XXVI° Convegno peschicolo Cesena. Il convegno, organizzato dalle Camere di commercio di Forlì‐Cesena e di Ravenna e da Cesena Fiera. L’incontro dal titolo 'Nuovi scenari della peschicoltura: integrazione e complementarietà fra nord e sud', era diviso nella sessione 'Tecniche innovative per la gestione integrata e la qualità del prodotto', coordinata da Silviero Sansavini del Dipartimento Colture arboree (Dca) dell'Università di Bologna, e la seconda su 'Economia – Mercato – Organizzazione – Associazionismo', coordinata da Carlo Pirazzoli del Dipartimento di Economia e ingegneria agrarie (Deiagra) dell'Università di Bologna. La partecipazione è stata rilevante, con ricercatori, docenti ed esperti provenienti da tutta Italia, mentre sono arrivate imprese anche dall’estero (Grecia, Croazia, Slovenia), oltre che da Veneto, Liguria e Puglia, con un’ovvia prevalenza dalla regione Emilia Romagna. Per Domenico Scarpellini, presidente di Cesena Fiera il convegno è stato un momento importante di incontro e di confronto, soprattutto dopo una estate assai preoccupante. Nel corso della prima giornata è stato fatto il punto sulle 5 sezioni in cui viene suddivisa la produzione (miglioramento genetico e nuove varietà; efficienza degli impianti e forme di allevamento tese ad esaltare la qualità; gestione del suolo, della concimazione e dell’irrigazione; post raccolta; definizione e mantenimento della qualità). Si è spaziato dal successo delle pesche piatte in Spagna (quest’anno raddoppieranno i volumi) al Progetto Mas.Pes. per miglioramento genetico del pesco in Emilia Romagna, da citare in quanto cofinanziato dalla Regione e da quattro organizzazioni di produttori (Apofruit, Apo‐Conerpo, Orogel e Terre Emerse). Una relazione ha riguardato le forme di coltivazione e l’efficacia dei portainnesti. Nella seconda giornata si sono affrontati problemi quali la comparazione economica fra i principali sistemi produttivi europei all’interno delle considerazioni sulla competitività e il mercato e non sono mancati riferimenti all’Ocm (Organizzazione del mercato comunitario). Per Carlo Pirazzoli, l’avvio della ripresa economica, "che tutti ci auguriamo avvenga in tempi rapidi, gioverà sicuramente al sistema, determinando un innalzamento dei consumi e dunque un rialzo delle quotazioni lungo la filiera. Contestualmente a ciò vanno trovate valide soluzioni in grado di riequilibrare i rapporti tra gli attori della filiera, oggi troppo sfavorevoli nei confronti dei frutticoltori". Infine, "la ricerca del genoma – ha spiegato Silviero Sansavini ‐ frutto del lavoro di ricercatori italiani e statunitensi è un fatto straordinario perché conoscere la sequenza consentirà di intervenire per migliorare produttività e resistenza a malattie, colore e qualità organolettiche". Più collaborazione tra i Paesi produttori per prevenire i surplus produttivi; crescita della quota di produzione organizzata nazionale (oggi in Italia le Op coprono solo il 30% del comparto); accordi con la grande distribuzione. Sono queste, secondo l’assessore regionale all’Agricoltura Tiberio Rabboni, le tre questioni su cui è necessario impegnarsi per affrontare la crisi del comparto delle pesche. In Italia gran parte delle difficoltà sono legate al fatto che è troppo bassa la quota di produttori organizzati. "Bisogna aumentare la produzione organizzata almeno del 20%. E’ necessaria una cabina di regia". Rabboni ha chiesto alla Gdo un tavolo di trattativa con le organizzazioni di produttori per arrivare a un accordo generale sulle caratteristiche qualitative del prodotto e sui prezzi minimi da garantire alle aziende agricole per coprire almeno i costi. Un esempio può essere l’Accordo promosso dalla Regione la scorsa estate. "Anche se i risultati sono stati modesti – ha spiegato Rabboni– l’accordo dimostra che è possibile arrivare a un’intesa che garantisca un prezzo minimo ai produttori e che fissi un prezzo massimo per i consumatori. • Nuovi e differenti caratteri del frutto nel programma di miglioramento genetico del pesco presso il Centro di ricerca per la frutticoltura di Roma (Cra‐Fru) Presso il Cra‐Fru (Centro di ricerca per la frutticoltura di Roma) sono state costituite varietà di pesche e nettarine di forma piatta, pesche di sapore subacido e aromatico e pesche con polpa molto soda e buccia depigmentata. Si tratta di varietà con tipologie di frutto nuove e differenti, caratterizzate da sapori peculiari oltre che dalle elevate qualità organolettiche e gustative, sostenute anche da buone caratteristiche produttive. Attualmente si sta inoltre lavorando per l’ottenimento di selezioni con polpa sanguigna ad elevata presenza di antociani La serie Ufo, 9 pesche a forma piatta (Prunus persica var. platicarpa), 5 a polpa bianca e 4 a polpa gialla, copre un notevole arco di maturazione del pesco che va esattamente da 43 giorni prima a 74 giorni dopo Redhaven. Tale serie è caratterizzata oltre che dall’insolito aspetto del frutto schiacciato ai poli, da caratteristiche organolettiche gustative quale sapore, dolcezza e aromi, particolarmente apprezzati. Sono prive degli ancestrali difetti di questa tipologia di pesco (spaccature della buccia e della polpa, distacco di buccia con o senza polpa all’atto della raccolta, scarsa produttività, ecc). Attualmente sono in ultima fase di studio 11 selezioni avanzate di pesche piatte (Ufo α), tutte a polpa bianca, che sono da considerarsi complementari alla precedente serie Ufo: in tal modo l’intero periodo di maturazione delle pesche piatte a polpa bianca o a polpa gialla è coperto. La prima matura 6 giorni prima della Ufo 1 mentre le altre maturano a intervalli regolari di una settimana fino a 44 giorni dopo Redhaven. Le Platinet rappresentano le uniche varietà di nettarine a forma piatta costituite in Italia; esse hanno un elevato contenuto zuccherino e le qualità gustative e organolettiche sono eccellenti. La consistenza della polpa è molto elevata e quindi la resistenza alle manipolazioni è ottima. Platinet 1 (‐22) a polpa bianca e Platinet 2 (‐18) a polpa gialla precedono Platinet 3 e Platinet 4 che maturano rispettivamente 11 e 26 giorni dopo Redhaven. Le Ghiaccio rappresentano un nuovo tipo di frutto, caratterizzato da una totale depigmentazione sia della polpa sia della buccia, da un contenuto zuccherino molto elevato (17‐22 °Brix), da ottime caratteristiche organolettiche e da una polpa molto consistente. Le tre Ghiaccio, coltivandole insieme e gestendo opportunamente la raccolta, possono dare una produzione continua per un arco di tempo di 50‐60 giorni; i frutti, inoltre, possono essere conservati in frigorifero per un periodo notevolmente più lungo rispetto alle varietà standard, senza che perdano consistenza della polpa o vi siano alterazioni del colore della buccia e della polpa o variazioni del contenuto di zuccheri e del sapore. Data la loro rusticità e, in genere maggiore resistenza alle crittogame, sembrano particolarmente idonee alla coltivazione biologica. Le quattro