Sicurezza e tollerabilità del ritrattamento con interferone-alfa natural cocitario nei pazienti affetti da cirrosi epatica HCV-correlata o epatite cronica C sottoposti a precedente terapia con interferone peghilato Indice Un caso di cirrosi epatica scompensata da HCV Child B9, trattata con interferone-alfa naturale 3 Giosuele Calabria Il trattamento con interferone leucocitario + ribavirina in un paziente di 80 anni con HCV cronica genotipo 2, in fase di cirrosi compensata 6 Roberto Carbone L’uso dell’interferone-alfa naturale nel trattamento dell’epatite cronica da virus C 10 Pellegrino Dattolo Trattamento “long-term” della cirrosi epatica HCV-correlata con interferone-alfa naturale 13 Carmine Fonderico Interferone leucocitario, ribavirina e acidi biliari in un caso di epatite cronica da HCV e positività per anticorpi anti-mitocondri 15 Ignazio Grattagliano Utilizzo dell’interferone-alfa leucocitario nel ritrattamento di pazienti cirrotici con infezione da HCV intolleranti all’interferone peghilato. Esperienza anni 2003-2012 18 Alfonso Liberti Normalizzazione della piastrinopenia dopo reintroduzione di interferone naturale, in paziente HIV già trattato con successo per l’infezione cronica da HCV con interferone-alfa leucocitario e ribavirina 20 Carmelo Mangano, Rosa Basile, Mariastella Carpentieri, Saverio De Lorenzo, Giuseppe Ieropoli, Alfredo Kunkar, Maria Polimeni, Giuseppe Foti Trattamento a lungo termine con interferone leucocitario di una paziente con cirrosi da HBV-HDV Michele Milella 24 Successo terapeutico in un paziente con habitus ansioso e turbe caratteriali acuite dall’uso di interferoni peghilati 28 Salvatore Minniti Il trattamento con interferone-alfa leucocitario in una paziente anziana, di anni 68, affetta da cirrosi epatica HCV-correlata e vasculopatia ipertensiva 32 Vincenzo Narciso, Valeria Narciso Ritrattamento con interferone-alfa naturale leucocitario di un paziente affetto da epatite cronica C non responder a precedenti trattamenti 35 Giuseppe Sabusco Ritrattamento con interferone-alfa leucocitario (alfaferone) in paziente con cirrosi epatica da HCV genotipo 1b e severa leucopiastrinopenia intollerante a Peg-IFN-alfa 2a 38 Rodolfo Sacco Interferone naturale e risposta virologica sostenuta in paziente con epatite cronica HCV-relata 42 Maria Pina Sciotti, Simona Antonelli, Paolo Rosselli Epatite cronica HCV-correlata genotipo 1b in donna di nazionalità ucraina con risposta virologica sostenuta al trattamento con interferone-alfa naturale dopo precedenti fallimenti terapeutici 45 Annarita Sullo Flare epatitico dopo ciclo di immunochemioterapia per linfoma non-Hodgkin in paziente con epatite cronica HCV+genotipo 1B e fibrosi severa trattato con interferone-alfa leucocitario 48 Marco Tabone Trattamento con interferone-alfa leucocitario e ribavirina: una possibile alternativa terapeutica in soggetti con cirrosi epatica HCV-correlata in classe A di Child complicata da marcata piastrinopenia (<60.000 mm3) Mario Vaccaro, Vincenzo Gallo, Andrea Vaccaro 51 Un caso di cirrosi epatica scompensata da HCV Child B9, trattata con interferone-alfa naturale Giosuele Calabria Azienda Ospedaliera ”D. Cotugno”, Napoli Introduzione La terapia antivirale con interferone (IFN) è controindicata nella cirrosi epatica scompensata e tale controindicazione risiede nell’elevato rischio di complicanze legate al trattamento (anemia, piastrinopenia, leucopenia, infezioni); inoltre la terapia antivirale ha minori possibilità di successo. Riportiamo l’esperienza avuta con un paziente già seguito dal marzo 2010 con cirrosi epatica da virus C. Il primo approccio si è verificato in ricovero ordinario, con valutazione della malattia epatica avanzata e caratterizzata da ascite ed emorragia digestiva recidivante. Note anamnestiche D.C., 57 anni, maschio, di professione impiegato, che presenta, al ricovero, un versamento ascitico e un episodio di melena. Gli accertamenti effettuati permettono di porre la diagnosi di “cirrosi epatica da HCV (Hepatitis C virus)”classe B di Child (Marzo 2010). Nell’ottobre del 2010 il paziente è avviato al centro di rifermento cittadino di trapianto di fegato per l’inserimento nella lista d’attesa. A no- vembre del 2010 si verifica un episodio di sanguinamento da rottura di varici esofagee e, superato tale evento, il paziente si sottopone alla legatura delle varici. Quadro clinico Esami eseguiti Ematochimici (Tab. I) Strumentali 1. Ecografia addome superiore (marzo 2010): • ecotessitura epatica disomogenea e grossolana, con margini finemente irregolari; • assenza di lesioni focali; • calibro della vena porta aumentato (diametro 13 mm), vasi portali ectasici; • colecisti ablata; • splenomegalia (diametro longitudinale 16 cm) presenza di ectasie a livello della gastrica sinistra; falda ascitica. 2. TC addome superiore (marzo 2010): • versamento libero in peritoneo; • fegato dismorfico per iperplasia della piccola ala, segni di cirrosi e splenomegalia; • varici a livello del tratto distale dell’esofago. 3. Ecografia addome superiore (ottobre 2010): • lobo destro epatico ridotto di volume, ipertrofia del lobo sinistro e del caudato, margini irregolari, ecostruttura diso- Tabella I. HCV-RNA metodo PCR real time. ASL (10-40 UI-L) ALT (10-60 UI-L) Bilirubina (0,1-1,2 mg/dl) Albumina (>3,5 g/dl) PCHE (4.000-13.500 UI/L) T.Quick (70-130%) PLT (130-400x1.000/microl) Hb (14-18 g/dl) AFP (>8 ng/dl) HCV-RNA(1,5E E+1-1E+8 UI/ml) Genotipo 01-03-10 01-05-10 01-10-11 60 110 62 78 143 80 2,1 1,7 2,4 2,4 3,7 3,3 2.480 5.100 2.900 38 68 42 71 73 68 7,3 10,5 8,9 15 9 13 2,2 E+6 UI/ml 2,6 E+6 UI/ml 2a2c 3 GIOSUELE CALABRIA mogenea senza lesioni focali; • splenomegalia, ectasia delle radici della vena splenica e dell’asse splenoportale. 4. Color-doppler (ottobre 2010): • riduzione del flusso epatopeto (trombosi portale?) a livello della vena porta intraepatica. 5. Esofagogastroscopia (ottobre 2010): • presenza di cordoni varicosi (n. 3 cordoni), 2 (F3) e 1 (F2); • gastropatia ipertensiva, iperemia della mucosa antrale con presenza di erosioni. 6. Ecografia addome superiore (maggio 2011): • fegato di volume aumentato con ipertrofia lobo sinistro e caudato, ecotessitura disomogenea ed ecostruttura grossolana; • assenza di lesioni focali. • asse splenoportale ectasico (vena porta diametro 13 mm) e pervio; • flusso invertito nel tronco principale e nel ramo destro, epatopeto nei rami intraepatici di sinistra, nella vena splenica, circolo della vena gastrica sinistra a flusso epatofugo; • splenomegalia con ectasia delle varici venose all’ilo. Dopo l’intervento di legatura delle varici esofagee (gennaio 2011), le 4 condizioni cliniche del paziente migliorano notevolmente e nei followup che seguono, pur notando un miglioramento dei parametri biochimici, si riscontra il persistere di una significativa attività necro-infiammatoria, evidenziata dal movimento del valore delle transaminasi. Trattamento Valutata la situazione, condizioni chimiche soddisfacenti, paziente motivato e collaborativo si decide per un trattamento con IFN. Nel dicembre 2011 il paziente inizia la terapia che porterà a termine nel giugno 2012 con IFN-alfa naturale (fiala da 6 MUI) sottocute a giorni alterni: non viene associata la ribavirina, data la tendenza all’anemia (livelli di Hb mai superiori a 10,5 g/dl) e la relativa minore aggressività del genotipo infettante (2a/2c). Il paziente non aveva, in passato, mai praticato una terapia interferonica e il programma di follow-up, presso il nostro DH, ha previsto controlli settimanali, per il primo mese e, in seguito, mensili. Riportiamo, nella tabella II, la risposta al trattamento a inizio, 3° e 6° mese e a 6 e 12 mesi dal termine della terapia. Durante la cura non si è verificato nessun effetto collaterale di rilievo e il paziente ha portato a termine i 6 mesi preventivati. Cardine fondamentale di questa esperienza è stata l’attenta, e forse anche fortunata, gestione clinica del paziente: il controllo degli episodi di sanguinamento e il miglioramento della funzionalità epatica ci hanno permesso di prendere in considerazione la terapia interferonica. Valutati i rischi e i benefici l’obiettivo minimo è stato quello di ridurre l’attività necroinfiammatoria e, quindi, lo stimolo alla rigenerazione epatocitaria. Come si può constatare dai valori degli esami di laboratorio, pur a fronte di un peggioramento o di una stazionarietà di alcuni valori (riduzione dei valori di Hb, dei globuli bianchi e delle piastrine) il paziente ha, nel complesso, ben tollerato il ciclo di terapia interferonica, ottenendo l’obiettivo prefissato, ossia la riduzione dell’attività necro-infiammatoria con normalizzazione delle transaminasi. Si è poi associata la risposta virologica con la clearance del virus. Sia la risposta virologica che quella biochimica persistevano a 12 mesi dalla sospensione della terapia e all’ultimo controllo, effettuato a dicembre-maggio 2013, le transaminasi erano nella norma e la viremia assente. Il miglioramen- UN CASO DI CIRROSI EPATICA SCOMPENSATA DA HCV CHILD B9, TRATTATA CON INTERFERONE-ALFA NATURALE Tabella II. Risposta al trattamento a inizio, 3° e 6° mese e a 6 e 12 mesi dal termine della terapia. Inizio terapia 01-12-11 AST (10-40 UI/L) 160 ALT (10-60 UI/L) 193 Bilirubina (0,1-1,2 mg/dl) 1,9 PCHE (4.000-13.500 UI/L) 4.800 Albumina (>3,5 g/dl) 3,6 Gammaglobuline (12-22,5%) 35,2 T.Quick (70-130%) 67 G.B. (4,8-10,8x1.000/microl) 4,1 PLT (130-400x1.000/microl) 68 Hb (14-16 g/dl) 10 AFP (<8 ng/ml) 14 HCV-RNA 1,8 E+6 UI/ml to clinico si è consolidato, con buona performance dell’attività protido-sintetica e riduzione dei valori di AFP (alfafetoproteina). Conclusioni La nostra esperienza può indicare due fatti: a. la non assoluta controindicazione al trattamento interferonico in corso di cirrosi epatica avanzata HCV-correlata, purché, chiaramente, il paziente cirrotico, candidato alla terapia venga selezionato, valutato e monitorizzato costantemente; b. il rallentamento della progressio- 3° mese 01-03-12 36 54 2,2 5.300 3,6 35 65 3,8 50 9,2 7 Assente Fine terapia 01-06-12 34 28 1,8 6.400 3,8 30 71 2,6 52 9 8 Assente ne della malattia con miglioramento degli indici di funzionalità epatica e la riduzione del rischio di sviluppare l’epatocarcinoma. L’abbattimento della carica virale, anche temporanea, dovuta alla soppressione dell’attività replicativa del virus, riduce il processo necrotico-infiammatorio e determina un recupero clinico-funzionale con miglioramento degli indici di funzionalità epatica. Che l’effetto della risposta biochimica e virologica sostenuta nel tempo sia in grado di migliorare anche la fibrosi epatica (osservazioni documentate nelle forme precoci di cirrosi), nel nostro caso non è sostenibile in quanto risulta poco consigliabile sottoporre Follow-up 6 mesi Follow-up 12 mesi 01-12-12 01-05-13 28 35 28 40 2 2,1 6.700 5.800 3,9 3,7 28,5 29 70 68 4,1 4 68 70 10,8 11,2 6 4 Assente Assente tale paziente alla biopsia epatica. Concludiamo sottolineando che, pur nell’entusiasmo del buon risultato, non abbiamo considerato di rimuovere il paziente dalla lista del trapianto. Infatti, pur migliorando la malattia epatica e la sintomatologia a essa correlata, dovuta all’azione sulla noxa patogena con riduzione dell’attività necro-infiammatoria, per quanto possa essere sostenuta l’azione terapeutica, rimane comunque un grosso interrogativo: questa sottrarrà il paziente allo scompenso terminale, visto che in tali soggetti la recidiva dell’epatite C è molto frequente e perciò l’evento terminale potrebbe insorgere improvvisamente e in maniera molto rapida? 5 Il trattamento con interferone leucocitario + ribavirina in un paziente di 80 anni con HCV cronica genotipo 2, in fase di cirrosi compensata Roberto Carbone Ambulatorio di Epatologia, ASO di Alessandria Introduzione Il trattamento dei pazienti anziani (over 65 anni), affetti da epatite cronica C, è da sempre stato oggetto di controversie scientifiche per la difficoltà a quantificare il reale rapporto rischio-beneficio del trattamento stesso. Le domande che più frequentemente si pone il clinico, quando deve decidere in merito, sono relative agli eventuali vantaggi derivanti dall’eradicazione virale e in che percentuale questa possa favorevolmente influire in termini di aumento di sopravvivenza per riduzione di cirrosi scompensata e riduzione di comparsa di HCC (carcinoma epatocellulare), in pazienti anziani, con epatopatia in fase avanzata e fibrosi 3-4 secondo Metavir (misurata con Fibroscan) o Staging 4-6 alla biopsia epatica, secondo Ishak. Questi dubbi hanno fortemente limitato l’approccio terapeutico al paziente con età >65 anni e molti colleghi non si sono di fatto dedicati a questa tipologia di pazienti, considerandoli, inoltre, troppo difficili da trattare e con scarsa risposta. Occorre innanzitutto chiarire cosa si intenda per paziente “anziano”. 6 Senza entrare nel merito di concetti prettamente filosofici è però indubbio come il concetto di anzianità si sia profondamente modificato nel corso degli ultimi decenni. Durante i primi trattamenti con interferone (IFN), venivano considerati anziani e non eleggibili al trattamento, molti pazienti con età superiore a 60 anni e negli stessi studi registrativi delle terapie con IFN; la scheda tecnica riporta l’utilizzo del farmaco testato in un range di età 18-65 anni. L’approccio al paziente >65 anni è stato pertanto fortemente limitato dalla giusta prudenza per le incognite sulla tolleranza al trattamento con IFN±ribavirina (RBV) e dalla scarsità di dati sui risultati del trattamento stesso in termini di raggiungimento della SVR nel paziente anziano con fibrosi avanzata e sugli effetti collaterali del trattamento. Il risultato di questo prudente comportamento del clinico, nei confronti del paziente over 65 anni con HCV (Hepatitis C virus) cronica, ha però condotto al risultato di trovare attualmente un numero rilevante di pazienti ultrasettantenni, senza particolari comorbilità e in buone condizioni generali fisiche e psichiche, ma con cirrosi compensata o comunque, con fibrosi avanzata oppure ricoverati per scompenso ascitico o per comparsa di HCC. Nella mia personale esperienza in merito ho trattato, dal 1996 a oggi, oltre 80 pazienti over 65 anni con fibrosi avanzata o con cirrosi compensata HCV-correlata, con il risultato di avere ottenuto una SVR (sustained virological response) del 25% nei pazienti con genotipo 1 e dell’80% nel genotipo 2. Nel gruppo dei pazienti trattati, che hanno raggiunto la SVR, non si è registrato a tutt’oggi alcun caso di scompenso epatico e si è registrato un solo caso di HCC a distanza di 10 anni da una SVR ottenuta su fegato cirrotico. I drop-out sono stati inferiori al 3% e si è potuta documentare una netta regressione della fibrosi epatica rilevata al fibroscan dopo il trattamento. Il ricorso ai fattori di crescita granulocitari o alla eritropoietina è risultato sovrapponibile ai pazienti di età inferiore ai 65 anni. Altrettanto evidente è stato il risultato ottenuto sulla valutazione comparativa, prima e dopo il trattamento, dei valori di attività protrombinica, colinesterasi, sintesi del colesterolo, albuminemia, valore asso- IL TRATTAMENTO CON INTERFERONE LEUCOCITARIO + RIBAVIRINA IN UN PAZIENTE DI 80 ANNI CON HCV CRONICA GENOTIPO 2, IN FASE DI CIRROSI COMPENSATA luto delle piastrine. Nel trattamento del paziente cirrotico over 65, con genotipo virale 2 i miei risultati, in termini di SVR, sono stati, come già anticipato, dell’80% rispettando però le condizioni di seguito indicate. • Durata ottimale del trattamento: 24 o 48 settimane, a seconda della rapidità della risposta virologica. • Dosaggio ottimale del trattamento. • Gestione e correzione tempestiva degli effetti collaterali. • Tolleranza soggettiva al trattamento, che permetta di portare a termine il trattamento stesso. Il gold standard, nel trattamento dell’epatopatia cronica HCV-correlata genotipo 2 e 3 è certamente rappresentato dall’associazione di INF peghilato (Peg-IFN)-alfa-2a o alfa-2b + RBV, ma una delle cause possibili di interruzione di tale trattamento è proprio l’intolleranza soggettiva al Peg-IFN. L’intolleranza spesso migliora spontaneamente con il proseguimento della terapia o con la riduzione posologica dell’IFN-alfa-2a, da 180 µg/sett. a 135 µg/sett. e dell’INF-alfa-2b a 1 µg/kg/sett. A volte, però, la riduzione dell’INF non risolve il problema dell’intolleran- za soggettiva. In questi precisi casi l’utilizzo dell’INF leucocitario rappresenta una preziosa risorsa, che permette di portare a termine la terapia, rispettandone i tempi previsti di trattamento. Il caso clinico Il paziente T.L. di 80 anni, italiano, accede per la prima volta presso il nostro Ambulatorio di Epatologia nel mese di novembre del 2011, in seguito al recente occasionale riscontro di positività all’HCV durante accertamenti preoperatori per un intervento di plastica aortica. L’accertamento di altre patologie indicava un’ipertrofia prostatica. Ottime risultavano le condizioni generali complessive, fisiche e psichiche del paziente, che è totalmente autonomo. Le terapie in atto sono: acido acetilsalicilico, tamsulosina, atenololo, enalapril da 5 mg. Viene completato il corretto inquadramento diagnostico. Esami di laboratorio e strumentali A febbraio del 2012, la situazione risulta come di seguito indicato. • Epatopatia cronica HCV-correlata, genotipo 2, in cirrosi compensata. • HCV-RNA: 1.848.000 UI. • AST e ALT aumentate di 1,5 i valori normali, con inversione del rapporto AST/ALT. • Pregressa epatite A. • Recettivo per HBV: praticata vaccinazione. • Emocromo nella norma; PLT, nella norma. • ETG addome con fegato aumentato di volume a struttura disomogenea e steatosica, e milza, nei limiti. • Elastografia epatica, con riscontro di F 4 e Stiffness di 21,5 Kpa. • Funzionalità renale, tiroidea, nella norma. • Autoanticorpi: assenti. • Crioglobuline: assenti. • Peso kg 74.00, H 170 cm. La decisione terapeutica Il paziente, adeguatamente informato sullo stadio della patologia epatica e sulle problematiche connesse a un’eventuale terapia, risultava determinato ad affrontare il ciclo terapeutico con Peg-IFN-alfa2b alla posologia di 1,5 µg/kg/sett. + RBV 4 cp die da 200 mg. 7 ROBERTO CARBONE La durata del piano terapeutico veniva fissata in 24 settimane, prorogabili eventualmente a 48, sulla base della risposta virologica e della tolleranza. Il trattamento La terapia veniva iniziata a febbraio 2012 con Peg-IFN-alfa-2b 1,5 µg/kg/settimana + RBV 800 mg/die. Tolleranza soggettiva al trattamento da subito scarsa, non miglioramenti nel corso del trattamento stesso, pur senza particolari ripercussioni sulla crasi ematica, tranne una progressiva piastrinopenia, irrilevante sul rischio emorragico. Febbre, artromialgie, inappetenza