UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Microchirurgiche e Mediche
Corso di Laurea in Infermieristica
Presidente Prof. Antonio Azara
GESTIONE INFERMIERISTICA DEL
DRENAGGIO TORACICO NEL BAMBINO:
DESCRIZIONE DI DUE CASI
RELATORE:
Dott. Maria Grazia Clemente
CORRELATORE:
Dott. Paolina Olmeo
TESI DI LAUREA DI:
Thomas Billi
ANNO ACCADEMICO 2014/15
INDICE
PREMESSA
Pag.1
INTRODUZIONE
Pag.2
GESTIONE INFERMIERISTICA
Pag.12
CASO CLINICO 1
Pag.20
CASO CLINICO 2
Pag.24
DISCUSSIONE
Pag.28
CONCLUSIONI
Pag.30
BIBLIOGRAFIA
Pag.31
SITOGRAFIA
Pag.32
PREMESSA
Le polmoniti batteriche sono un evento frequente in età pediatrica, ma solo nel 510% dei casi si complicano con l'empiema pleurico che ha un'incidenza 0,6 -2 %.
L'eziologia a seconda dell'età cambia ma nell'età compresa fra 3 mesi e 5 anni
l'agente eziologico più frequente è lo Streptococco Pneumoniae.
L'empiema pleurico è rappresentato da un accumulo di pus nello spazio pleurico
che evolve in tre stadi: sieroso, fibrino-purulento e organizzativo. Nello stadio
fibrino-purulento si formano dei setti fibrinosi che loculizzano il pus, mentre la
pleura parietale va incontro ad ispessimento. Se il liquido pleurico non viene
drenato può formare, tra le altre cose, fistole broncopleuriche.
La polmonite batterica si manifesta con febbre elevata (>39°C) accompagnata da
brivido, stato settico, dolore toracico e addominale, difficoltà respiratoria
caratterizzata da aumento della frequenza respiratoria, respiro superficiale,
rientramenti intercostali, alitamento delle pinne nasali.
Questo studio descrive due casi pediatrici di polmonite da Streptococco
Pneumoniae, scelti perché rappresentano gli unici due casi di empiema pleurico
giunti alla osservazione presso la Clinica Pediatrica della Azienda Ospedaliero
Universitaria di Sassari negli ultimi 5 anni.
Per una migliore comprensione dei 2 casi clinici descritti, si presenta una
introduzione sui principali presidi di drenaggio toracico.
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INTRODUZIONE
In condizioni fisiologiche il cavo pleurico è delimitato dalla pleura viscerale e
dalla pleura parietale. Tali foglietti sono separati da uno spazio virtuale che
contiene 5-15 cc. di fluido lubrificante. Al suo interno è presente una pressione
negativa variabile, che va da -25 e -54 cm H2O durante l’inspirazione e da -2 e
+70 cm H2O durante la espirazione.
Se nel cavo pleurico si accumulano aria, sangue o fluidi di altro genere, viene
meno la pressione negativa, (che diviene quindi positiva) con conseguente
ipossiemia, ipoventilazione alveolare e spostamento controlaterale del mediastino.
Lo scopo del drenaggio toracico è quello di evacuare aria o liquido contenuti nello
spazio pleurico ripristinando la fisiologica pressione negativa sopracitata,
permettendo così la riespansione del polmone, ristabilendo la regolare dinamica
respiratoria e garantendo il controllo di eventuali perdite gassose e/o liquide.
Il drenaggio pleurico
nella patologia toracica è uno strumento a volte
indispensabile.
Esso, infatti, viene utilizzato sia per le manovre invasive, come interventi
chirurgici, che per il trattamento medico .
Il paziente portatore di drenaggio toracico, a seconda della fascia di età alla quale
appartiene, può presentare stesse complicanze ma differenti necessità.
L'operatore sanitario quindi deve acquisire e sviluppare competenze specifiche per
poter individuare e prevenire situazioni che permettano una sua adeguata gestione
e prevenire, se possibile, eventuali complicanze.
L'argomento della tesi nasce, dall'esperienza maturata durante il tirocinio
formativo in cui ho riscontrato una rilevanza fondamentale nella gestione del
drenaggio toracico, sia con lo scopo di prevenire complicanze, che al
mantenimento dell'efficacia del presidio stesso.
La gestione del drenaggio toracico, inoltre nell'ultimo decennio, è stato allargato
anche a quei reparti di natura non chirurgica, di conseguenza l'infermiere necessita
di una formazione e una competenza nella gestione di tale presidio, considerando
le varie tipologie e indicazioni dello stesso.
2
CENNI STORICI
La prima descrizione di un sistema di drenaggio toracico con valvola ad acqua è
attribuito a Playfair nel 1873, nel trattamento di un bambino con empiema
toracico. “Ha effettuato inizialmente quattro aspirazioni, ma ogni volta il liquido
pleurico si riaccumulava. Aprì quindi la cavità dell’ascesso ed inserì un tubo
flessibile di caucciù, con l'estremità distale posto in un recipiente di acqua sul
pavimento. Il tubo drenava 1- 2 once di pus quotidiano senza l'ingresso di aria nel
pleura, e le condizioni cliniche del paziente migliorava. Il tubo è stato poi rimosso,
non consentendo l'ingresso dell’aria, dopo una settimana”.