varietà subacide Kalos maturano in un intervallo che va da 26 giorni prima di Redhaven a 7 giorni dopo; esse si inseriscono in epoche, dove non vi sono cultivar molto valide in commercio. Il frutto delle Kalos è molto bello con una colorazione della buccia rosso vivo sul 100% della superficie, grossa e omogenea pezzatura, forma rotonda e simmetrica. L’habitus vegetativo dell’albero è standard e presenta una elevata e costante efficienza produttiva. L’interesse del breeding del Centro, anche se abbastanza di recente, si è rivolto allo sviluppo di cultivar di pesco e nettarine a polpa rosso violacea (sanguigna) ricca di antociani. Nel materiale in avanzata fase di valutazione, la pigmentazione rossa all’interno della polpa è legata a bassi valori di acidità, sapori e aromi particolarmente gradevoli, con polpa soda fondente e succosa. • Orientamenti nelle scelte varietali del gruppo di lavoro Cra ‐ Mipaaf. Nuove opportunità territoriali Il progetto MIPAAF ‐ Regioni, Liste di orientamento varietale in frutticoltura, ha lo scopo di fornire ai frutticoltori informazioni e dati oggettivi sul comportamento delle principali cultivar di pesco, nettarine e percoche, attraverso la loro valutazione in numerosi campi sperimentali situati nelle principali aree produttive italiane. Nel corso dei 16 anni di attività sono state complessivamente valutate oltre 400 cultivar, contribuendo in maniera significativa all’orientamento di tecnici e peschicoltori nel sempre più complicato compito della scelta varietale. A fronte, infatti, di un numero crescente di cultivar introdotte annualmente in commercio, anche oltre 100/anno, vanno tenuti in considerazione altri due aspetti che contribuiscono a rendere difficili le scelte. La coltivazione si va espandendo nelle aree meridionali, con una diversa distribuzione territoriale a seguito della contemporanea contrazione produttiva nelle aree centro‐settentrionali. Le anomalie delle condizioni climatiche con inverni miti, estati più lunghe, incrementi delle temperature medie (2°C negli ultimi 40 anni), diminuzione e distribuzione più irregolare della piovosità, sono solo alcuni degli aspetti che si riflettono in maniera inequivocabile sull’adattabilità dei genotipi all’ambiente di coltivazione. E', quindi, sempre più difficoltoso fornire delle indicazioni chiare e precise sul comportamento varietale, ma il Progetto, forte di un solido e collaudato protocollo sperimentale, continua nel puntuale aggiornamento delle varietà giudicate positivamente, nell’areale di coltivazione di riferimento. Le liste varietali 2009 Sono circa un centinaio le cultivar, che la sperimentazione ha valutato positivamente sul territorio italiano, che ha nelle pesche a polpa gialla il gruppo numericamente più consistente, atto a coprire un calendario molto esteso, dalla prima metà del mese di maggio a fine settembre. Di poco inferiore è il gruppo delle nettarine gialle, con un calendario di circa 4 mesi, leggermente più ridotto rispetto a quello del pesco, ma che presenta maggiori cambiamenti e più dinamicità. Ridotta è la presenza delle polpe bianche sia di pesco che di nettarine, con ampi periodi del calendario produttivo scoperti. Il gruppo delle percoche è concentrato, ormai, da anni sulle stesse cultivar, che nel periodo precoce si rivolgono essenzialmente al mercato del fresco, esclusiva delle regioni del Sud, mentre migliore è la situazione nell'epoca di maturazione intermedia e tardiva con valide cultivar atte a soddisfare le esigenze della trasformazione industriale. Dal confronto delle valutazioni nei campi sperimentali del Nord e del Sud emergono evidenti differenze. Complessivamente sono 96 le cultivar in lista per gli ambienti del Sud e solo 58 quelle in lista al Nord. Certamente in questa diversa accettabilità influisce la valutazione commerciale (il Nord produce di più per l’esportazione, per cui le varietà devono essere dotate di una migliore shelf‐life), così sono solo 15 le cultivar a polpa bianca (pesche e nettarine) presenti nelle liste del Nord, contro le 26 del Sud, o 4 le cultivar di percoche per la sola per la trasformazione industriale al Nord contro le 12 del Sud (destinate anche al consumo fresco interno). Ma le maggiori differenze si riscontrano soprattutto nei periodi di maturazione più estremi del calendario produttivo. Se è vero che nei periodi a maturazione intermedia le cultivar nsigliate sono le stesse per gli ambienti del Nord e del Sud (16 al Nord 18 al Sud fra pesche e nettarine gialle) decisamente inferiore è il numero delle pesche e nettarine precoci e tardive presenti nella lista del Nord rispetto a quella del Sud. Sono soprattutto le cultivar tardive e molto tardive che trovano al Sud le migliori condizioni atte ad esaltarne le caratteristiche qualitative. Nuove opportunità Numerose le nuove accessioni provenienti da recenti e mirati programmi di miglioramento genetico che vanno ad arricchire la gamma varietale in particolare delle nettarine (39 cultivar in fase iniziale di valutazione) e pesche (24 cultivar). Tra queste si segnalano quelle a basso fabbisogno di freddo invernale, quindi potenzialmente adatte agli ambienti meridionali, in grado di anticipare il calendario di raccolta fino ad un mese, grazie alla coltura forzata, necessaria anche per l’epoca precocissima di fioritura. Molte le novità, specialmente di nettarine, in valutazione con frutti dolci molto zuccherini e bassa acidità a favore di un più equilibrato e aromatico sapore (gusto miele, serie honey), nuove tipologie particolarmente apprezzate dai consumatori. Diverse di queste nuove accessioni, alcune frutto del miglioramento genetico italiano, presentano anche altre innovative caratteristiche del frutto come la estesa sovraccolorazione, la forma molto regolare e simmetrica, la polpa croccante, a lenta maturazione. Altre presentano tipologie con frutti deantocianici, polpa stony hard con elevata tenuta di maturazione e frutti piatti di tutte le tipologie pomologiche. Anche le liste non ufficiali, formulate da singole organizzazioni ed associazioni di produttori riflettono in gran parte questi contenuti: l’ampliamento del calendario di maturazione, la diversificazione delle tipologie di frutto, l’introduzione di peculiari caratteri di salubrità e di qualità organolettica sono caratteri sempre più ricercati nelle nuove introduzioni, che permetteranno di offrire al consumatore un prodotto in grado di soddisfarlo pienamente. • Il miglioramento genetico del pesco, nuove tipologie ed extra‐stagionalità di pesche e nettarine Rispetto alla fine del secolo appena trascorso, sono notevolmente diminuiti i finanziamenti pubblici per i programmi di miglioramento genetico (Mg) dei fruttiferi, pesco compreso. A causa di tali ristrettezze, gli enti pubblici sono stati costretti a ridurre drasticamente i progetti, ovvero ad avviare forme di collaborazione con enti privati, come le associazioni di produttori (Op) e consorzi vivaistici. Indipendentemente dalla natura privata