Caso clinico Titolo articolo anche lungo [ Come s i fa ] Le infezioni nosocomiali AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 2 | aprile-giugno 2014 74 Per il controllo della diffusione delle infezioni late onset in TIN è strategico il ruolo degli operatori sanitari. Dante Ferrara1 Domenico Cipolla2 Giovanni Moceri1 Giovanni Corsello1 1 Dipartimento Materno-Infantile Università degli Studi di Palermo 2 Unità Operativa Complessa Pediatrica Ospedale S. Cimino, Termini Imerese Vedi e an.c. h . pag. 82 Report clinico N.F., nato a 35 settimane di gestazione da taglio cesareo, con diagnosi prenatale di idrocefalo congenito. Adattamento neonatale nei limiti per l’età gestazionale, indici di flogosi negativi. Dopo stabilizzazione, in terza giornata di vita viene sottoposto ad intervento chirurgico di derivazione ventricolare. Durante il decorso post-operatorio in TIN sono stati utilizzati ampicillina-sulbactam e gentamicina. Due settimane dopo l’intervento è stato isolato da tampone rettale Escherichia Coli ESBL+, cioè produttore di Beta-Lattamasi ad ampio spettro, un microrganismo gram negativo che è stato tipizzato genotipicamente (appartenente al clone ST131), resistente a numerosi antibiotici che, in caso di viraggio da colonizzazione ad infezione, può diventare fatale. Questo neonato è diventato il caso-indice di un outbreak di colonizzazione che ha coinvolto 12 neonati, di cui nessuno ha mostrato segni di sepsi, nell’arco temporale di 20 giorni. Sono state implementate tutte le misure di prevenzione da contatto, si è operata una sanificazione ambientale straordinaria, sono stati temporaneamente bloccati il ricovero di altri neonati e il contatto fisico dei neonati con i genitori. Con la dimissione dell’ultimo neonato colonizzato il genotipo E. Coli è scomparso e non è stato più individuato dal sistema di sorveglianza attivo presso la TIN. Come si fa Le infezioni nosocomiali Epidemiologia L’ incidenza delle infezioni nosocomiali nei Paesi sviluppati è compresa tra l’1 e il 4 per 1000 nati vivi, contro i 6,5–38 per 1000 dei Paesi in via di sviluppo; in Europa vi è una incidenza variabile compresa tra il 7 e il 19%, contro il 14% degli USA2. In Italia, secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità3, le infezioni si manifestano nel 5–8% dei pazienti ricoverati; in età pediatrica il rischio è più elevato, a causa dell’alto tasso di infezioni acquisite in comunità tra i bambini ospedalizzati soprattutto durante le epidemie stagionali, dello stretto contatto fisico tra il personale sanitario ed i bambini, della frequenza in ospedale di ludoteche o spazi comuni che offrono numerose opportunità per la trasmissione degli agenti infettivi. Nelle Terapie Intensive Neonatali (TIN) la frequenza di infezioni nosocomiali è del 7–24,5%4, circa il 40% in neonati di peso inferiore a 1.000 grammi e di età gestazionale inferiore alle 28 settimane5, contro lo 0,3–3% dei neonati a termine sani, e sono rappresentate per il 50% dei casi da sepsi, 25% da infezioni respiratorie, 15% da infezioni delle vie urinarie. L e prime circolari ministeriali emanate in tema di infezioni nosocomiali risalgono al 1985 (“Lotta contro le infezioni ospedaliere”, con l’istituzione in ogni presidio ospedaliero di una commissione tecnica responsabile della lotta alle infezioni) e al 1988 (“Lotta contro le infezioni ospedaliere: la sorveglianza”). Nel 1998 furono istituiti i Comitati di Controllo delle Infezioni Ospedaliere: sistemi di sorveglianza e di controllo, ma anche di denuncia delle infezioni che insorgono in ospedale. Per “sorveglianza” s’intende un’attività di raccolta, analisi ed interpretazione dei dati continuativa ed orientata all’intervento, per l’attuazione della quale possono essere utilizzate varie metodologie con diversi gradi di efficienza. Da un’indagine condotta nel 2004 risultava che nel 50% degli ospedali tali Comitati non erano stati ancora istituiti. Strategie e funzioni dei comitati ospedalieri: verifiche ambientali e sorveglianza nei reparti ad alto rischio; strategie di sterilizzazione e disinfezione; controllo sulle modalità d’uso e consumo degli