“Nel 1875, Gotthard Bülau ha descritto l'uso del “drenaggio dell'acqua-seal a
torace chiuso” per trattare un empiema, in alternativa alla resezione standard della
costola ed il drenaggio a tubo aperto in fase acuta o escissione costale nella fase
cronica. Ha usato un trequarti per forare lo spazio pleurico e quindi introdotto un
catetere di gomma con un morsetto distale. L'estremità libera ponderata del
catetere è stata immersa in una bottiglia per un terzo della soluzione antisettica
procedendo al suo sbloccaggio, creando così un apparato di scarico a sifone;
permettendo al pus di fluire dal torace”.
La maggior parte dei chirurghi attribuiva i decessi per empiema toracico alle
infezioni e non alla compromissione respiratoria dovuta allo pneumotorace, ma
Bülau, per molti versi in anticipo sui tempi, ha sottolineato la necessità della
pressione intrapleurica negativa per la ri-espansione di un polmone collassato
nella cavità toracica a causa dell’empiema. Ha capito che il drenaggio effettuato
nell'acqua a tenuta chiusa potrebbe facilitare le riespansioni polmonari tramite i
movimenti respiratori naturali del paziente. Sfortunatamente l'applicazione di tali
principi è stata limitata al trattamento dell’empiema toracico, fino alla
introduzione della ventilazione meccanica.
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IL DRENAGGIO TORACICO
Per definizione un drenaggio toracico è un presidio atto agevolare l'evaquazione
di liquidi generalmente patologici da cavità naturali o neoformate. In chirurgia
toracica il drenaggio è un presidio atto ad eliminare qualsiasi eventuale accumulo
di materiale biologico all’interno dello spazio pleurico, permettendo la
riespansione polmonare e lo scambio gassoso.
Una raccolta aerea o liquida occupante lo spazio pleurico, struttura
anatomicamente virtuale, può interferire con il corretto funzionamento
dell'apparato cardio-circolatorio e respiratorio.
Le situazioni che necessitano del posizionamento del drenaggio toracico sono di
due tipi: evacuative o di accesso alla cavità toracica.
SISTEMA DI DRENAGGIO TORACICO E’ COSTITUITO DA:
•
Il catetere toracico
•
Il sistema di connessione
•
Il sistema di raccolta
1) Il catetere toracico più comunemente usato è il TROKAR, è un catetere
armato e non con tre quarti metallico,costituito da (P.V.C.), trasparente,
termosensibile, lungo da 25 a 40 cm secondo il calibro, con indicatori di
profondità di 5 cm nella parte terminale del tubo, con due fenestrature in
prossimità della punta ed una stria radiopaca per facilitarne il riscontro
radiologico. Può essere monolume o doppio lume per eseguire il lavaggio del
cavo pleurico, o introdurre farmaci sia in modo estemporaneo sia in continuo.
Il pleuromed, è un catetere costituito da un tre quarti metallico con inserito il
catetere toracico, è termosensibile, a lume minimo (Ch 8/10), nella parte distale
del tubo è presente un raccordo a tre vie a cui è viene raccordato il sistema di
connessione.
Questo tipo di drenaggio viene applicato in caso di Pneumotorace e/o di
versamento pleurico sieroso.
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Ha il vantaggio d’essere poco traumatico di facile gestione a domicilio e di
consentire l’introduzione di farmaci.
Lo svantaggio maggiore è rappresentato dal fatto che avendo un lume ristretto può
facilmente ostruirsi in presenza di coaguli.
É buona norma tener conto per la scelta del tipo di catetere da utilizzare e il
calibro
deve
essere
compatibile
con
le
caratteristiche
della
persona
(adulto/bambino/neonato), le caratteristiche devono esser tali da facilitare il
deflusso dei liquidi (sangue,pus) o dell'aria in caso di pneumotorace., ovviamente
questa scelta è di competenza del chirurgo operante.
2) sistema di connessione o caduta
il sistema di caduta è costituito da due tubi di gomma trasparente, generalmente in
lattice, uno dei quali più lungo rispetto al secondo, che termina a becco di flauto e
collega il catetere al bottiglione di raccolta , un secondo tubo più corto, che
collega l’interno del sistema di raccolta all’esterno.
Entrambi attraversano un tappo a ghiera che assicura una chiusura ermetica con il
bottiglione di raccolta, il sistema di connessione può essere fisso o regolabile.
3)sistemi di raccolta
è costituito da uno o due bottiglioni di vetro, plastica trasparente, sul quale viene
riportata una scala graduata da O a 2000 cc, il cui il livello zero è ottenuto con
l’introduzione di 500 cc d’acqua Bidistillata sterile.
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Esistono diversi sistemi di raccolta, si distinguono tra loro per il diverso numero
di contenitori di raccolta (bottiglioni), o per la valvola collegata al drenaggio
stesso:
•
SISTEMA A VALVOLA UNIDIREZIONALE O AD UN BOTTIGLIONE
Dispositivo unidirezionale che consente l’evacuazione d’aria e di liquidi e ne
impedisce il reflusso.
La “valvola”si ottiene collegando il catetere toracico al sistema di connessione,
prestando attenzione che l’estremità distale peschi almeno due centimetri sotto il
livello dell’acqua. L’aria contenuta nel cavo pleurico fuoriesce attraverso il
liquido mentre la colonna d’acqua impedisce l’ingresso dell’aria nel torace
attraverso il tubo di drenaggio. Per evitare che durante l’inspirazione il liquido sia
risucchiato, il bottiglione deve esser posto ad almeno 40/50 centimetri dal punto
d’inserzione del catetere toracico. Per questo motivo, quando il paziente in post
operatorio rimane a letto il bottiglione è posto al suolo.
