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UBBLICAZIONI
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nell’urgenza-emergenza
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Autonomia e responsabilità dell’infermiere
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di Bartolomeo Vanzetti
Bartolomeo I.I.D.Vanzetti - S.S.U.Em. 118 Brianza - Azienda Ospedaliera S.Gerardo - Monza
La più forte critica che si può rivolgere in ogni tempo a un qualunque complesso di norme
di diritto positivo è il ritardo con il quale si adeguano alle mutate esigenze del contesto
sociale che regolano. Non fa, ovviamente, eccezione a tale regola la normativa che regola
l’attività della disciplina infermieristica che non ha ancora recepito la maturazione della
professione e accresciuta consapevolezza di sé e del proprio valore. Il terreno in cui viene
più facilmente in luce il ritardo - e quindi il contrasto appena descritto - è ovviamente
quello di confine i cui limiti sono labili e incerti. Una delle più importanti di tali zone è
quella che più da vicino ci riguarda e cioè l’evenienza patologica acuta. In tale situazione
occorre valutare se e come l’infermiere possa o debba “agire” anche in sostituzione del
medico qualora questi non sia prontamente reperibile. Da un punto di vista puramente
pratico, in applicazione del decreto istitutivo del 118, alcune realtà operative hanno coniato
il termine “atto medico delegato” che formalizza, all’interno dei protocolli
diagnostico-terapeutici, il ruolo infermieristico che esula e supera il cosiddetto
“mansionario”. Sotto un profilo strettamente giuridico alcuni Autori hanno sollevato
obiezioni circa l’adozione degli “atti medici delegati” in quanto solo lo Stato può abilitare
all’esercizio di una professione nell’osservanza dell’art. 348 del Codice Penale.
Si veda anche la relativa giurisprudenza: cass. pen. del 30 gennaio 1957 e cass. pen. sez. VI
del 16 gennaio 1973, consolidata e uniformemente orientata in tal senso. Nel contesto
analizzato, si impone una definizione di urgenza che è: situazione statisticamente normale
del singolo o di pochi utenti colpiti da varie affezioni che necessitano un pronto intervento,
risolvibile dalla struttura già esistente considerata “routine”.
Nell’ambito della descrizione di urgenza citata ed indifferentemente dall’ambiente ospedale o territorio - in cui si verifica, il suo venire in essere obbliga gli operatori, che ne
vengano a conoscenza, a rispondere prontamente alla richiesta/bisogno rilevato. La mancata
risposta può integrare la fattispecie dell’omissione di soccorso così come prevista all’art. 593
del Codice Penale. Se poi da tale mancato intervento dovesse derivare il decesso della
persona si potrebbe configurare anche l’ipotesi di omicidio colposo, ex art. 589 del Codice
Penale, a causa della specifica implicazione professionale. La definizione di emergenza in
questo contesto, è la seguente: situazione imprevista che coinvolge un numero elevato di
cittadini colpiti nell’ambito di un singolo avvenimento, necessita dell’intervento di un
sistema non abitualmente impiegato. Tale definizione, a mio parere, è applicabile anche ai
casi in cui l’evento acuto colpisca una singola persona in un ambiente non sanitario e sia
impossibile richiedere il soccorso, ovvero si verifichi in ambiente sanitario ma che non sia
abitualmente impegnato al trattamento di quell’evenienza. Come esempio, per illustrare
quanto sopra, è considerabile emergenza il parto imprevisto che si verifica in luogo non
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sanitario (ascensore, grandi magazzini, mezzi di trasporto ...), ma
anche in ambiente ospedaliero che non sia la sala parto o
quantomeno il reparto di ostetricia, malgrado l’evento sia
giustamente da considerarsi fisiologico.
Quando il sistema deputato al trattamento dell’urgenza è
consolidato esso, verosimilmente, darà una risposta organizzata
anche alle situazioni che si configurano come emergenza. La
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scriminante dello stato di necessità, così come previsto dall’art. 54
del Codice Penale, è invece di dubbia invocabilità per giustificare
l’azione dei professionisti sanitari che abbiano operato
indifferentemente dalla competenza specifica, proprio a causa
della presenza di un sistema di risposta organizzato. Si veda in tal
senso anche la seguente giurisprudenza: cass. pen. sez. IV del 29
gennaio 1981 n. 558, cass. pen. sez. II del 10 giugno 1978 n. 7344
e cass. pen. sez. I del 16 aprile 1987 n. 4818.
La normativa specifica che regola l’esercizio della professione
infermieristica, allo stato attuale della normativa, è il già citato
DPR 14 marzo 1974, n. 225, il cosiddetto “mansionario”.