antibiotici; sorveglianza delle resistenze; valutazione dei presidi medici, delle procedure invasive e della qualità dell’assistenza erogata; redazione di linee guida condivise per le procedure assistenziali; formazione culturale, tecnica ed epidemiologica del personale sanitario. · · · · · · · 75 L e infezioni rappresentano un rilevante problema di salute pubblica, nonostante i progressi scientifici, assistenziali e tecnologici raggiunti negli ultimi anni. Il miglioramento del management ostetrico-neonatologico ha permesso la sopravvivenza di neonati estremi pretermine, con aumento dell’incidenza di problematiche correlate a causa dell’immaturità del sistema immunitario, unitamente alle strategie assistenziali intensive. Si definiscono “nosocomiali” le infezioni contratte in ambiente ospedaliero, non evidenti né in incubazione al momento del ricovero, che sono correlate alla degenza manifestandosi durante o subito dopo. Nel periodo neonatale le infezioni nosocomiali sono definite “late onset”, ad insorgenza dopo le prime 72 ore di vita1, distinte da quelle “early onset” legate ad infezioni a trasmissione materno-fetale. Comitati di lotta alle infezioni ospedaliere Eziopatogenesi I neonati ricoverati in TIN costituiscono una popolazione eterogenea estremamente vulnerabile, in particolare i pretermine e quelli con basso peso alla nascita: bassi livelli anticorpali trasmessi dalla madre, ridotta capacità funzionale di molti componenti del sistema immunitario, deficit nutrizionali, immaturità della barriera cutanea ed intestinale, colonizzazione di cute e mucose da parte di microrganismi endemici, contaminazione di strumentazioni mediche come gli stetoscopi, manipolazioni frequenti da parte degli operatori sanitari AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 2 | aprile-giugno 2014 Premesse AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 2 | aprile-giugno 2014 76 Come si fa Le infezioni nosocomiali e sovraffollamento delle strutture6. Altri fattori di rischio che entrano in gioco sono rappresentati dalla gravità della patologia di base, dalla durata del ricovero, dai trattamenti con antibiotici ad ampio spettro, con inibitori della secrezione acida gastrica, con steroidi sistemici, e anche dalle procedure diagnostico-terapeutiche invasive come nel caso di intubazione endotracheale, ventilazione meccanica, cateteri venosi centrali (CVC), nutrizione parenterale totale (NPT) ed utilizzo di lipidi endovena. In particolare gli inibitori della secrezione gastrica, aumentando il pH gastrico, contribuiscono a promuovere una crescita eccessiva di batteri e funghi patogeni, con aumento del rischio di infezioni respiratorie e gastrointestinali, e di sepsi late onset; anche gli steroidi possono contribuire alla diffusione di funghi a livello intestinale dei neonati e per questo motivo il loro uso deve essere limitato. Le infezioni rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità nei neonati pretermine a causa di trattamenti protratti, costosi e potenzialmente tossici, crescita ponderale stentata, prolungamento della degenza, interruzione del bonding genitoriale, difficoltà nel mantenimento dell’allattamento al seno materno. Negli ultimi anni si è assistito a una graduale inversione nella prevalenza dei microrganismi responsabili di infezioni nosocomiali: mentre agli inizi degli anni ’90 erano soprattutto i cocchi gram positivi, oggi sono i gram negativi ad essere isolati con maggiore frequenza. Questo fenomeno è dovuto alla modificazione dell’ecologia microbica a causa di un uso poco razionale degli antibiotici. Oltre il 60% delle infezioni late onset in TIN sono causate da batteri gram positivi (Staphylococcus Aureus, Enterococcus, Stafilococchi Coagulasi Negativi), con sviluppo di sepsi nel 50% dei casi: bradicardia, apnee con necessità di supporto respiratorio, difficoltà all’alimentazione, distensione addominale, letargia, ipotonia, iperglicemia, acidosi metabolica. La comparsa di shock e l’improvviso peggioramento delle condizioni cliniche sono spesso associati a gram negativi (Escherichia Coli, Enterobacter, Pseudomonas, Klebsiella, Serratia); le