sorgenti lontane S1 e S2). In altre parole le
ampiezze delle onde si sommano, ma non
LA LEZIONE
le intensità che sono proporzionali ai
quadrati delle ampiezze (il processo di
Interferenza di onde
misura è una media temporale legata alla
Assai comune è l’idea che la
costante di tempo caratteristica). Anche
sovrapposizione di due onde luminose
nell’ipotesi semplice di onde
identiche comporti necessariamente la
formazione di una figura priva di zone buie monocromatiche piane l’intensità rilevata
è: I=I1+I2+2(I1I2)½<cos>, essendo I1 e I2
su uno schermo posto a grande distanza
le intensità dovute alle singole sorgenti e
dalle sorgenti, in analogia all’aumento
la differenza di fase pari a 2(r1-r2)/,
dell’intensità del suono prodotto da due
diapason uguali se confrontata con quella funzione dei diversi cammini ottici S1P e
del singolo diapason. Nell’esperimento di S2P (con P punto dello schermo dove viene
1
Young (figura 1), una luce monocromatica raccolta la luce) . Il termine <cos>
illumina due piccole aperture su una lastra rappresenta la media estesa al tempo
opaca. La stessa onda quindi è suddivisa in caratteristico.
Se le sorgenti luminose non sono coerenti
due sorgenti di luce coerenti. Su uno
il termine di interferenza è generalmente
schermo si osserva l’alternarsi di zone
nullo. Così sostituendo alla singola luce
illuminate e di aree d’ombra.
monocromatica due sorgenti laser
indipendenti (dello stesso colore) le frange
non sono osservabili. Ritornando alle due
onde piane coerenti con sfasamento
iniziale zero, se <cos>=-1 l’interferenza è
distruttiva e si ha un’intensità minima, che
si annulla per I1=I2. L’interferenza è
costruttiva invece per <cos>=1, dove
sempre per I1=I2 si ottiene I=4I1. La
distribuzione di luce sullo schermo alterna
bande luminose e scure formanti le frange
di interferenza.
Considerando le onde sinusoidali aventi
origine in S1 e S2, se queste arrivano in P
sfasate di un angolo multiplo di 2
l’interferenza risulta costruttiva, se invece
2(r1-r2)/ è multiplo dispari di 
l’interferenza è distruttiva. Nei termini
della differenza dei cammini ottici le
precedenti affermazioni si traducono per i
massimi nella relazione:
Fig 1 L’esperienza della doppia fenditura di Young
(r1-r2)=m, con m numero intero. Per i
minimi: (r1-r2)=(2m+1)/2. Un’ultima
Questo è l’esempio più discusso di
annotazione geometrica.
interferenza della luce ed è alla base degli Nella figura 2 è indicata con d la distanza
esperimenti ideali delle proprietà
tra i centri delle due fenditure e con y la
ondulatorie delle particelle quantistiche.
distanza tra il punto centrale dello schermo
L’osservazione di fenomeni luminosi o la
e il generico punto P nella direzione
rilevazione tramite opportuni sensori della verticale. Nell’ipotesi che lo schermo si
luce (fotografici o digitali) comporta una
trovi a una distanza L molto grande
misura di intensità legata a una costante di rispetto a d, la differenza dei cammini
tempo caratteristica, mentre la teoria
(approssimando sen=) può essere posta
ondulatoria della luce implica la possibilità
di sommare i campi ottici (sovrapposizione 1 Nell’espressione dell’intensità lo sfasamento
lineare delle onde provenienti dalle due
iniziale delle due onde è posto uguale a zero.
uguale al prodotto d con  angolo,
misurato in radianti, che definisce
l’inclinazione di P rispetto alla direzione
orizzontale passante per il centro delle
fenditure. Inoltre (ponendo tgdeve
valere: =y/L. Dalle precedenti si ricava
per i massimi che si formano sullo
schermo, la relazione y=mL/d, mentre
per i minimi la relazione y=(m+½)L/d.
ogni singolo elettrone) si avrebbero due
sole campane [in corrispondenza delle due
fenditure] e non la serie di frange di
interferenza che è tipica del processo.
