LICEO CLASSICO “G. PRATI” – TRENTO
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Certamen Athesinum
Prima edizione – Trento, 5 aprile 2013
Sezione Civiltà Classiche
Il concorrente, basandosi sulle immagini e sui testi, risponda ai quesiti.
T1
SAFFO, Inno ad Afrodite (Trad. S. Quasimodo)
Ποικιλόθρον᾽ ὰθάνατ᾽ ᾽Αφροδιτα,
παῖ Δίοσ, δολόπλοκε, λίσσομαί σε
μή μ᾽ ἄσαισι μήτ᾽ ὀνίαισι δάμνα,
πότνια, θῦμον.
ἀλλά τυίδ᾽ ἔλθ᾽, αἴποτα κἀτέρωτα
τᾶσ ἔμασ αύδωσ αἴοισα πήλγι
ἔκλυεσ πάτροσ δὲ δόμον λίποισα
χρύσιον ἦλθεσ
ἄρμ᾽ ὐποζεύξαια, κάλοι δέ σ᾽ ἆγον
ὤκεεσ στροῦθοι περὶ γᾶσ μελαίνασ
πύκνα δινεῦντεσ πτέῤ ἀπ᾽ ὠράνω
αἴθεροσ διὰ μέσσω.
αῖψα δ᾽ ἐχίκοντο, σὺ δ᾽, ὦ μάσαιρα
μειδιάσαισ᾽ ἀθάνατῳ προσώπῳ,
ἤρἐ ὄττι δηὖτε πέπονθα κὤττι
δἦγτε κάλημι
κὤττι μοι μάλιστα θέλω γένεσθαι
μαινόλᾳ θύμῳ, τίνα δηὖτε πείθω
μαῖσ ἄγην ἐσ σὰν φιλότατα τίσ τ, ὦ
Πσάπφ᾽, ἀδίκηει;
O mia Afrodite dal simulacro
colmo di fiori, tu che non hai morte,
figlia di Zeus, tu che intrecci inganni,
o dominatrice, ti supplico,
non forzare l’anima mia
con affanni né con dolore;
ma qui vieni. Altra volta la mia voce
udendo di lontano la preghiera
ascoltasti, e lasciata la casa del padre
sul carro d’oro venisti.
Leggiadri veloci uccelli
sulla nera terra ti portarono,
dense agitando le ali per l’aria celeste.
E subito giunsero. E tu, o beata,
sorridendo nell’immortale volto
chiedesti del mio nuovo patire,
e che cosa un’altra volta invocavo,
e che più desideravo
nell’inquieta anima mia.
« Chi vuoi che Péito spinga al tuo amore,
o Saffo? Chi ti offende?
καὶ γάρ αἰ φεύγει, ταχέωσ διώξει,
αἰ δὲ δῶρα μὴ δέκετ ἀλλά δώσει,
αἰ δὲ μὴ φίλει ταχέωσ φιλήσει,
κωὐκ ἐθέλοισα.
Chi ora ti fugge, presto t’inseguirà,
chi non accetta doni, ne offrirà,
chi non ti ama, pure contro voglia,
presto ti amerà. »
ἔλθε μοι καὶ νῦν, χαλεπᾶν δὲ λῦσον
ἐκ μερίμναν ὄσσα δέ μοι τέλεσσαι
θῦμοσ ἰμμέρρει τέλεσον, σὐ δ᾽ αὔτα
σύμμαχοσ ἔσσο.
Vieni a me anche ora;
liberami dai tormenti,
avvenga ciò che l’anima mia vuole:
aiutami, Afrodite.
T2
CATULLO, Carme 76, vv. 17ss. (Trad. E. Mandruzzato)
O di, si vestrum est misereri, aut si quibus
O Dei, se è divino avere pietà, se mai
umquam
soccorreste qualcuno sulla terra nell’ora della
extremam iam ipsa in morte tulistis opem,
morte, guardatemi. Io sono infelice. E se la mia
me miserum aspicite et, si vitam puriter egi,
vita fu pura, strappate questa malattia mortale,
20 eripite hanc pestem perniciemque mihi,
che penetra nelle fibre acuta come un torpore e
quae mihi subrepens imos ut torpor in artus
mi toglie dal cuore tutto il gusto di vivere. Non
expulit ex omni pectore laetitias.
chiedo, no, che lei mi possa riamare e che
Non iam illud quaero, contra me ut diligat illa,
diventi pura, perché non è capace: io ho voglia
aut, quod non potis est, esse pudica velit:
di star bene, guarire dal mio tetro male. Datemi
25 ipse valere opto et taetrum hunc deponere
questo, Dei, per la mia fede
morbum.
