“Active Learning” nel laboratorio Linguistico
Ermanno Parodi
Direttore CLiMI – Centro Linguistico Multimediale Interfacoltá
Università di Genova
Abbiamo appena installato il nuovo laboratorio linguistico1 e abbiamo mandato in
pensione quello vecchio, allora acquistato in sostituzione di uno precedente, ormai
preistorico, a nastri in bobine.
Sorge spontanea la domanda: lo abbiamo veramente sfruttato? ha risposto alle nostre
aspettative? E’ stato un investimento veramente utile? ossia, in ultima analisi, abbiamo
veramente ottenuto un miglioramento nell’insegnamento/apprendimento delle lingue?
Non è facile rispondere come non è facile valutare la qualità dell’insegnamento nelle
nostre scuole o università. Ma poniamoci subito la domanda, in modo da non doverci
tornare più avanti in questo articolo.
A chi serve il laboratorio?
Lo studente motivato ed evoluto, oggi, ha ben poco bisogno di docenti e di laboratori
linguistici (ma forse è evoluto proprio perché ha frequentato qualche buon corso
monografico, o ha avuto qualche eccellente insegnante o maestro. O semplicemente
perché ha avuto un Leopold Mozart come padre. Insomma, lui studia solo quello che
ritiene divertente e utile per i suoi interessi, professionali o di vita. Lo fa in qualsiasi
momento del giorno o della notte e non in quella catena di montaggio che è la scuola:
lezione di inglese dalle ore 9 alle 11, di quel tale semestre, in quella tale aula, di quel
giorno della settimana con il tal docente o assistente. Il tutto dopo un viaggio in treno o
autobus di un ora… Per poi essere costretto a farsi le ferie contemporaneamente ad altri
milioni di persone.
Sceglie, per farlo, gli strumenti didattici che più lo soddisfano. Se è un appassionato di
cinema, studierà inglese o svedese con dei DVD, se gli piace la musica ascolterà, tradurrà
e magari canterà Joao Gilberto o studierà il tedesco con “Il Flauto Magico”. Se le sue
preferenze sono letterarie, visiterà la biblioteca o scaricherà gli ebooks di Dostoievski, di
Borges, o un file con qualche lettura di Beaudelaire. Quando gli si presenta un dubbio,
potrà sempre consultare i suoi e tutti gli altri dizionari e grammatiche che appaiono in rete;
se il dubbio persiste, se il tema è troppo esclusivo o troppo nuovo, può cercare delle
risposte in qualche forum o collegarsi a qualche videoconferenza. E, se comunque è
iscritto alla facoltà … beh, può ancora rivolgere la domanda al suo docente, via email!…
Poi farà esercitazioni, magari alle due di notte, “chattando” –in testo, audio,video- con i
vari amici sparsi a Londra, a Buenos Aires o a Mosca: lui gli fará da tutor per l’ italiano,
essi ricambieranno con altri tutorati! Così, quando fará il suo viaggio all’estero, non dovrà
sprecare tempo a superare il “livello di certificazione X” ma potrà direttamente immergersi
1
Abbiamo in realtà acquistato e installato del software in una rete di PC pre-esistenti. Un programma per il
docente, uno per lo studente, quest’ultimo replicato poi in base al numero di posti disponibili e delle licenze
acquistate (www.laboratorioalice.com).
in quella cultura cercando di assimilarla, magari incontrando i suoi net-friends al Museo
del Prado o, sempre secondo i suoi gusti, in qualche spiaggia dei Caraibi! 2
Come e perché usavamo il laboratorio tradizionale?
La stragrande maggioranza degli studenti ha ancora bisogno del docente, e questo, a
differenza di Socrate o dell’istitutore dell’aristocrazia, ha bisogno di strumenti che
amplifichino le sue capacità per poter comunicare con gruppi numerosi di studenti.
Il laboratorio linguistico, anche quello vecchio, appunto, è uno di questi media. Ha un
pregio fondamentale: consente al docente di dialogare singolarmente con ognuno dei suoi
studenti, mentre gli altri continuano a lavorare con il proprio materiale. Perché, lo
sappiamo, in una lezione tradizionale è facile identificare tre studenti-tipo: chi segue la
lezione, chi è rimasto indietro e quindi non riesce a capire, e chi invece si annoia perché…
capisce troppo (si è gia letto la dispensa del prof, ha consultato spontaneamente altri libri
sul tema, ecc.) In questi casi, se non c’è l’obbligo di frequenza e non c’è il ricatto
dell’esame che mascherano la triste realtà, ci si trova a inizio semestre con aule affollate
che, dopo poche settimana, si ritrovano con un numero di studenti ridotto al 30%.