sepsi da funghi sono invece più frequenti in neonati estremi pretermine e di basso peso7. L’eccessivo utilizzo di antibiotici, in particolare di cefalosporine di terza generazione, ha determinato un aumento dell’incidenza di infezioni e modifiche dell’ecologia microbica: microrganismi resistenti ai β-lattamici e ai carbapenemi8, e comparsa di germi “emergenti”, quali Staphylococcus Aureus Meticillino-Resistente, Enterococchi resistenti alla Vancomicina, gram negativi multiresistenti. Il tratto gastrointestinale può rimanere colonizzato da questi batteri per periodi prolungati senza evidenza clinica di malattia e fungere da serbatoio per altri pazienti o per gli operatori sanitari che non eseguono una corretta igiene delle mani, oppure diffondere attraverso materiali o oggetti contaminati9. Oltre alle mani del personale sanitario, che rappresentano generalmente sorgente e via di trasmissione più frequenti, anche l’aria, l’acqua, gli alimenti, le soluzioni per infusione, gli oggetti di uso comune, le incubatrici e le superfici presenti nelle TIN giocano un ruolo determinante nella diffusione di microrganismi potenzialmente patogeni per i neonati. La sorveglianza integrata epidemiologica e microbiologica si realizza attraverso una attenta analisi dei dati al fine di consentire anche una visione globale quantitativa e qualitativa dei casi di infezione, e con l’isolamento laboratoristico dell’agente causale, cercando di stabilire se microrganismi appartenenti alla stessa specie isolati in tempi differenti abbiano una origine comune (identità clonale), al fine di rilevare infezioni crociate nell’ambito di situazioni endemo-epidemiche, e di identificare sorgenti e serbatoi di infezione. L’interesse della ricerca clinica si è rivolto allo studio di nuove strategie di prevenzione delle infezioni nosocomiali: l’igiene delle mani, la gestione dei Tabella 1 – Fattori di rischio Intrinseci Estrinseci Prematurità e basso peso alla nascita Colonizzazione da microrganismi endemici e contaminazione di strumentazioni Deficit nutrizionali e immunitari Immaturità barriera cutanea e intestinale Patologia di base Manipolazioni frequenti degli operatori sanitari e durata della degenza Sovraffollamento dei reparti Procedure diagnostico-terapeutiche invasive Terapie antibiotiche, steroidee, con inibitori della secrezione gastrica Come si fa Le infezioni nosocomiali L’interesse della ricerca clinica si è rivolto allo studio di nuove strategie di prevenzione delle infezioni nosocomiali: l’igiene delle mani, la gestione dei CVC e la diagnosi tempestiva di infezione. G li organismi responsabili di infezioni nosocomiali sono spesso trasmessi attraverso le mani del personale sanitario. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) raccomandano il lavaggio delle mani con acqua e sapone e l’utilizzo di detergenti a base alcolica prima e dopo qualsiasi contatto con i neonati, in situazioni di emergenza o come coadiuvante in caso di un precedentemente lavaggio delle mani ma potenzialmente ricontaminate11. L’utilizzo di dispositivi di protezione individuale come i guanti monouso non riduce in modo significativo la trasmissione di agenti patogeni; è inoltre necessario togliere anelli, orologi, braccialetti, tenere le unghie corte e pulite. Una corretta igiene delle mani rappresenta la più importante misura per prevenire le infezioni, la contaminazione dell’ambiente ospedaliero con germi potenzialmente patogeni, e la trasmissione crociata di microrganismi fra i pazienti12. L’incremento dell’adesione alle pratiche di igiene delle mani si associa alla riduzione della frequenza del 20–30% di infezioni nosocomiali e della diffusione di microrganismi antibiotico-resistenti13. Raccomandazioni di base sul lavaggio delle mani Quando: prima e dopo ogni contatto con il neonato; prima di manipolare un dispositivo invasivo per l’assistenza; prima di preparare e somministrare farmaci o latte; in caso di passaggio nel corso dell’assistenza da un sito corporeo contaminato ad uno pulito; dopo il contatto con fluidi e secrezioni corporee, · · · · · · · · · · · · · · Latte materno L e proprietà