e calo ponderale. Non tosse, non dermatite. Risposta virologica alla terapia, buona, ma non ottimale, senza raggiungere infatti la RVR. Gli effetti collaterali erano quindi imputabili esclusivamente al Peg-IFN. Nella tabella I vengono riportati i principali parametri rilevati al baseline e dopo 4 settimane e 12 settimane, utilizzando Peg-IFN-alfa2b +RBV. Tolleranza soggettiva pessima, con astenia marcata e artromialgie diffuse, inappetenza e calo 8 Tabella I. Principali parametri rilevati al basale e dopo 4 settimane dopo trattamento con Peg-IFN-alfa 2b+RBV. Parametri di laboratorio Globuli bianchi Globuli rossi Emoglobina PLT AST ALT HCV-RNA Peso kg Al baseline 5.000 mcl 5.300.000 mcl 15,2 g/dl 229.000 mcl 78 U/I ( 0-40) 68 U/I ( 0-45) 128.000 UI/ ml 74 ponderale di 4 kg in 12 settimane. Febbre per 2 giorni dopo ogni somministrazione di Peg-IFN, pur ridotto dalla 8a settimana di terapia a 1 µg/kg/settimana. Non venendo raggiunta la risposta virologica precoce (RVR), ma avendo comunque raggiunto la completa negativizzazione della carica virale alla 12ª settimana e trattandosi di un paziente con fibrosi avanzata, si proponeva di protrarre il trattamento per complessive 48 settimane. In considerazione della cattiva tolleranza soggettiva alla terapia con Peg-IFN, veniva illustrata, al paziente, una diversa opzione curativa, con la sospensione del Peg-IFN stesso e il passaggio all’INF leucocitario, meglio tollerato, con la finalità di condurre a Dopo 4 settimane 4.300 mcl 4.150.000 mcl 12 g/dl 108.000 mcl 22 U/I 18 U/I 30 UI/ml 71 Dopo 12 settimane 4.200 mcl 4.096.000 mcl 11,7 g/dl 88.000 mcl 24 U/I 19/UI <15 UI 70 termine il programmato ciclo terapeutico di 48 settimane. Il cambio del Peg-IFN con IFN leucocitario Si proponeva quindi al paziente di modificare la terapia, sostituendo il Peg-IFN-alfa-2b, già utilizzato alla posologia ridotta di 1,0 µg/kg/settimana, con IFN leucocitario, 3 MU a dì alterni (alfaferone), mantenendo la RBV al dosaggio precedente di 4 cp die da 200 mg. Veniva quindi redatto un nuovo piano terapeutico per la durata di 36 settimane, per completare le 48 settimane complessive di trattamento, in un paziente cirrotico, senza raggiungimento della risposta virologica precoce. IL TRATTAMENTO CON INTERFERONE LEUCOCITARIO + RIBAVIRINA IN UN PAZIENTE DI 80 ANNI CON HCV CRONICA GENOTIPO 2, IN FASE DI CIRROSI COMPENSATA Andamento della terapia e tolleranza al nuovo trattamento La tolleranza soggettiva alla nuova terapia con IFN leucocitario si mostrava da subito ottima e tale si manteneva nelle rimanenti 36 settimane di terapia, con scomparsa della febbre, delle artromialgie, miglioramento dell’astenia e dell’appetito, con progressiva ripresa del peso, pur senza raggiungere quello del baseline. Nella tabella II vengono riportati i valori dei principali parametri di laboratorio alla 16ª, 24ª e 48ª settimana di terapia, con alfaferone 3 MU a dì alterni + RBV 4 cp/die da 200 mg. La terapia di 36 settimane con IFN leucocitario 3 MU a dì alterni + RBV 800 mg/die, terminava il 2 febbraio 2013 e iniziava il previsto follow-up semestrale. Al controllo a distanza di 6 mesi dal termine del trattamento (agosto 2013) indicava i valori di seguito indicati. • HCV-RNA: negativo. • Risultato del trattamento: risposta virologica sostenuta (SVR). • Elastografia epatica di controllo, passata da 21,5 Kpa (F 4) a 7,1 Kpa (F 1). • ETG di controllo: fegato e milza, nei limiti, non lesioni focali. Conclusioni Il passaggio in corso di trattamento all’IFN leucocitario ha permesso di condurre a termine una terapia su un paziente cirrotico anziano, che diversamente avrebbe interrotto il trattamento precedentemente impostato, alla 12ª settimana. Le sole 12 settimane di trattamento con Peg-IFN+RBV, in un paziente con Tabella II. Principali parametri di laboratorio (16a,24a e 48a settimana di terapia con alfaferone 3 MU a dì alterni+RBV 44 cp/die da 200 mg). Parametri di laboratorio 16ª settimana G.b. 4.250 mcl G.R. 4.176.000 mcl Hb 11,2 g/dl PLT 134.000 mcl AST/ALT nei limiti, ma invertite HCV-RNA <15 UI 24ª settimana 4.350 mcl 4.250.000 mcl 11,9 g/dl 142.000 mcl nei limiti, ma invertite <15 UI 48ª settimana 3.860 mcl 3.650.000 mcl 11,4 g/dl 146.000 mcl nei limiti, ma invertite <15 UI fibrosi avanzata, elevata replicazione virale al baseline (1.848.000 UI) e non raggiungimento della negativizzazione virologica alla 4ª settimana di terapia, non potevano in alcun modo portare a una SVR. Tale favorevole risultato è stato ottenuto esclusivamente con il passaggio all’IFN leucocitario che, nel caso specifico essendo stato ottimamente tollerato, ha permesso di portare a termine un corretto trattamento di complessive 48 settimane. Il follow-up del paziente proseguirà con un controllo semestrale della funzionalità epatica + alfa 1 fetoproteina + ETG (ecotomografia) addome superiore, come previsto per i pazienti con pregressa documentata fibrosi F 4. Tutta la documentazione relativa a questo caso clinico e ai restanti 79 pazienti trattati con IFN e RBV, secondariamente a un’epatopatia cronica HCV-correlata con fibrosi avanzata ed età >65 anni, è disponibile presso il mio archivio cartaceo e informatico, nell’Ambulatorio di Epatologia dell’Ospedale Civile di Alessandria e sarò lieto di fornirla a chiunque fosse interessato a unirla e confrontarla con altre analoghe esperienze per uno studio sul paziente “diversamente giovane” con epatite cronica C. 9 L’uso dell’interferone-alfa naturale nel trattamento dell’epatite cronica da virus C Pellegrino Dattolo UOC di Gastroenterologia PO Marcianise ASL CE Introduzione Questo caso clinico analizza l’efficacia dell’interferone (IFN)-alfa naturale nella terapia dell’epatite cronica HCV (Hepatitis C virus) correlata in soggetti con ALT (alaninotransferasi) elevate, alta carica virale e genotipo sfavorevole; vengono valutati, inoltre, gli effetti collaterali e monitorata la SVR (risposta virologica sostenuta). Note anamnestiche Paziente R.G. di anni 50, peso 80 kg, sesso maschile, altezza cm 170, BMI 27,6, con malattia epatica cronica HCV-correlata, genotipo 1b da circa 1 anno, ALT persistentemente elevate (circa 200 U/l), ipercolesterolemia. Il paziente ci riferiva di aver trattato solamente l’ipercolesterolemia con dieta, statine e controllo del peso, imputando l’aumento dei valori delle transaminasi al sovrappeso e alle modifiche del quadro lipidico; rivoltosi, quindi, al medico di famiglia, ed effettuando indagini più approfondite, aveva scoperto la malattia. Gli ultimi esami praticati dal paziente, nel febbraio 2010, evidenziavano un dosaggio quantitativo dell’HCV- 10 RNA di circa 2.200.000 UI/ml, ALT 190 U/l e colesterolo totale di circa 260 mg%; si rivolgeva, quindi, su indirizzo del medico curante, alla nostra UOC. Quadro clinico Nel mese di marzo 2010 veniva ricoverato in DH gastroenterologico presso la nostra UOC, dove praticava tutte le indagini del caso. I risultati furono quelli di seguito riportati. • Paziente in apparente buona salute. • Esame obiettivo addominale: addome trattabile, indolente alla palpazione superficiale, ma modicamente dolente a quella profonda nei quadranti bassi, cicatrice ombelicale normointroflessa, suono timpanico; fegato debordante 3 dita dall’arco costale, di consistenza aumentata, a superficie liscia e margine regolare; palpabile il polo inferiore della milza nell’inspirazione profonda. • Rx torace: assenza di lesioni pleuro-parenchimali. • Visita cardiologica ed ECG: nei limiti della norma. • Esami ematochimici : HbsAg ne- gativo, HBsAb negativo, anti-HCV positivo, HCV-RNA quantitativo 2.100.000 UI/ml, genotipo 1b. WBC 7,0; RBC 5,4; HB 14,7; PLT 250; ANA, AMA, ASMA e LKM nella norma. Glicemia 100 mg%, azotemia 40 mg%, creatininemia 0,80 mg%, colesterolo totale 250 mg%, LDL 160 mg%, HDL 35; trigliceridi 170 mg%, ALT 180 U/l, pseudocolinesterasi 7.500, QPE nei limiti della norma, GGT 95, fosfatasi alcalina 210, bilirubina totale e frazionata nella norma, ferritina 105 ng/ml, AFP 3,0, FT3, FT4, TSH, anti-tireoglobulina e anti-TPO nella norma. • Ecografia addome superiore: fegato di dimensioni superiori alla norma, a morfologia e margini regolari, con ecotessitura compatibile con steatosi di tipo moderato. Colecisti di normali dimensioni, a pareti regolari, alitiasica; vie biliari non dilatate, pancreas normale per dimensioni ed ecotessitura, milza di normali dimensioni, a contorni regolari ed ecotessitura omogenea. Non segni ecografici di ipertensione portale. Reni bilateralmente in sede, di normali dimensioni, a contorni regolari. Non visualizzate immagini riferibili a processi espansivi, né a ectasie pielo-caliceali, né a litiasi. L’USO DELL’INTERFERONE-ALFA NATURALE NEL TRATTAMENTO DELL’EPATITE CRONICA DA VIRUS C Venne chiesto al paziente di praticare, per un mese, una dieta ipolipidica e ipocalorica, per normalizzare il peso e i valori del colesterolo e di sottoporsi, successivamente, a biopsia epatica. Il paziente acconsentì e per un mese si sottopose a dieta, svolgendo anche una discreta attività fisica e riportando così i valori del colesterolo e il BMI nei limiti della normalità; avendo così eliminato 2 dei cofattori che potevano inficiare il successivo trattamento, gli chiedemmo di praticare la biopsia del fegato, così come precedentemente concordato; il paziente era fortemente motivato al trattamento e ci diede il suo consenso. Veniva praticata, quindi, la biopsia epatica, da cui emergeva un quadro istologico di epatite cronica a moderata attività. Trattamento Nel mese di maggio 2010 si iniziava il trattamento con interferone peghilato (Peg-IFN)-alfa 2-a, a dosi di 180 µg settimanali e ribavirina (RBV) a dosi di 1000 mg/die (2 cpr+ 3 cpr die). Dopo un mese di trattamento il paziente si sottoponeva a controlli ematochimici presso il nostro ambulatorio per verificare se c’era stata una RVR (rapid virological response). I risultati furono quelli di seguito riportati. • Giugno 2010 (dopo 4 settimane di terapia): WBC 6,5; RBC 5,0; HB 13,5; PLT 200; ALT 40 U/l, HCVRNA quantitativo negativo. Nelle prime settimane di terapia il paziente aveva lamentato, oltre alla comparsa di febbre (comunque farmacologicamente controllata), la comparsa di cefalea intensa, vertigini, alterazioni del tono dell’umore e intenso prurito, con comparsa di chiazze di eritema nelle zone di iniezione del farmaco (superficie anteriore della coscia). Si prescrivevano antistaminici per os e si decideva, concordemente con il paziente, di continuare il trattamento e di rivederlo dopo un altro mese. • Luglio 2010: dopo 8 settimane di trattamento si ebbero i seguenti risultati: WBC 6,0; RBC 4,5; Hb 13,0; PLT 190; ALT 38; HCV-RNA quantitativo negativo. Il paziente ci metteva al corrente di una serie di problematiche verificatesi: la cefalea era peggiorata e così anche le vertigini, aveva problemi a svolgere le normali attività e difficoltà a deambulare, per cui si era anche assentato dal lavoro per circa 1 mese. Svolgeva atti- vità di cancelliere presso il tribunale e la sua assenza aveva creato non pochi problemi; anche le alterazioni del tono dell’umore erano peggiorate e sfociate in una vera e propria sindrome depressiva; inoltre era comparsa un’eruzione cutanea grave, che cominciava dal punto di iniezione e si estendeva a tutta la superficie anteriore delle cosce, con prurito intensissimo, per il quale aveva assunto antistaminici per via iniettiva, senza risultato. A questo punto chiese di sospendere il trattamento perché, secondo la sua opinione, non riusciva più a svolgere le normali attività quotidiane. La terapia con Peg-IFN, dopo 2 mesi, quindi, veniva sospesa e si consigliava, comunque, il prosieguo con IFN-alfa naturale, in considerazione della risposta virologica positiva ottenuta nei primi 2 mesi. Con molta riluttanza il paziente accettò il prosieguo del trattamento e si passò, quindi, alla somministrazione di IFN-alfa naturale al dosaggio di 3M x 3 volte a settimana e RBV a 1.000 mg/die (2 cpr+ 3 cpr). • Agosto 2010: a 12 settimane di trattamento i risultati furono: WBC 6,5; RBC 4,8; HB 13,7; PLT 11 PELLEGRINO DATTOLO 180; ALT 45; HCV-RNA quantitativo negativo. La cefalea, le vertigini e le alterazioni del tono dell’umore erano migliorate; l’eruzione cutanea grave aveva lasciato il posto a una dermatite lieve, che interessava solamente l’area contigua al punto di iniezione. Il paziente aveva ripreso il lavoro con sua grande soddisfazione. • Novembre 2010: a 24 settimane di trattamento si ebbero i risultati furono: WBC 6,8; RBC 4,6; HB 13,3; ALT 40; PLT 185; HCV-RNA quantitativo negativo. Il paziente riferiva di sentirsi bene ed era contento dei risultati ottenuti, non lamentando cefalea o vertigini. Le alterazioni dell’umore erano quasi del tutto scomparse e la dermatite alle cosce era migliorata e ben controllata dall’utilizzo di creme contenenti antistaminici. Il paziente continuava, pertanto, tranquillamente a recarsi al lavoro. • Marzo 2011: a 36 settimane di trattamento i risultati erano i seguenti: WBC 6,5; RBC 4,7; HB 12 13,5; ALT 30; PLT 180; HCV-RNA quantitativo negativo. Le condizioni del paziente erano buone; non erano presenti cefalea o vertigini, non alterazioni del tono dell’umore e la dermatite era quasi scomparsa. Il paziente si recava al lavoro con tranquillità e attendeva, ansioso, la fine del trattamento. • Giugno 2011: dopo 48 settimane di trattamento i risultati furono i seguenti: WBC 6,8; RBC 4,8; HB 13,7; ALT 25; PLT 190; HCV-RNA quantitativo negativo. Il paziente non riferiva alcun disturbo particolare, anzi era euforico, perché gli era stata prospettata la fine della terapia farmacologica. A 48 settimane veniva sospesa la terapia e monitorizzata la SVR. • Settembre 2011: a 3 mesi dalla sospensione del trattamento i risultati furono i seguenti: WBC 7,5; RBC 5,4; HB 14,0; ALT 30; PLT 200; HCV-RNA quantitativo negativo. Le condizioni cliniche erano ottime. • Giugno 2013: a distanza di 2 anni dalla fine del trattamento il paziente presenta SVR e le condizioni cliniche sono ottimali. Discussione In questo caso, andato a buon fine, gli effetti collaterali del Peg-IFN sono stati particolarmente marcati nei primi 2 mesi di trattamento; oltre alla febbre, si sono verificate vertigini e cefalea. L’alterazione del tono dell’umore è poi sfociata in una vera e propria sindrome depressiva e la modesta dermatite delle cosce è diventata poi un’eruzione cutanea grave; tali alterazioni hanno limitato talmente la vita del paziente da costringerlo a sospendere il trattamento, nonostante avesse avuto una RVR. L’IFN-alfa naturale gli ha permesso non solo di portare a termine la terapia, ma di controllare bene tutte le problematiche sopra citate, legate all’uso del Peg-IFN. Trattamento “long-term” della cirrosi epatica HCV-correlata con interferone-alfa naturale Carmine Fonderico U.O.S.D. di Endoscopia digestiva, Ambulatorio di Epatologia, Ospedale S. Giovanni Bosco ASL Napoli 1 centro Introduzione L’epatite cronica da HCV (Hepatitis C virus) cronicizza nel 60-80% dei casi, in circa il 20% evolve in cirrosi e di questi il 2-4% sviluppa un epatocarcinoma (1). L’evoluzione dell’epatite cronica HCV-correlata è lenta ma inesorabile. I pazienti più a rischio di evoluzione sono i soggetti che hanno contratto la malattia da giovani e che hanno un elevato livello di HCV-RNA. La presenza del genotipo 1b predispone a un’epatite più sfavorevole e condiziona la prognosi e la risposta al trattamento. La terapia dispone, oggi, di farmaci molto attivi, che comprendono gli interferoni peghilati (PegIFN) e la ribavirina (RBV). Questi rappresentano, oggi, la terapia standard, che ha una limitazione dovuta da una parte al genotipo 1b e dall’altra agli effetti collaterali che, in molti casi, non consentono il trattamento dei pazienti e in particolare nei pazienti anziani. Trattare o meno l’epatite cronica da HCV rappresenta, per il medico che lo propone e per il paziente che la effettua, una decisione importante da prendere con cognizione di causa, ossia essendo entrambi ben edotti circa la durata della stessa, dei dosaggi dei farmaci, del rispet- to dei tempi di somministrazione e di essere pronti e preparati ad affrontare gli effetti collaterali che con queste terapie non mancano e, talvolta, sono molto invalidanti per il paziente. Per tale motivo penso che prima di iniziare un trattamento del genere, come sempre facciamo, l’inizio deve avvenire quando il paziente è pronto a intraprendere un viatico che comporta disagi e spesso sofferenze, che devono essere sempre affrontati e superati per portare a compimento il programma terapeutico che si è deciso di far seguire a quel determinato paziente. I migliori risultati al trattamento si hanno nei pazienti con genotipo 2 e 3, dove si calcola che circa il 70-90% guarisce, mentre per il genotipo 1 soltanto il 45-50%. Anamnesi e quadro clinico Paziente di anni 62 affetto da cirrosi epatica HCV-correlata compensata, era stato trattato un anno prima per 6 mesi con Peg-IFN e RBV, ma la mancata risposta terapeutica, associata alla comparsa di effetti collaterali legati alla terapia, non consentirono il prosieguo della terapia per almeno un anno, avendo lo stesso paziente un genotipo del tipo 1b. Nell’Ottobre del 2007 viene inviato presso il nostro ambulatorio di epatologia con il quesito del curante e una forte motivazione del paziente di vedere se fosse stato possibile fare qualcosa per arrestare, o quantomeno rallentare, l’evoluzione della cirrosi verso una forma scompensata e quindi verso l’epatocarcinoma. Alla visita ambulatoriale il paziente, nonostante i suoi 70 anni ben portati, si mostrava fortemente motivato e soprattutto disponibile a fare una terapia che gli potesse essere di beneficio e poter così scongiurare il pericolo, allo stesso ben noto, dell’ulteriore evoluzione della malattia cirrotica. Il paziente presentava i seguenti esami: AST 78; ALT 98; bilirubina totale=1,40; DIR=0,90; gammaGT=155; PT=8,1; ALB=50%; gamma=26%; GB=5.000; piastrine=70.000; alfa 1 feto=4,71; HCVRNA (realtime)=1,15x106. Eco: fegato aumentato di volume in toto con ipertrofia della sezione sinistra e del caudato; ecostruttura grossolana e disomogenea; vena porta ipoespansibile con il respiro. Milza con diametro 14,7 cm. EGDS con assenza di varici esofagee o gastriche. 