Il DPR impone all’infermiere professionale, negli interventi
d’urgenza, di richiedere tempestivamente l’intervento medico,
consentendogli di praticare:
la respirazione artificiale
l’ossigenoterapia
il massaggio cardiaco esterno
le manovre emostatiche.
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Il titolo III, della stessa
norma, definisce le
mansioni dell’infermiere
specializzato in anestesia
e rianimazione o terapia
intensiva senza per altro
modificare in alcun modo
quanto detto sopra
relativamente
all’assistenza
infermieristica d’urgenza
e limitandosi ad
aggiungere
il rinnovo delle fleboclisi
nell’ambito dell’attività
assistenziale di reparto.
L’obsolescenza di tale
normativa viene
attualmente sottolineata
da autorevoli fonti, ma
resta tuttavia vigente e
quindi cogente per
l’infermiere professionale.
Alcuni Autori ritengono che il mansionario del 1940 tendesse a limitare l’attività
dell’infermiere generico che di fatto svolgeva le stesse funzioni delle infermiere
professionali con una formazione inferiore. Se anche tali Autori fossero nel giusto resta
comunque innegabile che, malgrado le modifiche introdotte, anche la versione del 1974
risulta rispondere a modelli e criteri organizzativi che non sono rispondenti all’evoluzione
attuale del Servizio Sanitario Nazionale. Oggi infatti sono indispensabili risposte
professionali da parte degli operatori della salute. Il DPR del 27 marzo 1992 nell’istituire il
servizio 118 definisce la struttura organizzativa dell’intervento d’urgenza, ospedaliero e non,
e prevede, quale figura professionale del soccorso, l’infermiere. Questi, per il citato DPR,
può praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi, nonché attività e manovre atte a
salvaguardare le funzioni vitali nell’ambito dei protocolli decisi dal medico responsabile
della centrale operativa (artt. 4 e 10). Valgono le stesse considerazioni già fatte in apertura e
cioè che nessuno, eccetto lo Stato, può attribuire funzioni professionali a chi non sia
abilitato all’esercizio (ex art. 348 C.P.).
È da osservare altresì che il DPR 27/3/92, pur essendo una norma statale, per il principio
generale della gerarchia delle fonti, vigente nel nostro ordinamento, non può superare una
legge qual è il Codice Penale, nemmeno implicitamente. Ultimo documento da analizzare è
il Decreto Ministeriale del 14 settembre 1994, n. 739. In base al citato principio della
gerarchia delle fonti esso non può ritenersi abrogativo del mansionario. Tuttavia esso
introduce l’innovativa considerazione che l’infermiere è un professionista non fosse altro
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per equiparazione alle altre figure professionali sanitarie non
mediche. Il profilo inoltre non elenca le singole azioni che
l’infermiere può/deve compiere ma, superando il rigido concetto
del mansionario, declina il processo dell’assistenza infermieristica
che deve guidare metodologicamente la pratica infermieristica.
Inoltre l’infermiere è garante della corretta applicazione delle
prescrizioni diagnostico-terapeutiche, elemento chiave che verrà
richiamato nel prosieguo della trattazione. La norma citata non è
purtroppo un modello di chiarezza, tuttavia nella pratica l’agire
infermieristico deve attuarsi, nell’ambito del trattamento
dell’urgenza, nel rispetto di tre condizioni fondamentali:
formazione dell’infermiere
definizione di protocolli diagnostico-terapeutici
imprescindibile prescrizione medica.
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FORMAZIONE
Tralasciando
l’analisi della
formazione
infermieristica di
base, il cui
livello è
ultimamente
cresciuto con
l’istituzione del
Diploma
Universitario
Infermieristico,
occorre
sottolineare che
il personale
infermieristico
impiegato in
unità operative,
ospedaliere e
non, che tratta
quotidianamente
l’urgenza, ha la
necessità di una formazione specifica. Essa deve rispettare tre
condizioni fondamentali, dal mio punto di vista:
1. formazione complementare a quella di base nel senso che
aggiunga conoscenze aumentando e migliorando l’abilità
infermieristica propria della professione;
2. aggiornamento continuo nella forma di refreshing al fine di
garantire e garantirsi che le abilità acquisite non decadano, ma
anzi siano meglio implementate. Aggiornamento anche nel
senso di acquisizione di nuove cognizioni scientifiche
e/o tecnologiche;
3. la certificazione di tale formazione deve costituire quella
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PROTOCOLLI
La definizione dei protocolli diagnostico-terapeutici segue le linee proprie della professione
medica. Nell’ambito dell’urgenza i protocolli che implicano l’infermiere devono rispondere a
tre caratteristiche essenziali:
1. la formulazione - anche se di competenza medica - è opportuno che, interessando
l’attività dell’infermiere, coinvolga quest’ultimo nella stesura al fine di condividerne
l’applicabilità ponendo attenzione critica alla stesura degli stessi;
2. devono derivare dalla formazione specifica, di cui si è già parlato, utilizzando perciò le
più avanzate conoscenze scientifiche applicabili, anche perché sia possibile
l’aggiornamento continuo del protocollo attraverso il consolidarsi della prassi quotidiana;
3. la rigidità nel senso che il protocollo non deve essere discrezionale né sotto il profilo
della rilevazione dei parametri vitali e dei segni che determinano l’urgenza né dal punto
di vista del trattamento da applicare. A titolo esemplificativo non si dovrà indicare
genericamente “ipertensione” ma il range di valore pressorio per cui viene protocollato il
trattamento. Nel rispetto della rigidità invocata è necessario che, anche per le modalità
tecniche e tecnologiche, siano previste apposite procedure operative che dettaglino i
criteri da rispettare per uniformare le rilevazioni.
