Vol. 5 - n. 1 - Suppl. 1 - Gennaio-Aprile 2007
Periodico quadrimestrale - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) - Art. 1, comma 1 DCB Milano
Indexed in
EMBASE/Compendex
Geobase/Scopus
2nd Joint Meeting on Adolescence Medicine
PROBLEMATICHE
ETICHE, MEDICHE E SOCIALI DEL
“NUOVO” ADOLESCENTE
2nd Workshop Otolaryngology Update
APPROCCIO
MULTIDISCIPLINARE NELLE PATOLOGIE DI CONFINE
IN AMBITO OTORINOLARINGOIATRICO
Catanzaro 23 - 26 Maggio 2007
2nd Joint Meeting on Adolescence Medicine
PROBLEMATICHE
ETICHE, MEDICHE E SOCIALI DEL
“NUOVO” ADOLESCENTE
2nd Workshop Otolaryngology Update
APPROCCIO
MULTIDISCIPLINARE NELLE PATOLOGIE DI CONFINE
IN AMBITO OTORINOLARINGOIATRICO
Catanzaro 23 - 26 Maggio 2007
2nd Joint Meeting on Adolescence Medicine
PROBLEMATICHE
ETICHE, MEDICHE E SOCIALI DEL “NUOVO” ADOLESCENTE
2nd Workshop Otolaryngology Update
APPROCCIO
MULTIDISCIPLINARE NELLE PATOLOGIE DI CONFINE
IN AMBITO OTORINOLARINGOIATRICO
Teatro Politeama
Catanzaro 23 - 26 Maggio 2007
Editori
G. Raiola, V. De Sanctis, M.C. Galati, D. Salerno
1
2nd Joint Meeting on Adolescence Medicine
PROBLEMATICHE ETICHE, MEDICHE E SOCIALI
DEL “NUOVO” ADOLESCENTE
2nd Workshop Otolaryngology Update
APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE NELLE PATOLOGIE DI CONFINE
IN AMBITO OTORINOLARINGOIATRICO
Catanzaro 23 - 26 Maggio 2007
Moderatori e Relatori
Anastasi Salvatore
Arcuri Vincenzo
Arrigo Teresa
Bianchi On. Dorina
Bertelloni Silvano
Bona Gianni
Buono Padre Giuseppe
Burgio Roberto
Caldarone Giovanni
Capanna Mario
Capurro Renato
Caruso Nicoletti Manuela
Casadonte Gianvito
Castellano Barca German
Chiavetta Salvatore
Cicognani Alessandro
Congiusta Mario
De luca Filippo
De luca Giampaolo
D’Ercole Don Giovanni
De Santis Vincenzo
De Simone Michele
Destito Domenico
Di Pietro Pasquale
Di Renzo Magda
Fiore Antonio
Fiscina Bernadette
Funaro Angela
Galati Maria Concetta
Garofalo Pericola
Giampietro Michelangelo
Gullotta Giuseppe
Curnari Antonio
Liotta Andrea
Magaudda Ludovico
Mangiagli Antonio
Magro Saverio
Martino Giuseppe
Masciari Rosanna
Mazzoni Guglielmo
Mercuri Francesco Bruno
Moccia Federico
Olivadoti Antonio
Panza Edoardo
Pelosi Patrizia
Peltrone Francesco
Pintor Carlo
Raiola Giuseppe
Ranieri Luigi
Rizza Rosalba
Rubino Renato
Ruggiero Leopoldo
Saggese Giuseppe
Salerno Domenico
Scarfone Giorgio
Charles Suris I Granell Joan
Schwarzenberg Titio Livio
Tatò Luciano
Vitali Sergio
Catania
Catanzaro
Messina
Roma
Pisa
Novara
Napoli
Pavia
Roma
Roma
Reggio Calabria
Catania
Catanzaro
Santander
Palermo
Bologna
Siderno
Messina
Cosenza
Roma
Ferrara
L’Aquila
Catanzaro
Genova
Roma
Roma
New Work
Cosenza
Catanzaro
Palermo
2
Roma
Catania
Reggio Calabria
Palermo
Messina
Augusta
Catanzaro
Catanzaro
Catanzaro
Roma
Catanzaro
Roma
Catanzaro
Buenos Aires
Benevento
Catanzaro
Cagliari
Catanzaro
Catanzaro
Catanzaro
Catanzaro
Lecce
Pisa
Catanzaro
Catanzaro
Losanna
Roma
Verona
Forlì
Sommario
SOMMARIO
Il bambino con respirazione orale
pag. 5
Giuseppe Raiola, Giuseppe Petitto, Maria Concetta Galati, Domenico Salerno
Educare i giovani alla mondialità dei valori della bioetica: la pedabioetica
pag. 8
Giuseppe Buono
Dal dolore all’impegno
pag. 11
Mario Congiusta
Endocrinopatie e disturbi correlati di non facile diagnosi e trattamento
in età adolescenziale: epidemiologia, diagnosi e terapia pag. 19
Giuseppe Raiola, Vincenzo De Sanctis, Maria Concetta Galati, Michele De Simone
Le alterazioni del ciclo mestruale nell’adolescente
pag. 28
Vincenzo De Sanctis, Elisa Ravaioli
L’endometriosi
pag. 33
P. Garofalo, F. Di Giovanni, D. Gullo, R. Fiorino, Giuseppe Raiola
L’imaging pelvico in età adolescenziale: attualità nello studio
dei disordini mestruali pag. 39
Vincenzo M. Arcuri, Giuseppe Raiola, Maria Concetta Galati, Fortunato Serrao, Pier Paolo Arcuri
Problematiche associate a deficit di 21-idrossilasi in età adolescenziale
pag. 43
Filippo De Luca, T. Aversa
Problematiche andrologiche di più frequente riscontro in età evolutiva:
riflessioni in termini di prevenzione pag. 46
Silvano Bertelloni, Eleonora Dati, Ambra Bartoli, Giuseppe Saggese
Approccio diagnostico e terapeutico del varicocele
pag. 56
Guglielmo Mazzoni
Approccio laparoscopico al varicocele bilaterale
in età adolescenziale. Case report. pag. 60
D. Salerno, Giuseppe Raiola, G. Stranieri, Maria Concetta Galati, G.Fodero
Il futuro del paziente con criptorchidismo: è l’inibina B un marker utile?
Rossella Gaudino, Luciano Tatò
Obesità ed infiammazione: evidenza per una lesione elementare
Michele De Simone, Giuseppe Raiola, M.L. Iezzi
Trappole di laboratorio
pag. 71
Rosanna Masciari
Endocrinologia dello sport
pag. 77
Gianni Bona, Nadia Castellino
Integratori, doping e... altro nel giovane sportivo
pag. 79
Michelangelo Giampietro
La certificazione di idoneità alla pratica fisico-sportiva
Tito Livio Schwarzenberg, Vincenza Patrizia Di Marino
3
pag. 83
pag. 68
pag. 64
Atencion al adolescente en la practica diaria. Problemas y soluciones.
pag. 90
Germán Castellano
Gli adolescenti nella pratica quotidiana: alcuni problemi ed alcune soluzioni.
L’esperienza argentina. pag. 94
Eduardo Panza
Il Pediatra di Famiglia come mediatore familiare
pag. 97
Salvatore Chiavetta, Giuseppe Raiola
Le problematiche dell’adolescente con acondroplasia.
Un medico si racconta
pag. 102
Salvatore Anastasi
L’integrazione sociale dell’adolescenza con disabilità
pag. 106
Sergio Vitali, Carlo Callegaro
ABSTRACTS
Valutazione dell’eccesso ponderale in età adolescenziale:
utilità dell’osteosonografia. pag. 107
M. Baserga, L. D’Aiutolo, A.R. Frascogna, R. La Salvia, B. Vonella, D. Tarantino, E. Anastasio, L.Giancotti
Campagna di prevenzione dell’acne con metodologia multimediale
Francesco Stirparo
4
pag. 108
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Il bambino con respirazione orale
Giuseppe Raiola, Giuseppe Petitto1, Maria Concetta Galati2, Domenico Salerno3
U.O.S. di Auxologia e Medicina dell’Adolescenza - U.O. di Pediatria
1
U.O. di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale
2
U.O. di Ematoncologia Pediatrica
3
U.O. di Chirurgia Pediatrica - A.O. “Pugliese-Ciaccio - Catanzaro
Riassunto
Un normale sviluppo craniofacciale e un’adeguata occlusione dipendono da diversi fattori. La regolare
attività respiratoria influenza lo sviluppo delle strutture craniofacciali e favorisce la loro armoniosa crescita grazie a un’adeguata interazione con la masticazione e la respirazione. È noto che nei bambini con respirazione orale aumenta la
distanza tra le labbra, gli incisivi superiori restano scoperti, aumenta la possibilità d’infiammazione gengivale, alitosi e
carie dentarie.
Il corretto approccio clinico e metodologico permetterà di scegliere il trattamento maggiormente adeguato, ma la chiave risolutiva del problema rimane l’approccio multidisciplinare
Parole chiave: respirazione orale, sviluppo cariofacciale, malocclusione, ipetrofia adeno-tonsillare,
approccio multisciplinare.
The children with mouth-brething
Summary
Normal craniofacial development and adequate occlusion depend on various factors. Normal respiratory
activity influences the development of craniofacial structures, favouring their harmonious growth by adequate interacting
with mastication and swallowing. It’s generally accepted that in children chronic mouth breathing increases lip separation,
reduces coverage of upper incisors by the upper lip, increases susceptibility of gingival inflammation, oral malodour and
dental caries.
A good knowledge of the problem, an accurate anamnesis and careful objective exam are useful to choose the most suitable treatment, but the multidisciplinary approach is necessary.
Key words: mouth breathing, craniofacial development, malocclusion, adeno-tonsillar hypertrophy,
multidisciplinary approach.
Introduzione
La respirazione nasale permette un adeguato sviluppo della
morfologia cranio facciale e interagisce con altre funzioni come la
masticazione e la deglutizione (1). Qualsiasi ostacolo (meccanico
e/o di natura infiammatoria) (Tabella 1) al passaggio dell’aria attraverso le vie aeree superiori può causare ostruzione nasale e indurre il paziente a una respirazione orale obbligata. I bambini con
ostruzione nasale severa, persistente e di lunga durata possono
sviluppare delle alterazioni morfologiche tipiche che si riassumono
nella cosiddetta facies adenoidea, caratterizzata da sindrome
della faccia allungata e microrinodisplasia. Questi soggetti pre-
sentano una caratteristica faccia allungata e stretta, tendenza al
retrognatismo mascellare e mandibolare, narici strette, labbro
superiore retratto e ipotonico, tendenza a mantenere la bocca
semiaperta con labbra incompetenti, mento sfuggente ed espressione attonita (Tabella 2). Alle suddette alterazioni morfologiche si
associano anomalie del cavo orale e dell’orofaringe, come palato
ogivale, malocclusione dentaria, ipertrofia adenotonsillare, e
disturbi come la respirazione orale e la caratteristica voce nasale.
La mancata chiusura delle labbra determina ipertrofia e iperemia
delle gengive, per la minore autodetersione che, generalmente,
5
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
viene determinata dal flusso salivare. Secondariamente alle alterazioni dell’ecosistema orale si ha aumentata incidenza delle
carie e intensa alitosi che causa, non infrequentemente, un grave
handicap psicologico e sociale (2).
Anche la postura cefalica risulta alterata in quanto i pazienti con
respirazione orale tendono a mantenere il capo in estensione al
fine d’incrementare la pervietà orofaringea, attraverso modifiche
della postura mandibolare, della lingua e del palato molle. Quindi
la postura di questi soggetti è cefalica in iperdistensione con
iperlordosi cervicale.
È stata ipotizzata una correlazione tra occlusione e postura, prospettando agli odontoiatri un nuovo campo d’interesse, quello
posturale, finora di competenza ortopedica, fisiatrica e neurologica. Tuttavia la letteratura scientifica sull’argomento non è esaustiva e talvolta presenta dei limiti metodologici di ricerca (3,4)
La cronica ostruzione comporta una serie di disturbi del sonno
che vanno dal russamento benigno ai quadri di aumentata resistenza respiratoria (UARS) sino alla sindrome delle apnee ostruttive notturne (OSAS). Nei casi estremi di ostruzione è possibile
che si instauri ipertensione del piccolo circolo e cuore polmonare cronico (5-9). In alcuni casi l’ostruzione può essere monolaterale come, ad esempio, in presenza di un corpo estraneo misconosciuto, o di deviazione traumatica del setto nasale o nell’atresia coanale.
In alcune patologie come le sindromi di Down, Apert, Crouzon,
Pierre Robin, Treacher-Collins sono presenti particolari dimorfismi craniofacciali che determinano ostruzione nasale.
Il fisiologico schema respiratorio prevede che l’aria inspirata attraverso le narici, venga deviata dai turbinati e obbligata a passare in
tutti i meati: il contatto con le mucose fa sì che si abbia un primo
riscaldamento ed una parziale umidificazione che poi si completano grazie alla miscelazione con l’aria già riscaldata e umidificata
proveniente dai seni paranasali. Gli osti dei seni paranasali sboccano nei meati medi e superiori protetti da strutture a valvola con
concavità rivolta verso le vie aeree distali e convessità rivolta verso
le narici. Queste strutture valvolari fanno sì che il flusso inspiratorio
generi delle depressioni che risucchiano l’aria che era presente nei
seni. Quindi l’aria che passa a contatto con l’anello del Waldeyer e
raggiunge le vie aree inferiori è composta da una miscela di aria di
provenienza esterna (filtrata, riscaldata e umidificata nelle cavità
nasali) e aria proveniente dai seni paranasali.
Quindi la ventilazione nasale è di fondamentale importanza per il
ricambio dell’aria all’interno dei seni paranasali; un’assenza di
ventilazione può causare ipossia tissutale, con alterazione del
PH, del metabolismo della mucosa e della flora batterica (selezione di ceppi anaerobi). Tale situazione è causa di edema e di
sofferenza mucosale con un consequenziale deficit della funzione ciliare (10). Nel bambino respiratore orale una considerevole
quota di aria inspirata salta il fisiologico filtro costituito dall’epitelio nasale, giungendo direttamente sul tessuto adeno-tonsillare,
senza aver subito i necessari riscaldamento e umidificazione. Ne
consegue un’ipertrofia adeno-tonsillare con un ulteriore mancato
utilizzo della via nasale, si instaura così, un circolo vizioso. Inoltre
il continuo stimolo esercitato dall’aria inspirata oralmente impedirà, nel passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza, che si verifichi
quella fisiologica regressione del tessuto tonsillare, mentre la
regressione del tessuto adenoideo è impedita dalla mancata stimolazione da parte dell’aria che non transita per le vie nasali.
Altre problematiche secondarie a questo alterato schema respiratorio saranno anche di natura immunologia (alterata clerance
mucociliare). Il continuo stimolo esercitato dall’aria fredda, secca
e non filtrata, stimolerà nel soggetto una insistente e fastidiosa
tosse che, generalmente, il medico è portato a combattere sintomaticamente. Il diminuito flusso respiratorio potrà generare
ipovetilazione polmonare con disunito interscambio gassoso e
tendenza alla riduzione della riserva alcalina. Il piccolo paziente
con respirazione orale può presentare disturbi del sonno che si
manifestano con agitazione, respiro russante e pericolose apnee
ostruttive. Queste ultime sono caratterizzate da riduzione o cessazione del flusso d’aria, che disturbano la ventilazione e si associano a movimenti anomali della muscolatura della gabbia toracica e dell’addome (11)
Nel sonno si assiste ad un calo della sensibilità dei chemorecettori e, inoltre, si può avere un’incoordinazione tra la contrazione
diaframmatici e quella dei muscoli faringei (genio glosso in particolare), indispensabili al mantenimento della pervietà del farin-
Tabella 1. Cause di ostruzione nasale persistente.
Tabella 2. Facies adenoidea.
Fisiopatologia respiratoria
Vegetazioni adenoidee
Ipertrofia adenotonsillare
Ipertrofia dei turbinati
Poliposi nasale (sospettare fibrosi cistica)
Rinite allergica perenne
Rinite infettiva (adenoidite/rinosinusite)
Corpi estranei
Faccia allungata
Naso affilato
Labbro superiore retratto
Labbro inferiore cadente
Bocca semiaperta
Mento sfuggente
Espressione attonita
6
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Il bambino con respirazione orale
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
ge stesso. Nel punto di minor calibro del lume faringeo, per effetto Venturi, si genera un’ulteriore caduta di pressione.
Quindi la somma dei tre fattori (ostruzione adeno-tonsillare,
incoordinazione muscolare faringo-diaframmatica, effetto
Venturi) può portare all’istaurarsi di un’occlusione completa, che
l’ulteriore contrazione del diaframma, e il conseguente aumento
della depressione, contribuisce ad aggravare.
Si è soliti inquadrare il problema della respirazione orale come
l’effetto dell’ipertrofia adenotonsillare, ma è ormai ampiamente
dimostrato che alcuni quadri disortodontici possono in molti casi
indurre l’instaurarsi di questa anomala modalità di respirazione e
che quest’ultima secondariamente favorisce le ipertrofie adenotonsillari.
Si tratta, pertanto, di un circolo vizioso che occorre interrompere,
attuando un adeguato programma terapeutico che deve prevedere un intervento integrato che veda dialogare pediatra, otorinolaringoiatra, odontoiatra e, quando necessario, anche il logopedista e il fisioterapista
Bibliografia
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respiratory resistive load and daytime functioning. Eur J pediatr
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10. De Campora E., Bicciolo G. “La patologia flogistica del naso e dei
seni paranasali” , Il punto su allergia e infiammazione delle vie
aeree. Scientific Press 1996 Firenze, 199-221.
11. Villa MP, Pagani J, Miano S, Parisi P. Sindrome delle apnee ostruttive
nel sonno in età pediatrica. Area pediatrica 2005; 7: I:XXI
7
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Educare i giovani alla mondialità
dei valori della bioetica:
la pedabioetica1
Giuseppe Buono
Giornalista, teologo e docente alla Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma
La bioetica: definizione e ambiti
Prima di addentrarci nel tema di questa comunicazione, che interessa il campo dell’educazione dei giovani alla mondialità dei
valori della bioetica, vogliamo premettere un ritorno alla terminologia e ai suoi significati più immediati.
Bioetica è una parola
_ composta da due radici di origine greca:
bíos, vita, e ethike , comportamento, abitudine, costume, uso.
Letteralmente significa: etica della vita e investe la riflessione
filosofica sul comportamento umano di fronte alle grandi
domande su ciò che è bene e ciò che, invece, è male dal punto
di vista morale2.
Il termine bioetica viene coniato nel 1970 dall’oncologo australiano Van Rensellaer Potter nell’articolo: Bioethics: the science of
survival3, che diventerà poi, l’anno dopo, il primo capitolo del
libro: Bioethics. Bridge to the future4.
La spinta decisiva per la nascita della bioetica come scienza fu
data, da una parte, dallo sviluppo delle conoscenze scientifiche
e tecniche e, dall’altra, dal ritardo della riflessione necessaria per
il loro utilizzo. Il divario tra cultura scientifica e cultura umanistica
faceva nascere la legittima paura per la sopravvivenza stessa
dell’umanità. In seguito la definizione di bioetica si preciserà
sempre meglio. La definizione classica è quella di W.T. Reich:
“Studio sistematico della condotta umana nell’ambito delle
scienze della vita e della salute in quanto questa condotta è esaminata alla luce dei valori e dei principi morali”5.
La bioetica, quindi, è la scienza che regola il comportamento
umano nel settore della vita e della salute, guidato da valori e principi morali universali. Il valore morale è costituito dalla persona
umana in sé, è quindi un bene oggettivo. Questa formulazione
nasce nel mondo occidentale contemporaneo6.
La bioetica ha due ambiti: la bioetica generale, che discende
dalla filosofia morale e si interessa dei valori e dei principi etici
generali, e la bioetica applicata, “che applica i principi generali
a temi e casi concreti sotto il profilo biologico, medico, giuridico ed etico”7.
I temi principali della bioetica sono connessi con la realtà della
riproduzione umana, la genetica umana, l’embrione, la fase terminale della vita. Essa si interessa ai temi della sessualità
umana, della fecondazione artificiale, della regolamentazione
naturale della fertilità, della contraccezione, della sterilizzazione.
Studia il genoma umano, le biotecnologie, la clonazione, le cellule staminali, l’aborto, la diagnosi prenatale, gli interventi sugli
embrioni umani, il dolore, l’eutanasia, l’accanimento terapeutico,
i trapianti d’organo…
La bioetica è in sé laica nel senso che i giudizi morali sono in
sé universali perché se una valutazione etica è tale in sé, lo è
senza fare riferimento a un pensiero religioso o laico.
Alla base vi sono i valori universali e oggettivi che permettono
all’uomo di discernere, per mezzo della ragione, quello che è il
bene e quello che è il male, distinguere tra la verità e la menzogna.
La bioetica ha il compito di trattare questioni di valore in maniera razionale e universalmente condivisibile.
La bioetica deve suggerire i valori di riferimento e indicare scelte
operative. Per questo si apre ad un approccio interdisciplinare, a
1
Cfr. Pedabioetica in: Giovanni Russo (a cura), Enciclopedia di Bioetica e Sussuologia, Editrice VELAR, 2004, p. 1347: “Esattemente intendiamo per pedabioetica
ogni intervento di carattere informativo e formativo capace di costruire a livello individuale e sociale una migliore consapevolezza della qualità della vita”.
2
S. Spinsanti (a cura), Bioetica e grandi religioni, Edizioni Paoline, Milano 1987, p. 5.
3
In Prospectives in Biology and Medicine, 14 (1970), pp. 120-153.
4
Van Renselaer Potter, Bioethics. Bridge to the future, Englewood Cliffs (N.J.), 1971.
5
Warren T. Reich (a cura), Encyclopedia of Bioethics, 4 voll., Georgetown University, 1978, p. XIX. Nell’edizione del 1995 la definizione si fa più ampia:
“ lo studio sistematico delle dimensioni morali – comprendente la visione morale, le decisioni, la condotta, le politiche- delle scienze della vita e della cura della salute,
attraverso una varietà di metodologie etiche in un contesto interdisciplinare”, vol. I, pag. 21.
6
Si intende per mondo occidentale tutti i contesti in cui l’etnia, la lingua, la religione, l’organizzazione sociale e la cultura sono di origine europea.
7
Ramón Lucas Lucas, Bioetica per tutti, San Paolo, Milano 2002, p. 6.
8
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Educare i giovani alla mondialità dei valori della bioetica: la pedabioetica
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
precarietà, dalla discontinuità. In questo mondo dominato dalla
confusione e non più dal telos.
Conclusione immediata di ordine antropologico e spirituale è che
non si cerca più di indagare sui sistemi che offrono una spiegazione unitaria del mondo e dell’uomo mentre l’accento viene
posto subito sull’individualità e sulla singolarità che viene a sommarsi con altre individualità e altre singolarità rifiutandosi a una
composizione armonica, comunionale, per perdersi nell’illusione
del composito del mosaico, dove viene offerta l’illusione di un
disegno armonico che in realtà è fragile in sé perché composto
da mille pezzi estranei l’uno all’altro. In questa realtà soprattutto
l’adolescente, sensibile alle ferite intime dell’anima, finisce con il
costruirsi e decostruirsi continuamenete: nasce la schizofrenia.
La pedabioetica assume un ruolo importantissimo perché, richiamando ai valori universali condivisi, perché prima di tutto originati
dalla natura dell’uomo, invita l’adolescente alla permanenza di sé
per nei naturali mutamenti delle età e delle esperienze di vita.
Ma per questo c’è bisogno di modelli.
partire dall’antropologia filosofica per finire ad una bioetica illuminata dalla fede, entro la quale devono essere inquadrati e
valorizzati eticamente i grandi temi del valore della vita fisica corporea, dell’amore coniugale, della procreazione, della fertilità,
della libertà, della malattia, del dolore…
Si tratta di ridare senso teologico al discorso morale rendendolo atto a dialogare con l’etica laica. “La fede tutto rischiara di
una luce nuova e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo e perciò orienta la mente verso soluzioni pienamente umane”8.
La Pedabioetica: educare
i giovani alla mondialità
dei valori della bioetica
Il punto centrale della bioetica è la qualità della vita che comporta relazione armoniosa tra anima e corpo, tra fisicità e psichicità.
Questa armonia di relazioni si avverte soprattutto nell’età preadolescenziale e adolescenziale: quanto oggi la vita dell’adolescente è una vita di qualità e in che modo lui si impegna perché
lo sia? Chi deve educare l’adolescente a questi valori bioetici che
sono mondiali, cioè universali? Qual è l’età giusta per affrontare
temi quali l’eutanasia, il suicidio, la clonazione, le malattie sessualmente trasmesse, l’alcolismo, la tossicodipendenza, ecc?
Quale il metodo?
La pedabioetica dovrebbe diventare un impegno centrale nella
proposta educativa diretta al mondo dell’adolescenza.