Ad alcune patologie è spesso legata la necessità di applicare un drenaggio toracico
unidirezionale, ad esempio: Pneumotorace spontaneo e traumatico (chiuso,aperto
o iperteso) e Versamento Pleurico (Idrotorace, Emotorace, Chilotorace, Empiema).
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•
SISTEMA A VALVOLA UNIDIREZIONALE A DUE BOTTIGLIONI
E' costituito da due contenitori di raccolta graduati ,in cui il primo ha la funzione
di raccolta di secreti provenienti dalla cavità pleurica, non presenta nessun tubo
pescante, mentre a differenza del sistema a un bottiglione, il tubo più corto viene
raccordato con il tubo pescante del bottiglione seguente che assume la funzione di
valvola unidirezionale.
Questo tipo di drenaggio è frequentemente utilizzato per il trattamento degli
Empiemi pleurici che richiedono “lavaggi intratoracici”, nei versamenti pleurici
massivi .
Questo sistema presenta il vantaggio che, in presenza di materiale biologico
abbondante, il deflusso è agevolato, in quanto il livello della valvola ad acqua
rimane costante,allo stesso tempo lo svantaggio è rappresentato dalla scarsa
maneggevolezza del sistema, poiché in assenza di un carrello per il trasporto dei
bottiglioni di raccolta, il paziente andrebbe in contro a difficoltà, o addirittura
all'impossibilità a deambulare autonomamente.
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Nelle patologie prese in considerazione in precedenza, a volte, è necessario
l’utilizzo di un sistema d’aspirazione, questo sistema consente di ottenere
l'aspirazione del materiale da drenare, il drenaggio in aspirazione si avvale una
valvola di Jeanneret.
•
Valvola di Jeanneret :
La valvola di Jeanneret è un sistema meccanico nel quale il tubo libero,
proveniente dal contenitore di raccolta è raccordato ad un contenitore vuoto
chiamato “trappola”, esso ha la funzione di raccogliere la nebulizzazione
aereo/idrica; è dotato in oltre di una valvola unidirezionale presente nel tappo
della trappola stessa.
La valvola di Jeanneret è composta di un cilindro trasparente graduato in cui è
presente un tubicino di pescaggio, questo è connesso tramite un tubo al sistema
d’aspirazione. La regolazione avviene tramite un’asticella contenuta in un cilindro
graduato e la forza aspirante è determinata dal pescaggio della stessa nell’acqua;
normalmente la pressione aspirante è di circa10-20 cm d'acqua.
Il corretto funzionamento della valvola è caratterizzato da un gorgogliamento nel
cilindro una volta collegato al bottiglione.
•
Sistema di drenaggio a tre bottiglioni:
Questo tipo di drenaggio è solitamente usato dopo Pneumonectomia (asportazione
chirurgica di un polmone).
È
utilizzato principalmente per l’evacuazione delle perdite ematiche ed il
bilanciamento del mediastino.
La stabilizzazione del mediastino è garantita dal mantenimento di una pressione
endopleurica tra + 1 e – 13 cm d’acqua,che corrisponde ai limiti fisiologici delle
oscillazioni pressorie nel cavo pleurico.
Per questo motivo dopo una Pneumonectomia, si applica questo tipo di drenaggio
poiche ,con una valvola unidirezionale , si avrebbe una fuoriuscita di aria
causando uno spostamento del mediastino nella parte controlaterale.
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1. Il primo bottiglione chiamato “trappola”raccoglie le secrezioni, presenta due
tubi, di cui il primo va al paziente ed uno è collegato con l’altro bottiglione, in
questo bottiglione non sono presenti asticelle.
2. Il secondo bottiglione collegato al primo e al terzo, ha la funzione di valvola
espirativa e permette la fuoriuscita d’aria per valori espiratori superiori a +1 cm.
Nel tappo a ghiera, presenta un’asticella pescante per 1 cm nell’acqua e uno più
corto che collega il bottiglione con l’esterno.
3. Il terzo bottiglione funziona da valvola inspirativa permettendo l’ingresso
dell’aria.
Il suo tappo a ghiera presenta tre tubi, un tubo proveniente dal secondo bottiglione
che non pesca nell’acqua e un tubo che nella sua estremità distale pesca 13
cm ,mentre la sua parte prossimale è a contatto con l’esterno, un terzo tubo
collegato al sistema di aspirazione.
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VALVOLA DI HEIMLICH
Valvola unidirezionale, che può essere connessa al tubo e al drenaggio , può
sostituisce il bottiglione.
La valvola consente, durante l’espirazione, il passaggio di aria e secrezioni al
sistema di raccolta(ad esempio sacchetto diuresi sterile), mentre in fase
inspiratoria si chiude automaticamente impedendo qualsiasi tipo di ritorno verso
lo spazio pleurico.
Questa valvola presenta vari vantaggi perché: ha una facile gestione nelle persone
con drenaggio pleurico, permettendo una maggior sicurezza e sterilità ,durante il
trasporto e al domicilio.
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IL TRATTAMENTO CON UROCHINASI
L'urochinasi è un enzima fibrinolitico, naturalmente prodotto dal rene con la
funzione di trasformare il plasminogeno in plasmina attivando la fibrinolisi.
Viene usato per rompere i setti di fibrina formatisi nello spazio pleurico,
ripristinando la normale circolazione del liquido pleurico e favorendone il
riassorbimento.
Il dosaggio varia con l'età, se di età inferiore ad 1 anno 10000 UI, viceversa, età
superiore a 1 anno 40000 UI diluite 1:10 con fisiologica (quindi 10000 UI di
Urochinasi + 10 ml di fisiologica, 40000 UI di Urochinasi + 40 ml di fisiologica).
