APPUNTI di ECONOMIA MONETARIA Giancarlo Bertocco* Corso di Laurea Triennale Anno Accademico 2010-11 *Questo testo è stato realizzato sulla base degli appunti presi durante le lezioni tenute nell‟anno accademico 2009-10, dalle studentesse Debora Diana e Federica Geranio che ringrazio. 1 Indice -Presentazione del corso 3 -PARTE PRIMA: I FONDAMENTI TEORICI DELLA POLITICA MONETARIA CONTEMPORANEA 1. La teoria neoclassica 5 2. La critica di Keynes 11 3. Il modello IS-LM 18 4. La curva di Phillips e la spiegazione Keynesiana dell’inflazione 29 5. La critica di Friedman alla curva di Phillips 37 6. Le aspettative razionali 54 7. L’incoerenza temporale della politica monetaria 58 8. Indipendenza e credibilità delle autorità monetarie 83 -PARTE SECONDA: LA POLITICA MONETARIA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA 94 2 Presentazione del corso Questo corso ha un duplice obiettivo. Il primo consiste nell‟analizzare l‟evoluzione della teoria monetaria negli ultimi decenni poiché tale processo ha condizionato in modo rilevante il comportamento delle autorità monetarie e quindi la definizione delle strategie di politica monetaria (i.e. la definizione degli obiettivi e degli strumenti della politica monetaria). Il secondo obiettivo consiste nell‟analizzare le scelte di politica monetaria adottate in epoca recente; in particolare, le scelte compiute della Banca Centrale Europea (Bce), l‟organismo che elabora la politica monetaria comune ai paesi aderenti all‟Unione monetaria Europea (quei paesi che hanno adottato l‟euro come moneta unica). Le scelte assunte dalla Bce sono molto rilevanti per l‟Italia poiché dal 1999 essa decidendo di partecipare all‟Unione monetaria europea ha abbandonato l‟uso della propria moneta nazionale (lira italiana) e si è sottomessa, per quanto riguarda le decisioni di politica monetaria, alla Banca Centrale Europea. Nella seconda parte del corso verrà analizzata la crisi economica che ha colpito l‟economia mondiale. L‟economia mondiale si trova, infatti, a partire dal 20082009 in una profonda recessione associata per le sue proporzioni alla Grande Depressione del 1929. La recente crisi mondiale quindi non è un evento di secondaria importanza ma un fenomeno di rilevanza storica che, analogamente alla Crisi del 1929 e al fenomeno della stagflazione degli anni ‟70, sarà ricordato nei libri di storia. Concentrandosi sulle peculiarità della recente crisi si analizzerà la relazione che esiste tra politica monetaria e crisi economica; in particolare, saranno affrontate due questioni: 1) la possibile relazione tra le scelte di politica monetaria adottate dagli anni ‟90 ad oggi e lo scoppio della crisi finanziaria; 2) la reazione delle autorità monetarie alla crisi. Un corso di economia monetaria si occupa, evidentemente, di moneta. Occuparsi di moneta significa spiegare qual è il ruolo della moneta nel sistema economico. Nel corso “Istituzioni di Macroeconomia” sono stati descritti modelli macroeconomici in cui compariva il mercato della moneta caratterizzato da domanda e offerta di moneta. La quantità di moneta esistente, quindi, può essere 3 studiata considerando due distinte prospettive: chi domanda moneta e chi offre moneta. L‟espressione domanda di moneta non significa desiderare/volere moneta bensì esprime la decisione di un soggetto economico di detenere una porzione della sua ricchezza sottoforma di moneta. Dall‟altro lato l‟offerta di moneta si riferisce ad un processo di creazione di moneta da parte delle autorità monetarie. Come già visto nel corso “Istituzioni di Macroeconomia” ci sono due diverse teorie della moneta: teoria quantitativa della moneta e teoria keynesiana della moneta. Si provvede ora ad una presentazione dei cenni introduttivi delle teorie sopracitate. La teoria quantitativa della moneta può essere anche definita come teoria neoclassica della moneta: tale teoria è, infatti, sostenuta da economisti di impostazione neoclassica. Il principio cardine di questa teoria è quello della neutralità della moneta: la moneta permette di ridurre i costi dello scambio che sarebbero molto più elevati in una economia di baratto. Questa peculiarità della moneta non ha però alcun effetto sulle variabili reali: il reddito (Y) e il numero di lavoratori occupati (N) non dipendono dalla quantità di moneta (M) in circolazione. Una economia di mercato infatti è spontaneamente volta al raggiungimento dell‟equilibrio di piena occupazione grazie alla flessibilità dei salari e del tasso di interesse (se ne parlerà in maniera approfondita in seguito). L‟unico effetto determinato da variazioni di M si ha sul livello generale dei prezzi: l‟inflazione è un fenomeno puramente monetario. La teoria Keynesiana della moneta è basata, come si evince immediatamente dal nome, sul pensiero dell‟economista britannico John Maynard Keynes (1883 1946). Keynes, afferma che una economia di mercato non è in grado di raggiungere spontaneamente l‟equilibrio di piena occupazione ma è caratterizzata da fluttuazioni del reddito e dell‟occupazioni determinate dalle fluttuazioni della domanda aggregata. Ecco che la legge di Say non più valida: è la domanda aggregata (non più l‟offerta) che determina il reddito. Secondo questa teoria l‟economia monetaria non è semplicemente una economia in cui si “usa” moneta bensì una economia in cui la presenza della moneta è elemento fondamentale per spiegare l‟origine delle fluttuazione delle variabili reali. 4 PARTE PRIMA: I FONDAMENTI TEORICI DELLA POLITICA MONETARIA CONTEMPORANEA In questa prima parte analizzeremo le fasi più significative della evoluzione della teoria monetaria negli ultimi decenni. Il punto di partenza è costituito dalla teoria keynesiana della moneta, che abbiamo descritto nel corso di macroeconomia, che in contrasto con la teoria neoclassica afferma il principio della non- neutralità della moneta. Secondo la teoria neoclassica, come certamente ricorderete, la moneta è neutrale perche Y e N non dipendono dalla quantità di moneta in circolazione, ma dipendono da fattori reali. Possiamo descrivere la teoria neoclassica del reddito utilizzando un modello che specifica due mercati: il mercato del lavoro e il mercato dei beni. 1 La teoria neoclassica Mercato del lavoro. Il mercato del lavoro è caratterizzato da: funzione di domanda di servizi di lavoro da parte delle imprese, Nd → funzione decrescente rispetto al salario reale e coerente con il principio di massimizzazione dei profitti delle imprese 1 Nd = f e f’ < 0 funzione di offerta di lavoro che riflette il comportamento delle famiglie, Ns → funzione crescente rispetto al salario reale 2 Ns = g e g’ > 0 L‟equilibrio sul mercato del lavoro si ottiene in corrispondenza del valore del salario reale che eguaglia domanda e offerta di lavoro (figura 1). E rappresenta l‟equilibrio di piena occupazione del mercato del lavoro: tutti i lavoratori che desiderano lavorare al salario reale E 5 sono impiegati quindi non esiste disoccupazione involontaria. In atri termini il numero di lavoratori disposti a lavorare è pari al numero di lavoratori che le imprese intendono assumere. 3 Nd = Ns Secondo la teoria neoclassica il salario reale dovrebbe essere flessibile, ossia dovrebbe reagire agli squilibri tra domanda e offerta di lavoro come fanno tutti i prezzi su ogni mercato. La flessibilità dei salari assicura quindi l‟esistenza del punto di equilibrio, ossia spinge l‟economia di mercato verso l‟equilibrio di piena occupazione. Se per esempio > allora Nd ( ) < Ns ( ), ossia si ha un eccesso di offerta di lavoro: il numero di lavoratori disposti a lavorare al salario è maggiore del numero di lavoratori che le imprese sono disposte ad assumere, con la conseguenza che si crea disoccupazione involontaria. In tale situazione di squilibrio del mercato, se il salario è flessibile allora il salario reale diminuisce, Ns diminuisce e Nd aumenta fino a che il sistema torna in equilibrio. Figura 1 𝑊 𝑃 𝑾 𝑷 Nd E Ns Equilibrio di piena occupazione Nd ( Ns NE ) = Ns ( Nd Nd ; Ns 6 ) Dato il livello di occupazione ( NE) è possibile determinare il livello del reddito sulla base della funzione di produzione: 4) Y = f(N); da cui si ricava: YPO = f(NE) La flessibilità dei salari è condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere l‟equilibrio di piena occupazione; affinché le imprese possano massimizzare i profitti occorre che esse riescano a vendere tutto quanto prodotto. In altri termini deve esistere una domanda aggregata capace di assorbire il reddito di piena occupazione: YPO. D = YPO Per definire le condizioni necessaria ad ottenere D = YPO specifichiamo la condizione di equilibrio sul mercato dei beni : 5) D = Y E infine specifichiamo la composizione della domanda aggregata: 6) D = C (Y; r) + I ( attesi; D = C + I = C (Y; r) + I ( r) attesi; r) C = C (Y; r) I=I( attesi; r) Abbiamo ottenuto un sistema di 6 equazioni con 6 incognite: Nd, Ns, W/P, Y, D, r. Esiste un ordine di soluzione poiché il sistema non è integrato; le equazioni 1-3 determinano W/PE e NE Dato NE la 4) determina YPO . Affinché si abbia una domanda aggregata capace di assorbire il reddito di piena occupazione è necessario : D = YPO Poiché: D = C (Y; r) + I ( 7 attesi; r) si otterrà: C (YPO; r) + I ( YPO attesi; r) = YPO C (YPO; r) = I ( attesi; r) risparmio S S (YPO; r) = I ( attesi; r) affinché si realizzi l‟equilibrio di piena occupazione il tasso di interesse deve assumere il valore in corrispondenza del quale gli investimenti sono uguali al risparmio di piena occupazione. La figura 2 descrive l‟ordine di soluzione del modello neoclassico Figura 2 Ns Equilibrio Nd Nd ; Ns NE Funzione di produzion e aggregata Y r S (YPO; r) Y=h( ; N) YP Equilibrio rE O I( N NE S=I 8 attesi; r) S; I La forma della funzione di produzione riflette l‟ipotesi della produttività marginale decrescente del lavoro: quindi all‟aumentare della quantità di lavoro impiegata, aumenta la quantità prodotta. quindi al crescere della quantità di lavoro impiegata, la produttività marginale del lavoro decresce. Flessibilità del tasso di interesse: la teoria neoclassica afferma non solo che esiste un valore del tasso di interesse che assicura D = YPO, ma afferma anche che si realizzerà proprio il valore del tasso di interesse che rende S (YPO; r) = I ( attesi; r) esistono forze capaci di assicurare che il tasso di interesse assuma il valore coerente con l‟equilibrio di piena occupazione. Per individuare queste forze è necessario analizzare la teoria neoclassica del tasso di interesse, secondo cui r è un fenomeno reale, cioè determinato dalle decisioni di risparmio e di investimento. r = remunerazione del risparmio, premio che le imprese riconoscono ai risparmiatori in cambio della loro rinuncia al risparmio. Il tasso di interesse è dunque il premio che le imprese pagano alle famiglie per utilizzare, ai fini dell‟investimento, le risorse da esse risparmiate. Nel sistema economico esisterà quindi un mercato in cui vengono scambiate le risorse risparmiate/non consumate dai risparmiatori: tramite un contratto di credito le famiglie cedono le proprie risorse risparmiate alle imprese al fine di consentire loro opere di investimento. OFFERTA DI CREDITO LS che coincide con le decisioni di risparmio (S) delle famiglie; DOMANDA DI CREDITO Ld che coincide con le decisioni di investimento (I) delle imprese. Secondo la teoria neoclassica il mercato del credito coincide con il mercato dei beni. 9 c o n d o l Figura 3 r LS = S (YPO; r) r1 rE Equilibrio Ld = I ( I( In E: S (YPO; rE) = I ( attesi; attesi; rE) S= I r1) ossia Ls = Ld S (YPO; r1) attesi; r) attesi) = S; I D = (YPO; r; YPO Se invece r1 > rE allora I ( attesi; r1) < S (YPO; r1) ossia si avrà un eccesso di risparmio sugli investimenti e quindi LS > Ld ossia si avrà un eccesso di offerta di credito sulla domanda di credito. Secondo la teoria neoclassica questo squilibrio è una situazione temporanea: r è sensibile agli squilibri tra domanda e offerta di risorse quindi si assisterà ad una riduzione del tasso di interesse stesso, ad una riduzione dei risparmi e ad una contestuale espansione degli investimenti fino al raggiungimento dell‟equilibrio in cui r = rE. In conclusione, la flessibilità del tasso di interesse rispetto agli squilibri tra S e I assicura che si realizzi sempre una domanda capace di assorbire il reddito di piena occupazione. In altre parole la teoria neoclassica è coerente con la LEGGE DI SAY, secondo la quale, grazie alla flessibilità del tasso di interesse, la domanda aggregata si adegua sempre al reddito di piena occupazione: YPO → D, ossia le decisioni di produzione determinano la domanda. 10 Questa analisi della determinazione del reddito è coerente con la Teoria quantitativa della Moneta che afferma che Y è indipendente rispetto alla quantità di moneta in circolazione e che variazioni della quantità di moneta influenzano i prezzi. Questa teoria può essere rappresentata mediante l‟equazioni degli scambi, basata sul concetto di velocità di circolazione della moneta: V = T/M = YN/M Vale inoltre: Deflatore Pil = P = YN/YR quindi: YN = PYR , infine: MV = PY La relazione causale tra M e P dipende da tre condizioni: i) M esogena, P endogena ii) Y indipendente rispetto a M iii) V indipendente rispetto a M Negli anni trenta del secolo scorso, quando la crisi ridusse la fiducia degli economisti nei confronti della teoria neoclassica che affermava che il sistema è in grado di raggiungere spontaneamente l‟equilibrio di piena occupazione, Keynes elaborò una teoria alternativa alla teoria neoclassica della determinazione del reddito e alla teoria quantitativa della moneta. La teoria di Keynes affermava che un‟economia di mercato non è in grado di raggiungere spontaneamente l‟equilibrio di piena occupazione e il principio della non neutralità della moneta; affermava cioè, che la moneta è un elemento importante per spiegare le fluttuazione del reddito e dell‟occupazione. 2 La critica di Keynes alla teoria neoclassica del tasso di interesse Keynes sosteneva che non esiste alcun meccanismo capace di assicurare D = YPO: anche nel caso in cui i salari fossero flessibili, non esiste certezza circa il fatto che si realizzi un livello di domanda aggregata pari al reddito di piena occupazione. Secondo la teoria neoclassica questo meccanismo è costituito dal tasso di interesse; Keynes critica la teoria neoclassica del tasso di interesse. Nel corso di macroeconomia abbiamo ricordato due critiche di keynes alla teoria neoclassica del tasso di interesse. In primo luogo Keynes afferma che non esiste necessariamente un valore positivo del tasso di interesse r > 0 in corrispondenza del quale gli investimenti 11 delle imprese siano pari al risparmio di piena occupazione, ovvero in corrispondenza del quale D = YPO. Secondo Keynes infatti, I e S dipendono anche dalle aspettative di profitto delle imprese e dalle aspettative di reddito futuro dei risparmiatori: a parità di tasso di interesse, gli investimenti variano in relazione alle aspettative di profitto delle imprese: - se le aspettative di profitto aumentano allora anche gli investimenti aumentano; - se le aspettative di profitto diminuiscono allora anche gli investimenti diminuiscono. a parità di reddito corrente e di tasso di interesse i risparmi dipendono anche dalle aspettative sui redditi futuri: - se le aspettative di reddito futuro sono alte allora i risparmi diminuiscono; - se le aspettative di reddito futuro sono basse allora i risparmi aumentano. Nel caso in cui gli investimenti si riducano (le aspettative di profitto delle imprese peggiorano) e i risparmi aumentino (le aspettative di reddito futuro dei risparmiatori diminuiscono) si avrà: r S (YPO; r) E rE I( I’ attesi; r) S’ S, I S= I r<0 Figura 4 12 Se le aspettative di profitto peggiorano, la curva degli investimenti si sposta verso sinistra e sarà più rigida rispetto al tasso di interesse. Inoltre se peggiorano le aspettative di reddito futuro dei risparmiatori, a parità di r e di reddito corrente, essi cercheranno di risparmiare di più e quindi la curva dei risparmi cambierà inclinazione e si sposterà verso destra. In tale situazione le curve si incontrerebbero solo in corrispondenza di un tasso di interesse negativo non esiste alcun r > 0 in corrispondenza del quale S(YPO) = I. Se r = 0 eccesso di risparmio sugli investimenti S’ (YPO, r = 0) > I’ ( attesi; r = 0) YPO – C’(YPO; r = 0) > I’ ( attesi; r = 0) YPO > C’(YPO; r = 0) + I’ ( attesi; r = 0) YPO > D (YPO; attesi; r = 0) La domanda aggregata risulta essere insufficiente ad assorbire il reddito di piena occupazione. Secondo la teoria neoclassica ciò comporterebbe una riduzione del tasso di interesse, ma in questo caso r è già pari a 0 e il tasso di interesse non può essere negativo per la teoria keynesiana si assisterà ad un adeguamento della produzione delle imprese alla domanda aggregata: Y diminuirà finché Y = D. Per la teoria neoclassica, e in particolare per la legge di Say e grazie alla flessibilità del tasso di interesse, YPO → D, ossia il livello della domanda aggregata si adegua al livello della produzione. Invece per la teoria keynesiana vale il principio della domanda effettiva: D → YPO, ossia sono le decisioni di produzione delle imprese che si adeguano al livello della domanda aggregata. Keynes ha elaborato una seconda critica alla teoria