L’educazione alla bioetica deve essere compito specifico della
famiglia e della scuola, che dovrebbero sentire il desiderio, a
volte anche inconscio, dei ragazzi e degli adolescenti di comporre la loro identità mettendo ordine nella propria esistenza. Il
linguaggio degli adolescenti è spesso un linguaggio silenzioso,
interiore -anche oggi nell’epoca della comunicazione di massa,
o forse proprio oggi!-, di difficile comprensione e che perciò
mette in crisi il ruolo naturale di educatori della famiglia e della
scuola.
Ma oggi sono in crisi, prima ancora delle persone –nel nostro
caso gli adolescenti- le stesse istituzioni educative di base: la
famiglia e la scuola. In un certo senso metteremmo qui anche
certe istituzioni ecclesiali rivolte all’educazione del mondo adolescenziale. In un mondo dominato dalla postmodernità, che produce cambiamenti e mutazioni sempre più veloci e nevrotici,
dove l’attenzione e l’ansia non vanno ormai più ai cambiamenti
in sé ma alla velocità con cui questi avvengono, si avverte l’urgenza di tornare ai modelli.
La postmodernità che vive il mondo adolescenziale è caratterizzata dal passaggio della società dal sistema ai frammenti, cioè la
realtà non si spiega all’interno di un orizzonte che la integra, la
vita dell’uomo, come la natura stessa, è segnata dal caos, dalla
8
L’urgenza dei modelli
Il modello è l’indicazione codificata di un comportamento. Il
modello sta fra la teoria e l’osservazione; è come una bozza che
però non fa solo intravedere ma realizza anche un’immagine
adeguata; costituisce una visione della realtà partendo da una
precisa prospettiva. La cultura fornisce modelli di comportamento, per questo diventa come un progetto di vita per cui una
società si adatta al proprio ambiente ideologico, fisico, sociale.
La cultura, nel nostro caso, è il codice di comportamento di un
gruppo, è l’insieme delle regole di una comunità.
La società deriva da gruppi umani organizzati, che interagiscono
tra loro, autosufficienti e continui attraverso generazioni. Essa si
esprime sia in un piccolo gruppo, come la famiglia, che in uno
vastissimo, come la nazione. La cultura, verificata come eredità
sociale, si chiama tradizione. Esiste uno stretto legame tra cultura e società, tra il codice di comportamento e il modo di agire di
fatto. Il luogo del cambiamento culturale è la mente dell’individuo, per questo l’impegno per il cambiamento è di natura psicologica e pedagogica, fatto cioè di comunicazione e di educazione, quindi spirituale.
Nel nostro caso è necessario andare al cuore e alla mente degli
adolescenti per scoprire i concetti che coltivano sui problemi
essenziali quali la vita, la salute, la moralità, per raggiungere
anche il campo medico e quello biologico: è la bioetica che si
pone essa stessa come processo educativo e formativo, la
pedabioetica appunto. Alla base dell’educazione dell’adolescente vi devono essere persone capaci di analizzare nella loro
mente e di riformulare i modelli per dare senso pieno alla vita
nelle sue dimensioni più vere. Questo processo educativo così
Gaudium et Spes, Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II su La Chiesa nel mondo contemporaneo, n. 11.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
delineato farà nascere l’esigenza di una riflessione filosoficomorale che si aprirà alla teologia in sé per la ricerca di senso
che le è naturale.
do la pace si pongono le premesse per un autentico umanesimo
integrale…Perché creato a immagine di Dio, l’individuo umano
ha la dignità di persona; non è soltanto qualche cosa ma qualcuno, capace di conoscersi, di possedersi, di liberamente …”10.
L’ adolescente alla riscoperta
dell’uomo, valore fondamentale
L’approdo dell’adolescente alla
riflessione sui valori universali
Attraverso questo cammino educativo ai valori universali l’adolescente approfondirà la propria riflessione alla scoperta compiuta
di se stesso come persona perché “l’uomo è l’unico essere in cui
la vita diventa capace di riflessione su di sé, di autodeterminazione, l’unico vivente che ha la capacità di cogliere e scoprire il
senso delle cose e di dare senso alle sue espressioni e al suo linguaggio cosciente. Ragione, libertà, coscienza rappresentano,
per dirla con Popper, una creazione emergente irriducibile al flusso delle leggi cosmiche ed evoluzionistiche. Ciò in grazia di un’anima spirituale che informa e dà vita alla sua realtà corporea e
dalla quale il corpo è contenuto e strutturato… In ogni uomo, in
ogni persona umana, il tutto si ricapitola e prende senso, ma il
cosmo nello stesso è travalicato e trasceso. In ogni uomo sta
racchiuso il senso dell’universo e tutto il valore dell’umanità: la
persona umana è un’unità, un tutto e non una parte di un tutto…
Di fronte ad ogni riflessione razionale anche laica la persona
umana si presenta come il punto di riferimento, il fine e non il
mezzo, la realtà trascendente per l’economia, il diritto e la storia
stessa. Non si deve pensare che sul discorso di etica medica, o
bioetica che sia, queste premesse di ordine filosofico siano pura
astrazione, perché sia l’etica che la medicina hanno per destinazione l’uomo nella sua pienezza di valori”9.
“Rispettando la persona umana si promuove la pace, e costruen-
9
Quando si riesce a educare l’adolescente ai valori universali, alla
bioetica, lui stesso ritroverà in sé come persona l’uomo che
implicitamente o esplicitamente è all’opera nelle scelte quotidiane della sua vita determinando modelli di comportamento, criteri di apprezzamento e motivazioni dell’agire. Su questo orizzonte
“non è la stessa cosa considerare la vita come dono o considerarla come un semplice oggetto di consumo. Non è la stessa
cosa considerare la sofferenza come il male radicale da evitare
a qualsiasi costo, o considerarla invece come un momento di
prova che rivela la costitutiva fragilità della vita dell’uomo. Non è
la stessa cosa considerare la morte come una cosa oscena di
cui è vergognoso parlare o considerarla invece come un aspetto
da integrare nella propria esistenza…11. Fondare un intervento
coordinato a partire dalla difesa della vita umana significa sintonizzare tutte le forze in campo su un obiettivo che naturalmente
è comune e condiviso; significa azzerare gli interessi e marciare
verso la reale promozione umana.
L’adolescente di oggi è già l’uomo di domani.
Educarlo ai valori universali è garantire il futuro stesso dell’umanità.
La sfida è urgente e drammatica. Non c’è tempo da perdere per
tutti gli educatori.
E. Sgreccia, Manuale di bioetica3, .Vita e Pensiero, Milano 2000, p. 27.
10
Benedetto XVI, La persona umana, cuore della pace, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2007, in: L’Osservatore Romano, 13 dicembre 2006, pag. 4.
11
Corrado Viafora, Un quadro storico e sistematico, in Corrado Viafora (a cura), Vent’anni di Bioetica, Fondazione Lanza - Gregoriana Libreria Editrice, Padova 1990, pagg. 59-60.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Dal dolore all’impegno
Mario Congiusta
Papà di Gianluca Congiusta, vittima innocente della mafia, Siderno
Dal dolore all’impegno
Dal dolore all’impegno, dal dramma privato della sofferenza,
all’attività pubblica nell’associazionismo antimafia.
Tanti morti e tanto sangue, ma anche speranza e fiducia nel futuro.
Probabilmente ne avrete sentito parlare dalla stampa, non pretendo lo ricordiate, perché l’importanza che si dà a questo tipo di
notizia è pressoché irrilevante. L’informazione ha l’assurda pretesa di presentare in un freddo e banale titolo di cronaca la morte.
Morte fisica, morte morale, morte di valori, di speranze, di progetti, d’ideali. Ma io dovrei chiamarla “ per quanto ancora oggi
mi viene difficile, con il suo vero nome “: omicidio.
Solo oggi a distanza di più di un anno ho avuto il coraggio di
mettere su carta, l’inferno che ho dentro, di raccontare ciò che ho
passato, e che mi ha cambiata, segnata irrimediabilmente
Prima, mi terrorrizava solo l’idea di parlarne, perché significava
prenderne coscienza, ammettere che era accaduto, realizzare
che era tutto vero e non solo un incubo nel quale mi ero convinta di essere, attendendo un risveglio che molto crudelmente tardava ad arrivare.
Oggi quel risveglio è arrivato, ma purtroppo è solo la schiacciante riconferma dell’incubo. È la fine.
Solo oggi riesco a confrontarmi con la realtà che ho nascosto a
me stessa per mesi, vivendo quasi sotto l’effetto di un anestesia
paralizzante, oggi riesco a dirlo: Luca non c’è più, me lo hanno
ucciso…
In Calabria prima di quello che è stato definito l’omicidio eccellente dell’Onorevole Franco Fortugno, si è consumata un'altra
devastante tragedia che ha scosso come mai prima un intera
comunità, che ha calato il sipario in uno dei paesi della Calabria
che si era sempre distinto, quel paese era il mio paese: Siderno.
Dico era, perché oggi nonostante io fisicamente sia ancora qui,
non ho nessun senso di appartenenza. Siderno era andata alla
ribalta delle cronache non solo per gli squallidi fatti di mafia ma
per lo splendido mare, per la vivacità dei cittadini, per l’intraprendenza dei tanti ragazzi che portavano avanti progetti di cultura, di turismo, di arte, portavano il progresso in quella che troppe volte è stata definita una terra bruciata.
Ma il 24 Maggio del 2005 Siderno si è spenta, è ritornata ad
essere quella terra capace solo di generare mostri.
“Hanno ucciso uno di noi “ questa è la frase che i sidernesi increduli si ripetevano quasi a doversene convincere. Questa è la
frase che continua a risuonare nella mia mente e che in un crescendo insostenibile di sensazioni, di suoni, di odori, di sgomento mi riporta a quella sera, a quella maledetta sera, a quella
Il dolore
Ventiquattro maggio 2005 viene ucciso a Siderno Gianluca
Congiusta, mio figlio.
Racconterò il dolore, con quanto ha scritto mia figlia Roberta,
una delle sorelle di Gianluca, iniziando il suo scritto nel mese di
giugno 2006 e terminandolo in settembre.
24 Maggio 2005
Era una grigia sera di fine maggio, quell’anno si respirava un’aria strana, l’estate tardava ad arrivare, c’era una pioggerella pressante ed un vento pungente sembrava voler presagire qualcosa.
Quella sera ero a casa di amici e mentre ci intrattenevamo sul
pianerottolo per gli ultimi saluti, tra una battuta e l’altra, lo squillo
del telefono impietoso, impertinente, dirompe quell’atmosfera di
serena quotidianità. Fu quella telefonata, quella frazione di
secondo che separa la dolce inconsapevolezza dall’agghiacciante scoperta, che mi cambiò per sempre la vita. Da lì in poi la
corsa, la disperazione, il buio fino a quel tragico incontro con la
morte, si, la morte. La dama avvolta nel suo manto nero, si era
presentata all’appuntamento nella maniera più crudele e disumana…
Il mio nome è Roberta, sono la sorella di Gianluca Congiusta, sin
da bambina mi è sempre piaciuto presentarmi così, ho sempre
contraddistinto la mia identità, non con il cognome, ma con il
senso di appartenenza a Luca. Ero lusingata ed orgogliosa di
farlo, e durante il mio racconto ne capirete i motivi. Vi scrivo,
augurandomi che la sensibilità che avete sempre dimostrato nel
porre la vostra attenzione su storie e su tragedie di gente comune, mi possa essere di aiuto. D’aiuto nel superare, nell’elaborare
una catastrofe che ha colpito la mia famiglia il 24 Maggio del
2005, divorando le nostre vite, distruggendo i nostri ideali, deturpando i nostri cuori, i nostri volti, rendendo nullo il nostro vissuto.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
davanti alle stragi che si consumano fuori dall’Italia, dice “vabbè
tanto siamo lontani”!!!!!
L’Italia fa parte del mondo, come la Calabria è parte d’Italia, e
non è più tollerabile l’indifferenza di quanti ascoltano asettici una
notizia di cruda cronaca calabrese, traendo come unica riflessione: ” quest’estate le vacanze le facciamo da un’altra parte”.
Tutta questa gente non ha idea, non si rende conto a quale tetro
spettacolo sta assistendo, a quante vite distrutte si celano dietro
il trafiletto di un quotidiano. Io però, non posso fargliene una
colpa, perché finché non si guarderà da un’altra prospettiva, finché ci si limiterà ad un immobile sdegno, finché non si avrà la
volontà di modificare gli atteggiamenti, finché non si è colpiti
direttamente, purtroppo, si sentirà la notizia, ma non si potranno
udire le urla di dolore.
Ed è per questo che ho deciso di scrivere, per gridare il macabro spettacolo della Calabria, raccontando il macabro spettacolo al quale la mia famiglia ha dovuto assistere.
Quand’è che qualcuno prenderà provvedimenti?
Quand’è che ci si renderà conto che qui oramai sono necessari
interventi speciali, quegli interventi di cui si fa tanta sana demagogia, ma che non si mettono in atto, se non in quei particolari
periodi definiti d’emergenza, qui l’emergenza è quotidiana, è
assurdo aspettare che scorra altro sangue…
Sono talmente tante le cose, le vite che devo rappresentarvi, che
la penna va sola, spedita, con l’angoscia che non esistano parole a sufficienza, e con la certezza che le mie capacità linguistiche
non siano all’altezza di descrivere una tale catastrofe.
Proprio per questo, vorrei rimandare la vostra memoria, alle
manifestazioni organizzate da quei ragazzi “i ragazzi di Locri“
che Voi avrete avuto modo di conoscere solo dopo la morte dell’onorevole Fortugno, ma che esistevano già da prima, solo che
prima le loro voci non si udivano, fino a quando una telecamere
del TG3 non ha deciso di inquadrare il loro ormai famoso striscione bianco, etichettandoli molto genericamente. Dietro a questo comune appellativo, ci sono volti, storie, giovani entusiasmi
stroncati, sentimenti. Non ci sono bandiere, strumentalizzazioni,
io, personalmente, per Ragazzi di Locri, intendo i ragazzi nati e
cresciuti nella locride e in Calabria non ciò che si è voluto rappresentare di questi ragazzi.
Anch’io sono una ragazza della locride ma non perché lo hanno
deciso i media ma perché nella locride sono nata e vissuta, o alla
luce dei fatti sarebbe più appropriato dire sopravvissuta. Molti di
quei ragazzi erano amici di mio fratello, molti di quei ragazzi avevano già marciato, pedalato, manifestato per Luca, urlando il loro
sdegno ma purtroppo, si è dovuti arrivare all’omicidio di un politico per accendere i riflettori su una terra nella quale l’eco del
lamento di madri, padri, sorelle, amici, fidanzate, non è mai uscito dai confini.
Ciò che più mi sdegna è che la mia famiglia pur non essendosi
piegata, pur vivendo da quel giorno in nome di una richiesta di
verità e giustizia, debba ricorrere ad avvilenti escamotage, per
essere ascoltata.
frazione di secondo nella quale si è dissolta la mia esistenza.
“Hanno ucciso mio fratello“, “Luca è morto“, e con Lui anch’io e
la mia famiglia, è morto tutto ciò che eravamo.
Sono stata ore ed ore, giorni e giorni, a ripeterlo “Hanno ucciso
mio fratello“, perché oltre al dolore disumano della perdita dovevo fare i conti con una realtà che pur vivendo in Calabria, non
conoscevo. Non volevo crederci, avevano sbagliato persona, è
stato un errore, Luca no, non è possibile. Luca era uno di noi. Era
uno di quei pochi ragazzi intraprendenti, vorace di vita, ambizioso, impegnato nel sociale e per il sociale, Luca era il paese.
Anche se giovanissimo, Luca era il simbolo del cambiamento.
Sbaglio a dire era, Luca è, perché da quella notte il cambiamento
ha avuto inizio. Per la prima volta, paesi interi, adulti, bambini,
anziani, malati, ricchi e poveri, hanno iniziato a far sentire la rabbia
verso quel diavolo che assoggetta, uccide, distrugge: la mafia.
I paesi della jonica si sono vestiti a lutto, i negozi di Siderno
hanno chiuso in segno di protesta, scrivendo sulle loro vetrine:
”Chiuso perché qualcuno ha rubato la vita a Gianluca”.
Quel giorno a Siderno si respirava l’odore della morte, si sentiva il
silenzio degli abissi. Sì, proprio così, ce l’hanno rubato, me l’hanno portato via in una sera di maggio, senza che io potessi abbracciarlo un’ultima volta, per le condizioni in cui lo hanno ridotto.
Un solo colpo, un solo preciso freddo, spietato colpo di lupara.
Colpo, lupara, ucciso, ma cosa sono questi termini mi chiedevo?
Cosa dicono?
Perché la gente vaneggia?
Cosa centra con noi tutto questo?
Noi siamo una normalissima famiglia di commercianti, lavoriamo
da tre generazioni nello stesso settore, non siamo appetibili economicamente, non siamo in politica, nessun macchinoso sistema
mafioso ci ha mai sfiorato. Abbiamo sempre vissuto nell’onestà,
nella legalità, nel rispetto dei valori umani, senza fare mai distinzione, tra ricchi e poveri, ma solo distinguendo i buoni dai cattivi.
Purtroppo, però, l’errore è stato proprio questo, considerare i
cattivi in un emisfero a parte, illudersi che fossero lontanissimi
rispetto alla nostra esistenza, ascoltare per anni i telegiornali
locali, angosciandosi per le terribili notizie, ma basiti, perché
nonostante tutto nella mia terra si viveva bene.
Era come se si stesse parlando di un’altra Calabria, una Calabria
che non conoscevo e che non avrei mai voluto conoscere.
Per anni ho ascoltato ignara, quella frase che oggi fa più male di
un colpo di lupara: Finché si uccidono tra loro !!!!!”
Oggi tutto è cambiato, nulla di quello in cui credevo ha più un
senso.
I cattivi mi vivevano accanto, mascherandosi, confondendosi tra
la brava gente, indossando giacca e cravatta di giorno, e magari un guanto nero di notte.
Non credo più che si uccidano tra loro, ma sono capaci di uccidere anche “uno di noi“, se non gli dai ciò che vogliono.
Oggi mi odio, per essere stata poco attenta, poco sensibile e
così tanto ingenua da credere che quel mondo di cui sentivo parlare solo in televisione, non mi appartenesse, come odio chi
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Dal dolore all’impegno
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Non è bastato il sangue, il sacrificio di una vita, le varie lettere
disperate di mio padre a Ciampi, a Pisanu, al Prefetto. Solo nel
momento in cui abbiamo dichiarato di astenerci dal diritto di
voto, non avendo più garantito il diritto alla vita, e solo dopo aver
raccolto migliaia di certificati elettorali, consegnatici in segno di
solidarietà, solo allora siamo stati ricevuti, solo allora qualcuno ci
ha dato udienza.
A casa nostra sono arrivate le telecamere della Rai, si stava preparando una nuova trasmissione, e leggendo la notizia Ansa:
civile protesta di una famiglia, qualcuno è stata toccato o forse
solo incuriosito dalla nostra storia.
Non mi illudo di aver destato interesse sul fronte umano, ma presumo solo per i risvolti politici che si potevano sortire.
In quei giorni arrivavano fax e lettere di solidarietà da tutta Italia,
dai tanti amici di Luca, alcuni si spingevano addirittura a suggerire l’istituzione di una taglia per chiunque avesse fornito notizie
utili agli inquirenti, ma, mio padre che dopo la tragedia ha maturato un esasperato senso per la legalità si è autodenunciato, solo
per averlo pensato.
Mentre scrivo, in televisione, una rete locale continua a mandare
in onda le immagini della “Marcia del silenzio“, che si è tenuta in
onore di mio fratello qualche giorno fa, ad un anno dalla sua
scomparsa.
Silenzio in segno di protesta, verso il silenzio delle indagini, verso
il silenzio di chi sa ma ha paura di parlare.
C’erano circa 3.000 persone, gli altri, gli spettatori erano chiusi al
buio, al sicuro nelle loro case, e sbirciavano furtivamente il corteo, dalle fessure delle persiane.
C’erano tanti palloncini bianchi con scritto “Ciao Gianluca“, c’erano i rappresentanti delle associazioni antimafia, i ragazzi di
Locri, uno striscione bianco apriva il corteo denunziando: siete
senza dignità, avete offeso una città“.
C’era la vedova Fortugno, la figlia del giudice Scopelliti arrivata
da Roma per urlare in silenzio una rabbia repressa da anni, le
famiglie delle vittime di mafia unite nel dolore, c’erano tanti bambini, c’era lo stesso assordante silenzio di un anno fa.
Osservo le immagini, ed ancora non credo che si tratti di noi,
vedo quei volti, i nostri volti solcati dalle lacrime e rabbrividisco.
Nel corteo si intravedono solo telecamere di tv locali o di ragazzini che avendo conosciuto Luca, vogliono riprendere le emozioni che è capace di dare anche ora che non c’è più, anche ad un
anno dal suo omicidio.
La morte da noi non fa più notizia, i ragazzi di Locri sono passati di moda, l’informazione di Stato non ne parla più, aspettano il
prossimo omicidio eccellente, o un’anniversario eccellente, o un
gesto esasperato di famiglie distrutte.
Tutto questo non è più accettabile.
Ed il paradosso, è che noi nella nostra disgrazia ci riteniamo fortunati, perché, anche se da pochi siamo riusciti a farci ascoltare.
La forza della disperazione ha reso le nostre proteste, seppur
civili, dirompenti, per questa terra dove il silenzio è un valore; ma
pensare a tutti quei genitori che avendo un analoga tragedia non
riescono a chiedere aiuto, per pura rassegnazione o perché relegati in paesini sperduti, mi fa impazzire.
Vorrei, costi quel che costi, rappresentare la vita e la morte di mio
fratello, vorrei che tutti conoscano Gianluca, vorrei che tutti sappiano che in un piccolo paese della Calabria, viveva una persona
speciale, un ragazzo brillante, capace solo di trasmettere una
sfrenata voglia di vita, in un tempo in cui basta poco, basta un
capriccio per sciuparla e buttarla via la vita.Vorrei che la nostra
ribellione, la nostra battaglia non sia solo nostra, ma di tutta quella società civile che in Calabria c’è, e che ha voglia di riscatto.
Oggi quel ragazzo, Luca non c’è più, lo hanno ucciso, lo hanno
fermato, hanno assassinato l’amico di tutti, ma sono degli illusi se
credono di aver vinto, perché Luca continua ad essere trainante
anche ora che non gli è concesso viverci accanto fisicamente.
Luca manca a tutti noi, Luca manca al paese, manca persino a
chi, pur non conoscendolo aveva modo di incrociare i suoi occhi,
il suo sorriso, solo passando davanti al suo negozio.
I giornali lo hanno definito il ragazzo dal sorriso contagioso.
Era una di quelle persone che sin da piccole hanno una luce particolare negli occhi, già da allora ci si rendeva conto che la sua
sarebbe stata un esistenza speciale, fuori dal comune, e così è
stato in vita come in morte.
Più volte, quasi come un avvertimento, un monito a viverlo intensamente, abbiamo rischiato di perderlo, ma tutte le volte la sua
smisurata forza, il suo essere seriamente ironico con la vita avevano vinto, contro un destino che oggi, alla luce di quanto accaduto sembra essersi preso gioco di noi, ma forse non di Lui.
Lui sembrava avesse sempre saputo, lui viveva ogni momento,
ogni rapporto, ogni esperienza come fosse l’ultima, con un’intensità trascendenziale, Lui e solo Lui aveva capito il valore della
vita.Noi invece, ci nascondevamo dietro le insofferenze, dietro le
nostre banali delusioni quotidiane, additando la vita per le nostre
frustrazioni, non rendendoci conto di quanto fossimo ricchi, ricchi di vita.Ora è troppo tardi, per godere di quella favola che Lui
provava quotidianamente a raccontarci: la Vita.
Aveva una dote spiccata per guardare al mondo con altri occhi,
per guardare oltre.
Un barbone, uno zingaro, un ragazzo ritardato per Lui erano
prima di tutto delle persone, con una storia, un vissuto dalle quali
si poteva sempre imparare qualcosa.
Non si accontentava come molti di fare la carità e lavarsi la
coscienza, Lui doveva andare a fondo, doveva capire, doveva
risolvere.
C’è un ragazzo in paese, Ciccio, che prima di conoscere Luca
era un’emarginato. Ora non più.
Luca non ha rafforzato la sua miseria, facendogli l’elemosina,
Luca non lo ha allontanato, ma ha voluto capire cosa c’era dietro quella sua richiesta d’aiuto. Era una semplice richiesta d’affetto. Se ciascuno di noi con piccoli gesti provasse ogni giorno,
a guardare in faccia i più deboli, e a fare qualcosa, sono sicura
che si vivrebbe in un mondo migliore. Non lo affermo per falso
buonismo, ma perché ho vissuto fino al 24 maggio2005 con una
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
ne fossimo andati? Oggi rimpiango che non abbia concluso i
suoi studi e si sia messo a lavorare, a progettare per il progresso della sua terra, perché quella stessa terra, lo ha inghiottito.
Prima di diventare, l’abile giovane imprenditore che tutti conoscono, durante l’ultimo anno di scuola aveva dovuto lottare per
la prima volta contro un tumore, forse meno infido di quello che
a distanza di quindici anni lo ha ucciso.
