Fiscal Approfondimento
Il Focus di qualità
N. 14
25.03.2014
Studi di settore: accertamenti e
verifiche presso la sede del
contribuente
A cura di Marco Brugnolo
Categoria: Studi di settore
Sottocategoria: Varie
L’accertamento basato sugli studi di settore costituisce una modalità accertativa oramai di portata
generale, investendo la quasi totalità delle aziende di minori dimensioni e lavoratori autonomi (volume
di ricavi o compensi inferiori, generalmente, a 7,5 milioni di euro). Il presente contributo, dopo una breve
disamina degli elementi che caratterizzano questo strumento, si sofferma sul tema dei controlli, delle
tipologie di accertamento e delle connesse misure sanzionatorie, nonché dei rimedi difensivi che
possono essere efficacemente adottati dai contribuenti cui si applicano gli studi di settore. Particolare
risalto viene assegnato ai cc.dd. “accessi brevi”, una tipologia di controlli speditivi eseguiti dall’Agenzia
delle Entrate (secondo obiettivi numerici assegnati dall’Autorità politica), finalizzati alla verifica diretta
della corrispondenza dei dati dichiarati nell’applicazione degli studi di settore con quelli effettivamente
riscontrabili e misurabili presso la sede del contribuente.
Natura e
funzione degli
studi di settore
Lo studio di settore costituisce uno strumento di cui l’Amministrazione
Finanziaria dispone per una maggiore efficacia dell’azione accertatrice in
materia di imposte sui redditi, Iva e Irap1, secondo un metodo di tipo analiticoinduttivo, che consente di stimare in modo sostanzialmente automatico i ricavi e
i compensi di alcune categorie di contribuenti (lavoratori autonomi e imprese
minori), sulla base di una serie di elementi raccolti sistematicamente ed
elaborati tramite analisi economiche e tecniche statistico-matematiche, tenendo
conto di eventuali correttivi (come quelli attuali in vigore, definiti “anticrisi” e
“congiunturali”).
1
Ovviamente, l’accertamento si estende alle addizionali all’Irpef e ai contributi Inps ove dovuti.
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Di fatto, l'Amministrazione Finanziaria utilizza gli studi di settore per verificare la
congruità e la coerenza dei contribuenti soggetti a tale tipologia di
accertamento, ovvero per appurare se i compensi dichiarati (o i ricavi) risultino
uguali o superiori a quelli stimati dagli studi stessi; per effetto dell’art. 10,
comma 4, lett. a) della L. 8 maggio 1998 n. 146, sono soggetti agli studi di settore
i contribuenti che hanno dichiarato ricavi o compensi per un ammontare non
superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di
approvazione del Ministro dell'Economia e delle Finanze, limite che non può,
comunque, essere superiore a 7,5 milioni di euro.
Introdotti per la prima volta nel nostro ordinamento circa 20 anni orsono (ai
sensi dell’art. 62-bis D.L. 30 agosto 1993 n. 331, convertito dalla L. 29 ottobre
1993 n. 427), gli studi di settore sono diventati concretamente operativi a partire
dal periodo d’imposta 1998, in forza della citata L. n. 146/1998, che ne definisce
in dettaglio le relative modalità tecniche, soggetti interessati e possibilità di
difesa. Gli stessi studi sono divenuti, nel tempo, sempre più numerosi e più precisi
nel definire le caratteristiche economiche delle varie attività, ma anche
decisamente più complessi; per tal motivo viene annualmente messa a
disposizione dei contribuenti una procedura informatica accessibile con un
particolare software (il noto “Ge.Ri.Co.”), che permette in modo più agevole di
gestire la complessità dei dati richiesti per la compilazione.
Trattasi, come si è accennato, di un strumento di ausilio all’accertamento, che
peraltro ha progressivamente sostituito quello previgente basato sui parametri;
e infatti, il terzo comma dell’art. 62-sexies del citato D.L. n. 331/1993 ha
espressamente previsto la possibilità di procedere agli accertamenti, di cui agli
artt. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973 e 54 del D.P.R. n. 633/1972 (ossia
ad una ricostruzione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e
dell’Iva con metodo analitico – induttivo), rettificando in tal modo la
dichiarazione presentata dai soggetti esercenti attività d’impresa o di lavoro
autonomo, anche sulla riscontrata esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i
compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle
caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta,
ovvero dagli studi di settore introdotti dall’art. 62-bis dello stesso decreto legge.
Quest’ultima disposizione va letta in combinata con l’art. 1, comma 1 della citata
L. n. 146/1998, a mente del quale “gli accertamenti basati sugli studi di settore, di
cui all'art. 62-sexies … sono effettuati nei confronti dei contribuenti con le
modalità di cui al presente articolo qualora l'ammontare dei ricavi o compensi
dichiarati risulta inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili
sulla base degli studi stessi”.
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Va
osservato
che
gli
studi
di
settore,
prima
di
essere
utilizzati
dall’Amministrazione in sede accertativa, costituiscono un utile strumento a
disposizione
del
contribuente
per
verificare,
in
fase
dichiarativa,
il
posizionamento rispetto ai requisiti di congruità2 e coerenza3 richiesti dal
sistema; infatti, la circostanza che il contribuente rientri nel campo di
applicazione degli studi di settore implica, in linea generale, la necessità che lo
stesso si adegui, in sede di dichiarazione, ai risultati reddituali derivanti
dall’applicazione dello studio specifico; tutto ciò, a meno che non dimostri, di
fatto, la non adattabilità dello studio medesimo alle specifiche condizioni di
esercizio ed alle caratteristiche della propria attività.
Ovviamente, come previsto dal citato comma 1 dell’art. 10 L. n. 146/1998, in caso
di non adeguamento e di mancata dimostrazione della concreta inoperatività
dello studio, l’Amministrazione Finanziaria può determinare automaticamente il
reddito del contribuente sulla base dello studio medesimo, con l’obbligo,
tuttavia, di instaurare il contraddittorio, come espressamente sancito dal
successivo comma 3-bis, in virtù del quale: “nelle ipotesi di cui al comma 1
l'ufficio, prima della notifica dell'avviso di accertamento, invita il contribuente a
comparire, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”.
La Direttiva dell’Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Accertamento
Settore Strategie di Controllo - prot. n. 87232 del 9 giugno 2003, ne dà la
seguente lettura: “oltre che elevare il grado di adesione spontanea agli obblighi
tributari, gli studi, attraverso regole di controllo delle basi imponibili obiettive e
condivise,
promuovono
condizioni
di
corretta
concorrenzialità
nella
competizione economica. Presupposto imprescindibile per il raggiungimento
delle finalità che si pone l’applicazione dell’istituto in argomento è la corretta
indicazione, da parte dei contribuenti, nei modelli di dichiarazione, dei dati
strutturali e contabili relativi all’attività svolta”.
Peraltro, il pregio dello studio di settore in senso generale è direttamente
collegato
all’obbligo
normativo
del
suo
aggiornamento
periodico;
la
programmazione degli studi di settore da sottoporre a revisione, è prevista
dall’art. 10-bis, comma 1, ultimo periodo, della L. n. 146/1998, ai sensi del quale
2
L'analisi di congruità mira alla stima di un ricavo presunto, risultante dall'applicazione della funzione di
regressione alle variabili indicate dal contribuente. Trattandosi di un calcolo statistico, Ge.Ri.Co. indica il ricavo
puntuale, ritenuto come il valore più probabile stimato e l'intervallo di confidenza, ovverosia un valore minimo
(indicato come ricavo minimo) e massimo (che non viene indicato), la cui media è il ricavo puntuale.
3
L'analisi della coerenza economica confronta il valore di alcuni indici, calcolati sui dati dichiarati dal
contribuente, con valori ritenuti coerenti per il cluster considerato. Ad esempio, per l'indice di coerenza ricarico
è previsto un valore minimo e massimo. I contribuenti che si collocano nell'intervallo sono ritenuti coerenti. Le
posizioni non coerenti possono essere utilizzate dagli uffici ai fini della selezione dei contribuenti da sottoporre
ad eventuali controlli.