antinfettive del latte materno fresco sono ormai consolidate, superiori sia al latte formulato ed anche al latte da donatore di banca, soprattutto grazie all’alto contenuto di alcune sostanze bioattive (lisozima, lattoferrina, oligosaccaridi, fibronectina, immunoglobuline, citochine, ecc.) insieme ad una spiccata azione bifidogena14. L’avvio precoce dell’alimentazione enterale con latte materno è in grado di prevenire la colonizzazione intestinale da parte di germi saprofiti, l’instaurarsi di atrofia gastrointestinale attraverso uno stimolo diretto della maturazione intestinale e delle barriere mucose e di favorire lo sviluppo dell’immunità innata ed acquisita, oltre a contribuire alla riduzione della durata della NPT e dell’utilizzo di CVC. L’efficacia sembra essere dose-dipendente, e quindi gli episodi infettivi si riducono quando il latte materno è la principale fonte nutrizionale del neonato15. 77 Lavaggio delle mani membrane mucose, cute non integra; dopo la rimozione dei guanti; dopo contatto con oggetti inanimati, inclusi i presidi sanitari; dopo l’uso dei servizi igienici. Come: con acqua e sapone oppure soluzioni idroalcoliche (se le mani non sono visibilmente sporche); la temperatura dell’acqua consigliata è di 37 °C: a temperature inferiori si ha vasocostrizione e restringimento dei pori che impediscono la penetrazione dell’antisettico, a temperature superiori invece si può irritare la cute con passaggio in superficie di germi residenti in profondità; la cute delle mani deve essere integra e non presentare ferite ed escoriazioni; tenere le unghie corte, ben curate e senza smalto; non indossare orologi e monili; asciugare le mani tamponandole, senza strofinarle. AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 2 | aprile-giugno 2014 CVC, e la diagnosi tempestiva di infezione al fine di intraprendere la terapia efficace e di riconoscere precocemente le sepsi neonatali, limitando l’uso di antibiotici non necessari10. Come si fa Le infezioni nosocomiali Crescita stentata Difficoltà nell’allattamento al seno materno Interruzione bonding genitoriale Prolungamento della degenza Infezioni neonatali Tossicità da farmaci enterica17. È in grado inoltre di promuovere la maturazione e la differenziazione funzionale degli enterociti, accelerando la chiusura della gap junctions e promuovendo la formazione dell’orletto a spazzola negli enterociti immaturi18. Probiotici Compromissione sviluppo neuro comportamentale Costi sanitari Mortalità Figura 1. Esiti. Lattoferrina AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 2 | aprile-giugno 2014 78 L a lattoferrina è una glicoproteina presente in notevoli quantità nel colostro umano, circa 7 mg/ ml, che decresce progressivamente nei giorni successivi al parto fino a circa 1–2 mg/ml; inoltre è maggiormente contenuta nel latte di madri che hanno avuto un parto pretermine16. La lattoferrina bovina, ad omologia strutturale di circa il 77%, utilizzata in terapia riduce i tassi di NEC e di infezioni batteriche e fungine ed è in grado di determinare un ambiente intestinale a favore della crescita di microrganismi saprofiti, con ostacolo alla colonizzazione da parte dei patogeni. L’azione antimicrobica verrebbe espletata sia attraverso un meccanismo diretto ‒ con effetto anticorpale contro componenti target delle membrane batteriche e fungine (lipopolisaccaridi, acido lipotecoico, lipoproteine, ecc.) ‒ sia indiretto tramite l’azione ferro-chelante, insieme ad una attività immunomodulante e bifidogenica sulla flora I l neonato pretermine è a rischio di alterazioni a carico dell’intestino per trattamenti protratti con antibiotici ad ampio spettro, per difficoltà nell’instaurare e mantenere l’alimentazione enterale, e per la colonizzazione batterica e fungina del tratto intestinale19. Bifidobatteri e Lattobacilli (Casei, Ramnosus, Reuterii, GG), presenti nel latte materno, a livello intestinale si oppongono alla colonizzazione patogena, migliorano la tolleranza all’alimentazione enterale e lo svuotamento gastrico, potenziano l’attività immunomodulante. Tali proprietà fanno sì che i probiotici trovino indicazione nella