La prima somministrazione del farmaco viene fatta in sala operatoria
successivamente si somministra 2 volte al giorno.
Esso va iniettato lentamente e a temperatura ambiente al fine di evitare disagio al
paziente.
Dopo la somministrazione si fa cambiare decubito al paziente e il tubo del
drenaggio viene chiuso per 2-3 ore e poi aperto per eliminare le sostanze
contenute nel cavo pleurico. E' fondamentale valutare bene l'output in quanto si
sospende il trattamento quando la quantità di drenato è inferiore alla quantità di
liquido immesso o l'output è inferiore ad 1 ml/kg/die.
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GESTIONE DEL DRENAGGIO TORACICO
Obiettivo principale è quello di mantenere la pervietà del tubo di drenaggio. A tal
proposito è necessario:
•
Controllare che tutte le connessioni siano fissate con un cerotto, questo
assicura che il sistema sia chiuso.
•
E’ buona norma, onde evitare accidentali dislocamenti, fissare sempre il
circuito al torace del paziente e al letto, rendendone possibile la mobilità;il
drenaggio non deve mai essere sollevato al di sopra del punto di inserzione.
•
Ispezionare il tubo di drenaggio per rilevare attorcigliamenti o torsioni, che
possono impedire la fuoriuscita del liquido drenato dallo spazio pleurico.
•
Durante gli spostamenti dell’assistito, collocare il sistema di drenaggio più
in basso rispetto al torace. Nel caso in cui il tubo si staccasse, tagliare le
estremità contaminate sia del catetere sia del tubo di aggancio, inserire un
connettore sterile in entrambi i tubi e ricollegare il sistema di drenaggio
con manovra asettica. Non schiacciare il tubo durante il trasferimento.
COMPLICANZE
I fattori che favoriscono l’insorgenza di infezioni in pazienti portatori di drenaggio
toracico sono aumentati in base al tempo di permanenza del tubo (oltre 6 giorni)
ed alla incompleta evacuazione dello spazio pleurico.
E’ raccomandato quindi l’utilizzo di acqua sterile o soluzione fisiologica per la
creazione della valvola ad acqua per evitare la proliferazione intrapleurica di
microrganismi che, attraverso una migrazione retrograda, potrebbero risalire dal
sistema di raccolta attraverso i tubi di drenaggio.
La cura della gestione del drenaggio toracico e delle medicazioni nel punto di
inserzione dello stesso e/o di eventuali accessi venosi (es. CVC) devono essere
fatte in asespi rispettando i protocolli indicati dal reparto.
E’ consigliato l’utilizzo di trattamento antibiotico durante tutta la permanenza dei
tubi di drenaggio, considerato anche che vi è una riduzione delle normali attività
di respirazione ed espettorazione (tosse) che aumenta il rischio di infezione. Per
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evitare una disconnessione accidentale è utile assicurare i punti di raccordo tra
drenaggio toracico con nastro adesivo. nel caso si verifichi una disconnessione
ricollegare immediatamente i tubi alla unità di raccolta oppure di immergere il
tubo in una bottiglia con 3-4 cm. di acqua. Altrimenti lasciare aperto il tubo
piuttosto che clamparlo per non rischiare un pneumotorace iperteso.
ASSISTENZA AL PAZIENTE
Nell'assistenza al paziente portatore di drenaggio toracico è opportuno prendere
una serie di accorgimenti per assicurare una corretta gestione.
È opportuno effettuare la valutazione del drenaggio e dei parametri vitali ad
intervalli regolari, in modo particolare, essendo un paziente chirurgico,
nell’immediato postoperatorio (ogni 15 min. nella prima ora e poi ogni due ore).
Rilevare e segnalare immediatamente tachipnea, cianosi, senso di oppressione
toracica, enfisema sottocutaneo, sintomi di emorragia e cambiamenti significativi
dei parametri vitali è molto importante poiché sono segnali che possono indicare
un eventuale immediata complicanza.
Molte condizioni cliniche possono produrre segni e sintomi simili, ad esempio tra
queste c'è lo pneumotorace iperteso, spostamento mediastinico, emorragia, dolore
in sede dell’incisione chirurgica, embolia polmonare, tamponamento cardiaco. In
questi casi è opportuno allertare subito il medico.
Il ruolo dell'infermiere nell'educazione del paziente sia in ambito ospedaliero che
domiciliare è fondamentale, bisognerebbe quindi sensibilizzare il bambino per
quanto possibile e familiari ad osservare alcuni fondamentali accorgimenti, il
bambino dovrebbe assumere una posizione confortevole e mantenere un buon
allineamento del corpo e favorire la respirazione.
Quando è in posizione supina o sul fianco, assicurarsi che i tubi non siano
compressi dal peso del suo corpo.
Il letto deve essere regolato in posizione fowler o semi-fowler per favorire una
migliore ventilazione ed un efficace drenaggio dei liquidi intrapleurici. Sarebbe
comunque opportuno effettuare un cambio posturale almeno ogni due ore, esso
infatti favorisce la respirazione e migliora gli scambi gassosi .
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Fondamentale è inoltre fondamentale incoraggiare il bambino ad eseguire esercizi
di respirazione profonda e di tosse efficace, a intervalli frequenti, garantendo
preventivamente un’adeguata analgesia per limitare il dolore che potrebbe
scaturire da tale azione.