Il laboratorio, comunque, è ben lontano dall’essere la bacchetta magica che ci risolve il
problema dell’insegnamento della lingua. Imparare una lingua presuppone superare
almeno cinque successivi livelli: conversare/leggere in quella lingua; capire quella
cultura; mediante quella nuova lingua, collegarsi ad altre aree della conoscenza
(l’inglese con l’informatica, l’italiano con l’opera lirica, ecc.); comparare e trasferire tale
lingua e cultura alla propria; e, finalmente, “vivere” quella cultura come se fosse la
propria, ovviamente adesso enormemente arricchita! 3
L’ attività didattica più “gettonata” che il vecchio laboratorio ci metteva a disposizione era
quella del “drills and practice”, orientati dal docente. Metodologia che per altre materie è
stata (a ragione) accantonata, ma che per l’insegnamento delle lingue è perfettamente
valida. Specialmente ai primi livelli, ossia quando, dicevamo, si tratta di memorizzare
parole e applicare strutture velocemente. Vale per il laboratorio di lingua come per un
simulatore di volo, dove alle parole e frasi sono sostituite decisioni e azioni istantanee.
Siamo a quella varietà di apprendimento che Gagnè 4 chiama “Informazione verbale”
(tipica nell’apprendimento di una lingua, ma che può essere iconica o altro: se vediamo un
semaforo rosso non dobbiamo domandarci perché e stato scelto il rosso e non il viola, ma
dobbiamo fermarci automaticamente, e basta). Il nostro primo laboratorio linguistico… era
nostra madre e nostro padre che ci ripetevano all’infinito “non si dice così, si dice …”
ecc. Certo, lo studente adulto non è il bambino, ma cominciamo a parlare una lingua solo
quando siamo in grado di generare frasi automaticamente.
2
Ma un tale studente corre il rischio ( e… la libertà) che corre qualsiasi navigatore in rete: magari ne ha le
capacità e magari inizialmente vuole proprio imparare una lingua, ma poi –naviga oggi naviga domani- si
ritrova studiare le esperienze degli sciamani di qualche sperduto villaggio messicano (che per lui potrebbe
tradursi nell’esperienza più importante oppure in quella più frustrante della sua vita… Ed ecco che finisce...
nei Caraibi)
3
in http://www.actfl.org/ , Standards for Foreign Language Learning: Executive Summary
Per la bibliografia su Robert Gagnè consultare, per esempio:
http://www.gsu.edu/~mstswh/courses/it7000/papers/newpage21.htm
4
Usavamo quel laboratorio -alimentato da un buon corso di lingua- fondamentalmente
secondo lo schema:
introduzione  problema  soluzione  feedback  riassunto  applicazione
(frase)
risposta studente
/________
risposta giusta
(ciclo)_________/
Si, mi si può dire, ma allora in questo “drills and practice” che senso ha avere anche una
“console” docente, se, per esempio, lo studente può acquistare un buon corso in edicola e
inserire i CD nel notebook o nel PC di casa? Qual è il ruolo del docente in un laboratorio
linguistico?
Dentro -e fuori- dal laboratorio ci sono almeno due ruoli del docente che non sono
sostituibili dai media: Il primo è quello di saper “motivare” lo studente verso la propria
materia. Perché uno studente, dopo il liceo decide di iscriversi a Ingegneria piuttosto che
a Medicina? O perché, dopo le prime lezioni in facoltà, decide di spostarsi per esempio,
da triennalista di inglese o francese a triennalista di tedesco o di polacco? Le variabili
sono tante, ma nella scelta, i suoi insegnanti e docenti occupano suicuramente un ruolo
non marginale.
Il secondo ruolo è quello di valutare il progresso dello studente in quella materia. Non si
tratta di semplici test, ma di riconoscere lacune e pregi dello studente, per orientarlo e
proporgli percorsi complementari o alternativi. Che poi quello che il docente fa nelle sue
ore di ricevimento studenti, ma che raramente può riuscire a fare nella sua legione
magistrale di fronte a 100 di questi studenti.