O di, reddite mi hoc pro pietate mea.
T3
APULEIO, Metamorfosi XI 2
Il brano è tratto dall’ultimo libro dei Metamorphoseon libri (ovvero Asinus aureus) di Apuleio.
Apuleio nasce a Madaura nella provincia romana d’Africa nel 125 d.C. e muore a Cartagine nel 170
circa. I Metamophoseon libri narrano le vicende di Lucio, un giovane bramoso di conoscere i
segreti dell’arte magica, che in seguito a un incantesimo si trasforma in asino. Grazie all’intervento
della dea Iside, invocata nella preghiera riportata nel testo, Lucio riprenderà, dopo varie peripezie, il
suo aspetto umano. Iside è una divinità egizia, sorella e sposa di Osiride e come lui figlia della Terra
e del Cielo. Il culto di Iside celebra nella dea la vita e la maternità, in quanto riporta in vita il
defunto Osiride e con lui genera Horus, con cui è spesso raffigurata. In età greco-romana
l'evoluzione conclusiva dei processi sincretistici già in atto nell'età tarda, fa di Iside una divinità
cosmica reggitrice dell'ordine celeste e terrestre, che riunisce in sé le caratteristiche e gli attributi di
innumerevoli divinità femminili a lei assimilate (la dea «dai mille nomi»). In questa nuova
elaborazione, la reinterpretazione greco-romana che ebbe particolare fortuna lungo tutte le coste del
Mediterraneo, recepisce, con grande favore, la funzione materna di Iside, ereditando e arricchendo
l'iconografia della dea che allatta, e la sua vocazione fecondatrice.
Regina caeli, sive tu Ceres alma frugum
parens originalis, quae, repertu laetata
filiae, vetustae glandis ferino remoto
pabulo, miti commonstrato cibo, nunc
Eleusiniam glebam percolis; seu tu
caelestis Venus, quae primis rerum
exordiis sexuum diversitatem generato
amore sociasti et aeterna subole humano
genere propagato nunc circumfluo Paphi
sacrario coleris; seu Phoebi soror, quae
partu fetarum medelis lenientibus recreato
populos tantos educasti praeclarisque nunc
veneraris delubris Ephesi; seu nocturnis
ululatibus horrenda Proserpina triformi
facie larvales impetus comprimens
terraeque claustra cohibens,lucos diversos
inerrans vario cultu propitiaris: ista luce
feminea collustrans cuncta moenia et udis
ignibus nutriens laeta semina et solis
ambagibus dispensans incerta lumina—
quoquo nomine, quoquo ritu, quaqua facie
te fas est invocare: tu meis iam nunc
extremis aerumnis subsiste, tu fortunam
collapsam affirma, tu saevis exanclatis
casibus pausam pacemque tribue; sit satis
laborum, sit satis periculorum. Depelle
quadripedis diram faciem, redde me
conspectui meorum, redde me meo Lucio:
ae si quod offensum numen inexorabili me
saevitia premit, mori saltem liceat, si non
licet vivere.’
O regina del cielo, o sia pure tu l'alma
Cerere, l'antichissima madre delle messi,
che per la gioia d'aver ritrovata la figlia,
offristi all'uomo un cibo più dolce che non
quello bestiale delle ghiande, e fai più bella
con la tua presenza la terra di Eleusi; o anche
la celeste Venere che all'inizio del mondo
desti la vita ad Amore e accoppiasti sessi
diversi propagando la specie umana con una
discendenza ininterrotta, onorata ora in Pafo,
circondata dal mare; o la sorella di Febo, che
alleviando con dolci rimedi il dolore del
parto, hai dato la vita a tante generazioni ed
ora sei venerata nei santuari di Efeso; o che tu
sia Proserpina, la dea che atterrisce con i suoi
ululati notturni, che nel tuo triplice aspetto
plachi le inquiete ombre dei morti e chiudi le
porte dell'oltretomba e vaghi per i boschi
sacri, venerata con riti diversi, tu che con la
tua virginea luce illumini tutte le città, che
nutri con i tuoi umidi raggi le sementi
feconde, e nei tuoi giri solitari spandi il tuo
incerto chiarore, sotto qualsiasi nome, con
qualsiasi rito, sotto qualsiasi aspetto sia lecito
invocarti, soccorrimi in queste mie terribili
sventure, sostienimi nella mia sorte infelice,
concedimi un po' di pace, una tregua dopo
tanti terribili eventi, che cessino gli affanni,
che cessino i pericoli. Liberami da
quest'orrendo aspetto di quadrupede, rendimi
agli occhi dei miei cari, fammi tornare il
Lucio che ero. E se poi qualche divinità che
ho offesa mi perseguita con una crudeltà così
accanita, mi sia almeno concesso di morire, se
non mi è lecito vivere.
