LICEO CLASSICO “G. PRATI” – TRENTO Via SS. Trinità, 38 38122 Trento Tel.0461 980190 Fax 0461 980747 Cod. Fisc. 80018510224 [email protected] - [email protected] – www.liceoprati.it Certamen Athesinum Prima edizione – Trento, 5 aprile 2013 Sezione Civiltà Classiche Il concorrente, basandosi sulle immagini e sui testi, risponda ai quesiti. T1 SAFFO, Inno ad Afrodite (Trad. S. Quasimodo) Ποικιλόθρον᾽ ὰθάνατ᾽ ᾽Αφροδιτα, παῖ Δίοσ, δολόπλοκε, λίσσομαί σε μή μ᾽ ἄσαισι μήτ᾽ ὀνίαισι δάμνα, πότνια, θῦμον. ἀλλά τυίδ᾽ ἔλθ᾽, αἴποτα κἀτέρωτα τᾶσ ἔμασ αύδωσ αἴοισα πήλγι ἔκλυεσ πάτροσ δὲ δόμον λίποισα χρύσιον ἦλθεσ ἄρμ᾽ ὐποζεύξαια, κάλοι δέ σ᾽ ἆγον ὤκεεσ στροῦθοι περὶ γᾶσ μελαίνασ πύκνα δινεῦντεσ πτέῤ ἀπ᾽ ὠράνω αἴθεροσ διὰ μέσσω. αῖψα δ᾽ ἐχίκοντο, σὺ δ᾽, ὦ μάσαιρα μειδιάσαισ᾽ ἀθάνατῳ προσώπῳ, ἤρἐ ὄττι δηὖτε πέπονθα κὤττι δἦγτε κάλημι κὤττι μοι μάλιστα θέλω γένεσθαι μαινόλᾳ θύμῳ, τίνα δηὖτε πείθω μαῖσ ἄγην ἐσ σὰν φιλότατα τίσ τ, ὦ Πσάπφ᾽, ἀδίκηει; O mia Afrodite dal simulacro colmo di fiori, tu che non hai morte, figlia di Zeus, tu che intrecci inganni, o dominatrice, ti supplico, non forzare l’anima mia con affanni né con dolore; ma qui vieni. Altra volta la mia voce udendo di lontano la preghiera ascoltasti, e lasciata la casa del padre sul carro d’oro venisti. Leggiadri veloci uccelli sulla nera terra ti portarono, dense agitando le ali per l’aria celeste. E subito giunsero. E tu, o beata, sorridendo nell’immortale volto chiedesti del mio nuovo patire, e che cosa un’altra volta invocavo, e che più desideravo nell’inquieta anima mia. « Chi vuoi che Péito spinga al tuo amore, o Saffo? Chi ti offende? καὶ γάρ αἰ φεύγει, ταχέωσ διώξει, αἰ δὲ δῶρα μὴ δέκετ ἀλλά δώσει, αἰ δὲ μὴ φίλει ταχέωσ φιλήσει, κωὐκ ἐθέλοισα. Chi ora ti fugge, presto t’inseguirà, chi non accetta doni, ne offrirà, chi non ti ama, pure contro voglia, presto ti amerà. » ἔλθε μοι καὶ νῦν, χαλεπᾶν δὲ λῦσον ἐκ μερίμναν ὄσσα δέ μοι τέλεσσαι θῦμοσ ἰμμέρρει τέλεσον, σὐ δ᾽ αὔτα σύμμαχοσ ἔσσο. Vieni a me anche ora; liberami dai tormenti, avvenga ciò che l’anima mia vuole: aiutami, Afrodite. T2 CATULLO, Carme 76, vv. 17ss. (Trad. E. Mandruzzato) O di, si vestrum est misereri, aut si quibus O Dei, se è divino avere pietà, se mai umquam soccorreste qualcuno sulla terra nell’ora della extremam iam ipsa in morte tulistis opem, morte, guardatemi. Io sono infelice. E se la mia me miserum aspicite et, si vitam puriter egi, vita fu pura, strappate questa malattia mortale, 20 eripite hanc pestem perniciemque mihi, che penetra nelle fibre acuta come un torpore e quae mihi subrepens imos ut torpor in artus mi toglie dal cuore tutto il gusto di vivere. Non expulit ex omni pectore laetitias. chiedo, no, che lei mi possa riamare e che Non iam illud quaero, contra me ut diligat illa, diventi pura, perché non è capace: io ho voglia aut, quod non potis est, esse pudica velit: di star bene, guarire dal mio tetro male. Datemi 25 ipse valere opto et taetrum hunc deponere questo, Dei, per la mia fede morbum. O di, reddite mi hoc pro pietate mea. T3 APULEIO, Metamorfosi XI 2 Il brano è tratto dall’ultimo libro dei Metamorphoseon libri (ovvero Asinus aureus) di Apuleio. Apuleio nasce a Madaura nella provincia romana d’Africa nel 125 d.C. e muore a Cartagine nel 170 circa. I Metamophoseon libri narrano le vicende di Lucio, un giovane bramoso di conoscere i segreti dell’arte magica, che in seguito a un incantesimo si trasforma in asino. Grazie all’intervento della dea Iside, invocata nella preghiera riportata nel testo, Lucio riprenderà, dopo varie peripezie, il suo aspetto umano. Iside è una divinità