neoclassica del tasso di interesse. Egli infatti sostiene che anche nel caso in cui esista un valore del tasso di interesse maggiore di zero, tale da indurre le imprese a realizzare un flusso di 13 investimenti pari al risparmio di piena occupazione, non è detto che il tasso di interesse assuma proprio quel valore. Secondo la teoria neoclassica il tasso di interesse assumerà quel valore perche esso corrisponde al prezzo delle risorse risparmiate, quindi è sensibile agli squilibri tra risparmi e investimenti. Secondo Keynes, invece il tasso di interesse non dipende dalle decisioni di risparmio e di investimento ma è un fenomeno monetario; dipende dalla domanda e dall‟offerta di moneta. Secondo la teoria keynesiana, quindi, anche se esistesse un valore del tasso di interesse rE tale per cui S(YPO;rE) = I ( attesi; rE) il tasso di interesse non assumerebbe necessariamente quel valore perché domanda ed offerta di moneta potrebbero aver determinato un valore differente del tasso di interesse. Se Md e Ms sono tali da determinare r1 > rE si avrà che S(YPO;r1) > I ( attesi; r1), ossia un eccesso di risparmi sugli investimenti. secondo la teoria neoclassica, tale squilibrio verrebbe risolto con una riduzione del tasso di interesse fino a che r = rE; secondo la teoria keynesiana, invece, r non varia perché non dipende da S e I. In questo caso in corrispondenza di r1 si avrà D(YPO; attesi; r1) < YPO e questo provocherà una riduzione della produzione. S (YE’ ; r) r Per la teoria keynesiana S (Y1; r) S (YPO; r) E’ Per la teoria neoclassica r1 rE E I( Figura 5 I( attesi; r1) S = I 14 S(YPO; r1) attesi; S, I r) Si determinerà quindi un livello di reddito Y1 < YPO e, dato che anche i risparmi diminuiscono, la funzione dei risparmi si sposterà verso sinistra. Per r = r1 continuerà tuttavia ad esistere uno squilibrio tra S e I: in particolare si avrà ancora un eccesso di risparmi sugli investimenti S(Y1;r1) >I( attesi; r1) e D(Y1; attesi; r1) < Y1. Ciò provocherà un‟ulteriore riduzione del livello di reddito e la funzione dei risparmi continuerà a spostarsi verso sinistra finché nel nuovo punto di equilibrio E‟ si avrà un livello di reddito YE‟ < Y1 < YPO e S(YE‟;r1) = I ( attesi; r1) Se 0 Y e D(YE‟; attesi; r1) YPO allora 0 N = YE‟ < YPO. NE anche se il salario reale fosse E : anche se il salario reale fosse pari a quello di equilibrio sul mercato del lavoro, le imprese non necessariamente assumerebbero NE lavoratori, ma solo quanti permetterebbero di produrre quanto è necessario ad assorbire la domanda aggregata il numero di lavoratori assunti è condizionato dal livello della domanda aggregata. Keynes assume che i salari sono rigidi (w= ) e che i prezzi sono dati (p= ) quindi anche i salari monetari reali liovello dei salari reali sia pari a sono dati; possiamo assumere che il E; questo però, secondo Keynes non è condizione sufficiente per ottenere la piena occupazione. Questa seconda critica di Keynes nei confronti della teoria neoclassica del tasso di interesse è stata quella a cui gli economisti hanno dato maggior rilievo. La teoria keynesiana che considera il tasso di interesse come un fenomeno monetario fu generalmente accettata negli anni ‟50-‟60, e costituisce un elemento fondamentale del MODELLO macroeconomico IS-LM, il quale studia l‟interdipendenza tra il mercato dei beni e il mercato della moneta. 15 Figura 6 Ns Anche se il salario reale è pari a E le imprese assumeranno NE’ lavoratori e non NE. Possiamo Equilibrio Nd NE’ Nd ; Ns NE Y YE’ YP O r1 Funzione di produzion e aggregata NE’ NE S (YE’ ; r) E‟ r S (YPO; r) Y=h( ; N) rE I( N S=I Prima di ripassare le caratteristiche di questo modello, ricordiamo i punti essenziali della teoria keynesiana del tasso di interesse. Come fa Keynes a giustificare la conclusioni secondo cui il tasso di interesse non dipende dalle decisioni di S e di I, ma dipende dalla domanda e dall‟offerta di moneta? Ricordiamo il concetto di domanda di moneta. Domandare moneta significa decidere di impiegare parte della propria ricchezza in moneta. 16 attesi; r) S; I Concetto di ricchezza: grandezza stock; somma dei risparmi. Sottolineando il legame tra decisioni di risparmio e accumulazione di ricchezza Keynes osserva che in un mondo in cui esiste moneta e i redditi sono pagati in moneta un soggetto economico che percepisce un reddito in moneta deve prendere due decisioni: 1. in primo luogo il nostro soggetto dovrà decidere quanta parte del suo reddito egli consumerà e quanta invece egli accantonerà in qualche forma disponibile per il consumo futuro; 2. una volta presa questa decisione, lo attende un‟altra decisione: in quale forma egli conserverà le disponibilità per il consumo futuro che ha accantonate, provengano esse dal suo reddito corrente o dal risparmio precedente? Vorrà mantenerle nella forma di disponibilità liquide immediate (ossia in moneta) o è disposto ad abbandonare la disponibilità immediata per un periodo determinato o indefinito, lasciando alle condizioni future del mercato di determinare a quali condizioni egli potrà convertire, ove necessario, la disponibilità differita di beni specifici in potere d‟acquisto immediato su beni in generale? In altri termini, qual è il grado della sua preferenza per la liquidità? Il risparmiatore, oltre a porsi il problema di quanto risparmiare, deve quindi chiedersi come impiegare la ricchezza costruita continuando a risparmiare nel tempo (moneta o titoli?): C Y Moneta S W I decisione Titoli II decisione è legata alla presenza di moneta bancaria non deperibile, la quale può dare origine ad un contratto di credito. La ricchezza è costituita da moneta, e da titoli. I titoli sono un‟attività finanziaria che dà diritto a ricevere somme future. Il nostro individuo può decidere di impiegare la propria ricchezza tenendo moneta oppure può acquistare titoli; cedere moneta in cambio di titoli che danno diritto a ricevere un interesse. 17 Il tasso di interesse non influenza la decisione di risparmio (I decisione), bensì la scelta relativa alla composizione della ricchezza (II decisione). Il tasso di interesse è la ricompensa riconosciuta a chi rinuncia alla liquidità per un periodo determinato. Esso quindi mette in equilibrio la domanda e l‟offerta di moneta: l‟offerta di moneta MS è determinata dalle decisioni delle autorità monetarie; la domanda di moneta Md si compone della domanda di moneta transazionale e della domanda di moneta speculativa: domanda di moneta in termini reali = f (Y;r) = Md transazioni (Y) + Md speculativa (r) f‟ (Y) >0 e f‟ (r) < 0 3 Il modello IS-LM Veniamo ora al modello IS-LM: Equilibrio sul mercato dei beni con r endogeno: D=Y D=C+I+ C = C 0 + c Yd Yd = Y – T T = tY dove t = pressione fiscale I=I( attesi; r) = I0 – br 0<t<1 ossia gli investimenti sono una funzione lineare del tasso di interesse e tra I e r esiste una relazione inversa. Sostituendo si ottiene: C = C0 + c Yd = C0 + c(Y – T) = C0 + c(Y – tY) = C0 + c (1-t)Y 18 D=C+I+ = C0 + c (1-t)Y + I0 - br + = C0 + I0 - br + + c (1-t)Y Domanda autonoma, ossia indipendente dal reddito D=Y = diventa: C0 + I0 - br + Domanda indotta, ossia dipendente dal reddito + c (1-t)Y = Y Y - c (1-t)Y = C0 + I0 - br + Y [ 1 - c (1-t) ] = C0 + I0 - br + Equazione della retta IS: Y = [C0 + I0 - br + ] dove Y e r sono le incognite. La retta IS rappresenta tutte le combinazioni di valori di Y e r in corrispondenza delle quali si ha equilibrio sul mercato dei beni. La curva è così chiamata perché in corrispondenza dell‟equilibrio sul mercato dei beni si ha equilibrio tra domanda e offerta aggregata, cioè equilibrio tra I e S. - Se r = r0 allora D = C0 + I0 – br0 + - Se r1 < r0 allora I ↑ domanda autonoma ↑ D = C0 + I0 – br1 + Y = Y1 = ] > Y0 domanda autonoma ↓ D = C0 + I0 – br2 + Y↑ + c (1-t)Y [C0 + I0 – br1 + - Se r2 > r0 allora I ↓ Y = Y2 = + c (1-t)Y e Y = Y0 + c (1-t)Y [C0 + I0 – br2 + 19 ] < Y0 Y↓ Figura 7 D D=Y 1 Equilibrio sul mercato dei beni c (1-t) C0 + I0 – br1 + 0 Curve di domanda aggregata C0 + I0 – br0 + 2 C0 + I0 – br2 + Y Y2 Y0 Y1 r r = r2 2 Eccesso di offerta di beni 0 r = r0 r = r1 1 Eccesso di domanda di beni Retta IS Y Y2 Y0 Y1 L‟equilibrio del mercato dei beni implica che la produzione Y è una funzione decrescente del tasso di interesse r negativamente. 20 la curva IS è inclinata Tutte le combinazioni di Y e r che non appartengono alla curva IS danno origine a situazioni di squilibrio sul mercato dei beni: - tutte le combinazioni al di sopra di IS sono caratterizzate da eccesso di offerta di beni; - tutte le combinazioni al di sotto di IS sono caratterizzate da eccesso di domanda di beni. Equilibrio sul mercato della moneta con Y endogeno: Come abbiamo visto la funzione di domanda di moneta può essere scritta: Funzione di domanda di moneta keynesiana in termini reali: = f (Y;r) = Md transazioni (Y) + Md speculativa (r) f’ (Y) >0 e f’ (r) < 0 in termini lineari: kY – hrdei prezzi conè dato, k >0 h >0 Il modello IS-LM assume che il= livello cioèe che i prezzi sono indipendenti dalla quantità di moneta in circolazione perciò p = . Nel modello IS-Lm la ricchezza è una grandezza esogena e costituisce il vincolo di bilancio: dato l‟ammontare di W, i relativi possessori possono decidere di impiegarla in moneta o in titoli = + dove la domanda di titoli è pari a = - = - anch‟essa è funzione del reddito e del tasso di interesse: g‟(Y) < 0 e g‟(r) > 0. (Y; r) e quindi = g (Y; r) con 1 L‟offerta di moneta descrive il comportamento del soggetto che è in grado di determinare la quantità di moneta in circolazione nel sistema economico, 1 g’(Y) < 0 poiché se Y ↑ g’(r) > 0 poiché se r ↑ (Y) ↑ (r) ↓ = = - 21 - ↓ ↑ ossia della Banca Centrale. Keynes assume che siano le autorità monetarie a controllare la qunatità di moneta in circolazione; quindi ne consegue che l‟offerta di moneta è una grandezza esogena. Funzione di offerta di moneta keynesiana in termini reali: = Dal momento che dipende esclusivamente dalle scelte della Banca Centrale, l‟offerta di moneta è indipendente da r la funzione di offerta di moneta è parallela all‟asse delle ordinate. Condizione di equilibrio sul mercato della moneta = f (Y;r) = = r r1 rE E r2 (Y;r) W Figura 8 In E = , ossia si ha l‟equilibrio sul mercato della moneta: la quantità di moneta che il pubblico desidera possedere è pari alla quantità di moneta creata dalla BC. 22 L‟equazione che descrive l‟equilibrio sul mercato della moneta contiene due incognite Y e r Equazione della retta LM: = f (Y;r) = kY - hr dove Y e r sono le incognite. La retta LM rappresenta tutte le combinazioni di valori di Y e r in corrispondenza delle quali si ha equilibrio sul mercato della moneta. - Se Y = Y0 allora r = r0 e = - Se Y1 > Y0 allora r1 > r0 e si avrà (Y0; r0) (Y1; r0) > (Y0; r0) = , ossia un eccesso di domanda di moneta. Di conseguenza, per procurarsi moneta, il pubblico vende titoli sul mercato e questo provoca un eccesso di offerta di titoli (Y1; r0) < (Y0; r0) = . Tale eccesso di offerta di titoli determina una riduzione del prezzo dei titoli stessi e quindi un aumento del tasso di interesse r , ovvero Md ↓ e Bd ↑ fino a r1 . 2 - Se Y2 < Y0 allora r2 < r0 e si avrà (Y2; r0) < (Y0; r0) = , ossia un eccesso di offerta di moneta. Di conseguenza, per disfarsi di moneta, il pubblico acquista titoli sul mercato e questo provoca un eccesso di domanda di titoli (Y2; r0) > (Y0; r0) = . Tale eccesso di domanda di titoli determina un aumento del prezzo dei titoli stessi e quindi una riduzione del tasso di interesse r, ovvero Md ↑ e Bd ↓ fino a r2 . Affinchè si abbia equilibrio sul mercato della moneta, per una data offerta reale di moneta, un aumento del livello del reddito, che provoca un aumento della domanda di moneta per finanziare le transazioni, dovrà essere 2 Dal momento che il prezzo di un titolo è pari al valore attuale dei rendimenti futuri del titolo stesso, esiste una relazione inversa tra il prezzo del titolo e il tasso di interesse: - se PB ↑ allora r ↓ ; - se PB ↓ allora r ↑ . 23 accompagnato da un incremento del tasso di interesse che provoca invece una riduzione della domanda speculativa di moneta., r r1 r0 r2 r Retta LM r1 1 0 r0 1 Eccesso di offerta di moneta 0 (Y1) 2 r2 Eccesso di domanda di moneta 2 (Y0) (Y2) Y Y Y 2 0 1 Figura 9 Tutte le combinazioni di Y e r che non appartengono alla curva LM danno origine a situazioni di squilibrio sul mercato della moneta: - tutte le combinazioni al di sopra di LM sono caratterizzate da eccesso di offerta di moneta; - tutte le combinazioni al di sotto di LM sono caratterizzate da eccesso di domanda di moneta. La soluzione del sistema formato dall‟equazione della retta IS e dall‟equazione della retta LM permette di trovare la combinazione YE e rE in corrispondenza della quale si ha equilibrio sia sul mercato dei beni sia sul mercato della moneta (Fig. 10) 24 Y Figura 10 r rE LM: = kY - hr Equilibrio sul mercato dei beni e sul mercato della moneta IS: Y= [C0 + I0 - br + ] Y YE < YPO Il modello IS-LM, anche se trascura le aspettative, presenta diverse caratteristiche keynesiane: 1. vale il principio della domanda effettiva (D → Y); 2. vale la teoria keynesiana del tasso di interesse (r è un fenomeno monetario); 3. si ha un equilibrio senza piena occupazione, ovvero con disoccupazione involontaria (YE<YPO); 4. vengono messi in evidenza gli effetti della politica fiscale e della politica monetaria, quali strumenti per stimolare l’occupazione. LA POLITICA FISCALE La politica fiscale consiste nella manovra della spesa pubblica G e della pressione fiscale t. un aumento di G provoca un incremento multiplo del reddito e quindi uno spostamento verso l‟alto della retta IS: 25 r = kY - hr LM: E‟ rE E IS’: Y = [C0 + I0 - br + G1] IS: Y = [C0 + I0 - br + G0] Y YE Figura 11 se t ↑ (1 – t) ↓ c (1 – t) ↓ 1 – c (1 – t) ↑ ↓ Y ↓ , ossia un aumento della pressione fiscale ha un effetto restrittivo sul reddito. Al contrario, se t ↓ (1 – t) ↑ c (1 – t) ↑ 1 – c (1 – t) ↓ ↑ Y ↑ , ossia una riduzione della pressione fiscale ha un effetto espansivo sul reddito. Variazioni di t influenzano l‟inclinazione della IS infatti modificano il valore del moltiplicatore; tanto più piccolo è t, tanto maggiore è il moltiplicatore e quindi tanto maggiore è la variazione di Y provocata da una variazione di r, perciò tanto più piatta sarà la IS e viceversa LA POLITICA MONETARIA Secondo il modello IS-LM la politica monetaria coincide con le variazioni della quantità di moneta determinate dalla Banca Centrale tramite operazioni di mercato aperto, ossia tramite operazioni di compravendita di titoli sul mercato secondario: 26 attraverso l‟acquisto di titoli da privati nel mercato secondario, la BC immette moneta nel sistema economico; attraverso la vendita di titoli al pubblico nel mercato secondario, la BC riduce la quantità di moneta in circolazione nel sistema economico. r LM ( r ) LM ( 0 r0 r0 1‟ r‟1 0 r‟1 1‟ (Y0;r) 400 500 Y0 Figura 12 Esempio: la Banca Centrale decide di espandere la quantità di moneta in circolazione mediante un‟operazione di acquisto di titoli nel mercato secondario. dM = 100 d dM = 100 BC = = 100 + dM = 400 + 100 = 500 spostamento verso destra della curva di offerta di moneta: Di conseguenza si determina uno squilibrio tra domanda e offerta di moneta e di titoli: > - < PB↑ = (Y0; r0) (Y0; r0) + d r↓ ↑e ) ) quindi si ha un eccesso di offerta di moneta; BC quindi si ha un eccesso di domanda di titoli ↓ fino a che r = r’1 . 27 LM varia in funzione della quantità di moneta in circolazione In r’1 si viene a creare un nuovo equilibrio sia sul mercato della moneta sia sul mercato dei titoli: (Y0; r1) = (Y0; r1) = Vediamo ora come un aumento della quantità di moneta in circolazione modifica l‟equibrio sul modello IS-LM. L‟incremento di M determina uno spostamento della curva LM verso destra e il raggiungimento di una nuova posizione di equilibrio caratterizzata da un tasso di interesse inferiore e da un livello di reddito maggiore Se M ↑ r↓ I↑ Y↑ Se M ↓ r↑ I↓ Y↓ Quindi la moneta non è più neutrale in senso neoclassico: secondo la teoria keynesiana variazioni della quantità di moneta in circolazione influenzano il livello di reddito. Secondo la teoria neoclassica, invece, variazioni della quantità di moneta in circolazione non influenzavano il livello di reddito. LM ( r ) LM ( ) 0 r0 1 r1 r‟1 1‟ IS Y0 Figura 13 28 Y1 Y ) 4. La curva di Phillips e la spiegazione keynesiana dell’inflazione. Il modello IS-LM come abbiamo visto, assume che P e W siano dati; W sono fissati dalla contrattazione tra lavoratori e imprese e P sono fissati dalle imprese. Considerare W e P dati significa assumere che queste grandezze non variano al variare del redito e dell‟occupazione; cioè assumere che sia possibile variare Y e N con prezzi e salari costanti. Questa è la condizione necessaria che assicura l‟efficacia delle politiche keynesiane; l‟efficacia di queste politiche si riduce se si elimina questa ipotesi di W e P dati. Il primo passo che portò all‟eliminazione dell‟ipotesi di W e P dati fu fatto dagli economisti Keynesiani che negli anni ‟60 inserirono all‟interno del modello ISLM una particolare relazione nota come CURVA DI PHILLIPS. La curva di Phillips è il risultato di uno studio empirico compiuto negli anni ‟50, sulla relazione tra le seguenti due grandezze: tasso di variazione dei salari monetari: tasso di disoccupazione: u= = = In particolare: Curva di Phillips 0 u0 Figura 1 La curva di Phillips è caratterizzata da: 29 u relazione inversa tra il tasso di variazione dei salari monetari e il tasso di disoccupazione: = f (u) con f‟<0 esiste un particolare valore del tasso di disoccupazione in corrispondenza del quale il tasso di variazione dei salari monetari è pari a 0: se u = u0 =0 Nel corso degli anni ‟60 tale relazione venne inserita nel modello IS-LM al fine di eliminare l‟ipotesi di W e P dati. Questa ipotesi veniva considerata come un limite del modello IS-LM poiché questo modello, assumendo prezzi e salari dati non era in grado di spiegare il fenomeno dell‟inflazione. Quindi negli anni ‟60 con l‟introduzione della curva di Phillips si eliminò l‟ipotesi di salari monetari costanti. W era fissato dalla contrattazione tra lavoratori (sindacati) e imprese, ovvero dalla forza contrattuale dei lavoratori3 . Assumere che fosse una grandezza indipendente rispetto al reddito significava assumere che la forza contrattuale dei lavoratori fosse indipendente dal livello di occupazione e dal livello del reddito. Con l‟introduzione della Curva di Phillips si assume invece che la forza contrattuale dei lavoratori vari in funzione del livello di reddito e quindi del livello di occupazione: - quando il tasso di disoccupazione u è elevato, la forza contrattuale dei lavoratori è ridotta perché essi subiscono la concorrenza dei disoccupati, quindi il tasso di variazione dei salari monetari sarà ; - quando, invece, il tasso di disoccupazione u è basso, la forza contrattuale dei lavoratori è consistente, e il tasso di variazione dei salari monetari sarà elevato. In questo modo all‟ipotesi dei salari monetari dati si sostituì l‟ipotesi dei salari monetari flessibili. In particolare: = 3 (1 + ) Per forza contrattuale si intende la capacità di ottenere maggiori livelli salariali. 