Questa capacità di interferire con se stesso
di un oggetto che ogni volta che cerchiamo
di rilevare ci appare come un corpuscolo
costituisce la prima chiara indicazione della
carica rivoluzionaria della teoria.”2
La novità concettuale della descrizione
quantica rispetto al caso classico delle
particelle non fa emergere le profonde
analogie formali tra l’interferenza delle
onde luminose e quella delle particelle.
Con riferimento alla figura 4, consideriamo
una sorgente che emette fotoni di
lunghezza d’onda .
Fig 2 Differenza di cammino ottico nell’esperienza della
doppia fenditura
Interferenza di particelle che
attraversano due fenditure
L’introduzione del duplice aspetto
ondulatorio e corpuscolare della fisica
quantistica avviene generalmente
descrivendo elettroni che attraversano due
fenditure aventi un comportamento
analogo all’interferenza della luce. Oggi
l’esperimento ideale delle prime lezioni
quantistiche può essere realizzato
sperimentalmente seguendo l’emergere
delle figure di interferenza su appositi
sistemi di misura che registrano le singole
particelle sia nel caso di elettroni che di
fotoni (figura 3).
Fig 3 L’emergere delle figure d’interferenza al crescere del
numero di particelle (fotoni) conteggiati in un’esperienza
con doppia fenditura: a) 272, b) 2240, c) 19773. d) Profilo
dell’intensità prevista teoricamente e verifica sperimentale
L’interpretazione standard del fenomeno è
la seguente: “Se gli elettroni non si
comportassero come onde (e si badi bene,
Fig 4 Disposizione schematica dell’apparato di misura
dell’esperimento di Young
Essi attraversano due fenditure A e B per
raggiungere il punto R. Di nuovo la
differenza di fase dovuta ai due diversi
cammini SAR e SBR è 2d/ se si può
approssimare sen= . La probabilità di
trovare una particella nel punto R è il dato
sperimentale misurabile, legato a un
tempo sufficientemente lungo di
esposizione o, il che è equivalente, a un
numero elevato di particelle. D’altra parte
per la teoria quantistica alle particelle è
associata un’onda che misura l’ampiezza di
probabilità. Il quadrato dell’ampiezza è la
probabilità.
Chiudendo la fenditura B, si misura la
probabilità PA che una singola particella
raggiunga il punto R attraverso A.
Viceversa indichiamo con PB la probabilità
che una particella attraversi B e raggiunga
R, quando A è chiusa. Con entrambe le
fenditure aperte, la misura non si riduce
semplicemente alla somma delle singole
2
Gian Carlo Gherardi, Un’occhiata alle carte di
Dio, Theoria, 1997, pag. 45.
probabilità. La teoria lineare garantisce
Ruotando il dispositivo (figura 7) ed
solo la sovrapposizione delle ampiezze.
esaminando la luce trasmessa il fenomeno
Compare così, come per le intensità, un
è inverso: al punto centrale illuminato
termine di interferenza. La probabilità
segue una frangia scura, poi una luminosa
totale diviene: P=PA+PB+2(PAPB)½cos, con e così via (figura 8).
differenza di fase. L’analogia con la
formula classica: I=I1+I2+2(I1I2)½<cos> è
evidente. La probabilità che un fotone
arrivi nel punto generico dello schermo,
lontano dalle sorgenti, è l’equivalente
dell’intensità della luce. Ovvero le due
grandezze sono direttamente
Fig 7 Apparato per lo studio degli anelli di Newton disposto
proporzionali. In entrambi i casi, la misura per l’osservazione della luce trasmessa; Fig 8 Anelli di
Newton: a) in luce riflessa, b) in luce trasmessa
comporta, oltre l’ipotesi della coerenza, o
un tempo caratteristico in cui si effettua
La luce bianca, trasmessa o riflessa da
una media (nel caso dell’osservazione dei
questo sistema di lenti, produce anelli
campi ottici) o l’utilizzo di un numero
colorati.
statisticamente elevato di particelle
Fotografando gli anelli di Newton e
(misure a singolo fotone).