o pubblica dei programmi di Mg, questi sono sottoposti ad una duplice sfida. La prima è la competizione internazionale con i numerosi programmi in corso nei principali paesi frutticoli (Usa, Francia, Spagna), che mettono continuamente a disposizione nuove cultivar. La seconda è la disponibilità di materiale genetico di base che consenta di ottenere reali 'novità' varietali, che non siano semplici 'copie', con minime varianti, di cultivar già diffuse. Questo solleva il problema del reperimento e della conservazione delle risorse genetiche, a monte dei programmi di incrocio. A questo fine, particolarmente ampie sono le collezioni presenti presso diversi enti pubblici (e qualche ente privato) che conservano germoplasma di origine italiana o straniera. Inoltre, i contatti internazionali assicurati dagli enti di ricerca consentono il reperimento di materiale genetico da ogni parte del mondo. Molto più critico è invece l’aspetto della conservazione di tali risorse, notoriamente molto costoso trattandosi, e non potrebbe essere altrimenti, di collezioni di alberi. E tale costo grava ovviamente sulle già scarse risorse disponibili per il Mg. I filoni su cui i programmi di Mg pubblico possono distinguersi da quelli sostenuti da finanziamenti privati sono essenzialmente due: la resistenza alle avversità e lo sviluppo di peculiarità del frutto di possibile interesse commerciale. Riguardo a questo secondo filone, vengono illustrati alcuni obiettivi. Tessitura della polpa fondente ad intenerimento rallentato (tipo nettarina ‘Big Top’ e pesche serie ‘Rich’ e ‘Royal’) Lo straordinario successo commerciale della nettarina Big Top è da ricercare nelle caratteristiche del frutto molto innovative: estesa e precoce sovraccolorazione della buccia, polpa croccante a maturazione molto lenta e sapore sub‐acido, carattere che lo rende consumabile anche quando la maturazione fisiologica non è ancora completata. Il carattere più interessante dal punto di vista sia agronomico, sia della shelf‐life riguarda l’intenerimento lento (corretta descrizione di quello che viene definito comunemente ‘polpa molto soda’). Tale carattere non è però esclusivo di questa nettarina, e possiamo osservarlo anche in pesche di introduzione più (serie Royal) o meno (serie Rich) recente, senza parlare delle vecchie Merril Gem, a cui forse si deve l’introduzione di questo carattere nelle cultivar più recenti. Sicuramente, l’associazione col carattere sub‐acido è ciò ha consentito lo straordinario successo di Big Top. L’intenerimento della polpa al termine della maturazione, colloca comunque Big Top nell’ambito della tipologia fondente. E' stata accertata la probabile natura monogenica di tale maturazione lenta, che si presenta come dominante in popolazioni ottenute da incroci controllati. La difficoltà di accertare con sicurezza tale fenotipo sull’albero ricorrendo alle sole valutazioni sensoriali rende necessaria la disponibilità di parametri oggettivi. Indagini sull’individuazione di possibili marcatori del Dna a livello del gene della endo‐poligalatturonasi hanno portato a risultati interessanti, anche se non ancora applicabili sul piano pratico. Tessitura della polpa stony hard La polpa stony hard, diffusa in molte pesche di origine orientale, presenta caratteri di grande interesse: mancato intenerimento, anche a sovramaturazione, elevatissima tenuta (fino a tre settimane in pianta), con conseguente lunghissima shelf‐life; polpa croccante (a differenza della consistenza gommosa assunta dalle percoche, caratterizzate da polpa duracina, cioè non fondente), mancata emissione di etilene, unico caso noto tra i diversi fenotipi di tessitura di polpa nel pesco. Sebbene non ancora diffusa commercialmente, una prima linea varietale (ottenuta dalla autoimpollinazione della coreana Yumyeong) è stata diffusa dal Cra di Roma col nome di Ghiaccio, a motivo dell’aspetto del frutto (a polpa bianca, con assenza di antociani). Tale linea è caratterizzata anche da un elevatissimo residuo secco (oltre il 18‐20%) a sovramaturazione. I limiti dello stony hard possono essere rinvenuti o nella troppo scarsa acidità (i fenotipi noti sono tutti sub‐acidi), che conferisce un sapore a volte stucchevole, o nello scarso aroma di pesca. Nonostante si sappia già molto sulle caratteristiche genetiche di tale carattere (mendeliano, recessivo al fondente, se pur epistatico rispetto ad esso), ancora poco si conosce di possibili interazioni col fenotipo duracino o con quello ad acidità normale. Ottenimento di cultivar con frutti ‘mangiatutto’ a maturazione precocissima La produzione di frutti a maturazione extra‐precoce trova sempre maggiori spazi di mercato e nell'ambito delle drupacee si collocano le specie più suscettibili per lo sviluppo di tali produzioni. In passato sono state ottenute due cultivar a maturazione precocissima (fine maggio in Romagna), caratterizzate da una molto limitata lignificazione del nocciolo (Borgia e Lucrezia). Tali frutti possono pertanto essere consumati interi, salvo due limitazioni (presenza di amigdalina nel seme, parziale lignificazione del nocciolo). Queste limitazioni possono essere facilmente eliminate utilizzando negli incroci genotipi che non presentano amigdalina all'interno del seme (carattere controllata da uno solo gene recessivo) ed anticipando di qualche giorno la maturazione. I frutti delle due cultivar citate si presentano infatti di consistenza appena cartilaginea quando i frutti sono raccolti a maturazione commerciale, divenendo parzialmente lignificati solo a maturazione fisiologica completa. Partendo da Borgia e Lucrezia è stato introdotto il carattere ‘seme a sapore neutro’ (presente allo stato omozigote in alcune nettarine, come Fantasia, Claudia, Early Sungrand, ecc.). Attraverso cicli di incrocio e reincrocio si è riusciti ad ottenere selezioni molto precoci (sia di pesche, sia di nettarine) a seme ‘neutro’. Il principale limite nell’ottenimento di selezioni ‘mangiatutto’ è ora rappresentato dalla difficoltà di applicare l’embriocoltura agli embrioni (di limitatissimo sviluppo) di tali selezioni precoci, al fine di ottenere la necessaria segregazione per l’epoca di maturazione extra‐precoce. Resistenze alle avversità Sono obiettivi che richiedono diverse generazioni d’incrocio per essere raggiunti, specialmente se si vogliono combinare in un unico genotipo più resistenze e per questo sono principalmente le Istituzioni pubbliche a perseguirli. Gli studi sul carattere della resistenza a monilia (Monilinia spp.), hanno permesso di individuare diversi genotipi tolleranti, con ampia variabilità delle caratteristiche merceologiche. Il Diprove dell’Università di Milano utilizza la pesca Contende perché unisce alle buone qualità del frutto una discreta tolleranza al patogeno, trasmessa anche alle progenie. Il Cra‐Frf (Unità di ricerca per la frutticoltura di Forlì) ha di recente individuato un’accessione con una resistenza, sia di campo che alle inoculazioni artificiali, decisamente