La respirazione profonda e la tosse contribuiscono ad incrementare la pressione
intrapleurica, facilitando il drenaggio del liquido accumulato, l’eliminazione delle
secrezioni dall’albero tracheobronchiale, favorendo così la riespansione
polmonare e prevenendo la formazione di atelettasie. L’infermiere in questo caso
ne valuta la qualità e la quantità attraverso la somministrazione delle scale per la
valutazione del dolore, educa il paziente a mantenere il drenaggio sempre più in
basso rispetto al torace, anche durante la deambulazione, in modo da evitare il
possibile reflusso di liquido all’interno della cavità pleurica.
È facilmente deducibile che in seguito ad una non corretta osservanza degli
accorgimenti, e quindi la scorretta gestione del drenaggio toracico, potrebbe
verificarsi
un
malfunzionamento
dello
stesso
che
comprometterebbe
l’evacuazione del cavo pleurico dalle raccolte liquide e gassose e, di conseguenza,
la riespansione polmonare.
Causando, non solo la mancata risoluzione della patologia di base, ma potrebbe
persino evolvere in situazioni più gravi. In caso di un pneumotorace iperteso non
drenato, può evolvere in insufficienza respiratoria, così come un’infezione del sito
di inserzione del drenaggio può causare una sepsi, fino allo shock settico.
È quindi determinante una corretta gestione infermieristica, al fine di garantire
un’adeguata assistenza e prevenire le complicanze. È inoltre fondamentale che
l’infermiere conosca le principali complicanze e le manifestazioni cliniche
dell’assistito, per impostare un piano di assistenza personalizzato e per gestire
eventuali situazioni di emergenza.
“L’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di
natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione
delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione
sanitaria.”. D.M 739/94.
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IL BAMBINO OSPEDALIZZATO
La carta dei diritti del bambino riporta che: “il bambino ha diritto al godimento
del massimo grado raggiungibile di salute, (…) l'ospedale concorre ad attuare
interventi di educazione sanitaria nei confronti dal bambino e della famiglia, (…)
l'assistenza del personale si esprime oltre che nella cura anche nel prendersi cura
delle condizioni generali del bambino e del suo contesto di vita”
Durante la degenza in ospedale per una malattia prolungata il bambino presenta
gli stessi bisogni di un bambino “sano”.
Il bambino ha diverse reazioni al periodo di ospedalizzazione, spesso sono causate
oltre che dal disagio dovuto alla malattia, all'inserimento in un contesto diverso da
quello della sua abitazione. Tale disagio può manifestarsi attraverso stati di ansia
(ansia da separazione). Spesso durante la permanenza nei reparti di degenza il
bambino sviluppa una perdita di autonomia. Il problema maggiore che però si
riscontra nei bambini con età superiore a tre anni è la riduzione forzata della
mobilità dovuta all'allettamento prolungato provoca frustrazione. Queste
restrizioni vengono vissute dal bambino come imposizioni che limitano la sua
possibilità di “esplorare” e conoscere l'ambiente, causando spesso un senso di
impotenza, che causano le tipiche reazioni di protesta, rifiuto e regressione. Nei
bambini in età scolare le problematiche che potrebbero presentarsi sono differenti,
spesso si verifica perdita delle capacità apprese di recente che portano ad una
regressione caratterizzata da una maggiore dipendenza dai genitori.
Inoltre, vedono alcuni interventi li inducono a colpevolizzare se stessi o la
famiglia della malattia, producendo reazioni di rabbia e di rifiuto, interpretando le
pratiche assistenziali
come una”punizione” per essersi comportati male con
conseguente senso di colpa e di paura.
Tutti questi stati d'animo potrebbero portare quindi a non sentirsi più padroni del
proprio corpo. Non è infrequente che il bambino in un età compresa tra i 5 e 12
anni possa sviluppare uno stato di depressione dovuto a ansia di separazione, in
altri casi si sviluppa una tendenza a diventare fobici, sviluppando paura del buio,
degli ospedali e degli operatori sanitari, delle strumentazioni e delle medicazioni e
paura della morte.
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Una grande importanza ha la percezione del dolore, la cui valutazione nel
bambino come nell'adulto rappresenta un campo molto delicato.
Il bambino è un paziente particolarmente difficile in quanto la sua capacità
comunicativa ridotta può far risultare complicata la valutazione del dolore e la
somministrazione di misure per alleviare lo stesso.
Il bambino, spesso, è un paziente non collaborante per i più svariati motivi, l'età,
la patologia, talvolta non è in grado oppure non vuole esprimere le proprie
sensazioni, comportamenti dati dalla sofferenza o dall'ansia che prova. Tutto ciò è
un forte limite alla possibilità di dare una valutazione affidabile del dolore.
Nella letteratura medica sono presenti numerosi strumenti di misurazione del
dolore, efficaci ed anche poco costosi in termini di tempo e risorse. Essi possono
essere di autovalutazione o di etero-valutazione,
Fra i metodi di etero-valutazione le tecniche che possono essere applicate sono
molteplici.
L’approccio che si può considerare più adatto ad un bambino è quello
multidisciplinare, che valuta lo stato e l'intensità del dolore, basandosi sulla
risposta del bambino stesso, se essa è presente e chiaramente espressa. Non
devono essere sottovalutati i segni comportamentali, quali ad esempio il pianto o
le reazioni di paura e/o rifiuto nel contatto fisico.
Un metodo più scientifico e pratico può essere considerato la rilevazione di alcuni
parametri vitali quali la frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, sudorazione,
tutti segni di uno stato di disagio fisico.