13 CARMINE FONDERICO Trattamento Quasi costretto dal paziente che, come già detto, oltre a essere ben edotto sulle problematiche della sua patologia, mostrava una determinazione a seguire qualsiasi operativa purché potesse ottenerne beneficio. Visto il fallimento della terapia precedente con Peg-IFN e RBV si decideva a trattarlo con IFN-alfaleucocitario 3 MU 3 volte alla settimana e RBV 800 mg al dì (2,3). Scarsi sono stati, nei primi mesi, gli effetti collaterali, fatta eccezione per modesti sintomi simili influenzali trattati con paracetamolo. Ai controlli periodici si assisteva a un Questo nostro caso clinico vuole innanzitutto confermare l’ottima tollerabilità della terapia per la cirrosi HCV-correlata con IFN-alfa leucocitario rispetto al PegIFN. Certo non si è ottenuta l’eradicazione ma l’abbattimento della carica virale è evidente con un beneficio della citolisi (vedi la negativizzazione delle ALT). Il risultato ottenuto ci ha convinti a continuare la terapia oltre le 48 settimane, ovviamente per mantenere i risultati ottenuti. Ci siamo chiesti quando sospendere (questo non lo sappiamo), ma abbiamo deciso di continuare per completare le 96 settimane di terapia. Poi vedremo! 2. Cacopardo B, Benardi F, Brancati G, Ro- 3. Dughera L, Battaglia E, Serra AM et al. Hu- calo della viremia, lento ma costante; infatti a 12 settimane HCVRNA=1,04x10 4 a 24 settimane HCV-RNA=2,64x103; a 36 settimane HCV-RNA=2,01x10 2; alla 48 a settimana HCV-RNA=1,16x102. In questo anno: ALT normali; GB=2.100-3.400; piastrine= 50.000-62.000. Non avendo ottenuto l’eradicazione, e visti gli scarsi effetti collaterali, si decideva di continuare la terapia. La viremia attuale è HCV-RNA=7,32x101. Discussione Bibliografia 1. Fattovich G, Pantalena M, Zagni I, Realdi 14 G, Schalm SW,Christensen E. Effect of hepa- mano F, Nunnari A. Leucocite interferon-al- man leukocyte interferon-alfa treatment titis B and C virus infection on the natural fa retreatment for chronic hepatitis C pa- for chronic HCV-related hepatitis in hemo- history of compensated cirrhosis: a cohort tients previously intolerant to other inter- philic patients previously intolerant to oth- study of 297 patients. Am J Gastroenterol ferons. er interferons-alfa. Dig Dis Sci 2002; 2002;97(11);2886-2895. 1998;5(5):333-339. Jurnal of Viral Hepatitis 47(2):2427-2431. Interferone leucocitario, ribavirina e acidi biliari in un caso di epatite cronica da HCV e positività per anticorpi anti-mitocondri Ignazio Grattagliano Specialista in Medicina Interna Introduzione Questo caso mette in evidenza le problematiche cliniche e decisionali inerenti la gestione di una paziente affetta da epatite cronica da HCV (Hepatitis C virus) e contemporanea presenza di colestasi cronica da presunta cirrosi biliare primitiva (positività agli AMA-anticorpi antimitocondriali). La comorbidità rende il caso in questione particolarmente intrigante, poichè le due patologie possono concorrere ad aggravare il danno epatico e pongono problemi di scelte terapeutiche e di follow-up. Note anamnestiche La paziente (59 anni, casalinga, peso kg 51, BMI: 21 kg/m2) giunge in prima visita specialistica nell’aprile 2007 per riscontro ripetuto, negli anni, di ipertransaminasemia (3x) e prurito generalizzato insorto un paio di mesi prima. Lamenta astenia e dolori ossei diffusi. Ha una diagnosi di cirrosi epatica micronodulare non inquadrata etiologicamente (biopsia epatica in corso di colecistectomia laparotomica per colelitiasi nel 1997). Ha inoltre diagnosi di osteoporosi (T-score alla DEXA rachide lombare -3,2, femore -2,9), per cui assume calcio e vitamina D da alcuni anni. Dice di avere una digestione lenta, accompagnata da un alvo tendenzialmente stitico. Ha perso 8 kg di peso negli ultimi 7 anni. Quadro clinico La sig.ra presenta lesioni cutanee da grattamento, diffuse su tutto il corpo maggiormente sul dorso e sulle braccia; non presenta ittero né subittero sclerale. Ha un fegato palpabile due dita dall’arco costale con margini arrotondati. Dagli esami di laboratorio recenti si evince: AST 4x, ALT 6x, γGT 2x, fosfatasi alcalina 3x, bilirubina nella norma. Gli indici epatici sono sensibilmente più alti rispetto a qualche controllo precedente (l’ultimo risale a quasi 3 anni prima). Viene richiesto un approfondimento diagnostico in senso virale e immunologico, che dimostra la presenza di infezione da HCV (genotipo 2a, HCV-RNA 850.000 UI/mL), aumento dei livelli di IgM circolanti 735 mg/dL, AMA positività 1:320. L’ecografia addominale descrive il quadro di un’epatopatia cronica senza segni di ipertensio- ne portale né di focalità epatiche. Poiché non convince la scarsa evoluzione della cirrosi in 10 anni dalla diagnosi (assenza di alterazioni ematiche e biochimiche e di complicanze), si procede all’esecuzione di una nuova biopsia epatica (utile anche per stadiare la eventuale cirrosi biliare). Il referto istologico è: epatite cronica attiva compatibile con infezione da HCV (grado 3 stadio 3, indice di Knodell 14); positività per citocheratine CK7 e CK19; spiccata proliferazione duttulare, metaplasia biliare epatocitaria. Quadro compatibile con overlap virale-cirrosi biliare primitiva o con epatite cronica virale a impronta colestatica. Trattamento La diagnosi istologica non è né convincente né dirimente, ma si prende comunque la decisione terapeutica di trattare la paziente. Dal quadro clinico-morfologico in nostro possesso non ci sono controindicazioni alla prescrizione di una terapia antivirale, poiché il soggetto è potenzialmente suscettibile di trattamento. Gli obiettivi principali del trattamento sono l’eradicazione virale e il miglio- 15 IGNAZIO GRATTAGLIANO ramento della colestasi. Attualmente l’unico trattamento efficace, in un soggetto con sospetta o provata epatopatia cronica colestatica, è l’acido ursodesossicolico (UDCA: 15-20 mg/kg/die in dosi refratte ai pasti principali). La combinazione interferone peghilato (Peg-IFN) più ribavirina (RBV) si è dimostrata superiore alla monoterapia con Peg-IFN e alla terapia di combinazione IFN non peghilato piu RBV. Tuttavia, data la presenza di un genotipo virale più facilmente aggredibile e la presenza di una malattia colestatica cronica, si è preferito l’uso di IFN leucocitario (6.000.000 UI a giorni alterni) più RBV (800 mg divisa in due somministrazioni giornaliere) con un programma terapeutico di 6-12 mesi. La risposta al trattamento antivirale è stata ottima con normalizzazione delle transaminasi e scomparsa di HCV-RNA dal 3° mese di trattamento. Il trattamento è stato ben tollerato ed è stato protratto per 12 mesi. La negativizzazione non solo è durata anche nei 6-12 mesi successivi alla sospensione della terapia (SVR-sustained virological response) ma continua a tutt’oggi. A 12 mesi dalla sospensione della terapia antivirale, la paziente presentava un buono stato 16 psico-fisico, normalizzazione degli indici di colestasi (già dal 9° mese di terapia) e scomparsa dell’AMA positività (già dal 6° mese di trattamento ed ancora a tutt’oggi). Dopo 3 anni è stato sospeso anche l’UDCA. Persiste un prurito diffuso ma di minore entità e molto più sopportabile, la cui genesi rimane oscura. La paziente continua il trattamento per l’osteoporosi, con l’aggiunta di un bifosfonato e ha acquistato alcuni chili di peso corporeo (attualmente kg 58, BMI 24 kg/m2). Discussione Questo è un caso di non frequente riscontro nella pratica clinica e poche segnalazioni esistono in letteratura sul comportamento terapeutico da adottare in presenza di epatite cronica da HCV e cirrosi biliare primitiva. Nel nostro caso la stadiazione istologica, l’età e le condizioni generali e bioumorali della paziente permettevano l’esecuzione della terapia antivirale, che era da consigliare fortemente in quanto alcuni studi di rilevo hanno dimostrato come l’eradicazione del virus C ha portato a un rallentamento della progressione della malattia epatica anche in presenza di cirrosi. Infatti, se non trattata, la velocità di progressione della malattia epatica, in un paziente con cirrosi, porta, nel 30% dei casi, alla comparsa di scompenso/complicanze in 8 anni e a comparsa di epatocarcinoma (HCC) nel 20% dei casi in 7-10 anni. La capacità del trattamento combinato IFN più RBV, nel prevenire e/o ritardare lo sviluppo di HCC in pazienti HCV-positivi con cirrosi Child A, è suggerita da revisioni meta-analitiche, che mostrano un evidente vantaggio del trattamento rispetto al non trattamento. La combinazione da noi scelta (IFN leucocitario e RBV) è riportata essere efficace nell’eradicazione virale nei casi di genotipo non-1 nel 64-79%. Nella nostra paziente il risultato favorevole potrebbe essere stato anche potenziato dall’aggiunta di UDCA (acido ursodesossicolico), i cui effetti benefici, nelle epatopatie croniche, non solo colestatiche, sono ancora una sfida importante per la ricerca scientifica. Un aspetto non secondario, da un punto di vista clinico, era quello di eseguire una nuova biopsia epatica a fine trattamento, dato che la INTERFERONE LEUCOCITARIO, RIBAVIRINA E ACIDI BILIARI IN UN CASO DI EPATITE CRONICA DA HCV E POSITIVITÀ PER ANTICORPI ANTI-MITOCONDRI negativizzazione dell’AMA, in corso di terapia e successiva alla scomparsa del virus C, ha posto seri dubbi sulla coesistenza di una cirrosi biliare primitiva. Infatti la AMA-positività, pur essendo specifica di cirrosi biliare primitiva, potrebbe essere inquadrabile come epifenomeno bioumorale in corso di infezione da HCV, condizione che è stata già segnalata qualche volta in letteratura. Infatti il virus C infettando epatociti, linfociti e cellule staminali del midollo osseo può determinare l’insorgenza di una malattia sistemica o polifocale, con manifestazioni specifiche dell’organo bersaglio, sintomi aspecifici reattivi ed epifenomeni. Molto rara è, infatti, la overlap cirrosi biliare primitivaepatite da HCV. Finanche la presenza all’istologia di proliferazione duttulare e di metaplasia biliare e all’immunoistochimica della presenza di CK7 e CK19 può essere compatibile sia con una diagnosi di cirrosi biliare primitiva che di epatite a impronta colestatica di lunga durata. In questo senso il nuovo accertamento morfologico sarebbe stato utile anche per il successivo follow-up. Ma nel nostro caso la paziente non fu propensa a una nuova biopsia. Infine anche l’osteoporosi importante riconosce, tra i fattori causali, sia la magrezza che l’attività di casalinga (scarsa esposizione alla luce solare), ma anche infezione cronica virale e, soprattutto, la colestasi cronica (particolarmente incisiva nel caso si fosse trattato di cirrosi biliare). Il trattamento, ma anche la prevenzione dell’osteoporosi in questi casi, prevede l’utilizzo di vitamina D ad alte dosi e di bifosfonati. Questo caso, aldilà dal descrivere una condizione di overlap e di epifenomeni biologico-immunologici in corso di infezione virale cronica da HCV, permette di riflettere su come poter formulare una diagnosi corretta, identificare l’endpoint del trattamento e disegnare il follow-up, attraverso la rappresentazione narrativa dell’approccio ragionato a paziente complesso in medicina interna. 17 Utilizzo dell’interferone-alfa leucocitario nel ritrattamento di pazienti cirrotici con infezione da HCV intolleranti all’interferone peghilato. Esperienza anni 2003-2012 Alfonso Liberti A.O. “Dei Colli”, P.O. “D. Cotugno”, Napoli Introduzione L’interferone peghilato (Peg-IFN) più la ribavirina (RBV) è la combinazione terapeutica “Gold Standard” per l’epatite cronica da HCV (Hepatitis C virus) e la cirrosi compensata (Child A), ma essa è frequentemente gravata da eventi avversi o di intolleranza che determinano una precoce sospensione della terapia. Questo elaborato intende rappresentare la nostra esperienza nel ritrattamento di pazienti con cirrosi compensata da HCV, che hanno manifestato eventi avversi severi o intolleranza al trattamento PegIFN/ribavirina (RBV). Pazienti e metodi Il lavoro riguarda lo studio prospettico della nostra esperienza, svolta dal 2003 al 2012, e comprende il trattamento di 92 pazienti affetti da cirrosi epatica compensata (Child A 5-6) da virus C, genotipo 1b già trattati con Peg-IFN/RBV che non hanno portato a termine le 48 settimane di terapia per il manifestarsi di eventi avversi e/o intolleranza. I 92 pazienti: (Tab. I) , 56 maschi e 18 36 femmine erano stati sottoposti a trattamento con regimi terapeutici standard di Peg-IFN-alfa 2b alla dose settimane di 1,5 µg/kg settimana o Peg-IFN-alfa-2a alla dose settimanale di 180 μg) più RBV (1.000 mg/die). Questi 92 pazienti, distribuiti nell’arco temporale descritto, hanno rappresentato un gruppo difficile da trattare: tutti con infezione da HCV genotipo 1b, affetti da cirrosi epatica con elevata carica virale. Altri fattori che, valutati globalmente, rendevano difficile la terapia erano: • lunga durata della malattia-infezione da HCV; • l’età media avanzata; • l’elevato peso corporeo con presenza di sindrome dismetabolica. Il trattamento somministrato a tut- ti i pazienti è stato IFN-alfa leucocitario alla dose di 6 MUI a giorni alterni più RBV 1.000 µg/die per un periodo di 48 settimane. Il monitoraggio della terapia ha seguito lo stesso schema utilizzato per il precedente trattamento con Peg-IFN: • valutazione della sicurezza e della tollerabilità (crasi ematica, funzionalità epato-renale, alterazioni psichiche); • dell’efficacia (normalizzazione degli indici di citolisi, sviluppo della RVR-Risposta Virologica Rapida a 4 settimane, EVR-Risposta Virologica Precoce a 12 settimane); • i pazienti positivi all’HCV-RNA alla 12ª settimana di trattamento erano considerati non reponder, con conseguente sospensione della terapia. Tabella I. Caratteristiche dei pazienti trattati con IFN-alfa leucocitario. Sesso (M/F) numero Età, mediana anni (range) Gen. HCV numero (%) Log HCV RNA (UI/ml), mediana (range) ALT (UI/ml) media ± SD Cirrosi Child A5 numero (%) Cirrosi Child A6 numero (%) Terapia a 48 sett. numero (%) ETR numero (%) SVR numero (%) 56/36 59 (48-70) 1 (100) 8,9 (4-22) 138±122 52 (56) 40 (44) 59 (64) 59 (64) 28 (30) UTILIZZO DELL’INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO NEL RITRATTAMENTO DI PAZIENTI CIRROTICI CON INFEZIONE DA HCV INTOLLERANTI ALL’INTERFERONE PEGHILATO. ESPERIENZA ANNI 2003-2012 Risultati Nella nostra esperienza dei 92 pazienti trattati con IFN-alfa leucocitario, 24 (26%) hanno sospeso la terapia alla 24ª settimana in quanto non responder (positività dell’HCV RNA rilevabile nel siero), per 9 (10%) pazienti la sospensione è avvenuta per l’insorgenza di effetti collaterali e/o intolleranza; 59 pazienti hanno portato a termine le 48 settimane di terapia, per 7 dei 59 (11%) si è dovuto ridurre il dosaggio della RBV a 800 μg per l’insorgenza di anemia (Hb <10,5 g/dl). I 59/92 pazienti (38 maschi e 21 femmine che hanno portato a termine la terapia (64%) hanno mostrato ETR (risposta virologica al termine della terapia); a 24 settimane dalla fine della cura, 28/59 (47%) avevano una SVR (risposta virologica sostenuta) che, nella casistica complessiva 28/92 (intent to treat), erano il 30% . Gli eventi avversi ai trattamenti antivirali influenzano notevolmente la risposta terapeutica dei pazienti con cirrosi epatica da HCV, tali eventi impongono la riduzione del dosaggio dei farmaci o la sospensione della terapia, con un naturale impatto negativo sulla SVR. Il ritrat- tamento con IFN-alfa leucocitario, nella nostra esperienza, è risultato meglio tollerato e solo il 10% dei 92 pazienti ha dovuto sospendere la terapia per eventi avversi. L’efficacia terapeutica, basata sulla valutazione della SVR 28/92 pazienti (30%), è risultata non essere significantemente inferiore a quella che si registra in corso di trattamento con Peg-IFN (30-35% in base alle varie casistiche). In ultima analisi la terapia basata sull’utilizzo di IFN-alfa leucocitario dei pazienti con cirrosi Child A da virus C genotipo 1, intolleranti ai Peg-IFN, ha permesso a un gruppo di pazienti di completare la terapia e di ottenere il goal cioè la SVR. interferon. Inter Emer Meed 2009;4(6): for child A HCV genotipe 1b-infected cir- Conclusioni Bibliografia 1. Adinolfi LE, Durante-Mangoni E, Salzillo M et al. Leukocyte interferon-alfa and 485-490. rhotics intolerant to pegylated interfer- Ribaverin for treatment of chronic hepa- 2. Capopardo B, Ninnari G, Benanti F et al. ons. Infection 2009;37(3):210-215. titis C patients intolerant to pagylated – Leucocyte interferon alfa early retratment 19 Normalizzazione della piastrinopenia dopo reintroduzione di interferone naturale, in paziente HIV già trattato con successo per l’infezione cronica da HCV con interferone-alfa leucocitario e ribavirina Carmelo Mangano, Rosa Basile, Mariastella Carpentieri, Saverio De Lorenzo, Giuseppe Ieropoli, Alfredo Kunkar, Maria Polimeni, Giuseppe Foti U.O.C. Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera Bianchi Melacrino Morelli, Reggio Calabria Introduzione Descriviamo il caso di un paziente inizialmente coinfetto HIV/HCV (Hepatitis C virus) piastrinopenico, già trattato per l’infezione cronica epatitica con interferone (IFN)-alfa leucocitario e ribavirina (RBV), con esito di risposta virale sostenuta (SVR), in atto, a 4 anni dalla fine della terapia anti-HCV (il caso è stato riportato nella rivista “Questioni di Clinica”) (1). In tale paziente osservammo la risoluzione della piastrinopenia nel corso della terapia antivirale per HCV (gennaio 2008/marzo 2009), considerando, in un primo momento, che la negativizzazione del virus HCV fosse una probabile motivazione del rialzo del numero delle piastrine. Ma non ci siamo data risposta riguardo alla ricomparsa della trombocitopenia (PLT 5.000/mm3) dopo 2 mesi dalla fine del trattamento anti-HCV, nonostante la persistente negativizzazione della viremia HCV. Una più attenta rilettura del decorso del caso ci ha dato la suggestione che l’IFN fosse stato, in qualche modo, la causa del controllo della trombocitopenia (Tab. I). Quindi abbiamo reintrodotto l’IFN-alfa leucocitario, che ha risolto prontamente la grave piastrinopenia sintomatica. Quadro clinico e trattamento Nel mese di dicembre 2011 il paziente viene, alla nostra osservazione, con manifestazioni emorragiche muco-cutanee (epistassi, gengivorragia, ematuria, ecchimosi agli arti) e in quell’occasione è stato rilevato il valore di piastrinopenia più basso, pari a PLT 1.500/mm3, fra tutti i controlli effettuati. Il paziente viene ricoverato e sottoposto a terapia con somministrazione endovena di immunoglobuline a catena integra al dosaggio di 400 mg/kg di peso cor- poreo per 5 giorni, con il risultato di un rialzo sino 38.000 piastrine. La durata della ripresa della piastrinemia, già in parte insoddisfacente, è stata tale per 2 settimane, nel corso delle quali abbiamo registrato un decremento graduale sin a 8.000 piastrine e ripresa delle manifestazioni ecchimotiche. Quindi, a seguito di una consulenza ematologica, nella convinzione che la patologia fosse inquadrabile nel gruppo della porpora trombocitopenica cronica immune (PTI), si decide di intraprendere un trattamento con fattore di crescita dal 10 gennaio al 23 febbraio 2012: il paziente viene ammesso al trattamento con romiplostin alla dose iniziale di 1 µg/kg per via sottocutanea una volta alla settimana, con aumento del dosaggio di 1 µg/kg alla settimana sulla base della risposta terapeutica. Gli aggiustamenti posologici e la risposta piastrinica sono indicati nella tabella II. Alla Tabella I. Andamento della conta piastrinica durante e dopo terapia con IFN leucocitario e RBV. Terapia anti-HCV: IFN-alfa leucocitario + RBV Associazione da Gennaio 2008 a fine Dicembre 2008 PLT/mm3 Basale 8.000 20 Gennaio 2008 96.000 Febbraio 2008 130.000 Aprile 2008 140.000 Maggio 2008 145.000 Stop RVB Stop Continua IFN IFN x altri 3 mesi Settembre Dicembre Marzo 2008 2008 2009 170.000 160.00 180.000 Maggio Giugno 2009 2009 89.000 5.000 NORMALIZZAZIONE DELLA PIASTRINOPENIA DOPO REINTRODUZIONE DI INTERFERONE NATURALE, IN PAZIENTE HIV GIÀ TRATTATO CON SUCCESSO PER L’INFEZIONE CRONICA DA HCV CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO E RIBAVIRINA Tabella II. Andamento della conta piastrinica durante la terapia con romiplostin per via sottocutanea. Dosaggio 1 µg/kg peso corporeo 70 µg 140 µg 210 µg 280 µg 300 µg 420 µg 38.000 13.000 17.000 13.000 20.000 25.000 1ª settimana 2ª settimana 3ª settimana 4ª settimana 5ª settimana 6ª settimana *Valore basale PLT 5000. Tabella III. Andamento della conta piastrinica durante il ritrattamento con IFNalfa leucocitario. Anno 2012 Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre IFN 6 MUX3/sett. 3 MUX3/sett. 3 MUX3/sett. 3 MUX3/sett. 3 MUX2/sett.3 MUX2/sett. PLT* 103.000 92.000 160.000 120.000 110.000 100.000 *valore basale PLT 2000 6ª settimana di trattamento, come si rileva dai dati in tabella II, non si ha beneficio secondo quanto atteso e, unitamente alla comparsa di effetti collaterali, quali profonda astenia, dolori articolari e vertigini, il farmaco peraltro costoso, viene interrotto. Rileggendo la storia clinica del paziente, ci rendiamo conto che non abbiamo mai registrato una conta piastrinica soddisfacente con le terapie validate per la piastrinopenia (gammaglobuline e.v., fattore di crescita s.c.) eccetto che in corso di terapia con IFN-alfa leucocitario, all’epoca del trattamento antiHCV, durante il quale le piastrine hanno raggiunto valori di persistente normalità (Tab. I). Questa evidenza ci induce a proporre un ritrattamento con solo IFN-alfa leucocitario al dosaggio di 6 MU x 3 volte/sett. Ottenuto il consenso, viene iniziata la terapia nel mese di aprile 2012. Dopo le prime 2 settimane di terapia assistiamo a un rialzo di piastrine pari a 103.000/mm3. Nelle settimane successive, in considerazione del rialzo della conta piastrinica e della scomparsa della sintomatologia emorragica muco-cutanea, abbiamo ridotto il dosaggio di IFN-alfa leucocitario a 3 MU x 3 volte/sett., sino a 2 somministrazioni settimanali, con mantenimento del risultato. I valori delle piastrine e del dosaggio di IFN vengono riportati nella tabella III. La terapia è stata protratta per 6 mesi. In seguito non abbiamo più potuto osservare il paziente per più di un anno, essendo ritornato in Romania, suo paese natio, sino a febbraio 2013, epoca in cui ritorna in Italia. In occasione di una rivalutazione del suo stato di salute, nella stesso mese, ci riferisce di aver abbandonato la terapia con IFNleucocitario nel mese di agosto 2012, in quanto, lasciando l’Italia, non ottenne più la prescrizione e di non essere stato aderente alla terapia antiretrovirale. In tale ricontrollo gli viene riscontrata una piastrinopenia pari a 17.400 PLT/mm3, non rilevabilità di HCVRNA, HIV-RNA 17.000 copie/ml, CD4+ 526 cells/mm 3. A settembre 2013, dopo avere ripreso la terapia antiretrovirale, si ha non rilevabilità di HIV-RNA, CD4+ 462 cells/mm3 e PLT 18.400/mm3. 21 CARMELO MANGANO, ROSA BASILE, MARIASTELLA CARPENTIERI, SAVERIO DE LORENZO, GIUSEPPE IEROPOLI, ALFREDO KUNKAR, MARIA POLIMENI, GIUSEPPE FOTI Considerazioni L’unica considerazione che riusciamo a esprimere è quella che riguarda la constatazione di una buona risposta della ripresa della conta piastrinica, in seguito al trattamento con IFN-alfa leucocitario. Il tipo di intervento, efficace e tollerato, ha permesso il controllo clinico delle manifestazioni emorragiche muco-cutanee e ha reso possibile effettuare indagini strumentali come la esofagogastroduodenoscopia e la rettocolonscopia con i relativi prelievi bioptici. Non abbiamo dati per spiegare il meccanismo attraverso il quale si realizza una riduzione sino alla scomparsa della trombocitopenia, con l’uso di IFN-alfa leucocitario. Tale trattamento è stato rivolto ad altri due pazienti (1 paziente coinfetto HCV/HIV, 1 paziente monoinfetto HIV) e in ambedue abbiamo rilevato una ripresa della conta al disopra dei valori conferenti sicurezza contro gli eventi emorragici, anche con bassi dosaggi di IFN. I risultati sono in corso di verifica e potrebbero essere oggetto di una futura segnalazione. È noto da tempo che IFN-alfa leucocitario è caratterizzato da una buona tollerabilità, per cui gli eventi avversi, in 22 seguito al suo uso, sono solitamente di entità lieve-moderata, soprattutto relativamente alla piastrinopenia. I pazienti, che devono interrompere la terapia interferonica a causa di una severa trombocitopenia in corso di trattamento interferonico, sono in percentuale più elevata fra quelli che hanno utilizzato interferone peghilato (Peg-IFN), rispetto a chi ha usato IFN-alfa leucocitario (2). Anzi, tale evidenza ha permesso, a molti clinici, di poter intraprendere il trattamento antivirale per HCV, anche in gruppi di soggetti altrimenti non trattabili, come i piastrinopenici e/o con malattia avanzata (3,4). Nel nostro caso (il paziente è peraltro divenuto monoinfetto per solo HIV dopo terapia con associazione di RBV e IFN-alfa leucocitario), si è dimostrato non un semplice e attendibile controllo sul numero delle piastrine, ma addiruttura, a dispetto del conosciuto effetto mielodepressivo di IFN, una ripresa del numero dei trombociti sino a valori di normalità. I pazienti HIV-positivi hanno anomalie ematologiche e la trombocitopenia sembra essere la più comune fra queste (5,6), per un meccanismo ancora non del tutto chiarito. Nel siero delle persone HIV-positive sono stati reperiti complessi immuni circolanti ed è stato dimostrato che questi si legano alla superfice dei trombociti (7). Una delle ipotesi è che la trombocitopenia possa essere correlata alla deposizione di complessi immuni sulle piastrine, con successiva loro ingestione da parte dei macrofagi. Assimilando tali pazienti a quelli affetti da PTI, sono stati utilizzati una varietà di approcci terapeutici (predinisone, vincristina, gammaglobuline, splenectomia) (8-10), con una variabilità di risultati spesso insoddisfacenti. Attualmente il trattamento con gammaglobuline, per via endovenosa, è considerato il trattamento iniziale di scelta, quando clinicamente è indicata una terapia. Alcune segnalazioni in letteratura mettono in evidenza il beneficio dell’uso di interferone-alfa relativamente alla trombocitopenia in soggetti HIV-positivi, come terapia alternativa a quella steroidea e alla splenectomia, in quanto trattasi di una cura sicura, efficace, intesa come non-immunosoppressiva, senza tuttavia avanzare ipotesi a riguardo dei meccanismi implicati nella risposta terapeutica (1113). Da studi più recenti sembra che la piastrinopenia immune sia NORMALIZZAZIONE DELLA PIASTRINOPENIA DOPO REINTRODUZIONE DI INTERFERONE NATURALE, IN PAZIENTE HIV GIÀ TRATTATO CON SUCCESSO PER L’INFEZIONE CRONICA DA HCV CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO E RIBAVIRINA una patologia autoimmune, che coinvolge i linfociti T-regolatori (Tregs) e che questi, in tale gruppo di pazienti, siano ridotti di numero e oltretutto poco funzionali svolgendo, per tale loro anomalia, un ruolo patogenetico (14). Ciò potrebbe essere considerabile nei soggetti HIV-positivi piastrinopenici, allorquando sono includibili nella categoria di pazienti affetti da PTI. Non abbiamo avuto modo di studiare, nel nostro paziente, questa anomalia, saggiando l’eventuale variabilità dei Tregs prima e dopo somministrazione di IFN-alfa leucocitario, in quanto la metodica è da poco tempo disponibile nel nostro Ospedale. A nostro parere sarebbe stato interessante evidenziare una qualche correlazione tra i Tregs e specificatamente l’uso IFN-alfa leucocitario, strutturalmente naturale. 5. Morris L, Distenfeld A, Amorosi E, ficiency syndrome. Ann Intern Med Basile R, Foti G. SVR in un paziente coinfetto Karpatkin S. Autoimmune thrombocy- 1985;103(3):478-479. HIV-HCV con severa trombocitopenia trat- topenic purpura in homosexual men. Ann 11. Ellis ME, Neal KR, Leen CL, Newland AC. tato con interferone-alfa leucocitario e rib- Intern Med 1982;96( 6 Pt 1):714-717. Alpha-2a recombinant interferon in HIV as- avirina. In: Trattamento dell’Epatite Cronica 6. Walsh C, Krigel R, Lennette E, Karpatkin S. sociated thrombocytopenia. Br Med J da HCV: esempi dalla pratica clinica (terzo Thrombocytopenia in homosexual men. 1987;295(6612):1519. volume). Questioni di Clinica 2009;5:38-40. Ann Intern Med 1985;103(4):542-545. 12. Lever AM, Brook MG, Yap I, Thomas 2. Cacopardo B, Benanti F, Brancati G, Ro- 7. 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Intravenous gammaglobulin, throm- dottorato.cib.unibo.it/3461/ Emerg Med 2009;4(6):485-490. bocytopenia, and the acquired immunode- 23 Trattamento a lungo termine con interferone leucocitario di una paziente con cirrosi da HBV-HDV Michele Milella Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi di Bari Introduzione Nei portatori cronici di virus dell’epatite B (HBV) l’infezione da virus dell’epatite D (o anche epatite delta-HDV) può essere causa di epatite acuta fulminante o epatite cronica severa, che evolve spesso in cirrosi e carcinoma epatocellulare (1). A tutt’oggi non vi è un trattamento di provata efficacia per l’epatite D. Agenti antivirali orali come ribavirina (RBV), lamivudina (LAM) e famciclovir sono risultati inefficaci. Elevate dosi di interferone alfa (IFN-alfa) e, più recentemente, interferone peghilato (Peg-IFN) associato ad adefovir (ADV), sembrano offrire risultati più incoraggianti (2). La soppressione a lungo termine della replicazione HDV, la clearance dell’HBsAg e, in definitiva, la regressione del danno istologico, sono end-point fondamentali per valutare la risposta alla terapia antivirale; tuttavia questi obiettivi vengono frequentemente raggiunti dopo un lungo periodo di terapia e frequentemente durante il follow-up post-trattamento (2,3). Anamnesi Si tratta di un soggetto di sesso femminile, a cui nel 1996 sono sta- 24 ti riscontrati HBsAg-positivo e ipertransaminasemia (ALT 2-3 x V.N.). In anamnesi vengono riferite tre gravidanze, di cui due condotte regolarmente a termine e una espletata con parto cesareo, 3 figli, tutti vaccinati per HBV. Non è stata mai emotrasfusa, non è tossicodipendente, non beve alcolici, non fumatrice. Non vengono riferiti, in anamnesi, episodi di epatite acuta. Coniuge deceduto nel 2008, all’età di 58 anni, per HCC (epatocarcinoma) in cirrosi alcolica (era anti-HBs e anti-HBc positivo). Quadro clinico Alla prima osservazione nel settembre del 2003, all’età di 56 anni, la paziente, mai trattata con terapia antivirale, presenta i seguenti esami di laboratorio: GOT 74 (<37), GPT 90 UI/L (<40), γGT 91 (<50), γglobuline 22%, Hb 13,4, GB 3.300 (NEU 40%), PLT 120.000 mm3, PTINR 1,05, Bil Tot 0,70 md/dl, αFP 3,6, autoanticorpi e antitiroide negativi, ferritinemia 209, FT3, FT4 e TSH normali, HBsAg, anti-HBc, antiHAV totali positivi; HBeAg e antiHBe entrambi debolmente positivi; IgM anti-HBc negativo; HBVDNA: 497 cp/ml (PCR), anti-HDV IgG e IgM: positivi; IgM anti-HAV, anti-HCV, anti-HIV: negativi. Ecografia addome superiore: fegato di volume aumentato, ecostruttura grossolanamente disomogenea, non evidenziabili lesioni occupanti spazio, colecisti alitiasica, asse splenoportale dilatato (14 mm), milza aumentata di volume (DL 15 cm) con ectasia della vena splenica all’ilo. EGDscopia: piccola ernia iatale, esofagite di II grado, non vengono riscontrate varici esofagee. A marzo del 2004 viene pertanto sottoposta a biopsia epatica, che evidenzia un quadro istologico di cirrosi epatica attiva (Indice di Knodell 18, fibrosi 4) (non disponibili marcatori di immunoistochimica). Gli esami ematochimici, eseguiti in occasione della biopsia epatica, evidenziano: HBsAg, antiHBc totali, HBeAg, anti-HBe positivi; HBV-DNA <2.000 cp/ml (bDNA sensibilità<2.000 cp/ml); anti-HDV IgG e IgM-positivi, HDV-RNA non disponibile IgM anti-HBc, anti-HCV negativi. Considerati il quadro istologico, la positività delle IgM antiHDV e la mancanza di replica dell’HBV, viene posta diagnosi di cirrosi epatica da HDV in portatore cronico di HBsAg e viene iniziata la terapia antivirale. TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE CON INTERFERONE LEUCOCITARIO DI UNA PAZIENTE CON CIRROSI DA HBV-HDV Trattamento Alla luce del riscontro di neutropenia, nel maggio del 2004, viene iniziata una terapia con IFN leucocitario (alfaferone) al dosaggio di 6 MU x 3 volte la settimana i.m. Durante il trattamento si riscontra, inizialmente, la riduzione dei livelli delle transaminasi e la negativizzazione delle IgM antiHDV. Dopo circa 18 mesi di trattamento si manifestano la comparsa di viremia HBV (HBVDNA>300.000 cp/ml) e un incremento delle transaminasi (ALT 152 UI/ml), per cui, come si osserva nella figura 1, si aggiunge in terapia LAM 100 mg/die a partire da novembre 2005. Durante il trattamento combinato con LAM e IFN-alfa si assiste alla ricomparsa delle IgM anti-HDV e negativizzazione dell’HBV-DNA. Tuttavia trattandosi di paziente con cirrosi e considerato il rischio di insorgenza di resistenza a LAM si aggiunge in terapia ADV (adefovir) 10 mg/die. Durante questo trattamento triplice con IFN, LAM e ADV si riscontra la persistente negativizzazione dell’HBV-DNA e delle IgM anti-HDV insieme alla normalizzazione delle transaminasi. Persistono invece, debol- mente positivi, HBeAg e anti-HBe e l’HBsAg a elevato titolo. Nel 2010 la paziente, di 62 anni e con diagnosi di cirrosi compensata da HBV+HDV, in terapia con IFN (5-2004), LAM (11-2005) e ADV (1-2007), è in condizioni generali buone e presenta gli esami di seguito descritti. Ecografia addome superiore: fegato di volume aumentato, disomogeneo, margini irregolari, no lesioni occupanti spazio, ASP dilatato, flusso rallentato, milza di volume aumentato (DL=13,8 cm); la paziente rifiuta di sottoporsi a EGDscopia. tutt’oggi, ad avere indici di citolisi epatica nella norma, IgM anti-HDV negative, HBsAg positivo a elevato titolo. L’HBV-DNA non è rilevabile tramite tecnica PCR, mentre HBeAg e anti-HBe risultano entrambi negativi. La paziente è in discrete condizioni generali, è in remissione biochimica e virologica persistente. Il monitoraggio ecografico semestrale non evidenzia sostanziali variazioni rispetto all’esame eseguito nel 2010. La paziente rifiuta di sottoporsi a nuova biopsia epatica. Discussione Esami del sangue ALT normali (<20 UI/L), gammaGT 19, gamma-globuline 16%, Hb 13,7, GB 2.280 (NEU 45%), PLT 111.000, INR 1,05; Bil Tot 0,50, αFP 2, col 143; HBsAg positivo ad elevato titolo; HBeAg e anti-HBe sempre debolmente positivi; HBVDNA negativo (<20 UI/ml Realtime PCR); IgM anti-HBc negativo; IgM anti-HDV negativo da più di un anno. Si decide pertanto, in aprile 2010, di sospendere la terapia con IFN leucocitario e continuare LAM e ADV. Dopo circa 3 anni dalla sospensione della terapia con IFN la paziente continua, a L’epatite delta è causata dall’infezione con il virus dell’epatite D, un virus difettivo che richiede obbligatoriamente la funzione helper del virus HBV per la sua replicazione e trasmissione in vivo. Perciò l’HDV può essere acquisito solo con la confezione con HBV o attraverso la superinfezione di un portatore cronico di HBV. Il decorso clinico è infatti variabile e la superinfezione può esitare in infezione cronica in più del 90% dei casi, con manifestazioni cliniche rapidamente progressive, che vanno da un quadro clinico di epatite acuta 25 MICHELE MILELLA frequentemente fulminante fino alla cirrosi nel 70-80% dei casi (4). L’infezione da HDV può essere diagnosticata mediante la determinazione degli anticorpi diretti contro l’HDAg (anti-HDV IgG e IgM) e la presenza di HDV nel siero. Le IgM anti-HDV sono utili nel diagnosticare un’infezione acuta da HDV (confezione o superinfezione), ma possono essere impiegate anche per monitorare la risposta alla terapia antivirale nell’infezione cronica da HDV, poiché tendono a negativizzarsi in corso di risposta favorevole alla terapia anti- virale (5). Il caso clinico descritto riguarda una paziente con cirrosi da HBV-HDV trattata a lungo termine (6 anni) con IFN leucocitario. Durante il trattamento iniziale con IFN ha presentato una riattivazione da HBV, che ha reso necessario l’impiego di LAM e successivamente anche ADV. In questo caso il trattamento a lungo termine dell’IFN, effettuato al di fuori delle linee guida e non considerando i criteri di rimborsabilità del farmaco, è stato in grado di determinare la remissione clinica, biochimica e virologica della malattia, modifi- Figura 1. Terapia antivirale in un caso di cirrosi da HBV-HDV. 26 cando la storia naturale della malattia nel caso descritto. Dai dati della letteratura emerge che, nel trattamento dell’epatite delta, l’IFN convenzionale ad elevate dosi per 12 mesi, può determinare la clearance dell’HDV-RNA in un significativo numero di pazienti con miglioramento degli indici di citolisi epatica e regressione dell’istologia (2); è stato osservato che il calo dell’HDV-RNA, durante il trattamento con IFN convenzionale e più recentemente con il Peg-IFN, viene spesso osservato tardivamente in corso di terapia TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE CON INTERFERONE LEUCOCITARIO DI UNA PAZIENTE CON CIRROSI DA HBV-HDV ed è verosimile che alcuni pazienti possano beneficiare di trattamenti di più lunga durata, spesso oltre un anno (3). Al contrario tentativi terapeutici con farmaci diversi dall’IFN, quali antivirali orali, sono risultati inefficaci nel trattamento dell’epatite delta in pazienti con replica HBV soppressa o molto bassa. Nello studio di Wedemeyer (6) la monoterapia con ADV non ha determinato apprezzabili effetti terapeutici sull’HDV-RNA e non viene raccomandata dagli autori in assenza di replica virale HBV. In conclusione il trattamento con IFN convenzionale, e più recente- mente il Peg-IFN, rimane attualmente l’unica terapia in grado di modificare la storia naturale dell’epatite cronica delta in una certa percentuale di soggetti con evidenze scientifiche (2-4) che tale terapia debba essere spesso protratta a lungo termine come è avvenuto nel caso descritto. Bibliografia 1. Romeo R, Del Ninno E, Rumi M et al. A 28- chronic epatitis D: regression of advanced titis D. Semin Liver Dis 2012;32(2):228-236. year study of the course of hepatitis delta hepatic fibrosis. Gastroenterology 5. Pascarella S, Negro F. Hepatitis D virus: un infection, a risk factor for cirrhosis and he- 2004;126(7):1740-1749. update. Liver Int 2011;31(1):7-21. patocellular carcinoma. Gastroenterology 3. 