30 dove con f‟ < 0 = f (ut) L‟ipotesi dei salari monetari flessibili implica l‟abbandono dell‟ipotesi di prezzi fissi; il lavoro rappresenta nei modelli macroeconomici l‟unico fattore produttivo variabile; quindi diventa irragionevole assumere che i prezzi rimangano costanti in un mondo in cui i salari monetari variano. Possiamo definire la relazione tra prezzi e salari ricordando le relazioni che descrivono il comportamento delle imprese e che abbiamo usato per costruire la curva di domanda di lavoro. Siamo partiti dalla funzione di produzione funzione di produzione: Y = f ( ; N) nel breve periodo lo stock di capitale è costante; ciò che varia è il lavoro. Le imprese domandano lavoro in maniera coerente con il principio di massimizzazione dei profitti le imprese assumono un numero di lavoratori N in corrispondenza del quale la produttività marginale del lavoro è pari al salario reale: N → PMaL (N) = da cui P= Esiste, dunque, una relazione diretta tra prezzi e salari monetari. Riscriviamo ora il modello IS-LM tenendo conto di queste relazioni: Y = C(Y) + I(r) + 1.IS: 2.LM: = 3.Equazione dei prezzi: = 4.Equazione dei salari monetari: (Y; r) = 31 (1 + ) 5.Tasso di variazione dei salari monetari: = f (u) con u = g(N) 6.Tasso di disoccupazione: f’<0 dove degli occ Se la forza lavoro è data ( ) allora quando N ↑ disoccupati u↓ ↓ quindi g’<0 7.Numero degli occupati: N = N(Y) si tratta della funzione inversa della funzione di produzione Y = f ( ; N) Osserviamo che invece di un sistema di due sole equazioni in due incognite (Y e r), ora il modello IS-LM è caratterizzato da un sistema di ben 7 equazioni in 7 incognite (Y, r, P, W, N, , u). Per descrivere le caratteristiche di questo modello possiamo osservare che, secondo la curva di Phillips, esiste un valore del redito reale coerente con la stabilità dei prezzi. Infatti sappiano che esiste un valore di u e quindi di N in corrispondenza del quale il tasso di variazione dei salari è pari a zero e quindi anche il tasso di variazione dei prezzi sarà pari a zero. A questo valore di N o corrisponde Yo. Supponiamo che il sistema sia in equilibrio in corrispondenza di Y0 , con Y0 → N0 → u0 → = 0 e quindi = 32 → tasso di inflazione: = 0. =0 E supponiamo inoltre che Y0 < YPO quindi Y0 non assicura la piena occupazione in corrispondenza di Y0 si ha disoccupazione involontaria (si tratta sempre di un equilibrio IS-LM) Analizziamo gli effetti di una politica fiscale espansiva finalizzata ad espandere il reddito e l‟occupazione. ( ↑) . Questi effetti saranno differenti da quelli descritti dal modello IS-LM che assume prezzi dati; in questo caso se varia Y variano i salari monetari e i prezzi; si avrà che: ↑ DAUTONOMA ↑ Y ↑ : Y1 > Y0 0 N ↑ : N1 > N0 0: 1 u ↓ : u1 < u0 0: 1 > >0 Quindi possiamo considerare una sequenza temporale: ↑ t0 t1 Y0 N0 u0 Y1 > Y0 N 1 > N0 u 1 < u0 1 > 0 1 > 0 =0 =0 t2 Y2 = Y1 > Y0 N 2 = N1 > N0 u 2 = u1 < u0 * = 1 = es. 5% * > 0 : * = *= 5% * = * = 5% In t1 con Y1 > Yo si avrà un tasso di variazione dei salari monetari e un tasso di inflazione maggiore di zero. Vediamo quali condizioni si devono realizzare nel periodo successivo t2 affinchè il sistema rimanga al livello Y1 Il tasso di variazione dei salari monetari sarà sempre w1, ad esempio 5% e questo comporta prezzi stabili o crescenti? Ricordiamo l‟equazione dei prezzi P = W/PMaL(N1) Quindi se i salari monetari crescono del 5% i prezzi dovranno crescere del 5%; infatti: In t2 il tasso di inflazione sarà pari a: 33 Tasso di Inflazione = tasso di variazione percentuale dell’indice dei prezzi. *= = = = * = 5% Possiamo concludere che per mantenere Y1 si devono verificare due condizioni: i) le autorità di politica economica devono accettare un tasso di inflazione del 5%.; ii) esse devono accettare inoltre, di variare la quantità di moneta ad un tasso pari al tasso di inflazione. Per giustificare questa condizione vediamo quali sono gli effetti dell‟aumento dei prezzi sull‟equilibrio nel mercato della moneta = In t1 : In t2: (Y1; r1) < poiché Pt2 > Pt1 = (Y1; r1) l‟offerta reale di moneta diminuisce. Sul mercato della moneta viene quindi a determinarsi una situazione di eccesso di domanda di moneta (il pubblico desidera più moneta di quella che possiede) a cui corrisponde una situazione di eccesso di offerta di titoli I↓ > PB ↓ r↑ Y↓ . L‟aumento del livello dei prezzi ha un effetto restrittivo sulla domanda aggregata perché l‟aumento del tasso di interesse provoca una riduzione degli investimenti e conseguentemente una riduzione del reddito. 34 Affinché in t2 si mantenga il livello di reddito Y1 occorre anche che venga annullato tale effetto restrittivo sul reddito derivante da un aumento dei prezzi: le autorità monetarie dovranno aumentare la quantità di moneta in circolazione in misura pari all’aumento dei prezzi. Pertanto, affinché il reddito si mantenga al livello Y1 anche nel periodo t2 è necessario che * = * = 5%. Le autorità di politica economica possono espandere il livello di reddito oltre Y0 a condizione di accettare un tasso di inflazione maggiore di zero (pari al 5%). Questo risultato è coerente con la curva di Phillips; possiamo definire due versioni equivalenti della curva di Phillips. La prima in termini di relazione tra tasso di variazione dei salari monetari e tasso di disoccupazione; la seconda in termini di relazione tra tasso di inflazione e redito reale. Curva di Phillips: le due curve sono equivalenti 1 1= 5% 0 u1 0 1 *= 5% * 0 u0 0 u Y0 u0 Figura 2 I due grafici precedenti ci consentono di osservare cosa accade nel caso di politiche espansive sia in termini di relazione tra il tasso di disoccupazione e il tasso di variazione dei salari monetari che in termini di relazione tra il livello di reddito e il tasso di inflazione. Rispetto al modello IS-LM tradizionale, questo modello IS-LM con curva di Phillips presenta due importanti differenze con riferimento a: 35 Y1 Y 1. descrizione degli effetti della politica economica: → nel modello IS-LM tradizionale le autorità di politica economica potevano espandere il livello di reddito e ridurre il tasso di disoccupazione a parità di prezzi (prezzi stabili); → nel modello IS-LM con curva di Phillips, invece, le autorità di politica economica possono espandere il livello di reddito e quindi ridurre il tasso di disoccupazione solo se accettano tassi di inflazione crescenti. Le autorità di politica economica non possono ottenere piena occupazione e prezzi stabili, devono accettare un costo in termini di inflazione. Esiste un trade-off… Esiste un trade-off tra reddito ed inflazione: redditi più elevati possono essere ottenuti solo a fronte di maggiori tassi di inflazione. 2. spiegazione dell‟inflazione: mentre il modello IS-LM tradizionale non conteneva alcuna una spiegazione dell‟inflazione dal momento che i prezzi erano dati, il modello IS-LM con curva di Phillips contiene una spiegazione dell‟inflazione secondo cui l‟inflazione è determinata da 2 fattori: → il meccanismo di formazione dei salari monetari e dei prezzi; → il comportamento delle autorità monetarie, le quali devono continuamente aumentare la quantità di moneta ad un tasso pari al tasso di inflazione. Questo modello macroeconomico entrò in crisi negli anni „70 quando si manifestò il fenomeno della stagflazione: la bassa crescita dei redditi e l‟elevata inflazione si dimostravano infatti incoerenti con il modello IS-LM con curva di Phillips, caratterizzato invece da una relazione crescente tra inflazione e reddito. 36 stagflazione stagflazione 1 Curva di Phillips 0 u1 0 u0 u Y0 u0 Figura 3 Il fenomeno della stagflazione indusse gli economisti a prendere in considerazione la critica teorica al modello keynesiano con curva di Phillips. elaborata nel corso degli anni sessanta da Milton Friedman che è il primo artefice della CONTRORIVOLUZIONE MONETARISTA, la quale determinò il declino della cosiddetta rivoluzione keynesiana, e il contestuale recupero della teoria neoclassica nella versione del MONETARISMO. Tale processo si sviluppò in tre fasi: 1. critica alla curva di Phillips; 2. introduzione del concetto di aspettative razionali; 3. introduzione del concetto di incoerenza temporale della politica monetaria. 5. La critica di Friedman alla curva di Phillips Nel suo lavoro pubblicato alla fine degli anni ‟60 Friedman mette in evidenza un importante punto debole del modello keynesiano; Friedman mostra che questo modello assume che i lavoratori si comportino in maniera irrazionale nel determinare i loro salari monetari. Per illustrare questa critica consideriamo il valore dei salari reali in t0, t1 e t2 : → supponiamo che Wt0 = 1 e PMaL (N0) = 1 37 Y1 Pt0 = = =1 quindi =1 → = ) = 1 (1 + 0,05) = 1,05 (1 + → il salario monetario aumenta del 5% Pt1 = = 1,1 → i prezzi aumentano del 10% PMaL (N1) < PMaL (N0) = 1 poiché N1>N0 e quindi = = PMaL (N1) = 0,95 i salari reali diminuiscono nonostante i salari monetari siano aumentati. → = (1 + *)= (1 + 0,05) Pt2 = *= * = 5% → salari monetari e prezzi aumentano nella stessa misura quindi = PMaL (N1) = 0,95 Secondo Friedman i lavoratori si comportano in maniera irrazionale perché chiedono aumenti dei salari monetari che non hanno alcun effetto sui loro salari reali. In particolare: in t1 i salari reali cadono nonostante l‟aumento dei salari monetari del 5%; in t2 invece l‟aumento dei salari monetari non provoca alcuna variazione dei salari reali perché l‟aumento dei salari monetari è completamente bilanciato dall‟aumento dei prezzi. Questo, sottolinea Friedman, non è un comportamento razionale. Egli si domanda infatti perché i lavoratori chiedono aumenti dei salari monetari → la risposta è perché vogliono un aumento dei salari reali, un aumento del loro potere di 38 acquisto, ed invece in t1 i salari reali sono diminuiti e in t2 l‟aumento dei salari reali è perfettamente compensato dall‟aumento dei prezzi. Questo non è razionale; non è economicamente razionale chiedere aumenti dei salari monetari che non abbiano alcun effetto sui salari reali. In altri termini, se i lavoratori fossero stati disposti ad accettare una riduzione dei salari reali per ottenere più occupazione non avrebbero avuto alcun bisogno di chiedere un aumento dei salari monetari del 5% a fronte del quale si sarebbe poi avuta un‟inflazione del 10%; avrebbero accettato un salario monetario costante e la riduzione del salario reale provocata da un aumento dei prezzi del 5%, oppure avrebbero accettato una riduzione dei salari monetari del 5% a prezzi costanti. Sulla base di questa critica, Friedman riconsidera il significato della curva di Phillips ridefinendo in particolare il significato del tasso di disoccupazione u0 in corrispondenza del quale = 0. A questo scopo, Friedman sottolinea che il mercato del lavoro funziona come qualsiasi altro mercato. Di conseguenza, il prezzo che si determina all‟interno del mercato del lavoro sarà stabile quando questo mercato è in equilibrio, ossia quando si ha piena occupazione sul mercato del lavoro. = 0 quando Nd = Ns Quindi secondo Friedman: Ne consegue che u0 è il tasso di disoccupazione coerente con l‟equilibrio di piena occupazione: si tratta del tasso naturale di disoccupazione. In particolare, secondo Friedman il tasso naturale di disoccupazione è diverso da zero (u0 ≠ 0) nonostante sia coerente con l‟equilibrio di piena occupazione poiché: Ns = occupati + disoccupati Nd = occupati + posti vacanti 39 Si tratta di posti di lavoro che le imprese intendono occupare, ma che non sono ancora stati occupati perché le imprese sono ancora in fase di selezione del personale. La presenza di posti vacanti ha senso solo se si elimina l‟ipotesi di l‟omogeneità dei lavoratori assunta dal modello IS-LM, ossia l‟ipotesi per cui essi hanno tutti le stesse caratteristiche e qualità. Sapendo che l‟equilibrio di piena occupazione si ottiene in corrispondenza di Nd = Ns, si avrà: OCCUPATI + POSTI VACANTI = OCCUPATI + DISOCCUPATI POSTI VACANTI = DISOCCUPATI DISOCCUPAZIONE FRIZIONALE = disoccupazione temporanea legata al fatto che le imprese non hanno ancora terminato il processo di selezione del personale. il tasso naturale di disoccupazione ha due caratteristiche fondamentali: 1. è coerente con la stabilità dei salari monetari, ossia con 2. è coerente con la piena occupazione, ossia con Nd = Ns. = 0; Queste definizioni ci permettono di specificare quali condizioni si devono verificare secondo Friedman, per ottenere un tasso di disoccupazione inferiore al tasso naturale (fig. 1). Affinché si possa ottenere u1 < u0 è necessario un livello di occupazione N1 > N0 . Per ottenere N1 è a sua volta necessario che: Ns = N1 ossia che i lavoratori siano disposti a lavorare al salario reale S; Nd = N1 ossia che le imprese siano disposte ad occupare N1 lavoratori al salario reale 40 D. Ns Nd Curva di Phillips N0 =0 u1 N1 u u0 Ns S Equilibrio di piena occupazione E Nd D N0 N1 Nd ; Ns Figura 1 Poiché il livello dei salari reali che spinge i lavoratori a offrire N1 unità di lavoro è diverso dal livello dei salari reali che spinge i datori di lavoro a dare occupazione a N1 lavoratori, ossia poiché 41 D < S, le condizioni per ottenere u1 Nd; Ns sembrano irrealizzabili. Friedman dimostra il passaggio da N0 a N1 è possibile nel caso in cui i lavoratori soffrano di illusione monetaria, ossia confondano i salari monetari con i salari reali. Per definire il concetto di illusione monetaria occorre introdurre l‟ipotesi fondamentale secondo cui i salari monetari e i prezzi vengono fissati in tempi diversi: t 0 1 Sulla base della contrattazione tra imprese e lavoratori, in 0 vengono fissati i salari monetari. I prezzi, invece, vengono fissati dalle imprese durante il periodo t e comunque a seguito della contrattazione tra imprese e lavoratori. Per questi motivi, l‟equazione della funzione di offerta di lavoro Ns cambia nel modo seguente: Ns = f Ns = f Wt e Pt venivano fissati nello stesso momento. I prezzi vengono determinati dopo la contrattazione quindi al tempo 0 i lavoratori conoscono solo i salari monetari e non anche il livello dei prezzi per definire l’offerta di lavoro i lavoratori devono elaborare una previsione circa il livello futuro dei prezzi ( ). Di conseguenza il salario reale atteso dai lavoratori sarà pari a . Per quel che riguarda, invece, la funzione di domanda di lavoro Nd, al tempo 0 le imprese conoscono Wt e saranno esse stesse a determinare il livello dei prezzi durante il periodo t. Di conseguenza la funzione di domanda di lavoro resta pari a Nd = g Dato Wt potremo quindi determinare il livello dei prezzi Pt che le imprese fisseranno in corrispondenza di una certa quantità di domanda di lavoro. 