Nei bambini collaboranti la valutazione del dolore è spesso effettuata tramite
l’autovalutazione, esso consiste nella quantificazione del dolore attraverso scale
valutative dove è il bambino stesso che determina il proprio dolore, la scelta della
modalità di misurazione e valutazione in ogni caso dipende dall’età, dalla capacità
di espressiva e cognitiva del bambino. Anche il linguaggio da adottare è molto
importante, infatti, l'operatore sanitario con i bambini fino ai 7 anni si userà ad
esempio la parola “male”, mentre con i bambini con età superiore ai 7 anni la
parola “dolore”.
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Scale di autovalutazione:
Scala di VAS (Visual Analogue Scale)
Consiste in una scala di 10 cm verticale o orizzontale, alle estremità son segnati
gli estremi “nessun dolore” all'estremo opposto “peggiore dolore possibile” adatta
ai bambini di età superiore ai 7 anni.
Scala di Wong-Baker (scala con faccine)
Consiste nel sistema di quantificazione del dolore che si basa sulla presentazione
di una scala riportante sei faccine, la prima sorridente e l'ultima riporta sul viso
lacrime. La valutazione va da “non fa male” a “fa malissimo”, il bambino
indicherà la faccina che più rispecchia il proprio dolore.
A seconda dell'età del bambino i bisogni comunque cambiano, le capacità
cognitive e verbali sviluppate con la crescita agevolano l'esternazione degli stati
d'animo, delle necessità, dei desideri ma soprattutto del dolore, ovviamente
l'infermiere deve tener conto dell'età del bambino per valutare il miglior approccio
possibile, mirando a un efficace comunicazione e comprensione del bambino,
ovviamente avvalendosi della collaborazione attiva dei genitori.
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Il bambino ospedalizzato necessita della presenza costante dei genitori che, oltre a
rassicurare il bambino, rappresentano un'interfaccia nel rapporto con il personale
sanitario ed un potente mezzo di comunicazione con il bambino stesso.
Analizziamo, quindi, il rapporto fra famiglia e ospedale.
L'ospedalizzazione di un bambino, provoca nei genitori uno stato di stress dovuto,
oltre che alla preoccupazione per lo stato di salute del piccolo anche alle
ripercussioni sociali che ne derivano.
La riorganizzazione delle abitudini sociali come orari di lavoro, la permanenza in
un luogo estraneo come il reparto di degenza e l'interazione continua con il
personale medico e infermieristico, possono aggravare il carico di stress di un
genitore e degli altri membri della famiglia.
L'infermiere ha un ruolo fondamentale nell'aiutare le famiglie ad adattarsi alla
malattia sia cronica che acuta.
Quando si stabilisce una relazione con la famiglia favorendo la comprensione dei
piani assistenziali, e vi partecipano, si da un senso di “controllo ” che riduce il
senso di impotenza che si sviluppa davanti ad una malattia.
La delega delle attività assistenziali è un modo costruttivo messo in pratica
dall'infemiere per sensibilizzare ed istruire la famiglia alla collaborazione sia
durante la degenza che in prospettiva della dimissione dall'ospedale.
Il rapporto che si instaura fra infermiere e genitori deve essere di mutua
complicità finalizzata al raggiungimento del benessere del bambino. In tal modo
tutti gli interventi, permettono di mantenere e promuovere il benessere fisico,
emotivo e sociale sia alla famiglia che al paziente.
A tal fine è fondamentale per la risoluzione di eventuali problemi presentati dalla
famiglia dare un senso di accettazione ad impressioni e opinioni espresse,
fornendo suggerimenti facilmente attuabili.
Un elemento utile nel corso della degenza è il gioco terapeutico, infatti il gioco è
il meccanismo con cui il bambino interagisce maggiormente con l'ambiente e con
il quale comunica e controlla ciò che lo circonda, questo può esser sfruttato per
portare il bambino a una posizione di “controllo” verso l'ospedalizzazione. Negli
ospedali pediatrici, infatti, sono presenti attività volte alla ricreazione e al gioco
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dei bambini ricoverati che hanno la funzione di prevenire in parte la paura della
malattia o dal dolore che può scaturirne, favorire un ambiente confortevole,
accogliente e che non incuta timore. In esso il bambino può interagire con altri
bambini e adulti che non siano coinvolti in manovre assistenziali. Un'altra grande
funzione del gioco terapeutico è la possibilità del bambino di scegliere, infatti la
scelta di poter andare a proprio piacimento nella “stanza del gioco” abbassa lo
stato d'ansia e il senso di non aver più il controllo del proprio corpo.
19
CASO CLINICO 1
Bambina di 3 anni e 11/12,
Anamnesi personale: nata alla 42° settimana di EG da taglio cesareo di elezione.
Vengono riferite infezioni ricorrenti delle alte vie aeree.
Anamnesi patologica prossima: febbre elevata (> 39°C) da 8 giorni associata ad
inappetenza, tosse catarrale, dolore toracico e addominale.
All'ingresso in reparto: peso 18,500 Kg, condizioni generali mediocri, respiro
superficiale e dolore toracico riferito anteriormente con difficoltà all’espansione
toracica.
Parametri vitali: SaO2 95% in aria ambiente, FC 100 bpm, PA nella norma.
Esami ematochimici:
•
WBC 17,930/ml3 (N 81.4%), Hb 12 g/dl, Plts
383,000/ml3, PCR 24.6 mg/dl.
•
Cutireazione di Mantoux: negativa;
•
Emocoltura: negativa.
Rx torace: ridotta espansione del lobo inferiore sinistro che appare addensato
come da probabile condizione di flogosi. Si associa reazione pleurica con
presenza di modesto versamento circonferenziale.