stampandoli su di un lucido si ottiene una
distribuzione di zone trasparenti alternate
Dall’interferenza alla diffrazione:
a zone opache: illuminando tale maschera
anelli di Newton, lamine a zone e lente
(figura 9) è possibile che l’interferenza
di Fresnel
costruttiva delle 'n' aperture possa
Abbiamo già parlato della principale
intensificare l’immagine di una sorgente
applicazione dei fenomeni di interferenza:
monocromatica puntiforme S (posta a una
gli interferometri (che permettono misure
distanza p dalla lamina) raccogliendola nel
molto precise di distanze). Essi sono
punto P su uno schermo (posto a una
essenziali nella ricerca e nei processi
distanza q).
industriali. Qui vorremmo invece trattare
alcuni dei primi dispositivi ottici basati
sull’interferenza.
Se si appoggia su un vetro piano una lente
leggermente convessa (figura 5) e si fanno
aderire strettamente fra loro le due
superfici per mezzo di una morsa (figura
6), la riflessione di una luce
monocromatica mostra a un osservatore,
in corrispondenza del punto di contatto dei Fig 9 Una sorgente luminosa nel punto S (che dista p dalla
lamina a zone di Fresnel) porta alla formazione di
due vetri, una macchia circolare nera
un’immagine nel punto P (distante q dalla lamina)
circondata da anelli concentrici
alternativamente luminosi e scuri: frange Poiché i raggi rn dell’ennesima
circonferenza concentrica soddisfano
d’interferenza prodotte dalla
(trascurando un termine proporzionale a
sovrapposizione di un’onda piana e una
2), come vedremo tra breve, l’equazione:
sferica (i cosiddetti anelli di Newton).
rn = [npq/(p+q)]½ si è portati a
paragonare il sistema ottico della
cosiddetta lamina a zone (zone plates) a
una lente sottile, trasformando l’equazione
precedente in: rn = (nf)½ .
La dimostrazione di questa uguaglianza
deriva dalla proprietà della lamina a zone
di Fresnel di portare all’interferenza di
Fig 5 Sezione delle lenti; Fig.6 Due lenti strette da anelli
sorgenti coerenti con differenza di fase
metallici regolabili da viti
ciascuna pari a /2 (figura 10).
Fig 10 Lamina a zone di Fresnel utilizzata come lente
convergente
A differenza delle lenti, la lamina a zone
fornisce più immagini della sorgente. Il
fenomeno si può interpretare assumendo
per la lamina diverse distanze focali
(corrispondenti ai diversi ordini di
diffrazione). L’interferenza di n sorgenti
coerenti è chiamata in genere diffrazione e
la lamina funziona come un reticolo di
diffrazione che disperde le diverse
lunghezze d’onda (la distanza focale è
inversamente proporzionale alla lunghezza
d’onda).
Fresnel fu il primo a studiare le proprietà
dell’interferenza di n sorgenti coerenti con
cammini separati da /2. In relazione a
questi studi egli realizzò una lente
leggerissima di grande distanza focale. La
sua ampia diffusione ne permette un facile
reperimento (costituisce ad esempio il
piano delle vecchie lavagne luminose, gli
episcopi, oggi ormai in disuso nelle
scuole). Ancora adesso è utile, specie nel
settore automobilistico, per il suo limitato
ingombro. Essa sfrutta le diverse rifrazioni
del suo profilo frastagliato per ottenere gli
stessi effetti di lenti convergenti di grandi
dimensioni. Le zone della lamina sono
sostituite nella lente da materiale rifrattivo
che introduce un ritardo di fase. Nel 1822
Fresnel applicò per la prima volta questo
principio per modificare una lente asferica,
asportando zone di vetro secondo lo
schema indicato nella figura 11. Giunse
così a una lente convergente, priva di
aberrazione, relativamente leggera
utilizzabile in un faro.
Fig 11 Realizzazione del profilo di una lente di Fresnel: si
parte da una lente asferica e si eliminano dalla lente
alcune zone in modo che i contorni rimanenti
corrispondano a tre diverse lenti di dimensione
decrescente, il processo viene quindi iterato fino ad
ottenere un sottilissimo strato di materiale dai contorni
apparentemente irregolari; Fig 12 Confronto tra una lente
priva di aberrazione sferica e la corrispondente lente di
Fresnel
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