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Il ruolo del medico di famiglia
nel trattamento di pazienti
con linfoma di Hodgkin
CRAIG GLASS
John Peter Smith Hospital, Forth Worth, Texas (Stati Uniti)
Negli Stati Uniti ogni anno vengono diagnosticati all’incirca 8.200 nuovi casi di linfoma di Hodgkin. I segni ed i sintomi di presentazione della malattia più comuni comprendono linfoadenopatia non dolorosa (solitamente al di sopra del diaframma), tosse, febbre, sudorazioni notturne, calo ponderale. Per ridurre le complicanze tardive, il
trattamento della malattia è gradualmente evoluto verso una chemioterapia di durata più breve, associata ad una
radioterapia anch’essa di durata più breve e che prevede la somministrazione di una dose più bassa di radiazioni.
La chemioterapia condotta secondo il protocollo ABVD (doxorubicina, bleomicina, vinblastina e dacarbazina) viene
oggi più frequentemente utilizzata rispetto alla chemioterapia condotta secondo il protocollo MOPP (mecloretamina, vincristina, procarbazina, prednisone). Numerose significative complicanze della terapia (es. patologie cardiovascolari, infertilità, menopausa precoce, neoplasie secondarie) sono una conseguenza diretta del trattamento
primario, e sono state ridotte dall’adozione dalle strategie terapeutiche attualmente consigliate. Le recidive del
linfoma di Hodgkin sono più comuni nel corso dei primi anni successivi alla diagnosi ed al trattamento. La prognosi
dipende dallo stadio del linfoma, dall’estensione della malattia e dall’età del paziente. Attualmente più dell’80% dei
pazienti con una nuova diagnosi di linfoma di Hodgkin ha un’aspettativa di vita prolungata. (Am Fam Physician.
2008; 78(5): 615-626. Copyright© 2008 American Academy of Family Physicians).
I
l linfoma di Hodgkin è una neoplasia che origina dal sistema linfatico. L’eziologia è tuttora
incerta, anche se alcuni casi risultano associati
ad un’infezione con il virus di Epstein-Barr, e
forse sono causati da tale infezione.1 Il rischio di sviluppare un linfoma di Hodgkin in seguito ad una
mononucleosi infettiva causata dal virus di EpsteinBarr è tuttavia pari solo ad un caso su 1.000.1 Altri fattori eziologici devono essere pertanto coinvolti nello sviluppo della malattia.
Pazienti affetti da patologie che causano immunodepressione presentano un aumento del rischio di
sviluppare un linfoma di Hodgkin. Ad esempio, rispetto alla popolazione generale il rischio di sviluppare la neoplasia è circa 10 volte più elevato tra i pazienti con infezione da virus dell’immunodeficienza
umana (HIV) e con sindrome da immunodeficienza
acquisita.2 In pazienti con infezione da HIV il linfoma di Hodgkin risulta associato ad uno stadio più
avanzato al momento della sua presentazione, ad un
interessamento di sedi insolite, nonché ad un’evoluzione più sfavorevole.
Nell’eziologia del linfoma di Hodgkin possono avere
un ruolo anche fattori genetici. Parenti dello stesso
sesso di pazienti con linfoma di Hodgkin presentano un rischio 10 volte più elevato di sviluppare la
malattia. Il rischio è inoltre più elevato nei gemelli
monozigoti di pazienti con linfoma di Hodgkin, rispetto a gemelli dizigoti.3
Epidemiologia
Il linfoma di Hodgkin è responsabile all’incirca di
1/7 di tutti i linfomi; secondo alcune stime le nuove
diagnosi di linfoma di Hodgkin nel corso del 2008
sarebbero, negli Stati Uniti, circa 8.200.4 Il linfoma
di Hodgkin presenta un pattern di incidenza bimodale, con un primo picco tra i soggetti di età compresa tra 15 e 34 anni, ed un secondo picco tra i soggetti di età superiore a 60 anni.5 I casi riguardanti
bambini di età inferiore a 5 anni sono rari. Il rischio
è leggermente più elevato tra gli uomini rispetto
alle donne.4 Anche se i tassi di mortalità sono significativamente diminuiti nel corso degli ultimi 30
anni, secondo alcune stime nel corso del 2007, negli Stati Uniti, il linfoma di Hodgkin è stato responsabile di circa 1.070 decessi.4 La Tabella 1 riporta i tassi di sopravvivenza in seguito al trattamento.