Aveva solo diciassette anni, gli avevano dato un mese di vita,
anche allora un intera comunità ha pregato per Lui. Anche allora
non ci siamo arresi. Mamma e papà, si sono trasferiti a Bologna,
abbandonando le loro attività, anche in quel caso forse per salvarlo dovevamo andare via da Siderno, era come se la vita dei
calabresi avesse meno valore, qui non c’erano strutture adeguate e non ci sono ancora.
A Bologna per i miei genitori e per Luca, iniziò il calvario, un pellegrinaggio nei vari ospedali prima di individuare la malattia: una
forma leucemica fulminante, ci avevano detto.
Io ero piccola, ma non abbastanza da non capire.
Ho vissuto per due anni con i miei nonni paterni, isolandomi, irrigidendomi caratterialmente ed attendendo il suo ritorno.
Andavo a Bologna durante le vacanze scolastiche, ma soffrivo
terribilmente nel vederlo spegnersi lentamente, e nello scoprire di
volta in volta, che mamma si stava annientando, non esisteva più
nulla al di fuori di quella stanza di ospedale.
Qui in paese, parenti ed amici, si rivolgevano ai mistici di nota
fama, Natuzza Evolo o Fratel Cosimo, chiedendo aiuto per quel
bambino. Al contempo però mi guardavano proprio come oggi
con pietà e timore, dovuto all’ignoranza. All’epoca mio fratello, fu
uno dei primi casi di Leucemia in paese, e quella malattia come
tutto ciò che non si conosce, spaventa.
La gente mi guardava incuriosita e furtivamente, quasi io li potessi contagiare.
Già allora Luca ha dato prova della sua determinazione e la sua
voglia di Vita ha vinto contro la Morte.
Già allora, la mia mamma, una donnina di un metro e cinquanta,
lo ha ancorato a se, combattendo il male con l’amore, andando
contro tutte le intuizioni dei medici, seguendo il suo istinto, oltre
ovviamente alle terapie, curandolo con una medicina, che oggi è
difficile reperire: l’amore incondizionato.
Mamma gli dava da mangiare, lo massaggiava, lo faceva leggere, camminare, anche quando i medici lo sconsigliavano, continuava a farlo sentire vivo nonostante le diagnosi dicevano tutt’altro.Per quasi due anni, la casa di mamma è stata una fredda
sedia di fronte alla stanzetta asettica del reparto di ematologia
dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna.
Ancora oggi, medici ed infermieri ricordano quel ragazzino e sua
madre, portandoli da esempio.
Anche lì il percorso di Luca si è intrecciato quasi per un disegno
divino, con le vite e le morti di tanta povere gente, e di bambini
che versavano in condizioni peggiori di Lui, e non perché la loro
malattia fosse diversa, ma perché non avevano il giusto supporto e la forza di combatterla. Molti di quei bambini si legarono
persona, mio Fratello, che aveva fatto di questa teoria una regola basilare di vita. Era come se per lui non avesse importanza il
tempo che gli era concesso di vivere, purché fosse vissuto al
meglio per se e per gli altri, lasciando un segno, del suo passaggio.Con una naturalezza invidiabile, Luca propose a Ciccio di
venire a fare volantinaggio nei week-end per il nostro negozio,
facendolo sentire utile, importante per qualcuno, anche se Luca
di quei lavoretti non ne aveva sempre bisogno.
Luca andava oltre, voleva conoscere la storia, la famiglia di quel
ragazzo riusciva paradossalmente a farlo sorridere della sua
condizione.
Oggi per tutti Ciccio non è più l’emarginato, ma è l’amico di
Luca.Oggi Ciccio si sente responsabile di quello che è rimasto di
Luca, la sua famiglia.Trascorre giornate intere con noi o a far
compagnia al suo amico, al cimitero.
È diventato la nostra ombra, è diventato l’amico fedele.
Noi lo abbiamo scoperto solo dopo la morte di mio fratello, ma
Luca aveva sempre saputo chi erano i veri amici.
È dalla piccola gente che si imparano le grandi cose.
Proverò con quel poco di forza che mi è rimasta, dopo mesi di
rabbia, di umiliazioni, di sospetti, di disperazione, a raccontarvi la
sua vita, fino a quell’ultimo gesto di follia inenarrabile, compiuto
da ignoti, che lo ha spezzato al culmine della sua giovinezza, a
32 anni.Ancora oggi non ci è dato sapere chi, e soprattutto perché. Proverò a far capire quanto sia devastante il sospetto, quanto possano ferire gli sguardi incuriositi della gente oltre al dolore
disumano della perdita violenta.
Luca è nato il 19 Dicembre 1973, in una normalissima famiglia di
commercianti.
Mia madre, Donatella, che nonostante la morte nel cuore continua a dispensare sorrisi, in nome di quel sorriso spezzato, ha
sempre gestito un atelier di abiti da sposa.
Mio padre, Mario, un uomo oggi indurito dal dolore che vive una
continua lotta per la legalità, era titolare di un negozio di elettroforniture, che si tramandava di padre in figlio, e che negli anni
grazie all’intraprendenza ed all’intuizione di Luca era diventato,
leader nel settore della telefonia, dando lavoro e lustro al corso
di Siderno.
Luca, aveva frequentato il Liceo linguistico, aveva una particolare predisposizione per le lingue e per lo sport, in tutte le sue
manifestazioni.
Mio padre, lo aveva fatto viaggiare da solo sin dall’età di otto
anni, per vacanze studio o per raduni sportivi, forse perché come
tutti o quasi tutti, i padri calabresi, auspicava per il figlio un futuro brillante in altra terra. Consapevole del fatto che qui da noi
tutto ciò che semini viene distrutto, o vengono colti da altri i frutti del tuo lavoro.
Ma Luca non era il ragazzo che si accontentava di essere mantenuto da papà per il suo corso di studi, Lui doveva fare, doveva
vivere, doveva costruire, doveva correre in fretta era come se il
tempo non gli bastasse mai. Era da vigliacchi chiudere gli occhi,
ed andare via, cosa sarebbe rimasto nella sua Siderno se tutti ce
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Dal dolore all’impegno
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morbosamente a Luca, traevano slancio dal suo sorriso, dal suo
sapere ironizzare anche prima di un delicato intervento.
Luca ce l’ha fatta, contro tutto e tutti, contro ogni previsione Luca
ha vinto, e fu quell’esperienza che lo rese ancora più uomo, ed
in quanto tale amabilmente imperfetto e complesso.
Io in quegli anni vivevo tutto a distanza, tramite telefonate fiume
nelle quali le parole di conforto di mia madre non riuscivano a
nascondere, a camuffare il tono della sua voce che mi diceva altro.
Una delle immagini che è rimasta indelebile nella mia mente fu
quando entrando nella sua stanzetta d’Ospedale con le dovute
precauzione sterili, vidi in quel letto una persona che non riconoscevo in mio fratello.
La malattia lo aveva trasformato, i suoi riccioli erano caduti, gli
occhi erano incavati, pallido. Apparentemente era ingrassato per
cui mi illudevo che quello fosse un segno di ripresa senza capire che la sua nuova fisionomia era dovuta agli effetti del cortisone. La leucemia ti cambia nell’anima e nel corpo. Quel giorno
accanto a lui c’era un prete. Cosa ci fa mi chiedevo? E non osavo
formulare la domanda ad alta voce perché non volevo una risposta. Luca però con il suo solito umorismo mi guarda ed esclama:
“È venuto a farmi la comunione ”facendola passare per una cosa
normale mentre io non volevo capirne l’urgenza.
Una delle doti più preziose di Luca era ridimensionare i problemi
anche quelli apparentemente irresolubili per trovare la forza di
affrontarli.
Ho continuato a fissarlo per tutto il tempo che mi era stato concesso stargli accanto, sempre poco per una sorella consapevole del fatto che quel giorno potesse essere l’ultimo. Lui impassibile non ha mai fatto trapelare le sue paure, le sue fragilità, rimaneva lì immobile senza dare alcun segno di cedimento con il suo
libro d’inglese in mano ed il suo sorriso ironico, sembrava volesse sfidare la morte.
Ha vinto Lui, dopo quasi due anni di chemioterapia, d’interventi
anche sperimentali, dopo l‘espianto midollare e il reimpianto,
Luca è tornato a Siderno, è tornato da me, da Alessandra la più
piccola di noi fratelli, è tornato dai suoi amici.
Il paese era in festa, casa mia era un via vai di parenti, conoscenti, che volevano accertarsi personalmente delle condizioni di
Luca, volevano vedere con i propri occhi che Luca ce l’aveva
fatta. Si, proprio cosi, Luca non solo aveva vinto la malattia ma
anche in quelle condizioni non aveva sprecato un solo istante di
vita. Si informava, divorava libri, studiava quanto più poteva
(quando gli effetti della chemio glielo concedevano) per recuperare gli anni di scuola persi e per prepararsi alla maturità.
Dal suo rientro in paese, la sua vita fu un susseguirsi di sfide,
anche quando non era il destino a presentargliele, era Lui che
doveva mettersi continuamente in gioco.
Inizia il suo percorso universitario con la consapevolezza di non
portarlo a termine perché la sua famiglia aveva bisogno di Lui,
ma con la ferma convinzione che anche quell’esperienza, seppur
breve, poteva essergli utile, così fu. Dopo un anno di frequentazione universitaria presso la Facoltà di Scienze Politiche a
Messina, senza però mai smettere di lavorare, torna definitivamente a casa ed inizia a progettare, a costruire per se, per la sua
famiglia, per la sua terra. Era un vulcano in continua eruzione.
A casa trova una situazione familiare e commerciale fallimentare,
ma questo non lo scoraggia. Prende le redini dell’attività di mio
padre e forte delle sue intuizioni commerciali, nel giro di due anni
crea un’azienda la “GC”. Tre Centri Tim, uno a Siderno, uno a
Locri ed uno a Marina di Gioiosa Ionica, paesi della costa Ionica
collegati urbanisticamente l’uno all’altro. Diventa Master Dealer
per Tim (massimo livello raggiungibile nel settore della telefonia
mobile), e crea venti Sub-affiliati nei paesi che vanno da Reggio
Calabria a Soverato.
Anch’io negli anni successivi abbandonai gli studi per contribuire alla ripresa, Luca mi affidò La gestione del negozio di Marina
di Gioiosa Ionica, mio padre curava il Centro Tim di Locri, mentre Katia, la sua fidanzata lo affiancava al negozio di Siderno,
sede principale. In poco tempo, sfruttando la fama del suo marchio, Luca si fece promotore e sponsor di ogni iniziativa e manifestazione di sviluppo e turismo nella Locride, riuscendo sempre
a dare un valore aggiunto ad ogni iniziativa: la beneficenza.
La sua attenzione era rivolta in particolar modo ai bambini, ai
disabili, ai disagiati, a quel mondo parallelo spesso ignorato per
comodità, il mondo dei deboli.
Nulla per Luca doveva essere fine a se stesso, guai a considerare un’attività commerciale solo come mera fonte di guadagno.
Collezionò coppe e targhe di gratitudine, che valgono più di ogni
altro trofeo al valore sportivo o professionale.
Il suo negozio era diventato un punto di riferimento, un ritrovo per
adulti e bambini che si rivolgevano a Lui per i motivi più disparati, dall’organizzazione di un torneo di Basket ad un semplice consiglio per il primo appuntamento, agli sfoghi per incomprensioni
con i professori, alle richieste di mediazione con i genitori per
avere il permesso di una vacanza studio.
La gente non entrava nel suo negozio solo per acquistare ma per
vederlo e per iniziare la giornata con un sorriso, con il suo saper
essere seriamente divertente.
Aveva un carisma particolare, un autocontrollo invidiabile, una
carica vitale coinvolgente. Luca era l’amico di tutti perché riusciva a rendere ogni incontro anche il più occasionale, speciale.
Riusciva a vivere la vita come andrebbe vissuta, con Passione,
entusiasmandosi per e con gli eventi e non lasciandosi semplicemente trasportare da essi.
C’è una preghiera, la preghiera di un padre, di Douglas Mac
Arthur che sembra scritta per Lui:
“Dammi un figlio, Signore, che sia abbastanza forte da riconoscere la sua debolezza ed abbastanza coraggioso da affrontare
se stesso davanti alla paura.
Dagli la forza di restare in piedi, dopo una sconfitta onorevole,
così come la forza di restare umile e semplice dopo la vittoria.
Dammi un figlio, Signore, in cui i desideri non rimpiazzino le azioni, un figlio che Ti conosca e sappia conoscere se stesso.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
quella sua pulizia, quella sua carica emotiva aveva conquistato
anche Loro, e sino a quel momento lo avevano risparmiato.
Loro, non so chi siano, non so individuarne i volti, Loro, i mafiosi
che molto generalmente si indicano con i cognomi delle famiglie
che storicamente appartengono a queste incivili forme associative, ma chi ha la certezza che l’uno o l’altro tuo compaesano ne
faccia parte?
Per anni abbiamo creduto che a Siderno e a Marina di Gioiosa
Ionica si potesse vivere e lavorare bene, non c’era confronto con
Locri che seppur a soli quattro chilometri di distanza, presentava
uno scenario sociale, commerciale, completamente diverso. Una
mentalità chiusa, retrograda, fondata su retaggi di una mafia primitiva, dove rischi di perdere la vita se non dai la precedenza,
dove la tua unica colpa e non conoscere chi hai di fronte. Per
anni ci siamo illusi di aver superato quella parentesi di soprusi,
vedevamo il nostro paese Siderno progredire ed eravamo orgogliosi di far parte di quella crescita, ma purtroppo era una mera
illusione. Anche Siderno era controllata da forme di potere occulto, solo che veniva esercitato in maniera diversa. Quella di
Siderno è una mafia più moderna, una mafia “colta”, una mafia
alla quale non serve fare rumore perché consapevole del proprio
potere economico. Anche qui a Siderno però ti è concesso vivere solo fino a quando la tua professione, i tuoi interessi, la tua vita
privata non si scontrano con i loro. Ancora oggi non ci è dato
sapere chi e soprattutto perché.
Dopo anni di sacrifici,di lavoro sfrenato,di imprenditoria brillante,dopo anni di aiuti , di solidarietà che Lui regalava ad insaputa
di tutti (le lettere di riconoscenza ci sono pervenute dopo quella
maledetta data) dopo anni trascorsi a costruire mattone dopo
mattone,tutto è stato cancellato,annientato con un solo disumano gesto,un solo colpo ha colpito il cuore della nostra famiglia
distruggendola per sempre.
Come tutta la sua vita anche la sua morte è stata diversa, innaturale.
Il 25 maggio i giornali titolavano: giovane imprenditore assassinato,tipica esecuzione mafiosa.
Non era un giovane imprenditore,era il giovane imprenditore, era
mio fratello, era la mia vita.
Nei giorni successivi a quella maledetta notte,i cui ricordi sono
offuscati,sia per una forma di autodifesa dal dolore, sia per i vari
sedativi assunti, forse sragionando, mi sono voluta convincere
che Luca aveva conquistato anche Loro con il suo saper essere
uomo e bambino.
Questa convinzione nasceva dal fatto che le modalità del suo omicidio,avevano delle peculiarità difficili da comprendere per chi non
vive in Calabria.La ndrangheta,uccide sfigurando,sfregiando,ti
priva della tua identità di essere umano e nei 32 omicidi impuniti
degli ultimi anni, le modalità furono pressoché identiche.
Mai meno di tre o cinque colpi per portare a termine le loro missioni
di morte. Non per Luca però, mi ripetevo autoconvincendomi che
non avesse sentito dolore, sperando che non si fosse reso conto
che sulla strada di casa quella notte c’era il diavolo ad aspettarlo.
Fa’ che percorra, Ti prego, non il sentiero dell’agiatezza e delle
comodità, ma quello dello sforzo e della sfida nella lotta contro le
difficoltà.
Insegnagli a tenersi diritto nella tempesta, ma ad avere comprensione per coloro che sono deboli.
Dammi un figlio che abbia un cuore puro ed un ideale elevato, un
figlio che sappia dominarsi prima di voler dominare gli altri, un
figlio che sappia ridere senza dimenticarsi come si fa a piangere,
senza dimenticarsi del passato.
E dopo tutto questo, Signore, dagli, Ti prego, il senso dell’umorismo, così che viva con serietà, ma sappia guardare se stesso
senza prendersi troppo sul serio.
Dagli l’umiltà che gli ricordi sempre la semplicità della vera grandezza; l’apertura di spirito della vera sapienza e la dolcezza della
vera forza.
E allora io suo padre potrò mormorare
Non ho vissuto invano”
La sua vita era una giostra, un’altalena, tra lo sfrenato lavoro, gli
impegni sociali e lo sport, tanto sport. Corsa, ciclismo, nuoto,
tennis, equitazione, calcetto… Anche lì non gli era sufficiente
praticarne solo uno, Lui doveva sperimentare, doveva mettersi
alla prova fino all’estremo. Nell’intervallo dal lavoro divorava chilometri fino allo sfinimento, quasi a voler dimostrare la sua libertà.
Libertà dalla malattia, libertà da schemi di vita precostituiti, libertà
da pregiudizi, dai bassi preconcetti. Libertà, in una terra dove
spesso la libertà di pensiero e di operato ha un prezzo troppo
alto da pagare: la vita stessa.
Dopo i primi anni di liberta commerciale, iniziarono le avvisaglie
di un contesto sociale che forse avevamo sottovalutato, o che
forse Luca consapevolmente aveva voluto sfidare.
Al Centro Tim di Locri subiamo le prime rapine a mano armata,
in tutto tre nel corso di un anno. Non ci pieghiamo e all’intimazione di chiudere o pagare il pizzo, mio padre risponde andando
in negozio scortato dai Carabinieri che lo affiancavano durante
tutto il corso della giornata lavorativa. Questo stato di cose però
non poteva durare a lungo per cui dopo qualche mese ci riproviamo e riappropriandoci del nostro tempo, del nostro negozio
riprendiamo in mano la nostra vita. Quella gente però, non
dimentica e non si arrende, dopo l’ennesima minaccia chiudiamo definitivamente l’attività a Locri.
Non è tollerabile che in Calabria un commerciante debba pagare le tasse due volte, allo Stato e all’Antistato. La nostra non fu
rassegnazione ma realismo e sopravvivenza, perché finche si
sarà da soli a denunciare, a protestare, a sdegnasi, non si potrà
mai vincere contro di Loro.
Da quell’anno decidemmo di concentrare le nostre energie sugli
altri negozi a Siderno il nostro paese e a Marina di Gioiosa Ionica,
paese di origine di mamma, rassicurati dal fatto che lì per tanti
anni nessuna forma estorsiva nessun tipo di potere corrotto ci
aveva mai soggiogati. Forse perché lì, Luca lo avevano visto crescere e lottare per la vita, forse perché quella sua spontaneità,
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Dal dolore all’impegno
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Per Luca è stato diverso,fu un unico colpo,forse sono riusciti a
sparare solo uno perché anche in quel momento il suo sguardo
li aveva bloccati. Era come se quel gesto disumano compiuto
chissà quante altre volte da quei killer, per Luca fosse troppo
Non perché la vita di mio fratello valesse più di quella di tutte le
altre vittime, ma per me ovviamente da sorella, da sorella innamorata si.
Forse non saprò mai perché, forse non saprò mai se Luca è
andato incontro alla morte consapevole,per scelta, per scelta di
valori, scelta di libertà,perché non si è piegato, o se invece paradossalmente si è trattato di un’errore di persona, unica cosa
plausibile nella follia dei primi momenti.
Cio’che purtroppo so per certo,ciò che vivo quotidianamente è
che da quella notte i miei occhi vedono solo buio,tutto è finito, dissolto, tutto ciò che prima aveva importanza ora è niente, il nulla.
Ti svegli, cammini,lavori,mangi,sorridi alla gente,ma non sei più tu.
Ogni odore, ogni suono,ogni immagine, ogni stupido vocabolo
di una banale conversazione ti riporta a quell’istante, a quell’attimo in cui ti viene comunicato che la persona che ami di più al
mondo èandata via,e non perché così era scritto nel destino ma
perché qualcuno si è arrogato il diritto di decidere della sua vita
e di conseguenza della tua.
Da quel momento qualunque sia il tempo che ti è dato
vivere,anche solo il domani ti sembra troppo senza di Lui.
Da quel momento la schiacciante consapevolezza che nulla avrà
più lo stesso sapore, ti annienta.
Piangi, ti disperi, aspetti, vaneggi ma provi a lottare,anche se
debolmente lotti per l’unica cosa che ti è rimasta: La Giustizia, La
Verità. Giorno dopo giorno provi a costruirti una nuova stabilità,
ma è solo apparente.
Ciascun membro della mia famiglia a suo modo sta conducendo una battaglia personale contro uomini senza volto e contro il
dolore.
Non oso immaginare cosa sia oggi il cuore dei miei genitori,perché se è vero che perdere un fratello in quel modo è insopportabile,è altrettanto vero che sopravvivere ad un figlio è innaturale.
Estate 2006. Cosa siamo oggi è difficile da spiegare,cosa e come
sono diventate tutte le persone la cui vita ruotava intorno a Luca
è altrettanto avvilente da descrivere. Purtroppo nella sofferenza si
è soli,il proprio dolore non è condivisibile,nessuno può capire se
non chi è stato amputato allo stesso modo di un’amore.
Per quanto ci si sforzi a spiegare non è verbalmente narrabile. Non
lo dico per presunzione ma semplicemente perché anche io nella
mia precedente condizione di normalità non potevo sapere...
Un anno prima della morte di Luca,la mia cara amica Simona
perse il padre,non per volontà di un altro essere umano,ma con
la stessa fulmineità. La sera gli dai il bacio della buona notte,ti
addormenti, la mattina non c’è più, stroncato da chissà quale
forma di attacco. Allora io non conoscevo il dolore,ma provai con
tutta me stessa a capire ad immedesimarmi, le stetti vicino giorno e notte, chiesi anche al Signore di darmi un po’ del suo dolore per alleggerirle il cuore, forse quella mia preghiera fu ascolta-
ta ma è stato veramente troppo. Oggi posso dire che nonostante gli sforzi non potevo immaginare...
È dolore allo stato puro, è dolore fisico che ti paralizza,è una
morsa che ti stringe il cuore e non accenna a mollare la presa,
non ti dà tregua se non quando la rabbia e la paura ti permettono di dormire.
Sei prigioniero in casa tua perché se solo provi ad uscire ogni
angolo, ogni strada,ogni volto,ogni insegna dei negozi, che erano
i tuoi negozi urlano ciò che eri e ciò che sei diventata.
Dopo la morte di Luca io e katia la fidanzata che rimanemmo sole
a gestire i negozi, decidemmo da quasi subito di chiudere, fu una
scelta dolorosissima, ma fu una scelta probabilmente guidata da
Luca. Non avendo un colpevole per noi erano diventati tutti potenziali colpevoli, in quelle condizioni,con quella rabbia dentro non si
può stare dietro ad un bancone ad elargire sorrisi, fingendo una
condizione di normalità, dentro ad un negozio che ancora non si
sa’ se sia stato la causa della nostra rovina.
Abbiamo cercato di incanalare la rabbia e il dolore verso un condotto che porti a qualcosa di positivo,che porti un cambiamento,che sensibilizzi quante più persone possibili verso un tarlo che
esiste da sempre e che continuerà a crescere se non ci si renderà
conto che va combattuto e non subito, se non ci si renderà conto
che vanno cambiati gli atteggiamenti, va cambiata la mentalità.
Siamo convinti che se le voci si alzano in coro forse qualcosa si
riuscirà ad ottenere, se non giustizia quantomeno fastidio verso
chi altrimenti agirebbe indisturbato.
Stiamo per costituire una fondazione dedicata a Gianluca che
avrà come prerogative principali,solidarietà e sostegno verso i più
bisognosi ed i bambini, e la promulgazione di legalità e cultura,
perché senza di esse si può essere facili prede per la criminalità.
Nonostante tutto però,nonostante provi a crearti una nuova
ragione di vita,nonostante i buoni propositi, ti chiedi se ne valga
la pena, se il tuo sforzo porterà realmente ad un cambiamento.
Quando chiudi la porta di casa, quando rimani sola con il tuo
dolore, con i tuoi ricordi,quando non sei costretta a sorridere per
non risultare pesante, ti rendi conto che è tutto fine a se stesso,
tutto ti è indifferente, ti senti diversa,cambiata,non so se in positivo o in negativo, queste tragiche esperienze possono incattivirti, abbrutirti o forse meglio sensibilizzarti.
Sono fidanzata da quindici anni con un ragazzo che ironia della
sorte porta il mio stesso cognome, Congiusta,sembra fosse tutto
scritto.Se mai avrò la fortuna di avere un figlio si chiamerà come
mio fratello, Gianluca Congiusta. Forse non è questa la motivazione giusta per sperare di avere un bambino, forse sbaglio, ma
è un tentativo di sopravvivenza, un figlio potrebbe ridarmi la
voglia di vivere, voglia che oggi non esiste,esiste solo
paura,paura di vivere, esistono solo fobie dovute al terrore di soffrire ancora, al terrore di perdere un’altra persona che ami, al terrore di non resistere.