T4
SAN GIROLAMO, Epistola 53, 7 a Paolino di Nola (Trad. A. Bonandini)
Girolamo (Sofronius Eusebius Hieronymus; nato a Stridoni - odierna Croazia - nel 347 e morto a
Betlemme nel 420, Padre della Chiesa, autore della Vulgata, traduzione della Bibbia dal greco
e dall’ebraico in latino) depreca l'abitudine di utilizzare versi virgiliani per narrare contenuti
cristiani.
Quicquid dixerint, hoc legem dei putant nec
scire dignantur, quid prophetae, quid
apostoli senserint, sed ad sensum suum
incongrua aptant testimonia, quasi grande
sit et non vitiosissimum dicendi genus
Qualunque cosa questi autori dicano,
credono sia legge di Dio, e non si curano di
imparare che cosa abbiano affermato i
profeti e gli apostoli, ma adattano alle loro
convinzioni testimonianze incongrue, come
depravare sententias et ad voluntatem
suam scripturam trahere repugnantem.
[…] non sic etiam Maronem sine Christo
possimus
dicere
Christianum,
quia
scripserit: "iam redit et virgo, redeunt
saturnia regna, iam nova progenies caelo
demittitur alto", et patrem loquentem ad
filium: "nate, meae vires, mea magna
potentia solus", et post verba salvatoris in
cruce: "talia perstabat memorans fixusque
manebat".
Puerilia
sunt
haec
et
circulatorum ludo similia, docere, quod
ignores, immo, et cum stomacho loquar,
nec hoc quidem scire, quod nescias.
se fosse una gran cosa, e non un gravissimo
difetto del discorso, distorcere il significato
e portare le Scritture a dire cose che
ripugnano al loro significato per adattarle
alla propria volontà.
[…] Ma non possiamo dire Virgilio cristiano
senza Cristo, solo per il fatto che ha scritto
"anche la Vergine torna, tornano i regni di
Saturno, / già una nuova progenie dall'alto
cielo discende" [Bucoliche 4, 6s.], e
sostenere che è il Padre che dice al Figlio:
"Figlio, mia forza, mia gran potenza tu solo"
[Eneide 1, 664 - discorso di Venere ad
Amore], e poi che queste sono le parole del
Salvatore sulla croce: "Così si ostinava a
parlare, e fisso restava" [Eneide 2, 650].
Questi sono cose puerili e simili al gioco di
un acrobata, insegnare ciò che si ignora,
anzi - per parlare schiettamente - non
sapere nemmeno su cosa si è ignoranti.
T5
Salve Regina
Salve, Regina, Mater misericordiae,
vita, dulcedo, et spes nostra, salve.
Ad te clamamus, exsules filii Evae,
ad te suspiramus, gementes et flentes
in hac lacrimarum valle.
Eia ergo, advocata nostra, illos tuos
misericordes oculos ad nos converte.
Et Jesum, benedictum fructum ventris tui,
nobis, post hoc exilium, ostende.
O clemens, O pia, O dulcis Virgo Maria.
Salve, Regina, Madre di misericordia;
vita, dolcezza e speranza nostra, salve.
A Te ricorriamo ,noi esuli figli di Eva;
a Te sospiriamo, gementi e piangenti
in questa valle di lacrime.
Orsù dunque, avvocata nostra,
rivolgi a noi gli occhi
tuoi misericordiosi.
E mostraci, dopo questo esilio, Gesù,
il frutto benedetto del Tuo seno.
O clemente, o pia,
o dolce Vergine Maria
QUESITI
1. Il concorrente ricavi dai testi proposti gli elementi peculiari della struttura e
della dizione della preghiera / inno cletico. Si individuino le costanti a livello
tematico e lessicale e si mettano in luce gli elementi di continuità e di
evoluzione.
2. La cultura religiosa dell’età imperiale è caratterizzata da un lato dalla
contrapposizione, dall’altra dalla contaminazione tra nascente religione
cristiana e cultura pagana. Servendosi delle testimonianze riportate, il
concorrente delinei tale dialettica.
Tempo: 5 ore.
È consentito l’uso del vocabolario monolingue della lingua italiana e dei
vocabolari Greco – Italiano e Latino-Italiano.
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prova civiltà classica Certamen 2013