superiore a tutto il materiale sinora valutato, ma con caratteristiche estetiche decisamente da migliorare. Per la resistenza ad oidio viene utilizzata la percoca di origine messicana Oro A, caratterizzata da scarsissima sensibilità e che, incrociata con cultivar commerciali sia di pesco che di nettarine, ha fornito progenie con una buona tolleranza al patogeno, anche se in misura variabile. Un obiettivo entrato di recente nei programmi di miglioramento genetico del pesco interessa la resistenza a sharka, dove si utilizzano come fonti di resistenza (non rinvenuta in pesco) alcuni ibridi di pesco con P. davidiana e con P. dulcis. • Il progetto 'Drupomics' per il sequenziamento internazionale del genoma del pesco Il pesco [Prunus persica (L.) Batsch] è tra le specie frutticole più importanti per il nostro paese ed è considerata una specie modello per la famiglia delle Rosacee in quanto presenta diversi vantaggi dal punto di vista genetico e riproduttivo. E’, infatti, una specie diploide con un genoma molto contenuto. Al contrario di altre specie frutticole ha un periodo improduttivo molto limitato (2‐3 anni). E’ una specie autogama e sono disponibili diverse linee diaploidi omozigoti a tutti i loci. Negli ultimi anni sono stati svilppati in pesco diversi strumenti genomici (mappe genetiche e fisiche, collezioni di Est) che consentono indagini molecolari molto approfondite. L’avvento dell’era del seqenziamento ha aperto nuove frontiere per la genomica delle piante. Diversi organismi sono stati già sequenziati (Arabidopsis, Riso, Pioppo, Vite papaya) e molti altri sono in via di sequenziamento. In questo contesto il MIPAAF ha finanziato un progetto nazionale Drupomics allo scopo di affiancare l’iniziativa internazionale, coordinata da istituzioni di ricerca degli Stati Uniti d’America, per il sequenziamento del genoma della specie. Il progetto italiano è coordinato dal Cra ‐ Centro di ricerca per la frutticoltura di Roma e viene sviluppato con la collaborazione di 14 istituzioni di ricerca. Operativamente il progetto si articola in 4 linee di ricerca: ‐ Nella Linea di ricerca 1 (Sequenziamento del Genoma), come contributo al sequenziamento internazionale, è prodotta in Italia una sequenza con copertura 2X mediante metodologia WGS. In totale il consorzio internazionale ha prodotto una sequenza WGS con una copertura 8X. Il progetto italiano contribuirà anche all’assemblaggio ed all’annotazione del genoma della specie. Il genotipo individuato per il sequenziamento è un doppio aploide della cultivar Lovell. La scelta di un diaploide è motivata dal fatto che un individuo omozigote a tutti i loci rende più semplice la fase di assemblaggio della sequenza. ‐ Nella Linea di Ricerca 2 (Mappe genetico‐molecolari di associazione: arricchimento e allineamento alla mappa di sequenza. Risequenziamenti), che si svolge in parallelo con la Fase 1, si completano mappe molecolari di associazione. Le sequenze assemblate verranno ancorate alle mappe genetico‐molecolari usando ponti SNPs o SSR al fine di ricondurle alla loro collocazione cromosomica. Il genoma è coperto con marcatori (principalmente SNP), con una densità di un marcatore ogni 0,5 cM. Questa fase include l’individuazione di SNP da EST e la loro localizzazione sulle mappe genetico‐molecolari. Il risequenziamento dei parentali delle popolazioni segreganti (TxE, PxF, CxA) o dei loro ibridi F1 permetterà l’isolamento di ulteriori SNP che saranno localizzati sulle mappe molecolari. I parentali delle progenie di mappa verranno risequenziati con tecnologia Illumina con una copertura 20X. I marcatori individuati mediante risequenziamento dei parentali di mappa consentono l’allineamento diretto tra le mappe genetiche e la sequenza. Inoltre, allo scopo di analizzare la variabilità esistente nel germoplasma della specie ed individuare SNP utili un panel di accessioni di pesco, individuati per la loro ampia variabilità genetica, fenotipica e geografica, verrà risequenziato con tecnologia Illumina con una copertura di 3X. ‐ Nella Linea di Ricerca 3 (Gestione informatica dei dati ed analisi strutturale del genoma) si realizzano gli strumenti bioinformatici per la gestione informatica di tutto il progetto. In particolare si sviluppano ed adottano algoritmi per l’analisi della sequenza genomica, e si sviluppa tutta l’attività bioinformatica necessaria a consolidare le mappe integrate genetico‐ molecolari e di sequenza. ‐ La Linea di Ricerca 4 (Qualità della Drupa: Approcci genomici e post‐genomici) abbraccia aspetti legati alla qualità del frutto di pesco quali intenerimento della polpa, vie metaboliche degli zuccheri, acidi organici, carotenoidi e ABA e loro interazioni. A questo scopo verranno utilizzati approcci genomici, trascrittomici, proteomici e metabolomici. • Progetto Mas.Pes per il miglioramento genetico del pesco Criteri di selezione Nell’ambito delle attività di miglioramento genetico del pesco coordinate dal Crpv e co‐finanziate dalla Regione Emila‐Romagna, da quattro Organizzazioni dei produttori (Apofruit, Apo‐Conerpo, Orogel e Terremerse) e dalle Fondazioni Bancarie della Romagna, gli obiettivi specifici vengono concordati con i rappresentanti delle Oo.Pp., al fine di selezionare gamme di cultivar di alto pregio qualitativo da proporre alla distribuzione con continuità d’offerta. Obiettivi specifici per pesche e nettarine (ideotipi nuove cultivar) A cura di: D. Bassi, DPV, Università degli Studi di Milano; S. Foschi, Alimos: M. Rizzo, L. Castellari Astra Protocollo operativo per l’ottenimento di materiale virus‐esente La conservazione e gestione del materiale genetico esente dai principali patogeni, è attualmente uno dei problemi organizzativi più complessi per i costitutori. In particolare per le drupacee, la diffusione epidemica del virus Sharka (PPV), così come di altri agenti virali e virus‐simili impone controlli molto accurati in ogni fase di selezione. E’ stato perciò messo a punto un protocollo che prevede indexaggi, analisi di laboratorio e monitoraggi dal momento dell’introduzione delle accessioni utilizzate per gli incroci fino alla costituzione delle nuove varietà. In collaborazione con il Servizio fitosanitario regionale dell’Emilia Romagna, è stato predisposto un apposito protocollo che definisce le metodologie di controllo e analisi nelle varie fasi dis elezione: ‐ accessioni introdotte: vengono sottoposte ad indexaggio (GF 305) ed Elisa; il materiale sano viene innestato in vivaio su portinnesti virus‐esenti; ‐ semenzali selezionati: osservazioni visive in campo: esecuzione di saggi con GF 305 ed Elisa: a) saggi Elisa o biologici positivi: ‐ patogeni da quarantena: si procede alla distruzione o isolamento e risanamento; ‐ virus trasmissibili per polline: le accessioni vengono mantenute in vaso, in tunnel con rete anti afidi, per poi procedere al risanamento; b) saggi Elisa e biologici negativi: ‐ il semenzale viene innestato su portinnesti VE; ‐ gli astoni sono collocati nei campi di selezione di 2° e 