Classificazione ed anatomia patologica
La classificazione proposta dalla Organizzazione
Mondiale della Sanità suddivide il linfoma di Hodg5 - febbraio 2009 - Minuti
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Sistema SORT (Strength of Recommendation Taxonomy, Tassonomia della forza delle evidenze):
Indicazioni per la pratica clinica
Indicazione clinica
Livello di Referenza
evidenza bibliografica
In pazienti con linfoma di Hodgkin di stadio III o IV, ABVD viene oggi considerato il protocollo C
12,14
chemioterapico di scelta
Dopo un trattamento di un linfoma di Hodgkin, il paziente va sottoposto ad una radiografia del C
24
torace dopo 6, 12 e 24 mesi, e successivamente in base alle indicazioni cliniche
Dopo irradiazione della regione del collo, il paziente va sottoposto ad una valutazione della fun- C
24
zione tiroidea, con la determinazione di TSH, dopo 1, 2 e 5 anni dal trattamento
ABVD = protocollo chemioterapico comprendente doxorubicina, bleomicina, vinblastina e dacarbazina. TSH = ormone stimolante la tiroide
A = Evidenza coerente, di buona qualità ed orientata sul paziente; B = evidenza orientata sul paziente, scarsamente coerente o di
qualità limitata; C = opinione generale, evidenza orientata sulla malattia, pratica clinica usuale, opinione di esperti, serie di casi
clinici. Per informazioni sul sistema SORT di valutazione delle evidenze, si veda al sito http://www.aafp.org/afpsort.xml
kin in due gruppi distinti: linfoma di Hodgkin classico e linfoma di Hodgkin nodulare con predominanza di linfociti (Tabella 2). Il linfoma di Hodgkin classico viene a sua volta suddiviso in 4 gruppi:
sclerosi nodulare; cellularità mista; ricco di linfociti; deplezione di linfociti. Il linfoma di Hodgkin nodulare con predominanza di linfociti è raro.6,7
La diagnosi di linfoma di Hodgkin viene confermata in base all’analisi di un campione bioptico di
un linfonodo o di tessuto extranodale, che evidenzi
la cellula di Reed-Sternberg (Figura 1) in un ambiente cellulare costituito da linfociti, eosinofili,
istiociti, neutrofili, plasmacellule, fibroblasti e fibre collagene.6 Differentemente da altri linfomi,
queste cellule tumorali costituiscono una minoranza
(1-10%) della popolazione cellulare del linfonodo. Le cellule di Reed-Sternberg, che solitamente
originano dalle cellule-B, non sono assolutamente
specifiche per il linfoma di Hodgkin. Cellule di
Reed-Sternberg sono state infatti descritte anche
all’interno di carcinomi e di sarcomi, nonché in
alcune condizioni benigne come la mononucleosi
infettiva.