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gli studi di settore sono soggetti a revisione al massimo ogni tre anni dalla data
di entrata in vigore degli stessi o dalla loro ultima revisione, sentito il parere
della Commissione degli esperti, di cui all’art. 10, comma 7, della medesima
Legge4. Lo scopo è quello di garantire la rappresentatività degli studi - quanto
meno nel medio periodo - rispetto alla realtà economica cui si riferiscono5.
NATURA E FUNZIONE DEGLI STUDI DI SETTORE
9 Dal controllo in base agli studi di settore scaturisce un accertamento
analitico-induttivo, che consente di stimare in modo sostanzialmente
automatico i ricavi e i compensi di alcune categorie di contribuenti
(lavoratori autonomi e imprese minori).
9 Annualmente viene messa a disposizione dei contribuenti una
procedura informatica accessibile con un particolare software (il
noto “Ge.Ri.Co.”), che permette in modo più agevole di gestire la
complessità dei dati richiesti per la compilazione.
9 Gli studi di settore, prima di essere utilizzati dall’Amministrazione in
sede accertativa, costituiscono un utile strumento a disposizione del
contribuente per verificare, in fase dichiarativa, il posizionamento
rispetto ai requisiti di congruità e coerenza richiesti dal sistema.
9 In sede di accertamento da studi di settore, l’Amministrazione
finanziaria ha comunque l’obbligo di instaurare il contradditorio.
Il regime
probatorio
degli studi di
settore
Secondo
l’orientamento
proprio
dell’Amministrazione
Finanziaria,
la
determinazione del reddito e dell’Iva mediante lo strumento degli studi di
settore rientra nell’ambito delle presunzioni gravi, precise e concordanti che, nei
confronti delle categorie di contribuenti comprese nel relativo campo di
applicazione, possono condurre a configurare una base imponibile diversa da
quella dichiarata anche a prescindere dalla previa ispezione della contabilità,
configurando, pertanto, un’autonoma tecnica di accertamento e non già semplici
elementi di supporto della pretesa tributaria, alla stregua di presunzioni di altra
natura.
4
Con Provvedimento n. 25830/2014, il direttore dell'Agenzia delle Entrate, previo parere favorevole della
Commissione degli esperti riunitasi il 28 novembre 2013, ha indicato gli studi in vigore da revisionare, contenuti
nell'allegato 1 al Provvedimento. Una volta revisionati, detti studi diverranno applicabili al periodo d'imposta
2014 dopo l'approvazione con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze.
5
Sulla base dei diversi dati ed elementi reperiti al termine delle elaborazioni, e nel caso in cui se ne ravvisi
l'opportunità, è possibile prevedere accorpamenti tra studi, ovvero trasferimenti di uno o più codici di attività
da uno studio di settore ad un altro sottoposto a revisione.
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Tale impostazione è stata progressivamente superata dalla giurisprudenza,
prima di merito, poi di legittimità: sono note le quattro sentenze delle Sezioni
unite della Cassazione (n. 26635, 26636, 26637, 26638 del 10 dicembre 2009 - ud.
del 1°dicembre 2009) che, nell’occuparsi specificatamente del caso di un
contribuente sottoposto a parametri, estendono le stesse conclusioni agli studi di
settore. Per la Suprema Corte gli studi di settore, pur costituendo uno strumento
più raffinato dei parametri, in quanto la loro elaborazione prevede peraltro una
diretta collaborazione delle categorie interessate, rimangono comunque il frutto
di elaborazioni statistiche, di natura probabilistica che, per quanto seriamente
approssimate, sono inquadrabili nell’ambito delle “presunzioni semplici”.
Più in dettaglio, i Supremi Giudici hanno affermato il seguente principio: “La
procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei
parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici,
la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione
ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al
contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento,
con il contribuente (che può tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze,
sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla
fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard
alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la
congruità) della motivazione dell’accertamento, nella quale vanno esposte le
ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano state
disattese. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di
accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni
semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l’applicabilità degli
standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall’ente impositore,
quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente”.
In concreto, per quanto affermato dalla Corte, il contribuente ha, quindi, la
possibilità di provare in giudizio, senza limitazione alcuna di mezzi e di
contenuto, la sussistenza di condizioni che giustifichino l'esclusione dell'impresa
dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o la specifica
realtà dell'attività economica nel periodo in contestazione; di contro, la
motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello
scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità, in
concreto, dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state
disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.
Sul tema, la Cassazione ha ulteriormente affermato che: “l'esito del
contraddittorio non condiziona l'impugnabilità dell'accertamento, potendo il
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giudice tributario liberamente valutare tanto l'applicabilità degli standard al
caso concreto, da dimostrarsi dall'ente impositore, quanto la controprova offerta
dal contribuente, che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella
fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso
il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all'invito al
contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte”(cfr. Cassazione, SS.UU.
26635/2009 e 11633/2013).
In altre occasioni la medesima Corte ha affermato il principio per cui: lo studio di
settore, per assurgere a prova, deve essere supportato da ulteriori elementi,
come ad esempio l'abnormità e l’irragionevolezza dello scostamento e deve
essere preceduto dal contraddittorio con il contribuente, pena la nullità dell’atto
di accertamento. Secondo questa lettura, è possibile affermare che l’onere della
prova, anche nell’accertamento da studi di settore, è sostanzialmente a carico
dell’Amministrazione fiscale.
Quanto alla rilevanza penale degli studi di settore, il comma 6 dell’art. 10 della L.
n. 146/1998, dispone che, i maggiori ricavi, conseguenti all’applicazione degli
accertamenti effettuati in base agli studi stessi ovvero dichiarati per effetto
dell’adeguamento del contribuente ai medesimi, “non rilevano ai fini
dell’obbligo della trasmissione della notizia di reato a sensi dell’art. 331 c.p.p.”;
gli uffici impositori non sono, di conseguenza, obbligati al deposito della
denuncia penale, secondo le forme del codice di rito.
IL REGIME PROBATORIO DEGLI STUDI DI SETTORE
¾ La
procedura
di
accertamento
standardizzato
mediante
l’applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di
presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è
determinata ex lege in relazione ai soli standard in sé considerati,
ma nasce nel procedimento di accertamento, in esito al
contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità
dell’accertamento stesso.
¾ Il contribuente ha la possibilità di provare in giudizio, senza
limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di
condizioni che giustifichino l'esclusione dell'impresa dall'area dei
soggetti cui possono essere applicati gli standard o la specifica
realtà dell'attività economica nel periodo in contestazione.
¾ La motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel
rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la
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dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello standard prescelto
e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni
sollevate dal contribuente.
L’accertamento
analiticoinduttivo in
base agli studi
di settore
Come si è accennato, il combinato disposto dagli artt. 62-sexies, comma 3 del
D.L.
n.
331/1993
e
10,
comma
1
della
L.
n.
146/1998,
consente
all’Amministrazione Finanziaria di fondare i propri accertamenti sugli studi di
settore, di cui all'art. 62-bis del medesimo D.L. n. 331/1993, quando constati gravi
incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli
fondatamente desumibili dagli studi di settore stessi.
Per espressa previsione normativa (contenuta nel richiamato art. 62-sexies, terzo
comma), l’ufficio può procedere, in tal caso, con un accertamento di tipo
analitico-induttivo, sia ai fini delle imposte sui redditi, che dell’Iva (ai sensi,
rispettivamente, degli artt. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973 e 54 del
D.P.R. n. 633/1972), procedendo sulla base di presunzioni che possiedano i
requisiti di gravità, precisione e concordanza. L’iter procedimentale che lo stesso
ufficio deve rispettare è invece normativamente disciplinato dall’art. 10 della L.
n. 146/1998.
Per tal motivo, il contribuente deve verificare la propria situazione reddituale
compilando l’apposito modello dichiarativo e poi confrontarla con quella
risultante dall’applicazione dello specifico studio di settore; qualora i ricavi o i
compensi da dichiarare (ossia quelli risultanti dalle scritture contabili) risultino
inferiori ai valori minimi dello studio, il contribuente ha la possibilità di
“adeguarsi” (per il valore indicato dallo studio come “puntuale”, ovvero per altro
valore dell’intervallo di confidenza) determinando, di conseguenza, il reddito e
liquidando le imposte dovute in base allo stesso studio di settore, ovvero, di
contro, decidere di non adeguarsi ed attendere l’iniziativa dell’Amministrazione.