Tutto ciò che fai lo vivi in sordina, tutto ciò che osservi è filtrato,quando cammini,quando parli, quando lavori,quando semplicemente assisti a normali scene di vita quotidiana,hai una dia-
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Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
positiva davanti a te, prima di vedere tutto il resto vedi Lui, i suoi
occhi, il suo sorriso e ti senti in colpa perché tu stai respirando e
Lui? dov’è?
Ho provato ad aggrapparmi a tutto,all’idea forse folle che in qualche modo avrei potuto mettermi in contatto con Lui, ho provato
ad aggrapparmi alla fede, ma quando c’è la rabbia dentro non ti
è possibile trovare conforto.
È da più di un anno che non vivo,che non esisto. Roberta è ferma
lì a quella notte,davanti a quella scena, la persona che ha continuato ad interpretare il suo ruolo non la riconosco. Per quanto mi
sforzi non riesco più ad uscire, non vado a fare semplicemente
una spesa,per non sentirmi osservata, compatita, giudicata, ma,
ho deciso che un significato dovrà avere tutta questa sofferenza,
dovrà portare a qualcosa di positivo,se non per noi per altri, per
evitare che riaccadano tragedie simili.
Mi fa male avvertire la sensazione che forse per gli altri per gli
estranei,siamo diventati pesanti,perché la nostra esistenza o inesistenza ruota intorno a Lui, per me è un’esigenza vitale nominarlo in tutti i miei racconti, o parlarne al presente ma mi rendo
conto che per chi non lo ha vissuto,o per chi non fa parte della
famiglia risulta opprimente, forse perché la gente preferisce sempre fingere che vada tutto bene, bè con noi non è più possibile...
Settembre 2006. Chi siamo?
Mia madre, che come Luca ha un temperamento invidiabile,è palesemente morta dentro. Continua a vivere per me e
per mia sorella,la sua esistenza è diventata una forma di
pegno. Dovrà sapere la verità,dovrà guardare negli occhi l’assassino di suo figlio,dovrà vederci serene se mai sarà possibile, e poi la sua ricompensa sarà riabbracciare Luca.
Katia, la fidanzata di Luca si è trasferita a Milano, l’odio per
questa terra che ha divorato il suo amore, è stato più forte del
disagio di vivere da sola in una grande città, senza amici
senza familiari.
Mia sorella Alessandra,la più piccolina era una persona di
una vitalità incontenibile,nonostante un suo problema di sordità,oggi faccio fatica a farla alzare dal letto, oggi anche lei
dentro è inanimata.Il suo modo di staccare la spina, di isolarsi nel mondo dei ricordi è quello di spegnere la protesi e rifugiarsi in un silenzio assordante stringendo forte a sé i vestiti
di Luca.
Mio padre, trascorre tutta la sua giornata,davanti al computer, in continuo contatto con associazioni antimafia, con i
ragazzi,con i giovani “gladiatori” che lo aiutano nell’aggiornamento costante del sito www.gianlucacongiusta.org, ha
parcheggiato il maggiolino giallo di mio fratello che ormai è
diventato un simbolo, davanti al tribunale, facendolo diventare un calendario che scandisce il tempo trascorso da
quando Luca non c’è più, mentre i suoi assassini sono ancora liberi.
Io oggi! Da piccola sentendo uno sparo pensavo ai fuochi
d’artificio, oggi udendo lo stesso tonfo,penso solo ad un
colpo di lupara.
L’unica forma di riscatto che ho,l’unico modo per provare ad evitare altre tragedie,per provare a far capire tramite le nostre esperienze che bisogna combattere non con la spada ma con la
parola, con la dignità individuale, è far conoscere a tutti, anche
fuori dai confini della mia terra,un’eroe moderno, il mio eroe, il
mio gladiatore, Luca. Sono convinta che ogni esistenza sia
unica, so che ogni forma di vita, ogni esperienza, ogni percorso
umano è un percorso speciale come è stato quello di mio fratello. Forse questo sfogo serve più a me per prendere ulteriormente coscienza di quanto è accaduto, per prendere coscienza
della vita e della morte,ma spero che leggere la mia esperienza,
la mia tragedia faccia sentire meno soli quanti hanno subito la
stessa amputazione. Il killer di mio fratello ha sparato il primo
colpo, l’indifferenza della gente ha continuato ad ucciderci.
9 Gennaio 2007
Vengono presi i presunti colpevoli dell’omicidio di Gianluca.
Sono gli appartenenti ad una cosca mafiosa dedita alle estorsioni, al traffico di droga ed altro, una di quelle cosche che ci
sono in ogni nostro paese, quelli che con la loro arroganza ci tolgono tutto anche il respiro in nome di un solo credo: il danaro.
Il movente
Gianluca si era opposto ad una estorsione tentata nei confronti
del futuro suocero.
Si può morire per questi motivi?
Si può stroncare una vita per il vile danaro?
Si può distruggere una famiglia?
Io dico no. La mia famiglia dice no.
Da questo no parte l’impegno, l’impegno continuo e costante
affinché questo non accada mai più.
Parte l’impegno a ripudiare le mafie.
Parte l’impegno a promuovere la cultura della vita e non quella
della morte. Parte l’impegno a promuovere il concetto di legalità
tra i giovani. Impegno che deve essere di tutti “Gli Onesti”, affinché questa terra piena di ingiustizia, di offese alla dignità umana,
di mancanza di libertà, possa diventare migliore.
Se tutti insieme lo vogliamo la mafia si può e si deve sconfiggere.
Tutti insieme, semplici cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell’ordine, sacerdoti, imprenditori, commercianti, sindacalisti, esponenti politici, amministratori locali dovremo
trasformare un sogno in realtà.
Il sogno?
Che i nostri figli ci chiedano “Papà cos’era la mafia?”
Ci riusciremo.
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Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Endocrinopatie e disturbi correlati
di non facile diagnosi e trattamento
in età adolescenziale:
epidemiologia, diagnosi e terapia
Giuseppe Raiola1, Vincenzo De Sanctis2, Maria Concetta Galati3, Michele De Simone4
1
U.O.S. di Auxoendocrinologia e Medicina dell’Adolescenza - U.O. di Pediatria A.O. “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro
2
U.O. di Pediatria ed Adolescentologia; Arcispedale “S. Anna”, Ferrara
3
U.O.S. Terapia delle Talassemie ed Emoglobinopatie - U.O. di Ematoncologia A.O. “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro
4
Clinica Pediatrica; Università degli Studi, L’Aquila
Riassunto
Gli autori esaminano gli aspetti edipemiologici, clinici e terapeutici di alcune endocrinopatie in età adolescenziale. Il
trauma cranico severo può danneggiare le strutture ipotalamo-ipofisarie con conseguenti anomalie della secrezione ormonale.
L’irradiazione cranica e la chemioterapia possono essere causa di disfunzione ipotalamo-ipofisaria. Molti giovani pazienti HIV positivi
presentano difetto di crescita, iperpigmentazione ed anomalie endocrine. La tiroidite di Hashimoto è una malattia autoimmune della
tiroide che può essere complicanta da una forma di encefalopatia caratterizzata da episodi recidivanti associati ad elevazioni degli specifici anticorpi anti-tiroidei; il paziente può manifestare stato confusionale, convulsioni, alterazione dello stato di coscienza, mioclonie,
tremori e disturbi dell’organo dell’udito. Ancora non è ben chiaro il meccanismo patogenetico sottostante; viene ipotizzato un meccanismo vasculitico. Buona è la risposta terapeutica agli steroidi. L’aumentata incidenza del DM2 sembra associarsi all’incremento dell’obesità tra i bambini e gli adolescenti, alla ridotta attività fisica e all’aumentata introduzione di calorie. L’identificazione e il trattamento del diabete e dell’obesità nei pazienti adolescenti rappresentano per lo specialista una problematica di particolare complessità. La
celiachia (CD) è una intolleranza permanente al glutine che causa un danno della mucosa intestinale del piccolo intestino ed è una
delle più comuni cause di cronico malassorbimento intestinale; i pazienti con CD presentano un elevato rischio di sviluppare disordini
endocrini.
L’acquisizione di chiari dati epidemiologici, diagnostici e terapeutici consentirà l’adozione di un adeguato programma di prevenzione
e gestione dei pazienti.
Parole chiave: endocrinopatie in età adolescenziale, ipopituitarismo acquisito, disfunzione endocrina e infezione da HIV,
tiroidite di Hashimoto, diabete mellito tipo 2, celiachia.
Endocrinophaty and correlate disorders of not simple diagnosis
and treatment in adolescencial age: epidemiology, diagnosis
and therapy
Summary
The Authors examine epidemiologic, clinical and therapeutical aspects concerning some endocrine diseases in adolescents. Severe traumatic brain injury (TBI) has been recognized to be associated with hypothalamo-hypophyseal impairment and subsequent abnormalities in hormone secretion; cranial irradiation and chemiotherapy can cause hypothalamic-pituitary dysfunction. Most
young patients infected by HIV show manifestations which mimic the clinical feature of endocrine dysfunction, such as growth failure,
hyperpigmentation and several endocrine abnormalities. Hashimoto’s thyroiditis is an autoimmune thyroid disease; a complication is a
Hashimoto’s encephalopathy. It is a progressive or relapsing encephalopathy associated with elevation of thyroid specific autoantibodies; characteristic clinical features are confusion, seizures, alteration in level of consciousness, stroke-like episode, myoclonus and
tremulouness and disturbances in the central part of hearing organ. Pathogenic mechanisms are not clear but probably involve autoimmune cerebral vasculitis, because the efficacy of steroids. The increased incidence of DM2 seems be to specially related to the higher
frequency of obesity among children and adolescents, combined with reduced physical activity and increased calorie intake. Coeliac
disease is a permanent intolerance to gluten that results in damage of the small intestinal mucosa, and it is one of the common causes
of chronic intestinal malabsorption in children; patients with CD are at great risk of developing endocrine disorders.
The lack of clear epidemiological data and a strong need for accepted treatment strategies point to the key role of preventive and management programme of the patients.
Key words: endocrine diseases in adolescence, acquired hypopituitarism, endocrine dysfunction and HIV infection, Hashimoto’s thyroiditis, type 2 diabetes mellitus, coeliac disease.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Introduzione
reversibile, ma se il tessuto ipotalamico o ipofisario è distrutto
(secondariamente a terapia radiante, emorragia, interventi chirurgici), la ripresa funzionale è improbabile. Altre cause, in ordine decrescente d’incidenza, sono i tumori ipotalamici, cause
infiltrative, vascolari, irradiazioni e traumi (1,2,3) (Tabella 1).
La prevalenza e l’incidenza dell’ipopituitarismo rilevata in un
gruppo di adulti spagnoli è rispettivamente di 45.5 e
4.21/100.000 abitanti (4).
L’adolescenza è una particolare fase della vita caratterizzata da
tumultuosi cambiamenti psicologici e fisici che si accompagnano ad una particolare “effervescenza” ormonale.
In questo articolo prenderemo in considerazione alcune endocrinopatie e i disturbi ad esse correlate in età adolescenziale, di non
facile diagnosi. Verranno riportati i dati epidemiologici e proposto
un approccio diagnostico e terapeutico.
b) Trauma cranico
Ipopituitarismo acquisito
Il trauma cranico (TBI) rappresenta uno dei maggiori problemi di
salute pubblica, con un’incidenza annuale di 200 casi per
100.000 abitanti; di questi almeno il 10% sono fatali e dal 20% al
40% di gravità moderata o severa (5) . La causa principale di TBI
è rappresentata dagli incidenti stradali. Negli Stati Uniti il TBI
viene considerato il principale killer e la prima causa di disabiltà
in età pediatrico-adolescenziale (6): circa 2 milioni di persone
ogni anno lo subiscono (6) e lesioni gravi e con residua invalidità
si riscontrano in circa 80.000 americani (7). In Italia 300500/100.000 abitanti/anno vengono ricoverati per TBI (8, 9) e l’incidenza è simile a quella riportata negli altri paesi europei (10). Il
pattern delle anomalie endocrine che possono far seguito al trauma cranico, varia in base al danno riportato a livello ipotalamico
e/o ipofisario anteriore, posteriore, della porzione superiore o
inferiore del peduncolo. Molti traumi di particolare severità possono danneggiare entrambe le strutture e causare un quadro di
panipopituitarismo. L’incidenza e la prevalenza della disfunzione
neuroendocrina che può far seguito al TBI, in accordo con i
L’ipopituitarismo è una condizione patologica eterogenea, causata dall’assenza o dalla riduzione permanente di uno o più ormoni
dell’ipofisi anteriore (adenoipofisi) e/o posteriore (neuropifofisi).
Le sue manifestazioni cliniche possono essere diverse a seconda del numero degli ormoni coinvolti, della rapidità dell’insorgenza e dell’età dei pazienti.
Il deficit si definisce totale se è coinvolta la funzione anteroposteriore ipofisaria, parziale quando è compromessa la secrezione solo di alcuni ormoni ipofisari; isolato o selettivo, quando
interessa un solo ormone.
a) Adenomi ipofisari
La più comune causa di ipopituitarismo acquisito è l’adenoma
ipofisario che può danneggiare le cellule pituitariche o interferire
con il loro controllo ipotalamico. L’ipopituitarismo può essere
Tabella 1. Cause di ipopituitarismo (3).
Neoplasie:
Voluminosi tumori ipofisari, craniofaringioma e altre neoplasie della regione sellare, tumori metastatici secondari
Lesioni vascolari:
Aneurismi, apoplessia ipofisaria, necrosi ischemica (S. di Sheehan)
Malformazioni:
Sindome della sella vuota, agenesia, ipoplasia dell’ipofisi, idrocefalo, encefalocele basale, anencefalia
Sindromi genetiche e forme idiopatiche:
S. di Kallmann, S. di Lawrence-Moon-Bield, S. di Prader-Willi, difetti idiopatici di uno o più fattori ipotalamici e/o ormoni ipofisari
Disordini metabolici:
emocromatosi, amiloidosi, mucopolisaccaridosi, malnutrizione
Processi infiammatori e granulomatosi:
meningoencefaliti (virali, batteriche, fungine), ipofisite linfocitaria autoimmune, sarcoidosi, istiocitosi X
Traumi cranici
Lesioni iatrogene:
interventi neurochirurgici, radioterapia, terapie ormonali (cortisonici, etc)
Cause psicogene:
amenorrea neuorogena o ipotalamica funzionale, anoressia mentale, malattie psichiatriche, sindrome da deprivazione affettiva
(nanismo psicosociale)
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Endocrinopatie e disturbi correlati di non facile diagnosi e trattamento in età adolescenziale:
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
epidemiologia, diagnosi e terapia
prospettico Italiano sull’incidenza dell’ipopituitarismo che segue
a TBI è stata riscontrata un’alterata secrezione di GH nel 25% dei
pazienti sottoposti a stimolo combinato Arginina/GHRH (23) . In
altre ricerche è stata riportata una prevalenza di GHD leggermente più bassa. Il 10% dei pazienti con TBI risultavano essere
affetti da un severo GHD quando venivano testati con
GHRH+GHRP-6 (22) o quando erano sottoposti a 2 test da stimolo (glucagone ed insulina) (19) .
Comunque le conseguenze endocrine che possono far seguito a
TBI sono subdole e non facilmente diagnosticabili. Le cause di
deficit ipofisario sono da attribuire prevalentemente al danno
vascolare ipossico-ischemico che interessa il sistema portale ipofisario, ma possono influire anche altri fattori come il trauma diretto sull’ipofisi (Tabella 2). Rilievi autoptici effettuati in pazienti deceduti per trauma cranico o emorragia subaracnoidea evidenziano
aree di necrosi o emorragia ipofisaria e rotture del peduncolo ipofisario (24-26). L’ipopituitarismo può compromettere la ripresa dal
TBI, quindi una tempestiva diagnosi e un’ adeguata terapia sostitutiva ormonale migliora drammaticamente la prognosi.
Tabella 2. Patofisiologia della vulnerabilità
ipotalamo-pituitarica.
Sito del trauma
Ipotalamo
Peduncolo
Ghiandola ipofisaria
Tipo di trauma
Trauma diretto
Insulto vascolare
Edema cerebrale
Vasospasmo
Emorragia
Ipotensione/Ipossia
Edema ipofisario
Infarto
Ischemia
recenti studi, sono particolarmente elevate: almeno una disfunzione neuroedocrina è stata riscontrata nel 35-50% dei soggetti
con TBI (11-13) . In uno studio che ha valutato la funzione ipofisaria anteriore in pazienti con diabete insipido post traumatico, la
più frequente anomalia riscontrata è stata il deficit di GH (50%),
seguito dai deficit di TSH (40%), ACTH (30%), FSH (30%) ed LH
(20%) (14).
Le anomalie neuroendocrine post traumatiche compaiono precocemente e possono progredire gradualmente nel corso dei
mesi e degli anni successivi; perciò questi soggetti necessitano
un’attenta vigilanza nel breve e lungo termine (15-17). Poiché la
ripresa (talvolta parziale) da un ipopituitarismo post-traumatico è
un evento possibile, la funzionalità ipofisaria andrebbe valutata a
3, 6 e 12 mesi dall’evento traumatico (18) .
Nell’anno successivo al trauma sono stati riscontrati vari gradi di
ipopituitarismo (13). Fra i deficit multipli ipofisari i più comuni
sono il deficit di GH e di gonadotropine (11, 15, 13). In un recente studio i deficit di GH e ACTH erano i più frequentemente
riscontrati: l’8,8% dei sopravvissuti a TBI avevano un severo deficit di GH (GHD), il 22.5% mostrava una risposta attenuata del
cortisolo dopo test da stimolo con glucagone (19) . Nel 12% dei
casi si riscontrava iperprolattinemia. Non infrequentemente l’ipotiroidismo centrale (deficit isolato di TSH) post traumatico rimane
indiagnosticato a causa della povertà, tollerabilità e non specificità dei sintomi, specie negli anziani. Il trauma cranico può essere la principale causa d’ipotiroidismo centrale isolato; la frequenza è simile a quella correlata ad adenoma ipofisario (20) . Diversi
studi dimostrano che il GHD è il primo deficit ipofisario a manifestarsi (13, 21) ; è riscontrabile, per mezzo di test dinamici, nel
10%-25% dei casi (11-13, 15, 19, 22) . Questi non correlano con
la severità del TBI valutato con la scala del coma di Glasgow
(GCS). Il test da stimolo con insulina (ITT) viene considerato il
gold standard per porre diagnosi GHD nell’adulto. In uno studio
Disfunzione ipotalamica nei
pazienti trattati per malattie
oncologiche
I pazienti trattati per tumori pediatrici hanno un aumentato rischio
(20-80%), di sviluppare una disfunzione ipotalamica-ipofisaria . I
principali fattori di rischio sono: tumori cerebrali, chirurgia del
sistema nervoso centrale, irradiazione cranica (per tumori cerebrali e leucemia), chemio e radioterapia combinate(27-29). Il
deficit di uno o più ormoni ipofisari può far seguito ad irradiazione cranica, correlato alla dose radiante alle quale l’asse ipotalamo-ipofisario è stato esposto. Alcuni lavori condotti su pazienti
con leucemia linfoblastica indicavano un’incidenza di GHD nel
24% dei soggetti sottoposti a terapia radiante cranica e nell’8%
dei pazienti non irradiati (30-32) .
Nel 45% di pazienti con neoplasie solide non cerebrali non sottoposti a irradiazione cranica è stato pure riscontrato GHD(33).
Allo scopo di valutare gli effetti della sola chemioterapia, Rose et
al. hanno esaminato 362 bambini trattati per neoplasie, sottoposti a valutazione della funzione ipotalamica-ipofisaria per aver
manifestato un’alterazione della crescita e/o dello sviluppo puberale dopo terapia antineoplastica: 31 avevano ricevuto chemioterapia e non erano affetti da tumori del sistema nervoso centrale
(18 neoplasie ematologiche e 13 tumori solidi del tronco o dell’estremità). Durante il follow-up (13.0+/-4.1 anni) è stato diagnosticato GHD in 15 pazienti (48%), ipotiroidismo centrale in 16
(52%) e anomalie dello sviluppo puberale in 10 (32%). Queste
ultime comprendevano pubertà precoce in 2 pazienti (pari al
6%), insufficienza gonadica e deficit gonadotropinico rispettivamente in 5 (19%) e 3 (11%) dei 27 pazienti in età pubere. GHD e
deficit di TSH coesistevano in 8 pazienti. (26%). Quindi l’81% (25
21
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Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
pz.) dei pazienti aveva alterazioni ormonali; in nessuno è stato
riscontrato deficit di ACTH, ADH o ipotiroidismo primario. Questi
dati indicano che una disfunzione ipotalamica può manifestarsi
anche dopo sola chemioterapia. I meccanismi rimangono ancora sconosciuti.
È stato ipotizzato un effetto dei chemioterapici sui neuroni ipotalamici, con mancato rilascio ormonale o alterata funzione inibitoria. Sicuramente un ruolo di non secondaria importanza è da
attribuire alla presenza del tumore e dei fattori predisponesti dell’ospite. In considerazione di ciò, tutti i pazienti che hanno concluso la chemioterapia necessitano di un controllo annuale della
crescita, della funzione tiroidea (fT4, TSH), dei fattori di crescita
(IGF-I e IGFBP-3) e dello sviluppo puberale.
Un’eventuale disfunzione ipotalamica dovrebbe essere ricercata
quando si osserva un rallentamento della crescita o un alterato
timing della pubertà (34) .
Tabella 3. Condizioni associate a catabolismo
della massa corporea magra.
Traumi
Ustioni
Malattie tumorali
AIDS
Sepsi
Interventi chirurgici
Severe artriti
Anoressia
Malnutrizioni
Voli spaziali
anche altri fattori come Interferon (IFN), trasforming growth factor beta (TGF-?), ciliary neurotrophic factor (CNTF), prostglandine E2, leptina e neuropeptide Y.
Fra i molteplici fattori coinvolti nelle alterazioni metaboliche degli
stati catabolici, sicuramente uno dei più significativi è la riduzione del rapporto ormoni anabolici/ormoni catabolici (50) (Tabella
4). È possibile osservare sia una riduzione dell’insulina, testosterone e IGF-I, con una riduzione della captazione del glucosio,
degli aminoacidi e della sintesi delle proteine muscolari, che una
“resistenza” a questi ormoni. Di converso, l’aumento dei livelli circolanti degli ormoni catabolici quali glucagone, catecolamine e
cortisolo, rilasciati in seguito allo stress dello stato patologico,
portano ad un aumento del catabolismo proteico e ad un’accresciuta lipolisi periferica a causa dell’ipoglicemia, contribuendo
alla perdita di massa magra secondaria all’azione delle citokine
endogene.
Il trattamento del “deperimento” della massa magra corporea
nelle malattie catabolizzanti quale AIDS, richiede di un’adeguata
terapia nutrizionale enterale e parenterale, il cui scopo è quello di
prevenire il deficit dei nutrienti e della perdita delle proteine corporee.
Vi sono sempre più evidenze che la terapia nutrizionale sia relativamente inefficace nel ridurre significativamente il breakdown
proteico negli stati catabolici (50,51). Studi delle composizione
corporea hanno riportato che molto del peso guadagnato, associato al supporto nutrizionale è dovuto principalmente ad un guadagno del grasso corporeo o di acqua extracellulare e non ad un
amento della massa magra(50-52). Inoltre, l’alimentazione enterale, oltre a causare disturbi gastroenterici, complica ulteriormente l’anoressia che frequentemente accompagna situazioni
cachetizzanti quale l’AIDS e le malattie tumorali. Sicuramente l’alimentazione parenterale permette una migliore ottimizzazione
della supplementazione nutrizionale ma espone ad un aumentato rischio di sepsi, attraverso il catetere venoso centrale, oltre al
rischio di occlusione del catetere a causa di coaguli ematici, precipitati di calcio e agglomerati di lipidi. La somministrazione di
nutrienti in eccesso rispetto alle normali richieste, può causare
Disfunzione endocrina
in pazienti con infezione da HIV
Molti giovani pazienti infettati da HIV presentano delle manifestazioni cliniche, come difetto di crescita ed iperpigmentazione, che
mimano disfunzioni endocrine; molte anomalie endocrine sono
state realmente documentate (35-41) . I disordini sono probabilmente causati dalla stessa infezione da HIV, da infezioni opportunistiche o dai farmaci richiesti per trattare l’infezione e/o le sue
complicanze. Le alterazioni nel profilo delle citokine è possibile
che correlino con le anomalie della funzione tiroidea, con il metabolismo del grasso e dell’asse dell’IGF-I (41-46) . Panamonta et
al (47) in uno studio condotto su 36 pazienti (12 maschi e 24 femmine) di età compresa tra 4 e 12 anni, con severa soppressione
immunologia, hanno osservato in 10 (28%) una’alterata funzione
tiroidea; in 5 (14%) la “sindrome del malato eutiroideo” (euthyroid
sick sindrome, caratterizzata da bassi livelli di T3), in 5 ipotiroidismo compensato. I valori medi di cortisolo erano all’interno del
range di normalità. Due terzi e un terzo dei pazienti mostravano
un basso SDS rispettivamente per le IGF-I e le IGFBP-3.