Nel laboratorio questo feedback (limitato alla materia) è invece possibile. Lo studente
siede al laboratorio perché vuole ottenere di più di quello che trova studiando da solo a
casa sua, vuole un feedback personalizzato, vuole un tutor o facilitatore che lo ascolta e
che, trovato un punto debole, gli suggerisce di ripetere -o complementare con altri
esercizi- quella parte della materia. Oppure quel docente che lo invita a saltare
direttamente ad altre parti del corso quando considera che tale studente ha già raggiunto
gli obiettivi prefissati, senza bisogno che perda altro tempo a finire una “cassetta” o l’intera
unità.
Se questo feedback è ben gestito, se l’unità didattica è stata ben programmata, lo
studente si renderà conto dei suoi progressi e sarà perfettamente motivato a continuare
ad approfondire la materia. In caso contrario… si rivedrà il fenomeno osservato per le
lezioni tradizionali, avremo il laboratorio strapieno durante le prime lezioni, ma semideserto in quelle successive. Come sovrappiù, la colpa ricadrà direttamente sul
laboratorio (come ricade sistematicamente su altri media: non c’era la lavagna luminosa,
si è inceppato il videoregistratore, si è fulminata la lampadina del proiettore…. E lo
studente continuerà a sperare nel suo viaggio all’estero per imparare la lingua!
Il futuro pilota non può guidare un Boeing 767 senza aver superato le prove nel simulatore
di volo, e chirurghi o dentisti non possono operare senza aver superato altrettante
simulazioni in manichini o dentiere “sensibili” (.. si spera!). Invece, per esempio, un
traduttore o un interprete, anche con il suo diploma di laurea in tasca, può lanciarsi al
mercato, sbagliare la connotazione di una parola e far perdere una importante commessa
con Pekino o mandare in carcere un extracomunitario innocente. Un laboratorio,
sufficientemente alimentato con del buon software didattico, può aiutare notevolmente a
prevenire tali disastri.
Infatti, non importa quanto moderno sia il nostro laboratorio o quanto lo siano tutti i media
di cui oggi disponiamo, se le nostre “Learning activities”, le esperienze didattiche che
programmiamo non danno qualcosa in più al nostro studente, altrimenti autodidatta. Uso
“programmare” che può sembrare una brutta parola, ma nessuno vieta di programmare,
fra queste attività, delle sessioni “libere”: per esempio per leggere e commentare insieme
al gruppo, spontanea e apertamente, il giornale di oggi, nell’aula o nel laboratorio!
Il laboratorio linguistico a supporto informatico: cos’è.
Ma passiamo al nostro “nuovo laboratorio”. Virgolettato. Perché in realtà si tratta di uno
strumento diverso, che trascende quello vecchio. Dalla bobina all'audiocassetta c'era stato
praticamente solo un cambio di veicolo -migliorato in praticità- per l'audio. Ma adesso si
tratta di inserirvi due cose fondamentali: il PC, "estensione del cervello"
e Internet,
divenuta la rete neurale del "Global Village" di McLuhan 5. Queste due cose le abbiamo
ben presenti nella vita di tutti i giorni, con il laboratorio informatico si tenta -ancora una
volta- di riportare “l'isola-scuola” nella società: ci porta PC e Internet non solo nel Centro
Multimediale, ma direttamente all’interno della nostra classe.
Fisicamente si presenta come la solita rete di PC, ma dalla sua postazione, il docente -in
audio e video- può:
-rivolgersi contemporaneamente a tutta la classe (lo schermo e la voce del docente
appaiono in tutte le postazioni studente)
-vedere/ascoltare i progressi dello studente, sul proprio schermo e cuffie
-dialogare privatamente, compartendo il controllo dello schermo (tastiera, mouse) dello
studente
-passare il “gesso virtuale” a uno studente in modo che la sua schermata e la sua voce
appaiano su tutte le altre postazioni, appunto come se fosse alla lavagna.
Con annessi altri sottoprogrammi per agevolare la produzione di materiali. E, oltre,
ovviamente, tutta l’ infinità di programmi che si possono far girare su un PC.
E adesso, come lo utilizziamo?
Qui bisogna… non farsi prendere la mano, perché ogni giorno scopriamo nuove
potenzialità del PC, elevate alla ennesima potenza quando questo è collegato a Internet,
al nostro telefonino, alla nostra videocamera, ecc. ecc. E non mancano certo collane di
libri sul tema. L’importante è tener sempre presente la specificità del media che ho a
disposizione per arricchire la comunicazione didattica. Ossia:
Cosa posso fare con il laboratorio che altrimenti non potrei fare in una lezione tradizionale
(o in una lezione a distanza, o una videoconferenza, ecc.)