In caso di presentazione di dichiarazione “non congrua”, viene avviato, nei
confronti del contribuente interessato e relativamente al settore impositivo per
il quale si è verificata la non congruità, il procedimento di accertamento basato
sullo studio stesso attraverso i seguenti passaggi, che si ispirano alle disposizioni
che disciplinano l’accertamento con adesione:
•
inoltro al contribuente di un invito al contraddittorio, contenente gli
elementi rilevanti ai fini dell’accertamento, allo scopo di pervenire
ad una definizione del contesto (in ottemperanza al disposto dell’art.
10, comma 3-bis della L. n. 146/1998);
•
avvio del contraddittorio, con tendenziale adattamento, a cura
dell’Ufficio, del risultato dell’applicazione degli studi alla concreta e
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particolare situazione dell’impresa o professione, considerando gli
elementi direttamente acquisiti ovvero forniti dal contribuente in
sede di contraddittorio stesso, tenendo altresì conto della
“localizzazione”
nell’ambito
del
territorio
“non
colta”
dalle
elaborazioni dalle quali sono scaturiti gli studi di settore;
•
attenta valutazione delle osservazioni formulate dal contribuente nel
corso del medesimo contraddittorio, avendo cura di motivare tanto
l’accoglimento quanto il rigetto delle stesse.
In concreto, dall’invito deve risultare:
−
la fonte di innesco del procedimento avviato (ad esempio: il controllo
dei ricavi dichiarati per l’anno XXXX con procedure automatizzate, nei
confronti dei contribuenti in contabilità semplificata, specificando gli
studi di settore utilizzati);
−
lo scostamento (anche a mezzo di prospetto illustrativo) tra il dichiarato
e quando risultante dalla concreta applicazione dello studio al
contribuente invitato;
−
l’indicazione dei dati contabili ed extra-contabili presi a base per il
calcolo dei ricavi presunti e dell’Iva, desunti dal modello per la
comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di
settore allegato al modello di dichiarazione dell’annualità controllata;
−
l’avvertenza che in contraddittorio con l’ufficio, il contribuente potrà
esporre e documentare: l’eventuale presenza di discordanze tra i dati
esposti nell’invito e quelli indicati in dichiarazione, eventuali errori
relativi alla compilazione del modello studi di settore in sede
dichiarativa, l’eventuale non corrispondenza delle caratteristiche
strutturali ed economiche del gruppo omogeneo assegnato al
contribuente rispetto a quelle desumibili dall’attività svolta, nonché i
fatti e le circostanze idonei a giustificare lo scostamento rilevato.
L’invito conterrà, inoltre, l’avviso che qualora il contribuente non darà seguito
all’invito stesso, l’ufficio procederà alla notifica di avvisi di accertamento per
l’annualità controllata, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 62-sexies D.L.
331/1993 e 10 L. 146/1998, ai fini di tutti i tributi considerati.
Quanto evidenziato consente di affermare (come chiarito dalle circolari
dell’Agenzia delle Entrate n. 31 del 22 maggio 2007, n. 38 del 12 giugno 2007 e n.
5 del 23 gennaio 2008) che quello basato sugli studi di settore è un metodo di
accertamento che solo in via generale può definirsi “automatico”, dal momento
che il suo contenuto dipende dall’esito, imprevedibile a priori, del
contraddittorio, che va obbligatoriamente esperito da parte del competente
Ufficio.
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In proposito, va ulteriormente chiarito che :
-
i valori cui il contribuente deve adeguarsi oscillano fra un minimo e
un massimo, quest’ultimo definito ricavo o compenso puntuale;
esiste quindi un’area – detta “intervallo di confidenza” – entro la
quale il singolo contrinuente beneficia di un certo margine di
manovra per adeguare le risultanze dello studio alla propria realtà;
-
solo quando l’ammontare dei ricavi o dei compensi si ponga al di
sotto del ricavo minimo, il parziale automatismo del procedimento
accertativo, in precedenza descritto, scatta del tutto;
-
l’adeguamento nell’ambito dell’intervallo di confidenza configura un
livello di ricavi o compensi comunque “possibile”, ferma restando la
facoltà dell’Ufficio di chiedere al contribuente di giustificare i motivi
dell’adeguamento ad un livello inferiore a quello di riferimento
puntuale; in ogni caso, per l’Agenzia delle Entrate, come precisato
nella già citata circolare n. 5 del 2008, di norma “l’attività di
accertamento sulla base degli studi di settore deve essere
prioritariamente rivolta nei confronti di quei contribuenti non
congrui che, sulla base delle risultanze della contabilità, hanno
dichiarato un ammontare di ricavi o compensi inferiore al ricavo o
compenso minimo di riferimento derivante dall’applicazione delle
risultanze degli studi di settore”.
Va, infine, precisato che, relativamente ai titolari di redditi d’impresa e di lavoro
autonomo cui non si applicano gli studi di settore, il comma 19 dell’art. 1 della L.
n. 296/2006 (Legge Finanziaria 2007), ha previsto la determinazione di specifici
“indicatori di normalità economica”, idonei a rilevare la presenza di ricavi o
compensi non dichiarati ovvero di rapporti di lavoro irregolare, che servono,
appunto, ad orientare le attività di controllo nei riguardi dei soggetti non
rientranti nella specifica disciplina degli studi di settore.
L’ACCERTAMENTO ANALITICO-INDUTTIVO IN BASE AGLI STUDI DI SETTORE
¾ Il procedimento di accertamento basato sullo studio di settore si articola
attraverso i seguenti passaggi, che si ispirano alle disposizioni che
disciplinano l’accertamento con adesione:
9 inoltro al contribuente di un invito al contraddittorio;
9 avvio del contraddittorio, con tendenziale adattamento, a cura
dell’Ufficio, del risultato dell’applicazione degli studi alla concreta e
particolare situazione;
9 attenta valutazione delle osservazioni formulate dal contribuente.
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¾ Dall’invito al contraddittorio deve risultare:
9 l’avvertenza che in contraddittorio con l’Ufficio, il contribuente potrà
esporre le proprie ragioni e presentare documenti;
9 la fonte di innesco del procedimento accertativo;
9 lo scostamento rilevato;
9 l’indicazione dei dati contabili ed extra-contabili presi a base per il
calcolo dei ricavi presunti e dell’Iva.
¾ Quello basato sugli studi di settore è un metodo di accertamento che
solo in via generale può definirsi “automatico”, dal momento che il suo
contenuto dipende dall’esito, imprevedibile a priori, del contraddittorio,
che va obbligatoriamente esperito da parte del competente Ufficio.
L’accertamento
induttivo
“puro”
Ai sensi dell’art. 39, comma 2 lett. d-ter D.P.R. 600/1973 (inserito dall’art. 23,
comma 28, lett. c) D.L. n. 98/2011) l’Agenzia delle Entrate, può ricorrere
all’accertamento induttivo puro, in caso di:
-
omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati
rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore;
-
indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di
settore, non sussistenti;
-
infedele compilazione dei predetti modelli, che comporti una
differenza superiore al quindici per cento, o comunque ad euro
cinquantamila, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di
settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati
indicati in dichiarazione.
Ai sensi della citata disposizione, pertanto, nel caso si verifichi una delle
elencate
circostanze
(generalmente
appurate
dal
personale
ispettivo
dell’Agenzia delle Entrate nel corso degli accessi brevi), l’Ufficio potrà
determinare il reddito anche sulla base di presunzioni semplici (ossia prive dei
caratteri della gravità, precisione e concordanza).
La disposizione menzionata, nel testo originario inserito dal citato D.L. 98/2011,
consentiva agli uffici finanziari di procedere con l’accertamento induttivo puro
(in presenza di taluna delle elencate circostanze), alla condizione che fossero
irrogabili le sanzioni di cui al comma 2-bis dell’art. 1 D.Lgs 471/1997.