egizia, sorella e sposa di Osiride e come lui figlia della Terra e del Cielo. Il culto di Iside celebra nella dea la vita e la maternità, in quanto riporta in vita il defunto Osiride e con lui genera Horus, con cui è spesso raffigurata. In età greco-romana l'evoluzione conclusiva dei processi sincretistici già in atto nell'età tarda, fa di Iside una divinità cosmica reggitrice dell'ordine celeste e terrestre, che riunisce in sé le caratteristiche e gli attributi di innumerevoli divinità femminili a lei assimilate (la dea «dai mille nomi»). In questa nuova elaborazione, la reinterpretazione greco-romana che ebbe particolare fortuna lungo tutte le coste del Mediterraneo, recepisce, con grande favore, la funzione materna di Iside, ereditando e arricchendo l'iconografia della dea che allatta, e la sua vocazione fecondatrice. Regina caeli, sive tu Ceres alma frugum parens originalis, quae, repertu laetata filiae, vetustae glandis ferino remoto pabulo, miti commonstrato cibo, nunc Eleusiniam glebam percolis; seu tu caelestis Venus, quae primis rerum exordiis sexuum diversitatem generato amore sociasti et aeterna subole humano genere propagato nunc circumfluo Paphi sacrario coleris; seu Phoebi soror, quae partu fetarum medelis lenientibus recreato populos tantos educasti praeclarisque nunc veneraris delubris Ephesi; seu nocturnis ululatibus horrenda Proserpina triformi facie larvales impetus comprimens terraeque claustra cohibens,lucos diversos inerrans vario cultu propitiaris: ista luce feminea collustrans cuncta moenia et udis ignibus nutriens laeta semina et solis ambagibus dispensans incerta lumina— quoquo nomine, quoquo ritu, quaqua facie te fas est invocare: tu meis iam nunc extremis aerumnis subsiste, tu fortunam collapsam affirma, tu saevis exanclatis casibus pausam pacemque tribue; sit satis laborum, sit satis periculorum. Depelle quadripedis diram faciem, redde me conspectui meorum, redde me meo Lucio: ae si quod offensum numen inexorabili me saevitia premit, mori saltem liceat, si non licet vivere.’ O regina del cielo, o sia pure tu l'alma Cerere, l'antichissima madre delle messi, che per la gioia d'aver ritrovata la figlia, offristi all'uomo un cibo più dolce che non quello bestiale delle ghiande, e fai più bella con la tua presenza la terra di Eleusi; o anche la celeste Venere che all'inizio del mondo desti la vita ad Amore e accoppiasti sessi diversi propagando la specie umana con una discendenza ininterrotta, onorata ora in Pafo, circondata dal mare; o la sorella di Febo, che alleviando con dolci rimedi il dolore del parto, hai dato la vita a tante generazioni ed ora sei venerata nei santuari di Efeso; o che tu sia Proserpina, la dea che atterrisce con i suoi ululati notturni, che nel tuo triplice aspetto plachi le inquiete ombre dei morti e chiudi le porte dell'oltretomba e vaghi per i boschi sacri, venerata con riti diversi, tu che con la tua virginea luce illumini tutte le città, che nutri con i tuoi umidi raggi le sementi feconde, e nei tuoi giri solitari spandi il tuo incerto chiarore, sotto qualsiasi nome, con qualsiasi rito, sotto qualsiasi aspetto sia lecito invocarti, soccorrimi in queste mie terribili sventure, sostienimi nella mia sorte infelice, concedimi un po' di pace, una tregua dopo tanti terribili eventi, che cessino gli affanni, che cessino i pericoli. Liberami da quest'orrendo aspetto di quadrupede, rendimi agli occhi dei miei cari, fammi tornare il Lucio che ero. E se poi qualche divinità che ho offesa mi perseguita con una crudeltà così accanita, mi sia almeno concesso di morire, se non mi è lecito