Tabella 1. Tassi di sopravvivenza di pazienti
con linfoma di Hodgkin in seguito al trattamento
Anni dal trattamento
Tasso approssimativo
di sopravvivenza (%)
1
94
5
85
10
82
15
74
20
63
Informazioni tratte dalla referenza bibliografica 4
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I linfomi non-Hodgkin vengono classificati in base
alla linea cellulare interessata (B, T, o cellule natural killer). La diagnosi può essere difficoltosa, in
quanto le cellule linfoidi maligne possono ricordare
linfociti benigni. La diagnosi di linfoma non-Hodgkin viene spesso posta in base alla presenza di un’architettura cellulare abnorme, di un immunofenotipo abnorme e di una monoclonalità linfoide.8
Sintomi di presentazione
Il sintomo di presentazione più comune del linfoma
di Hodgkin è una linfoadenopatia non dolorosa, solitamente localizzata a livello dei linfonodi cervicali, sovraclavicolari o ascellari. I linfonodi tendono
ad essere mobili, e presentano una consistenza gommosa. Differentemente dai linfomi non-Hodgkin,
la linfoadenopatia del linfoma di Hodgkin presenta
in genere una progressione prevedibile, dal momento che la malattia si diffonde a linfonodi contigui.9 Le dimensioni dei singoli linfonodi possono
aumentare e diminuire in funzione del tempo. Un
sintomo ritenuto classico è la comparsa di dolore a
livello di linfonodi ingranditi in seguito all’assunzione di alcool; tale sintomo è in realtà infrequente.10
Circa un terzo dei pazienti con linfoma di Hodgkin
presenta febbre da causa imprecisata, sudorazioni
notturne, un recente calo ponderale; nel loro complesso questi sintomi vengono definiti “sintomi B”.
I sintomi descritti sono più frequenti nei pazienti
di età superiore a 60 anni, e tendono ad indicare una
prognosi più sfavorevole. Altri sintomi comuni comprendono febbre, dolore toracico, dispnea, ostruzione della vena cava superiore attribuibile ad
adenopatia del torace e del mediastino. Alcuni pazienti possono presentare sintomi più aspecifici,
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Tabella 2.
Classificazione del linfoma di Hodgkin proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità
Classificazione
Classico
Sclerosi nodulare
% dei pazienti
92-97
60-80% *
Cellularità mista
15-30*
Ricco di linfociti
2-7*
Con deplezione di linfociti 1-6*
Nodulare con predominanza 3-8
di linfociti
Caratteristiche
Tende ad interessare adolescenti e giovani adulti; si presenta solitamente
come malattia localizzata; solitamente prognosi favorevole
Più prevalente in bambini ed anziani; spesso diagnosticato ad uno stadio
più avanzato (e pertanto associato ad una prognosi in qualche modo più
sfavorevole); associato ad infezione da HIV
Le cellule di Reed-Sternberg presentano un immunofenotipo più classico; tendenza a presentarsi ad uno stadio precoce; prognosi favorevole
Diagnosticato principalmente in pazienti anziani; prognosi scarsa
Mancano le tipiche cellule di Reed-Sternberg; presenta linfociti atipici
e cellule istiocitiche; solitamente malattia localizzata con evoluzione
indolente; buona prognosi
HIV = virus dell’immunodeficienza umana.
Percentuale dei casi di linfoma di Hodgkin classico
Informazioni tratte dalla referenza bibliografica 6
*
come facile affaticabilità e scarso appetito. Le manifestazioni dermatologiche comprendono prurito
generalizzato, eritema nodoso, nuova insorgenza di
un eczema,11 micosi fungoide e ittiosi. In circa un
quarto dei pazienti è interessata la milza. Altre sedi
frequenti di interessamento extranodale sono i polmoni, il fegato, le ossa ed il midollo osseo.
Valutazione di laboratorio e di imaging
La stadiazione del linfoma di Hodgkin è
essenziale per determinare l’estensione e
la localizzazione anatomica della malattia.12 Per la diagnosi e la stadiazione possono essere utilizzati diversi esami, che
possono essere utili anche per definire la
strategia terapeutica ottimale. Uno dei sistemi di stadiazione viene presentato nella
Tabella 3.12,13 Gli esami di valutazione iniziale del paziente comprendono in genere
un esame emocromocitometrico completo,
velocità di eritrosedimentazione, elettroliti, esami di funzionalità epatica e renale,
livelli sierici di albumina e di lattico
deidrogenasi.7 L’esame emocromocitometrico può evidenziare leucocitosi, linfocitopenia, eosinofilia o anemia; la velocità
di eritrosedimentazione risulta spesso significativamente elevata. La chemioterapia può determinare alterazioni dei livelli sierici degli elettroliti e della funzione renale. Gli esami di funzionalità epa-
tica possono fornire indicazioni sull’estensione dell’interessamento patologico. Una riduzione dei livelli sierici di albumina ed un innalzamento dei livelli di lattico deidrogenasi rappresentano fattori
prognostici negativi.