Correlazioni sono state trovate tra la severità della malattia e la
funzione endocrina, tra la percentuale dei CD4+ e l’SDS delle
IGF-I e delle IGFBP-3, il T3 sierico e l’FT4. Quasi la metà dei
pazienti (44%) avevano una statura inferiore al 3°P.ile.
Statisticamente significativa era la correlazione osservata tra
l’SDS dell’altezza e l’SDS delle IGF-I, il T3 e TSH.
L’alterazione della funzione tiroidea può essere secondaria alla
severità della malattia sistemica, alla comprommisione della
funzionalità epatica, alla malnutrizione, ai farmaci e alle citokine
(48-49).
L’esaurimento o il catabolismo della massa magra si osservano
in numerose condizioni cliniche (Tabella 3). Le citokine più frequentemente implicate nella cachessia con o senza wasting syndrome sono: TNF, Interleukina 1 (IL-1) e Interleukina 6 ( Il-6), ma
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Endocrinopatie e disturbi correlati di non facile diagnosi e trattamento in età adolescenziale:
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
epidemiologia, diagnosi e terapia
dimostrato un sostanziale effetto anabolico di questa associazione ormonale, anche se le dosi impiegate erano sensibilmente
inferiori rispetto a quelle farmacologiche utilizzate negli studi precedentemente citati(56-58). Una seconda possibile spiegazione
di questa non risposta al trattamento combinato nei pazienti con
HIV, può essere una parziale resistenza in questi pazienti, all’azione del GH. Secondo McNurlan(59) la sensibilità del metabolismo proteico muscolare nei pazienti con HIV diminuisce in proporzione all’aumento della gravità della loro malattia.
Comunque la potente azione metabolica del GH e delle IGF-I
può aumentare la comparsa d’importanti effetti collaterali (per il
GH iperglicemia, insulinoresistenza, acromegalia; per le IGF-I
ipoglicemia e soppressione insulinica; per entrambi edema ed
artralgie). Altri potenziali effetti sono la promozione di crescita
tumorale (dati discordanti)(60-62) e l’aumento della mortalità per
probabile coinvolgimento della funzione immunitaria (63) .
Tabella 4. Fattori coinvolti nell’ipercatabolismo.
a) Alterato rapporto ormoni anabolici/catabolici
Ormoni anabolici
Insulina
Testosterone
Ormone della crescita
IGF-I
Ormoni catabolici
Catecolamine
Glucagone
Cortisolo
b) Ridotta sensibilità agli ormoni catabolici
c) Citokine endogene
Interleukine (IL-1, IL-6)
Tumor necrosis factor (TFNα·, TNFβ‚)
Trasforming growth factor (TGFβ‚)
Ciliary neurotrophic factor (CNTF)
Tiroidite linfocitaria
d) Altri
La tiroidite di Hashimoto è una patologia infiammatoria cronica
della ghiandola tiroidea di frequente risconto, nella quale i fattori
autoimmuni rivestono un ruolo preminente. La sua prevalenza
varia dall’1.2% negli USA allo 0.3% nel Giappone; secondo la
maggior parte degli autori l’incidenza si aggirerebbe intorno
all’1% in età scolare. Si presenta più frequentemente nel sesso
femminile (M:F = 1:4 o 5).
Complicanze neurologiche secondarie all’ipotiroidismo sono
note, circa trenta anni addietro è stata documentata un’encefalopatia in pazienti adulti con tiroidite di Hashimoto(64). E’ un
disturbo autoimmune, progressivo o con possibili ricadute. I
pazienti possono essere eutiroidei ma presentano anticorpi anti
tiroide particolarmente elevati(65); in questa situazione è possibile riscontrare un’elevazione delle proteine nel liquido cerebrospinale (nel 75% dei casi) e delle alterazioni EEGrafiche. La presentazione di questa encefalopatia può insorgere acutamente
(confusione, allucinazioni, agitazione, paranoia, apatia, isolamento sociale, accessi epilettici, coma, disfagia, emiplegia) o in
modo insidioso (demenza o psicosi). In entrambi i casi possono
essere presenti tremori. Generalmente la forma acuta si associa
ad un interessamento vasculitico, mentre la forma insidiosa si
associa ad un interessamento diffuso progressivo(65). In età
pediatrica i disturbi più frequentemente riportati sono: crisi convulsive, confusione e allucinazioni. E’ stato descritto un progressivo declino cognitivo che si manifesta con un evidente calo del
rendimento scolastico (64) . Generalmente i pazienti, nella fase
acuta, sono responsivi ad un trattamento con steroidi (metilprednisolne o prednisolone) a dosaggio elevato, nella prima fase
e poi ridotto gradualmente sino a raggiungere una dose di mantenimento che dovrà poi essere somministrata per 6 mesi. La
prognosi negli adolescenti non è buona come negli adulti, nonostante una tempestiva diagnosi e un sollecito trattamento, in
Prostglandine
E2
Leptina
Neuropeptide Y
squilibrio elettrolitico, iperglicemia e statosi epatica. La limitata
efficacia del supporto nutrizionale nel contenere la perdita della
massa magra, ha spinto la ricerca di nuovi interventi terapeutici.
E’ stata quindi focalizzata l’attenzione su agenti anabolici quali
l’insulina, il testosterone, l’ormone della crescita e le IGF-I.
Incoraggianti sono i risultati ottenuti in pazienti con malattie
tumorali e nella wasting syndrome di pazienti con infezione da
HIV (3-6 mg/die; 0.1 mg/kg/day per 12 settimane di trattamento).
Grazie a questi positivi effetti, l’FDA ha approvato, nella cachessia correlata con l’infezione da HIV, l’uso dell’rGH che va da
aggiungersi a tutti quei presidi che fanno già parte del protocollo di trattamento. Anche gli effetti anabolici delle IGF-I sono stati
ben documentati in volontari sani ed alcuni studi hanno riportato
un aumento dell’azoto totale e del bilancio proteico in pazienti
traumatizzati o con AIDS. Allo stato non vi sono applicazioni
approvate dalla FDA nelle situazioni cataboliche, ma il loro
potenziale effetto terapeutico nel trattamento di altre condizioni
come osteoporosi, diabete e malattie infiammatorie intestinali,
sono oggetto di numerosi studi. Un’altra opzione terapeutica
proposta da Kupfer(53) vede in associazione rGH e rIGF-I che,
sominstrati in volontari sottoposti a restrizione calorica, hanno
dimostrato un effetto anabolico superiore rispetto a quello tenuto con rGH o rIGF-I utilizzati singolarmente. Altri studi hanno
dimostrato come quest’associazione sia in grado di aumentare,
seppur modestamente, l’immunofuzione HIV specifica(54), così
come della massa magra(55). Altre ricerche, invece, non hanno
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
po di una condizione di iperinsulinismo secondario. Tale processo patologico verrebbe inoltre catalizzato da un terzo fattore,
l’aumentata produzione di ormone della crescita, che si verifica
nel corso della pubertà, e che accentua ulteriormente l’insulinoresistenza (76).
Con il passare del tempo l’incapacità da parte delle cellule beta
di produrre quantità d’insulina adeguate a mantenere condizioni
di euglicemia determina lo sviluppo di una condizione di franco
diabete. La diagnosi di diabete tipo 2 è suggerita dalla presenza
d’iperglicemia, iperinsulinemia, livelli elevati di peptide-C, associata all’assenza di anticorpi anti-insulina. A causa del rapido
incremento dell’insulino-resistenza indotto dalla pubertà, nell’adolescenza il diabete tipo 2 ha un periodo di “pre-diabete” (alterata tolleranza glucidica) considerevolmente più breve rispetto a
quanto descritto in pazienti adulti con diabete tipo 2. È noto,
infatti, che generalmente negli adulti il diabete non diventa un
vero e proprio diabete per molti anni, mentre nei pazienti adolescenti il passaggio tra pre-diabete e diabete avviene molto rapidamente, generalmente nell’arco di alcuni mesi (77).
L’identificazione e il trattamento del diabete e dell’obesità nei
pazienti adolescenti rappresentano per lo specialista una problematica di particolare complessità. Un approccio terapeutico
integrato che induca i pazienti a modificare le abitudini di vita
riguardanti la dieta e l’esercizio fisico, gli opportuni adattamenti a
livello psico-sociale e familiare, nonché la terapia farmacologia
(quando necessaria), offrono agli adolescenti con diabete tipo 2
il raggiungimento dell’età adulta in assenza di gravi danni secondari al diabete e quindi una vita sana e produttiva.
quanto possono residuare sequele (65) . Ancora oggi la patofisiologia della encefalopatia di Hashimoto è particolarmente
dibattuta. Tra i meccanismi ipotizzati vengono riportati: una
vasculite autoimmune cerebrale, una reazione anticorpale a livello neuronale o un effetto tossico del TRH sul sistema nervoso
centrale (66-68) .
L’encefalopatia di Hashimoto dovrebbe essere presa in considerazione in tutti i paziente che manifestano acutamente una
inspiegata encefalopatia, una emiplegia (specie se l’imaging è
normale) o un diffuso declino cognitivo. La determinazione degli
anticorpi anti-tiroide è indispensabile per porre diagnosi.
Diversi autori hanno posto l’attenzione sui disturbi dell’organo
dell’udito secondari a processi autoimmunitari (69,70). Gawron
(71) ha esaminato 30 giovani pazienti (29 femmine ed 1
maschio) con età media di 14.9 anni, affetti da tiroidite di
Hashimoto in eutiroidismo con elevati livelli di anticorpi anti-TPO.
In questi pazienti vi era un considerevole disturbo del nervo acustico e della conduzione nervosa del tronco cerebrale ai potenziali evocati uditivi: era evidente una correlazione positiva tra la
concentrazione ematica degli anticorpi TPO e l’estensione del
disturbo nella parte centrale dell’organo dell’udito.
Il Diabete tipo 2
Le modificazioni dello stile alimentare e la riduzione dell’attività
fisica contribuiscono ad incrementare la comparsa di obesità in
età pediatrica ed adolescenziale sia nei paesi sviluppati che in
quelli in via di sviluppo(72,73) . Negli USA la prevalenza di obesità tra i bambini con età compresa tra 4-12 anni dal 1998 ha raggiunto il 21.8% negli Ispanici, il 21.5% tra gli Afro-Americani e il
12.3% tra i bianchi non Ispanici (72) . In coincidenza con l’attuale epidemia di obesità si è assistito, specie negli Stati Uniti, ad un
drammatico aumento della prevalenza di diabete tipo 2 anche
negli adolescenti. Il fenomeno ha quindi una particolare evidenza epidemiologica: nel gruppo di età 10-19 anni l’incidenza è
passata da 0.7/100.000/anno nel 1982 a 7.2/100.000/anno nel
1994; nel 1982 il 5% dei ragazzi con diabete all’esordio aveva
diabete tipo 2, nel 1994 questa percentuale saliva al 40%. In uno
studio condotto nell’Arkansas, l’incidenza era 8.5 volte superiore
tra il 1998 ed il 1995. Anche in Giappone l’incidenza di diabete
tipo 2 è aumentata da 7.3/100.000 negli anni 1976-1980 a
12.1/100.000 negli anni 1981-1985, a 13.9/100.000 negli anni
1991-1995 (74). Altri fattori di rischio per lo sviluppo di diabete
tipo 2 nei giovani sono: una storia familiare positiva, sesso femminile, ritardo di crescita intrauterina, macrosomia alla nascita,
madre con diabete gravidico mal controllato. In sostanza il diabete Tipo 2 negli adolescenti si sviluppa per gli effetti combinati
di una diminuzione, su predisposizione genetica, della sensibilità
all’insulina e di un aumento, indotto dall’obesità, dell’insulinoresistenza (75,76) Questa fa sì che le cellule beta del pancreas
producano quantità crescenti d’insulina, con successivo svilup-
Celiachia
La malattia celiaca (CD), o enteropatia glutine-dipendente, è un
disturbo autoimmune caratterizzato, sul piano clinico, da una sindrome di malassorbimento e, sul piano istologico, da infiammazione, atrofia dei villi e iperplasia delle cripte della mucosa e del
piccolo intestino.
La prevalenza della celiachia è stata in passato diversamente
riportata in Europa, con medie oscillanti tra 1:1000 e 1:4000 e
con inspiegabili grosse diversità nei paesi limitrofi. La stessa
ampia variabilità veniva riportata nelle diverse regioni italiane.
L’introduzione di semplici test sierologici per la diagnosi non
invasiva della malattia, ha permesso una ridefinizione completa
della distribuzione della CD, evidenziando il fatto che si tratta di
una condizione decisamente frequente, con una prevalenza
simile in tutti i paesi del mondo ( da 1:300 a 1:80) e con uno spettro clinico polimorfo, in cui le manifestazioni gastrointestinali
possono essere marginali o addirittura assenti. Tutto ciò ha
demolito l’idea che la CD fosse una malattia sporadica e monomorfa sul piano clinico (grave distrofia, addome globoso e glutei
a borsa di tabacco).
L’alta incidenza della malattia celiaca, rispetto alla popolazione
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Endocrinopatie e disturbi correlati di non facile diagnosi e trattamento in età adolescenziale:
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epidemiologia, diagnosi e terapia
generale, nei parenti di primo grado di soggetti affetti e l’elevata
concordanza della malattia in gemelli monozigoti (vicino al 90%)
evidenzia la presenza di una componente genetica all’origine
dell’alterata reattività al glutine. La CD risulta strettamente associata alla presenza degli aplotipi HLA di classe II DQ2 e/o DQ8..
Il rischio di una CD clinicamente silente è aumentato i varie condizioni autoimmuni. Il comune background genetico spiega perché a questa patologia si possano associare diverse endocrinopatie autoimmuni come Diabete mellito tipo 1, malattie della tiroide (M. di Graves e T. di Hashimoto), Sindrome Autoimmune
Polighiandolare, ma anche ritardo della crescita, disordini ostetrici e ginecologici (comparsa del menarca in età avanzata, precoce menopausa, infertilità, aborti spontanei ed elevatissimo
rischio di morti alla nascita), disordini andrologici (ipogonadismo, infertilità e disfunzione sessuale), osteoporosi ed osteopenia (78).
Manifestazioni extraintestinali sono inoltre rappresentate da dermatite erpetiforme, alopecia, ricorrenti ulcerazioni aftose della
cavità orale, difetti dello smalto dentale, sintomi neurologici (neuropatia periferica, perdita della memoria, atassia), sindrome di
Sjogren, artrite aspecifica e artralgia (79).
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L’acquisizione di chiari dati epidemiologici, diagnostici e terapeutici sulle patologie endocrine primitive e secondarie in età
adolescenziale, permetterà al medico dell’adolescente di assumere un adeguato atteggiamento culturale sia nei confronti delle
patologie endocrine più comuni che rispetto a quelle più rare.
Tutto ciò garantirà ai nostri pazienti una corretta quanto precoce
diagnosi e, conseguentemente, adeguati terapia e follow-up
anche dinnanzi a particolari situazioni cliniche.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Le alterazioni del ciclo mestruale
nell’adolescente
Vincenzo De Sanctis, Elisa Ravaioli
Divisione di Pediatria ed Adolescentologia - Dipartimento della Riproduzione ed Accrescimento
Azienda Ospedale-Università, Arcispedale S. Anna - Ferrara
Riassunto
L’età media del menarca corrisponde a 12.4 anni. L’intervallo mestruale è di 28 giorni (± 6 giorni), la durata del flusso è pari a 5-6 giorni e la perdita media di sangue mestruale corrisponde a 30 ml. Questo lavoro descrive le
più comuni irregolarità mestruali durante l’adolescenza.
Parole chiave: menarca, alterazioni mestruali, adolescenti.
Menstrual irregularities in adolescents
Summary
The mean age of menarche in Italy is 12.4 years. The normal menstrual cycle usually consists of a mean
of 28 days (± 6 days) with a mean duration of 5 days. Normal blood loss is approximately 30 ml per cycle, with an upper
limit of 60 to 80 ml. The aim of this review is to provide assessments and details of clinical features and laboratory diagnosis of menstrual disorders in adolescents.
Key words: menarche, menstrual irregularities, adolescents.
L’adolescenza si caratterizza per una serie di eventi biologici e psicologici che intervengono in un arco di tempo relativamente breve
ed in misura che forse non è più realizzabile nella futura vita dell’individuo. Le modificazioni biologiche riguardano, in particolare,
l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi che presiede alla maturazione sessuale e raggiunge alla pubertà il culmine dello sviluppo, iniziato
nella vita fetale. Nell’ambito di tale processo è proprio in questa età
che si acquisisce la capacità procreativa (1, 2).
Questa breve rassegna descrive le alterazioni più comuni del ciclo
mestruale nei primi anni ginecologici e fornisce al lettore una guida
diagnostico-terapeutica per affrontare queste alterazioni (Tabella 1)
si-gonadi e dell’apparato genitale (utero, cervice, vagina), un adeguato sviluppo della massa corporea (in particolare della massa
grassa), la presenza di un congruo stato nutrizionale e un’attività
fisica ragionevole.
Nella maggior parte delle ragazze il menarca si verifica tra gli 11 ed
i 15 anni, in media a 12 anni con una età ossea compresa tra i 12
e i 14 anni. L’età di comparsa del menarca è influenzata da molteplici fattori: geografici, ambientali, socio-economici e genetico-razziali. Tra l’inizio dello sviluppo mammario ed il menarca intercorre
mediamente un periodo di 2 anni e mezzo. Questo intervallo può
variare per cause genetiche, fisiche, nutrizionali e ambientali ed in
seguito alla comparsa di patologie.
Nella donna in età fertile l’intervallo mestruale medio è di 28 ± 3
giorni (con variazioni da 21 a 35 giorni), la durata del flusso
mestruale è di 3-7 giorni (in media 5 giorni) e la perdita totale di
sangue mestruale è compresa tra 30 e 80 ml (in media 35 ml). I cicli
mestruali con intervalli più brevi (2-3 settimane) possono condurre,
con il tempo, ad una rilevante perdita complessiva di sangue,
anche se la perdita ematica mestruale non è particolarmente
abbondante.
Il menarca ed i primi
cicli mestruali
Il menarca costituisce l’evento cruciale dello sviluppo puberale e
della maturazione socio-emozionale che si verifica durante la
pubertà; affinché il menarca si verifichi e sia seguito da cicli
mestruali regolari è necessaria l’integrità dell’asse ipotalamo-ipofi-
28
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Le alterazioni del ciclo mestruale nell’adolescente
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Controllo ormonale di un ciclo
mestruale normale (3)
ni e progesterone che accompagna la degenerazione del corpo
luteo, priva l’endometrio del suo supporto ormonale e la mucosa
si sfalda provocando il flusso mestruale. Quando i livelli di estrogeni e progesterone, nell’ultimo periodo della fase luteinica,
cadono a valori sufficientemente bassi, il feedback negativo
viene rimosso e l’FSH comincia ad alzarsi per stimolare la maturazione di un nuovo follicolo. La durata della fase proliferativa è
variabile, mentre la fase luteale è costante (12-16 giorni). I primi
cicli mestruali solo raramente si accompagnano ad una adeguata fase luteale. La fisiologica evoluzione degli eventi endocrini
passa, infatti, attraverso diverse fasi che possono essere così
schematizzate (4):
a) fase luteale inadeguata
b) fase luteale breve (con persistente ed insufficiente maturazione follicolare, secondaria ad un deficit relativo di FSH, normale picco di LH e ridotta secrezione di progesterone).
Caratteristico del ciclo ovulatorio è un cambiamento bifasico
della temperatura corporea, mediato dalle variazioni dei livelli di
progesterone. La temperatura corporea aumenta di 0.3-0.5 °C
dopo l’ovulazione, si mantiene costante nella fase luteinica e
torna ai valori basali di 36.2-36.4 °C dopo l’inizio della mestruazione (5).
Il ciclo mestruale può essere suddiviso in 3 fasi: proliferativa,
ovulatoria e luteinica.
Fase follicolare
All’inizio del ciclo mestruale il più significativo evento endocrino è
il rialzo dell’FSH, responsabile della crescita e maturazione del
follico ovarico. Durante questo primo periodo della fase follicolare, i livelli di LH sono bassi e si mantengono relativamente
costanti. La secrezione di questo ormone è necessaria per stimolare la produzione di estrogeni da parte del follicolo in via di
sviluppo. L’incremento degli estrogeni è regolare e progressivo,
il picco viene raggiunto a metà ciclo, circa un giorno prima dell’ovulazione. Tutto ciò induce un brusco innalzamento dell’LH
(feed back positivo) ed una riduzione dei livelli di FSH.
Fase ovulatoria
Il fenomeno più significativo che si verifica a metà ciclo è l’ovulazione. Gli alti livelli di LH persistono per circa 24 ore per poi cadere a valori bassi per la rimanente durata del ciclo mestruale.
Fase luteinica
Le variazioni del ciclo mestruale
in eccesso
Dopo il rilascio dell’ovulo, le cellule della granulosa aumentano di
dimensioni per diventare una nuova unità anatomica, il corpo
luteo, il cui nome deriva dal suo aspetto giallastro per il ricco
contenuto di lipidi. Questa nuova entità produce estrogeni e progesterone, viene mantenuta in vita da entrambe le gonadotropine e va incontro a degenerazione, dopo circa 14 giorni. Se non
si instaura una gravidanza, la brusca caduta dei livelli di estroge-
Con questo termine viene indicata una perdita ematica uterina,
non dolorosa, anomala per quantità e durata, di solito conseguente ad uno squilibrio dell’assetto ormonale che regola la successione delle fasi del ciclo mestruale.
Tabella 1. Alterazioni del ciclo mestruale.
In eccesso
Menorragia
flusso mestruale di quantità eccessiva che si verifica alla data prevista, di durata non prolugata.
Metrorragia
sanguinamento uterino, variabile da perdite esigue ad un’emorragia massiva che si verifica
in qualsiasi momento del periodo intermestruale.
Menometrorragia
sanguinamento uterino eccessivo e prolungato che si verifica ad intervalli frequenti e irregolari
Polimenorrea
comparsa di flussi mestruali ad intervalli inferiori a 21 giorni
In difetto
Oligomenorrea
comparsa di flussi mestruali ad intervalli irregolari e prolungati, spesso superiori ai 35 giorni
ed inferiore a 3 mesi.
Ipomenorrea
flusso mestruale in quantità abnormalmente scarsa che compare alla data prevista, di durata normale.
Amenorrea
assenza del flusso mestruale. Se ne distinguono 2 forme: primaria (mancata comparsa del menarca
in un’adolescente di 14 anni senza sviluppo mammario, in un’adolescente di 16 anni con sviluppo
mammario, dopo più di 5 anni dall’inizio del telarca e dell’adrenarca); secondaria (mancata comparsa
del flusso mestruale dopo 6 mesi in una ragazza già mestruata, con cicli regolari, 3 cicli mestruali in
una ragazza con pregressa oligomenorrea, mancata comparsa di cicli mestruali dopo 18 mesi dal menarca).
29
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Come è possibile determinare la quantità del flusso mestruale?
Non esistono criteri ben standardizzati. Una durata superiore a 7
giorni, l’emissione di coaguli ematici, l’uso di più di 6 assorbenti
(inzuppati) al giorno e la comparsa di una anemia vengono considerate patologiche (7).
Le emorragie uterine disfunzionali si presentano comunemente
entro 2 anni dal menarca e si osservano nel 15-20% di tutte le
adolescenti con problemi ginecologici. Possono essere inquadrate in 4 distinti gruppi eziopatologici (8-12):
a) secondarie a patologia della gravidanza, patologie organiche
del tratto genitale (polipo endometriale, cisti non neoplastiche, tumori ovarici ormono-secernenti, adenocarcinoma a cellule chiare della vagina o della cervice).
Nelle cisti follicolari semplici può essere presente una abnorme attività delle cellule della teca granulosa con eccessiva
produzione di estrogeni. Nelle cisti del corpo luteo si verifica
una persistente produzione di progesterone con conseguente
ritardo della mestruazione e prolungata perdita ematica uterina. La cisti della teca luteinica è caratterizzata da una eccessiva stimolazione della teca interna e da un aumento dei livelli estrogenici.12
b) correlate ad una patologia extra-genitale (alterazioni del sistema coagulativo).
Le diatesi emorragiche che più frequentemente inducono
un’alterazione del flusso mestruale sono la porpora trombocitopenica idiopatica e la malattia di von Willebrand.8
c) correlate ad alterazioni ormonali (tiroidee, surrenaliche, ovariche, disfunzionali).
I flussi mestruali anomali, secondari a cause endocrine, sono
principalmente dovuti a situazioni disfunzionali con cicli anovulatori, secondari ad una immaturità dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi. In questi casi l’FSH induce la maturazione di follicoli con produzione di estrogeni e proliferazione endometriale. L’aumento dell’LH, tuttavia, che si verifica a metà ciclo non
è sufficiente per indurre la deiscenza del follicolo e di conseguenza la formazione del corpo luteo progesterone-secernente. L’endometrio, stimolato dagli estrogeni, continua a proliferare, successivamente, a causa dell’involuzione del follicolo, si
ha una caduta degli estrogeni e l’endometrio, sfornito del il
supporto ormonale, va incontro ad uno sfaldamento, spesso
irregolare ed incompleto che si traduce in perdite mestruali
abbondanti e/o prolungate. Questo rischio è maggiore nelle
pazienti con anovularietà persistente (8-11).
d) da cause iatrogene (farmaci che possono interferire con il
meccanismo della coagulazione od uso scorretto dei contraccettivi).