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Il paziente, che ha un’epatopatia cronica HCV (Hepatitis C virus)-correlata, complicata dall’abuso di alcolici, si caratterizza per una difficile situazione familiare, oltre che lavorativa, che acuisce un habitus caratteriale di estrema irascibilità. Dopo adeguato counselling si decide di iniziare una terapia con interferone peghilato (Peg-IFNalfa 2a (pegasys)+ribavirina (RBV), ma dopo circa 2 mesi di terapia un’ingravescente piastrinopenia, ma soprattutto significative turbe del comportamento (scatti di collera incontrollati), rendono impossibile continuare la terapia con Peg-IFN; si decide, quindi, di intraprendere un percorso terapeutico alternativo con IFN-alfa naturale leucocitario (alfaferone) ottenendo, alla fine di un ciclo di 6 mesi, non gravato dai precedenti effetti collaterali descritti, la tanto ambita SVR (sustained virological response) determinante per un miglioramento della qualità e delle aspettative di vita del paziente. Paziente di nazionalità italiana, 51 anni d’età, titolare di un esercizio di ristorazione in Svizzera. Giunge per la prima volta alla nostra osservazione nell’aprile 2011. Mostra documentazione risalente al Dicembre 2010 di un ricovero urgente, effettuato c/o reparto internistico della nostra provincia, per intossicazione acuta da alcool. Durante quel ricovero gli viene diagnosticata, contestualmente, una sieropositività per HCV. Alla dimissione, fra le altre raccomandazioni, gli viene proposto di effettuare una visita infettivologica di controllo. Dall’anamnesi emerge una storia pregressa di tossicodipendenza durata, a fasi alterne, per circa 20 anni e conclusasi definitivamente nel 2003; è affetto da diabete mellito da circa 3 anni (positività anamnestica da parte della madre), che controlla adeguatamente con la dieta e basse dosi di ipoglicemizzanti orali; è un ex-fumatore. Riferisce di non essere un alcolista cronico e che il recente uso smodato di alcolici è il risultato di una situazione familiare complessa, dovuta alla recente separazione dalla moglie, con conseguente enorme difficoltà a poter conti- nuare a vedere con regolarità i suoi 3 figli in tenera età. L’essere detentore di un’avviata attività commerciale, fuori dall’Italia, complica ulteriormente la possibilità di soluzioni soddisfacenti della spiacevole condizione di vita privata. Quadro clinico Nel corso della nostra prima visita il paziente si presenta in buone condizioni fisiche generali: è normopeso e l’attività cardiorespiratoria è nella norma. L’obiettività addominale evidenzia un’epatosplenomegalia di grado lieve, con assenza di segni clinici (cute itterica, presenza di spider nevi, ascite, etc.), che possano indurre a pensare a un’evoluzione cirrotica dell’epatopatia; dal punto di vista emotivo, tuttavia, il paziente è assai instabile. Non solo è complicato il rapporto con la ex- moglie, ma anche la convivenza con gli anziani genitori, che lo ospitano nel proprio domicilio, quando il paziente torna dalla Svizzera per poter visitare i figli, è assai conflittuale. La sommatoria di tutte queste vicissitudini familiari lo hanno indotto, nell’ultimo anno, a una fuga nell’alcool. SUCCESSO TERAPEUTICO IN UN PAZIENTE CON HABITUS ANSIOSO E TURBE CARATTERIALI ACUITE DALL’USO DI INTERFERONI PEGHILATI Gli esami che porta in visione evidenziano, dal punto di vista virologico, una negatività per virus HBV e HIV, mentre l’HCV-RNA quantitativo risulta essere positivo (2.560.000 copie/ml) con presenza del genotipo 3a. Nel complesso gli esami della funzionalità epatica sono soddisfacenti con valori sierici dell’albumina di 4,5 g/dl senza ipergammaglobulinemia (15,6%); i valori della bilirubina risultano nella norma, come anche quelli del PT. Gli unici dati significativamente alterati riguardano le piastrine (106.000 mm3), le transaminasi con valori 2 volte la norma e la GGT (130/60). Un’ecografia addome recente descrive un: “fegato di dimensioni modicamente aumentate a ecostruttura lievemente addensata, steatosica. Milza aumentata di volume di 137 mm.” Si ritiene non necessario proporre una biopsia epatica, vista la presenza di genotipo favorevole. Nonostante il paziente si dichiari essere estremamente determinato nel voler affrontare quanto prima, con il trattamento interferonico, la patologia epatica HCV-correlata, dal colloquio approfondito con lo stesso, emerge forte la sua instabilità emotiva legata alle vicende personali su descritte e, per tale motivo, non si asseconda la richiesta pressante, da parte dello stesso, di iniziare immediatamente il percorso terapeutico previsto per tali casi con IFN + RBV. Viceversa lo si invita a praticare un ciclo di vaccinazione per HBV e a richiedere un sostegno psicologico qualificato, per provare a gestire meglio i problemi familiari e di abuso di alcolici che sono, al momento, di gran lunga preminenti rispetto a quello di affrontare farmacologicamente l’infezione da HCV. Trattamento Nel settembre 2011 il paziente torna a controllo ambulatoriale; il quadro laboratoristico è esattamente sovrapponibile ai controlli precedenti, come pure il ricontrollo ecografico. Ciò che tuttavia è profondamente mutato è lo stato d’animo rasserenato del soggetto e il suo nuovo approccio razionale nell’affrontare le difficoltà personali. Afferma di aver trovato da solo le energie mentali per smettere di bere, che sta superando il difficile momento della separazione e inoltre ci comunica di aver deciso di dare in gestione la sua attività commerciale in Svizzera, in modo da poter rimanere almeno 6-12 mesi in Italia, così da completare con serenità il ciclo di terapia previsto, senza alcun assillo lavorativo. Riconfermata tale condizione di ritrovata serenità da parte del paziente in un successivo accesso ambulatoriale, nel gennaio 2012 si decide di iniziare una terapia di combinazione con Peg-IFN-alfa 2a 180 μg la settimana + RBV 800 mg/die (1). Il paziente assume la terapia con notevole motivazione. Nel corso del controllo laboratoristico, coincidente col la IV settimana dall’inizio della terapia, le piastrine scendono ai valori di 67.000, imponendo un controllo periodico più ravvicinato della crasi ematica (1 volta la settimana); le transaminasi mostrano una significativa riduzione delle GPT (62/45), mentre le GOT rientrano nei livelli di normalità. Infine la viremia HCV, che non è più rilevabile al primo mese di terapia (RVR), ci conforta nell’intento di proseguire la terapia. Tuttavia ciò che cattura l’attenzione dei nostri infermieri, adibiti all’effettuazione dei prelievi periodici, è il comportamento del paziente che, ogniqualvolta si presenta nel nostro ambulatorio, manifesta un comportamento polemico e appare pretestuosamente 29 SALVATORE MINNITI irascibile nei confronti di un personale paramedico esperiente come il nostro, che da decenni gestisce pazienti con problematiche ben più complesse. Per tale motivo si convoca il paziente per un colloquio, nel corso del quale emerge che, effettivamente, da quando ha iniziato la terapia (nonostante ci assicuri di non aver ripreso a bere alcolici e di non aver alcun altro nuovo problema da gestire) trova acuito dentro di sé l’impulso alla irritabilità che tuttavia, ammette, essere una sua nota caratteriale di base (probabile concausa anche della sua separazione dalla moglie). Acquisito tale dato si prospetta, al paziente, l’ipotesi di sospendere il Peg-IFN (2) per passare all’IFN-alfa-naturale leucocitario, gravato da minori effetti collaterali anche di tipo psichiatrico. Il paziente, tuttavia, si oppone a tale scelta, percependo lo “switch” verso una diversa terapia come una seconda scelta che potrebbe compromettere il risultato finale della guarigione; si dice quindi pronto a gestire con successo i propri scatti incontrollati d’ira, così come ha sconfitto in passato droga e, più di recente, l’alcool. Si concorda, quindi, di proseguire con la terapia 30 standand già iniziata, a patto che il paziente continui gli accessi settimanali nel n/s ambulatorio non solo per controllare la persistente piastrinopenia ma anche per verificare, con il medico di riferimento, la sua reale idoneità psichica. Dopo circa 2 settimane da questo colloquio chiarificatorio veniamo contattati telefonicamente dal paziente che, in lacrime, asserisce di avere appena avuto una furiosa lite, per motivi futili, con gli anziani genitori e ora è in preda a dilanianti sensi di colpa e un ingestibile stato ansioso. Lo si invita immediatamente a sospendere la terapia con Peg-IFN e, nell’immediata successiva visita ambulatoriale, lo si riferisce a uno psichiatra, che conclude la sua consulenza prescrivendo delle benzodiazepine da assumere per circa 1 mese. Il paziente, che ammette di non “sentirsi più lui” da quando assume la terapia interferonica, non si rassegna tuttavia all’idea di dover abbandonare la “cura per l’epatite HCV”. Si decide quindi che, fermo restando l’eventuale continuativo ausilio dello psichiatra in caso di necessità, si rifarà una rivalutazione completa delle sue condizioni a un mese dalla sospensione della cura ed, eventualmente, si proverà il trattamento alternativo con IFN-alfa naturale leucocitario che, con la sua somministrazione a giorni alterni, è assai più maneggevole nella gestione degli eventi avversi. Questa è stata, in effetti, la scelta da noi percorsa visto che il paziente, dopo 20 giorni di sospensione della terapia con Peg-INF, continuava a essere aviremico. Da aprile a settembre 2012 il paziente ha completato il ciclo di 6 mesi di terapia di combinazione con IFN-alfa naturale leucocitario ai dosaggi di 3 MUI da assumere a giorni alterni + RBV 800 mg/die senza più dover far ricorso a supporto di tipo psichiatrico. Anche le piastrine, che viaggiavano in corso di terapia con la formulazione peghilata intorno i valori di 57-67.000, si sono mantenute stabilmente sopra le 80.000, così da consentirci di diradare, a una volta al mese, gli accessi ambulatoriali per il controllo della crasi ematica. Ovviamente le suddette note positive sarebbero di nessun valore se contestualmente non si fosse verificato un elevato livello di efficacia della terapia assunta, confermata dal raggiungimento dei valori di negatività della viremia HCV nei controlli eseguiti durante la 4a SUCCESSO TERAPEUTICO IN UN PAZIENTE CON HABITUS ANSIOSO E TURBE CARATTERIALI ACUITE DALL’USO DI INTERFERONI PEGHILATI 12a e 24a settimana di terapia, ma soprattutto nei prelievi successivi effettuati ben oltre i 6 mesi dal completamento della stessa, essenziali per sancire la condizione di risposta virologica sostenuta. miliare, il particolare profilo psicologico del paziente, viene confermato che, in selezionate condizioni, l’alfaferone garantisce l’indubbio vantaggio di essere estremamente maneggevole, scarsamente gravato da intollerabili effetti collaterali e al tempo stesso mantiene una soddifacente efficacia (3). Un altro elemento che ci ha aiutato nel raggiungimento del successo terapeutico è stato il continuo raccordo avvenuto fra il paziente e l’intera équipe di medici e paramedici che lo hanno assistito nel corso di tutto il percorso te- rapeutico. La nostra pluriennale esperienza conferma quanto sia fruttuosa, nel corso di terapie prolungate, quali quelle che l’epatite HCV-correlata richiede, la nostra scelta organizzativa di effettuare direttamente c/o il nostro ambulatorio i prelievi periodici dei pazienti in terapia. Ciò garantisce una continua e attenta vicinanza del nostro personale paramedico verso i nostri pazienti, in modo da poter cogliere, in tempo utile, problematiche di elevata importanza altrimenti sottostimate. 1. Fried MW et al. Peginterferon alfa-2a of therapy for chronic hepatitis C. Gas- oral ribavirin in treatment-naive patients plus ribavirin for chronic hepatitis C virus troenterology 2003:124(6): 1711-1719. with chronic hepatitis C: a multicentre, infection. New England Journal of Medicine 3. Barbaro G, Grisorio B, Fruttaldo L et al. randomised, controlled study. BioDrugs 2002; 347(13):975-982. Good safety profile and efficacy of leuco- 2003;17(6):433-439. 2. Russo MW, Michael W. Fried. Side effects cyte interferon-alpha in combination with Discussione Anche nel caso clinico appena illustrato, dove erano presenti vari fattori ostativi il raggiungimento di un successo terapeutico quali: la presenza di diabete mellito, la piastrinopenia, il tormentato quadro fa- Bibliografia 31 Il trattamento con interferone-alfa leucocitario in una paziente anziana, di anni 68, affetta da cirrosi epatica HCV-correlata e vasculopatia ipertensiva Vincenzo Narciso, Valeria Narciso U.O.C. Medicina Interna. P.O. Ascalesi, ASLNA1 Centro, Ambulatorio e DH Epatologia 32 Introduzione Caso clinico Il trattamento dell’epatite cronica da HCV (Hepatitis C virus) con interferone peghilato (Peg-INF) e ribavirina (RBV) rappresenta il principale approccio nei pazienti inferiori ai 65 anni: infatti allo stato attuale riconosciamo, secondo la nostra esperienza, una risposta complessiva sostenuta intorno al 55%, considerando tutti i genotipi. Mentre nei soggetti di genotipo 2 e 3 la risposta sostenuta si attesta al 75-80%, in quelli di genotipo 1 e 4, più resistenti alla terapia, la risposta sostenuta è inferiore al 50%. Nei soggetti anziani, invece, questa terapia è molto meno praticabile, sia perché nella quasi totalità dei casi è mal tollerata, sia perché esistono, a queste età, quasi sempre delle comorbilità che ne limitano l’efficacia. In questi casi va raccomandato l’uso dell’INF-alfa leucocitario, che ha una discreta attività antivirale in associazione alla RBV ed è molto meglio tollerato; spesso questo tentativo terapeutico è premiato dal successo, come dimostra il caso descritto. Trattasi di una paziente di 68 anni, in cura presso il nostro Ambulatorio da alcuni anni, affetta da una epatite cronica HCV-correlata da epoca imprecisata, che non aveva mai mostrato segni di scompenso funzionale e solo da alcuni mesi presentava un’elevazione delle transaminasi insolita e lieve piastrinopenia (ALT>100 UI, PLT:101.000). Per questo motivo abbiamo ritenuto opportuno effettuare un DH di controllo nel mese di marzo 2012, per una puntualizzazione clinica della sua affezione. Da ricordare che la paziente era, da circa 2 anni, in trattamento con un ACE-inibitore e un blando diuretico per un’ipertensione arteriosa, con una retinopatia di 1° grado secondaria. All’esame obiettivo generale presentava un’epatosplenomegalia, un lieve soffio sistolico basale cardiaco. La pressione arteriosa era 145/90. Peso 71 Kg, H:168. Abbiamo effettuato gli esami routinari, che hanno mostrato: ipertransaminasemia, AST:68 UI; ALT: 110; piastrine 95.000; PT 78%; PTT 38; Hb 13,5 g%; gammaglobuline 32%; proteine totali 7,1g; albumine 42%.L’HCV-RNA qualitativo era ovviamente positivo, con un quantitativo di 700.000 UI. Il genotipo era 2a/2c. Gli anticorpi antinucleo erano assenti, gli ormoni tiroidei nella norma. L’ECG e l’ecocardiogramma mostravano una lieve ipertrofia cardiaca ventricolare sinistra. Il fondo oculare evidenziava una retinopatia di primo grado. L’esame ecografico mostrava un fegato aumentato di dimensioni, specie il lobo sinistro, con eco-struttura diffusamente disomogenea, margini epatici finemente irregolari. I vasi portali erano tortuosi ma pervi, non si notavano lesioni focali e la milza era lievemente ingrandita (diametro longitudinale 16,2 cm), a eco-struttura omogenea. A questo punto si imponeva l’indagine endoscopica per confermare eventuali segni di ipertensione portale; infatti all’EGD-fibroscopia si evidenziavano delle varici di primo grado al terzo distale esofageo e una lieve gastrite congestizia; era chiara, quindi, la diagnosi di cirrosi epatica, anche se in quadro di buona funzionalità complessiva (CHILD A), in una paziente con ipertensione arteriosa e lieve cardiopatia e retinopatia secondarie. A questo punto si poneva il problema della terapia, anche in con- IL TRATTAMENTO CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO IN UNA PAZIENTE ANZIANA, DI ANNI 68, AFFETTA DA CIRROSI EPATICA HCV-CORRELATA E VASCULOPATIA IPERTENSIVA siderazione della forte motivazione della paziente a effettuarla. Consapevoli della sua patologia abbastanza avanzata e della possibilità di notevoli effetti collaterali con la terapia standard, ci siamo indirizzati verso la terapia alternativa, più tollerata in casi similari; perciò abbiamo deciso di effettuare la terapia con INF-alfa leucocitario naturale 6 Mu x 3 volte la settimana in aggiunta a RBV 800 mg/die (2 cpr da 200 mg x 2 volte al giorno), considerando che ci trovavamo di fronte a una paziente anziana, affetta già da cirrosi epatica (CHILD A) con una comorbilità vascolare ipertensiva; abbiamo prescritto tale trattamento perché sicuri di una buona efficacia e di un’ottima tollerabilità. La paziente ha iniziato la terapia nel mese di aprile del 2012 e ha terminato all’inizio di ottobre dopo 24 settimane. All’inizio la terapia non è stata scevra da effetti collaterali, caratterizzati prevalentemente da astenia e artromialgie diffuse con febbricola sub-continua, dominate da blandi antinfiammatori. Gli esami iniziali confermavano l’ipertransaminasemia e la piastrinopenia, ma si è manifestata invece una sostanziale riduzione dell’Hb, che da 13,7 g% è passata a 10,8 g%. A questo punto abbiamo associato una fiala di eritropoietina di 20.000 UI alla settimana, senza ridurre la RBV. La situazione è nettamente migliorata dopo un mese, con una Hb stabilizzata sui 12 g%. Un’altra sorpresa rilevante era la negatività dell’HCV-RNA già dopo 4 settimane di terapia, con progressiva riduzione delle transaminasi che, al secondo mese di terapia, erano rientrate nei valori normali. Verso il 4° mese di terapia, oltre l’astenia, si è presentato un lieve prurito, risolto con l’assunzione di un antistaminico per circa 10 giorni. L’HCV-RNA è stato negativo per tutto il periodo di trattamento, le transaminasi normali, le piastrine si sono mantenute intorno a 70.000, gli altri esami sostanzialmente sovrapponibili ai precedenti. Nel follow-up successivo la paziente ha goduto di buone condizioni di salute e, dopo 6 mesi dalla fine del trattamento antivirale, l’HCV-RNA si è mantenuto negativo, le transaminasi normali, il PT 80%, le piastrine 88.000, l’Hb 12,5 g%, le gammaglobuline 26%. L’esame ecografico addominale sostanzialmente era sovrapponibile