In virtù della disposizione da ultimo richiamata “la misura della sanzione minima
e massima di cui al comma 2 (sanzione da 1 a 2 volte l’imposta diretta dovuta) è
elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa o infedele indicazione dei dati
previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini
dell’applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di
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esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La presente
disposizione non si applica se il maggior reddito d’impresa ovvero di arte o
professione, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore,
non è superiore al 10 per cento del reddito d’impresa o di lavoro autonomo
dichiarato”.
In sostanza, come chiarito nella Circolare 8/E del 2012, l’avviso di accertamento
(fondato su metodologia induttiva pura) doveva recare nella motivazione
l’applicabilità “in astratto”6 della sanzione da ultimo citata; in altre parole,
doveva emergere uno scostamento superiore al 10% tra il reddito accertato a
seguito della corretta applicazione degli studi di settore e quello dichiarato.
Più di recente, la lettera d-ter in commento è stata modificata dall’articolo 8,
comma 4 del D.L. n. 16 del 2012, che ha eliminato il riferimento all’applicabilità
della sanzione di cui al comma 2-bis dell’art. 1, D.Lgs 471/1997.
Come chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 30/E dell’11/07/2012,
il legislatore, sostituendo la lettera d-ter) citata, ha previsto che l’omessa
presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti, ai fini
dell’applicazione degli studi di settore e l’indicazione di cause di esclusione o di
inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, consente ora di ricorrere
all’accertamento induttivo, senza subordinare tale possibilità alla condizione
che siano irrogabili le sanzioni, di cui al citato comma 2-bis dell’art. 1 del D.Lgs
18 dicembre 1997, n. 471.
Tale condizione è stata eliminata anche con riferimento all’ipotesi di infedele
compilazione dei predetti modelli anche se, in quest’ultimo caso, è possibile il
ricorso all’accertamento induttivo quando l’infedele compilazione dei predetti
modelli comporta una differenza superiore al quindici per cento, o comunque ad
euro cinquantamila, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore
sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in
dichiarazione.
Peraltro, come disposto dal comma 5 del citato art. 8 D.L. n. 16 del 2012, la
modifica normativa si applica agli accertamenti notificati a partire dalla data di
entrata in vigore del medesimo articolo, vale a dire dal 2 marzo 2012.
Nel citato documento di prassi n. 30/2012, la Direzione Centrale dispone,
tuttavia, l’utilizzo “ordinario”, da parte degli uffici, della facoltà introdotta dal
6
In quanto, la sanzione maggiorata non poteva essere erogata con l’atto di accertamento, trattandosi di una
ricostruzione del reddito di tipo induttivo-puro fondata su presunzioni semplici e non sulle risultanze degli studi
di settore.
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D.L. 16/2012, soltanto a partire dal controllo delle dichiarazioni relative al
periodo di imposta 2010. Pertanto, per le annualità precedenti il 2010, laddove il
contribuente spontaneamente o a seguito di eventuale invito, comunichi
correttamente i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, gli
uffici procedono, se del caso, con ricostruzioni di tipo analitico o analitico
presuntivo, evitando il ricorso a metodi di accertamento del tipo induttivo “puro”.
Come chiarito dalle Entrate, infine, nella Circolare 41/E del 5 agosto 2011, la
disposizione de qua esplicherebbe i propri effetti “diretti” solo in materia di
imposizione diretta, atteso che, il modello degli studi di settore è un allegato alla
dichiarazione dei redditi; tuttavia, l’Agenzia ritiene che gli uffici, comunque,
“possano verificare gli effetti ai fini IVA di una ricostruzione induttiva dei ricavi o
dei compensi, alla luce della specifica attività esercitata dal contribuente
assoggettato a controllo e della possibile tipologia di evasione dallo stesso
effettuata, tenuto conto dei beni ceduti e di servizi resi in evasione di imposta”.
ACCERTAMENTO INDUTTIVO PURO
¾ L’Agenzia delle Entrate, può ricorrere all’accertamento induttivo puro, in
caso di:
-
omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati
rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore;
-
indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi
di settore non sussistenti;
-
infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una
differenza superiore al quindici per cento, o comunque ad euro
cinquantamila, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi
di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei
dati indicati in dichiarazione.
¾ Gli uffici procedono con l’accertamento induttivo puro (nei casi previsti
dalla norma) dal controllo delle dichiarazioni relative al periodo di
imposta 2010, mentre per le annualità precedenti, laddove il contribuente
spontaneamente o a seguito di eventuale invito comunichi correttamente i
dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, gli uffici
procedono, se del caso, con ricostruzioni di tipo analitico o analitico
presuntivo.
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Il regime
sanzionatorio
in tema di studi
di settore
Fino all’anno 2006, all’accertamento basato sugli studi di settore non era
collegato un particolare sistema di sanzioni, per cui si applicavano le seguenti
misure sanzionatorie ordinarie:
•
sanzione amministrativa da € 258 a € 2.065, in caso di omessa (o
irregolare) comunicazione dei dati rilevanti per l'applicazione degli
studi, ex art. 8, comma 1 D.Lgs 471/1997 (tale sanzione riguardava,
ovviamente, la fattispecie, formale, in cui i dati corretti non
producevano una modifica della congruità e/o coerenza);
•
sanzione amministrativa, dal 100% al 200%, delle maggiori imposte
dovute (in termini di imposte sui redditi, Iva e Irap), in caso di
dichiarazione infedele (ossia quando i dati corretti determinavano un
risultato superiore rispetto a quello dichiarato); in tal caso, la
sanzione di natura formale riguardante l'irregolarità del contenuto
della dichiarazione dei redditi era assorbita dalla violazione di
natura sostanziale (atteso l’incipit del citato art. 8 “fuori dei casi
previsti negli artt. 1, 2 e 5,…”).
Tale sistema è stato, via via, integrato da un corpus di sanzioni che possiamo
definire “dedicato”, introdotto progressivamente a partire dalla Legge
Finanziaria 2007.
Con l’art. 1, commi 25, 26 e 27 della L. 27 dicembre 2006, n. 296, sono state
inserite
specifiche
norme
sanzionatorie
nei
decreti
che
disciplinano
l’accertamento, rispettivamente, ai fini delle imposte sui redditi, dell’Iva e
dell’Irap. Si tratta di disposizioni gemelle che prevedono un incremento del 10%
delle sanzioni previste in caso di presentazione della dichiarazione infedele (per
le quali è generalmente prevista la sanzione pecuniaria dal 100% al 200%
dell’imposta evasa), qualora l’infedeltà sia ricollegata ad ipotesi di:
-
omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la
comunicazione dei dati rilevanti, ai fini dell’applicazione degli studi
di settore;
-
indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di
settore non sussistenti.
Qualora, di conseguenza, le dichiarazioni presentate ai fini dei tre tributi siano
rettificate per effetto di una delle irregolarità sopra elencate, la sanzione
irrogata dall’Ufficio, sarà compresa tra il 110% e il 220% delle imposte evase (cfr.
artt. 1, comma 2-bis D.Lgs n. 471/1997, 5, comma 4-bis D.Lgs n. 471/1997 e 32,
comma 2-bis D.Lgs n. 446/1997).
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Peraltro, ai sensi del secondo periodo comune alle tre norme da ultimo citate, la
maggiorazione sanzionatoria non si applica qualora la differenza tra i valori
accertati a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, e quelli
dichiarati dal contribuente non sia superiore al 10% (di conseguenza, per
scostamenti compresi nel 10% continuano ad applicarsi le misure sanzionatorie
ordinarie per la dichiarazione infedele).
Si ricorda che, per "differenza" si deve intendere:
•
un maggior reddito (ai fini Ires/Irpef);
•
una maggiore imposta Iva;
•
un maggior valore della produzione (ai fini Irap).