3°livello e oggetto di ispezioni ufficiali. ‐ due piante vengono conservate in screen house. ‐ selezioni pre‐commerciale vengono inviate ai Centri riconosciuti per la costituzione delle fonti primarie (DM del 24 luglio 2003 e DM del 20novembre 2006) per avviare la produzione di materiali certificati. Le nuove cultivar vengono inserite nel canale delle certificazione genetico‐sanitaria come materiale virus‐esente. • Concettina: una nuova varietà di nettarina platicarpa selezionata nelle Marche Recentemente sono state introdotte diverse varietà di pesco a frutto piatto in Italia suscitando da parte del consumatore un notevole interesse principalmente per le buone caratteristiche qualitative, (sapore subacido, profumo e aroma) e per la facilità di consumo. Le poche varietà presenti nel panorama varietale italiano al momento sono la serie Ufo (pesche), la cultivar Sweet Cap® Maillarflat* e la vecchia cultivar Stark® Saturn e varie accessioni di germoplasma locale (tabacchiere). Per quanto riguarda le nettarine, le uniche novità conosciute riguardano la nuova serie Platinet di prossima diffusione (Cra Roma) ed alcune varietà ottenute e commercializzate da vivaisti privati. Concettina a differenza di tutte le altre nuove varietà ottenute da incrocio anche con pesche e nettarine non platicarpe, deriva da una mutazione stabile di Stark Saturn e ne presenta le stesse caratteristiche per quanto riguarda il colore della polpa (a pasta bianca), il sapore subacido molto gradevole, ottime caratteristiche qualitative, organolettiche e di rusticità. Origine: Deriva da mutazione gemmaria stabile della cultivar Stark Saturn scoperta nel 1997 presso l’Az. Concetti Bruno e Sergio di Montefiore dell’Aso (Ap). La porzione mutata è stata propagata per innesto nel 1999 su GF677 e valutata in campo collezione presso l’Az. Did. Sperimentale P. Rosati di Agugliano (An) dell’Università Politecnica delle Marche e presso campi di III livello nella stessa azienda di origine. Domanda di privativa comunitaria, accettata nel 2007 (Application date: 19/12/2007; File number: 20072925), in corso di presentazione. Albero: vigoroso, rustico, resistente alle principali malattie, habitus di fruttificazione standard. Fioritura: intermedia (2‐3 gg dopo Redhaven), di elevata entità, non soggetta a ritorni di freddo. Epoca di maturazione: intermedia, una settimana dopo Stark Saturn (+4 Redhaven; 19 luglio media triennio 2006‐2008), uniforme e abbondante. Frutto: di dimensioni medio‐elevate, (peso medio 100‐110 g; circonferenza 210 mm) di sovracolore rosso brillante esteso sul 90‐100% della superficie di consistenza elevata e resistente alle manipolazioni. Polpa bianca di tessitura fine. Sapore ottimo, subacido, (solidi solubili: 14,2 °Brix; Acidità: 52,5 meq/l). Valutazione agronomica: Pianta di buona vigoria, rustica. Frutto che raramente presenta spaccature nella zona apicale anche con ridotto carico della pianta e poco soggetto a danni nella zona peduncolare durante la raccolta (tipica di alcune cv platicarpe). La produzione in piante al 7° anno di fruttificazione allevate a palmetta in combinazione con GF677 è molto elevata. Giudizio complessivo: Cultivar platicarpa nettarina bianca interessante per aspetto attraente del frutto, epoca di maturazione, caratteristiche organolettiche e rusticità della pianta. • La sharka delle drupacee: aggiornamento legislativo per il controllo e la prevenzione Sulla G.U. n. 235 del 9 ottobre 2009 è stato pubblicato il Decreto del MIPAAF 28 luglio 2009, concernente la “Lotta obbligatoria per il controllo del virus Plum pox virus (PPV), agente della «Vaiolatura delle drupacee» (Sharka)”. Tre sono le considerazioni che ispirano il nuovo decreto: 1. in alcune aree del territorio nazionale il virus è da ritenersi insediato e non più eradicabile; 2. per assicurare che il materiale vivaistico non sia contaminato dal virus è necessario prevedere condizioni più rigorose di quelle precedentemente in vigore; 3. al fine di prevenire la diffusione della malattia è necessario incentivare l’uso di materiale con le massime garanzie dal punto di vista fitosanitario, cioè quello certificato. Le principali novità introdotte sono: 1. le definizioni, per chiarire di cosa si sta parlando; 2. il fatto che i monitoraggi vengano eseguiti conformemente agli standard tecnici definiti dal Servizio fitosanitario centrale, non più quindi secondo i criteri stabiliti da ciascun Servizio fitosanitario regionale; 3. che sulla base dei risultati dei monitoraggi i Servizi fitosanitari regionali debbano definire lo stato fitosanitario del territorio, delimitando le “aree contaminate” (il campo o il vivaio in cui è stata accertata la presenza del virus, il cosidetto “focolaio”), le “zone tampone” (zona di almeno 1 km di larghezza, di separazione fra una zona indenne e un’area contaminata o fra una zona indenne e una zona di insediamento) ed eventualmente le “zone di insediamento” (il territorio dove il virus è in grado di perpetuarsi nel tempo e la sua diffusione è tale da renderne tecnicamente impossibile l’eradicazione); 4. l’istituzione delle zone di insediamento nelle regioni in cui la malattia è largamente diffusa consentirà ai Servizi fitosanitari regionali di concentrare i propri sforzi nelle “zone tampone” e nelle “zone indenni”, in modo da contenerne l’ulteriore diffusione e solvaguardare l’attività vivaistica, nell’interesse dei produttori agricoli; 5. nelle aree contaminate ogni pianta ospite con sintomi sospetti del virus PPV deve essere estirpata senza necessità di ulteriori analisi, le piante per le quali é stata prescritta l’estirpazione devono essere capitozzate o disseccate, in modo tale da impedire l’emissione di polloni, entro 15 giorni dalla data di notifica della prescrizione ufficiale ed estirpate per intero entro l’inizio della stagione vegetativa successiva; 6. i Servizi fitosanitari regionali debbono disporre l’estirpazione dell’intero campo quando la percentuale di piante sintomatiche è uguale o superiore al 10%, tale misura può essere applicata anche in presenza di percentuali inferiori; 7. viene vietato il prelievo di materiale di moltiplicazione dalle piante di drupacee suscettibili presenti nelle aree contaminate, nelle zone di insediamento e nelle zone tampone, tranne che tale attività sia svolta in serra con un sistema di protezione antiafidi «screen‐house» e in assenza di piante di drupacee nel raggio di 100 metri. Tale distanza può essere ridotta fino a 20 metri quando l’assenza di PPV nell’area sia stata confermata da uno specifico controllo definito dal Servizio fitosanitario ed effettuato con oneri a carico del produttore su tutte le piante di drupacee suscettibili poste nel raggio di 100 metri; 8. nelle zone tampone e nelle zone di insediamento è vietato l’esercizio dell’attività vivaistica per la produzione di piante e materiale di moltiplicazione di specie suscettibili al virus PPV, fatto salvo che tale attività non venga svolta in «screen‐house», alle stesse