Per definire l’estensione della massa tumorale e valutare l’eventuale progressione della neoplasia in
sedi extranodali sono importanti alcuni esami di
imaging. La valutazione radiologica può comprendere una radiografia del torace (proiezioni antero-
Figura 1. Tipica cellula di Reed-Sternberg (indicata dalla freccia), caratteristica
del linfoma di Hodgkin. La cellula binucleata è circondata da una popolazione
cellulare mista composta da neutrofili, linfociti e plasmacellule.
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Tabella 3. Sistema di Ann Arbor modificato per la stadiazione del linfoma di Hodgkin
Stadio
I
II
III
IV
Sottoclassificazione
Interessamento
Tassi di sopravvivenza
relativi a 5 anni (%)
Singola regione linfonodale (I) o un sito extranodale (IE)
90-95
Due o più regioni linfonodali, dallo stesso lato del diaframma (II), o una 90-95
estensione extralinfatica locale più due o più regioni linfonodali dallo stesso
lato del diaframma (IIE)
Regioni linfonodali da entrambi i lati del diaframma (III), con possibile 85-90
estensione extralinfatica locale (IIIE)
Interessamento diffuso di uno o più organi o siti extralinfatici
80
Caratteristiche
Assenza di sintomi B
Presenza di almeno uno dei seguenti sintomi: calo ponderale da causa ignota
(>10% nel corso dei 6 mesi precedenti la stadiazione); febbre ricorrente da
causa ignota (>38 °C); sudorazioni notturne ricorrenti
Modificata su autorizzazione da Connors JM. State-of-the art therapeutics. Hodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol. 2005;
23(26):6401, con ulteriori informazioni tratte dalla referenza bibliografica 13
Depositato presso AIFA in data 29/11/2007
A
B
posteriore e laterale) ed una tomografia computerizzata (torace, addome, scavo pelvico, collo). Nella
stadiazione del linfoma di Hodgkin viene sempre
più frequentemente utilizzata anche la tomografia
con emissione di positroni (positron emission tomography, PET), che può evidenziare casi non riconosciuti
dagli altri esami. La PET può essere utile anche per
distinguere tra masse non-neoplastiche residue e
linfomi persistenti.14,15
L’aspirato midollare e gli esami bioptici possono essere utili in alcuni casi; la probabilità di un esame
bioptico midollare positivo, in assenza dei sintomi B o di anemia, leucopenia, trombocitopenia,
è tuttavia inferiore allo 0,5%. Anche se la biopsia
linfonodale a cielo aperto ha costituito tradizionalmente la procedura diagnostica di scelta, la diagnosi
di linfoma di Hodgkin può essere posta anche mediante ago-biopsia del linfonodo. Solitamente il
campione bioptico viene ottenuto dal linfonodo più
facilmente accessibile, evitando tuttavia i linfonodi
ascellari ed inguinali, che presentano spesso modificazioni reattive. La laparatomia a scopo di stadiazione è oggi rara.