Ma il legislatore è intervenuto nel sistema sanzionatorio legato agli studi di
settore, mediante un sostanziale inasprimento, nel 2011, con il D.L. n. 98/2011; le
lettere e), f) e g) del comma 28 art. 23 del decreto citato hanno introdotto,
rispettivamente, il comma 2-bis. 1 all’art. 1 del D.Lgs n. 471/1997, il comma 4-ter
all’art. 5 del medesimo decreto legislativo e il comma 2-ter all’art. 32 del D.Lgs n.
446/1997.
Trattasi, anche in tal caso, di tre norme gemelle che prevedono una
maggiorazione del 50% delle sanzioni generalmente previste in caso di
presentazione della dichiarazione infedele ai fini, rispettivamente, delle imposte
sui redditi, dell’Iva e dell’Irap, applicabile nelle ipotesi di omessa presentazione
del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli
studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non
abbia provveduto alla presentazione del modello, anche a seguito di specifico
invito da parte dell'Agenzia delle Entrate.
Va, peraltro, evidenziato che, per effetto del secondo periodo riportato nelle tre
norme sanzionatorie citate, anche in tal caso la maggiorazione non si applica in
caso di scostamenti tra i valori accertati a seguito dell’applicazione degli studi di
settore e quelli dichiarati dal contribuente, non superiori al 10 per cento.
Come precisato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 41/E del 5 agosto 2011,
la maggiorazione si rende applicabile allorquando il contribuente non provveda
alla presentazione del modello con una dichiarazione integrativa, anche a
seguito di specifico invito da parte dell’Agenzia delle Entrate formulato, come
chiarito dalla relazione illustrativa al decreto, sulla base dei dati dallo stesso
contribuente esposti nella relativa dichiarazione annuale.
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La citata maggiorazione, per la quale le sanzioni lievitano nella misura dal 150%
al 300% dell’imposta evasa, si applica in relazione alle dichiarazioni presentate
dal 6 luglio 2011; di conseguenza, per le omissioni del modello studi di settore
concernenti dichiarazioni presentate prima di tale data, che comportino
scostamenti superiori al 10%, continuano ad applicarsi le misure sanzionatorie
previste in precedenza (dal 110% al 220% della maggiore imposta dovuta).
Il citato D.L. 98/2011 ha, infine, introdotto una sanzione specifica (di tipo formale
dichiarativo), per l’omessa presentazione del modello degli studi di settore,
aggiungendo un ulteriore periodo al primo comma dell’art. 8 D.Lgs 471/1997 (cfr.
art. 23, comma 28, lett. b), D.L. 6 luglio 2011, n. 98), che letteralmente sancisce: “si
applica la sanzione in misura massima (€. 2.065) nelle ipotesi di omessa
presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini
dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed
il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a
seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle Entrate”.
Anche in tal caso, l’Agenzia ha precisato, nella richiamata Circolare 41/2011, che
la sanzione nella misura massima si applica nei casi di omessa presentazione del
modello, solo qualora il contribuente non ne provveda con una dichiarazione
integrativa, anche a seguito di specifico invito da parte dell’Agenzia stessa.
Atteso l’inserimento della violazione da ultimo citata in seno al primo comma
dell’art. 8, si ritiene che la stessa (avente natura formale) si renda applicabile nei
casi in cui dall’accertamento basato sugli studi di settore non emergano redditi,
Iva o valori della produzione superiori a quelli dichiarati: in caso contrario,
infatti, giusto l’inciso che apre l’art. 8 citato (“fuori dei casi previsti negli artt. 1, 2,
e 5…”), si ritiene che la sanzione sia assorbita dall’ipotesi sostanziale semplice o
aggravata della dichiarazione infedele, nei termini in precedenza specificati
(tale lettura viene confermata dalla Circolare dell’Agenzia n. 8/E del 13 marzo
2012).
Sempre con riferimento ai casi di omessa presentazione del modello studi di
settore, va menzionata l’apertura operata dall’Amministrazione Finanziaria nella
medesima Circolare 8/2012, nei confronti dei contribuenti, con la previsione
della possibilità di presentazione, anche in seguito a specifico invito, di
un’apposita dichiarazione integrativa, nei termini di cui all’art. 13 D.Lgs
472/1997, con contestuale pagamento di una sanzione ridotta, sanando le
violazioni precedentemente commesse.
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La presentazione del modello studi di settore effettuata oltre i termini previsti
per il ravvedimento, ma prima dell’inizio dell’attività di controllo, invece,
comporterà l’applicazione delle sanzioni ordinariamente previste per la
specifica violazione commessa, senza però gli incrementi introdotti dal D.L.
98/2011.
Va, peraltro, evidenziato l’attuale vigenza della misura sanzionatoria, di cui
all’art. 8, comma 1, primo periodo D.Lgs 471/1997 (sanzione amministrativa da €.
258 a €. 2.065), nei casi di omissione, infedeltà o irregolarità nella compilazione
del modello studi di settore, quando non ne consegua l’accertamento di
maggiori imposte e, di conseguenza, la violazione non sia assorbita da quella
sostanziale dell’infedeltà dichiarativa.
Come si è visto in precedenza, l’accertamento basato sugli studi di settore
comporta, per espressa previsione normativa (cfr. art. 10 D.Lgs 146/1998),
l’obbligo dell’ufficio di procedere al contraddittorio, invitando il contribuente a
fornire dati, informazioni e documenti (registri, fatture, contratti, memorie, note,
etc.) per motivare gli scostamenti o le incoerenze rilevate; in tali casi il
contribuente potrebbe incorrere anche nella violazione introdotta dal decreto
Salva Italia (cfr. art. 11, comma 1 del D.L. 201/2011), che punisce con le sanzioni
previste in caso di falsità in autocertificazioni (per cui è prevista la reclusione
fino a 3 anni) chiunque, a seguito delle richieste effettuate nell'esercizio dei
poteri di cui agli artt. 32 e 33 D.P.R. 600/1973, 51 e 52 D.P.R. 633/1972:
• esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte;
• fornisce dati e notizie non rispondenti al vero.
Sotto il profilo soggettivo va osservato che trattasi di un reato comune (atteso
l’utilizzo del termine “chiunque”); ciò significa che del reato di falso potrebbe
essere chiamato a rispondere anche il consulente che, per conto del proprio
cliente, presenta documenti falsi presso l’ufficio titolare del procedimento,
nell’ambito dell’invito al contraddittorio.
Sotto il profilo oggettivo, va precisato che le due fattispecie previste dalla norma
non sono del tutto corrispondenti: nella prima ipotesi (presentazione di
documenti falsi) il reato si configura a prescindere dalle conseguenze della
condotta del soggetto che ha trasmesso o esibito il documento falso; mentre,
nella seconda ipotesi (fornire dati o notizie non veritiere) la sanzione penale
trova applicazione solo se, a seguito delle richieste, si configuri taluna delle
fattispecie penal-tributarie, di cui al D.Lgs 74/2000.
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Peraltro, la sanzione penale dovrebbe concorrere con la violazione
amministrativa prevista dall’art. 11 del D.Lgs 471/1997 (che prevede una
sanzione da €. 258 a €. 2.065), non rinvenendosi nelle norme alcuna clausola di
salvaguardia.
TIPOLOGIA DI VIOLAZIONE
RIFERIMENTI
MISURE
NORMATIVI
SANZIONATORIE
Omissione del modello o
Art. 8, comma 1,
indicazione
primo periodo D.Lgs
Sanzione
errati/infedeli, non incidenti
471/1997,
amministrativa da €.
sull'esito
comma
di
dati
dell'applicazione
degli studi di settore
Omissione
del
art.
1
33,
D.Lgs
258 a €. 2.065
446/1997
modello
qualora il contribuente non
vi
abbia
provveduto
a
Art. 8, comma 1,
seguito di specifico invito
secondo
dell’ufficio
D.Lgs 471/1997
sull'esito
(non
incidente
periodo,
Sanzione
amministrativa €. 2.065
dell'applicazione
degli studi di settore)
Omissione
del
indicazione
di
modello,
cause
di
esclusione o inapplicabilità
Art. 1, comma 2,
non spettanti o indicazione
D.Lgs 471/1997, art.
di
5, comma 4, D.Lgs
dati
errati/infedeli,
incidenti
sull'esito
471/1997,
dell'applicazione degli studi
comma
di settore (differenza non
446/1997
art.