vivere. T4 SAN GIROLAMO, Epistola 53, 7 a Paolino di Nola (Trad. A. Bonandini) Girolamo (Sofronius Eusebius Hieronymus; nato a Stridoni - odierna Croazia - nel 347 e morto a Betlemme nel 420, Padre della Chiesa, autore della Vulgata, traduzione della Bibbia dal greco e dall’ebraico in latino) depreca l'abitudine di utilizzare versi virgiliani per narrare contenuti cristiani. Quicquid dixerint, hoc legem dei putant nec scire dignantur, quid prophetae, quid apostoli senserint, sed ad sensum suum incongrua aptant testimonia, quasi grande sit et non vitiosissimum dicendi genus Qualunque cosa questi autori dicano, credono sia legge di Dio, e non si curano di imparare che cosa abbiano affermato i profeti e gli apostoli, ma adattano alle loro convinzioni testimonianze incongrue, come depravare sententias et ad voluntatem suam scripturam trahere repugnantem. […] non sic etiam Maronem sine Christo possimus dicere Christianum, quia scripserit: "iam redit et virgo, redeunt saturnia regna, iam nova progenies caelo demittitur alto", et patrem loquentem ad filium: "nate, meae vires, mea magna potentia solus", et post verba salvatoris in cruce: "talia perstabat memorans fixusque manebat". Puerilia sunt haec et circulatorum ludo similia, docere, quod ignores, immo, et cum stomacho loquar, nec hoc quidem scire, quod nescias. se fosse una gran cosa, e non un gravissimo difetto del discorso, distorcere il significato e portare le Scritture a dire cose che ripugnano al loro significato per adattarle alla propria volontà. […] Ma non possiamo dire Virgilio cristiano senza Cristo, solo per il fatto che ha scritto "anche la Vergine torna, tornano i regni di Saturno, / già una nuova progenie dall'alto cielo discende" [Bucoliche 4, 6s.], e sostenere che è il Padre che dice al Figlio: "Figlio, mia forza, mia gran potenza tu solo" [Eneide 1, 664 - discorso di Venere ad Amore], e poi che queste sono le parole del Salvatore sulla croce: "Così si ostinava a parlare, e fisso restava" [Eneide 2, 650]. Questi sono cose puerili e simili al gioco di un acrobata, insegnare ciò che si ignora, anzi - per parlare schiettamente - non sapere nemmeno su cosa si è ignoranti. T5 Salve Regina Salve, Regina, Mater misericordiae, vita, dulcedo, et spes nostra, salve. Ad te clamamus, exsules filii Evae, ad te suspiramus, gementes et flentes in hac lacrimarum valle. Eia ergo, advocata nostra, illos tuos misericordes oculos ad nos converte. Et Jesum, benedictum fructum ventris tui, nobis, post hoc exilium, ostende. O clemens, O pia, O dulcis Virgo Maria. Salve, Regina, Madre di misericordia; vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A Te ricorriamo ,noi esuli figli di Eva; a Te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrime. Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi. E mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del Tuo seno. O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria QUESITI 1. Il concorrente ricavi dai testi proposti gli elementi peculiari della struttura e della dizione della preghiera / inno cletico. Si individuino le costanti a livello tematico e lessicale e si mettano in luce gli elementi di continuità e di evoluzione. 2. La cultura religiosa dell’età imperiale è caratterizzata da un lato dalla contrapposizione, dall’altra dalla contaminazione tra nascente religione cristiana e cultura pagana. Servendosi delle testimonianze riportate, il concorrente delinei tale dialettica. Tempo: 5 ore. È consentito l’uso del vocabolario monolingue della lingua italiana e dei vocabolari Greco – Italiano e Latino-Italiano.