42 Una volta definite queste ipotesi ci chiediamo quali sono le condizioni necessarie affinché anche in questo caso si possa ottenere N1 > N0 : Ns = N1 se = S Nd = N1 se = D < = S > Avremo quindi: S D= < > Sarà quindi possibile ottenere N1 > N0 a condizione che i lavoratori sbaglino < le loro previsioni sui prezzi al tempo t: . Lo squilibrio tra salario reale atteso e salario reale effettivo offerto dalle imprese si può realizzare solo se i lavoratori soffrono di illusione monetaria, ossia sbagliano a prevedere il livello futuro dei prezzi. Ns Figura 2 S= 1,05 E 1 = 0,95 D Nd N0 43 N1 Nd ; Ns Per esempio, supponiamo di avere: - W0 = 1, PMaL (N0) = 1 e quindi P0 = - PMaL (N1) = 0,95 =1 Per ottenere N1 > N0 occorre che: Ns = N1 se = S = 1,05 → i lavoratori sono disposti ad offrire N1 unità di lavoro se il salario reale atteso Nd = N1 se = 1,05 da cui = D è pari a 1,05 = PMaL (N1) < PMaL (N0) 0,95 1 = 1,05 * Si supponga che i lavoratori si aspettino prezzi stabili e quindi pari a quelli del periodo precedente Di conseguenza: in questo caso avremo: = 1,05 * = P0 = 1 = 1,05 * 1 = 1,05 Per essere indotti ad espandere l’occupazione i lavoratori dovranno ricevere un aumento del 5% del salario monetario che, data la stabilità dei prezzi, viene dagli stessi interpretato come un aumento del 5% anche dei salari reali. Per realizzare N1 è necessaria una seconda condizione: che le imprese siano disposte ad assumereN1 lavoratori, le imprese assumeranno N1 lavoratori solo se questo è coerente con la massimizzazione dei profitti, cioè se il salario reale =PMl(N1). Le imprese una volta fissati salari monetari possono fissare i prezzi e quindi possono definire il livello dei prezzi coerente con N1 Dalla funzione di domanda di lavoro si ottiene: = PMaL (N1) = 0,95 si ricava che il prezzo fissato dalle imprese per assumere N1 lavoratori è pari a Pt = = 1,1 < . 44 È quindi possibile espandere l‟occupazione da N0 a N1 solo se i lavoratori sbagliano le proprie aspettative circa il livello futuro dei prezzi. Le aspettative dei lavoratori possono essere espresse anche in termini di tasso di inflazione: Tasso di inflazione atteso al tempo t: = = = 0 Dato che i prezzi attesi sono stabili, il tasso di inflazione atteso è pari a 0. Tasso di inflazione effettivo al tempo t: = = = 10% É possibile espandere il livello di occupazione da N0 a N1 solo se i lavoratori commettono un errore di previsione circa il livello del tasso di inflazione, ossia solo se < . In particolare, l’errore di previsione determina una discrepanza tra il salario reale atteso dai lavoratori e il salario reale effettivamente percepito dai lavoratori stessi. Questa è una spiegazione razionale della relazione tra inflazione e occupazione poiché è basata su un comportamento razionale dei lavoratori: in t offrono N1 perché si aspettano un aumento del salario reale. Il primo risultato dell‟analisi di Friedman consiste nel dimostrare che è possibile ridurre il tasso di disoccupazione al di sotto del tasso naturale solo nel caso in cui i lavoratori non riescono a prevedere correttamente il tasso di inflazione. Il secondo fondamentale risultato dell‟analisi di Friedman consiste nel mostrare che l‟espansione da N0 a N1 è solo un fenomeno temporaneo → non è possibile mantenere costantemente nel tempo l‟occupazione al livello N1. La ragione fondamentale consiste nel fatto che alla fine del periodo i lavoratori si accorgeranno dell‟errore di previsione commesso e lo correggeranno. Se l‟errore 45 di previsione viene corretto, non sarà più possibile ottenere un livello di occupazione pari a N1 e di conseguenza l‟occupazione tornerà al livello N0. Per dimostrare questo specifichiamo quali condizioni si devono realizzare affinché in t+1 si abbia sempre un livello occupazionale pari a N1 > N0 : Ns = N1 se = S= Nd = N1 se = D > 1,05 = 0,95 < o, equivalentemente, < Quindi, affinché in t+1 si mantenga un livello di occupazione pari a N1 occorre ancora un errore di previsione dei lavoratori circa il livello dei prezzi/livello del tasso di inflazione; l‟errore di previsione del periodo t+1 deve essere uguale all‟errore di previsione del periodo t: = 10% 0 Errore di previsione in t+1 Errore di previsione in t Conosciamo il valore dell‟errore di previsione, per definire Il valore di Pt+1 dobbiamo conoscere il valore di Pet+1; dobbiamo cioè specificare come i lavoratori determinano le loro aspettative di inflazione. Friedman introduce il concetto di aspettative adattive: secondo questo meccanismo i lavoratori modificano le loro previsioni inflazionistiche sulla base degli errori di previsione commessi nel passato. Per comprendere tale concetto si considerino i seguenti due periodi successivi: t-1 t |────────────|────────────| 46 All‟inizio del periodo t+1 i lavoratori prevedono Pet+1, mentre si realizza Pt+1, l‟ipotesi di aspettative adattive implica la seguente relazione: ( ) se , ossia se i lavoratori hanno previsto correttamente l’inflazione allora essi non modificano le previsioni e quindi si avrà che ; se invece allora Riscriviamo la relazione in termini lineari usando il parametro λ : = Infine se + ( ) con 0 1 = 1 allora Se = 1 il tasso di inflazione atteso per il periodo t è uguale al tasso di inflazione effettivo del periodo precedente t-1. Quindi, tornando al nostro esempio, possiamo dire che sulla base delle aspettative adattive . Di conseguenza avremo che: = da cui 10% 10% 0 Possiamo illustrare questo risultato con un esempio: Abbiamo visto che affinchè Ns=N1 Wt+1 = 1,05 * = Pt (1 + = 1,05 allora avremo: ) = 1,1 (1 + 0,1) = 1,1 * 1,1 1,2 = 10% Il livello dei salari monetari al tempo t+1 sarà quindi: 1,05 * 1,2 47 Wt+1 = Il tasso di variazione dei salari monetari sarà: Conseguentemente A differenza di quanto affermato dai keynesiani, Friedman conclude che la relazione tra reddito e inflazione non è stabile poiché per ottenere N1 (e quindi Y1) occorre che nel periodo t si realizzi un tasso di inflazione del 10% e nel periodo t+1 un tasso di inflazione del 20% : = 20% = Ns = (t+2) Curva di Phillips =0 30% 10% 3 = S 20% 0 0 (t) = 10% D 2 (t+1) 1 Nd 0 N0 N1 Nd ; Ns Y0 Figura 3 Lo spostamento verso l‟alto della curva di Phillips, ovvero l‟aumento del tasso di inflazione, sono imputabili al diverso tasso di inflazione atteso. Per mantenere N1 > N0 anche in t+2 occorre che: Ns = N1 se = S= Nd = N1 se = D 1,05 = 0,95 48 Y1 Y > < o, equivalentemente, < Inoltre, per ottenere N1 > N0 anche in t+2, l‟errore di previsione in t+2 dovrà essere pari all‟errore di previsione del periodo precedente: = = 20% 0 Errore di previsione in t+2 20% Errore di previsione in t+1 10% 10% Errore di previsione in t Per l‟ipotesi delle aspettative adattive = = 20% quindi, affinché anche in t+2 si abbia un errore di previsione del 10%, occorre che = 30%. Possiamo quindi concludere che per espandere il livello di occupazione e quindi il livello di reddito si deve realizzare un tasso di inflazione continuamente crescente. Friedman mostra quindi che è possibile mantenere Y1>Y0 solo se l‟inflazione è crescente e non stabile come diceva il modello keynesiano. O in altri termini, secondo il modello keynesiano esiste una relazione stabile tra reddito e tasso di inflazione, mentre secondo Friedman esiste una relazione stabile tra reddito ed errore di previsione. Possiamo mostrare che affinché esista una relazione stabile4 tra reddito e tasso di inflazione (come quella che intercorre nel punto 0), ossia affinché si abbia un‟unica curva di Phillips è necessario che il tasso di inflazione atteso sia sempre pari a 0. Infatti se: in t: in t+1: =0, = = 10% =0 4 Tra reddito e tasso di inflazione intercorre una relazione stabile quando a un determinato valore del reddito corrisponde un unico valore del tasso di inflazione. 49 N1 Ns = N1 se = S= Nd = N1 se = D Wt+1 = 1,05 * = 1,05 * 1,1 = Pt (1 + 1,05 = 0,95 ) = 1,1 (1 + 0) = 1,1 * 1 = 1,1 si avrà una relazione stabile tra reddito e tasso di inflazione, ossia un‟unica curva di Phillips. Questo esempio mostra però che i lavoratori dovrebbero continuare ad attendersi prezzi stabili quando l‟inflazione è del 10%; un comportamento irrazionale Ricapitolando… secondo il modello keynesiano esiste una relazione stabile tra equivalentemente tra e u (o e Y), ossia la curva di Phillips è stabile: equivalente a con f‟<0 = h (Y) Y=g( ) con h‟>0 Friedman sottolinea che queste relazioni si basano sull‟ipotesi che il tasso di inflazione atteso da parte dei lavoratori sia sempre pari a 0 e quindi possa essere trascurato. Egli sostiene, al contrario, che il tasso di inflazione atteso dai lavoratori è diverso da 0 e quindi Y = g ( ( ) ossia in termini lineari: Y = YN + ) con >0. In termini lineari avremo: Y = Y0 + ( ); quando = 0 il reddito sarà al suo livello naturale, soltanto con un errore di previsione superiore a zero si potrà ottenere un valore del reddito reale superiore a Yo. Secondo Friedman esiste una relazione stabile non tra reddito e tasso di inflazione, ma tra reddito ed errore di previsione. 50 allora Y>YN.5 In → Se esiste un errore di previsione, ossia se questo caso l‟errore di previsione deve essere costante e, poiché , il tasso di inflazione deve essere crescente; allora Y = YN . → Se Tornando al nostro esempio, ricapitolando, abbiamo che: In 0: Y0 ; u0 ; =0 In t: Y1>Y0 ; In t+1: Y1>Y0 ; = In t+2: Y1>Y0 ; = = 10% ; =0; = 10% ; = = 10% = 20% ; = 20% ; = 30% ; = = 20% = = 30% ... Per mantenere Y1 > Y0 nel tempo il tasso di inflazione deve essere continuamente crescente. Ci possiamo chiedere, questo punto, come devono comportarsi le autorità monetarie al fine di mantenere Y=Y1 e quindi un‟inflazione continuamente crescente? Sappiamo che se P ↑ ↓ PB ↓ r↑ I↓ Y↓ Quindi per mantenere Y1 > Y0 occorre che la variazione della quantità di moneta sia via via pari al tasso di inflazione, ossia che cresca in misura pari a . Nessuna autorità monetaria sarà però disposta ad accettare un tasso di inflazione crescente non è possibile espandere il reddito in maniera permanente oltre il livello naturale YN = Y0, per questa ragione Friedman conclude che l‟incremento del reddito oltre il suo valore naturale può essere soltanto temporaneo. Ci possiamo chiedere allora quali sono gli effetti di una variazione della quantità di moneta ad un tasso costante. Quali sono ad esempio, gli effetti della decisione delle autorità monetarie di aumentare la quantità di moneta al tasso annuo del 10%; Possiamo rispondere a questa domanda in termini logici: 5 In corrispondenza del reddito naturale YN si ha il tasso naturale di disoccupazione u0. 51 l‟inflazione tende ad un valore finito, infatti abbiamo visto che l‟inflazione potrà crescere continuamente soltanto se la quantità di moneta cresce continuamente; l‟errore di previsione commesso dai lavoratori tende a 0, infatti l‟errore di previsione è cosante solo se l‟inflazione è crescente; se l‟errore di previsione tende a zero, il reddito tende al livello naturale Y0 In conclusione, se il reddito tende a Yo, allora la variazione della quantità di moneta non avrà alcun effetto permanente sul reddito e provocherà soltanto un aumento del tasso di inflazione. Quindi nel lungo periodo, al di fuori del caso di inflazione crescente, la politica monetaria non è in grado di influenzare il livello del reddito; le autorità monetarie possono soltanto scegliere il tasso di inflazione da associare al livello naturale del reddito; se decidono di variare la quantità di moneta al 10% otterranno un tasso di inflazione del 10%; se scegliessero un tasso del 20% provocherebbero un tasso di inflazione del 20% ecc. nel lungo periodo quindi, la curva di Phillips diventa verticale (figura 4) = 20% Curva di Phillips nel lungo periodo = 10% (t+2) 3 = 30% =0 = 20% (t+1) Curve di Phillips nel breve periodo (t) = 10% Y0 Figura 4 Y1 Y Y0 è pari al reddito naturale YN, il quale corrisponde al tasso naturale di disoccupazione u0 coerente con l’equilibrio di piena occupazione. 52 In corrispondenza di Y0 si ha proprio il tasso naturale di disoccupazione u0, il quale, essendo coerente con un tasso di inflazione stabile, è definito NAIRU (Non Accelerating Inflation Rate Unemployment).In corrispondenza di Y1> Y0, invece, si ha u1< u0 e quindi un tasso di inflazione crescente. La conclusioni di Friedman circa gli effetti della politica monetaria, cioè delle variazioni della quantità di moneta coincidono con quelle della teoria quantitativa della moneta. Friedman quindi propone di superare la teoria keynesiana e di accettare una nuova versione della teoria neoclassica basata sul concetto di tasso naturale di disoccupazione, sull‟introduzione delle aspettative adattive, che sarà definita monetarismo. L‟opera di Friedman ha avuto un impatto enorme sulla evoluzione della teoria macroeconomica; a partire dagli anni ‟70 diminuisce il consenso nei confronti della teoria keynesiana. C‟è un aspetto paradossale in questa evoluzione della teoria macroeconomica: abbandono della teoria keynesiana e affermazione del monetarismo e della nuova macroeconomia classica. Dobbiamo ricordare infatti che la teoria di Keynes si basa su due elementi fondamentali: i) una spiegazione delle ragioni per cui una economia di mercato è soggetta a crisi, a fluttuazioni del reddito e dell‟occupazione; ii) la specificazione di strumenti, politica fiscale e monetaria, che possono essere usati per spingere il sistema verso la piena occupazione. La critica di Friedman si concentra sul secondo punto; egli ha dimostrato che le politiche keynesiane possono funzionare soltanto in certe condizioni; ha dimostrato che: i) in un mondo in cui i lavoratori sono interessati al salario reale, chiedono aumenti dei salario monetario per ottenere una aumento dei salari reali e non accettano riduzioni permanenti del salario reale per ottenere una maggior occupazione, cioè in un mondo i cui i salari monetari contrattuali dipendono dal tasso di inflazione atteso dai lavoratori; 53 ii) non è possibile attraverso politiche keynesiane espandere in modo permanente il livello di occupazione oltre a quello naturale che corrisponde alla situazione in cui l‟errore di previsione è pari a zero. L‟aspetto paradossale della reazione degli economisti alla critica di Friedman sta nel fatto che questa critica non affronta il primo punto della teoria di Keynes, cioè non mette in discussione la spiegazione della crisi e della instabilità del sistema economico. Infatti il problema che Keynes poneva non era quello di espandere il livello dell‟occupazione oltre la piena occupazione; Keynes affermava che anche nel caso in cui i salario reale desiderato dai lavoratori fosse pari a W/P E, fosse cioè coerente con la piena occupazione ciò non è sufficiente per garantire la piena occupazione poiché è necessario che si creino le condizioni affinchè le imprese riescano a vendere ciò che producono. Questo aspetto della teoria Keynesian, il primo punto, è stato completamente dimenticato. Si tratta di una reazione paradossale; sarebbe come se, facendo un esempio che riguarda la medicina, di fronte alla dimostrazione dell‟inefficacia di una certa medicina nel curare una determinata malattia, i ricercatori invece di concludere che è necessario trovare un farmaco più efficace concludessero che la malattia non esiste. 6. Le aspettative razionali Tra gli anni ‟70 e ‟80 il monetarismo ha subito una importante evoluzione costituita dall‟introduzione del concetto di aspettative razionali. Questo concetto caratterizza la Nuova macroeconomia classica legata al nome di Robert Lucas. Il concetto di aspettative razionali è stato elaborato al fine di superare un limite rilevante dell‟ipotesi di aspettative adattive. Tale limite consisteva nel fatto che per elaborare previsioni sull‟inflazione futura gli operatori elaboravano le loro aspettative trascurando tutte le informazioni disponibili circa i fattori che 54 influenzano l‟inflazione, basandosi solo sul tasso di inflazione registrato nel periodo precedente. Per renderci conto di questo limite ragioniamo in termini generali. Ipotizziamo di dover elaborare una previsione su Y = f (X) e supponiamo inoltre che chi elabora le aspettative disponga di informazioni che gli consentano di prevedere il valore di X al tempo t; ( ). È allora ragionevole concludere che questo soggetto utilizzerà queste informazioni per elaborare le previsioni di di Y : =f( ) =f( ) Questo è lo schema di funzionamento delle aspettative razionali. Supponiamo che = f ( rispetto ) il fenomeno al quale si elaborano le aspettative sia l‟inflazione e che gli operatori siano convinti che l‟inflazione sia un fenomeno monetario, =f( ) → =f ( ) e quindi dipenda dal tasso di variazione della quantità di moneta. In questo caso le aspettative sul tasso di inflazione verranno elaborate sulla base delle informazioni circa le variazioni della quantità di moneta, le quali dipendono dalle decisioni dell‟autorità monetaria. Consideriamo il seguente esempio: t-1 t |─────────|─────────| 0 1 Supponiamo che all‟inizio di ogni periodo le autorità monetarie dichiarino pubblicamente quale sarà il tasso di variazione della quantità di moneta che verrà realizzato nel corso del periodo stesso. In questo modo gli operatori hanno a disposizione le informazioni che permettono loro di elaborare una previsione del tasso di inflazione: in caso di aspettative adattive le aspettative sull‟inflazione futura vengono elaborate sulla base del tasso di inflazione registrato nel periodo precedente → ; 55 in caso di aspettative razionali le aspettative sull‟inflazione futura vengono elaborate sulla base delle informazioni che gli operatori hanno circa =f( → ) L‟introduzione dell‟ipotesi di AR ha conseguenze molto importanti; permette di dimostrare infatti, che la politica monetaria è inefficace non soltanto nel lungo periodo come ha dimostrato Friedman, ma anche nel breve periodo. Possiamo illustrare questa conclusione considerando il seguente esempio in cui si considerano 2 periodi: t-1 t |─────────|─────────| 0 1 Ipotizziamo la seguente condizione di partenza: =0 =0 u0; N0 PMaL (N0) = 1 Wt-1 = 1 Pt-1 = 1 =1 PMaL (N0) = 1 Wt-1 =decidano 1 Supponiamo inoltre, che all‟inizio del periodo t le autorità monetarie di Pt-1 = 1 espandere la quantità di moneta al tasso del 10%. Analizziamo le conseguenze di =1 questa decisioni nel caso di aspettative adattive e nel caso di aspettative razionali. =0 =0 u ; N 0 0 In caso di aspettative adattive: PMaL (N0) = 1 1. Yt = YN + ( ) con > 0 → il redditoWè una funzione t-1 = 1 Pt-1 = 1 dell‟errore di previsione 2. = =1 =0 ) → il tasso di inflazione dipende dal tasso di variazione della =0 quantità di moneta =0 u0; N0 - Se = 0 allora =0 e Yt = YN PMaL (N0) = 1 Wt-1 = 1 Pt-1 = 1 3. =f( =1 56 - Se = 10% allora > 0, e( )>0, quindi Yt > YN → una politica monetaria espansiva ha effetti di breve periodo sul reddito e sull‟occupazione. In caso di aspettative razionali: 1. Yt = YN + ( ) con >0 → il reddito è una funzione dell‟errore di previsione 2. =f( ) Supponiamo che la relazione sia lineare: = Inoltre avremo: 3. =f( ); anche in questo caso supponiamo che la relazione sia lineare: = In questo caso gli operatori elaborano le loro previsioni sulla base delle informazioni relative al comportamento delle autorità monetarie. Se le autorità monetarie annunciano di voler incrementare la quantità di moneta del 10%, allora = 10%; se le autorità seguono davvero questo comportamento si avrà: - = allora = = 10% = = 10% Wt = Wt-1 * (1 + = quindi Yt = YN in particolare: ) = 1 * (1 + 0,1) = 1,1 → i salari monetari aumentano del 10% Pt = = = 10% = =1= Yt = YN → la politica monetaria espansiva non ha avuto alcun effetto sul reddito neppure nel breve periodo. 