2,
32,
D.Lgs
Sanzione
amministrativa
dal
100% al 200% della
maggiore
imposta
dovuta
superiore al 10%)
Omissione
del
indicazione
di
modello,
cause
Sanzione
di
esclusione o inapplicabilità
Art. 1, comma 2-bis
amministrativa
non spettanti o indicazione
D.Lgs 471/1997, art.
110% al 220% della
di
5,
maggiore
dati
errati/infedeli,
comma
4-bis
dal
imposta
D.Lgs 471/1997, art.
dovuta. Possibilità per
dell'applicazione degli studi
32,
l'Ufficio di procedere
di
D.Lgs 446/1997
incidenti
settore
sull'esito
(differenza
superiore al 10%)
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comma
2-bis,
con
accertamento
induttivo “puro”
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Omissione
del
modello
qualora il contribuente non
Art.
vi
a
D.Lgs 471/1997, art.
seguito di specifico invito
5, comma 4, D.Lgs
dell’ufficio
471/1997,
abbia
sull'esito
degli
provveduto
(incidente
dell'applicazione
studi
di
settore)
1,
comma
comma
art.
2,
2
32,
D.Lgs
446/1997
Sanzione
amministrativa
dal
100% al 200% della
maggiore
imposta
dovuta
(differenza non superiore al
10%)
Omissione
del
Sanzione
modello
qualora il contribuente non
Art. 1, comma 2-bis 1
amministrativa
vi
D.Lgs 471/1997, art.
150% al 300% della
seguito di specifico invito
5,
maggiore
dell’ufficio
D.Lgs 471/1997, art.
dovuta. Possibilità per
32,
l'Ufficio di procedere
abbia
sull'esito
degli
provveduto
a
(incidente
dell'applicazione
studi
di
settore)
comma
4-ter,
comma
2-ter,
D.Lgs 446/1997
con
A seguito di richiesta degli
esibizione
trasmissione
di
atti
o
Art. 11, comma 1 D.L.
o
201/2011,
documenti falsi in tutto o in
imposta
accertamento
induttivo “puro”
(differenza superiore al 10%)
Uffici:
dal
art.
11
D.Lgs 471/1997
Reclusione fino a 3
anni,
sanzione
amministrativa da €.
258 a €. 2.065
parte
A seguito di richiesta degli
Reclusione fino a 3
Uffici: fornitura di dati e
notizie non rispondenti al
Art. 11, comma 1 D.L.
anni,
vero,
201/2011
amministrativa da €.
se
si
configurano
fattispecie penali, di cui al
sanzione
258 a €. 2.065
D.Lgs 74/2000
I controlli
speditivi della
Guardia di
Finanza
Ferma restando la possibilità di procedere ad attività ispettive nei confronti dei
soggetti rientranti nel campo di applicazione degli studi di settore, secondo le
ordinarie modalità previste per gli altri contribuenti, l’Amministrazione
Finanziaria pianifica annualmente una serie di interventi, realizzati con modalità
speditive, finalizzati a riscontrare presso la sede del contribuente dati, elementi,
circostanze o situazioni che rilevano ai fini del funzionamento dello studio di
settore ad esso applicabile.
Va subito precisato che, trattasi di accessi eseguiti nel pieno rispetto del
disposto dell’art. 12, comma 1 dello Statuto dei Diritti del Contribuente, in
quanto risultano motivati da effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo;
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tali sono infatti le esigenze di un riscontro diretto da parte del personale
ispettivo degli elementi previamente dichiarati dal contribuente ai fini del
calcolo del studio di settore che lo riguarda.
A conferma di tale assunto, la Circolare 1/2008 del Comando Generale della
Guardia di Finanza, precisa che: le “effettive esigenze” ricorrono in concreto
anche nei casi in cui l’intervento ispettivo imponga l’effettuazione di rilevamenti
materiali che possono eseguirsi solo presso il contribuente, come quello
finalizzato alla rilevazione dei dati strutturali posti a base degli studi di settore.
Sulla base di tali considerazioni e in ottemperanza alle direttive annuali
diramate dall’Autorità governativa, la Guardia di Finanza ha programmato in
passato, con cadenza annuale, una serie di interventi volti a riscontrare dati,
elementi, circostanze o situazioni che rilevano ai fini del funzionamento del
particolare strumento accertativo; è quanto avvenuto, ad esempio:
−
con il piano dei "controlli di veridicità", che ha a suo tempo riguardato i
soggetti incoerenti, ovvero che avevano indicato cause di esclusione o
inapplicabilità degli studi, oltre che i soggetti che, pur essendo congrui e
coerenti, avevano fatto registrare una sorta di appiattimento
dell'ammontare dei ricavi e dei compensi dichiarati, allo scopo, per
questi ultimi, di verificare che i dati contabili e strutturali forniti in
dichiarazione fossero rispondenti alla realtà;
−
con il piano coordinato degli “accessi conoscitivi” per la verifica degli
elementi posti a base dell’applicazione degli studi di settore, che ha a
suo tempo riguardato, tra gli altri, i soggetti che non avevano compilato,
in dichiarazione, il modello riguardante gli studi di settore e, nel
contempo, avevano indicato particolari motivi di esclusione, ritenuti
meritevoli di approfondimento, oppure non avevano segnalato alcun
motivo di esclusione o di inapplicabilità, pur avendo evidenziato un
codice di attività e un volume d’affari per il quale era prevista
l’applicabilità del relativo studio.
Da diversi anni, tuttavia, non vengono più assegnati alla Guardia di Finanza
obiettivi in termini di accessi finalizzati al riscontro dei dati strutturali richiesti ai
fini degli studi di settore; gli unici interventi legati in una certa misura a tale
strumento accertativo che, anche attualmente, vengono eseguiti dall’Organo di
Polizia Economica e Finanziaria sono quelli finalizzati alla “lotta al carovita” e
alla tutela del mercato concorrenziale: trattasi di accessi anche in tal caso
speditivi (principalmente eseguiti in concomitanza con i cc.dd. “controlli
strumentali7”) pianificati nell’ambito del sistema di rilevamento dei prezzi al
consumo istituito dall’art. 23 del D.L. 30 settembre 2003 nr. 269 (convertito nella
7
Finalizzati a verificare la regolare emissione delle previste certificazioni fiscali (scontrino o ricevuta).
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L. 24 novembre 2003, nr. 326), finalizzato anche alla revisione degli studi di
settore, di cui all’art. 62-bis D.L. n. 331/1993, in presenza di ingiustificate
dinamiche di aumento.
Giova evidenziare, comunque, che informazioni relative ad incongruenze di
qualche tipo, legate agli studi di settore, sono utilizzate dai singoli Reparti
territoriali, quali fonti di innesco nella programmazione annuale dell’attività di
verifica e controllo, nell’ambito dell’ordinaria attività di contrasto all’evasione
parziale, ancorché, in tali casi, venga di norma istruita un’azione ispettiva, anche
di carattere indiretto-presuntivo, fondata su altre metodologie, corrispondenti a
quelle generalmente adottate nei riguardi di tutte le imprese di minori
dimensioni e dei lavoratori autonomi.
CONTROLLI SPEDITIVI DELLA GDF
¾ L’Amministrazione Finanziaria pianifica annualmente una serie di
interventi, realizzati con modalità speditive, finalizzati a riscontrare
presso la sede del contribuente dati, elementi, circostanze o
situazioni che rilevano ai fini del funzionamento dello studio di
settore ad esso applicabile.
¾ Trattasi di accessi eseguiti nel pieno rispetto del disposto dell’art. 12,
comma 1 dello Statuto dei Diritti del Contribuente, in quanto
risultano motivati da effettive esigenze di indagine e controllo sul
luogo; tali sono infatti le esigenze di un riscontro diretto da parte del
personale ispettivo degli elementi previamente dichiarati dal
contribuente ai fini del calcolo del studio di settore che lo riguarda.