Trattamento
Le strategie terapeutiche (Tabella 416) vengono definite in base allo stadio della malattia ed in base ad
alcuni indicatori prognostici. Anche se le indicazioni fornite dai diversi autori possono variare tra
loro, è tuttavia possibile individuare un ampio consenso su alcuni aspetti (Tabelle 58 e 68). Ad esem-
pio, è ormai accettato che l’utilizzazione di una
radioterapia a basse dosi, a campo limitato17 e con
cicli più brevi, nonché di cicli di chemioterapia più
brevi con la somministrazione di nuovi farmaci, è
in grado di ridurre la tossicità associata alla radioterapia ad alte dosi ed ai precedenti protocolli
chemioterapici.18 Il protocollo chemioterapico ABVD
(doxorubicina, bleomicina, vinblastina e dacarbazina) si è dimostrato più efficace e meno tossico del
precedente protocollo MOPP (mecloretamina, vincristina, procarbazina e prednisone).18,19 L’associazione di chemioterapia e radioterapia a campi limitati è più efficace e meno tossica della radioterapia
ad alte dosi ed a campi estesi.19 Sono in corso degli
studi volti a valutare fino a che punto il trattamento
può essere ridotto senza comprometterne l’efficacia.
Terapie alternative comprendono il protocollo chemioterapico “Stanford V” (mecloretamina, doxorubicina, vinblastina, vincristina, bleomicina, etoposide e prednisone), oppure protocolli chemioterapici aggressivi come BEACOPP (bleomicina, doxorubicina, ciclofosfamide, vincristina, procarbazina, prednisone, gemcitabina). Risultati promettenti sono stati ottenuti anche con la terapia con anticorpi monoclonali, in particolare con due farmaci
anti-CD (cluster designation) 30, SGN-30 e MDX060, e con l’anticorpo anti-CD20 rituximab.17,18
Risultati
In circa il 5-10% dei casi i pazienti sono refrattari
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Tabella 4. Trattamento consigliato del linfoma di Hodgkin
Stadio
IA: nodulare con predominanza linfocitica
I e II (favorevole)*
I e II (sfavorevole)*
III e IV
Indicazioni terapeutiche
Radioterapia a campo ristretto (35 Gy)
Chemioterapia (ABVD per 2-3 cicli), seguita da radioterapia a campo ristretto (30 Gy)
Chemioterapia (ABVD per 4-6 cicli), seguita da radioterapia a campo ristretto (30-35 Gy)
Chemioterapia (ABVD per 6-8 cicli), seguita da radioterapia a campo ristretto (30-35 Gy) per i
siti iniziali di massa neoplastica (diametro massimo tumorale >= 10 cm)
ABVD = regime chemioterapico composto da doxorubicina, bleomicina, vinblastina e dacarbazina
*
Per la malattia in stadio I o II, la presenza di uno o più dei seguenti fattori indica uno status “sfavorevole”: sintomi sistemici (stadio
IB o IIB); malattia mediastinica o sito periferico con massa neoplastica >=10 cm; estensione extranodale (stadio IE o IIE), e anemia da
causa ignota (concentrazione di emoglobina <10,5 g/dL (105 g/L). Nei casi in cui non è presente nessuno di questi fattori sfavorevoli,
lo status viene definito “favorevole”
Modificata su autorizzazione da Tsang RW, Hodgson DC, Crump M. Hodgkin’s lymphoma. Curr Probl Cancer.
2006:30(3):125
al trattamento iniziale.7 Dei pazienti che ottengono
una remissione iniziale, circa il 10-30% presenta
una successiva recidiva.7 In casi del genere può essere utile una chemioterapia ad alte dosi, a volte seguita dal trapianto di cellule staminali autologhe.
I pazienti che presentano una progressione della malattia anche in seguito a questo intervento hanno in
genere un’evoluzione sfavorevole.