ETG emi-torace sinistro: l'immagine mette in evidenza una epatizzazione del
polmone sinistro, verosimilmente di tipo flogistico. Si associa versamento
pleurico circonferenziale ad alta densità per presenza di numerosi sottili setti
iperecogeni. Il polmone presenta superficie lievemente irregolare. Il reperto è
verosimilmente compatibile con una condizione di flogosi parenchimale e
marcato versamento pleurico ad elevata densità.
20
Inizia terapia antibiotica ad ampio spettro con Ceftriaxone e Netilmicina
EV, soluzione reidratante Normosol M, e Paracetamolo come terapia analgesica
ed antipiretica.
In 4° giornata di degenza le condizioni della piccola peggiorano: esacerbazione
del
dolore toracico e addominale che il paracetamolo non controlla
completamente, la SaO2 scende a 91%, FC 170 bpm, la febbre persiste invariata
nonostante la terapia antibiotica ad ampio spettro.
In 9° giornata inizia Ossigeno terapia (5 l/min) in maschera e viene modificata la
terapia antibiotica. Inoltre, si decide di posizionare drenaggio toracico allo scopo
di evacuare il versamento e praticare lavaggi con Urochinasi 40.000 UI due volte
al giorno.
In tale periodo vengono monitorati la quantità di drenato, bilancio idrico
entrata/uscita, alimentazione e parametri vitali.
Come mostrato dalla Figura 1, viene osservato rapido miglioramento delle
condizioni cliniche, confermato sia dalla defervescenza della febbre che
dall'azzeramento della PCR. La guarigione viene ulteriormente confermata sia
radiologicamente che ecograficamente.
La bimba viene dimessa dopo 20 giorni di degenza guarita.
21
Figura 1. Valori della temperatura corporea (°C) auricolare dal 1° al 12° giorno di
ricovero.
Figura 2. Valori della PCR (mg/L) dal 1° al 12° giorno di ricovero.
POSIZIONAMENTO
CATETERE
22
Figura 3
Figura 4
23
CASO CLINICO 2
Bambino di 3 anni e 3/12,
Anamnesi personale:
nato da parto spontaneo alla 39° settimana di età
gestazionale. Viene riferito lieve ritardo psicomotorio e del linguaggio.
Anamnesi patologica prossima: da dieci giorni presenta febbre elevata, tosse,
vomito e dispnea.
Il primo Rx torace eseguito in Pronto Soccorso mostra la presenza di massivo
versamento pleurico destro, con atelettasia sub-totale del parenchima polmonare.
Viene quindi ricoverato presso la Chirurgia Pediatrica di Sassari.
All'ingresso le condizioni generali sono discrete, la temperatura auricolare è di
37°C, SaO2 94% in aria, FC 135 bpm .
Pratica esami ematochimic, i cui risultati mostrano:
1.
WBC 4900 ml3, Hb 11.3 g/dl, Plts 1.011.000 ml3, PCR 20.77 mg/dl.
2.
Cutireazione di Mantoux e Quantiferon negativi.
Portato in sala operatoria, si posiziona drenaggio pleurico fra il 4° e 5° spazio
intercostale destra sulla linea ascellare media e si aspirano 500 ml di liquido siero
purulento.
1.
Esame culturale del liquido pleurico: negativo
2.
Esame delle urine: positivo per Streptococco Pneumoniae.
Inizia terapia antibiotica ad ampio spettro con Teicoplanina e Ceftriaxone EV.
Attraverso il drenaggio toracico pratica lavaggi con Urochinasi 40.000 UI che
prosegue per 5 giorni.
Decorso clinico regolare, durante il quale mantiene buona saturazione in aria, con
graduale miglioramento delle condizioni generali.
In tale periodo vengono monitorati la quantità di drenato, bilancio idrico
entrata/uscita, alimentazione e parametri vitali.
24
Durante la degenza, il bimbo sfila inavvertitamente il catetere che deve essere
quindi riposizionato.
Inoltre, per consentire una deambulazione autonoma, il bottiglione di raccolta è
stato assicurato dentro una scatola di cartone.
In 19° giornata di ricovero, il bambino viene trasferito quindi presso la Divisione
Pediatria Infettivi per proseguire l'iter diagnostico e terapeutico.
TC Torace HR: a destra si riconosce una condizione di idropneumotorace ed
una estesa area di consolidamento del parenchima polmonare a carico di parte
del lobo superiore, della porzione laterale del lobo medio e di gran parte del lobo
inferiore. Si riconosce un drenaggio pleurico a destra con apice all'altezza del VI
spazio intercostale sull'ascellare media.
Il bambino ormai in buone condizioni generali presenta ormai la necessità di
muoversi e di alzarsi dal letto pur restano in braccio con i genitori.
Inizia, quindi, fiosioterapia motoria e respiratoria.
Probabilmente a causa dei continui spostamenti, il drenaggio toracico si disloca
dalla sede e quindi viene rimosso pur essendo presente un lieve pneumotorace che
si pensa verrà riassorbito spontaneamente. Dopo la rimozione del drenaggio la
dinamica respiratoria risulta invariata. Sat. O2 98% in aria,
Si decide di lasciare il bambino senza drenaggio, visto il persistere delle buone
condizioni generali e dei parametri respiratori: SaO2 98% in aria, MV ridotto ma
presente sia anteriormente che posteriormente in sede medio basale a destra.
Viene mandato a domicilio in dimissione protetta, e rivalutato dopo circa 15
giorni.
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Al termine di tale periodo rientrato in reparto, il piccolo presenta marcata dispnea
con rientramenti intercostali, e riduzione della SaO2 96%.