prevenzione della NEC e delle sepsi late onset, soprattutto nei neonati pretermine e di basso peso, in cui l’antibioticoterapia e la NPT possono aumentare la suscettibilità alla colonizzazione intestinale da parte di patogeni. Ulteriori studi sono in corso, allo scopo di ottimizzare le specie e i dosaggi. Procedure diagnostiche e terapeutiche invasive L’ utilizzo di dispositivi invasivi, come i CVC, utilizzati per l’assistenza dei neonati in TIN e ancor di più i giorni di permanenza, è direttamente correlato al rischio di sepsi nosocomiale. Inoltre sono da rispettare specifiche precauzioni durante l’inserzione Le infezioni nosocomiali continuano a costituire ancora oggi un problema rilevante di salute pubblica, per l’importante impatto economico e per le sequele cliniche. Come si fa Le infezioni nosocomiali Igiene delle mani Probiotici Lattoferrina · · · Infezioni nosocomiali Corretto uso degli antibiotici Gestione CVC Terapie sperimentali (Ig, FC neutrofili, antibioticoprofilassi) Identificazione precoce con marcatori specifici Coortaggio e isolamento Sorveglianza attiva periodica Figura 2. Prevenzione. · · dei dispositivi solo nei casi e nei tempi · impiego strettamente necessari; disinfezione della cute e profilassi delle · adeguata ferite. Profilassi antibiotica I tentativi di individuare una strategia preventiva basata sulla somministrazione di immunoglobuline o di fattori stimolanti la crescita di neutrofili non hanno portato risultati convincenti, così come la somministrazione di antibiotici a dosaggio ridotto o con posologie alternative23. Uno strumento efficace per ridurre le infezioni nosocomiali è limitare il ricorso a terapie antibiotiche empiriche ad ampio spettro, e quindi anche l’emergere di organismi multiresistenti24. Circa il 50% dei neonati in TIN è in terapia antibiotica, e almeno il 35% riceve almeno un trattamento inappropriato, più frequentemente legato al proseguimento del trattamento piuttosto che al corretto inizio25. Per la scelta degli antibiotici è opportuno tener presente l’ecologia batterica del reparto e lo spettro di sensibilità dei microrganismi più comunemente isolati. La terapia antibiotica empirica 79 · · · · Profilassi antifungina con fluconazolo AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 2 | aprile-giugno 2014 percutanea, per evitare contaminazione e colonizzazione da parte di microrganismi; il set di infusione deve essere sostituito ogni 24 ore o ogni 48–72 ore a seconda che siano presenti o meno lipidi nella NPT. Il CVC deve essere immediatamente rimosso in caso di positività dell’emocoltura, con outcome e sopravvivenza significativamente migliori se la rimozione avviene entro 24 ore per i batteri20 o entro 72 ore per i funghi21. L’aggiunta di eparina nelle sacche di NPT, secondo alcuni studi, sembrerebbe ridurre il rischio infettivo intrinseco22. Molte altre procedure praticate per l’assistenza dei neonati in TIN sono a rischio infettivo, e per queste andrebbero rispettate delle necessarie precauzioni: exanguinotrasfusione, drenaggi chirurgici, intubazione endotracheale, aspirazioni delle vie aeree, prelievi, sondini nasogastrici, ventilazione meccanica, ecc. Raccomandazioni per l’uso delle procedure invasive: protocolli di assistenza e procedure standardizzati; materiali di assistenza dedicati per singolo neonato (stetoscopi, lacci emostatici, termometri, sfigmomanometri, ecc.) o accuratamente disinfettati prima di essere usati per gli altri neonati; utilizzo di set di ventilazione monouso; manovre di intubazione ed aspirazione tracheale in asepsi; mobilizzazione precoce e fisioterapia respiratoria; posizionamento CVC: adeguata scelta del sito d’inserzione, antisepsi cutanea per un tempo di contatto di almeno 1 minuto, utilizzo di dispositivi sterili (preparazione del campo, vestizione dell’operatore), uso di dispositivi di protezione (guanti, maschere, copricapo); gestione CVC: antisepsi della cute, ispezionare quotidianamente il sito d’inserimento per evidenziare la presenza di segni di infezione locale, disinfettare i dispositivi ad ogni accesso al sistema ed i tappi di gomma delle soluzioni da infondere, rilevare