LA TRASFORMAZIONE UNILATERALE
DA PART-TIME A FULL-TIME.
BERGAMO
Molte sono le richieste di chiarimenti che ci sono pervenute in merito all’applicazione
dell’art. 16 della legge 183/2010 e, quindi, alla possibilità di trasformazione unilaterale
del rapporto di lavoro a tempo parziale da parte delle amministrazioni pubbliche, senza
considerare le iniziative delle stesse amministrazioni per sottoscrivere accordi aziendali in
tal senso.
Come è noto l’art. 16 del “collegato al lavoro” prevede che:
”In sede di prima applicazione delle disposizioni introdotte dall’ articolo 73 del decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le
amministrazioni pubbliche di cui all’ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, e successive modificazioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i
provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a
tempo parziale già adottati prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 112 del
2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008.”
Occorre precisare, in primo luogo, che la comune disciplina, nel settore pubblico come in
quello privato, in materia di rapporti di lavoro a tempo parziale è contenuta nel D.Lgs
61/2000, in applicazione della direttiva comunitaria 1997/81 che ha, a sua volta, recepito
l’accordo quadro del 6.6.1997.
In detto decreto legislativo non vi è alcun richiamo alla possibile trasformazione
unilaterale del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno, anzi è previsto all’art.
5 che:
“Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a
tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno, non
costituisce giustificato motivo di licenziamento. Su accordo delle parti risultante da atto scritto,
convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio, è ammessa la
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale. “
Inoltre, sia la direttiva comunitaria che il successivo decreto legislativo, prevedono un particolare
favor iuris nei confronti dell’utilizzo di rapporti di lavoro a tempo parziale.
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Infine non bisogna dimenticare tutta la disciplina, sia comunitaria che nazionale (tra cui la stessa
legge 183/2010 per ciò che attiene il pubblico impiego) in materia di tutela delle pari opportunità e
del lavoro femminile.
Non esiste, pertanto, nel nostro ordinamento una disciplina che permetta la trasformazione
unilaterale del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno da parte del datore di lavoro,
ove si eccettui un’interpretazione del tutto arbitraria e anticostituzionale del citato art. 16 del
collegato al lavoro.
Infatti alcune amministrazioni hanno ritenuto, finora con scarso successo, di procedere alla
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto di lavoro a tempo pieno a
seguito della nuova valutazione dei rapporti in essere da operarsi in applicazione del citato articolo
del collegato al lavoro prescindendo da quello che ritengo il necessario consenso del dipendente.
Necessario consenso, perché, anche nel pubblico impiego “privatizzato” la fonte del rapporto di
lavoro a tempo parziale non è affatto un provvedimento “di concessione della trasformazione del
rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale”, effettuata a suo tempo, ma il contratto
individuale di lavoro la cui forma obbligatoriamente è quella scritta (vedasi D.Lgs 61/2000) ed in
cui sono indicati la tipologia del part-time e l’articolazione dell’orario di lavoro con cui le parti
hanno convenuto debba svolgersi la prestazione lavorativa (art. 14 del CCNL 6.7.1995).
Come ha giustamente sottolineato la Corte Costituzionale con sentenza 210 del 1992: "Il
contratto di lavoro a tempo parziale deve stipularsi per iscritto. In esso devono essere indicate le
mansioni e la distribuzione dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e
all'anno...... L'ammissibilità di un contratto di lavoro a tempo parziale nel quale sia riconosciuto il
potere del datore di lavoro di determinare o variare unilateralmente, a proprio arbitrio, la
collocazione temporale della prestazione lavorativa, sarebbe del resto in contraddizione con le
ragioni alle quali è ispirata la disciplina di tale rapporto.”
In senso ancora più esplicito, peraltro,
si è espressa la Corte di
Cassazione, con
sentenza 2382/1990 ritenendo che: “Il carattere necessariamente bilaterale della volontà in
ordine a tale riduzione nonché alla collocazione della prestazione lavorativa in un determinato orario
(reputato dalle parti come il più corrispondente ai propri interessi) comporta che ogni modifica di
detto orario non possa essere attuata unilateralmente dal datore di lavoro in forza del suo potere di
organizzazione dell'attività aziendale, essendo invece necessario il mutuo consenso di entrambe le
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parti".
Nel D.lgs 61/2000, infatti, sono previste, semmai, secondo la disciplina dei contratti
collettivi di lavoro, clausole elastiche o flessibili dello svolgimento del rapporto di lavoro
oppure
il
consolidamento
dell’orario
normalmente
effettuato,
ma
non
certo
la
trasformazione unilaterale del rapporto da tempo parziale a tempo pieno.
Allora i principi di correttezza e buona fede richiamati nell’art. 16 della legge 183/2010
non possono essere intesi nel senso che le amministrazioni possano procedere al riesame
dei contratti di trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale
stipulati in passato e convertirli a tempo pieno unilateralmente:
1.
in primo luogo perché generiche esigenze di servizio non potranno essere addotte
per “provvedere alla trasformazione unilaterale del rapporto di lavoro a tempo
parziale” (come del resto ha ritenuto il Tribunale di Firenze con Ordinanza del
23.2.2011), soprattutto se permangono in capo al dipendente le ragioni a suo
tempo indicate per la trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a parttime.
2.
in secondo luogo perché, volendo procedere per via unilaterale alla revisione di un atto
di natura negoziale evidente appare in contrasto con l’ordinamento vigente.
Quindi nel caso in cui l’amministrazione di appartenenza
ritenga di sottoporre al
dipendente part-time una verifica congiunta della permanenza dell’interesse reciproco
alla prosecuzione rapporto di lavoro a tempo parziale, non sussistono problemi. Nel caso in
cui, invece, l’amministrazione ritenesse possibile procedere per via unilaterale alla
modificazione del contratto di lavoro, si porrebbero rilievi di legittimità costituzionale,
prospettati, peraltro, da più parti.
Infatti i contratti individuali di lavoro a tempo parziale, che sono impegnativi per la pubblica
amministrazione, hanno dato luogo a veri e propri diritti soggettivi consolidatisi nel
tempo, in base ai quali ogni lavoratore ha modellato la propria vita lavorativa e
familiare.
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Fondato, quindi, appare l’eventuale ricorso al giudice del lavoro, del lavoratore che,
titolare di un rapporto di lavoro a tempo parziale, se lo vedesse unilateralmente trasformato
a tempo pieno da parte dell’amministrazione di appartenenza, in quanto lesivo dei propri
diritti soggettivi.
Bergamo, 23 aprile 2011
Per la FP-CGIL di Bergamo
F.to Gian Marco Brumana
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