¾ Attualmente, la Guardia di Finanza, nell’ambito dei controlli
strumentali presso la sede del contribuente, può effettuare
rilevamenti finalizzati alla “lotta al carovita” e alla tutela del mercato
concorrenziale; i dati raccolti sono utilizzati per la revisione degli
studi di settore, in presenza di ingiustificate dinamiche di aumento.
Gli accessi
brevi
dell’Agenzia
delle Entrate
I controlli finalizzati alla rilevazione dei dati contabili ed extra-contabili ai fini
del loro confronto con quelli dichiarati dal contribuente, sono tuttora oggetto di
programmazione annuale ed esecuzione da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Trattasi di controlli organizzati nella forma dell’”accesso breve”, ossia un
intervento di tipo speditivo, anche della durata di un sol giorno, finalizzato a
fotografare la situazione del contribuente, in modo da poterla confrontare con
quella comunicata (o che comunicherà) con la compilazione dei prospetti
relativi agli studi di settore, in sede dichiarativa. Va infatti ricordato che, le
elaborazioni matematico-statistiche che stanno alla base degli studi di settore
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traggono origine proprio da una serie di dati contabili ed extracontabili che il
contribuente deve dichiarare: ne consegue che, se tali dati non sono corretti,
verrebbe alterato il livello di congruità e coerenza del singolo contribuente.
Va precisato che, possono essere sottoposti a tale tipologia di accessi non solo i
soggetti che risultano non congrui e/o incoerenti o che hanno omesso la
presentazione del modello “studi di settore” in allegato alla dichiarazione
annuale, dichiarando una causa di esclusione o inapplicabilità, ma anche
contribuenti che risultano congrui e coerenti.
Attesa, peraltro, la valenza determinante che i predetti dati rivestono ai fini
dell’esatta quantificazione dell’obbligazione tributaria, la Direzione Centrale
Accertamento dell’Agenzia delle Entrate (cfr. Direttiva prot. n. 87232 del 9
giugno 2003) prescrive per gli uffici periferici, nell’ambito dell’azione di
prevenzione e contrasto all’evasione, di assicurare “un forte presidio sul
territorio finalizzato all’esatta individuazione dei dati utilizzati dai contribuenti
ai fini dell’applicazione degli studi”.
Per tal motivo tale tipologia di accessi è di pertinenza ordinaria degli Uffici
territoriali dell’Agenzia delle Entrate i quali, in sede di accesso, riscontrano gli
elementi più significativi previsti dal singolo studio di settore, consistenti sia in
dati contabili (es: il valore dei beni strumentali), sia dati extra-contabili
concernenti la situazione aziendale del contribuente (es: numero di dipendenti,
attività realmente svolta, ampiezza dei locali commerciali).
Qualora, a seguito dell’accesso, dovesse emergere che tutti i dati (o in parte)
indicati nel modello degli studi di settore non sono veritieri, i verbali redatti per
gli accessi brevi sono trasmessi alla competente Direzione provinciale che
provvede al reinserimento dei dati corretti nella procedura Ge.Ri.Co., e quindi, in
caso di scostamenti, alla rettifica della dichiarazione presentata, mediante
successivo avviso di accertamento e l’irrogazione delle connesse sanzioni
amministrative tributarie; in mancanza di scostamenti le irregolarità saranno,
invece, punite come violazioni formali.
La circolare dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Accertamento n.
25/E del 31/07/2013, nell’ambito del rafforzamento della lotta all’evasione e
all’elusione fiscale previsto nell’Atto di indirizzo per il conseguimento degli
obiettivi di politica fiscale per gli anni 2013-2015 firmato in data 24 aprile 2013
dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, si sofferma in modo particolare sul
tema degli studi di settore; in tale contesto l’Agenzia, riconfermando le direttive
già impartite nelle circolari di indirizzo operativo delle precedenti annualità,
individua gli “accessi brevi”, quale strumento ispettivo principale destinato alla
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verifica dei dati dichiarati ai fini dell’applicazione degli studi di settore; viene
altresì confermata la loro esecuzione in forma integrata con il controllo sulla
regolare emissione di scontrini o ricevute fiscali (ovviamente per gli accessi
presso contribuenti tenuti a tali adempimenti), nonché sulla regolarità del
personale impiegato.
La circolare da ultimo citata afferma, infine, che tali accessi andranno a
sommarsi ai controlli effettuati dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’attività
ad essa specificamente demandata, di presidio del territorio.
GLI ACCESSI BREVI
¾ L’accesso breve”, è un intervento di tipo speditivo presso la sede del
contribuente, anche della durata di un sol giorno, finalizzato a
fotografare la situazione del contribuente stesso, in modo da poterla
confrontare con quella comunicata (o che comunicherà) con la
compilazione dei prospetti relativi agli studi di settore, in sede
dichiarativa.
¾ Gli accessi brevi sono di norma eseguiti dagli Uffici territoriali
dell’Agenzia delle Entrate, secondo carichi operativi assegnati
dall’Autorità politica.
¾ Qualora, a seguito dell’accesso, dovesse emergere che tutti i dati (o in
parte) indicati nel modello degli studi di settore non sono veritieri, i
verbali redatti per gli accessi brevi sono trasmessi competente
Direzione provinciale che provvede al reinserimento dei dati corretti
nella procedura Ge.Ri.Co., e all’emissione dell’avviso di accertamento,
in presenza di scostamenti, oltre alle sanzioni di legge.
Garanzie del
contribuente e
strumenti di
difesa
Il contribuente destinatario di un accesso breve finalizzato alla verificazione
diretta degli elementi base per la costruzione dello studio di settore, va
qualificato come “contribuente sottoposto a verifica fiscale”; in quanto tale, si
rendono applicabili tutte le disposizioni sancite dall’art. 12 dello Statuto dei
Diritti del Contribuente. In tale contesto, particolare rilevanza rivestono i diritti e
le garanzie previsti dai commi 2, 4 e 7 della citata disposizione, soluzioni che il
contribuente dovrebbe prontamente “attivare”.
Ai sensi del citato comma 2, il contribuente ha la facoltà di farsi assistere da un
professionista abilitato alla difesa in commissione tributaria: è opportuno che il
verificato utilizzi tale facoltà già all’atto dell’accesso degli ispettori del Fisco,
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avvisando
tempestivamente
il
proprio
consulente
di
fiducia,
nonché
richiedendone, ove possibile, l’intervento in loco e l’assistenza durante le
operazioni di rilevamento e verificazione diretta da parte degli ispettori stessi.
Ai sensi del successivo comma 4, sia il contribuente che il professionista che lo
assiste durante le predette operazioni, hanno diritto di verbalizzazione delle
proprie osservazioni e rilievi: è opportuno che tali osservazioni e rilievi, se utili
per corroborare i dati relativi agli studi di settore comunicati in sede dichiarativa,
siano tempestivamente presentati agli ispettori, richiedendone la specifica e
precisa verbalizzazione; si instaura, in tal modo, una forma di contraddittorio già
dalle prime fasi dell’ispezione, idonea, se efficacemente condotta, a prevenire
contestazioni e conseguenti contenziosi. Peraltro, il contraddittorio potrebbe
utilmente essere proseguito presso l’ufficio accertatore, qualora alcuni dei dati
non siano immediatamente disponibili e il contribuente si riservi di produrli in un
secondo momento (ovviamente, lo stesso contribuente avrà cura di richiedere
l’indicazione a verbale della riserva di esibizione dei documenti richiesti dal
personale ispettivo, o comunque utili per le proprie finalità difensive, non
immediatamente disponibili).
Sia nei casi in cui l’accertamento prenda il via da un accesso breve, sia in quelli
in cui consegua a procedure di controllo automatizzate, va evidenziata
l’opportunità di ottemperare sempre all’invito al contraddittorio formulato
dall’ufficio (che, come si è accennato, mira a conoscere le specifiche motivazioni
del contribuente a base delle proprie scelte); la Cassazione ha in diverse
occasioni confermato la legittimità dell’accertamento basato sugli studi di
settore, qualora il contribuente ometta di rispondere al questionario ex art. 32,
D.P.R. n. 600/73 e non ottemperi all’obbligo di esibizione dei documenti e delle
scritture contabili dell’impresa, ostacolando in tal modo l’attività di controllo da
parte dell’Ufficio (ex multis, cfr. Ordinanza Cassazione – Sez. VI Civ. 21.11.2013,
n. 26150).