condizioni previste per il prelievo del materiale di moltiplicazione; 9. i nuovi campi di produzione vivaistica, di norma collocati nelle zone indenni, devono essere distanti almeno 300 metri da frutteti di piante di drupacee suscettibili; tale distanza può essere ridotta fino a 20 metri a condizione che l’assenza di PPV nell’area sia confermata da uno specifico controllo definito dal Servizio fitosanitario ed effettuato con oneri a carico del produttore su tutte le piante di drupacee suscettibili poste nel raggio di 300 metri; 10. in caso di produzione di varietà locali, il Servizio fitosanitario regionale può autorizzare, sotto controllo ufficiale, l’autoproduzione, l’attività vivaistica e l’allevamento di piante madri, all’interno di zone di insediamento e di zone tampone; 11. per la produzione di piante di drupacee in vivaio deve essere impiegato materiale certificato ai sensi del decreto ministeriale 20 novembre 2006 o portainnesti ottenuti da seme. E’ tuttavia consentito utilizzare innesti non certificati a condizione che le piante madri da cui si preleva il materiale si trovino in aree indenni, siano dichiarate al Servizio fitosanitario regionale, siano singolarmente contrassegnate e controllate con ispezioni visive ed analisi di laboratorio a cura e spese del vivaista e che il vivaista invii al Servizio fitosanitario regionale competente, prima del prelievo, i risultati delle analisi di laboratorio, nonché la quantità di materiale di moltiplicazione che intende prelevare da ciascuna pianta madre contrassegnata; 12. i costitutori di nuove varietà di drupacee, prima di cedere a terzi a qualunque titolo il materiale di moltiplicazione selezionato, devono controllare le piante madri, in applicazione degli standard tecnici emanati dal Servizio fitosanitario centrale e devono inviare ai Servizi fitosanitari competenti i risultati delle analisi di laboratorio previste; 13. qualora nei campi di piante madri si riscontri la presenza di PPV, oltre alla istituzione dell’area contaminata, si dovrà procedere alla distruzione delle piante presenti in vivaio ottenute con materiale prelevato dalle piante risultate infette; 14. i vivaisti e gli agricoltori che utilizzano materiale di moltiplicazione proveniente da altri Paesi, devono darne comunicazione al Servizio fitosanitario regionale competente; 15. l’autoproduzione effettuata dagli agricoltori è consentita esclusivamente utilizzando materiale di moltiplicazione certificato, fatta salva la deroga concessa per la produzione di varietà locali; 16. qualora in un vivaio si riscontri la presenza di PPV le piante appartenenti al lotto risultato infetto devono essere distrutte. Per il restante materiale di propagazione presente nel vivaio é sospesa l’autorizzazione all’uso del passaporto delle piante CE fino alla dichiarazione ufficiale di eradicazione dell’area contaminata. Tuttavia i Servizi fitosanitari regionali possono autorizzare lo spostamento o la commercializzazione delle restanti piante presenti in vivaio verso zone di insediamento del virus PPV, a condizione che le analisi su campioni asintomatici, ufficialmente prelevati dal Servizio fitosanitario regionale abbiano dato esito negativo; 17. nel caso in cui un vivaio, precedentemente costituito, venga a trovarsi all’interno di una zona tampone, per tutte le piante e tutti i materiali di moltiplicazione di drupacee presenti nel vivaio è sospesa l’autorizzazione all’uso del passaporto delle piante CE fino all’eradicazione dell’area contaminata. Tuttavia anche in questo caso i Servizi fitosanitari regionali possono autorizzare lo spostamento o la commercializzazione delle piante verso le zone di insediamento del virus PPV o verso zone per cui i servizi fitosanitari del territorio di destinazione e di confine interessati, abbiano dato parere favorevole, a condizione che nel vivaio di produzione e nel raggio di 300 metri dallo stesso non vi siano piante infette e che le analisi su campioni asintomatici, ufficialmente prelevati dal Servizio fitosanitario regionale, abbiano dato esito negativo, oppure che la coltivazione delle drupacee sia stata effettuata in serra con un sistema di protezione antiafidi «screen‐house»; 18. al di fuori delle zone di insediamento è fatto obbligo a chiunque di segnalare ogni caso sospetto di PPV. L’obbligo vale anche per le ditte che commercializzano, le industrie di trasformazione e gli incaricati delle attività di certificazione qualitativa sui prodotti ortofrutticoli, nonché per i laboratori pubblici e privati, ivi compresi quelli di ricerca, che accertino la presenza di PPV; 19. il materiale vivaistico in produzione al momento dell’entrata in vigore del decreto, potrà essere commercializzato entro due anni, cioè fino al 10 ottobre 2011, nel rispetto delle disposizioni preesistenti e previa autorizzazione del Servizio fitosanitario regionale; 20. Le regioni, al fine di prevenire gravi danni per l’economia di una zona agricola, possono stabilire misure di sostegno alle aziende frutticole e vivaistiche alle quali é stata prescritta dal Servizio fitosanitario l’estirpazione o la distruzione obbligatoria a causa della presenza di PPV. • Gestione dell'irrigazione e della nutrizione: migliorare l'efficienza dell'uso delle risorse e ripristinare la fertilità chimica e microbiologica dei terreni La fertilità del suolo dipende in gran parte dal contenuto di sostanza organica, per cui alla luce del suo livello tendenzialmente basso (1‐2%), è fondamentale definire, fin dalla messa a dimora del pescheto, un adeguato piano di ammendamento utilizzando ad es. letame, ammendante compostato misto, prodotti vegetali freschi, questi ultimi però caratterizzati da un basso rapporto C/N e scarsa capacità di formare humus (Giovannini et al., 2001). Nella formulazione del corretto piano di concimazione azotata bisogna considerare la fertilità del terreno, lo stato nutrizionale dell’albero, la cinetica di assorbimento da parte della coltura e le asportazioni (100‐150 kg N/ha). Quest’ultime andrebbero attentamente valutate al netto di eventuali dosi di N “riciclate” (es. foglie, materiale potatura trinciato) o apportate con l’acqua di irrigazione (circa una decina di kg/ha, Montanaro et al., 2009). In primavera l’albero utilizza le proprie riserve azotate fino a caduta petali; l’eccessiva disponibilità di N in questa fase determina la schiusura di gemme latenti e l’eccessivo sviluppo di germogli (Lobit et al., 2001). Dalla fase di caduta petali e fino all’indurimento del nocciolo, il pesco assorbe dal terreno circa il 25% del suo fabbisogno di N (in massima parte ripartito verso i giovani frutti e gli apici vegetativi in rapida crescita), che diventa 50% dall’indurimento del nocciolo fino all’arresto dell’allungamento dei germogli (necessario per l’accrescimento dei frutti e lo sviluppo vegetativo). Il restante 25% di N viene assorbito prima del riposo vegetativo per ripristinare le riserve azotate degli organi legnosi. Le dosi di fertilizzante devono