57 - Se quindi Yt allora < allora < YN in particolare se e quindi Yt > YN Yt può essere diverso da YN nel breve termine solo se i lavoratori non prevedono correttamente il tasso di variazione della quantità di moneta. Yt può essere diverso da YN nel breve termine solo se i lavoratori non Ci possiamoprevedono chiedere da cosa dipende la capacità degli operatori prevederedi moneta. correttamente il tasso di variazione delladiquantità correttamente il tasso di variazione della quantità di moneta. La capacità dei lavoratori diY prevedere correttamente il tasso di variazione della quantità di t può essere diverso da YN nel breve termine solo se i lavoratori non prevedono correttamente il tasso di variazione della quantità di moneta. moneta dipende fondamentalmente dal comportamento delle autorità monetarie. Se le autorità monetarie si comportano in maniera trasparente e forniscono Yt può essere da YN nel brevealle termine solo se i allora lavoratori informazioni chiare ediverso comprensibili relative loro decisioni gli non prevedono correttamente il tasso di variazione della quantità di moneta. operatori non commetteranno errori di previsione; Se invece le autorità monetarie non forniscono informazioni comprensibili e trasparenti allora gli operatori risulteranno indotti a sbagliare le previsioni e quindi a commettere un errore di previsione. Quindi in un mondo con aspettative razionali Yt>Ynat solo nel caso in cui le autorità monetarie non forniscono informazioni comprensibili agli operatori, cioè soltanto nel caso in cui le autorità monetarie inducono gli operatori a sbagliare le loro previsioni. Ci dobbiamo chiedere quindi se esistono ragioni che spingono le autorità monetarie a ingannare gli operatori al fine di ottenere un reddito maggiore di quello naturale. Questa è la domanda da cui si può partire per spiegare il fenomeno dell‟incoerenza temporale della politica monetaria. 7. L’incoerenza temporale della politica monetaria. La domanda che ci siamo posti ci porta a considerare la terza fase dell‟evoluzione della teoria monetaria contemporanea legata al concetto di incoerenza temporale della politica monetaria. Per capire se esistono o meno ragioni che possono spingere le autorità monetarie ad „ingannare‟ gli operatori, cioè ad evitare di dare informazioni chiare e 58 comprensibili circa il loro operato, è necessario specificare le preferenze delle autorità monetarie. Possiamo distinguere due tipologie di autorità monetarie sulla base delle loro diverse preferenze: 1. Autorità del primo tipo. Sono autorità che agiscono per conto della società nel suo complesso, e quindi hanno gli stessi obiettivi e le stesse preferenze della società nel suo complesso; 2. Autorità del secondo tipo. Sono autorità monetarie che hanno preferenze diverse da quelle che caratterizzano la società nel suo complesso. Specifichiamo dettagliatamente le preferenze di questi due tipi di autorità. 7.1 Le preferenze delle autorità monetarie del I tipo Le preferenze delle autorità monetarie del I tipo possono essere descritte mediante una funzione di preferenza U, la quale esprime il livello di soddisfazione che le autorità attribuiscono alle diverse combinazioni del reddito reale Y e del tasso di inflazione : Funzione di preferenza: U = f (Y; ) Funzione di preferenza: U = f (Y; ) Dobbiamo specificare come varia U al variare di Y e P. Funzione di preferenza: = ef (Y; Per quanto riguarda la relazione tra reddito realeU Y livello) di soddisfazione U ricordiamo che vale: Funzione di preferenza: Y = YN + ( ) U = f (Y; ) Quindi Y>YN solo se P>Pe Chiediamoci qual è il valore di Y che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie sapendo che esse hanno le stesse preferenze della società nel suo complesso. - Se Y < YN allora Y ↑ U↑ e quindi U(YN) > U(Y < YN) Ci aspettiamo quindi che al crescere del reddito, per Y<YN cresca anche la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo. - Se invece Y > YN allora U(Y) < U(YN). Infatti è possibile ottenere Y > YN solo se gli operatori commettono un errore di previsione e per la società nel suo complesso Y > YN non incrementa la soddisfazione 59 perché è un risultato che la società non avrebbe accettato se fosse stata in grado di prevedere correttamente il tasso di inflazione. Il valore di Y che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è pari a YN: Y max U è Y = YN Il valore di Y che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è pari a YN: Y max U è Y = YN Il valore Per quanto riguarda la relazione tra tasso didelle inflazione e livello didel I tipo è pari di Y che massimizza la soddisfazione autorità monetarie a YN: Y max U è Y = YN soddisfazione U valgono le seguenti relazioni: Il valore Y chepositivi massimizza la presenza soddisfazione delle autorità - Perdivalori di P (in di inflazione) si avràmonetarie U( > 0) <del I tipo è pari a YN: Y max U è Y = YN U( = 0) infatti l‟inflazione produce almeno due effetti negativi: 1. si confondono grandezze nominali e reali; 2. vi sono effetti redistributivi tra debitori e creditori poiché l‟inflazione determina la riduzione del valore reale dei debiti nominali. Di conseguenza i debitori risultano avvantaggiati e i creditori svantaggiati. - Per valori negativi di P (in presenza di deflazione) U( < 0) < U( = 0) infatti anche in questo caso l‟inflazione a due conseguenze negative : 1. si confondono grandezze nominali e reali; 2. si manifestano effetti redistributivi tra debitori e creditori di segno opposto a prima poiché la deflazione determina l‟aumento del valore reale dei debiti nominali. Di conseguenza i debitori risultano svantaggiati e i creditori avvantaggiati. Il valore di a 0: che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è pari max U è =0 Per la società nel suo complesso è quindi preferibile la presenza di prezzi stabili. Il valore quindi di che massimizza delle autoritàdelle monetarie Possiamo concludere chela ilsoddisfazione livello di soddisfazione autoritàdel I tipo è pari a 0: monetarie del I tipo è max quando Y = YNmax e U= 0.è =0 Per la società nel suo complesso è quindi preferibile la presenza di prezzi stabili. Il valore di a 0: che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è pari max U è =0 Per la società nel suo complesso è quindi preferibile la presenza di prezzi stabili. Il valore di a 0: che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è pari 60 max U è =0 Figura 1 =0 Curva di Phillips =0 2 2 2 2 1 2 0 1 Y1 1 Y1 1 Y1 1 Y1 1 20 1 0 10 0 Y0N 2 Y0N Y2 2 Y2 Y0N Y2 YN Y2 La combinazione 0 è quella che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo: U(0) = U(YN; = 0) max U Le combinazioni 1 e 2 presentano un livello di soddisfazione inferiore a quello associato alla combinazione 0: U(1) = U(Y1 < YN; 1< 0) < U(0) U(2) = U(Y2 > YN; 2> 0) < U(0) Una volta specificate le preferenze delle autorità, ci possiamo chiedere se queste autorità del I tipo hanno interesse ad ingannare gli operatori. Possiamo concludere che le autorità monetarie del I tipo non hanno interesse ad ingannare gli operatori e quindi ad ottenere un valore di Y>YN perché in questo caso la loro soddisfazione sarebbe inferiore a quella in corrispondenza di Y = YN. In altre parole tali autorità non hanno interesse ad indurre gli operatori a commettere errori di previsione. 61 =0 Y = 0Y Y Y Ci possiamo domandare come devono comportarsi le autorità del 1 tipo per ottenere questa combinazione. Per ottenere la combinazione 0, è necessario che = 0. In un mondo con aspettative razionali il tasso atteso di inflazione dipende dalle aspettative circa il tasso di variazione della quantità di moneta = Me ; le autorità monetarie devono comportarsi in modo trasparente, ossia devono fornire informazioni chiare circa il loro obiettivo che è quello di realizzare un tasso di inflazione pari a zero, e circa il tasso di variazione della quantità di moneta che dovrà essere pari a zero per indurre gli operatori ad aspettarsi un tasso di inflazione pari a zero. In questo caso si avrà, infatti, che: e quindi e quindi =0 =0 La combinazione di Y e che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è in corrispondenza di = = 0 e Y = YN. La combinazione di Y e che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è in corrispondenza di = = 0 e Y = YN. La combinazione di Y e che massimizza la 7.2 Le preferenze delle autorità monetarie del II tipo soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è in corrispondenza di suo = complesso. = 0 e Y = YN. Queste autorità hanno preferenze diverse dalla società nel Supponiamo che per queste autorità la soddisfazione cresca di La combinazione di anche Y e per chevalori massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo è Y>YN in corrispondenza di = = 0 e Y = YN. Per le autorità monetarie del II tipo il livello di soddisfazione aumenta al crescere del reddito anche per valori di Y > YN, ossia U(YN) < U(Y>YN). Per leper autorità del IIditipo il livello di soddisfazione Invece, quantomonetarie riguarda il tasso inflazione, assumiamo il tasso diaumenta inflazione al crescere del reddito anche per valori di Y > YN, ossia U(YN) < che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del II tipo sia uguale a U(Y>YN). quello che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del I tipo, e Per le autorità monetarie del II tipo il livello di soddisfazione aumenta quindi sia pari a zero. al crescere del reddito anche per valori di Y > YN, ossia U(YN) < U(Y>YN). Quindi nel caso delle autorità del 2 tipo potrà risultare che U(2) > U(0) ossia Per le autorità monetarie del II tipo il livello di soddisfazione aumenta U(Y U(Yreddito 1); per queste autorità diNsoddisfazione al crescere anche per valori di Y >l‟incremento YN, ossia U(Y )< 2 > YN) > del N) ( figura U(Y>Yall‟incremento N). legato di reddito supera la perdita di soddisfazione provocata dall‟incremento di inflazione. 62 Le preferenze di queste autorità monetarie si discostano da quelle della società nel suo complesso. Come si giustifica allora l‟esistenza di tali autorità? La giustificazione più diffusa elaborata dagli economisti, consiste nell‟ipotizzare che si tratti di autorità monetarie che dipendono dalle autorità di governo: si tratta quindi di autorità che subiscono le pressioni delle autorità di governo e perseguono gli obiettivi fissati dalle autorità di governo. Nei Paesi democratici le autorità di governo vengono elette per un certo periodo di tempo e quindi si pongono il problema della loro rielezione. Esse possono quindi cercare di adottare misure che favoriscano la loro rielezione come ad esempio la realizzazione nei periodi pre-elettorali di una politica espansiva che miri a determinare un incremento del livello di reddito e dell‟occupazione al fine di influenzare le scelte degli elettori. Questo comportamento è confermato da diversi studi empirici. Al fine di influenzare il comportamento degli elettori, le autorità di governo possono quindi spingere le autorità monetarie ad attuare una politica monetaria espansiva che determini un temporaneo aumento del reddito. Al fine di influenzare il comportamento degli elettori, le autorità di Per definirepossono le sceltequindi di queste autoritàlerappresentiamo le preferenze delle autorità governo spingere autorità monetarie ad attuare una politica monetaria espansiva che determini temporaneo monetarie del II tipo costruendo delle curve di un indifferenza, che aumento rappresentano del reddito. tutte le combinazioni (Y; ) alle quali l‟autorità monetaria attribuisce lo stesso livello di soddisfazione (figura 2). Per costruire queste curve prendiamo come Al fine di influenzare il comportamento degli elettori, le autorità di riferimento la curvaquindi di Phillips che corrisponde un tasso di atteso governo possono spingere le autoritàad monetarie adinflazione attuare una politica monetaria espansiva un temporaneo aumento pari a zero; questa curva indica che tutte determini le combinazioni possibili quando il tasso del reddito. atteso di inflazione è pari a zero. Prendiamo come riferimento la combinazione 0 (YN, P = 0) e rappresentiamo tutte le combinazioni alle quali la nostra autorità del Al fine di influenzare il comportamento degli elettori, le autorità di secondo attribuisce stessa soddisfazione; al crescereaddiattuare Y a parità governotipo possono quindilaspingere le autorità monetarie una di politica monetaria espansiva che determini un temporaneo inflazione cresce la soddisfazione, quindi per mantenere costante la aumento soddisfazione del reddito. dovrà crescere l‟inflazione fino a quando la disutilità dell‟inflazione compensa perfettamente l‟incremento di soddisfazione derivante dall‟incremento del reddito (punto B). In questo modo otterremo la curva U(0). 63 A n c h e l e a u t o r i t à d e l I I t i p o p r e f e r i s c o n o q u i n d i l a p Figura 2 U(0) Curve di indifferenza =0 B B B U(0) U(A) U(0) U(A) U(0) U(A) =0 B U(A) B B =0 B B A 0 0 0 0 YN 0 YA YN 0 YA =0 A A YN YA A positivamente; 0 Le curve di indifferenza hanno tre caratteristiche. 1) Sono inclinate 0 YN YA 2) hanno un‟inclinazione decrescente poiché l‟utilità marginale del reddito Y è decrescente mentre la disutilità marginale dell‟inflazione è crescente, quindi al crescere del reddito sarà necessario un incremento del tasso di inflazione sempre minore per compensare gli effetti di un incremento di una unità del reddito; 3) curve di indifferenza più lontane dall‟origine rappresentano livelli di soddisfazione maggiore. La curva che parte dalla combinazione A, U(A) corrisponde ad un livello di soddisfazione maggiore rispetto a U(0) poiché U(Y A P=0)>U(Y0 P=0) Una volta specificate le preferenze possiamo definire la combinazione che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie. 64 Y Y Y Y Figura 3 D CB C B C B D 0 0 C D =0 B B D U(A) B B 0 C 0 YN YN YN YN D D CA B YA YD D CA CA A YA YD D YA YD Curve di indifferenza U(A) =0 U(A) =0 =0 YA YD Supponiamo che Pe=0, quindi le combinazioni possibili sono quelle che stanno sulla curva di Phillips che corrisponde a Pe=0. Abbiamo visto che per le autorità del primo tipo la combinazione che massimizza la soddisfazione è la combinazione 0. Questo non vale per le autorità del secondo tipo poiché esistono combinazioni che assicurano una maggio soddisfazione: ad esempio la combinazione C a cui corrisponde il reddito YA ed un tasso di inflazione che è inferiore a quello che corrisponde al punto B quindi U(YA, Pc)>U(B). Partendo dalla combinazione 0 le autorità monetarie hanno convenienza a scegliere combinazioni che stanno sulla curva di Phillips a destra della combinazione 0 fino a quando l‟inclinazione della curva di Phillips è inferiore all‟inclinazione della curva di indifferenza. L‟inclinazione della curva di Phillips esprime qual è l‟incremento di inflazione necessario per ottenere un certo incremento di reddito. L‟inclinazione delle curve di indifferenza, invece, esprime di quanto deve crescere l‟inflazione affinchè il livello di soddisfazione si mantenga inalterato. Infatti, come possiamo notare dalla fig. 3, le autorità monetarie hanno convenienza a spostarsi dalla combinazione 0 alla combinazione C perchè l‟incremento di inflazione necessario per ottenere YA è inferiore dell‟incremento 65 U(A) Y Y Y Y di inflazione necessario per spostarsi nella combinazione B, ossia per mantenere lo stesso livello di soddisfazione che si ha in 0. L‟incremento di soddisfazione generato dall‟aumento del reddito (da YN a YA) è quindi superiore alla perdita di soddisfazione derivante dall‟aumento del tasso di inflazione (da 0 a C). Consideriamo ora la combinazione D: U(D) = U(YD > YA; D > C) U(D) = U(A) Inoltre U(A) > U(C) quindi U(D) > U(C) Le autorità monetarie espandono la loro soddisfazione incrementando il reddito quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore all’inclinazione delle curve di indifferenza. In altri termini, fino a quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore all’inclinazione delle curve di indifferenza, le autorità monetarie hanno convenienza a spostarsi verso destra lungo la curva di Phillips. Le autorità monetarie espandono la loro soddisfazione incrementando il reddito quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore all’inclinazione delle curve indifferenza. a abbia Per semplicità supponiamo che ladicurva di PhillipsIn siaaltri una termini, retta e chefino quindi quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore all’inclinazione un‟inclinazione le curve di indifferenza, invece, hanno inclinazione delle curve dicostante; indifferenza, le autorità monetarie hanno convenienza a spostarsi verso destra lungo la curva di Phillips. decrescente al crescere del reddito si arriverà ad un punto in cui le due inclinazioni uguali. In corrispondenza di tale punto si avrà la Le autoritàsaranno monetarie espandono la loro soddisfazione incrementando il reddito quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore combinazione (Y; ) che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del all’inclinazione delle curve di indifferenza. In altri termini, fino a IIquando tipo: l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore all’inclinazione delle curve di indifferenza, le autorità monetarie hanno convenienza a spostarsi verso destra lungo la curva di Phillips. max U → (Y > YN ; > 0) (Figura 4) Le autorità monetarie espandono la loro soddisfazione incrementando il reddito quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore delle indifferenza. In altri termini, fino Leall’inclinazione autorità monetarie noncurve hannodiinteresse ad espandere il reddito oltre Y a perché quando l’inclinazione della curva di Phillips è inferiore all’inclinazione indelle tal caso l‟inclinazione della curva di Phillips sarebbe superiore all‟inclinazione curve di indifferenza, le autorità monetarie hanno convenienza a spostarsi destra lungo la curva di Phillips. della curva di verso indifferenza. 