Ovviamente, aderendo all’invito dell’ufficio, il contribuente (o il suo delegato)
dovrà prestare massima attenzione ai documenti esibiti e alle dichiarazione
fornite; si rammenta, infatti, che qualora emerga la falsità dei primi, incombe
l’obbligo per l’ufficio di inoltrare alla competente Procura della Repubblica
denuncia, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per il delitto di mendacio previsto e punito
dall’art. 11, comma 1 D.L. 201/2011; qualora emerga, di contro, la non veridicità
delle dichiarazioni rilasciate all’Organo ispettivo, l’obbligo di denuncia scatterà
solo se (e nel momento in cui) ne scaturisca taluna delle fattispecie delittuose
penal-tributarie disciplinate dal D.Lgs 74/2000. Resta ferma, in ogni caso,
l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 11, comma 1 D.Lgs
471/1997 (da €. 258 a €. 2.065). Alla luce di quanto rappresentato, in tale
contesto, potrebbe paradossalmente risultare meno rischioso per il contribuente
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un atteggiamento reticente, piuttosto che un atteggiamento formalmente
collaborativo, ma di fatto comportante la realizzazione di taluna delle cennate
fattispecie di mendacio.
Rileva, infine, il comma 7 dell’art. 12 dello Statuto, ai sensi del quale, dopo il
rilascio del verbale di chiusura dell’ispezione, il contribuente ha 60 giorni di
tempo per presentare osservazioni e richieste, che devono essere valutate
dall’ufficio impositore. Si sta sempre più consolidando l’orientamento
giurisprudenziale che riconosce la nullità dell’avviso di accertamento emesso
prima della scadenza del sessantesimo giorno (ancorché, prima di tale termine,
il contribuente si sia avvalso una o più volte della facoltà in argomento), fatti
salvi i casi di particolare e motivata urgenza; per cui, qualora si verifichi tale
circostanza (notifica dell’avviso di accertamento prima del decorso di 60 giorni
dal verbale di chiusura della verifica/controllo o, comunque, dall’ultimo verbale
redatto nei confronti del contribuente, ancorché non contenente alcuna formula
di chiusura della fase di controllo), il contribuente stesso avrà ottime ragioni per
impugnare l’accertamento c.d. “anticipato”, facendone rilevare la nullità prima
ancora di andare a discutere il merito.
In
un’ottica
prettamente
preventiva,
al
contribuente
(opportunamente
coadiuvato dal proprio consulente di fiducia) gioverà conservare una traccia
scritta di ogni scelta operata nell’individuazione dei dati comunicati sulla
piattaforma Ge.Ri.Co.: in sede ispettiva, accertativa ed, eventualmente,
contenziosa potrà avvalersi di tale bagaglio informativo per provare più
efficacemente le giustificazioni avanzate in taluna delle predette sedi.
Un valido argomento che potrà essere avanzato dal contribuente già in sede di
contraddittorio è l’applicazione dello studio di settore più evoluto (se esistente e
già approvato dal relativo decreto ministeriale), rispetto a quello utilizzato
dall’ufficio per determinare gli scostamenti contestati (ovviamente, qualora
dallo studio più evoluto scaturisca una situazione più favorevole al
contribuente).
Sempre in sede preventiva, va menzionata peraltro la possibilità offerta al
contribuente direttamente dalla norma (cfr. art. 10, comma 3-ter L. n. 146/1998,
aggiunto dall'art. 7-sexies, D.L. 30 settembre 2005, n. 203) di attestare le cause
che giustificano la non congruità dei ricavi o compensi dichiarati rispetto a
quelli derivanti dall'applicazione degli studi, nonché le cause che giustificano
un'incoerenza rispetto agli indici economici individuati dai predetti studi; trattasi
di un’attestazione che può essere richiesta ai soggetti abilitati alla trasmissione
telematica delle dichiarazioni, ai responsabili dei centri di assistenza fiscale,
nonché ai dipendenti e funzionari delle associazioni di categoria abilitati
all'assistenza tecnica in commissione tributaria.
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Qualora poi l’ufficio, a seguito dell’accesso breve, ritenga di procedere con
l’accertamento induttivo puro, sulla base di presunzioni semplici (es: percentuali
di ricarico), in quanto non è stato presentato il modello per la comunicazione
degli studi di settore, ovvero è stata indicata una causa di esclusione
insussistente, ovvero ancora in caso di infedele compilazione dei modelli
medesimi che importi una differenza superiore al quindici per cento, o
comunque ad euro cinquantamila, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli
studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati
indicati in dichiarazione, il contribuente medesimo dovrà affinare gli strumenti di
difesa innanzi al giudice tributario cercando, ad esempio, di convincere
quest’ultimo sulla maggiore attendibilità delle risultanze degli studi piuttosto
che degli elementi presuntivi utilizzati dall’ufficio; si ribadisce, infatti, che lo
studio di settore, in linea generale, è uno strumento dotato di notevole
attendibilità, in quanto risultanza di approfonditi calcoli statistici, comportanti il
confronto con le categorie economiche interessate, nonché specifiche
osservazioni sul territorio (elementi utilizzati, peraltro, anche per la revisione
periodica degli studi stessi, in modo da conservarne l’attualità).
Infine, qualora l’Ufficio insista nel procedere all’accertamento basato su
presunzioni semplici, il contribuente potrà innanzi al giudice, da un lato
invocare il confronto delle risultanze dell’Ufficio con quelle degli studi, dall’altro
richiedere la motivazione della differenza se rilevante; in ogni caso, dovrà
verificare se l’ufficio, nel predisporre l’accertamento induttivo, abbia tenuto
conto, a fronte dei “ricavi presunti”, anche dei “costi presunti”, al fine di ottenere
un abbattimento percentuale del maggior reddito accertato (come da
consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di
accertamento induttivo “puro”).
GARANZIE A DIFESA DEL CONTRIBUENTE
¾ Il contribuente ha la facoltà di farsi assistere da un professionista
abilitato alla difesa in commissione tributaria.
¾ Sia il contribuente che il professionista che lo assiste durante le
predette operazioni, hanno diritto di verbalizzazione delle proprie
osservazioni e rilievi.
¾ Dopo il rilascio del verbale di chiusura dell’ispezione, il contribuente
ha 60 giorni di tempo per presentare osservazioni e richieste, che
devono essere valutate dall’ufficio impositore.
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INDICAZIONI UTILI PER LA DIFESA DEL CONTRIBUENTE
¾ Richiedere l’intervento del proprio consulente di fiducia nel momento
in cui viene eseguito l’accesso breve.
¾ Richiedere e controllare la corretta verbalizzazione delle proprie
osservazioni, richieste, riserve.
¾ Sia nei casi in cui l’accertamento prenda il via da un accesso breve, sia
in quelli in cui consegua a procedure di controllo automatizzate, è
sempre opportuno ottemperare all’invito al contraddittorio formulato
dall’Ufficio.
¾ Controllare la genuinità dei documenti prima di esibirli o trasmetterli
agli uffici finanziari per il contraddittorio; prestare particolare
attenzione alle dichiarazioni rilasciate.
¾ In sede di compilazione del modello studi di settore, conservare
traccia scritta di ogni scelta operata nell’individuazione dei dati
comunicati sulla piattaforma Ge.Ri.Co.
¾ Richiedere ai soggetti abilitati, se del caso, l’attestazione delle cause
che giustificano la non congruità dei ricavi o compensi dichiarati
rispetto a quelli derivanti dall'applicazione degli studi.
¾ Impugnare l’accertamento per violazione dell’art. 12, comma 7 L.
212/2000, qualora notificato prima del termine di 60 giorni dalla
chiusura del controllo.
¾ In caso di accertamento induttivo puro fondato su presunzioni
semplici, richiedere l’applicazione dell’accertamento basato sugli
studi di settore, in quanto più attendibile.
¾ In caso di accertamento induttivo puro, basato sui ricavi presunti,
attenzione all’indicazione anche dei costi presunti.
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