Anche se le menometrorragie, nella maggior parte dei casi, sono
di natura disfunzionale (anovulatoria), è necessario escludere le
forme secondarie ad altre patologie.
Nella nostra esperienza, relativa ad oltre 100 adolescenti con
emorragia uterina osservate negli ultimi 15 anni presso il Servizio
di Adolescentologia della Divisione Pediatrica, è stata posta dia-
gnosi di forma disfunzionale nel 70% dei casi e nel rimanente
30% di forme secondarie a patologie ovariche non neoplastiche,
disturbi della coagulazione, sindrome dell’ovaio policistico ed
obesità.
La diagnosi dei sanguinamenti uterini eccessivi è di esclusione
ed è basata sull’anamnesi, l’esame fisico generale, la diagnostica di laboratorio e per immagini.
Il trattamento dipende dal grado di anemia ed ipovolemia e dall’entità dei disturbi soggettivi (dispnea, tachicardia, ipotensione),
prodotti dal flusso mestruale frequente, irregolare od eccessivo.
Gli obiettivi terapeutici sono sostanzialmente quattro:
a) arrestare l’episodio emorragico
b) correggere l’eventuale stato anemico
c) prevenire le recidive
d) effettuare un follow up.
Le forme lievi per lo più presentano una risoluzione spontanea,
mentre quelle moderate (valore di emoglobina superiore ai 9
gr/dl) o gravi (valore di emoglobina inferiore ai 9 gr/dl o ematocrito inferiore al 25%), in cui è stata esclusa un’eziologia organica, possono essere trattate con estroprogestinici per via orale o
con medrossiprogesterone acetato (10 mg al giorno, per via
orale per 10-14 giorni) per 3-4 mesi. Il trattamento con estroprogestinici induce, nella quasi totalità dei casi, un blocco dell’episodio emorragico in 12-48 ore, con i progestinici l’effetto si ottiene in 48-72 ore in circa il 75% dei casi.
Quest’ultimo trattamento può risultare inefficace a causa di un
transitorio deficit recettoriale endometriale per il progesterone,
secondario all’immaturità dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi che
si accompagna a livelli estrogenici bassi.
Gli antifibrinolitici (acido tranexamico 2-4 gr/die) e gli antiprostaglandinici (naproxene sodico 500 mg/die) non sono farmaci di
primo impiego. Il loro uso può essere indicato per controllare
modesti difetti quantitativi del flusso mestruale (ipermenorrea,
menorragia).
Le emorragie uterine disfunzionali gravi dovranno essere trattate
con estrogeni coniugati naturali per via endovenosa (20 mg ogni
6-12 ore) seguiti da un estroprogestinico per os, per qualche
mese.
Gli estrogeni da un lato favoriscono la coagulazione del sangue
e dall’altro inducono una proliferazione endometriale che arresta
l’emorragia.
Se il sanguinamento non cessa entro 36 ore dovrà essere richiesta una consulenza ginecologica.
L’anemia dovrà essere corretta con un supplemento di ferro, per
via orale, per 3 mesi.
Dopo il blocco dell’episodio acuto, le pazienti andranno sottoposte ad un follow up per la possibilità di recidive (5-9%).
Al termine della terapia è opportuno il controllo della curva termica ed una eventuale rivalutazione endocrina allo scopo di verificare la presenza o meno di cicli ovulatori. Nel primo caso non
sarà necessario alcun trattamento, nel secondo caso si valuterà
la necessità di proseguire la terapia progestinica o di impiegare
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Le alterazioni del ciclo mestruale nell’adolescente
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
clinico, si può attendere il 2°-3° anno ginecologico prima di sottoporre la ragazza ad esami ematologici e strumentali. Se invece
sono presenti segni/sintomi sospetti per patologia, la diagnostica dovrà essere anticipata richiedendo il dosaggio delle gonadotropine, 17 beta-estradiolo, androgeni (testosterone, DHAS,
17 idrossi-progesterone, delta 4 androstenedione), SHBG ed
una ecografia pelvica (14).
La valutazione ormonale di solito permette di escludere, con una
certa sicurezza, l’oligomenorrea secondaria a cause neoplastiche. Può essere, invece, difficile definire a questa età una sindrome dell’ovaio policistico. In generale, il persistere di un quadro endocrino ed ecografico alterati con LH elevato, iperandrogenismo, anovularietà, ovaie aumentate di volume e multifollicolari, devono far pensare ad una condizione clinica “a rischio” di
evoluzione patologica, che può strutturarsi nel tempo con la classica sindrome dell’ovaio policistico.
Un atteggiamento terapeutico di attesa dovrà essere osservato
per le adolescenti con oligomenorrea post-menarcale isolata,
mentre un intervento terapeutico potrà essere attuato nelle forme
con iperandrogenismo o con evoluzione patologica del quadro
clinico e laboratoristico.
In tutti i casi bisognerà spiegare con chiarezza alla ragazza i
meccanismi che possono indurre una oligomenorrea, bisognerà
rassicurarla riguardo alla sua femminilità, sessualità e potenziale fertilità.
un induttore dell’ovulazione allo scopo di testare il grado di
maturità dei meccanismi endocrini, responsabili del feed back
positivo.
Il clomifene citrato è il farmaco più utilizzato; questo composto
svolgerebbe le seguenti azioni:
a) interagirebbe con i recettori estrogenici dei neuroni catecolaminergici del nucleo arcuato, attraverso una inibizione dell’effetto di feed back negativo degli estrogeni endogeni. In questo modo si otterrebbe una modificazione positiva della secrezione pulsatile di GnRH ed una successiva normalizzazione
della secrezione ipofisaria di gonadotropine;
b) eserciterebbe un’azione diretta sulle cellule gonadotrope,
aumentando la sensibilità delle stesse al GnRH;
c) sensibilizzerebbe le cellule della granulosa all’azione delle
gonadotropine ipofisarie;
d) incrementerebbe l’attività aromatasica a livello ovarico.
Le alterazioni del ciclo
mestruale in difetto
Oligomenorrea
Si definisce oligomenorrea un ciclo mestruale che si presenta ad
intervalli superiori ai 35 giorni ed inferiori ai 3 mesi (13, 14).
Questa alterazione si verifica molto frequentemente nei primi
anni dopo il menarca (25-35%) ed ha una prognosi non favorevole nel 43% dei casi (persistenza della irregolarità mestruale). Il
sintomo oligomenorrea, pertanto, può costituire un fattore di
rischio per l’evoluzione in policistosi ovarica (14).
I meccanismi eziopatogenetici che portano all’allungamento del
ciclo mestruale sono sostanzialmente rappresentati da (14-15):
a) alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi con fase follicolare prolungata semplice, fase follicolare prolungata con alterazioni
della fase luteale (breve e/o inadeguata), anovularietà
b) patologie ovariche, surrenaliche ed ipofisarie (prolattinomi)
c) forme secondarie a calo ponderale, patologia del comportamento alimentare, ad intensa e prolungata attività fisica, a
“stress” psicologici, a malattie sistemiche.
Per evitare i danni legati a squilibri quali/quantitativi nelle abitudini alimentari delle adolescenti, ci si riferisce comunemente ai
L.A.R.N. (livelli di assunzione giornaliera raccomandati per la
popolazione italiana) (16).
Sulla base di queste conoscenze le adolescenti con oligomenorrea che giungono all’osservazione del medico possono rientrare
in 3 grandi gruppi:
a) le adolescenti con oligomenorrea isolata
b) le adolescenti con oligomenorrea associata ad acne e/o
seborrea, irsutismo/ipertricosi, obesità.
c) le adolescenti con oligomenorrea associata a brusche variazioni ponderali, condizioni di stress, attività fisica di tipo agonistico, patologia cronica.
Se l’oligomenorrea non si accompagna ad alcun segno/sintomo
Per amenorrea primaria si definisce l’assenza di menarca (17-19):
all’età di 16 anni nell’ambito di un normale sviluppo puberale,
all’età di 14 anni se non vi sono segni iniziali di sviluppo
puberale,
se sono passati più di 5 anni dal telarca e dall’adrenarca.
Per amenorrea secondaria si intende invece l’assenza di cicli
mestruali:
per tre cicli consecutivi, se preesisteva un quadro di oligomenorrea,
per 3 mesi, nell’ambito di pregressi cicli mestruali regolari
per 18 mesi dopo il menarca.
Questa distinzione è puramente speculativa, non fornendo indicazioni eziologiche, diagnostiche o terapeutiche. L’amenorrea
sia primaria che secondaria può verificarsi nell’ambito di un ritardo generalizzato di pubertà, di una pubertà peraltro normale o di
anomalie strutturali del tratto genitale.
Un’amenorrea secondaria può essere considerata non necessariamente patologica nei primi 2 anni ginecologici, tuttavia se questa fa seguito a flussi mestruali ben stabilizzati, è preceduta da
un periodo di oligomenorrea o si accompagna a segni di iperandrogenismo, richiederà una valutazione diagnostica indipendente dall’età ginecologica della paziente.
Tra le cause più comuni di amenorrea secondaria ricorderemo il
calo ponderale, secondario alla adozione di rigorose misure dietetiche, l’attività fisica intensa e protratta (amenorrea delle atlete,
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
la gravidanza), Episodi conflittuali o situazioni di disagio o
“stress” possono interferire con i meccanismi di regolazione neuroendocrina della funzione riproduttiva e causare un’amenorrea
secondaria.
I fondamenti della valutazione clinica delle amenorree sono quelli tradizionali. Dal punto di vista diagnostico, bisognerà escludere la gravidanza e bisognerà effettuare un test al medrossiprogesterone acetato (MAP test: 10 mg/die per via orale per una settimana). La comparsa di un flusso similmestruale 2-7 giorni dopo
la sospensione del MAP (MAP positivo), può essere osservata
nelle ragazze con sindrome dell’ovaio policistico, deficit enzimatici surrenalici, tumori ovarici o surrenalici androgeno-secernenti.
Se la somministrazione del progestinico non è seguita da un flusso similmestruale (MAP negativo) dovvrebbe essere ripresa in
considerazione la possibilità di una gravidanza, esclusa questa
possibilità bisognerà pensare ad una amenorrea da causse ipotalamo-ipofisarie (ipo-normogonadotrope, normoprolattinemiche), una disgenesia ovarica con cariotipo XX/XO, un’insufficienza prematura ovarica (amenorrea ipergonadotropa, normoprolattinemica) od una iperprolattinemia.
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17. De Sanctis V. Amenorrea secondaria. In: Problemi ambulatoriali di
Medicina dell’Adolescenza. Vullo C., De Sanctis V. Eds Nuova Italia
Scientifica, Roma 1992, pag. 174
I cicli mestruali, nei primi anni ginecologici, sono regolari nel 5060% delle adolescenti, la restante parte presenta oligomenorrea
(25%), polimenorrea (10-15%) o altre irregolarità mestruali (510%). L’elevata frequenza delle irregolarità mestruali, in epoca
perimenarcale, impone al pediatra ed al medico generale , una
approfondita conoscenza della fisiopatologia dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi. In questo modo sarà possibile riconoscere,
inquadrare e trattare adeguatamente le alterazioni in eccesso o
in difetto del flusso mestruale in età adolescenziale.
18. Rosenfield R.L. Menstrual disorders in adolescence. Clin Ped N Am
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Corrispondenza:
Dr. Vincenzo De Sanctis
Divisione di Pediatria ed Adolescentologia
Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara - Arcispedale S. Anna
Corso Giovecca, 203 - 44100 Ferrara
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
L’endometriosi
P. Garofalo1, 2, F. Di Giovanni 2, D. Gullo3, R. Fiorino2, Giuseppe Raiola4
U.O. di Endocrinologia A.O. V. Cervello, Palermo; 2Centro Benesseredonna, Palermo
3
Unità di Ginecologia Endocrinologia e della Riproduzione. A.O. Villa Sofia, Palermo
4
U.O.S. di Auxoendocrinologia e Medicina dell’Adolescenza - U.O. di Pediatria, A.O. “Pugliese-Ciaccio” Catanzaro
1
Riassunto
L’endometriosi è una patologia caratterizzata dalla presenza della componente ghiandolare e stromale
dell’endometrio al di fuori dell’utero. Essa colpisce prevalentemente le ragazze dopo l’evento menarcale ma può ,in
rarissimi casi, interessare giovani in età pre-puberale. Le teorie di Meyer e di Sampson sono state sviluppate per chiarire la sua patogenesi.
I siti più frequentemente coinvolti sono: le ovaie, il peritoneo pelvico ed il cavo del Douglas.
Il dolore cronico pelvico, la dismenorrea, le irregolarità mestruali, la dispareunia sono i sintomi più frequenti. Il dolore
pelvico cronico interferisce con le attività quotidiane di queste ragazze e ha un pesante impatto sulla loro vita sociale e
di relazione.
La diagnosi è ancora difficile a causa della frequente sottovalutazione dei sintomi. L’esame fisico può essere totalmente negativo oppure mostrare una tensione addominale localizzata o generalizzata oppure dolorabilità. Occasionalmente
è possibile evidenziare masse annessiali.
Una ecografia pelvica, transvaginale se possibile, può individuare cisti o endometriomi. Soltanto la laparoscopia può
confermare sicuramente la patologia endometriosica ma abitualmente essa viene eseguita soltanto dopo il fallimento
della terapia medica.
Lo scopo primario della terapia è il controllo del dolore. Il trattamento può essere medico, e/o chirurgico. Nelle adolescenti il trattamento medico più utilizzato è quello con i contraccettivi orali. La chirurgia laparoscopica o laparotomica
è indicata nei casi resistenti al trattamento medico. La chirurgia dovrebbe comunque rispettare l’integrità dell’apparato
genitale interno per preservare la fertilità futura.
Parole chiave: endometriosi, dolore pelvico cronico, dismenorrea, endometrioma, laparoscopia.
Endometriosis
Summary
Endometriosis is a pathology characterized by the presence of the stromal and glandular component of
endometrium out of the uterus. Endometriosis usually affects post-menarchal girls but it can rarely affect pre-pubertal
girls. Different theories have been developed to explain pathogenesis of endometriosis: Meyer’s and Sampson’s one.
The most frequently involved sites are: ovaries , pelvic peritoneum and Douglas cul-de-sac. Chronic pelvic pain, dysmenorrhoea, irregular bleeding and dyspareunia are the most frequent symptoms . Cronic pelvic pain, cyclic or acyclic,
interferes with everyday activity and has a heavy impact on social life of these adolescents.
Diagnosis is still difficult because of the frequent understatement of symptoms. Physical examination can be totally negative or it can show localized or generalized pelvic tenderness or pain. Occasionally it’s possible to point out the presence of adnexal masses. An ultrasound pelvic scan, transvaginal if possible, can detect cysts or endometriomas. Only
laparoscopy can surely confirm endometriosic pathology and usually it is performed only after medical therapy failure.
The first aim of therapy is pain control . The management can be medical and/or surgical. Among medical options, in
adolescency, the most used is oral contraception. . Laparoscopic or laparotomic surgery, is performed only when every
medical therapy fails to control pain. Surgery should anyway respect the anatomic integrity of inner genital apparatus to
preserve future fertility.
Key words: endometriosis, chronic pelvic pain dysmenorrhoea, endometriomas, laparoscopy.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Introduzione
dal progesterone nell’endometrio eutopico (intrauterino) nelle
donne con endometriosi sono scarsissimi.
Le basi molecolari della resistenza al progesterone nell’endometriosi possono essere correlate ad una severa riduzione dei
livelli dei recettori del progesterone (PRs) ed ad una perdita del
recettore B del progesterone (PR-B). Nell’endometrio “normale” il progesterone induce nelle cellule stromali la secrezione di
fattori paracrini. Questi fattori, ancora non ben conosciuti, agiscono inducendo nelle cellule epiteliali l’espressione di enzimi
che metabolizzano la forma biologicamente attiva dell’estrogeno E2 ed E1.
Nel tessuto endometriosico il progesterone non induce l’espressione di questi enzimi (17β-idrossi-deidrogenasi).
L’incapacità da parte delle cellule stromali dell’endometrio atopico a produrre fattori paracrini indotti dal progesterone stimolanti la produzione di enzimi può essere dovuta alla perdita dei
recettori al progesterone B e A condizione osservata nei tessuto endometriosico in vivo. Il risultato finale si concretizza in un
alterato metabolismo dell’estradiolo determinante un aumento
della sua concentrazione locale con accresciuto effetto mitogeno e pro-infiammatorio.
L’endometriosi è una condizione patologica caratterizzata
dalla presenza delle componenti ghiandolare e stromale dell’endometrio al di fuori dell’utero. Colpisce prevalentemente le
donne post-pubere ma è documentata, molto raramente,
anche in età pre-menarcale.
Le principali sedi di localizzazione sono l’ovaio spesso bilateralmente, il peritoneo ed il cavo del Douglas, il setto retto-vaginale ed i legamenti utero-sacrali, con minore frequenza abbiamo un inte-ressamento dell’intestino, dell’apparato urinario ed
in sede di cicatrici della parete addominale.
Diverse teorie sono state, nel tempo, sviluppate per chiarire l’eziopatogenesi e la diffusione della malattia :
1. La teoria “ metaplastica” di Meyer ( 1919) (1).
2. La teoria “del reflusso” di Sampson (1927) (2).
3. La teoria “vascolare”: suggerisce che il tessuto endometriale possa “viaggiare“ attraverso i vasi così raggiungendo così
vari siti dove riuscirebbe ad impiantarsi e crescere.
4. La teoria “dell’immunità cellulare”, proposta più recentemente, ipotizza che una deficienza del sistema immunitario permetterebbe all’endometrio atopico di impiantarsi in sedi eterotopiche e proliferare.
La teoria di Meyer (metaplasica) prevede la trasformazione di
cellule del peritoneo di origine mesoteliale in cellule endometriali con colonizzazione del peritoneo e degli organi pelvici.
La teoria di Sampson o metastatica (al momento più accreditata) ipotizza una correlazione tra il flusso retrogrado mestruale,
normalmente presente in condizione di pervietà tubarica, e l’insorgenza della malattia. I frustoli di tessuto endometriale refluiti in cavità peritoneale darebbero origine ai focolai endometriosici. La localizzazione, gravitaria, dei focolai endometriosici ed
il maggiore rischio relativo di sviluppare la patologie delle
donne con malformazioni ostruttive del tratto genitale inferiore
danno spessore ed ulteriore credibilità alla teoria di Sampson.
Tuttavia questa teoria, avente come presupposto il flusso retrogrado dei frustoli endometriali non riesce a spiegare la presenza (molto rara) dell’endometriosi nelle giovani pre-pubere.
La malattia endometriosica è considerata un disordine estrogeno-dipendente pertanto è in corso una discussione controversa riguardo le correlazioni tra essa ed i polimorfismi del recettore estrogenico α (ER α) (3).
È stata altresì ipotizzata da alcuni ricercatori (4) la presenza di
una resistenza al progesterone nelle pazienti con endometriosi,
tale condizione è correlata alla mancata o ridotta metabolizzazione dell’estradiolo (E2), estrogeno a maggiore attività biologica ed importante fattore mitogeno, in e-strone (E1) con minore
attività biologica.
Il progesterone ed i progestinici possono ridurre il dolore limitando la crescita ed il processo infiammatorio ma una parte di
pazienti con endometriosi e dolore pelvico non risponde a questo trattamento. Comunque i cambiamenti molecolari indotti
Sintomatologia
Il sintomo più frequente in età adolescenziale è il dolore pelvico, ciclico od aciclico, cronico spesso “liquidato” dai genitori e
dalle coetanee come facente parte “dell’essere donne”. È
molto frequen-te la dismenorrea progressivamente ingravescente con irradiazione al perineo ed agli arti inferiori protraentesi anche diversi giorni dopo la cessazione del flusso mestruale. Alla dismenorrea si associa frequentemente il dolore intermestruale sovente a metà ciclo.
Il corteo sintomatologico concomitante può essere costituito da
irregolarità mestruali, dispareunia profonda (coitale), nausea,
stitichezza o diarrea in periodo mestruale. Il dolore cronico, frequentemente non correlato all’entità ed alla diffusione della
patologia, ha un importante impatto sulle attività quotidiane
(assenteismo scolastico) e nella vita di relazione dell’adolescente. Il sintomo algico protraentesi nel tempo e non responsivo ai farmaci di automedicazione (FANS) potrebbe determinare vari stati di alterazione psicologica, dalla semplice ansia
con sindrome premestruale sino a forme depressive anche di
una certa rilevanza, tale situazione che potrebbe anche determinare l’esigenza di un ulteriore supporto psicologico e farmacologico (5).
Il dolore cronico datante oltre sei mesi deve rappresentare il
campanello di allarme per il sanitario al quale la paziente giunge in osservazione generalmente dopo il fallimento dell’automedicazione.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
L’endometriosi
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Eziopatogenesi del dolore
e correlazione tra dolore
e mediatori
cosa che passerà con il tempo e la crescita” pertanto difficilmente il primo pensiero si focalizza su una eventuale problematica organica ginecologica ed in particolare sull’endometriosi
La presenza in anamnesi di dolore pelvico ricorrente, spesso
resistente agli antinfiammatori non ste-roidei, è fortemente suggestiva della malattia (9) De Sanctis 12% delle adolescenti affette da dolore pelvico cronico presenta l’endometriosi, Harel 10%
(10) ma non indirizza il sanitario verso la diagnosi nei rari casi di
endometriosi in età pre-menarcale. È anche importante indagare
sulla, eventuale, pregressa insorgenza tra i familiari di casi di
endometriosi.
L’esame obiettivo dell’addome può essere totalmente negativo
od evidenziare una dolorabilità pelvica diffusa o localizzata esacerbata dalla palpazione, con rilievo occasionale di masse annessiali od una generale “pastosità” della pelvi nei casi di esteso interessamento. È necessario eseguire una ispezione accurata dei
genitali esterni alla ricerca di malformazioni e se possibile una
esplorazione ginecologica od in alternativa una esplorazione rettale per valutare la dolenzia del cavo del Douglas.
L’ecografia pelvica trans-addominale o se possibile trans-vaginale, per la sua maggiore sensibilità e specificità, ci permette di
valutare gli annessi e di evidenziare la presenza di neoformazioni ovariche di probabile natura endometriosica ma spesso non è
conclusiva a fini diagnostici. Tuttavia è molto utile nel follow up.
Si sta dimostrando interessante l’utilizzo del color-doppler per la
valutazione dei flussi sanguigni intra-cistici. Alcuni ricercatori
stanno, anche, valutando l’opportunità di utilizzo dell’ecografia
trans-rettale (11).
La risonanza magnetica nucleare si è dimostrata interessante
per la diagnosi degli endometriomi, per le capacità paramagnetiche dei prodotti di degradazione dell’emoglobina, tuttavia il suo
costo e la scarsa capacità di individuare le aderenze ed i piccoli
focolai la relegano al ruolo di indagine secondaria utile soprattutto
nella diagnostica differenziale delle neoformazioni annessiali.
Il rilievo di aumentati tassi plasmatici di CA-125, antigene cellulare
di superficie dell’epitelio celomatico, non è strettamente indicativo
di patologia endometriosica poiché si incrementa anche in al-tre
patologie ovariche ma si dimostra utile nel follow-up post-terapia.
La laparoscopia rappresenta l’indagine principale e spesso
risolutiva per la diagnosi della patologia endometriosica tuttavia,
per la sua invasività, viene spesso effettuata soltanto dopo il fallimento della terapia medica. L’esame laparoscopico possiede
una duplice funzione: diagnostica ed al contempo terapeutica,
poiché permette di evidenziare la presenza delle lesioni endometriosiche della pelvi, la loro estensione (stadiazione) e contemporaneamente di intervenire (elettrocauterizzazione, resezione, laser) sui focolai e sulle eventuali aderenze presenti. Il ginecologo laparoscopista dovrebbe essere particolarmente competente nel riconoscere il completo spettro e le varie morfologie
delle lesioni endometriosi in quanto le adolescenti tendono a
presentare lesioni chiare, rosse, bianche e/o giallo brune in contrasto alle lesioni blu o nere tipiche delle donne adulte e con
Il dolore nell’endometriosi riconosce varie cause: il rilascio dai
focolai endometriosici e dai macrofagi attivati di mediatori della
flogosi, l’alterazione anatomica dell’apparato genitale interno
con formazione di aderenze viscerali e/o parietali nelle fasi più
avanzate. Gli impianti di tessuto endometriosico ectopico con la
fluttuazione degli steroidi sessuali vanno incontro, anche se
spesso in maniera asincrona rispetto all’endometrio eutopico, a
sfaldamento e sanguinamento con liberazione di detriti cellulari e
sangue in cavità peritoneale con conseguente reazione algogena flogistica. Suc-cessivamente i focolai per reazione cicatriziale
circostante e formazione di aderenze possono anda-re incontro
ad incapsulazione con microcriptomenorrea. Dai focolai endometriosici vengono liberati dei mediatori di flogosi e chemiotassi
(Prostaglandine, leucotrieni, trombossani, PAF) che agiscono
direttamente sull’utero aumentandone la contrattilità e sulla
soglia del dolore abbassandola; queste stesse sostanze richiamano ed attivano i macrofagi nel liquido peritoneale ulteriormente aumentan-do il rilascio di sostanze algogene (6) (7). Nei focolai di endometrio ectopico avviene l’aromatizzazione degli steroidi C19 in estrogeni, i quali a loro volta stimolano le ciclossigenasi2 con sintesi delle PGE2. Le PGE2 stimolano l’attività aromatasica con instaurazione di un circolo vizioso automantenentesi.