66 Figura 4 U(0) Curve di indifferenza U(0) U(A) =0 B U(0) U(A) B U(0) U(A) In la riduzione di =0 soddisfazione generata U(A) dall‟aumento dell‟inflazione è perfettamente compensata =0 dall‟incremento di soddisfazione che deriva dall‟aumento del reddito. =0 Y B D B Y0 = C D YN Curva di Phillips 0 A C D Y0 = Y YA 0YN A C D Y Y YA 0 Y0 = A C Y Il primo risultato Yche N abbiamo YA ottenuto mostra che Y le autorità del secondo tipo 0 A scelgono la combinazione α e non la combinazione 0. Questo risultato dipende Y da Y0 = YA Y YN due elementi: 1. dalle preferenze dell‟autorità monetaria del II tipo; 2. dall‟ipotesi secondo cui Ci chiediamo . se questa seconda ipotesi è ragionevole. La risposta dipende dall‟ipotesi che si introduce circa il meccanismo di formazione delle aspettative. in caso di aspettative adattive le aspettative sull‟inflazione futura vengono elaborate sulla base del tasso di inflazione registrato nel periodo precedente, quindi l‟ipotesi è ragionevole perché in tal caso si avrà ; in caso di aspettative razionali le aspettative sull‟inflazione futura vengono elaborate sulla base delle informazioni che gli operatori hanno circa =f( ). In questo secondo caso occorre distinguere due ulteriori situazioni: 67 , ossia Nella prima supponiamo che gli operatori non conoscano le preferenze dell‟autorità monetaria, ossia non sanno dire se l‟autorità monetaria sia del I o del II tipo. E supponiamo inoltre che essi ritengano credibili le informazioni prodotte dall‟autorità circa la variazione della quantità di sarà quindi un‟ipotesi ragionevole nel caso le moneta. In questo caso autorità monetarie annuncino di volere realizzare ; Nella seconda supponiamo gli operatori conoscano le preferenze dell‟autorità monetaria e quindi sanno di essere in presenza di un‟autorità del II tipo. In questo caso anche se le autorità monetarie annunciassero e quindi l‟obiettivo , gli operatori non si aspetteranno poiché, conoscendo le preferenze delle autorità monetarie, sanno che se le autorità monetarie non avranno combinazione 0, bensì la combinazione > 0 convenienza a realizzare la caratterizzata da Y > YN e = 0. In altri termini, le autorità monetarie non sono credibili e gli operatori sanno che se si fidassero dell‟annuncio delle autorità monetarie commetterebbero un errore di previsione. Di conseguenza, in questo caso l‟ipotesi non è ragionevole; anche di fronte ad annunci di operatori si aspetteranno , gli . Figura 5 ’= 10% ’ ’==8% 10% = 8% ’= 10%= 5% = 8% ’==5% = 8% 10% = 5% = 5% =0 U(1) ’ U(1) 1 1 U(1) U(1) ’ =0 ’ Curve di indifferenza = 0 1 =0 1 Curva di Phillips 0 Y0 = YN 0Y N 0Y =Y 0 N 68 Y Y Y Y Y Y Y Y Y A questo punto ci chiediamo allora quale sarà il valore di . Sarà certamente superiore a zero. Andiamo per approssimazioni successive; supponiamo che sia . La posizione della curva di Phillips, come sappiamo, dipende dal valore del tasso di inflazione atteso; se , la curva di Phillips si sposterà verso l‟alto passando per il punto 1 della figura 5. In corrispondenza di 1: = 5% quindi l‟errore di previsione sarà di conseguenza Y0 = YN In questo caso le combinazioni che possono essere scelte dalle autorità monetarie stanno sulla nuova curva di Phillips che passa = 5%per il punto 1; le autorità dovranno scegliere la combinazione che massimizza la soddisfazione. Questa combinazione quindi l’errore di previsione sarà può essere definita specificando ledicurve di indifferenza. conseguenza Y1 = YNConsideriamo la curva U(1) che rappresenta tutte le combinazioni (Y; ) che assicurano la stessa = 5 % soddisfazione ottenuta nella combinazione 1. La combinazione 1 non massimizza 5% la soddisfazione delle autorità monetarie=poiché l‟inclinazione della Curva di Phillips è inferiore a quella della curva di indifferenza, quindi le autorità quindi l’errore di previsione sarà monetarie avranno convenienza adiscegliere una combinazione che sta a destra conseguenza Y1 = YN della combinazione 1. Si spingeranno fino a scegliere la combinazione α‟? Questa combinazione sarà = 5% Pα che sarà certamente maggiore caratterizzata da Yα e da un tasso di inflazione del 5%. Siamo in grado di calcolare questol’errore valore poiché per ottenere quindi di previsione saràYα l‟errore conseguenza Y1 = Yatteso N di previsione dovrà essere pari al di 5%, quindi se il tasso di inflazione sarà pari al 5% il tasso di inflazione effettivo dovrà essere del 10%: . Ci chiediamo se la combinazione α‟ è quella che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie. Possiamo dimostrare che le autorità monetarie non sceglieranno la combinazione α‟, ma sceglieranno la combinazione β che sta a sinistra della combinazione α. A questo scopo consideriamo un esempio numerico che ci permette di illustrare il passaggio da 0 ad α quando Pe=0 e a β quando Pe = 5%. 69 q u i n d i l ’ e r r o r e d i p r e v i s i o n e s Tabella 1 Reddito Disutilità Utilità marginale marginale reddito è inflazione è decrescente Inflazione crescente Y0 dY = +1 combinazione 0 =0 dato che -1 +10 -2 +9 -3 +8 -4 +7 -5 +5 -6 +4 allora dY = +2 dato che allora dY = +3 dato che allora dY = +4 dato che allora dY = +5 dato che allora dY = +6 dato che allora 70 I valori della tabella 1 sono determinati assumendo che l‟inclinazione della curva di Phillips sia costante e che per ottenere un aumento del reddito dell‟1% (dY= + 1%) sia necessario un errore di previsione relativo al tasso di inflazione pari all‟1%. Inoltre si suppone che il tasso di inflazione atteso sia pari a zero. I valori riportati nella tabella 1 descrivono il percorso che porta le autorità monetarie a scegliere la combinazione α. Le autorità monetarie sceglieranno un combinazione a destra della combinazione 0 se l‟inclinazione della curva di Phillips è inferiore a quella della curva di indifferenza e questo implica che l‟incremento di soddisfazione connesso all‟incremento di reddito supera la perdita di soddisfazione provocata dall‟incremento di inflazione. Nell‟esempio riportato nella tabella un incremento del reddito dell‟1% richiede un incremento dell‟inflazione dell‟1%; le autorità monetarie sceglieranno di espandere il reddito dell‟1% perché l‟utilità marginale del reddito è pari a 10 e la disutilità dell‟inflazione è pari a 1. Poiché l‟utilità marginale del reddito è decrescente mentre la disutilità dell‟inflazione è crescente, si arriverà ad una combinazione in corrispondenza della quale l‟incremento di soddisfazione generato dall‟incremento di reddito è perfettamente compensato dalla perdita di soddisfazione provocata dalla crescita dell‟inflazione; quella è la combinazione che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie. Nel nostro esempio corrisponde alla combinazione α che prevede un incremento del reddito del 5% e dell‟inflazione del 5% in quanto l‟incremento di soddisfazione derivante dall‟incremento del reddito dal 4 al 5% è perfettamente compensato dalla perdita di soddisfazione che corrisponde all‟aumento dell‟inflazione dal 4 al 5%. Questo esempio ci permette di spiegare perché, quando il tasso atteso di inflazione atteso è pari al 5% le autorità monetarie non sceglieranno la combinazione α‟; infatti per ottenere un incremento del reddito pari al 5% dovrebbero accettare un tasso di inflazione del 10%, ma, come mostra la tabella 2, la disutilità conseguente all‟incremento dell‟inflazione dal 9 al 10% è maggiore dell‟incremento di soddisfazione relativo all‟incremento del reddito dal 4 al 5% perciò scegliendo la combinazione α le autorità monetarie ridurrebbero la loro soddisfazione. 71 Tabella 2 Reddito Disutilità Utilità marginale marginale reddito è inflazione è decrescente Inflazione crescente Y0 dY = +1 = 5% combinazione 1 dato che -6 +10 -7 +9 -8 +8 -9 +7 -10 +5 allora dY = +2 dato che allora dY = +3 dato che allora dY = +4 dato che allora dY = +5 dato che allora La tabella 2 mostra che le autorità monetarie quando il tasso di inflazione atteso è pari al 5% massimizzeranno la loro soddisfazione scegliendo la combinazione β che prevede un incremento del reddito del 3% a cui si accompagna un tasso di inflazione dell‟8% (figura 5) 72 Questo esempio ci porta a concludere che il tasso di inflazione atteso dai lavoratori non sarà neppure Pα = 5% poiché i lavoratori sanno che se si aspettassero un tasso di inflazione del 5% le autorità monetarie massimizzerebbero la loro soddisfazione realizzando un tasso di inflazione dell‟8%. Rimane aperto il problema della definizione del tasso di inflazione atteso dai lavoratori. Per individuare questo tasso proviamo a chiederci se questo tasso può essere pari all‟8%. Sulla base di quanto abbiamo visto sinora possiamo dedurre che non potrà essere neppure l‟8% perché se il tasso atteso fosse l‟8% il tasso = → Max U ( = 8% ) sarebbe maggiore dell‟8%. Quanto abbiamo visto sinora ci consente però di fare alcune osservazioni che ci permetteranno di specificare il valore del tasso atteso di inflazione: Riassumendo… Se =0 Se allora → Max U ( = 0) = = = = 5% allora → Max U ( = = 8% allora → Max U ( = 5% = 5% ) = = 8% Se = = 8% ) = ?? <11% Questa sequenza ci suggerisce che: 1. Esiste una relazione tra tasso di inflazione atteso e tasso di inflazione che massimizza la soddisfazione dell‟autorità monetaria del II tipo → al crescere del tasso di inflazione atteso il tasso di inflazione che massimizza la soddisfazione dell‟autorità monetaria aumenta: =f( ) con f’ > 0 = f ( di )previsione con f’ 2. Esiste anche una relazione tra l‟errore ed>il0 tasso di inflazione atteso → l‟errore di previsione diminuisce = f ( )al crescere con f’del > 0tasso di inflazione atteso: =f( ) con f’ > 0 ( - )=h( ) con h’ < 0 ( - ) =che: h( Queste relazioni ci permette di concludere ) con h’ < 0 ( - )=h( ) con h’ < 0 ( - )=h( 73 ) con h’ < 0 a) se il tasso di inflazione atteso fosse l‟8% allora il tasso di inflazione che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie sarà inferiore a 11%; b) esisterà un valore del tasso di inflazione atteso sufficientemente grande ( *) in corrispondenza del quale l‟errore di previsione → * Max U ( = *) = - * è uguale a 0 : * Possiamo individuare questo valore costruendo una funzione che sintetizzi le due relazioni appena descritte: Equazione 1: = dove 0<g<1 = dove 0<g<1 Nel nostro esempio g assume un valore pari a 0,6, e Pα = 5% = allora dove 0<g<1 Se 0 5% Se 5% Se 8% allora allora P= < 11% Equazione 2: Questa seconda equazione esprime il fatto che i lavoratori sceglieranno quel particolare valore del tasso di inflazione che rende pari a zero l‟errore di previsione. Abbiamo ottenuto un sistema lineare di due equazioni con due incognite: P, P e. Risolvendo il sistema otteniamo il il valore di l‟errore di previsione è pari a 0: da cui 74 * in corrispondenza del quale A questo punto possiamo calcolare il corrispondente tasso di inflazione che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del II tipo: Max U ( = 12,5%) = 12,5% = 5% + 0,6 12,5% = 12,5% Figura 6 E = 12,5% E = 12,5% E = 12,5% = 8% = 12,5% = 8% 5% == 8% 5% == 8% = 5% = 5% =0 E Curve di indifferenza 1 =0 1 =0 Y 1 Y= 0 1 Y 0 Y0 = 0Y N Y Y Y Y Curva di Phillips 0Y = 0 YN Y Y 0 Siamo in grado, ora, di determinare il livello di reddito reale Y che corrisponde ad = 12,5%. EssoYsarà pari a Y =YYN in quanto l‟errore un tasso di inflazione attesoY0del YN di previsione è nullo ( - * = 0): questo valore corrisponde al punto E della Y0 = di YN la curva di Phillips passa per il punto E in figura 6. Infatti in corrispondenza YN quanto il tasso di inflazione atteso è pari al 12,5%, e allo stesso tempo il tasso di inflazione del 12,5 % è il valore che massimizza la soddisfazione delle imprese, quindi nel punto E l‟inclinazione della curva di Phillips è uguale all‟inclinazione della curva di indifferenza. 75 Y Quindi se le aspettative sono razionali e gli operatori conoscono le preferenze delle autorità monetarie (ossia sanno di essere in presenza di un‟autorità del II tipo) allora la combinazione (Y; ) scelta dalle autorità monetarie del II tipo sarà E: come è possibile notare dal grafico, le autorità monetarie non sono quindi in grado di espandere il reddito (YE=YN) perché gli operatori, conoscendo le preferenze delle autorità, non commettono alcun errore di previsione. Finora abbiamo descritto le preferenze delle autorità monetarie utilizzando le curve di indifferenza; possiamo esprimere le preferenze analiticamente utilizzando una funzione di preferenza o una funzione di costo: - funzione di preferenza, rappresenta i livelli di soddisfazione associati alle diverse combinazioni reddito e tasso di inflazione; - funzione di costo, rappresenta il livello di insoddisfazione che le autorità monetarie attribuiscono a scostamenti del reddito reale e del tasso di inflazione rispetto a valori obiettivo. Consideriamo la funzione di costo Z sapendo che: Y* → =0 → valore obiettivo del reddito valore obiettivo dell‟inflazione 1) Z=b (Y – Y*)2 + 2 dove: Z = b (Y – Y*)2 + 2 b = peso attribuito agli scostamenti del reddito rispetto a quelli dell‟inflazione; - Z=b (Y – Y*)2 + 2 (Y – Y*)2 = scostamento del reddito effettivo rispetto al reddito obiettivo. Il Z = b (Y – Y*)2 + 2 valore dello scostamento è elevato al quadrato in quanto si ipotizza che l‟insoddisfazione delle autorità si manifesti sia nel caso in cui Y<Y* sia nel caso opposto in cui Y>Y*; - esiste una relazione diretta tra scostamento del reddito e Z: se lo scostamento aumenta anche Z crescerà; 76 - 2 = scostamento del valore effettivo dell‟inflazione da quello obiettivo che è posto pari a zero. Anche in tal caso lo scostamento è elevato al quadrato al quadrato poiché si assume che l‟insoddisfazione delle autorità si registri sia per valori superiori che per valori inferiori rispetto all‟obiettivo. L‟obiettivo delle autorità consiste nell‟individuare la combinazione di valori di Y e P che minimizza la funzione di costo. Per individuare questa combinazione dobbiamo specificare il valore obiettivo del reddito (equazione 2) Mentre per le autorità monetarie del I tipo il valore obiettivo del reddito è YN (e quindi k=1), le autorità monetarie del II tipo sono per definizione incentivate ad espandere il reddito oltre YN quindi per tali autorità il reddito obiettivo sarà pari a: Y* = k YN 2) dove k > 1 Inoltre sappiamo che 3) Y = YN + ( - ) Quindi sostituendo le equazioni 2 e 3 nella 1 si i otterrà: Z=b [ YN + ( - ) – kYN ]2 + 2 La funzione di costo diventa una funzione di P, che si ipotizza sia controllato dalle autorità monetarie mediante la manovra della quantità di moneta; l‟obiettivo dell‟autorità monetaria del II tipo sarà quello di minimizzare la funzione di costo, ossia di scegliere quel valore del tasso di inflazione che minimizza Z: → Min Z Poniamo A = [ YN + ( - cioè ) – kYN ] Z=b → =0 quindi si avrà: A2 + 77 2 Quindi risulterà: 2A Il valore di P che minimizza la funzione di costo è quel valore che azzera la derivata prima della funzione di costo rispetto al tasso di inflazione: ossia 2bA bA Sostituendo l‟espressione di A si ottiene: b [ YN + 2 bYN + b ( - ) – kYN ] + 2 b bkYN + bYN 2 bYN b 2 b Infine si ricava: Questa equazione ci dice che il tasso di inflazione che minimizza la funzione di costo è una funzione lineare del tasso di inflazione