Rx torace di controllo: rispetto al controllo precedente appare peggiorato per
notevole incremento della componente aerea del pneumotorace a destra che
determina attualmente spostamento del mediastino verso sinistra. Il polmone
destro appare completamente collassato. Il sinistro appare nel complesso bene
espanso.
Viene quindi posizionato drenaggio a liv del VI intercostale e drenaggio
estemporaneo all'apice.
Ripete Rx torace: Notevole miglioramento del quadro radiologico.
Il bambino mantiene il drenaggio per circa 7 giorni, fino a risoluzione del
pneumotorace ed infine dimesso in buone condizioni generali.
26
Figura 5. RX Supino.
27
DISCUSSIONE
I casi descritti sono un esempio emblematico dell'evoluzione della malattia:
entrambi sono probabilmente insorti come polmonite batterica che è evoluta
rapidamente in empiema pleurico.
In entrambi i casi il drenaggio toracico ha avuto scopo terapeutico sia per
eliminare il liquido e/o l'aria presente in cavo pleurico, sia come accesso per la
terapia con Urokinasi.
Nel caso della bambina il drenaggio toracico si è reso necessario, nonostante la
quantità del versamento non fosse molto abbondante. Infatti, a causa della
formazione di setti che incistavano il pus rendendo difficile la penetrazione
dell'antibiotico, si è verificato il peggioramento delle condizioni generali della
bambina. Il drenaggio toracico ha modificato in modo eclatante l'andamento della
malattia con rapido miglioramento delle condizioni cliniche fino a guarigione.
Nel caso del bambino, invece, l'entità del versamento, che coinvolgeva l'intero
emitorace, ha imposto il drenaggio immediato con un evidente beneficio. Nella
seconda fase della degenza il decorso è stato complicato dall’insorgenza di
pneumotrace dovuto probabilmente a rottura di qualche alveolo o a tramite
fistoloso broncopleurico.
I due casi sono complementari l'uno con l'altro mostrando il primo la "necessità"
del drenaggio toracico, il secondo la complicanza più frequente rappresentata dal
pneumotorace.
Entrambi i casi hanno richiesto un’assistenza infermieristica intensiva fin dalle
prime fasi dell'accoglienza dei piccoli pazienti in ospedale.
In fase di Triage in Pronto Soccorso è importante riconoscere e valutare la
presenza di segni e sintomi che indichino il distress respiratorio che rappresenta
sempre un'urgenza.
Gli stessi segni di distress vanno poi ricercati lungo il decorso della malattia in
quanto indicano la risposta del paziente alla terapia o viceversa un aggravamento
e/o l'insorgenza di complicanze.
28
Particolare attenzione va posta anche nel curare l'igiene personale, insegnando ai
genitori le manovre adeguate (per il cambio del pannolino, per esempio) nella
mobilitazione del paziente tramite piccoli espedienti che permettano l'interazione
del bambino con i genitori nonostante la limitazione imposta "dai vari fili"
(drenaggio, flebo, sensori per il monitoraggio). Nel caso del bambino, nonostante
gli accorgimenti escogitati, il catetere si è sfilato ed è stato necessario il
riposizionamento.
Particolare attenzione va posta anche nel controllo del dolore. I 2 casi descritti
lamentavano dolore toracico e/o addominale al momento della presentazione
clinica. Nell'accogliere i piccoli pazienti è stata cura dell'infermiere cercare di
valutare l'entità del dolore sia valutando l'espressione del bambino, come indicata
da segni anche indiretti quali l'atteggiamento posturale, la presenza di pianto,
modalità del respiro, e sia proponendo il test del face pain scale (test di WongBaker) e facendogli indicare quale secondo lui è la faccina che corrisponde al suo
dolore e quindi trattandolo tempestivamente.
Nel post operatorio invece, è stata prevista una terapia antalgica mirata al
controllo del dolore.
Nei casi da noi osservati il trattamento con Urochinasi è stato praticato per 5
giorni, in entrambi la terapia ha sortito un effetto positivo portando alla lisi dei
tralci fibrosi e quindi alla completa guarigione dei pazienti.
Le complicanze rappresentate dall'uso di Urochinasi in età pediatrica sono poche:
trattandosi di una proteina umana ricombinante è scarsamente immunogena per
cui le reazioni di ipersensibilità sono rare, cosi come sono stati descritti pochi casi
di sanguinamento.
Da quanto detto risulta chiaro che la sorveglianza e l'assistenza infermieristica è
fondamentale nella gestione di questi pazienti al fine giungere ad un esito positivo
privo di complicanze.
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CONCLUSIONI
La frequenza di empiema pleurico è ridotta rispetto al passato grazie alla
vaccinazione contro Haemophilus e Pneumococco. Quando presente, l'empiema
pleurico va drenato se non risponde prontamente alla terapia antibiotica ad ampio
spettro. La corretta gestione del drenaggio toracico e della terapia fibrinolitica
(tempi di somministrazione, cambiamenti posturali, ginnastica respiratoria) è
affidata all'infermiere. L'uso dell'urochinasi rappresenta un buon ausilio
terapeutico in quanto favorisce la normale circolazione del liquido pleurico
consentendo il drenaggio del pus. Inoltre, non meno importante, ha un ruolo
fondamentale nel prevenire la formazione di aderenze intrapleuriche conseguenti
al processo infiammatorio.
La cura del rapporto infermiere - genitori permette una migliore gestione del
paziente, permettendo, inoltre, di ridurre l'ansia e la paura che le manovre invasive
e l'ospedalizzazione prolungata possono provocare.
30
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