PRESCRIZIONE
È imprescindibile che il
medico prescriva l’atto
o la manovra ritenuta
opportuna.
È da rilevare che:
1. sarà esclusivamente
terapeutica in
quanto il trattamento
dell’evento acuto,
non differibile, non
consente la
formulazione di una
diagnosi nosologica,
ma solamente il
rilevamento dei
segni e dei sintomi
correlati, già
strettamente di
competenza
infermieristica;
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garanzia connaturata e “obbligatoria” alla delega sociale delle professioni affinché chi
agisce sia effettivamente in grado di fare. È indubbiamente preferibile che i modelli
formativi siano condivisi almeno a livello nazionale o, meglio sarebbe, a livello
internazionale (si vedano i programmi formativi dell’American Heart Association).
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possibilità di essere inseriti tra la strumentazione necessaria se
soltanto si comprenderà l’utilità e la necessità di tali
strumenti anche a tutela della professionalità di tutti gli
operatori (e quindi anche dei medici);
3. in ogni protocollo dovrebbe idealmente essere contenuta la
descrizione di una singola urgenza e delle relative prescrizioni
evitando pericolose improvvisazioni sul singolo caso le cui
eventuali ripercussioni negative sarebbero poi da giustificare
appropriatamente.
Il rispetto di queste tre condizioni di minima sposta la questione
dalla possibilità dell’infermiere di agire al suo dovere di farlo al di
là del mansionario, qualora egli si trovi in una situazione di
urgenza ove manchi un medico in grado di agire direttamente.
Il superamento definitivo del mansionario anche a livello
normativo resta comunque auspicabile, anzi lo diviene ancor di
più viste le nuove e più ampie responsabilità assunte
dall’infermiere professionale, in particolare nell’ambito del
trattamento dell’urgenza. La formulazione di tale revisione
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2. deve essere documentata per iscritto o, se telefonica, registrata
su appositi supporti come previsto, ad esempio, dal
menzionato decreto istitutivo del 118. È innegabile che
l’adozione di tale modalità è allo stato attuale difficilmente
possibile in ambito ospedaliero. Tuttavia le unità operative
deputate al trattamento dell’urgenza fanno già ricorso, in modo
ampio, a supporti tecnologici costosi.
I supporti per la registrazione telefonica hanno sicuramente la
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normativa deve essere promossa certamente attraverso gli organi rappresentativi della
professione e le relative Associazioni professionali. Ogni professionista inoltre deve, a priori,
trovare le risposte potenziali al trattamento dell’urgenza nel caso dovesse operare in
sostituzione del medico. Infine la professione medica, o almeno le Società mediche
specialistiche interessate, dovrebbero adoperarsi, sinergicamente con la professione
infermieristica, per ottenere il superamento dell’attuale normativa se ne condividono
l’anacronisticità e il presupposto di disservizio che conseguentemente si determina.
BIBLIOGRAFIA
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McGraw-Hill Libri Italia, 1995.
Chiodo. Medicina legale applicata all’urgenza. Nannini Editore, Pistoia, 1996.
Bordone, Brambillasca, Rossi, Scarani. Considerazioni preliminari su un piano per
l’urgenza e l’emergenza: problemi di organizzazione e nomenclatura in: Atti XXXV Congresso
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n. 4, Luglio-Agosto 1996, Anno XL.
Benci. L’infermiere-medico è anche un rischio in: la Repubblica Salute del 9 gennaio 1997.
Alborghetti. Profilo professionale e mansionario convivenza possibile? in: Nursing Oggi,
Gennaio-Marzo 1997, Anno II.
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