atteso >0 e corrisponde a . del nostro esempio (5%), è infatti un valore positivo poiché k>1 0< <1 e corrisponde a g del nostro esempio (0,6) Abbiamo visto, quando abbiamo espresso le preferenze mediante curve di indifferenza, che l‟errore di previsione si riduce al crescere del tasso di inflazione atteso , quindi esisterà un valore del tasso di inflazione atteso tale da 78 determinare un errore di previsione pari a 0, cioè: Per individuare questo valore poniamo: g Possiamo ottenere Pe risolvendo il seguente sistema: = sostituendo la seconda equazione nella prima si ottiene: da cui Pe Il valore di in corrispondenza del quale l’errore di previsione è pari a 0 corrisponde a: poiché k>1 79 Questa espressione è maggiore di zero; nel nostro esempio era pari a 12,5% Di conseguenza il tasso di inflazione che massimizza la soddisfazione delle autorità monetarie del II tipo sarà pari a : Questa espressione è maggiore di zero; nel nostro esempio era pari a 12,5% Se invece k=1 (autorità monetarie del I tipo) = dove quindi e quindi infatti: = dato che k=1 7.3 Il concetto di incoerenza temporale della politica monetaria. Abbiamo visto che in un mondo con aspettative razionali e in cui gli operatori conoscono le preferenze delle autorità monetarie, le autorità del II tipo non riescono ad espandere il reddito oltre il suo valore naturale; l‟unico risultato che riescono ad ottenere è quello di provocare un tasso di inflazione superiore a zero poiché i lavoratori si aspettano un tasso di inflazione maggiore di zero. La combinazione E (figura 6) è certamente peggiore della combinazione 0 perché, a parità di reddito (YE=Y0) in corrispondenza di E il livello di inflazione è maggiore ( ). Ci possiamo chiedere perché le autorità del secondo tipo non riescono a raggiungere la combinazione 0 che è invece, la combinazione che le autorità del I tipo riescono a realizzare. Per illustrare questo punto chiediamoci come dovrebbero comportarsi le autorità del II per realizzare la combinazione 0. Dovrebbero comportarsi come le autorità del I tipo: annunciare l‟obiettivo di inflazione 0 e un tasso di variazione della quantità di moneta pari a 0. Questo dovrebbe indurre gli operatori ad aspettarsi un tasso di inflazione pari a zero che è la condizione necessaria affinchè si possa realizzare un tasso di inflazione pari a zero. 80 Questo risultato può essere ottenuto dalle autorità del primo tipo poiché sono credibili, cioè riescono ad influenzare le aspettative degli operatori, ma non dalle autorità del secondo tipo. Infatti il loro annuncio di un obiettivo di inflazione pari a zero non è credibile, non induce gli operatori ad aspettarsi un tasso di inflazione pari a zero poiché essi sanno che se il tasso atteso di inflazione fosse pari a zero, allora il tasso di inflazione che massimizza la soddisfazione di queste autorità sarebbe maggiore di zero, pari a Pα=5% nel nostro esempio. In conclusione possiamo affermare che in un mondo con aspettative razionali la presenza di autorità del II tipo genera inflazione. L’inflazione è quindi determinata dalla presenza di autorità monetarie del II tipo. Possiamo infine introdurre il concetto di incoerenza temporale della politica monetaria. La teoria monetaria contemporanea afferma che l‟inflazione che corrisponde al punto E della figura 6 è provocata dalla incoerenza temporale della politica monetaria. Il concetto di incoerenza temporale della politica monetaria si applica ad una strategia di politica economica che si realizza in due momenti distinti 1,2. Questa strategia prevede quindi decisioni che si devono realizzare nei due periodi; nel momento 0 si definiscono le decisioni da realizzare in 1 e in 2. Questa strategia è caratterizzata da incoerenza temporale se una volta attuata la politica ottimale prevista per il periodo 1, la politica definita il periodo 2 non si rivela più ottimale a causa delle decisioni prese nel periodo 1. Nel periodo 2 la politica prevista non è più ottimale non perché siano cambiate le condizioni esterne, ma a causa degli effetti della decisioni prese nel periodo 1. Possiamo mostrare che la strategia che dovrebbero seguire le autorità del II tipo per realizzare la combinazione 0 è caratterizzata da incoerenza temporale. 1 2 |──────|──────| 2 O 1 Wt 1 2 Informazioni1 → Informazioni → = 20 Wt 81 Informazioni → =0 → Per ottenere la combinazione 0 le autorità monetarie del II tipo dovrebbero seguire una strategia caratterizzata da incoerenza temporale della politica monetaria. Al fine di ottenere la combinazione 0 in corrispondenza della quale (Y=YN; ) tali autorità dovrebbero seguire una strategia caratterizzata da 2 momenti; all‟inizio del periodo 1 i lavoratori contrattano i salari monetari sulla base della loro aspettativa circa il tasso di inflazione. Per realizzare la combinazione 0 le autorità monetarie del II tipo devono nel periodo 1, fornire agli operatori le informazioni ( → ) che possano spingere questi ultimi ad elaborare un tasso di inflazione atteso pari a 0 (decisioni di politica monetaria del periodo 1) Wt = Wt-1 * (1 + ) se =0 allora Wt = Wt-1 e i prezzi restano costanti Wt = Wt-1 * (1 + ) se = 0 allora Wt = Wt-1 e i prezzi restano costanti Nel periodo 2 le autorità monetarie potranno ottenere Yt = YN e se Wt = Wt-1 * (1 + ) se = 0 allora Wt = Wt-1 e i prezzi restano costanti realizzano . Questa strategia però funziona per le autorità monetarie del I influenzano operatori); non avrà Wt = Wtipo (1 +sono) credibili se = (ossia 0 allora Wtle=aspettative Wt-1 e i degli prezzi restano costanti t-1 * che invece successo per le autorità monetarie del II tipo. Infatti i lavoratori sanno che se si aspettassero un tasso di inflazione pari a 0 le autorità monetarie del II tipo massimizzerebbero la loro soddisfazione realizzando un tasso di inflazione maggiore di 0, ossia pari a ; in questo caso per effetto delle decisioni prese nel periodo 1 le autorità del secondo tipo saranno spinte a modificare nel periodo 2, la loro strategia che non sarebbe più quella di realizzare un‟inflazione pari a 0 ma un‟inflazione pari a Pα. Si tratta quindi di una strategia caratterizzata da incoerenza temporale. Gli operatori consapevoli di questo comportamento delle autorità monetarie del II tipo si aspetteranno un tasso di inflazione maggiore di zero. Possiamo quindi concludere che la presenza di inflazione, in un mondo con aspettative razionali e autorità monetarie del II tipo, è conseguenza dell’incoerenza temporale della politica monetaria. Possiamo quindi concludere che la presenza di inflazione, in un mondo con aspettative razionali e autorità monetarie del II tipo, è conseguenza dell’incoerenza temporale della politica monetaria. Possiamo quindi concludere che la presenza di inflazione, in un mondo 82 con aspettative razionali e autorità monetarie del II tipo, è conseguenza dell’incoerenza temporale della politica monetaria. 8. Indipendenza e credibilità delle autorità monetarie. Secondo la versione tradizionale della teoria quantitativa della moneta l‟inflazione è un fenomeno monetario dovuto alla variazione della quantità di moneta: → In un mondo caratterizzato da aspettative razionali e in presenza di autorità monetarie del II tipo l‟inflazione dipende dal fatto che il tasso di inflazione atteso dai lavoratori è maggiore di 0: Wt ↑ ↑ Queste autorità non sono in grado di impiegare la ↑ politica monetaria per espandere il reddito: non è possibile ottenere un maggior livello di reddito grazie ad una maggiore inflazione. L‟aspetto paradossale è che se esistono autorità monetarie del II tipo non è neppure possibile ottenere la stabilità dei prezzi, ossia la combinazione 0(Y=YN; ). Gli studiosi di macroeconomia si sono allora interrogati su cosa è possibile fare per eliminare l‟inflazione → la risposta è stata che bisogna eliminare le condizioni che portano alla presenza di autorità monetarie del II tipo, cioè di autorità monetarie che sono fortemente condizionate dalle scelte delle autorità di governo. Per eliminare l‟inflazione bisognerebbe quindi creare autorità monetarie che siano indipendenti delle autorità di governo, ossia che non subiscano pressioni dalle autorità di governo. E‟ ragionevole ipotizzare che autorità monetarie indipendenti dovrebbero avere preferenze che riflettono quelle della società nel suo complesso e quindi tali da indurre a massimizzare la soddisfazione scegliendo la combinazione 0, ossia quella in corrispondenza della quale i lavoratori non vengono ingannati. Le autorità del primo tipo infatti, sono credibili sono cioè in 83 c c e t t i d i i n d i p e n d e n grado di influenzare con il loro comportamento, le aspettative inflazionistiche degli operatori. Autorità monetarie indipendenti rispetto alle autorità di governo sono autorità monetarie credibili. L‟indipendenza delle autorità monetarie si compone di diversi elementi. In particolare è possibile distinguere: 1. INDIPENDENZA PERSONALE → i vertici direttivi dell‟autorità monetaria sono composti da persone in grado di resistere alle pressioni che possono essere esercitate dalle autorità di governo. Tale forma di indipendenza viene garantita stabilendo, per esempio, che i componenti dei Consigli direttivi delle autorità monetarie durino in carica per un periodo predeterminato e non siano rieleggibili; 2. INDIPENDENZA RELATIVA AGLI OBIETTIVI → l‟autorità monetaria deve essere in grado di fissare autonomamente gli obiettivi della propria azione; 3. INDIPENDENZA RELATIVA AGLI STRUMENTI → l‟autorità monetaria deve essere in grado di scegliere autonomamente gli strumenti con cui realizzare i propri obiettivi. 8.1. Regole e discrezionalità della politica monetaria Indipendenza non è sinonimo di irresponsabilità: un‟autorità monetaria indipendente ha la responsabilità nei confronti della società nel suo complesso di realizzare gli obiettivi che massimizzano la soddisfazione di quest‟ultima. L’autorità monetaria indipendente risponde del proprio operato nei confronti di tutta la società. Si devono quindi creare le condizioni affinché l‟opinione pubblica possa verificare e valutare le scelte compiute dall‟autorità monetaria. La verifica-valutazione del comportamento delle autorità monetarie è facilitata da due elementi: 84 1. l‟autorità monetaria deve fornire informazioni relative al suo operato, ossia deve spiegare le scelte compiute, gli obiettivi che si è prefissata e le ragioni di eventuali scostamenti tra risultati ottenuti e obiettivi prefissati l’autorità monetaria indipendente deve essere trasparente; 2. l’autorità monetaria deve seguire una strategia basata su regole di decisione piuttosto che una strategia discrezionale. Possiamo distinguere due strategie di politica economica: i) una politica economica basata su regole di decisione; ii) una politica discrezionale. La differenza tra queste due strategie può essere specificata osservando che all‟interno di qualsiasi strategia di politica economica è possibile distinguere due momenti: il momento della programmazione/pianificazione della strategia e quello della sua realizzazione. Nel caso di una strategia basata su regole di decisione l‟intervallo temporale che separa tali due momenti è molto ampio; nel caso di una strategia discrezionale, invece, i due momenti tendono a coincidere: 0 1 2 3 ───|──────|──────|──────|────── t t+1 t+2 In caso di strategia basata su regole di decisione l‟autorità monetaria stabilisce come si comporterà in ogni periodo successivo e quindi tra programmazione e realizzazione della strategia intercorre un ampio intervallo temporale, quindi nell‟istante 0 essa dichiarerà come si comporterà in t, t+1, t+2… Nel caso di una politica discrezionale, invece, tale intervallo temporale si annulla perché di periodo in periodo l‟autorità monetaria programma e realizza un particolare intervento di politica monetaria. Per la società nel suo complesso risulta quindi più facile valutare una strategia basata su regole di decisione piuttosto che una strategia discrezionale. 85 8.2 Alcuni esempi di regole. Negli ultimi 20-30 anni le autorità monetarie hanno seguito soprattutto strategie basate su regole di decisione. In particolare possiamo distinguere tre esempi di regole di decisione: 1. monetary targeting; 2. inflation targeting; 3. regola di Taylor. Monetary targeting Tale regola prevede che le autorità monetarie fissino al tempo 0 il tasso di variazione della quantità di moneta che si dovrà realizzare in t, in t+1, in t+2,….e che esse ritengono sia coerente con un dato valore obiettivo del tasso di inflazione. Fondamento teorico di tale regola è infatti la teoria quantitativa della moneta secondo cui variazioni della quantità di moneta determinano variazioni del tasso di inflazione: → . Possiamo spiegare attraverso quale processo le autorità monetarie scelgono partendo dall‟equazione degli scambi: MV=PY dove M = quantità di moneta V = velocità di circolazione della moneta P = prezzi Y = reddito reale Equivalente a: 2% 2% -0,5% Per scegliere le autorità monetarie devono quindi innanzitutto specificare il tasso di inflazione che intendono realizzare ed elaborare previsioni circa e . L‟esempio più rilevante di realizzazione di questa regola è rintracciabile nella politica monetaria realizzata in Germania a partire dagli anni ‟70 e fino al 1998 86 quando venne costituita l‟Unione Monetaria Europea, la quale comportò l‟adozione di una politica monetaria comune. Nei primi anni di vita della BCE fu adottata una regola che rifletteva proprio quella di monetary targeting della BC tedesca, ossia quella del Paese europeo economicamente più forte, e i valori di erano proprio quelli del nostro esempio. Il monetary targeting venne tuttavia adottato anche in altri Paesi e, in alcuni casi, era anche prevista una penalità nei confronti delle autorità monetarie che non fossero riuscite a rispettare il tasso di variazione della quantità di moneta definito. Inflation targeting Tale regola venne adottata a partire dagli anni ‟90 in Inghilterra e Canada e in altri paesi. Questa regola è caratterizzata da due elementi: 1. le autorità monetarie devono annunciare pubblicamente il valore obiettivo di che dovrà essere realizzato in un determinato intervallo di tempo. Solitamente l‟intervallo di tempo è di medio periodo (2 anni) poiché le autorità monetarie riconoscono di non essere in grado di controllare nel breve periodo: esse riconoscono cioè che nel breve periodo ci possono essere fattori che influenzano indipendentemente dalle proprie decisioni e che non possono essere contrastati dalle proprie scelte. 2. il secondo aspetto rilevante riguarda la scelta dello strumento da utilizzare per realizzare l‟obiettivo prefissato in termini di . Questa regola non definisce uno strumento specifico, ma analizzando l‟esperienza storica possiamo notare che i Paesi che l‟hanno adottata hanno tutti utilizzato il tasso di interesse: r→ Questa può sembrare una scelta sorprendente poiché sinora abbiamo assunto che lo strumento fondamentale utilizzato dalle autorità monetarie per controllare fosse . 