al precedente. Discussione Questo caso descritto, di facile riscontro, è emblematico per affrontare i casi anche di epatite cronica evoluta in cirrosi e in un’età>di 65 anni, con presenza quasi sempre di comorbilità; infatti in questi casi la terapia tradizionale con Peg-INF più RBV spesso può determinare grossi problemi di tollerabilità. La risposta virologica sostenuta (SVR), in questo caso esposto, ci è di notevole conforto nel trattare i pazienti cirrotici non scompensati, anche con comorbilità. Il trattamento con INF-alfa leucocitario naturale ha dimostrato un’ottima efficacia, anche se l’epatopatia era avanzata, e una buona sostanziale tollerabilità. Ovviamente il trattamento è stato effettuato sotto stretto monitoraggio della paziente, che ha presentato dei problemi secondari, sostanzialmente dovuti alla RBV. L’anemia iniziale è stata prontamente corretta dall’associazione di 20.000 UI di eritropoietina alla settimana, che ha consentito una stabilizzazione dell’Hb intorno ai 12 g%, senza che sia stato necessario ridurre la dose di RBV. Il prurito, inoltre, è stato prontamente 33 VINCENZO NARCISO, VALERIA NARCISO risolto con l’uso di un antistaminico. Ma la cosa che ci ha dato maggiore soddisfazione è stata il miglioramento dei parametri bioumorali e l’assenza di qualsiasi segnale clinico di un eventuale scompenso epatico. Anche l’ipertensione arteriosa e la cardiopatia secondaria sono state controllate dalla terapia con un ACE-inibitore, associato a un blando diuretico (i valori della pressione diastolica sono stati sempre inferiori ai 90 mm di Hg). Conclusioni Il caso clinico descritto dimostra come sia utile, in molti casi, l’utilizzo dell’INF-alfa leucocitario naturale, soprattutto nei soggetti anziani, con epatopatia avanzata e comorbilità: infatti tale farmaco mostra l’indubbio vantaggio di possedere un’elevata tollerabilità e maneggevolezza, assieme a una discreta attività antivirale se associato alla terapia con RBV. Ovviamente questa terapia, in tali pazienti, deve essere effettuata sotto stretto monitoraggio, per far sì che essi completino il trattamento senza rilevanti effetti collaterali, che possano compromettere la prosecuzione della terapia e inficiarne così i benefici; infatti un risultato auspicabile, come la SVR, non solo evita lo scompenso bloccando la progressione della malattia, ma riduce notevolmente anche la possibilità di trasformazione in epatocarcinoma, come dimostrano molti lavori a tal proposito. • Cacopardo B, Benanti F, Brancati G, Ro- hepatitis. Effect of Hepatitis B and C elderly patients with Hepatitis C virus mano F, Nunnari A. Leukocyte interfer- virus infections on the natural history related chronic liver disease. Arch Geron- on alpha retreatment for chronic hepa- of compensated cirrhosis: a cohort tol Geriatr 1996;(Suppl 5):305-312. Bibliografia 34 titis patients previously intolerant to study of 297 patients. Am J Gastroen- • Iacobellis A, Ippolito A, Andriulli A. Antivi- other inter ferons. J Viral Hepat terol 2002;97(11):2886-2895. ral therapy in Hepatitis C virus cirrhotic 1998;5(5):333-339. • Gattoni A,Romano C,Cecere A, Caiazzo patients in compensated and decompen- • Fattovich G, Pantalena M, Zagni I et al. R, Grima P, Altucci P. Efficacy of human sated condition. World J Gastroenterol Eureopean concerted action on viral leucocyte interferon alpha treatment in 2008;14(42):6467-6472. Ritrattamento con interferone-alfa naturale leucocitario di un paziente affetto da epatite cronica C non responder a precedenti trattamenti Giuseppe Sabusco U.O.C Malattie Infettive, Ospedale “A. Cardarelli“, AsREM - Campobasso Introduzione Il caso clinico evidenziato si riferisce a un paziente di 42 anni affetto da epatite cronica HCV-correlata (genotipo 1a), già trattato, in passato, con 2 cicli di interferone peghilato-alfa 2a (Peg-INF-alfa 2a e ribavirina (RBV) e individuato come “non responder” a causa del fallimento terapeutico (persistenza di ipertransaminasemia associata ad alta viremia) da noi ritrattato per 48 settimane con INF-alfa naturale leucocitario al dosaggio di 3 MU s.c. 3 volte a settimana. Il ritrattamento con INF-alfa leucocitario (meglio tollerato dei Peg-IFN in relazione all’eventuale comparsa di effetti collaterali) dei pazienti adulti con epatite cronica HCVcorrelata (recentemente approvato anche dalla commissione europea), in cui precedenti trattamenti con Peg-IFN + RBV abbiano fallito, viene oggi fortemente raccomandato e rappresenta a tutt’oggi, a mio parere, un’ottima opzione terapeutica tesa all’eradicazione dell’infezione. I pazienti non responder a uno o più trattamenti con Peg-IFN rappresentano, oggi, una popolazione complessa ed eterogenea, destinata sicuramente a crescere nel tempo. Considerando che la storia naturale dell’epatite cronica HCVcorrelata, lasciata a sé stessa, evolve verso stadi sempre più avanzati di cirrosi, e ogni anno una temibile percentuale di questi pazienti andrà incontro a insufficienza epatica ed epatocarcinoma, il ritrattamento antivirale con INF-alfa leucocitario è oggi da raccomandare fortemente per cercare di migliorare le problematiche cliniche legate alla potenziale evolutività letale dell’infezione da HCV. Note anamnestiche Paziente di 42 anni, affetto da epatite cronica HCV-correlata, con evidenziazione, da 5 anni, di persistente ipertransaminasemia, che giunge alla nostra osservazione con alta viremia (HCV-RNA 6.000.000 cp/ml–genotipo 1a); trattato in passato presso un’altra unità operativa di malattie infettive con 2 cicli di associazione di Peg-IFN-alfa +RBV, sospesi rispettivamente al secondo mese di trattamento la prima volta e al 3° mese la seconda, per persistente non riduzione della viremia associata a ipertransaminasemia (paziente identificato come “non responder” in entrambe le occasioni); il fallimento della precedente terapia veniva testimoniato da una mancata risposta durante i trattamenti (con viremia alta e associata ipertransaminasemia). Quadro clinico Il paziente giunge, alla nostra osservazione, nel gennaio 2012 lamentando, in anamnesi, una sindrome dispeptica e lieve astenia generalizzata. Presenta, allo screening laboratoristico iniziale, questo quadro bioumorale: AST 278, ALT 300, GGT 189, fosfatasi alcalina 156, bilirubina totale 2,84, HCV RNA 6.000.000 cp/ml con genotipo 1a. Un esame ecografico addominale evidenzia epatomegalia, con fegato a margini arrotondati e irregolari ed ecostruttura diffusamente disomogenea, come si osserva nelle sofferenze parenchimali di tipo cronico, con iniziale lieve splenomegalia. Una EGDS evidenziava la presenza di gastropatia congestizia; non evidente presenza di versamento endoperitoneale, non presenza di ipertensione portale e non lesioni focali epatiche a un esame TAC dell’addome. 35 GIUSEPPE SABUSCO Trattamento Considerando la forte motivazione del paziente a cercare di risolvere l’evolutività della patologia epatica verso un’inevitabile imminente cirrosi epatica e la sua disponibilità a una stretta aderenza al nostro protocollo di ritrattamento proposto iniziamo il ritrattamento con lo schema: IFN-alfa naturale leucocitario al dosaggio di 3 MU s.c. 3 volte a settimana. Già dopo 12 settimane di ritrattamento la risposta virologica si è rilevata soddisfacente, poiché la viremia non era più rilevabile: fattore predittivo importante per una risposta virologica sostenuta, in quanto HCV-RNA è stato persistentemente non rilevabile alla 24 a settimana di terapia sino alla fine del periodo di terapia durato 48 settimane e, soprattutto, fino a 6 mesi dalla sospensione del ritrattamento; inoltre abbiamo rilevato una completa remissio- 36 ne dell’iper transaminasemia evidenziata all’inizio del trattamento. L’efficacia del ritrattamento è testimoniata dal fatto che, a ben 6 mesi dalla sospensione dello stesso, le transaminasi continuano a essere normali, con una viremia (HCV-RNA quantitativo) ancora “undetectable”: nel nostro caso la risposta virologica sostenuta è stata definita con un HCV-RNA non rilevabile 24 settimane dopo il trattamento. La negativizzazione della viremia, evidenziata già dopo 12 settimane di ritrattamento, ci ha indicato che il paziente poteva essere in grado di ottenere una risposta virologica sostenuta al termine delle 48 settimane di terapia totali che noi abbiamo effettuato; totale si è rilevata anche la remissione degli indici bioumorali di necrosi, con le transaminasi che si sono mantenute persistentemente normali per tutto il periodo di trattamento (48 settimane). Discussione Questa nostra esperienza clinica dimostra che i pazienti affetti da epatite cronica C, non responder a precedenti trattamenti antivirali con Peg-INF + RBV, ritrattati per un anno con INF-alfa leucocitario, con una viremia non rilevabile già dopo 12 settimane di ritrattamento, abbiano buone possibilità di successo nell’eradicazione del virus malgrado abbiano fallito una precedente terapia. Considerando che oggi, come riportato in letteratura, solo il 50% dei pazienti trattati riesce a debellare l’epatite cronica HCV-correlata in maniera definitiva, l’importanza del ritrattamento di soggetti che hanno fallito precedenti terapie ridona speranza a questi pazienti esposti a una subdola e pericolosa evoluzione della malattia verso la cirrosi e l’epatocarcinoma. Per concludere possiamo, in questa maniera, dare a questi pazienti un’ulteriore importante opzione di successo terapeutico. RITRATTAMENTO CON INTERFERONE-ALFA NATURALE LEUCOCITARIO DI UN PAZIENTE AFFETTO DA EPATITE CRONICA C NON RESPONDER A PRECEDENTI TRATTAMENTI Bibliografia • Alberti A, Chemello L, Noverta F et al. Re- • Krawitt EL, Ashikaga T, Gordon SR et al. virologic response (SVR) in the EPIC 3 trial: treatment with interferon. Hepatology Peginterferon alfa-2b and ribavirin for week twelve virology predicts SVR in pre- 1997;26 (3 Suppl 1):137S-142S. treatment-refractory chronic hepatitis C. 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Gastroenterologia e Malattie del Ricambio, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Ospedale Cisanello Introduzione Lo scenario terapeutico dell’epatite cronica da HCV (Hepatitis C virus) sta mutando radicalmente: l’introduzione degli inibitori della proteasi NS3 di HCV, in combinazione con interferone peghilato (Peg-IFN) e ribavirina (RBV), consente oggi il ritrattamento dei pazienti con HCV genotipo 1b, sia non responder o relapser a precedenti trattamenti antivirali che il trattamento dei “naïve” con epatopatia cronica evolutiva. Verosimilmente nell’arco di qualche anno, considerando le numerose molecole attualmente nelle varie fasi di studio, si potrà arrivare a un regime terapeutico “interferonfree”. Tuttavia al momento l’utilizzo del Peg-IFN rappresenta ancora, in associazione alla RBV, il caposaldo della terapia antivirale per l’epatite cronica da HCV; ciononostante questo tipo di trattamento si associa, spesso, all’insorgenza di effetti collaterali, che richiedono la riduzione del dosaggio o la sospensione del Peg-IFN. In particolare gli effetti collaterali indotti dal Peg-IFN, quali ad esempio, mielotosscità e alterazioni del tono dell’umore, tendono a essere più frequenti nei pa- 38 zienti con fibrosi epatica evolutiva (METAVIR F3-F4), che hanno però la maggiore necessità di essere trattati per prevenire le complicanze dell’epatopatia da HCV (scompenso funzionale o l’epatocarcinoma). Occorre comunque tener presente che, anche in epoca precedente l’utilizzo dei PegIFN, la tollerabilità degli IFN-alfa ricombinanti, ancora oggi in alcuni casi utilizzati, poteva essere scarsa, associandosi spesso a eventi avversi che portavano a interruzione precoce del trattamento. È noto che l’IFN-alfa leucocitario (alfaferone) presenti un basso grado di mielotossicità e minori possibilità di indurre depressione o altri disordini psichiatrici: ciò favorisce un profilo di maggiore sicurezza e tollerabilità rispetto agli IFN-alfa ricombinanti o ai Peg-IFN. Il caso clinico presentato ha la peculiarità di sottolineare come una paziente con cirrosi epatica da HCV, con severa leucopiastrinopenia e intollerante a un precedente trattamento con PegIFN, abbia beneficiato della terapia con IFN-alfa leucocitario (alfaferone), in associazione alla RBV, ottenendo una risposta virologica sostenuta. Note anamnestiche Paziente di sesso femminile (iniziali L.B., nata il 15-8-1950), 61 anni compiuti all’epoca dell’inizio del ritrattamento con IFN-alfa leucocitario (alfaferone) in associazione alla RBV. Non si registrano familiarità per epatopatia, né assunzione di bevande alcoliche. Fattori di rischio per virus epatitici: emotrasfusa all’età di 15 anni a seguito di trauma stradale e assenza di comorbidità. In apparente buona salute sino a Giugno 2006 quando, per intensa astenia, esegue esami bioumorali che evidenziano un incremento dei valori di ALT (alanino-amino-transferasi) sino a 5-7 volte i valori normali, riduzione dei leucociti e delle piastrine, ipergammaglobulinemia, lieve incremento della bilirubina. La paziente risulta positiva allo screening per anti-HCV, negativa per HBV; presenta inoltre un’elevata viremia da HCV con genotipo 1b. Esegue controlli circa mensili delle transaminasi, con tendenza alla riduzione della citolisi. La sintesi epatica è discretamente conservata. L’ecografia evidenzia un fegato con margini ondulati, ecostruttura disomogenea senza lesioni focali, splenomegalia. RITRATTAMENTO CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO (ALFAFERONE) IN PAZIENTE CON CIRROSI EPATICA DA HCV GENOTIPO 1B E SEVERA LEUCOPIASTRINOPENIA INTOLLERANTE A PEG-IFN-ALFA 2A Nel marzo 2007 viene sottoposta ad agobiopsia epatica: ne emerge un quadro di epatite cronica a evoluzione cirrotica con discreta attività infiammatoria compatibile con eziologia da HCV (grado 12/18 –stadio 6/6 secondo Ishak). A Ottobre 2007 inizia una terapia antivirale con Peg-IFN-alfa 2a alla dose di 180 μg a settimana in associazione a RBV 800 mg/die. La paziente presenta una riduzione della citolisi e della carica virale (pur non raggiungendo la negativizzazione) durante il primo mese di trattamento: tuttavia la paziente presenta cefalea marcata, significativa leucopiastrinopenia (PLTs 35.000, leucociti 1.400 con 700 neutrofili), calo del tono dell’umore con aspetti depressivi e astenia ingravescente. Il dosaggio del Peg-IFN-alfa 2a viene dimezzato alla dose di 90 μg a settimana: nonostante questo provvedimento gli effetti collaterali divengono tali, in particolare la cefalea e la progressiva riduzione di leucociti e piastrine, da richiedere l’interruzione del trattamento. Negli anni successivi la paziente si sottopone a controlli ecografici semestrali e a controlli bioumorali bi-trimestrali, con evidenza di ALT incrementate di 3-4 volte i valori normali. Quadro clinico A Maggio del 2011 la paziente giunge all’osservazione c/o l’U.O. Gastroenterologia e Malattie del Ricambio dell’Ospedale Cisanello di Pisa. Dal punto di vista obiettivo si presenta in discrete condizioni generali, peso 63 Kg, altezza 165 cm; è lucida, orientata e non presenta segni di ritenzione idrosalina. Esibisce esami bioumorali, dai quali si evidenzia la persistenza di moderata alterazione della citolisi (ALT 3 volte i valori normali), sintesi epatica conservata, significativa leucopiastrinopenia, lieve incremento di alfafetoproteina (AFP). Un esame ecografico, eseguito 2 mesi prima, denota un fegato di aspetto cirrotico senza lesioni focali, segni di ipertensione portale (calibro del tronco portale 13 mm, senza significative variazioni con gli atti respiratori), splenomegalia. Le viene data indicazione di eseguire un controllo mensile per 4 mesi della citolisi e di ripresentarsi, presso i nostri ambulatori, al termine del monitoraggio consigliato. A Settembre del 2011 la paziente esibisce gli esami effettuati, che confermano ulteriormente la persistenza di ALT alterate circa 3-4 volte i valori normali. Viene sottoposta a esame ecografico, che conferma sostanzialmente i reperti sopra descritti; esegue, inoltre, esofagogastroduodenoscopia, che evidenzia solo ectasie venose al terzo inferiore dell’esofago senza dilatazioni varicose. La determinazione di HCV-RNA, mediante Real Time PCR, evidenzia elevati livelli di carica virale (>10E6 UI/mL). Confermato il genotipo 1b di HCV, in considerazione della significativa attività rigenerativa epatica e della tendenza evolutiva dell’epatopatia con possibile scompenso funzionale epatico e comparsa di noduli epatici eteroplasici, viste anche le discrete condizioni generali della paziente, viene posta indicazione a eseguire un trattamento antivirale con IFN-alfa leucocitario (alfaferone) in associazione alla RBV. Trattamento La paziente inizia il trattamento il 2410-2011 con la seguente schedula terapeutica: alfaferone 3 MU s.c. a giorni alterni in associazione a RBV 800 mg/die. Valori bioumorali basali: ALT 160 U/L, HCV-RNA 1.200.000 UI/mL, bilirubina 1,2 mg/dL, albumi- 39 RODOLFO SACCO na 3,6 mg/dL, emoglobina 14,2 g/dL, leucociti 2,7/mm3 x 100 (neutrofili 1050), piastrine 49/mm3 x 1000, AFP 19 ng/mL. La paziente è stata sottoposta a valutazioni clinico-bioumorali settimanali durante il primo mese di trattamento e poi mensilmente sino al termine della terapia. Non si sono verificate sostanziali variazioni della crasi ematica durante il primo mese di terapia. La determinazione di HCV-RNA è stata eseguita mensilmente durante i primi 3 mesi di terapia per una valutazione precoce della risposta al trattamento, successivamente ogni 3 mesi sino al termine dei 12 mesi della terapia (ultima somministrazione di alfaferone il 24-10-2012) e dei 6 mesi di followup post-trattamento. Al termine del primo mese di trattamento, al controllo del 25-112011, si è verificata una buona risposta biochimica (ALT 68 U/L) e virologica (HCV-RNA 244.000 UI/mL). In considerazione della buona tollerabilità al trattamento durante il primo mese (solo lieve cefalea dopo somministrazione dell’IFN ben controllata con paracetamolo 500 mg al bisogno) e della stabilità della crasi ematica, per potenziare l’indu- 40 zione della risposta virologica ottenuta, il dosaggio di alfaferone è stato incrementato a 6 MU a giorni alterni sino al 7° mese di terapia. Dall’8° al 12° mese di terapia, dato anche l’incremento degli episodi di cefalea e la tendenza al calo del tono dell’umore, la dose di alfaferone è stata nuovamente riportata a 3 MU/die con buona tollerabilità. I livelli viremici di HCV si sono negativizzati al 3° mese di trattamento. Per quanto riguarda l’impatto del trattamento sulla crasi ematica, durante tutta la durata della terapia non si sono verificate significative variazioni rispetto ai livelli basali di leucociti e piastrine. Si è avuta, invece, una progressiva ma lenta riduzione dei livelli di emoglobina (valore minimo raggiunto 10,4 g/dL al 10° mese di terapia): pertanto la dose di RBV è stata ridotta a 600 mg/die negli ultimi 2 mesi di trattamento. Al termine del trattamento le transaminasi erano nei limiti e l’HCV-RNA persisteva non rilevabile. Anche i livelli di AFP erano rientrati nei limiti di norma. Al termine del 6° mese di follow-up post-trattamento veniva confermata la risposta virologica sostenuta. Discussione In un momento di ulteriore transizione terapeutica, nell’ambito dei trattamenti disponibili per l’epatite cronica da HCV, alfaferone continua a rivestire un ruolo significativo quale arma terapeutica alternativa. Seppure i Peg-IFN, in associazione alla RBV, costituiscano ancora attualmente il principale riferimento terapeutico per l’epatite cronica da HCV, vi sono diverse evidenze, in letteratura, che testimoniano come l’alfaferone rappresenti un’efficace opzione terapeutica per pazienti con epatite cronica e/o cirrosi da HCV intolleranti ai Peg-IFN. In particolare i pazienti con epatopatia cronica evolutiva, senza una valida alternativa terapeutica sarebbero, infatti, a rischio di sviluppare una malattia epatica avanzata, con possibile insorgenza di scompenso funzionale ed epatocarcinoma. L’efficacia e la buona tollerabilità di alfaferone erano già state, del resto, ampiamente dimostrate nei pazienti intolleranti a IFN-alfa ricombinante. Il caso clinico presentato sottolinea l’utilità dell’uso di alfaferone nel favorire una risposta virologica sostenuta in una paziente intollerante a un RITRATTAMENTO CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO (ALFAFERONE) IN PAZIENTE CON CIRROSI EPATICA DA HCV GENOTIPO 1B E SEVERA LEUCOPIASTRINOPENIA INTOLLERANTE A PEG-IFN-ALFA 2A precedente trattamento con PegIFN; la paziente era inoltre da considerare certamente un caso difficile da trattare: infetta da genotipo 1 di HCV con elevata carica virale, affetta da cirrosi epatica istologicamente confermata seppure in fase di compenso clinico, con significativa leucopiastrinopenia; è noto, infatti, che tra i principali effetti collaterali dei Peg-IFN vi sia la mielotossicità: questo aspetto era stato una delle cause principali che aveva indotto la sospensione del primo trattamento, poiché si era verificata un’importante riduzione dei leucociti e delle piastrine già di per sé ridotti a livello basale; occorre inoltre sottolineare come anche i sintomi neuropsichiatrici, che la paziente aveva presentato durante il primo trattamento, erano stati ulteriore concausa della sospensione del trattamento con Peg-IFN. Nel caso in questione la somministrazione di alfaferone, molto ben tollerato dalla paziente non avendo provocato particolari effetti collaterali né di tipo psichiatrico né emato- logico, nonostante l’importante leucopiastrinopenia di base, ha permesso un’ottima aderenza alla terapia, con la possibilità di portare a compimento i 12 mesi previsti di trattamento e favorendo, in tal modo, la successiva risposta virologica sostenuta. In conclusione il ritrattamento con alfaferone, in associazione alla RBV, rappresenta un’efficace opzione clinica per quei pazienti affetti da epatite cronica o cirrosi che sono intolleranti al trattamento con IFN-alfa ricombinante o con Peg-IFN. rhotics intolerant to pegylated interfer- • Pawlotsky JM. Hepatitis C virus: standard- Bibliografia • Adinolfi L, Durante-Mangoni E, Salzillo M et al. Leukocyte inteferon-α and ribavirin ons. Infection 2009;37(3):210-215. of-care treatment. Adv Pharmacol for treatment of chronic hepatitis C pa- • Kozielewicz D, Dybowska D, Halota W, 2013;67:169-215. tients intolerant to pegylated interferon. Dróżdż W. Natural leukocite interferon al- • Tripsi S, Soresi M, Di Gaetano G et al. Intern Emerg Med 2009;4(6):485-490. pha (Alfaferone) combined with ribavirin Leukocyte interferon alpha for patients • Cacopardo B, Nunnari F, Benanti A et al. in the treatment of patients with HCV-re- with chronic hepatitis C patients intoler- Leukocyte interferon alpha early retreat- lated cirrhosis: our experience. Infection ant to other alpha interferons. BioDrugs ment for child A genotype 1b-infected cir- 2011;39(5):433-437. 2003;17(3):201-205. 41 Interferone naturale e risposta virologica sostenuta in paziente con epatite cronica HCV-relata Maria Pina Sciotti, Simona Antonelli, Paolo Roselli U.O. Malattie Infettive P.O. Vasto – ASL 2 - Regione Abruzzo Introduzione La terapia dell’epatite cronica HCV (Hepatitis C virus)-relata si è avvalsa, dalla fine degli anni Novanta, della terapia con interferone peghilato (Peg-IFN) e ribavirina (RBV). Questo regime, somministrato per 24 o 48 settimane, determina l’eradicazione del virus in circa l’80% dei pazienti con genotipo 2-3 e nel 40-50% dei pazienti con genotipo 1 o 4. Attualmente, per i pazienti con genotipo 1, la triplice terapia offre percentuali di eradicazione virale significativamente superiori rispetto alla duplice terapia. Il tasso di interruzione della terapia con Peg-IFN e RBV, a causa di effetti collaterali, è compreso tra il 10 e il 15% (anemia, neutropenia, piastrinopenia, depressione, tiroiditi, dermatiti). L’INF-alfa naturale leucocitario presenta una migliore tollerabilità rispetto ai Peg-IFN. Quadro clinico Descriviamo il caso di T.G., anni 61, sesso maschile, normopeso, affetto da epatite cronica C genotipo 2 a-2c, documentata, dal 2005, in seguito a controlli di routine e con assenza di comorbidità. La biopsia 42 epatica ha evidenziato “epatite cronica attiva (grado 1) con fibrosi portale (stadio 1)”. Ai controlli effettuati le transaminasi sono risultate costantemente alterate e l’HCV-RNA è risultato pari a 3.060.000 UI/ml. In data 07/11/2005 il paziente ha iniziato una terapia con Peg-IFNalfa 2b 80 μg a settimana e RBV 800 mg/die (peso corporeo 58 Kg). Già dalla III settimana di terapia si sono evidenziate un’intensa astenia e una severa anemizzazione (Hb 9,6 g/die), per cui è stata prescritta epoetina-beta (30.000 U s.c. a settimana). Nonostante tale terapia e la successiva riduzione della dose di RBV a 600 mg/die il valore dell’Hb alla 6a settimana di terapia, non è variato (9,9 g/dl); si è evidenziato, inoltre, un progressivo decremento dei neutrofili (<750 /mm3), per cui dalla 6a settimana è stato iniziato un trattamento con filgastrim 1 fl/s.c. a settimana. L’HCVRNA si è negativizzato al primo mese di trattamento (RVR). In data 16-01-2006 (9a settimana di terapia) è stata sospesa la terapia con Peg-IFN-alfa 2b e RBV per evidenza, nonostante la terapia con i fattori di crescita, di ulteriore riduzione dei valori dell’HB (7,9 g/dl) e dei neutrofili (480/mm3) con severa sintomatologia astenica. Dopo 2 settimane di sospensione (data 3-02-2006) , è stata iniziata una terapia con INF-alfa leucocitario (6 MU 3 volte a settimana) e RBV 800 mg/die, proseguendo la terapia con i fattori di crescita. Ai controlli successivi i valori di Hb hanno evidenziato una stazionarietà intorno ai 11 g/dl e i neutrofili hanno mostrato un progressivo incremento (1.900/mm3). Il paziente è quindi riuscito a completare 6 mesi di terapia, sospesa in data 5-06-2013, con ETR (endof-treatment response) (ALT nella norma e HCV-RNA negativo a 3 e a 6 mesi). Nel follow-up - post-terapia si è evidenziata una risposta virologica sostenuta (SVR) con transaminasi costantemente nella norma, emocromo nella norma, HCVRNA negativo, emocromo nella norma, ECO-addome nei limiti della norma (ultimo controllo nel giugno 2013). Discussione Le attuali terapie dell’epatite cronica HCV-relata ottengono elevate percentuali di risposte sostenute. Purtroppo non tutti i pazienti tollerano tali terapie a causa degli ef- INTERFERONE NATURALE E RISPOSTA VIROLOGICA SOSTENUTA IN PAZIENTE CON EPATITE CRONICA HCV-RELATA sistentemente inferiori a 750/mm3 e/o piastrine persistentemente inferiori a 50.000/mm3, che compaiano in corso di terapia con altri INF e che ne impediscano la prosecuzione in presenza di risposta terapeutica). L’alfaferone, nel caso clinico descritto, ha consentito di portare a termine il trattamento in un paziente che ha presentato gravi effetti collaterali ematologici (anemia e neutropenia) in corso di terapia con Peg-INF e RBV non responsivi alla riduzione del dosag- gio della RBV e all’utilizzo di fattori di crescita. La SVR, ormai a distanza di 7 anni dalla terapia, rappresenta un risultato ottimale e conferma le caratteristiche intrinseche di migliore tollerabilità dell’INF naturale associato a un tasso di risposta, nei genotipi non 1, sostanzialmente uguale a quanto riscontrato con Peg-IFN. La disponibilità di tale molecola nell’armamentario consente di trattare, con successo, pazienti che altrimenti verrebbero privati di un’importante opportunità. • Adinolfi LE, Durante-Mangoni E, Salzillo Pharm Des 2002;8(11):977-980. C J. Viral Hepat 2004;11(3):191-197. M et al. Leukocyte interferon alfa and rib- • Berg T, Hopf U, Schuff-Werner P. Sus- • Comitato coordinatore AISF Indicazioni avirin for treatment of chronic hepatitis C tained remission of chronic hepatitis C af- dell’Associazione Italiana per lo Studio del patients intolerant to pegylated interfer- ter a change to human leukocyte interfer- Fegato sull’uso della triplice terapia (Inter- on. Intern Emerg Med 2009;4(6):485-490. on-alpha in a difficult to treat patient with ferone-peghilato alfa + ribavirina + in- • Ascione A, De Luca M, Di Costanzo GG et breakthrough phenomenon associated ibitore della proteasi di prima gener- al. Incidence of side effects during thera- with antibodies against recombinant in- azione) per il trattamento dei pazienti con fetti collaterali frequenti e gravi. Considerando la storia naturale dell’epatite C (cirrosi, HCC-carcinoma epatocellulare) è fondamentale cercare di effettuare il trattamento anche nei pazienti che sviluppano effetti collaterali con il trattamento gold-standard. In Italia l’uso dell’IFN-leucocitario naturale (G.U. 26/04/2011) è riservato ai pazienti con problemi di intolleranza agli altri INF (presenza di documentata intolleranza soggettiva o neutropenia o piastrinopenia, con conta dei neutrofili per- Bibliografia py with different types of alpha-interfer- terferon alpha. Am J Gastroenterol epatite cronica da HCV genotipo 1 – 24- on: a randomized controlled trial com- 2001;96(2):612-614. 04-2013. paring recombinant alfa 2b versus leuko- • Brau N. Epoetin alfa treatment for acute • Dieterich DT, Wasserman R, Bräu N et al. cyte interferon in the therapy of naïve anaemia during interferon plus ribavirin Once weekly epoetin alfa improves ane- patients with chronic hepatitis C. Curr combination therapy for chronic hepatitis mia and facilitates maintenance of rib- 43 MARIA PINA SCIOTTI, SIMONA ANTONELLI, PAOLO ROSSELLI 44 avirin dosing in hepatitis C virus-infected pa- • Hunyady B, Kovács B, Battyáni Z. Side ef- Gastroenterol Hepatol 1998;10(5):399-403. tients receiving ribavirin plus interferon alfa. fects of pegylated interferon plus ribavirin • Tamè M, Buonfiglioli F, Del Gaudio M. Am J Gastroenterol 2003;98(11):2491-2499. therapy with or without protease inhibitor Long term leukocite natural-alfa interferon • European association for the study of the direct acting antiviral agents during treat- and ribavirin treatment in hepatitis C virus liver. 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Epatite cronica HCV-correlata genotipo 1b in donna di nazionalità ucraina con risposta virologica sostenuta al trattamento con interferone-alfa naturale dopo precedenti fallimenti terapeutici Annarita Sullo U.O. Malattie Infettive, P.O. Umberto I, Nocera Inferiore (SA) Introduzione Quando si avvia un paziente a un ritrattamento è perché si vuole eradicare la patologia virale; pertanto si cerca di usare farmaci più potenti rispetto ai precedenti o protrarre il trattamento per un periodo di tempo maggiore. La percentuale di risposta a un trattamento, atto a eradicare l’attività virale, dipende molto dai trattamenti cui il paziente è stato in precedenza sottoposto: se ha praticato interferone (IFN) in monoterapia la percentuale aumenta nel caso in cui quest’ultima venga associata a ribavirina (RBV) (circa 15%); la percentuale si raddoppia (circa 30%) se si tratta il paziente con IFN peghilato (Peg-IFN) e RBV. In entrambi i casi i genotipi 2-3 sono certamente più responsivi rispetto al genotipo 1. La nostra paziente aveva, a suo sfavore, sia il genotipo che trattamenti precedenti (sia in monoterapia che in associazione a RBV). Anamnesi Donna di 57 anni, al momento della nostra osservazione, di nazionalità ucraina, con peso corporeo kg 65.000; non fumatrice, assume al- colici solo occasionalmente; assenza di comorbilità. Riferisce, come fattore di rischio, un’emotrasfusione effettuata all’età di 24 anni, in occasione del suo unico parto, per imponente metrorragia. Dopo circa 6 mesi si manifestano ittero sclerocutaneo e un’importante ipertransaminasemia. Viene effettuata diagnosi di epatite acuta presso il nosocomio del suo paese. Debellata la fase acuta, la paziente non si sottopone ad alcun controllo epatologico fino al 1996, quando giunge in Italia per motivi lavorativi. Dagli esami di laboratorio eseguiti si evidenzia una marcata ipertransaminasemia (GOT v.n. x 7 GPT v.n. x 8,5) e positività per anti-HCV (Hepatitis C virus); non vengono eseguite ulteriori indagini e la paziente viene trattata con terapia infusiva disintossicante. Dopo circa 6 mesi fa ritorno al suo paese, dove vi resta per altri 15 mesi, non praticando alcuna terapia. Rientra in Italia nell’autunno del 1998 quando, di sua volontà, si reca a un centro epatologico del Sud Italia. Viene ricoverata e sottoposta a B.E. dopo aver eseguito HCV-RNA quantitativo: > 600.000 UI/mL e genotipo: 1b. L’esame istologico sin dall’epoca deponeva per “ECA (epatite cronica attiva) severa”. Quadro clinico Esame obiettivo. Paziente lucida, ben orientata, con assenza di ittero sclero-cutaneo, epatomegalia- fegato a circa 4 cm sulla linea emiclaveare e 6 cm sulla linea parasternale di consistenza aumentata e margine arrotondato-, splenomegalia- milza a 4 cm dall’arco costale-, assenza di ascite ed edemi declivi. Esami ematochimici e strumentali. L’emocromo evidenziava solo una modesta anemia (Hb 10,8 g/dl), ipertransaminasemia (GOT v.n. x 4,8 GPT v.n. x 5); tutti gli altri parametri, compresi ormoni e anticorpi tiroidei, nonché autoimmunità, risultavano nella norma e inoltre si possono evidenziare: HBsAg assente, HBsAb presenti, HBcAb totali presenti, HBeAg assente, HBeAb assenti, anti-HIV assente, HCV-RNA 5.765.523 UI/mL genotipo 1 b. L’ecografia addome rilevava fegato di volume aumentato a ecostruttura disomogenea. Assenza di lesioni focali, vena porta pervia e di calibro regolare, colecisti alitiasica. Vie biliari intra- ed extra-epatiche nella norma. Pancreas e reni nella norma, splenomegalia, assenza di ascite. 45 ANNARITA SULLO Trattamento A questo punto viene intrapreso un trattamento con IFN-alfa 2b ricombinante in monoterapia (si preferisce non associare RBV per la preesistente anemia) alla dose di 3 MU tiw. Dopo 1 mese di trattamento i valori delle transaminasi si erano notevolmente ridotti (GOT v.n. x 1,5 GPT v.n. x 2). Nel 2° mese di trattamento la paziente sospende, di propria volontà, la terapia per cospicua perdita di capelli. Stabilitasi definitivamente in Italia, nel 2009 si rivolge al nostro ambulatorio di Malattie Infettive, dove le viene riproposto un trattamento specifico previa la pratica di tutte le indagini del caso. Questa volta la paziente non acconsente a sottoporsi a B.E. Intanto, prima di intraprendere un nuovo trattamento, con l’assunzione quotidiana di acido folico i.m. per un mese, viene corretta l’anemia. Nel maggio 2009 inizia un ciclo terapeutico con Peg-IFNalfa 2b e RBV 1.000 mg die. Al 1° mese di trattamento l’esame emocromocitometrico si presentava normale, le transaminasi in riduzione (GOT v.n. x 3 GPT v.n. x 3,8), la paziente riferiva solo una sindrome simil influenzale nei 2 46 giorni successivi all’infusione del Peg-IFN-alfa 2b, che regrediva con l’assunzione di paracetamolo. Al 3° mese di terapia le transaminasi risultavano nella norma e la viremia negativa. Dal 4° mese si ripresentava un’importante anemia (Hb 8,7), tanto da richiedere la sospensione della RBV. Al 6° mese, nonostante il trattamento fosse stato proseguito con il solo PegIFN-alfa 2b, la viremia persisteva negativa e le transaminasi nella norma. Dall’8° mese iniziava a instaurarsi un calo progressivo di piastrine che, nonostante la riduzione del dosaggio del Peg-IFNalfa 2b non accennava a rientrare, per cui al 10° mese di terapia si sospendeva anche quest’ultimo per l’instaurarsi di una massiva piastrinopenia (PLT 77.000). Nei mesi successivi il valore delle piastrine ritornava nella norma e, a 3 mesi dalla sospensione del trattamento, le transaminasi restavano nella norma e la viremia negativa. Dopo 6 mesi tali parametri erano modificati: il valore delle transaminasi era GOT v.n. x 2,5 GPT v.n. x 3 HCV-RNA 4568943 UI/mL. La paziente, a questo punto, veniva monitorata con esami ematochimici e strumentali, dai quali si rilevava un lento progredire della pa- tologia. Nel marzo 2011 si decideva, in accordo con la paziente, di iniziare un nuovo ciclo terapeutico con IFN-alfa naturale 6 MU a giorni alterni. A tempo 0 i valori delle transaminasi erano i seguenti: GOT v.n. x 3,2 GPT v.n. x 3,5, mentre l’HCV-RNA 5897453 UI/mL. Al 3° mese i valori delle transaminasi erano notevolmente ridotti (GOT v.n. x 1,6 GPT v.n. x 1,2), come anche la carica virale 2.354.098 UI/mL. Al 6° mese le transaminasi erano nella norma e la carica virale negativa. I valori dell’emocromo non avevano subito modifiche e la paziente non riferiva alcun effetto collaterale, tanto da consentire di prolungare il trattamento fino al 18° mese. A un anno di osservazione persiste la negativizzazione della carica virale e l’assenza di citolisi e si è notato un importante miglioramento del quadro ecografico e dell’obiettività addominale: assenza di epatosplenomegalia. Discussione La letteratura attuale ci insegna che i trattamenti di elezione, per pazienti con viremia elevata e genotipo b, sono da ricondursi a EPATITE CRONICA SEVERA HCV-CORRELATA GENOTIPO 1B IN DONNA DI NAZIONALITÀ UCRAINA CON RISPOSTA VIROLOGICA SOSTENUTA AL TRATTAMENTO CON INTERFERONE-ALFA NATURALE DOPO PRECEDENTI FALLIMENTI TERAPEUTICI Peg-IFN e RBV per un periodo di 48 settimane. Capita che tale associazione terapeutica, di elevata probabilità per SVR (sustained virological response), non sia scevra di effetti collaterali per molti pazienti che, come nel caso descritto, sono costretti a interrompere un trattamento nonostante la completa risposta. Nel nostro caso clinico sottoporre la paziente a un ulteriore ciclo terapeutico con un IFN-alfa naturale, che non ha dato effetti collaterali, nonostante il dosaggio elevato e un più lungo periodo di tempo, ha dimostrato che si può ottenere addirittura la regressione della patologia. 