L’endometrio ectopico non presenta, a differenza dell’endometrio eutopico, la 17β-idrossi-deidrogenasi che determina la trasformazione del 17β-estradiolo in estrone (a minore attività biologica) con incremento della concentrazione locale di estrogeni
ad elevata potenza biologica.
I livelli plasmatici di vasopressina sembrerebbero più alti nelle
donne con dismenorrea suggerendo un possibile ruolo etiologico nella sintesi delle prostaglandine uterine (8).
Le cisti endometriosiche od endometriomi possono dare algie
per la presenza di micromestruazioni all’interno della stesse, la
rottura della cisti determina una sintomatologia grave da addome acuto e frequentemente la patologia viene acclarata soltanto
al momento della laparotomia. La dispareunia si associa alla presenza di focolai nel cavo del Douglas ed all’interessamento esteso del setto retto-vaginale nelle forme severe. Possono essere
presenti algie alla defecazione od alla minzione con pollachiuria
associate alla presenza di focolai rispettivamente nel retto e nella
vescica. La localizzazione nel tenue e/o nel colon-sigma può
dare origine ad algie addominali.
Diagnosi
In età adolescenziale il rischio maggiore è la sottovalutazione
della sintomatologia , spesso questa è erroneamente attribuita a
fattori psicologici od a situazioni di stress o comunque a “ qual-
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
patologia datante da diversi anni. Le lesioni endometriosiche
poco rilevate e chiare possono essere visualizzate meglio dopo
avere riempito la pelvi con un liquido di lavaggio così da evidenziarle nella loro tridimensionalità (12).
5. Analoghi del GnRH
6. Anti-progestinici
7. Inibitori delle aromatasi
8. FANS (COX-2 inibitori)
Diagnosi differenziale delle patologie
con dolore pelvico acuto e cronico:
b) Chirurgico
1. Laparoscopico
2. Laparotomico
a. Apparato genitale: dimenorrea primaria o secondaria, malattia
infiammatoria pelvica (MIP), malformazioni ostruttive, gravidanza ectopica, torsione di formazioni annessiali, sindrome
premestruale, patologia eteroplastica degli annessi.
b. Apparato urinario: cistiti, cistopieliti, stenosi delle vie urinarie.
c. Apparato digerente: appendicopatie, sindrome del colon irritabile, gastriti e gastroenteriti, litiasi della colecisti, malattie
infiammatorie croniche intestinali.
d. Altre cause: cause psicogene (incluse le violenze sessuali),
disordini del comportamento alimentare, desiderio di attirare
l’attenzione dei genitori, desiderio di contraccezione, aderenze post-chirurgiche, traumatismi.
a) Il trattamento medico è indirizzato alla creazione di un clima
ormonale ipo-gonadotropo, ipoe-strogenico, iper-androgenico atto a favorire l’atrofia dei focolai endometriosici.
1. I Progestinici: la loro somministrazione a dosi medio-alte
determina a livello centrale una riduzione della dismissione del
GnRH e conseguente riduzione di sintesi e rilascio di FSH e
LH, a livello periferico si ottiene dapprima una trasformazione
secretiva dell’endometrio e successivamente una decidualizzazione ed un’atrofia. L’atrofia è più evidente utilizzando progestinici con azione androgenica come i norderivati (norgestrel e noretisterone).
2. Gli estro-progestinici agiscono a livello centrale bloccando il
rilascio di GnRH ed a livello periferico determinando atrofia
endometriale. Oggi si utilizzano preparazioni a basso contenuto di etinilestradiolo preferibilmente con progestinici con
azione androgenica ed a schema monofasico in modo che si
determini una rapida induzione dell’atrofia dei focolai endometriosici. La riduzione delle fluttuazione di concentrazione
degli steroidi sessuali determina una riduzione della sintesi dei
mediatori della flogosi e del dolore.
3. Il danazolo è un derivato del 17α-etiniltestosterone ed ha una
configurazione simile a quella degli androgeni. Ha un azione
agonista sul recettore per gli androgeni, agonista-antagonista
sul recettore del progesterone e non presenta alcuna azione
sui recettori per gli estrogeni. Il danazolo riduce la sintesi epatica di SHBG e contemporaneamente si lega in modo competi-tivo ad essa elevando così i valori plasmatici di androgeni.
Uno dei suoi metaboliti principali il 17α-etiniltestosterone presenta azione progestinica e debolmente androgenica.
L’azione combinata del danazolo (400-800 mg/die per 6 mesi)
e dei suoi metaboliti, bloccando il picco di FSH e LH, determina un clima ipoestrogenico ed androgenico con anovularietà
che determina l’involuzione dei focolai endometriosici. Il danazolo presenta alcuni importanti effetti collaterali legati all’ipoestrogenismo (vampate di calore, insonnia, ipotrofia mammaria) ed all’aumento degli androgeni circolanti (acne, seborrea,
aumento di peso, aumento LDL ed enzimi epatici) che potrebbero ridurne la compliance.
4. Il gestrinone è un derivato del 19-nortestosterone, a lunga
emivita, e presenta un azione agonista sul recettore androgenico ed agonista-antagonista sul recettore per il progesterone.
Similmente al danazolo abolisce i picchi di LH ed FSH, si lega
alla SHBG con aumento degli androgeni liberi.
(Classificazione endometriosi da:
Fertil Steril 1997, 67:817-21) (13) (14).
La classificazione proposta dall’American Fertility Society nel 1985
e revisionata nel 1997 dall’American Society for Reproductive
Medicine inquadra la patologia, dopo osservazione laparoscopica
o laparotomica delle lesioni, in quattro stadi in base al punteggio.
Stadio I minima, Stadio II lieve: in questi due stadi l’endometriosi si
presenta con lesioni piccole e superficiali, in assenza di aderenze e
con limitato o parcellare interessamento della superficie dell’ovaio.
Stadio III moderata: le ovaie sono interessate mono o bilateralmente con focolai e formazioni cistiche < 2 cm, sono presenti
aderenze peri-annessiali, le strutture extra-genitali sono interessate da lesioni superficiale e cicatriziali.
Stadio IV severa: sono presenti estese aderenze peri-annessiali,
tra gli organi pelvici e l’intestino fino all’obliterazione del cavo del
Douglas, interessamento del setto retto-vaginale e dei legamenti utero-sacrali ed interessamento dell’apparato urinario. L’ovaio
è sede di grandi formazioni cistiche o solide (endometriomi).
La gestione dell’adolescente con patologia endometriosica
riconosce alcuni obiettivi (15)( ESHRE 2005) : innanzitutto il trattamento del dolore pelvico spesso fortemente invalidante dal
punto di vi-sta fisico e psicologico, contemporaneamente va perseguita la conservazione delle capacità riproduttive in vista delle
future gravidanze preservando l’integrità anatomica e funzionale
dell’apparato genitale interno.
Trattamento:
a) Medico
1. Progestinici
2. Estro-progestinici
3. Gestrinone
4. Danazolo
36
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
L’endometriosi
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Va somministrato al dosaggio di 2.5 mg due volte la settimana per almeno 6 mesi. Gli effetti collaterali sono simili a quelli
del danazolo ma di minore entità.
5. Gli analoghi agonisti del GnRH si legano al recettore sull’ipofisi determinando dapprima un incremento del rilascio di gonadotropine e poi una down regulation del recettore del GnRH
con desensibilizzazione ipofisaria con conseguente ipotrofia
endometriale ed amenorrea. L’ipoestrogenismo si manifesta
con la comparsa di vampate di calore, insonnia, diminuzione
della libido, alterazione della concentrazione, depressione con
disturbi del comportamento alimentare. La somministrazione
intramuscolo in virtù dell’impiego di preparazioni depot è mensile o trimestrale. Il trattamento nelle adolescenti è limitato dal
rischio di mancato raggiungimento del picco di massa ossea o
dalla comparsa di osteoporosi ed in ogni caso non deve protrarsi oltre i sei mesi continuativi. Gli effetti collaterali possono
essere ridotti da un adeguata add back therapy estrogenica.
6. Gli antiprogestinici sono steroidi 11β-fenilderivati (mifepristone
o RU 486) e agiscono co-me antiprogestinici ed antiglucocorticoidi con meccanismo competitivo sul recettore endometriale un presenza dell’ormone naturale. A livello centrale essi
esercitano un azione antogonadotropa, tuttavia il loro utilizzo
nel trattamento dell’endometriosi è, al momento, sperimentale
e molto limitato poiché il farmaco sul nostro territorio non si
trova in commercio per le sue capacità abortigene.
7. Gli inibitori delle aromatasi rappresentano una nuova classe di
molecole, finora riservate al trattamento del cancro mammario, utilizzabili nella terapia dell’endometriosi. Questi farmaci
agiscono bloccando l’aromatizzazione nell’endometrio ectopico degli steroidi C19 in estrogeni, con riduzione delle concentrazioni locali di questi ormoni; tuttavia il loro utilizzo è ancora
insufficientemente studiato nelle adolescenti.
8. L’uso dei FANS nel trattamento della dismenorrea trova il suo
razionale nella considerazione che il dolore sia la conseguenza della produzione e secrezione intraperitoneale di derivati
dell’acido arachidonico, in particolare PGF1α, da parte dei focolai endometriosici e dei ma-crofagi attivati. È importante considerare che i FANS non hanno alcuna azione sulla progressione della malattia, sono poco efficaci nei confronti delle algie
intermestruali e della di-spareunia. Sembra tuttavia che alcuni
inibitori della COX-2, in alcuni studi e per lunghi periodi di somministrazione, diano dei risultati incoraggianti sul dolore .
fisico (da non sottovalutare). Durante la laparoscopia è essenziale la ricerca di lesioni atipiche che nelle adolescenti sono di
riscontro più frequente e la biopsia di queste lesioni è indispensabile per escludere falsi positivi o falsi negativi (16).
L’approccio laparotomico è poco indicato e da riservarsi alle
forme molto estese od in caso di rottura di un endometrioma con
addome acuto e shock .
Frequentemente dopo il trattamento chirurgico conservativo
deve essere intrapresa una terapia medica che potrebbe, anche,
protrarsi per periodi relativamente lunghi.
La riduzione della fertilità nelle pazienti con endometriosi riconoscerebbe vari fattori concausali non ancora totalmente chiariti:
Le alterazioni anatomiche dell’apparato genitale, come estese aderenze tra gli organi pelvici con alterazione dei rapporti
tubo-ovarici, la stenosi tubarica, le grandi cisti endometriosiche con danno anatomico e funzionale delle ovaie possono
spiegare la sterilità soltanto negli stadi avanzati della malattia.
Negli stadi iniziali dove queste lesioni nono sono molto rappresentate la riduzione del potenziale riproduttivo è da attribuire ad altri fattori o concause.
L’alterazione del liquido peritoneale: si è osservata una maggiore presenza di prostaglandine e macrofagi attivati. Le prostaglandine ed in particolare la PG1α sarebbero in grado di alterare la follicologenesi e l’attività del corpo luteo con alterazione della maturazione follicolare ed insufficienza progestativa luteale. Le prostaglandine alterando la motilità tubarica
interferirebbero con l’interazione tra i gameti e con l’impianto,
inoltre sembrebbero tossiche per l’embrione ai primi stadi di
sviluppo con un aumentato rischio di aborto spontaneo. I
macrofagi attivati dai mediatori rilasciati dai focolai di endometrio ectopico agirebbero direttamente fagocitando gli
spermatozoi ed indirettamente rilasciando mediatori della flogosi capaci di automantenere la reazione flogistica e di rendere l’ambiente ostile all’iniziale sviluppo embrionario ed
all’impianto.
L’attivazione del sistema immunitario, è stata chiamata in
causa, e sarebbe alla base dell’attivazione policlonale di linfociti B con formazione di anticorpi anti-endometrio e della correlazione dell’endometriosi con altre patologie autoimmuni.
b) Il trattamento chirurgico
Nelle adolescenti deve essere esclusivamente conservativo al
fine di conservare la fertilità e comunque si impone nei casi in cui
il dolore sia resistente alle terapie mediche.
La laparoscopia permette di effettuare diagnosi, di distruggere i
focolai endometriosici, di resecare le aderenze e di asportare le
cisti endometriosiche ovariche in modo conservativo ed è, in
ogni caso, più facilmente proponibile ai genitori di queste giovani per la minore invasività e per i ridotti tempi di recupero psico-
La diagnosi è estremamente problematica per il suo polimorfismo e l’aspecificità dei segni e sintomi in fase iniziale. Spesso la
patologia diventa di difficile inquadramento per la ridotta disponibilità dei genitori di queste giovani pazienti nei confronti delle
indagini più invasive. L’efficacia del trattamento medico risente
della, relativamente alta, probabilità di ripresa della malattia già a
distanza di pochi mesi dalla sospensione soprattutto negli stadi
più avanzati, ma l’aspetto più preoccupante in queste adolescenti è la cronicità della malattia che fa prospettare l’ipotesi di
Conclusioni
37
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
lunghi periodi di trattamento con farmaci con effetti “collaterali”
spesso non indifferenti o comunque non scevri da rischi. In questa ottica i contraccettivi orali monofasici, in prima istanza, e gli
analoghi con add-back therapy si candidano come idonea e
razionale scelta. La terapia chirurgica, comunque conservativa,
va riservata ai casi di resistenza del dolore alla terapia medica o
nei casi di sterilità. Se la prognosi quoad valetitudinem ed il controllo del dolore oggi sono decisamente migliorati altrettanto non
si può dire, per la frequente cronicizzazione della malattia, in
merito alla prognosi quoad fertilitatem.
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Corrispondenza:
Dott. Piernicola Garofalo
Via C.A. Dalla Chiesa 10 - 90139 Palermo
Tel. 091/320202- 348/3823375
e-mail: [email protected]
38
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
L’imaging pelvico in età
adolescenziale:
attualità nello studio
dei disordini mestruali
Vincenzo M. Arcuri1, Giuseppe Raiola2, Maria Concetta Galati3, Fortunato Serrao1, Pier Paolo Arcuri1
1
U.O. di Radiologia Diagnostica
U.O.S. di Auxoendocrinologia e Medicina dell’Adolescenza- U.O di Pediatria
3
U.O. di Ematoncologia Pediatrica
Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale ed alta Specialita “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro
2
Riassunto
L’imaging diagnostico ha oggi un ruolo essenziale nella diagnosi delle alterazioni dei disturbi mestruali,grazie anche ai notevoli progressi compiuti negli ultimi anni. L’ecografia sia transaddominale che endovaginale, con
l’uso di tecniche aggiuntive al B-Mode, quali il Color Doppler ed il Power Angio Doppler di fatto copre tutte le situazioni
diagnostiche nei disordini mestruali.
La Risonanza Magnetica e la Tomografia Computerizzata hanno un ruolo complementare in situazioni specifiche come
le anomalie di sviluppo e la caratterizzazione delle masse pelviche.
Parole chiave: pelvi, imaging, ecografia, risonanza magnetica, tomografia computerizzata.
The pelvic Imaging of adolescent age up to dateness about
study of menstrual disorders
Summary
Today diagnostic imaging has an essential role in the diagnosis of the menstrual alterations disorders thanks
to the considerable progresses completed during the last few years.
The trasnsabdominal and the endovaginal sonography with the use of additional techniques to the B-mode, such as the
Color-Doppler and the power Doppler, all the diagnostic situations on menstrual disorders are studied.
Magnetic Resonance and Computed Tomography have a complementary role in specific situations like the developmental
of anomalies and characterization of pelvic masses.
Key words: pelvis, imaging, sonography, MRI, CT.
Introduzione
È abbastanza noto che molte adolescenti con disturbi mestruali
non si consultino con il medico di famiglia o con il ginecologo.
In realtà le adolescenti e i loro genitori spesso non hanno chiaro
quale sia la “normalità” mestruale che d’altro canto non corrisponde anche negli specialisti ad un dato effettivamente sicuro
sulla durata e la quantità del flusso nell’adolescenza.
Una recente linea guida di valutazione del ciclo mestruale proposta dalla American Academy of Pediatrics (1) raccomanda di con-
L’adolescenza è il periodo della vita dell’individuo caratterizzato
da enormi modificazioni fisiche e psicologiche.
I problemi ginecologici nell’età pediatrico - adolescenziale sono
per la maggior parte disturbi funzionali peculiari per l’età e solo
occasionalmente può essere presente un serio disturbo organico. Altresì i disturbi mestruali non sono infrequenti e possono
causare non pochi problemi in questa particolare fase della vita
delle adolescenti e delle loro famiglie.
39
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
siderare il ciclo mestruale come un “additional vital sign” che aiuta
a valutare il normale sviluppo ed escludere condizioni patologiche.
Le cause principali di irregolarità mestruali sono svariate:
gravidanza
cause endocrine
neoplasie.
L’imaging diagnostico ha un ruolo fondamentale nei disturbi
mestruali contribuendo spesso in modo decisivo a svelarne le
cause.
Le tecniche di imaging da utilizzare devono tenere conto del particolare gruppo popolazionale (giovani donne adolescenti) che
impone un utilizzo estremamente mirato soprattutto delle indagini con radiazioni ionizzanti (2).
Le tecniche perciò da preferire sono:
Ecografia,con le diverse possibilità di Color-Doppler e Power
Doppler e con eventuale utilizzo anche dei mezzi di contrasto
ecografici di recente introduzione
Risonanza Magnetica Nucleare
Radiologia tradizionale e Tomografia Computerizzata sono da
utilizzarsi solo in situazioni con forte sospetto di patologie
neoplastiche od altre condizioni in cui non esiste una alternativa diagnostica con sorgente non radiogena.
me la caratteristica forma “ a pera” dovuta all’aumento della
porzione corpo-fondo rispetto alla cervice con ratio superiore ad
1.2 (Figura 1). La lunghezza uterina (diametro longitudinale) presenta un range da 5-8 cm, mentre la larghezza (diametro antero-posteriore) ha range da 1.6 a 3 cm.
L’endometrio, non stimolato nel corso dell’infanzia, appare
come una indistinta sottile linea centrale ecogena che diviene
più evidente con l’avvicinarsi della pubertà.
Nelle ragazze in età post-menarcale, l’endometrio proliferativo è
visualizzato come strati ipoecogeni in ciascun lato dell’interfaccia iperecogena. Generalmente l’endometrio secretorio postovulatorio assumerà l’aspetto di una fine linea ecogenica irregolarmente interrotta.
Le ovaie assumono la caratteristica forma ovoidale, migrano
nella pelvi acquisendo un volume pari/superiore a 4 cm cubici
(volume medio nei soggetti post-puberi da 4 a 9.8 cm3 ,comprensivo dei follicoli in numero fisiologico di dimensioni inferiori
a 0.4 mm (fondamentale questa valutazione per le diverse diagnosi di multifollicolarità/ policistosi) (Figura 2).
La valutazione con ultrasuoni (US) può essere migliorata dall’uso del doppler; con tale tecnica possono essere acquisite informazioni aggiuntive di tipo vascolare particolarmente utili nella
diagnosi di alcune situazioni patologiche come torsioni ovariche
e/o cisti, neoplasie e PCOS; in particolare, in quest’ultimo caso,
il campionamento delle arterie uterine, evidenzierà un pattern
spettrale continuo anche nell’intervallo diastolico.
Ecografia
Aspetti patologici
Tecniche di imaging
Nel corso degli anni l’ecografia ha notevolmente incrementato le
sue possibilità tecniche passando dal B-mode sovrapubico all’esame (laddove possibile) con sonda endovaginale ed implementando poi l’esame con la tecnica Color-power Doppler (3) .
Aspetto fisiologico
L’aspetto fisiologico a partire dai nove anni di età mostra un
incremento delle dimensioni uterine e delle ovaie. L’utero assu-
Amenorrea
Nelle adolescenti non attive sessualmente l’ecografia transaddominale rappresenta il miglior approccio diagnostico non invasivo per ottenere il maggior numero possibile di informazioni nel
contesto del management delle amenorree. È utile ricordare
come un eccessivo accumulo di adipe possa limitare la capacità risolutiva degli US. Sicuramente, nelle adolescenti sessual-
Figura 1.
Figura 2.
40
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
L’imaging pelvico in età adolescenziale:attualità nello studio dei disordini mestruali
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
za di un imene imperforato, l’esame US evidenzia una vagina dilatata con aspetto di formazione ovalare contenente
liquido strutturato con livello fluido-fluido, con normale
aspetto della cervice, che si proietta dentro il grosso ematocolpo (Figura 3). La cavità uterina può apparire ripiena di fluido, che comunica con la cavità vaginale a causa di una
endocervice allargata (ematometra)
b) con patologie endocrine ed integrità dell’apparato genitale:
ritardo costituzionale di crescita e maturazione puberale; è
causa più frequente di amenorrea primaria con impuberismo; l’esame ecografico può evidenziare ovaie multicistiche,
con dimensioni variabili delle cisti, generalmente localizzate
all’interno dell’ovaio non ingrandito; in questi soggetti l’utero
può essere ingrandito con rapporto utero/cervice >1.
sindromi congenite polimalformative (S. di Turner, S. di
Noonan); nella S. di Turner, a causa di un’anomalia di sviluppo delle ovaie, queste non vengono visualizzate. Difficilmente
possono essere evidenziate delle strutture primordiali costituite da tessuto connettivo fibroso (streak gonads).
Figura 3.
Amenorrea secondaria
PCOS, situazione di anovulazione cronica dovuta a stimolazione iperestrogenica iperandrogenica. Le ovaie si presentano aumentate di volume con aspetto “a corona periferica”
delle cisti( più di 12) con diametro 2-9 mm e/o volume ovarico>10ml .
Lo stroma viene valutato iperecogeno e ingrandito (Figura
4).
Gravidanza, in cui l’ecografia deve documentare la presenza
della camera all’interno dell’utero.
Figura 4.
mente attive è da preferire l’esecuzione dell’esame ecografico
con sonda transvaginale.
La valutazione morfologica degli organi pelvici deve essere particolarmente accurata per escludere le alterazioni evolutive più
importanti:
Oligomenorrea
La causa più comune è la PCOS le cui caratteristiche sono già
state descritte.
Ipermenorrea /dysfunctional uterine bleeding
Valutazione della morfologia ovarica.
Amenorrea primaria
a) con normale assetto endocrino ed anomalie dell’apparato
genitale:
S. di Rokitansky o ipoplasia Mulleriana, causa più frequente
di amenorrea primaria senza impuberismo. L’ecografia pelvica permette di valutare le caratteristiche dei rudimenti mulleriani e se sono cavi o meno (funzionale), la presenza di
ovaie normali, l’estensione dell’agenesia vaginale, la presenza di un utero rudimentale o di corde fibromuscolari, o piccoli corni uterini rudimentali sul muro pelvico laterale.
anomalie congenite dei derivati dei dotti di Muller (imene
imperforato, ipoplasia e atresia vaginale, ipoplasia e atresia
uterina). L’ecografia transaddominale è il metodo d’imaging
di scelta nelle adolescenti che presentano criptomenorrea e
normale sviluppo dei caratteri sessuali secondari. In presen-
Risonanza magnetica
La Risonanza Magnetica si pone come imaging supplementare/integrativo in numerose situazioni di disturbi mestruali.
In particolare nella PCOS può fornire ulteriori segni addizionali
specie nelle adolescenti non sessualmente attive che presentano obesità (5).
Infatti la naturale tridimensionalità dell’indagine consente una
valutazione assolutamente precisa del volume ovario differenziando quello delle cisti da quello stromale. Rimane ferma la
limitazione nel suo uso dovuta alla scarsa diffusione delle apparecchiature ed la costo della metodica.
Lo studio dell’asse ipofisi-surrenalico è oggi nettamente a favore della Risonanza Magnetica che rappresenta senz’altro la
metodica di scelta.
41
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
L’avvento dei progressi tecnici quali EcoColor e Power Doppler,
nonché l’utilizzo,laddove possibile,delle sonde endovaginali ne
rendono completo il range (4).
La Risonanza Magnetica e la Tomografia Computerizzata
Multistrato sono tecniche di ausilio.
La Risonanza magnetica è da preferire nella caratterizzazione
della PCOS ,in studio di situazioni anatomiche particolari ,in
sospetto di anomalie congenite (7) e nello studio ipotalamo-ipofisario e surrenalico.
La Tomografia computerizzata ha un ruolo nella caratterizzazione
di situazioni complesse multiorgano e nella diagnostica delle
masse pelviche scoperte all’ecografia.
Figura 5.
Altro imaging
La Tomografia Computerizzata ha un suo ruolo nel caso in cui
ecograficamente vengano identificate masse pelviche (Figure 5
e 6) da caratterizzare,ovvero situazioni complesse che richiedano un approfondimento panoramico per possibile coinvolgimento di altri organi.