87 Ciò ci spinge a porci due domande: a) Perché le autorità monetarie non hanno più usato per controllare ? La ragione è che in molti Paesi negli anni ‟80-‟90 si è registrata un‟elevata instabilità della relazione tra inflazione e tasso di variazione della quantità di moneta: tra , con la conseguenza che è venuta meno la relazione biunivoca e : a parità di quantità di moneta si potevano avere più livelli di tasso di inflazione o, viceversa, in corrispondenza di diversi valori della quantità di moneta era possibile ottenere lo stesso valore del tasso di inflazione. Vista l‟instabilità di tale relazione, diventò quindi uno strumento poco efficace e dunque uno strumento da sostituire. b) Come fanno le autorità monetarie a controllare il tasso di interesse r? Per capire ciò occorre fare una premessa → Come abbiamo appena detto lo strumento fino ad allora utilizzato per controllare era la quantità di moneta, la quale veniva controllata dalle autorità monetarie mediante operazioni di mercato aperto, ossia mediante operazioni di compravendita di titoli. In particolare la moneta è costituita dalle passività finanziarie della Banca centrale: M = PFBC Questa definizione di moneta è molto imprecisa: se pensiamo alla funzione di mezzo di scambio della moneta allora dobbiamo osservare che la moneta non coincide esclusivamente con le passività delle Banche Centrali poiché anche le passività a vista emesse dalle singole banche (essenzialmente depositi) vengono usate come mozzo di pagamento. Una definizione più precisa di moneta è allora la seguente: M = PFBC + depositi Dal momento che la componente principale della moneta è costituita dai depositi ci chiediamo se le autorità monetarie sono in grado di controllare la quantità di moneta in circolazione. A questa domanda gli economisti danno due risposte : 88 secondo la teoria della esogeneità della moneta le autorità monetarie sono in grado di controllare l‟ammontare di deposti e quindi la quantità di moneta in circolazione; secondo la teoria della endogeneità della moneta, invece, le autorità monetarie non sono in grado di controllare la quantità di moneta in circolazione. Secondo i sostenitori della teoria dell‟esogeneità della moneta esiste una relazione tra depositi e passività della Banca Centrale: DEP = f (PFBC) Se questa relazione è stabile allora le autorità monetarie sono in grado di controllare la quantità di moneta in circolazione: M = PFBC + (DEP = f (PFBC)) Secondo gli studiosi della teoria dell‟esogeneità della moneta tale relazione si basa sull‟esistenza di un vincolo che riguarda le banche costituito dall‟obbligo di avvalersi di una riserva a fronte dei propri depositi composta solo da passività della Banca Centrale: Le riserve devono essere proporzionali all’ammontare dei depositi: con dove è il coefficiente di riserva. Lo stato patrimoniale delle banche risulterà quindi così composto: Banche attività Crediti Riserve passività Depositi Questo vincolo definisce una relazione tra le PFBC e i depositi e quindi tra le PFBC e la moneta. Per semplicità supponiamo che M = DEP, avremo quindi: 89 Ossia: le riserve sono proporzionali all‟ammontare dei depositi; le riserve possono essere costituite solo da passività della Banca Centrale; l‟ammontare massimo delle riserve coincide con l‟ammontare delle passività della Banca Centrale, determinato dalla stessa tramite operazioni di mercato aperto. Sostituendo la seconda equazione nella prima si ottiene: da cui dove DEP = è il moltiplicatore dei depositi. Facciamo un semplice esempio: quindi DEP = Banche attività passività Crediti 4000 Depositi 5000 Riserve 0,2*5000 È importante distinguere nettamente il concetto di moneta da quello di base monetaria: la moneta è composta dal circolante e dai depositi: M = CIRC + DEP la base monetaria, o moneta ad alto potenziale, è il nucleo da cui scaturisce l‟ammontare della moneta ed è rappresentata dall‟insieme degli strumenti finanziari che possono essere utilizzati dalle banche per costituire la riserva obbligatoria. La componente più rilevante della base monetaria è costituita dalle passività della Banca Centrale quindi avremo: 90 BM = PFBC La Banca Centrale controlla la base monetaria e quindi le proprie passività finanziarie attraverso due operazioni: - operazioni di mercato aperto; - finanziamenti che la BC concede alle aziende di credito: le banche ordinarie possono ottenere base monetaria dalla BC e quindi indebitarsi nei confronti di quest‟ultima. A questo punto siamo quindi in grado di comprendere come le autorità monetarie controllano il tasso di interesse. Le autorità monetarie stabiliscono autonomamente e discrezionalmente il tasso di interesse al quale la BC finanzia le aziende di credito → tale tasso è definito tasso ufficiale di sconto rS (o tasso di riferimento). La manovra di questo tasso di interesse è diventata lo strumento principale di politica monetaria usato dalle autorità monetarie per influenzare l‟intera struttura dei tassi di interesse: Se rS ↑ rL ↑ r↑ dove rL è il tasso di interesse applicato da ogni singola banca. Dobbiamo infine specificare la relazione tra tasso di interesse e inflazione. La manovra del tasso di interesse agisce sul tasso di inflazione attraverso tre canali: 1) le aspettative. La manovra del tasso di interesse rende esplicito l‟indirizzo della politica monetaria e quindi influenza le aspettative inflazionistiche; 2) la domanda aggregata. Una variazione del tasso di interesse influenza la domanda aggregata e questo può influenzare il livello dei prezzi; 3) il tasso di cambio. Una variazione del tasso di interesse, influenza il saldo della bilancia dei pagamenti e quindi il tasso di cambio il quale influenza il prezzo dei beni importati e quindi il tasso di inflazione; un aumento del tasso d interesse migliora il saldo della bilancia dei pagamenti, provoca una rivalutazione del cambio e questo determina una riduzione del prezzo in valuta nazionale dei beni importati. 91 Regola di Taylor Tale regola è il risultato di uno studio empirico compiuto sul comportamento della BC americana (Federal Reserve) tra gli anni „80-„90 da J. Taylor. Taylor studiando il comportamento delle autorità monetarie americane concluse che esse avevano manovrato il tasso di interesse –r- secondo una regola basata su due punti: 1. le autorità monetarie negli anni „80-„90 hanno manovrato il tasso di interesse nominale al fine di ottenere un particolare valore obiettivo del tasso di interesse reale; 2. le autorità monetarie negli anni „80-„90 hanno manovrato il tasso di interesse in funzione degli scostamenti del reddito Y e del tasso di inflazione rispetto ai valori obiettivo Y* e *. Sapendo che: R = tasso di interesse reale; avremo r = tasso di interesse nominale; R=r- = tasso di inflazione. Ipotizziamo di acquistare in t = 0 un titolo (P0 = 1000 €) con un rendimento nominale del 10%; ciò significa che in t = 1 avremo un montante pari a 1100 €: 0 1 |─────────────────| P0 = 1000 € M = 1100 € r = 10% Se =0 allora R=r– Se = 10% allora R = r – = 10% - 0 = 10% = 10% - 10% = 0 → In questo caso gli interessi nominali coprono completamente gli effetti dell’inflazione. Il tasso di interesse reale può essere negativo se 92 . Sapendo che: R* = valore obiettivo del tasso di interesse reale → R* = rt – rt = tasso di interesse nominale controllato dalle autorità monetarie e fissato in modo tale da raggiungere R* possiamo trovare l‟equazione che soddisfa le 2 condizioni della regola di Taylor: rt = R* + t + a( t – *) + b (Yt – Y*) 1^ CONDIZIONE con a > 0; b > 0 2^ CONDIZIONE Se t = * e Yt = Y* rt* = R* + Se t > * rt > rt* (viene attuata una rt < rt* (viene attuata una rt > rt* (viene attuata una rt < rt* (viene attuata una t politica restrittiva) Se t < * politica espansiva) Se Yt > Y* politica restrittiva) Se Yt < Y* politica espansiva) Secondo la regola di Taylor le autorità monetarie negli anni ‘80-‘90 hanno perseguito un duplice obiettivo, ossia hanno definito il tasso di interesse in funzione del controllo del tasso di inflazione e del raggiungimento di un particolare livello di reddito. Una strategia basata sulla regola di Taylor contrasta perciò con la teoria quantitativa della moneta secondo cui l‟obiettivo delle autorità monetarie sarebbe esclusivamente garantire la stabilità dei prezzi. 93 PARTE SECONDA. LA POLITICA MONETARIA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA L‟analisi teorica descritta nelle pagine precedenti ci permette di descrivere la politica monetaria adottata dalla Banca Centrale Europea (BCE) La BCE nasce nel 1999 quando si realizza L‟Unione Monetaria Europea con la quale un gruppo di paesi europei adotta una moneta comune e rinuncia alle monete nazionali. La BCE è un‟autorità monetaria sovra-nazionale governata da due organi: 1. CONSIGLIO DIRETTIVO composto dai rappresentanti delle Banche Centrali dei Paesi che aderiscono all‟UEM + i componenti del comitato esecutivo. Si tratta dell‟organo che decide la politica monetaria; 2. COMITATO ESECUTIVO composto da 6 membri (1 presidente, 1 vicepresidente + 4 membri) che restano in carica per un periodo di 8 anni e non sono rieleggibili. Tale organo esegue la politica monetaria decisa dal Consiglio Direttivo. La nascita della BCE non ha determinato la cancellazione delle Banche Centrali nazionali, ma ne ha ridefinito i compiti. Le Banche Centrali nazionali devono ora infatti: applicare la politica monetaria comune; vigilare sul sistema finanziario. Gli obiettivi della BCE sono stati definiti in maniera ufficiale dal Trattato di Maastricht (1991) il quale ha stabilito: la stabilità dei prezzi come obiettivo esclusivo della BCE (viene quindi totalmente cancellata la politica keynesiana): 94 le tappe del percorso che avrebbe dovuto portare nel 1999 alla nascita della UEM. Per quanto riguarda la strategia, la BCE specifica chiaramente le condizioni da cui dipende l‟efficacia della politica monetaria rispetto all‟obiettivo della stabilità dei prezzi. Secondo la BCE condizione fondamentale per raggiungere tale obiettivo è la credibilità dell‟autorità monetaria; il concetto di credibilità è strettamente collegato al concetto di incoerenza temporale della politica monetaria che mostra che l‟inflazione è causata dall‟incoerenza temporale della strategia di politica monetaria di autorità che non sono credibili quando annunciano di voler realizzare l‟obiettivo di stabilità dei prezzi. Come abbiamo visto le autorità del II tipo non sono credibili in quanto non riescono con il loro annuncio a influenzare le aspettative degli operatori. Un‟autorità monetaria è credibile se è in grado di influenzare, con i propri annunci, le aspettative degli operatori; questa è la condizione necessaria per ottenere la stabilità dei prezzi. Per ottenere questa condizione infatti, il tasso atteso di inflazione deve essere pari a zero e questo si verifica soltanto nel caso in cui gli operatori ritengono credibile l‟annuncio delle autorità monetarie di vore ottenere la stabilità dei prezzi. Le autorità del I tipo sono autorità credibili Abbiamo visto che un‟autorità del I tipo deve essere un autorità indipendente dal potere politico. Il Trattato di Maastricht ha infatti dato molta rilevanza all‟indipendenza della BCE: 95 stabilendo che BCE e BC nazionali devono essere indipendenti rispetto alle autorità di Governo; stabilendo il divieto per la BCE di finanziamenti monetari del disavanzo pubblico. L’autonomia della BCE rispetto alle autorità di governo è rafforzata dalla sua indipendenza economica: la BCE non riceve alcun finanziamento dai governi nazionali in quanto è economicamente autosufficiente. La BCE, infatti, si finanzia con le entrate che ottiene grazie al fatto che detiene il monopolio dell‟emissione di base monetaria. Tali entrate derivano quindi dai: rendimenti sui titoli acquistati a seguito delle operazioni di mercato aperto; tassi di interesse sui finanziamenti che concede agli istituti di credito. SIGNORAGGIO → entrate del soggetto che emette, batte moneta. Garantisce alla BCE l’autonomia economica. Un‟autorità monetaria è credibile se è: indipendente trasparente, ossia in grado di influenzare le aspettative degli operatori con le autorità monetaria del I tipo; informazioni che fornisce loro in maniera chiara e comprensibile. Per facilitare la comprensione del proprio operato, la BCE ha annunciato pubblicamente la propria strategia finalizzata al raggiungimento della stabilità dei prezzi. Tale strategia si compone di 3 elementi: 1. la BCE ha annunciato l‟obiettivo della stabilità dei prezzi in termini quantitativi, ossia in termini di valore obiettivo del tasso di inflazione da realizzare nel medio periodo è qui ravvisabile il primo aspetto dell‟inflation targeting. 96 Mantenere l’inflazione entro il 2 % nel medio periodo rende esplicita la responsabilità delle autorità monetarie e allo stesso tempo influenza le aspettative degli operatori dal momento che l’autorità monetaria viene ritenuta credibile. L La ragione fondamentale per cui viene scelto un valore obiettivo del tasso di inflazione pari al 2% anziché allo 0% sta nel fatto che ciò rende efficace la politica monetaria in situazioni particolari di recessione. In questo caso le autorità monetarie abbassando il tasso di interesse al di sotto del 2% riescono ad avere un tasso di interesse reale negativo. Se r = 0 e = 0 allora R = 0 Se r = 0 e = 2% allora R = 0 – (+2%) = -2% Un tasso di inflazione del 2% rende più efficace la politica monetaria in condizioni particolari in cui Y<YN. 2. La politica antiinflazionistica della BCE è basata su due pilastri. Il I^ pilastro è costituito dall‟annuncio del tasso di variazione della quantità di moneta coerente con l‟obiettivo della stabilità dei prezzi monetary targeting. Secondo l‟equazione degli scambi di Fisher : = – + = 2% - (-0,5%) + 2% = 4,5% 97 ritenuto tale pilastro rispecchia il Esiste però una differenza tra il monetary targeting e la strategia della BCE: quando quest‟ultima annuncia la variazione della quantità di moneta, allo stesso tempo afferma di non essere vincolata esplicitamente a realizzare tale obiettivo quantitativo è solo una variabile di riferimento. Nel monetary targeting, invece, la BCE è obbligata a rispettare questo obiettivo. 3. Il II^ pilastro della strategia anti-inflazionistica è costituito dal monitoraggio da parte della BCE di una serie di indicatori che essa ritiene possano anticipare e quindi aiutare a prevedere l‟andamento del tasso di inflazione. Si tratta di grandezze economiche che aiutano a prevedere la dinamica dei costi di produzione: Andamento dei salari; Tassi di cambio; Indicatori della politica fiscale; Risultati di inchieste condotte sul comportamento delle imprese o dei consumatori. L’inflazione dunque non è solo un fenomeno monetario, ma dipende anche dall’evoluzione dei costi di produzione spiegazione keynesiana dell’inflazione. La BCE associa i due pilastri a 2 approcci teorici differenti, a due diverse spiegazioni dell‟inflazione: Il primo pilastro è coerente con l‟approccio che attribuisce un ruolo di primo piano alla moneta nello spiegare l‟evoluzione futura dei prezzi; Il secondo pilastro è coerente con una spiegazione alternativa del processo inflazionistico che mette in risalto gli effetti della dinamica dei costi di produzione. 98 La BCE adotta quindi un atteggiamento pragmatico, sottolineando che fare esclusivo riferimento all‟approccio monetarista non è sufficiente: Inoltre, dobbiamo osservare che l‟importanza per la BCE di questi due pilastri è cambiata nel tempo: sino al 2004 il I pilastro (ossia quello monetario) era il più importante; dal 2004 in poi l‟importanza del I pilastro si è notevolmente ridotta, lasciando spazio al II pilastro: da allora infatti la BCE ha smesso di annunciare il tasso di variazione della quantità di moneta coerente con l‟obiettivo della stabilità dei prezzi. Questo cambiamento è dovuto al fatto che nei primi anni di applicazione del I pilastro si sono registrati forti scostamenti tra i valori annunciati e i valori effettivi della quantità di moneta: annunciato = 4,5% effettivo = 8% La BCE ha quindi smesso di annunciare il tasso di variazione della quantità di moneta ritenuto coerente con l‟obiettivo della stabilità dei prezzi poiché sistematicamente non veniva realizzato. Bisogna inoltre precisare che tale scostamento era dovuto essenzialmente all’instabilità della funzione di domanda di moneta. Se Md è stabile allora è stabile anche la relazione tra moneta e tasso di interesse, ossia esiste una relazione biunivoca tra M e r controllare M o r è la stessa cosa perché ad una data quantità di moneta corrisponde un certo tasso di interesse e viceversa. Infatti si ha che: se M = M0 allora r = r0 (combinazione 0, figura 1); se le autorità monetarie vogliono r = r0 allora dovranno creare M = M0. 99 Se invece la relazione tra queste due grandezze è instabile, ossia se cambia la propensione alla liquidità del pubblico, allora la funzione di domanda di moneta si sposta (es. se aumenta la propensione alla liquidità allora Md si sposterà verso destra, figura 1). Se le autorità monetarie decidono di controllare la quantità di moneta e di mantenere M = M0 allora r ≠ r0 ossia il nuovo equilibrio sarà in corrispondenza di r1 > r0 (combinazione 1). Le autorità monetarie dovranno quindi accettare un aumento del tasso di interesse. Se invece le autorità monetarie decidessero di mantenere stabile il tasso di interesse (r = r0) allora dovrebbero adeguare l‟offerta di moneta alla domanda, ossia espandere M fino a M1 > M0 (combinazione 2). Figura 1 r r1 r0 M0 M1 1 0 2 Md’ (Y0;r) Md (Y0;r) Md; Ms 100 Quest’ultima fu la scelta che fece la BCE nei suoi primi anni di vita e quanto appena detto consente altresì di capire perché nei primi anni di vita annunciato fosse inferiore a effettivo. Nel settembre del 2001 l‟attentato alle torri gemelle a New York ha influenzato le scelte di portafoglio dei possessori di ricchezza aumentando la propensione del pubblico a mantenere liquidità vista la situazione di incertezza. La BCE ha accettato lo scostamento tra annunciato (4,5%) e effettivo (8%) poiché ciò non ha comportato un tasso di inflazione più elevato rispetto a quello obiettivo. Vediamo ora perché nonostante un aumento cosi elevato di non si è registrata una maggiore inflazione. Perché si abbia inflazione è necessario associare alla variazione della quantità di moneta un aumento della domanda di beni. In questo caso l‟aumento della quantità di moneta non è associato ad una maggiore domanda aggregata, ma semplicemente ad un cambiamento della propensione del pubblico a detenere moneta. La ricchezza del pubblico infatti rimane invariata e quindi la domanda di beni da parte del pubblico non aumenta nonostante l‟aumento della quantità di moneta. Possiamo quindi concludere che nella strategia adottata dalla BCE è principalmente ravvisabile la regola dell‟inflation targeting: l‟autorità monetaria ha un obiettivo inflazionistico in termini quantitativi perseguito manovrando il tasso di interesse e non la quantità di moneta. La BCE inoltre adotta una strategia diversa da quella della Banca Centrale Americana: nonostante entrambe le autorità usino come strumento il tasso di interesse, la differenza fondamentale riguarda la specificazione degli obiettivi di tali autorità monetarie → mentre la BCE, rifacendosi all‟inflation targeting, assume la stabilità dei prezzi come unico obiettivo, la Federal Reserve assume un duplice obiettivo prevedendo manovre del tasso di interesse in funzione degli scostamenti sia dell‟inflazione sia del reddito rispetto ai valori obiettivo. 101 102 103