Visita di controllo
Nei pazienti con recidiva che si sviluppa nei primi
10-15 anni dopo il trattamento il linfoma di Hodgkin rappresenta la principale causa di morte.20 La
maggior parte delle recidive si manifesta nel corso
dei primi 5 anni.20 Nella maggior parte dei casi la
recidiva viene identificata all’anamnesi, ed il segno
più frequente è costituito da un nuovo nodulo.20 I
pazienti possono presentare anche febbre, calo ponderale, tosse e dolore. Secondo uno studio di piccole
dimensioni, condotto in Canada, nel 45% dei casi
la recidiva viene scoperta in base ai sintomi lamentati dal paziente, e nel 18% dei casi in base a segni
identificati dal medico.20,21 Dati simili sono stati raccolti da uno studio condotto in California, secondo
il quale solo nel 14% dei casi la recidiva viene identificata in seguito ad un esame obiettivo condotto
da un medico.20,22 Le radiografie del torace sarebbero
in grado di identificare recidive nel 5-23% dei pazienti.20,22,23
Dal punto di vista dei protocolli da adottare nel follow-up le indicazioni fornite da vari gruppi di esperti
internazionali differiscono tra loro. Il Cotswolds Committee consiglia di valutare i pazienti ad intervalli di
3 mesi nel primo e nel secondo anno dopo il tratta10 - febbraio 2009 - Minuti
mento iniziale; ad intervalli di 4 mesi durante il
terzo anno; ad intervalli di 6 mesi durante il quarto
ed il quinto anno; e ad intervalli annuali dopo il
quinto anno. In occasione di ciascuna visita si
consigliano i seguenti esami: esame emocromocitometrico completo, velocità di eritrosedimentazione, profilo biochimico, radiografia del torace.16
La European Society for Medical Oncology (ESMO) consiglia l’esecuzione di radiografie del torace a 6, 12
e 24 mesi dopo il trattamento, e successivamente in
base alle indicazioni cliniche.24 Le linee-guida di
pratica clinica del National Comprehensive Cancer Network consigliano, per il linfoma di Hodgkin, esami
di imaging del torace (TC o radiografia) ogni 3-6
mesi durante i primi 3-6 anni dopo il trattamento,
e con frequenza annuale a partire dal quarto anno.16
I dati disponibili sul ruolo degli esami ematici di
routine o degli esami di imaging nell’individuazione
delle recidive sono tuttavia scarsi. Secondo alcuni
studi, in pazienti asintomatici la capacità diagnostica degli esami di routine sarebbe bassa. In uno studio retrospettivo esami ematici di routine hanno
identificato solo un caso su 157 recidive. Il tasso di
individuazione delle recidive più elevato è stato descritto per l’associazione tra anamnesi ed esame obiettivo (78 casi ogni 10.000 esami), seguita dalla radiografia del torace (26 casi ogni 10.000 esami).16,22
In un altro studio, 2 casi su 22 recidive sono stati
identificati da una TC, mentre i casi restanti sono
stati identificati clinicamente.16,21
Neoplasie secondarie e complicanze
ematologiche
I pazienti che sopravvivono ad un linfoma di Hodg-
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Tabella 5.
