tasso di inflazione più elevato rispetto a quello
obiettivo.
Vediamo ora perché nonostante un aumento cosi elevato di
non si è registrata
una maggiore inflazione. Perché si abbia inflazione è necessario associare alla
variazione della quantità di moneta un aumento della domanda di beni. In questo
caso l‟aumento della quantità di moneta non è associato ad una maggiore
domanda aggregata, ma semplicemente ad un cambiamento della propensione del
pubblico a detenere moneta. La ricchezza del pubblico infatti rimane invariata e
quindi la domanda di beni da parte del pubblico non aumenta nonostante
l‟aumento della quantità di moneta.
Possiamo quindi concludere che nella strategia adottata dalla BCE è
principalmente ravvisabile la regola dell‟inflation targeting: l‟autorità monetaria
ha un obiettivo inflazionistico in termini quantitativi perseguito manovrando il
tasso di interesse e non la quantità di moneta.
La BCE inoltre adotta una strategia diversa da quella della Banca Centrale
Americana: nonostante entrambe le autorità usino come strumento il tasso di
interesse, la differenza fondamentale riguarda la specificazione degli obiettivi di
tali autorità monetarie → mentre la BCE, rifacendosi all‟inflation targeting,
assume la stabilità dei prezzi come unico obiettivo, la Federal Reserve assume un
duplice obiettivo prevedendo manovre del tasso di interesse in funzione degli
scostamenti sia dell‟inflazione sia del reddito rispetto ai valori obiettivo.
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