5
Marshall McLuhan: vedi per esempio: http://www.marshallmcluhan.com
Cosa può fare lo studente, sempre nel laboratorio, che altrimenti non potrebbe fare da
solo seduto in biblioteca o al suo PC di casa
La specificità di questo strumento è che offre al docente tutte le possibilità di un PC
multimediale collegato ad Internet, ma in più gli consente di orientare il lavoro
all’interno del gruppo, come lui ed i suoi studenti sono abituati a fare da sempre, e
con la possibilità di vedere il lavoro e dialogare con uno di loro senza far perdere
tempo al resto del gruppo. Con notevoli vantaggi pratici, inoltre, dato che congloba
lavagna-gesso-pennarello, fotocopie, riproduttori di cassette, videoproiettori, microfonoamplificazione, lavagne luminose ecc. ecc. e relativi problemi, amministrativi ed
economici, connessi.
Mi limiterò a menzionare alcuni esempi di possibile utilizzo di questo laboratorio per
l’insegnamento delle lingue, ma non dimentichiamo che può diventare altrettanto utile in
altre materie, o assolutamente indispensabile in altre ancora, come per le lezioni di
informatica: in quest’ultimo caso, non avere una rete di PC è come pretendere insegnare
pianoforte senza disporre dello strumento, e senza poter controllare e intervenire quando
lo studente sbaglia una nota o una interpretazione!)
Vediamone quindi alcuni usi:
1) Drills and practice: Ricordiamolo. Ma adesso sono le immagini che possono far
generare la risposta automatica: rispondere al “Where are you” con l’immagine del
ristorante sullo schermo. Che quindi, provenendo da un messaggio multimediale,
ne migliora la memorizzazione.
2) “Cast simulato” : siamo in grado di aggiungere all’audio anche il video, e lo
studente, il gruppo, possono convertire il laboratorio in una sala di doppiaggio dei
film, dove ciascuno si trasforma in uno dei personaggi. Esperienza più
coinvolgente, e senza bisogno di … campanellino che suona quando è il momento
di parlare. E magari qualche studente si scopre dotato per fare lo speaker o per
fare l'attore!
3) Ricerca guidata: il docente invia
un compito (uguale per tutti oppure
personalizzato) dove si chiede di trovare su Internet risposte a delle domande. Il
modulo -preparato/inviato dal docente- appare sullo schermo dello studente e
include gli spazi da riempire con le risposte trovate e il link alla pagina web che
contiene la relativa informazione. Il docente può controllare il progresso di uno
studente e può aiutarne un altro reindirizzandone la ricerca. Alla fine, ogni studente
può aggiungere quella sua scheda a un database preparato allo scopo, per poi
consultarlo sul web da casa e disponibile a tutti.
4) Lettura condivisa: Laurence Olivier – o il docente- inizia la lettura di un testo che
appare su tutti gli schermi. A turno, ogni studente interviene nella lettura e si
correggono l’un l’altro i problemi, per esempio fonetici.
5)
Giochi didattici: adattati alle varie lingue: un cruciverba in… serbo-croato da
risolvere in gruppo (chi “ha la parola” clicca “help” per primo e il docente gli passa “il
gesso”). Generazione/concatenazioni di frasi verbali e/o scritte (che si vanno
allungando sullo schermo del docente ). Oppure chiedere la ricomposizione della
sequenza di un cartoon presentato in disordine sullo schermo…
6) Creazione collettiva: realizzare uno slide show (tipo PowerPoint, per intenderci).
Ogni studente di Svedese cerca su Internet una immagine di Stoccolma, produce e
registra il testo corrispondente. Alla fine, tutto il gruppo vede (mette in sequenza,
traduce, discute, legge…) il prodotto finale assemblato.
7) Interpretazione collettiva: Il docente invia a tutti una stessa immagine (una
vignetta, una pubblicità, ecc.), una poesia o la sequenza di un film. Ognuno scrive
(nella lingua X) la sua personale interpretazione e alla fine si comparano le
schermate con i vari testi prodotti. 6
8) Associazione di immagini: Il docente presenta l’ immagine anonima di una città,
di un gruppo etnico, ecc. Lo studente deve trovare su Internet una immagine
contestuale, spiegandone –verbalmente e/o per iscritto- il perchè di tale
l’associazione
9)
Integrazione multimediale: Simile alla precedente, ma questa volta si tratta di
associare un brano musicale una canzone, ecc. al paese, la città o gruppo etnico
che l’ha prodotta: Tango/Buenos Aires, Tarantella/Napoli, Flamenco/Andalucía,
magari approfondita con una ricerca storica sulle remote origini di ciascuna di
quelle forme musicali...