qualsiasi sintomo, quale il dolore, il bruciore, il gonfiore o il sanguinamento; riduzione cateterizzazioni vescicali a permanenza e di cateteri a circuito chiuso; esami colturali dei presidi invasivi dopo la rimozione; Alimentazione enterale con latte materno Come si fa Le infezioni nosocomiali prolungata è associata ad un rischio doppio di sviluppare sepsi late onset, motivo per cui andrebbe sospesa 48 ore dopo l’esito negativo degli esami colturali26. Raccomandazioni sull’uso degli antibiotici: eseguire sempre esami colturali prima di iniziare una terapia antibiotica; test di laboratorio come la PCR sono aspecifici per la diagnosi di sepsi; trattare le sepsi, non le colonizzazioni; usare sempre antibiotici a spettro più ristretto; non iniziare terapie empiriche con cefalosporine di terza generazione o carbapenemi; limitare la durata dell’antibioticoterapia empirica a meno di tre giorni, in pazienti asintomatici e con esami colturali negativi; opportuno sospendere dopo 2–3 giorni la terapia antibiotica se le colture sono negative; sistemi di sorveglianza della prescrizione e consumo; sensibilizzazione ed informazione del personale sanitario; campagne informative rivolte alla popolazione; · · · · · · · · · · AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 2 | aprile-giugno 2014 80 Bibliografia 1. Yokoe DS, Classen D. Improving patient safety through infection control: a new healthcare imperative. 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Acquisition of extended-spectrum beta-lactamase producing Escherichia coli strains in male and female infants alla ricerca scientifica per affrontare le · sostegno resistenze. Fluconazolo L’ incidenza delle infezioni fungine è aumentata notevolmente negli ultimi anni: attualmente rappresentano la terza causa di sepsi late onset nei neonati very low birth weight (VLBW ), con una incidenza compresa tra il 5,5 ed il 10%27. La prematurità, il basso peso alla nascita, le procedure assistenziali invasive, l’uso prolungato di antibiotici in particolare cefalosporine di terza generazione, l’impiego di lipidi nella NPT, la colonizzazione di cute e mucose rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di infezioni fungine. Sono gravate da sequele neuroevolutive, disabilità motorie, neurosensoriali, intellettive, con una mortalità stimata tra il 25 e il 60%28. Diversi studi riportano che la somministrazione profilattica di fluconazolo nei neonati VLBW riduce in modo significativo il rischio di admitted to a neonatal intensive care unit: molecular epidemiology and analysis of risk factors. J Med Microbiol 2010; 59: 948-954. 8. Mammina C, Di Carlo P, Cipolla D, Giuffrè M, Casuccio A, Di Gaetano V, Plano MR, D’Angelo E, Titone L, Corsello G. Surveillance of multidrugresistant gram-negative bacilli in a neonatal intensive care unit: prominent role of cross transmission. Am J Infect Control 2007; 35: 222-230. 9. Maraqa NF, Aigbivbalu L, MasnitaIusan C, Wludyka P, Shareef Z, Bailey C, Rathore MH. Prevalence of and risk factors for methicillin-resistant Staphylococcus aureus colonization and infection among infants at a level III neonatal intensive care unit. Am J Infect Control 2011;39:35-41. 10. Jarvis WR. Controlling healthcareassociated infections: the role of infection control and antimicrobial use practices. 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Nonostante le strategie di prevenzione messe in atto nei diversi centri, le infezioni nosocomiali continuano a costituire ancora oggi un problema rilevante di salute pubblica, per l’importante impatto economico e per le sequele cliniche34, rappresentando un vero e proprio “effetto collaterale” dell’assistenza sanitaria, utile come indicatore di efficacia e di qualità delle cure erogate AreaPediatrica | Vol. 15 | n. 2 | aprile-giugno 2014 infezioni fungine invasive e la mortalità29 attraverso una significativa e imponente riduzione dei tassi di colonizzazione dal 29% al 9% circa e dei tassi di infezione dal 13% al 3%. Il suo impiego non è associato a significativi effetti collaterali, e non sembra inoltre causare alcuna selezione di resistenze30.