Fattori prognostici sfavorevoli per il linfoma
di Hodgkin localizzato: le opinioni degli esperti
Nord America (Stati Uniti e Canada)
Rapporto mediastinico superiore a 0,33
Massa linfonodale >10 cm
Presenza di sintomi B (febbre da causa ignota, sudorazioni
notturne, recente calo ponderale)
European Organization for Research and Treatment of
Cancer
Rapporto mediastinico superiore a 0,35
Età superiore a 50 anni
Più di tre regioni linfonodali
Elevazione della velocità di eritrosedimentazione
German Hodgkin Study Group
Rapporto mediastinico superiore a 0,35
Malattia extranodale
Più di due regioni linfonodali
Elevazione della velocità di eritrosedimentazione
Modificata su autorizzazione da Horning SJ. Hodgkin lymphoma. In: Lichtman MA, Beutler E, Kaushansky K,
Kipps TJ, Seligsohn U, Prchal J, eds. Williams Hematology. 7th ed. New York, NY: McGraw-Hill Professional;
2006:1473
kin sono a rischio per successive neoplasie, riguardanti in particolare la mammella ed il polmone. I
carcinomi della mammella si sviluppano tipicamente dopo un lungo periodo di latenza (10-15
anni). Il rischio più elevato riguarda le pazienti che
erano state sottoposte a radioterapia ad un’età inferiore a 30-35 anni, nonché le pazienti trattate con
dosaggi elevati di radiazioni.20 In queste pazienti risultano utili i controlli mammografici. Sia la chemioterapia (ed in particolare i farmaci alchilanti
come procarbazina, mecloretamina e dacarbazina)
sia l’esposizione a radiazioni determinano, in maniera dipendente dal dosaggio, un aumento del rischio di sviluppare un carcinoma del polmone dopo
un linfoma di Hodgkin. Nei pazienti trattati per
un linfoma di Hodgkin l’uso di tabacco sembra costituire un fattore di rischio con effetto moltiplicativo per lo sviluppo di un carcinoma del polmone;
l’importanza della cessazione del fumo va pertanto adeguatamente sottolineata. Diversamente da
quanto avviene per il carcinoma della mammella,
lo sviluppo di un carcinoma del polmone dopo un
linfoma di Hodgkin è associato ad una prognosi sfavorevole, con una sopravvivenza mediana pari al-
Tabella 6. Fattori prognostici internazionali
per il linfoma di Hodgkin avanzato
Fattori di rischio
Malattia di stadio IV
Sesso maschile
Età >= 45 anni
Emoglobina < 10,5 g/dL (105 g/L)
Globuli bianchi >= 15000 / μL (15 x 109/L)
Linfociti <600 / μL (0,60 x 109/L) o <8%
Albumina <4 g/dL (40 g/L)
Numero di fattori Popolazione (%) Assenza di progressione
di rischio
a 5 anni (%)
0
7
84
1
22
77
2
29
67
3
23
60
4
12
51
5-7
7
42
Modificata su autorizzazione da Horning SJ. Hodgkin lymphoma. In: Lichtman MA, Beutler E, Kaushansky K,
Kipps TJ, Seligsohn U, Prchal J, eds. Williams Hematology. 7th ed. New York, NY: McGraw-Hill Professional;
2006:1473
l’incirca ad un anno.20
Le neoplasie maligne più spesso associate alla chemioterapia sono la leucemia mieloide acuta e le sindromi mielodisplasiche.25 L’incidenza di leucemie
sembra essere pari all’incirca all’1-3%, ed il rischio
più elevato si manifesta nel corso dei primi 10 anni
successivi al trattamento.16 Dopo 10-15 anni dal
trattamento il rischio presenta poi un plateau.26 Il
principale fattore di rischio per lo sviluppo di leucemie è costituito dall’esposizione ad agenti alchilanti, come mecloretamina e procarbazina; entrambi
i farmaci facevano parte del vecchio protocollo chemioterapico MOPP. Il rischio è accentuato dall’esposizione a radioterapia a campi estesi (oggi meno frequente). La chemioterapia condotta secondo il protocollo ABVD è invece associata ad un rischio più
basso di leucemie.
Complicanze cardiovascolari
I pazienti che sopravvivono ad un linfoma di Hodgkin possono sviluppare una serie di complicanze cardiovascolari indotte dalla radioterapia. Tali complicanze comprendono coronaropatie, patologie pericardiche, cardiomiopatie, alterazioni valvolari, alterazioni del sistema di conduzione.27 Nei pazienti
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precedentemente trattati per un linfoma di Hodgkin il principale fattore responsabile dell’eccesso di
mortalità cardiovascolare è costituito dalle coronaropatie.28 Il più importante fattore di rischio, a tale
proposito, è rappresentato dall’irradiazione mediastinica; anche l’adriamicina è associata ad un rischio
di tossicità cardiaca nel lungo periodo. Secondo
alcuni studi i dosaggi più bassi di radioterapia che
vengono oggi utilizzati dovrebbero determinare una
diminuzione dell’incidenza di problemi cardiovascolari.26 La cardiomiopatia da doxorubicina risulta
associata a fattori come il sesso femminile, il dosaggio cumulativo del farmaco, la giovane età al momento dell’esposizione, il tempo trascorso dall’esposizione.26 Non è stata finora dimostrata la possibilità di ridurre la mortalità cardiovascolare mediante
l’esecuzione di esami di screening.