47 Flare epatitico dopo ciclo di immunochemioterapia per linfoma non-Hodgkin in paziente con epatite cronica HCV+ genotipo 1b e fibrosi severa trattato con interferone-alfa leucocitario Marco Tabone U.O.C. di Gastroenterologia, AO Mauriziano Umberto I, Torino, Italia Introduzione L’infezione cronica da HCV (Hepatitis C virus), oltre che responsabile di una grossa quota di epatiti croniche, è in grado, mediante stimolo persistente del sistema immunitario legato alla presenza dell’HCV-RNA, di favorire l’insorgenza di linfomi a cellule B. In particolare il linfoma non Hodgkin (L-NH) marginale, follicolare e a grandi cellule B presenta un’incidenza più elevata nei pazienti con infezione da HCV (1); a sostegno di questa stretta relazione numerose segnalazioni di letteratura riportano una completa o parziale remissione dei linfomi a basso grado di malignità (2,3) dopo eradicazione dell’infezione da HCV. Nel caso dei linfomi ad alto grado di malignità, come il linfoma a grandi cellule B, l’attuale terapia standard consiste nell’associazione dell’anticorpo monoclonale anti-CD20 (rituximab), con il tradizionale schema CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina vincristina e prednisone). Il rituximab ha sicuramente migliorato l’outcome al trattamento dei L-NH ma, con la sua introduzione, sono notevolmente aumentati gli episodi di epatotossicità nella sottopopola- 48 zione dei pazienti con infezioni virali. Nei pazienti HBV-positivi è ormai prassi comune il trattamento o la profilassi con analoghi nucleos(t)idici, mentre nei pazienti HCV-positivi il comportamento è ancora incerto, in assenza di forti evidenze di letteratura. In uno studio retrospettivo orientale (4) la presenza di infezione da HCV risultava essere un significativo fattore di rischio per severi episodi di tossicità epatica; inoltre erano segnalati progressivi aumenti dei livelli di HCV-RNA durante l’immunochemioterapia. Note anamnestiche, quadro clinico Paziente di 51 anni al momento della prima visita, caucasico. Peso corporeo 52 kg stazionario, altezza 170, astemio dal 2003, ex-fumatore. Riferisce un’epatopatia cronica seguita presso un altro Centro dal 1994, HCV+, genotipo 1b, HBsAg neg anti-HBc+, mai trattato per scarsa motivazione del paziente e per modesta alterazione delle transaminasi sieriche mai superiori a 1,5 volte la norma. Nel mese di agosto 2010 viene diagnosticato un linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B (Ki-67 73%) stadio II, per il quale viene posta indicazione a trattamento R-CHOP per un totale di 8 cicli. Un’elastografia epatica, eseguita prima della terapia, rivelava un grado di fibrosi significativa (stiffness 11,8 kPa). Contemporaneamente al trattamento immunochemioterapico, il paziente iniziava una profilassi con lamivudina 100 mg/die per il suo stato di portatore di anti-HBc isolato. Durante tutto il ciclo di immunochemioterapia le transaminasi sieriche non mostravano forti oscillazioni, rimanendo comprese fra 1,5 e 2 volte la norma. Al termine del ciclo il paziente presentava una risposta completa al trattamento e al 6° mese di follow-up, pur mantenendo il trattamento profilattico con lamivudina, presentava un rialzo delle transaminasi fino a 10 volte la norma, con HBV-DNA sierico negativo e valori di HCV-RNA di 1,8 UI/ml x 106. L’alterazione delle transaminasi si manteneva inalterata ai controlli dei 2 mesi successivi. Trattamento A questo punto, visto il protrarsi del flare epatitico in un fegato FLARE EPATITICO DOPO CICLO DI IMMUNOCHEMIOTERAPIA PER LINFOMA NON-HODGKIN IN PAZIENTE CON EPATITE CRONICA HCV+GENOTIPO 1B E FIBROSI SEVERA TRATTATO CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO che presentava già segni di fibrosi severa prima della chemioterapia, onde evitare il rischio di scompenso della funzionalità epatica, si consigliava un trattamento antivirale per HCV, mantenendo la terapia profilattica con lamivudina. Il paziente iniziava quindi un ciclo di trattamento standard con interferone peghilato-alfa 2a (Peg-INFalfa 2a) 180 μg s.c. alla settimana in associazione con ribavirina 1.000 mg/die. Esami baseline: HCV-RNA 1,4 UI x 106, AST 258 U/l, ALT 425 U/l, GGT 507U/l, ALP 244 U7l, bilirubina 0,6 mg/dl, emocromo nella norma. Al controllo della 4° settimana il paziente si presentava profondamente astenico, con alterazioni significative dell’emocromo; conta piastrinica crollata a 72.000 μl, Hb ridotta a 11,2 g/dl (calo di 2 grammi dall’inizio) e conta dei neutrofili scesa a 800 μl. Diversamente la viremia HCV era negativizzata e gli indici di citolisi e colestasi ridotti del 50%. Alla domanda di interruzione del trattamento avanzata dal paziente, vista la rapida caduta della viremia, si proponeva la continuazione con sospensione del Peg-IFN e switch a IFN naturale leucocitario 3 MU tre volte alla settimana. 8° settimana: il paziente riusciva a tollerare la terapia antivirale, i valori dell’emocromo erano migliorati con risalita di tutti i parametri (PLT 98.000 Hb 12,4 neu 1100) la risposta virologica era completa così come le transaminasi che si presentavano nella norma. 12° settimana: risposta completa virologica e biochimica. 24° settimana: risposta completa virologica e biochimica. 48° settimana: risposta completa virologica e biochimica. Stop terapia 24° settimana follow-up: risposta completa virologica e biochimica. 48° settimana follow up: risposta completa virologica e biochimica, no recidive della patologia linfomatosa. Discussione Come già accennato nell’introduzione, l’introduzione del rituximab, nel trattamento dei linfomi non Hodgkin, ha significativamente migliorato l’outcome del tradizionale schema CHOP, ma ha altresì aumentato gli episodi di epatotossicità nei pazienti con infezioni virali. Sicuramente ciò è legato al potente effetto immunosoppressivo che si prolunga per molti mesi dopo la sua sospensione. Nell’ambito dei pazienti con infezione da HCV sono descritti progressivi aumenti dei livelli di viremia sierica con l’avanzare della immunochemioterapia. Al termine del trattamento, al cessare dell’effetto immunosoppressivo del rituximab e con la ricostituzione della risposta immune del paziente, si possono verificare flare epatitici, che tendenzialmente sono autolimitanti. Nel caso descritto, invece, con il perdurare delle alterazioni della citolisi e della colestasi, associato a una fibrosi avanzata, si veniva configurando una situazione potenzialmente pericolosa per la funzionalità epatica del paziente. Il precoce switch a INF naturale leucocitario ha permesso di mantenere, in trattamento, un paziente che tollerava male il trattamento standard con Peg-IFN sia dal punto di vista clinico che della tossicità midollare e di poter continuare il trattamento per tutta la durata prevista del ciclo con ottimi risultati finali. 49 MARCO TABONE Bibliografia 50 • de Sanjose S, Benavente Y, Vajdic CM et al. in patients with HCV-infected CD20 posi- Ther 2005;21(6):653-662. Hepatitis C and non-Hodgkin lymphoma tive B-cell lymphoma undergoing ritux- • Hermine O, Lefrere F, Bronowichi JP et al. among 4784 cases and 6269 controls from imab combination chemotherapy. 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Aliment Pharmacol Trattamento con interferone-alfa leucocitario e ribavirina: una possibile alternativa terapeutica in soggetti con cirrosi epatica HCV-correlata, in classe A di Child, complicata da marcata piastrinopenia (<60.000/mm3) Mario Vaccaro, Vincenzo Gallo, Andrea Vaccaro* U.O.C. di Gastroenterologia del P.O di Nocera Inferiore, Salerno; *Assistente in formazione in Medicina Interna presso l’Università Federico II di Napoli Introduzione Note anamnestiche L’infezione da HCV (Hepatitis C virus) è una delle principali cause di epatopatia cronica; il numero di persone infette, in tutto il mondo, è di circa 200 milioni, ossia il 3% della popolazione mondiale. L’evoluzione dell’epatopatia cronica HCV-correlata è molto variabile, con uno spettro di manifestazioni che vanno dal lieve danno epatico all’epatite cronica evolutiva, caratterizzata da un variabile grado di infiammazione e dal progressivo aumento della fibrosi epatica fino alla cirrosi, con o senza l’insorgenza di epatocarcinoma (HCC). Solo eccezionalmente l’infezione cronica si risolve spontaneamente: dal 10% al 40% dei soggetti con epatopatia cronica HCV-correlata svilupperanno cirrosi epatica e di questi dall’1% al 5% svilupperanno HCC, con una mortalità a un anno del 33%. L’infezione da HCV è oggi la prima causa di tumore epatico primitivo in Europa. L’obiettivo della terapia dell’epatopatia cronica HCV-correlata è ottenere una risposta virologica sostenuta (SVR), definita come livelli di HCV-RNA non rilevabili 24 settimane dopo la sospensione del trattamento. Uomo di anni 45 giunge, alla nostra osservazione, con diagnosi di cirrosi epatica HCV-correlata dichiara quanto segue. - Familiarità per patologie cardiovascolari. - Uso di stupefacenti (eroina e cocaina) dai 20 ai 34 anni. Nega di essere stato sottoposto a emotrasfusioni e nega allergie sui generis e ai farmaci; fuma, in media, 15 sigarette al giorno dall’età di 18 anni e nega di aver abusato con gli alcolici. - All’età di 28 anni gli veniva posta diagnosi di epatopatia cronica HCV-correlata e pertanto veniva sottoposto a biopsia epatica, di cui il paziente non esibisce alcuna documentazione. Dopo qualche mese veniva sottoposto a trattamento con interferone (IFN) non peghilato 3 volte a settimana per circa 5 mesi, con esito sfavorevole (persistenza della positività di HCVRNA con PCR). - All’età di 42 anni, dopo i dovuti accertamenti, veniva posta diagnosi di “epatopatia cronica evolutiva HCV-correlata”. - Nel mese di Luglio 2012 (all’età di 45 anni) il paziente afferisce presso il nostro ambulatorio di Epatologia dell’U.O.C di Gastroenterologia e Servizio di Endoscopia del P.O di Nocera Inferiore (SAL/SA). All’esame obiettivo si rileva quanto segue: sensorio integro, paziente orientato nel tempo e nello spazio con aspetto generale buono; mucose rosee e normoirrorate; cute, annessi e masse muscolari nella norma; assenza di ittero e di ritenzione idrosalina; linfonodi superficiali indenni; addome normoconformato, trattabile, non dolente alla palpazione superficiale e profonda con cicatrice ombelicale normointroflessa; il margine antero-posteriore del fegato è palpabile a circa 4 cm dall’arcata costale e presenta una consistenza aumentata; il polo inferiore della milza è appena palpabile dall’arcata costale e presenta consistenza aumentata. Nulla da rilevare a carico degli altri organi esaminati. P.A. 115/75 mmHg; F.C: 80 bpm; polso regolare per ritmo; peso: 70 Kg; altezza 167 cm; BMI 24 Kg/m2. Esami ematologici-ematochimici effettuati nel periodo Luglio 2012: GB: 4.130/mm 3 (N: 52%, L: 31%, M: 11%, E: 3%, B: 1%); GR: 4.980.000; Hb: 15,8 g/dl; Ht: 51 MARIO VACCARO, VINCENZO GALLO, ANDREA VACCARO 45,9%; MCV: 92 fl; PLT: 54.000/mm3; PT: 74%, INR: 1,19; APTT: 27,6 sec.; fibrinogeno: 188 mg/dl; ATIII: 64%; proteina C coagulativa: 45%, proteina S libera 67%; glicemia: 137 mg%; urea: 35 mg%; creatinina: 0,8 mg%; acido urico 5,4 mg%; col. tot: 122 mg%; Col HDL: 34 mg%; Col LDL: 61 mg%; Tg: 139 mg%; bilirubina tot./dir: 1,12/0,71 mg%; AST: 161 U/l; ALT 157 U/l; ALP: 127 U/I; G-GT: 359 U/l colinesterasi: 2161 mU/ml; insulina 37,8 µU/ml; indice di H.O.M.A.: 12,8; TSH: 2,0 µUI/ml; FT3: 4,3 Pg/ml; FT4: 1,1 ng/dl: anti-Tg: 10 UI/ml; anti-TPO: 7UI/ml; 25 OHvitD: 26 ng/ml; ANA: neg; AMA: neg; ASMA: neg; LKM: neg; interleuchina 28B genotipo: omozigote CC; HbsAg: neg; HbsAb: 256,6 mUI/ml; HbcAb: pos.; HAV Ab IgG: pos; HAV Ab IgM: neg. Eco addome completo: fegato di forma regolare e di volume aumentato (per ipertrofia del lobo sinistro e del lobo caudato); ecostruttura regolare; ecotessitura diffusamente grossolana come da epatopatia cronica, con sovvertimento strutturale e senza lesioni focali. Vena porta aumentata di calibro 13,4 mm; vene sovraepatiche di calibro e decorso 52 regolari; vasi portali pervi. Assenza di versamento liquido in cavità. Milza di forma regolare e di volume aumentato (diam=1601 mm). EGDS: varici esofagee F1. Gastropatia ipertensiva lieve. Esami eseguiti in ottobre 2012: GB: 2.510/mm3 (N: 57%, L: 33%, M: 6%, E: 3%, B: 1%); GR: 5.130.000; Hb: 17,1 g/dl; Ht: 49%; MCV: 95,5 fl; PLT: 58.400/mm 3 ; PT: 70,8%, INR: 1,21; glicemia: 134 mg%; urea: 38 mg%; creatinina: 0,76 mg%; acido urico: 4,7 mg/dl; bilirubina tot./dir.: 1,09/0,36 mg%; AST: 135 U/l; ALT 123 U/l; ALP: 89 U/I; G-GT: 189 U/l; ammoniemia: 93 µmol/l; sideremia: 105 µg/dl; ferritina: 270 ng/ml; insulina 25,0 µU/ml; indice di H.O.M.A.: 8; 25° HvitD: 24 ng/ml; prot. tot: 7,8; albumina: 3,6 g/dl; ANA: neg; c-ANCA:neg; p-ANCA: neg; ENA: neg; alfafetoproteina: 3,0 UI/ml; CEA: 3,3 ng/ml; HCV-RNA qualitativo: positivo; HCV-RNA quantitativo: 640.696 UI/ml; tipizzazione genotipo: 3a; anti-HIV 1-2: negativo; alcool etilico: assente. Orientamento diagnostico formulato: cirrosi epatica HCV-correlata (alta carica virale e genotipo 3) in classe A5 di Child-Pugh complicata da ipertensione portale (varici esofagee F1 e gastro- patia ipertensiva lieve), diabete mellito tipo 2 non trattato farmacologicamente; ipovitaminosi D. Terapia Il paziente ha iniziato, in data 09/01/2013, una terapia con sola ribavirina (RBV) x 4 settimane (Lid-in) e vitamina D (80 gocce a settimana) poi, dopo 4 settimane, è stato aggiunto IFN leucocitario 1 fl da 3 MU x 3 settimana. N.B: la scelta dell’IFN leucocitario è stata dettata dalla malattia epatica avanzata e dalla marcata piastrinopenia (come da nota AIFA). Febbraio (1° mese di terapia): GB: 4.290/mm3 (N: 53%, L: 35%, M: 9%, E: 2%, B: 1%); GR: 4.450.000; Hb: 14 g/dl; Ht: 42,6%; MCV: 95,7 fl; PLT: 60.000/mm3; 25° HvitD: 26 ng/ml; HCV-RNA quantitativo: 1.840 UI/ml. ECO-addome completo: fegato di dimensioni aumentate con margini irregolari di aspetto disomogeneo come da fibrosteatosi in epatopatia cronica con verosimile area a risparmio paracolicistica. Vena porta di 1,54 cm con normale colorazione al doppler. Presenza di linfonodi all’ilo TRATTAMENTO CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO E RIBAVIRINA: UNA POSSIBILE ALTERNATIVA TERAPEUTICA IN SOGGETTI CON CIRROSI EPATICA HCV-CORRELATA, IN CLASSE A DI CHILD, COMPLICATA DA MARCATA PIASTRINOPENIA (<60.000/MM3) di 1,69 cm. Presenza di splenomegalia (DBP> di 15,5 cm) lieve ectasia dei vasi all’ilo. Marzo (2° mese): GB: 2.890/mm3 (N: 48%, L: 42%, M: 7%, E: 2%, B: 0,3%); GR: 43.700.000; Hb: 13,7 g/dl; Ht: 47%; MCV: 108 fl; PLT: 36.000/mm3; PT: 13 sec., 80%, INR: 1,3; fibrinogeno: 260 mg%; glicemia: 100 mg%; urea: 36 mg%; creatinina: 0,6 mg%; acido urico: 5,2 mg/dl; bilirubina tot./dir: 1,31/0,59 mg%; AST: 49 U/l; ALT 43 U/l; G-GT: 298 U/l; HCV-RNA quantitativo: 626 UI/ml. Ap r i l e ( 3 ° m e s e ) : GB: 2.420/mm 3 (N: 52%, L: 38%, M: 7%, E: 2%, B: 0,5%); GR: 4.350.000; Hb: 13,7 g/dl; Ht: 42%; MCV: 96,6 fl; PLT: 46.000/mm 3 ; PT: 12,5 sec., 87%, INR: 1,1; fibrinogeno: 232 mg%; glicemia: 105 mg%; urea: 35 mg%; creatinina: 0,8 mg%; acido urico: 5,3 mg/dl; bilirubina tot.: 1,8 mg%; AST: 55 U/l; ALT: 43 U/l; G-GT: 156 U/l; proteine tot.: 7,2; albumina: 3,7 g/dl; HCV-RNA quantitativo: 890 UI/ml. Maggio (4°mese): GB: 2.600 /mm 3 (N: 66%, L: 24%, M: 8%, E: 2%, B: 0,2%); GR: 4.330.000; Hb: 14,3 g/dl; Ht: 42%; MCV: 96,8 fl; PLT: 46.000/mm3; HCV-RNA quantitativo: 793 UI/ml. Giugno (5° mese): GB: 2450/mm3 (N: 57%, L: 33%, M: 7%, E: 2%, B: 0,4%); GR: 4.400.000; Hb: 13,7 g/dl; Ht: 42,8%; MCV: 98,8 fl; PLT: 41.000/mm3; HCV-RNA qualitativo: presente. Luglio (6° mese): GB: 2.080/mm3 (N: 59%, L: 32%, M: 8%, E: 1%, B: 0%); GR: 3.330.000; Hb: 11 g/dl; Ht: 33%; MCV: 99 fl; PLT: 48.000/mm3; HCV-RNA qualitativo: negativo. Eco addome completo: sovrapponibili ai precedenti. Discussione Il nostro paziente è giovane ed è affetto da cirrosi epatica HCVcorrelata in buon compenso clinico (mai ascite e/o altre complicanze) ma con segni ecografici, endoscopici laboratoristici di ipertensione portale (marcata piastrinopenia, dilatazione della vena porta e varici esofagee F1) e portatore di genotipo 3 del virus C (genotipo frequente nei tossicodipendenti); inoltre il paziente è stato già sottoposto a terapia con solo IFN non peghilato con esito sfavorevole (persistenza della positività di HCV-RNA). Data l’alta probabilità di svilup- pare complicanze nel cirrotico compensato (B envengnù L. 2004) e l’alta mortalità correlata alla classe di Child, si è deciso (previo consenso informato) di eseguire una terapia con IFN-alfa naturale leucocitario al dosaggio di 3 MU x 3 volte a settimana (vista la marcata piastrinopenia <60.000/mm 3 ), RBV 1.200 mg/die e 80 gocce/sett. di vitamina D. In seguito alla terapia il paziente ha quasi normalizzato, nell’arco di circa 3 mesi, il valore delle transaminasi; ha mantenuto quasi stabile il dosaggio delle piastrine, ha negativizzato l’HCV-RNA al 5°-6° mese di terapia e non ha presentato effetti collaterali degni di rilevanza clinica. Un aspetto importante, della suddetta terapia, è il dosaggio pieno della RBV (1.200 mg/die), visto il valore normale dell’Hb e dell’emazie e la somministrazione della vitamina D (80 gocce/sett.). I suddetti farmaci, in combinazione, hanno indotto un marcato calo della carica virale dopo le prime 4 settimane di Lid-in (da 640.696 UI/ml a 1.840 UI/ml). Il Lid-in è stato attuato strategicamente per aumentare la concentrazione sierica della 53 MARIO VACCARO, VINCENZO GALLO, ADRIANO VACCARO RBV e la vitamina D per regolarizzare la risposta immunologica innata e acquisita affinché potesse agire più incisivamente l’IFN (obiettivo della terapia anti-HCV è la SVR). Conclusioni I pazienti cirrotici “giovani”, con marcata piastrinopenia, possono essere trattati (effettuando, però, un monitoraggio assiduo degli ef- fetti collaterali) con IFN-alfa leucocitario (alfaferone fl), RBV e vitamina D senza dover interrompere la terapia anti-HCV, a causa della marcata piastrinopenia e il raggiungimento, in alcuni di essi, della SVR. Bibliografia 54 • Benvegnù LG, Boccato S, Alberti A. Natural • Jensen DM, Marcellin P, Freilich B et al. Re- of hepatitis C: recommendations from history of compensated viral cirrosis: a treatment of patients with chronic hepatitis AISF/SIMIT/SIMAST. prospective study on the incidence and hier- C who do not respond to peginterferon-al- 2012;42(2):81-91. archy of major complications. Gut pha 2b a randomized trial. Ann Intern Med • Lavanchy D. The global burden of hepatitis Dig Liver Dis 2004;53(5):744-749. 2009;150(8):W97-W528. C. 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