essere stabilite sulla base dell’N nitrico presente nel terreno (Tagliavini et al., 1995) che, nelle diverse fasi fenologiche del ciclo vegeto‐produttivo del pescheto, non dovrebbe essere inferiore a 10 ppm. Nel caso si ricorra alla fertirrigazione, tali dosi possono essere ridotte di circa il 30% considerata l’alta efficienza distributiva di tale tecnica. L’inizio della ripresa vegetativa è una fase critica per la nutrizione azotata in quanto essendo il processo di mineralizzazione rallentato dalle temperature del suolo relativamente basse, l’N nitrico è disponibile a basse dosi. Inoltre, l’azoto potrebbe essere assorbito dal cotico erboso che in marzo‐ aprile solitamente è in fase vegetativa più avanzata rispetto alla coltura arborea. Nel caso la dotazione di K del suolo sia ritenuta normale, si consiglia di apportare la quota di K asportata annualmente dai frutti. Se invece la concentrazione di K è inferiore alle 100‐130 ppm, allora sarà necessario integrare la dose con una quota base (20‐40 kg/ha) al fine di ripristinare la fertilità del suolo. In presenza di una disponibilità di K elevata (>200 ppm) la fertilizzazione può essere sospesa per alcuni anni, al fine di evitare spiacevoli fenomeni di competizione con Ca e del Mg. In questo caso è preferibile il ricorso alla concimazione fogliare con formulati a base di K, tecnica adatta anche nei casi di suoli ricchi della frazione argillosa, responsabile del sequestro del K. L’adozione di portinnesti tolleranti al calcare attivo (ibridi pesco x mandorlo) rappresenta la strategia più efficace e duratura per prevenire i sintomi di clorosi ferrica, tradizionalmente controllata con l’applicazione al suolo (es. Fe‐EDDHA o Fe‐EDDHMA) o alla chioma (Fe‐EDTA, Fe‐ DTPA) di chelati di ferro sintetici (10‐15 g di formulato per albero). La farina di sangue, utilizzata soprattutto in frutticoltura biologica come fonte di N prontamente mineralizzabile, può essere utilizzata anche nella cura della clorosi ferrica, poiché presenta mediamente una concentrazione di Fe di 20‐30 g kg‐1 ss sotto forma di Fe2+ chelato al gruppo eme della molecola di emoglobina. L’iniezione al suolo di vivianite sintetica, un fosfato ferroso analogo alla vivianite naturale, ottenuto mescolando 150 kg di solfato ferroso eptaidrato (97% di purezza) e 50 kg di fosfato mono‐ammonico o biammonico (90% di purezza) in 1000 litri d’acqua (Rosado et al., 2002), consente di prevenire efficacemente l’insorgenza della clorosi ferrica del pesco (Rombolà et al., 2003). Così come l’inerbimento del frutteto con specie graminacee (Poa spp., Lolium spp. e Festuca spp.), in grado di rilasciare nel suolo fitosiderofori, sostanze chelanti naturali che aumentano la disponibilità di ferro anche a vantaggio delle piante arboree (Cesco et al., 2006; Ma et al., 2003). Prove di lungo termine (9 anni), condotte nel ravennate, hanno dimostrato come sia possibile la gestione della nutrizione del pesco attraverso l’utilizzo in copertura di sostanza organica derivata da letame maturo, ma soprattutto da ammendante compostato misto alla dose di 10 t/ha di ss. Tale strategia ha permesso di mantenere livelli produttivi simili o superiori alla concimazione suggerita dai Disciplinari di Produzione Integrata della Regione Emilia‐Romagna, di aumentare la sostanza organica, la concentrazione di N, P e K e la biomassa microbica del terreno senza il temuto rischio di lisciviazione dei nitrati e di aumento dei metalli pesanti. Nella moderna peschicoltura i metodi irrigui devono essere necessariamente a microportata, e progettati per distribuire anche i concimi mediante la fertirrigazione. Le esigenze idriche di un frutteto dipendono prevalentemente dal clima (temperatura ed umidità relativa dell’aria, vento, radiazione, piovosità) che incide sulla traspirazione delle foglie e sull’evaporazione dal suolo della specie. Tali effetti sono “inglobati” nel parametro Kc (coefficiente colturale) impiegato proprio per il calcolo del fabbisogno irriguo. Il Kc deve essere quindi accurato e tener conto anche di caratteristiche tipiche della cultivar (es. epoca di maturazione) al fine di un eventuale applicazione dello stress idrico controllato (Dichio et al., 2007). In un'ottica di gestione sostenibile di un pescheto, è necessario porre in atto delle strategie con l’obiettivo di aumentare la quantità di acqua immagazzinata nel volume di suolo interessato dall’apparato radicale, e oprattutto durante il periodo delle piogge. Tale obiettivo si può raggiungere attraverso il miglioramento della fertilità del suolo e della sua struttura. Aumentando l’acqua immagazzinata nel suolo si ottiene il duplice vantaggio: 1) di dilavamento dei sali accumulati nel suolo durante la stagione irrigua 2) di riduzione degli apporti irrigui. Durante la stagione irrigua, per la determinazione dei turni e dei volumi di adacquamento, deve essere considerata l’acqua immagazzinabile nel volume di suolo interessato dall’irrigazione ed esplorato dalle radici che dipende dalle caratteristiche idrologiche del suolo stesso (Montanaro et al., 2009). L’acqua “facilmente” utilizzabile dalle piante, contenuta nel volume di suolo interessato dall’irrigazione (metodo a goccia), può oscillare da 40 a 180 m3 ha‐1. Tali informazioni sono indispensabili sia per la progettazione dell'impianto irriguo (disposizione, portata e numero degli erogatori, ecc.) sia per la corretta gestione della fertirrigazione (Xiloyannis et al., 2005). Nei pescheti in fase di allevamento, è necessario considerare che nei primi due‐tre anni dall’impianto gli apparati radicali sono ancora in fase di sviluppo ed esplorano un volume di suolo ridotto. Ne consegue che il volume di suolo soggetto all’irrigazione è inferiore rispetto a quello di un impianto in piena produzione. È consigliabile, quindi, una disposizione “dinamica” dei gocciolatori, aumentando il loro numero e la distanza da tronco durante i primi anni dall’impianto (Xiloyannis et al., 2005). Infine la scelta dell’architettura della chioma e della sua corretta gestione (in particolare le potature verdi) incidono in maniera rilevante sull’efficienza dell’uso dell’acqua da parte della pianta. • L'impiego della spettroscopia vis/NIR semplificata per determinare lo stadio di maturazione e migliorare la gestione del post‐raccolta I consumatori si stanno disaffezionando al prodotto “pesca” poiché i frutti che acquistano nei punti vendita della grande distribuzione spesso non rispondono alle loro aspettative essendo caratterizzati da una maturazione a volte molto eterogenea. Il consumatore non è quindi in grado di valutare né il momento migliore per consumarli né per quanto tempo questi frutti manterranno inalterate le loro caratteristiche. I motivi di una tale situazione sono probabilmente causati in buona misura da una errata epoca di raccolta. Peraltro, sebbene sia noto che il livello di maturazione raggiunto dai frutti alla raccolta ne condiziona la qualità al consumo ed anche la durata della shelf‐life, i