Problemi di tipo riproduttivo
I rischi di insufficienza ovarica e di infertilità aumentano in funzione dell’età della paziente al momento del trattamento. L’insufficienza ovarica risulta associata anche alla somministrazione di dosaggi elevati di radioterapia addomino-pelvica, nonché al trattamento con farmaci alchilanti. Per ridurre i rischi associati alla menopausa prematura
può essere utile la terapia ormonale.
Per quanto riguarda gli uomini, la spermatogenesi
risulta altamente sensibile a chemioterapici come
mecloretamina, procarbazina e ciclofosfamide.
Quando si somministrano questi farmaci i tassi di
azoospermia possono raggiungere l’86%.26 La chemioterapia con protocollo ABVD risulta associata
a tassi più bassi di infertilità maschile. L’entità e la
permanenza dei danni indotti dalla radioterapia a
livello del sistema riproduttivo maschile dipendono
dal dosaggio, dal campo di somministrazione e
dal protocollo utilizzato. Per ovviare agli effetti sterilizzanti della terapia del linfoma di Hodgkin una
possibilità è offerta dalla crioconservazione dello
sperma prima del trattamento.
anni dopo il trattamento.24 L’irradiazione del collo
o del faringe può causare una diminuzione della salivazione, che a sua volta può causare problemi a livello dentale. In questi casi sono utili esami di controllo dei denti e l’adozione di misure per una corretta prevenzione dentale.
Una disfunzione polmonare può costituire un effetto tardivo di un trattamento di un linfoma di
Hodgkin. La disfunzione polmonare dipende dalla
dose di radiazioni somministrate e dal volume di
polmone esposto alla radioterapia, nonché dalla somministrazione del chemioterapico bleomicina.26 La
fibrosi polmonare associata alla bleomicina si sviluppa in genere quando vengono somministrati dosaggi superiori a 200 U/m2.25
Durante la fase di recupero in seguito al trattamento
i pazienti lamentano frequentemente facile affaticabilità. Le possibili cause possono comprendere patologie cardiache e ipotiroidismo; secondo uno studio, d’altro canto, la facile affaticabilità sarebbe principalmente attribuibile alla disfunzione polmonare.28
Il linfoma di Hodgkin ed il suo trattamento sono
associati ad un aumento del rischio di infezioni. I
pazienti vanno pertanto sottoposti a vaccinazioni
contro l’influenza e contro le infezioni da pneumococco. Per i pazienti sottoposti a splenectomia o a
irradiazione splenica andrebbero prese in considerazione anche le vaccinazioni contro le infezioni
da meningococco e da Haemophilus influenzae.
L’autore ringrazia Shannon Glass per l’aiuto nella
preparazione del manoscritto.
La Figura 1 è stata cortesemente fornita dalla Dr.
Judith A. Maples.
Gli Autori
Il Dr. Craig Glass è Associate Program Director del
John Peter Smith Family Practice Residency Program, di Forth Worth, Texas (Stati Uniti).
Altre complicanze tardive
L’irradiazione della regione del collo e della parte
superiore del mediastino può causare alterazioni
della tiroide, ed in particolare ipotiroidismo. Il rischio di ipotiroidismo è più elevato nel corso dei
primi 5 anni dopo il trattamento; nuovi casi possono tuttavia manifestarsi anche dopo 20 anni dalla
terapia radiante.26 ESMO consiglia di sottoporre i
pazienti trattati con irradiazione a livello del collo
ad una valutazione della funzione tiroidea a 1, 2 e 5
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