10) Giuochi di ruolo (Role-playing). Dovrebbe essere la metodologia più utilizzata,
come lo è in tanti (e costosi) corsi destinati alle aziende. Può essere molto
semplice o molto complessa e quindi applicarla solo in un paio d’ore o per tutto un
semestre. Può trattarsi di un semplice “call center” virtuale, ma può anche
consistere nell’organizzazione e gestione di un tour per Genova 2004 destinato a
clienti provenienti da quattro paesi diversi e lingue diverse (e allora interviene
anche il team-teaching) . Nel primo caso, il docente passerà semplicemente “delle
telefonate”, casuali conme contenuto e casuali come studente destinatario, mentre
tutti ascoltano. Nel secondo si dovranno organizzare sottogruppi con ruoli specifici:
gestore di agenzia turistica, albergatore, hostess, ecc. il tutto condito con
abbondanti foto e video che aiutino a ricreare l’ambientazione per i vari ruoli e
scenari. Ma anche le prossime due attività vanno considerate particolari esempi di
role-playing:
11)
Produzione di materiali destinati alla stampa: ha illustri precursori nella
didattica 7. Prima poteva essere una attività da sviluppare per mesi. Ora -con
Internet ed elaboratori di testo a portata di tastiera- è una esperienza che può
realizzarsi in breve tempo. Produrre un giornale nella lingua Y o Z, dove uno
studente ha il ruolo di redigere l’editoriale, un altro le notizie di cronaca, un altro si
incarica della pubblicità, ecc. Google e altri siti sono pronti a fornirci le notizie degli
ultimi venti minuti, e tutti i giornali hanno il loro sito in rete. Gli studenti, nel nostro
laboratorio, possono diventare giornalisti di “ABC”!
Quino presentava alcune vignette e chiedeva ai web-navigatori di interpretarle:
http://www.clubcultura.com/clubhumor/quino/espanol/libros.htm
6
7
Vedi Célestin Freinet, per esempio in http://delphine.lafon.free.fr/Freinet/Chap1_2.htm
12) Produzione di materiali audiovisivi: Oggi non c’è bisogno di attendere sviluppo e
stampa delle pellicole. Fotocamere, videocamere o digital voice recorder sono alla
portata di tutti. Parallelamente, Internet è colma di film (… quelli copyright free!), di
radio e telegiornali, di videoconferenze. Dipende solo dalla nostra creatività, da
quella del gruppo, realizzare un sito web multilingue, un programma radiofonico
bilingue o un programma di news televisive con audio e sottotitoli in varie lingue.
Se abbiamo in laboratorio studenti che hanno scelto l'indirizzo "comunicazioni"…
qui troverebbero pane per i loro denti!
Fermiamoci a questa dozzina: quando nel laboratorio abbiamo a disposizione Internet,
audio, video e comunicazione bidirezionale, le possibilità combinatorie per fare una
buona lezione diventano enormi.
Con queste attività non solo avremo migliorato l’insegnamento/apprendimento della
lingua, ma avremo:
-stuzzicato “l’appetito” dello studente, avvicinandolo a professioni che possono
trasformarsi in sbocchi professionali,
-stimolato la sua creatività, oggi che PC e robot gli contendono… i posti di lavoro
"standard"
-insegnatogli a lavorare in attivamente in gruppo, presupposto per la sua crescita
personale e professionale.
Ma anche noi ci avremo guadagnato parecchio: non si tratta di organizzare/fare subito
materiali complessi e perfetti. Come in tutte le situazioni di insegnamento-apprendimento
mediatizzato, siamo in grado di affinare continuamente contenuti e forma e -già dopo
poche applicazioni e revisioni- potremo veramente offrire ai nostri studenti un materiale
didattico di qualità. Potremmo così evitare di continuare a mandare i nostri studenti a
frequentare corsi esterni di lingua o di "patente informatica europea” e di quant’altro.
Così, quando in futuro verranno a offrirci il nuovo laboratorio, sapremo come regolarci. Se
la percentuale dei nostri studenti fondamentalmente passivi è ancora alta, potremo
ignorare tranquillamente l’invito a comprare l’ultimo modello, quello “audio-video-3Dtattile”. Questa tecnologia esiste già, speriamo che scuole e università si siano allora
adeguate e trasformate. Insomma, che .. esisterano ancora. O l’unico acquirente di
“Active Learning” sarà l’azienda privata!
17 maggio 2004
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“Active Learning” nel laboratorio Linguistico