frutti vengono raccolti precocemente per possedere una elevata durezza della polpa onde limitare i danni che le operazioni di selezione possono determinare. La selezione eseguita sui frutti raccolti riguarda soprattutto il colore, la pezzatura e la presenza di difetti e quindi non è in grado di raggruppare i frutti in relazione in classi omogenee di maturazione. La determinazione delle caratteristiche organolettiche inoltre è limitata al contenuto in solidi solubili, alla durezza della polpa ed al tenore in acidità eseguita forzatamente su campione e ricorre a metodi distruttivi dei frutti esaminati. L’introduzione nel mercato di strumentazioni che non sono invasive potrebbe contribuire a risolvere il problema consentendo di raggruppare i frutti in classi di maturazione omogenea. Recentemente, il Dipartimento di Colture arboree dell’Università di Bologna ha brevettato e messo a punto il DA‐Meter, uno strumento portatile, di costo contenuto che praticamente non richiede complesse operazioni di calibrazione. Il DA‐Meter misura un indice (Ida = differenza di assorbanza), che è in grado di monitorare le modificazioni fisiologiche che intervengono durante la maturazione del frutto di pesco. Il DA‐Meter potrebbe trovare un utile impiego “in pieno campo” sui frutti ancora in pianta per determinare il momento opportuno di raccolta, “in magazzino” per stabilire la migliore strategia di conservazione e di gestione dei frutti, “presso i punti vendita della distribuzione” per prevedere la durata della shelf‐life e per offrire ai consumatori partite di frutti caratterizzati da una maturazione omogenea. Si è quindi ritenuto interessante valutare i vantaggi offerti dall’impiego del DA‐Meter lungo la filiera produttiva coinvolgendo la cooperativa Granfrutta Zani per stabilire in campo presso i loro impianti il momento più opportuno per effettuare la raccolta e per suddividere in magazzino i frutti in relazione al loro grado di maturazione. Infine presso la grande distribuzione (Coop‐Italia) è stato valutato il gradimento dei consumatori verso i frutti così suddivisi. • Sistemi esperti per la gestione dell'acqua in regime di risparmio idrico In Italia l’agricoltura preleva oltre il 60% dell’ammontare dell’acqua complessivamente attinta dai fiumi e dalle falde, e quindi entra spesso in competizione per l’uso della risorsa con gli altri settori idroesigenti. Attualmente si stima che oltre 300.000 ettari di frutteto e quasi 185.000 ettari di vigneto siano irrigati, con un impiego d’acqua irrigua valutabile attorno a 1,25 ‐1,50 miliardi di metri cubi all’anno. L’irrigazione dei frutteti è ormai diventata una tecnica imprescindibile per l’ottenimento di buoni risultati quanti‐qualitativi e per la sostenibilità economica delle aziende frutticole, ma il notevolissimo volume d’acqua impiegato in irrigazione determina l’esigenza di impiegare la risorsa idrica in modo molto attento, oculato ed efficiente. Un’attenta gestione delle irrigazioni, basata su una buona simulazione del bilancio idrico della coltura, è la forma più “potente” di risparmio idrico, occorre cioè conoscere in ogni momento del ciclo biologico del frutteto e tenendo conto del clima, del terreno e del sistema irriguo: quando irrigare e con quale esatto volume irriguo. L’attività di ricerca e sperimentazione che il Consorzio Cer ha condotto negli ultimi quaranta anni ha avuto proprio questi obbiettivi, e con i risultati raccolti sono stati messi a punto due sistemi esperti, Irrinet e Tecnirri, capaci di aiutare gli agricoltori nelle decisioni irrigue. Con l’uso dei due sistemi si rende l’irrigazione una pratica efficace economica ed impiegata con razionalità e senza sprechi. Il sistema Irrinet è stato messo a punto dal Cer ed è oggi fruibile gratuitamente su Internet da tutti gli agricoltori regionali. Irrinet elabora il “consiglio irriguo” sulle principali colture della regione utilizzando i dati meteorologici del Servizio meteorologico regionale, i dati dei terreni del Servizio geologico dei suoli ed i parametri colturali messi a punto con l’attività sperimentale del Cer. Sulla base dei dati richiesti all’agricoltore viene calcolato in maniera precisa il bilancio idrico della coltura che indica la data dell’irrigazione ed il volume irriguo da somministrare alla coltura. Il modello di bilancio idrico computa tutte le uscite e le entrate d’acqua nel sistema colturale ed effettua numerose operazioni per arrivare alla stima dei consumi delle colture: • Calcola quanta acqua piovana si infiltra effettivamente nel terreno • Simula la crescita dell’apparato radicale e l’andamento della fenologia delle colture • Stima l’eventuale stato di stress idrico della coltura • Stima l’apporto di falda ipodermica • Calcola il flusso dell’acqua attraverso 3 strati di suolo • Calcola l’esatto volume d’acqua presente nello strato di terreno occupato dalle radici delle Colture nel giorno in cui viene effettuata l’interrogazione. In questo modo è sempre nota la quantità d’acqua a disposizione delle colture e viene consigliato il giusto volume di irrigazione ed il giorno in cui distribuirlo. Accedere al servizio è semplice; entrando nel servizio per la prima volta si accede ad un Sistema geografico che permette di individuare la posizione dell’azienda agricola ed attribuire i corretti dati meteorologici, di falda e di tipologia di terreno. Per semplificare l’accesso a Irrinet, alcuni consorzi hanno anche attivato Irri‐Sms, che consente di inviare l’informazione su quando e quanto irrigare ogni coltura aziendale sul telefonino cellulare dell’agricoltore che, in tal caso, può fare a meno del computer. Elaborazioni molto attendibili hanno quindi accertato che l’uso delle indicazioni di Irrinet consentono di risparmiare circa il 20% dell’acqua sulle colture senza deprimere le rese; il sistema è impiegato su circa il 23% della superficie irrigua regionale determinando un risparmio stimato in 40‐50 milioni di metri cubi d’acqua l’anno. Per conseguire risultati ancor più incisivi il Consorzio per il Canale emiliano romagnolo ha oggi messo in rete il Sistema Irrinet‐Plus che stima se il costo dell’irrigazione che si sta per effettuare sarà ripagato, o meno, dall’incremento produttivo dato dall’acqua. Per fornire informazioni sul sistema microirriguo ottimale il Cer ha anche predisposto il sistema Tecnirri. Si tratta di un supporto di assistenza tecnica di impiantistica irrigua che si compone di diversi programmi utili per selezionare i migliori materiali microirrigui, decidere il numero e la posizione degli erogatori, calcolare il corretto dimensionamento delle condotte, scegliere e dimensionare la stazione di filtrazione dell’acqua per evitare ostruzioni agli impianti irrigui a goccia. Il risparmio idrico determinato dal sistema Tecnirri deriva quindi dalla possibilità di dimensionare ed ottimizzare l’impianto irriguo in ogni sua componente, condizione senza la quale qualsiasi tentativo di risparmio idrico in frutticoltura viene vanificato.