Si rammenta che oggi le apparecchiature da utilizzare sono del
tipo multistrato con tecnica “low-dose” per evitare artefatti da
movimento,consentendo la possibilità di ricostruzioni multiplanari e riducendo al minimo l’esposizione alle radiazioni ionizzanti (6).
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Conclusioni
L’ecografia è la tecnica di scelta per l’imaging nei disturbi
mestruali dell’adolescenza, grazie alla sua sostanziale innocuità
ed all’elevato contenuto informativo.
Figura 6.
42
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Problematiche associate
a deficit di 21-idrossilasi
in età adolescenziale
Filippo De Luca, T. Aversa
Dipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche, Università di Messina
Riassunto
La Sindrome adrenogenitale congenita (SAG) costituisce una condizione a trasmissione autosomica
recessiva caratterizzata in tutti i casi da una insufficiente produzione di cortisolo a causa del blocco di una delle tappe
della steroidogenesi surrenalica. Tale blocco enzimatico comporta l’esaltazione di una via steroidogenetica alternativa,
quella che conduce alla biosintesi degli androgeni, con conseguenti manifestazioni cliniche da eccesso di androgeni in
entrambi i sessi.
In oltre il 90% dei casi la tappa enzimatica “bloccata” è quella regolata dalla 21-idrossilasi (21-OH-asi), il cui deficit impedisce una normale produzione dell’immediato precursore del cortisolo (il desossi-cortisolo) e determina perciò un accumulo del metabolita a monte, il 17- OH-progesterone (17-OH-P). A seconda della gravità della compromissione enzimatica si hanno tre diverse manifestazioni fenotipiche, tutte accomunate da un variabile deficit della funzione glucocorticoide e da un variabile eccesso di androgeni:
• SAG classica con perdita di sali (SW) in cui è compromessa anche la sintesi dell’aldosterone (prevalenza media circa
1:10000)
• SAG classica virilizzante semplice (SV) con prevalenza approssimativa di 1:30000
• SAG non- classica (NC), la cui prevalenza varia notevolmente in rapporto al gruppo etnico, ma è comunque decisamente più alta rispetto a quella delle forme classiche (da 1:100 a 1:1000), a causa dell’altissimo numero di portatori sani
di SAG NC presenti in tutti i gruppi etnici (da 1:7 a 1:20).
Delle forme suddette quella nettamente più frequente in assoluto e particolarmente in età adolescenziale è la SAG NC
in cui l’esordio tardivo (in età infantile o anche adolescenziale) ed il quadro clinico sfumato (senza ambiguità dei genitali e senza manifestazioni clinicamente apprezzabili di iposurrenalismo) sono dovuti ad una compromissione funzionale solo parziale della 21- OH-asi (30-60%), mentre nelle forme classiche il difetto enzimatico è pressocchè completo: 0%
nella SW, 1-2 nella SV.
La forma NC viene frequentemente sospettata a causa di un esordio precoce della pubertà e di una sua evoluzione contraddistinta da manifestazioni iperandrogeniche (irsutismo, acne importante, amenorrea primaria o per lo più secondaria) e
la conferma diagnostica si basa sul riscontro di una risposta esaltata del 17-OH-P allo stimolo con ACTH (picco max in genere >15 ng/ml), mentre i livelli basali di cortisolo, aldosterone e renina e spesso anche quelli di 17-OH-P sono normali.
Per quanto riguarda il genotipo della SAG NC, stando ai risultati di un nostro studio recentissimo, il genotipo più frequente, almeno nel gruppo etnico siciliano, è rappresentato dall’omozigosi V281L (58%) e questa mutazione “mild” in
eterozigosi in un altro 31.5% dei casi. Tuttavia è anche possibile osservare casi di SAG NC con mutazioni gravi, sia in
eterozigosi che perfino in omozigosi, a conferma dell’associazione non strettamente obbligata fra genotipo e fenotipo
(Wasniewska et al, J Endocrinol Invest 2006, in press).
Parole chiave: sindrome adrenogenitale congenita, 21-idrossilasi.
Problems associated to 21-idrossylase deficiency in adolescence
Summary
The adrenogenital congenit syndrome (SAG) is an autosomical recessevely transmitted condition,characterized in all cases by an insufficient production of cortisol caused by a block in one of the steps of surrenalic steroid genesis.This enzymatic block enhances an alternative steroidogenetic pathway which leads to the biosynthesis of androgens,
with consequent clinical manifestations due to an excess of androgens in both sexes.Furthermore, in 90%of the cases the
43
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
enzymatic step which has been blocked is that regulated by 21-idrossylase (21-OH-asis); the deficiency of this enzyme
prevents a normal production of cortisol's immediate precursor (diossi-cortisol) and therefore determines a previous
accumulation of the metabolite 17-OH-progesteron(17-OH-P).
According to the enzymatic compromission's severity, there are three different phenotipes,associated by a variable deficiency in the glucocorticoid function and by a variable excess of androgens:
• classical SAG with loss of salts (SW) in which the synthesis of aldosteron is also compromised (medium prevalence
1:1000)
• classical SAG simple virilising (SV) with approximative prevalence of 1:3000
• non-classical SAG (NC); it's prevalence varies considerably in relation to the ethnical group considered but it is neverless higher than that of the classical formes (from 1:100 to 1:000), due to the elevated number of healty bearers of SAG
NC in all ethnic groups (from 1:70 to 1:20).
The most frequent among the above-said forms, particularly in adolescence, is SAG NC in which the late exordium (in
early childhood or in adolescence) and the indefinite clinical picture (without ambiguity of the genitals and without clinically appreciable manifestations of iposurrenalism) are due to an only partial functional comprise of 21-OH-asis(30-60%),
whereas in the classical forms the enzymatic deficiency is almost complete: 0% in SW, 1-2% in SV.
The NC form is frequently suspected, due to a precocious exordium of puberty and to an evolution of the latter which is
characterized by hyperandrogenetic manifestations (irsuitism, important acne, primary or secondary amenorrhea); the
diagnostic confirm is based on the verification of an exalted answer of 17-OH-P to stimulus with ACTH (average maximum
peak 15mg/ml), whereas basal levels of corisol, aldosteron, renine and often also 17-OH-P levels are normal.
For what concerns the genotype of SAG NC, according to the results of one of our most recent researches,the most frequent genotype, at least in the ethnical sicilian group is represented by the omozigosis V281L(58%) and this same mutations in a mild form in eterozigosis in 31,5% of the cases.
However, cases of SAG NC with severe mutations are possible both in eterozigotes and also in omozigosis, confirming
the not strictly obligatory association of genotype and phenotype.
Key words: adrenogenital congenit syndrome, 21-idrossylase.
La Sindrome adrenogenitale congenita (SAG) costituisce una
condizione a trasmissione autosomica recessiva caratterizzata in
tutti i casi da una insufficiente produzione di cortisolo a causa del
blocco di una delle tappe della steroidogenesi surrenalica. Tale
blocco enzimatico comporta l’esaltazione di una via steroidogenetica alternativa, quella che conduce alla biosintesi degli androgeni, con conseguenti manifestazioni cliniche da eccesso di
androgeni in entrambi i sessi.
In oltre il 90% dei casi la tappa enzimatica “bloccata” è quella
regolata dalla 21-idrossilasi (21-OH-asi), il cui deficit impedisce
una normale produzione dell’immediato precursore del cortisolo
(il desossi- cortisolo) e determina perciò un accumulo del metabolita a monte, il 17- OH-progesterone (17-OH-P). A seconda
della gravità della compromissione enzimatica si hanno tre diverse manifestazioni fenotipiche, tutte accomunate da un variabile
deficit della funzione glucocorticoide e da un variabile eccesso di
androgeni:
SAG classica con perdita di sali (SW) in cui è compromessa
anche la sintesi dell’aldosterone (prevalenza media circa
1:10000)
SAG classica virilizzante semplice (SV) con prevalenza
approssimativa di 1:30000
SAG non- classica (NC), la cui prevalenza varia notevolmente in rapporto al gruppo etnico, ma è comunque decisamente più alta rispetto a quella delle forme classiche (da 1:100 a
1:1000), a causa dell’altissimo numero di portatori sani di
SAG NC presenti in tutti i gruppi etnici (da 1:7 a 1:20).
Delle forme suddette quella nettamente più frequente in assoluto e particolarmente in età adolescenziale è la SAG NC in cui l’esordio tardivo (in età infantile o anche adolescenziale) ed il quadro clinico sfumato (senza ambiguità dei genitali e senza manifestazioni clinicamente apprezzabili di iposurrenalismo) sono
dovuti ad una compromissione funzionale solo parziale della 21OH-asi (30-60%), mentre nelle forme classiche il difetto enzimatico è pressocchè completo: 0% nella SW, 1-2 nella SV.
Proprio a causa della sua frequenza nettamente più elevata
rispetto alle forme classiche, la forma NC è quella più studiata
negli ultimi anni perché è stata individuata molto più recentemente ed è conseguentemente meno nota ai Pediatri.
La forma NC viene frequentemente sospettata a causa di un
esordio precoce della pubertà e di una sua evoluzione contraddistinta da manifestazioni iperandrogeniche (irsutismo, acne
importante, amenorrea primaria o per lo più secondaria) e la conferma diagnostica si basa sul riscontro di una risposta esaltata
del 17-OH-P allo stimolo con ACTH (picco max in genere >15
ng/ml), mentre i livelli basali di cortisolo, aldosterone e renina e
spesso anche quelli di 17-OH-P sono normali.
A causa di queste sue peculiarità biochimiche la SAG NC non
comporta esposizione prenatale del feto a livelli sopranormali di
androgeni, può essere riconosciuta solo raramente ad uno
44
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Problematiche associate a deficit di 21-idrossilasi in età adolescenziale
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
screening neonatale biochimico e mai ad una valutazione clinica
neonatale e pertanto non necessita di terapia prenatale.
Per di più peso e statura alla nascita dei neonati con SAG NC
sono del tutto normali, al contrario di quanto si verifica nei neonati con le forme classiche nei quali l’accrescimento intrauterino è
significativamente superiore alla norma, in particolare nel sesso
femminile, come conseguenza dell’iperandrogenismo prenatale
(Balsamo e De Luca, Eur J Pediatr 165: 380., 2006).
Per quanto riguarda il genotipo della SAG NC, stando ai risultati di
un nostro studio recentissimo, il genotipo più frequente, almeno
nel gruppo etnico siciliano, è rappresentato dall’omozigosi V281L
(58%) e questa mutazione “mild” in eterozigosi in un altro 31.5%
dei casi. Tuttavia è anche possibile osservare casi di SAG NC con
mutazioni gravi, sia in eterozigosi che perfino in omozigosi, a conferma dell’associazione non strettamente obbligata fra genotipo e
fenotipo (Wasniewska et al, J Endocrinol Invest 2006, in press).
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Problematiche andrologiche
di più frequente riscontro
in età evolutiva: riflessioni
in termini di prevenzione
Silvano Bertelloni, Eleonora Dati, Ambra Bartoli, Giuseppe Saggese
Sezione di Medicina dell’Adolescenza, Dipartimento di Pediatria
Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa
Riassunto
La conoscenza dei problemi andrologici nell’infanzia e nell’adolescenza ha avuto importati sviluppi negli
ultimi anni, essendo stata meglio definita la loro epidemiologia e i loro effetti sulla salute riproduttiva sia a breve che a
lungo termine.
In questo lavoro, vengono brevemente descritti i risultati di alcuni recenti studi in termini di diagnosi, terapia e follow-up
per quanto riguarda alcune delle più frequenti patologie andrologiche del bambino e dell’adolescente (criptorchidismo,
varicocele, microlitiasi testicolare).
Parole chiave: andrologia pediatrica, critptorchidismo, varicocele, microlitiasi testicolare, prevenzione infertilità.
Andrological disorders in children and adolescents: preventive
strategies
Summary
In the last years, some studies better defined the issues related to andrological disorders of children and adolescents and their short and long term effects on reproductive health. Thus, relevant data on diagnosis, treatment and followup of some andrological disorders, as cryptorchidism, varicocele, testicular microlitiasis, will be summarized and discussed.
Key words: pediatric andrology, cryptorchidism, varicocele, testicular microlithiasis, fertility prevention.
Introduzione
Nell’ambito delle patologie andrologiche nel bambino e nell’adolescente, si possono individuare, dal punto di vista della frequenza, quattro gruppi principali (Tabella 1). Le patologie di frequente osservazione sono quelle con cui tutti i pediatri e, più in
generale, tutti i medici si trovano a confrontarsi nel corso della
loro attività professionale, come criptorchidismo e varicocele. Vi
sono poi quelle di non rara osservazione e quelle di rara osservazione. È stato poi prospettato un capitolo emergente relativo
alla patologia da contaminazione ambientale che rimane però da
meglio definire e la cui prevenzione è sicuramente più complessa dell’intervento dei singoli medici (Tabella 1).
In questa sede, saranno prese in esame alcune delle situazioni
più frequenti, soprattutto per quanto riguarda le possibilità di prevenzione in età evolutiva dei loro effetti negativi in età adulta.
Criptorchidismo
Con il termine criptorchidismo si indica quella condizione clinica
caratterizzata dalla mancata discesa di uno o ambedue i testicoli nello scroto con arresto lungo il fisiologico tragitto di discesa
(1). Tale condizione rappresenta la più frequente anomalia dell’apparato riproduttivo nell’uomo (2) e riveste a tutt’oggi un particolare interesse sia per i molteplici quadri clinici a cui può esse-
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Problematiche andrologiche di più frequente riscontro in età evolutiva:
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
riflessioni in termini di prevenzione
Basi fisiopatologiche
Tabella 1. Principali patologie andrologiche
nel bambino e nell’adolescente.
Nonostante i progressi che vi sono stati nella individuazione dei
meccanismi di discesa del testicolo nello scroto, le basi fisiopatologiche del criptorchidismo rimangono ancora oggi non del
tutto note (1). In linea generale si ritiene che la mancata discesa
nella gonade possa essere riconducibile a cause endocrine,
anatomiche e genetiche (1, 2, 4-6).
Tutti questi fattori possono essere infatti implicati nel determinare il “sintomo” criptorchidismo; ogni singolo bambino che si presenta con la mancata discesa di uno o ambedue i testicoli nello
scroto, richiede quindi un’accurata valutazione al fine di ottimizzare i percorsi diagnostici-terapeutici e l’outcome in età adulta,
oltre a poter fornire il più adeguato counseling genetico.
Di frequente osservazione
Criptorchidismo
Ginecomastia
Varicocele
Di non rara osservazione
Epididimite
Macrorchidismo
Microlitiasi testicolare
Torsione testicolare
Di rara osservazione
Ambiguità dei genitali
Ipogonadismi (primitivi, secondari)
Tumori gonadici
Terapia
Patologia gonadica da contaminazione ambientale
da V. De Sanctis, 2003
La terapia del criptorchidismo può essere medica e/o chirurgica
(2, 3). In Tabella 2 sono riportati i principali ormoni utilizzati nel trattamento medico del criptorchidismo, i relativi schemi terapeutici e
le dosi usualmente utilizzate nella pratica clinica (3, 7). Le maggiori esperienze cliniche sono quelle relative alla gonadotropina
corionica (hCG), con azione LH-simile, e alla gonadorelina
(GnRH) (3, 7). Tali ormoni sono stati utilizzati da soli o in associazione tra loro o in combinazione con altri farmaci (Tabella 2).
re associata nelle forme a patogenesi complessa (patologie
endocrine, disordini della differenziazione sessuale, sindromi
malformative) sia per il rischio di infertilità e di neoplasia in età
adulta presente anche nel criptorchidismo isolato (1, 2).
Per tali motivi il criptorchidismo può essere considerato una vera
e propria patologia sociale. Tenendo presente che è affetto da
criptorchidismo il 3-5% dei nati a termine e il 9-30% dei nati pretermine (1) e che in Italia nascono circa 280.000 maschi, si può
calcolare che nel nostro paese si abbiano ogni anno circa
15.000-20.000 nuovi casi.
Sebbene molti di questi neonati possono presentare una discesa spontanea dei testicoli nel I anno di vita, teoricamente circa
3.000-4.000 bambini restano criptorchidi. Tuttavia, diverse incertezze ancora sussistono su questo argomento. Ciò dipende probabilmente dall’esiguo numero di studi clinici randomizzati su
casistiche omogenee, per valutare la reale efficacia dei vari tipi di
trattamento, medico e chirurgico, e dai pochi studi di follow-up a
lungo termine (2, 3).
a. I risultati sulla discesa testicolare
Nei numerosi studi clinici della letteratura esiste una estrema
variabilità di risultati con la terapia ormonale. Ciò può essere attribuito a vari fattori, come differente numerosità ed omogeneità
delle casistiche esaminate, tipo di terapia, età di trattamento,
posizione del testicolo ritenuto, accurata esclusione o meno di
testicoli retrattili (2, 3, 7-10).
Per valutare la reale efficacia dell’hCG e del GnRH utilizzati da soli
nell’indurre la discesa di testicoli criptorchidi nello scroto, un'analisi critica della letteratura (7) ha preso in esame i dati dei principali 33 studi non randomizzati comparsi in letteratura tra il 1958
e il 1990 per un totale di 4524 testicoli ritenuti. Nello stesso stu-
Tabella 2. Criptorchidismo: terapia ormonale.
Farmaci e schemi terapeutici disponibili (da 3).
Farmaco
Schema terapeutico
hCG
bambini < 2 anni: 500 UI/sett. per 6 settimane
bambini 2-6 anni: 1000 UI/sett. per 6 settimane
GnRH
1200 µg/die (200 µg per narice per 3 volte al giorno) per 28 giorni
hCG + hMG*
come hCG + hMG 75 UI sett. per 6 settimane
GnRH+hCG
come GnRH + hCG 1500 UI sett. per 3 settimane
*non approvato dal Ministero della Salute per l’uso nel criptorchidismo
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Tabella 3. Criptorchidismo: terapia ormonale e terapia chirurgica.
Risultati terapeutici (da 3, modificata).
Età anni
Farmaco
Testicoli trattati n
Risposte positive %
Riferimenti bibliografici
Placebo*
-
472
19 (4 %)**
11
hCG*
-
148
28 (18.9%)
11
GnRH*
-
554
116 (20.9%)°
11
hCG+hMG^
1-11
214
75 (35.0%)
12
GnRH+hCG^
0.3-13
389
149 (38.3%)
13, 14
Orchidopessi
6.25
2491
2082 (83.6%)
16
*dati ricavati da una metanalisi di 9 trials randomizzati (anni 1975-1990) per un totale di 1174 testicoli criptorchidi; **p < significativamente
differente rispetto ai gruppi trattati con hCG e GnRH; °p = NS vs hCG; ^studi non randomizzati
Tabella 4. Criptorchidismo Inguinale Monolaterale (età 10-48 mesi).
Effetto dei vari schemi di terapia ormonale sulla discesa testicolare (da 10, modificata).
hCG
n (%)
hCG+hMG
n (%)
GnRH
n (%)
GnRH+hCG
n (%)
Totale
n (%)
TC
37
39
39
40
155
DT
8 (21.6)
7 (17.9)
6 (15.4)
9 (22.5)
30 (19.3)
Riascesa
1
2
1
3
7
DTP
7 (18.9)
5 (12.8)
5 (12.8)
6 (15.0)
23 (14.8)
Dati a breve termine
Dati a lungo termine
TC = testicolo criptorchide; DT = discesa testicolare; DTP = discesa testicolare permanente
dio è stata inoltre condotta una metanalisi su 9 studi randomizzati in doppio cieco effettuati tra il 1975 e il 1990 per un totale di
1174 testicoli criptorchidi. Negli studi non randomizzati, è stato
rilevato un successo, definito come la discesa della gonade nello
scroto, lievemente superiore per il GnRH (47%) rispetto all’hCG
(33%). Tale differenza non era invece presente prendendo in considerazione solo gli studi randomizzati nei quali è stata rilevata
una percentuale non significativamente differente di successi
con i due tipi di trattamento ormonale (hCG 19% e GnRH 21%
negli studi che non avevano escluso con sicurezza i testicoli
retrattili; hCG 19% e GnRH 12% negli studi che avevano escluso
i testicoli retrattili) (Tabella 3). La terapia ormonale è risultata inoltre significativamente più efficace del placebo (Tabella 3).
Per cercare di spiegare la variabilità di risposta nei singoli studi
clinici, è stato analizzato l’impatto di alcuni parametri sulla risposta al trattamento medico. La posizione della gonade ritenuta è
risultata il parametro più importante; la massima efficacia è stata
riscontrata nei testicoli prescrotali (59%) e scrotali alti (57%),
mentre quella minima è stata rilevata nelle gonadi ritenute in
sede addominale (14%). Nei testicoli inguinali è stato trovato un
risultato intermedio (47%) (7). Non sono state invece rilevate differenze significative nell’efficacia delle due terapie ormonali in
rapporto al tipo di criptorchismo (monolaterale o bilaterale) e
all’età al momento del trattamento (7). Le altre modalità di trattamento ormonale hanno dato percentuali di successo analoghe a
quelle degli altri schemi terapeutici (Tabella 3) (8, 9).
Per comparare l'efficacia delle varie forme di terapia ormonale
abbiamo valutato un gruppo omogeneo di bambini con criptorchidismo inguinale monolaterale. I nostri risultati hanno messo in
evidenza risultati simili con i vari tipi di trattamento e un’efficacia
abbastanza scarsa (Tabella 4) (10). Non sono inoltre emerse differenze in base all'età del bambino al momento dell’esecuzione
della terapia. Il nostro studio ha anche messo in evidenza che
tutte le varie terapie ormonali sono gravate da un certo numero
di riascese secondarie, cioè dalla risalita in posizione extrascrotale del testicolo dopo una risposta positiva a breve termine
(Tabella 4), confermando alcuni dati della letteratura (3, 7-9). Tale
rilievo indica la necessità di rivalutare il paziente dopo alcuni
mesi dalla sospensione del trattamento prima di dare un giudizio
definitivo sull'efficacia della terapia medica (3). Analoghi risultati
sono stati riportati in un successivo studio comparativo (11). In
sintesi, la risposta alla terapia ormonale, se si escludono i testicoli retrattili, da risultati positivi, in termini di discesa sei testicoli
nello scroto, in non più del 20% (2). Per quanto riguarda l'orchi-
48
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Problematiche andrologiche di più frequente riscontro in età evolutiva:
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
riflessioni in termini di prevenzione
nità, che dovrebbe invece rappresentare il parametro più importante da tenere in considerazione (2). Infine, per quanto riguarda
l'influenza dell'età di trattamento, sono disponibili solo pochi dati
relativi all'evoluzione in età adulta dei bambini trattati precocemente, cioè entro il 1° e 2° anno di vita (3). Di recente è stato
dimostrato che il riposizionamento precoce dei testicoli nello
scroto entro il rimo anno di vita determina un catch-up growth
della gonade ritenuta, mentre si osservava un arresto di crescita
nelle gonadi in cui l’intervento di orchidopessi era stato posticipato al 3° anno di vita (14). Tale rilievo potrebbe indicare un effetto positivo dell’intervento molto precoce sulla fertilità in età adulta (15), anche se altri dati di folllow-up a lungo termine non indicherebbero differenze sostanziali in termini di ologo-azospermia
tra soggetti adulti operrati per criptorchidismo prima o dopo il 2°
anno di vita (16). Una revisione di oltre 1900 pazienti ha messo
in evidenza una importante riduzione della percentuale di azoospermia in soggetti con criptorchidismo bilaterale trattati rispetto
a quella dei pazienti non trattati (17). È stata invece rilevata una
analoga percentuale di azoospermia in adulti ex-criptorchidi
monolaterali trattati con terapia medica o chirurgica rispetto a
quelli non trattati (Tabella 5) (17).
È stato quindi prospettato che, mentre la terapia, medica e/o chirurgica, potrebbe determinare un miglioramento della funzione
esocrina testicolare nei pazienti con criptorchidismo bilaterale; il
trattamento potrebbe essere meno influente ai fini della fertilità nei
pazienti con criptorchidismo monolaterale (15, 17, 18). In questi
ultimi, la fertilità sarebbe inoltre meno compromessa di quanto
ritenuto in passato (15). Tale ipotesi sembra essere avvalorata da
recenti dati sulla paternità di adulti ex-criptorchidi monolaterali nei
quali non sono state rilevate differenze significative rispetto ai
controlli [322/359 (89.7%) vs 413/443 (93.2%)] indipendentemente dall’età in cui il testicolo era stato riposizionato nello scroto (15,
18). Tali rilievi suggeriscono che, in alcuni pazienti con criptorchidismo, potrebbe essere presente una displasia primitiva della
gonade, che si manifesterebbe con la mancata discesa del testicolo in epoca infantile e con l'infertilità in età adulta indipendentemente dalle modalità di management (2, 3, 6).
Per quanto riguarda l’età al momento del trattamento sulla fertilità in
età adulta, uno studio a lungo termine su 51 pazienti operati tra i 10
mesi e i 12 anni e rivalutati tra i 16 e i 28 anni ha messo in eviden-
dopessi chirurgica, un'analisi dei risultati pubblicati in letteratura
negli ultimi 70 anni, per un totale di 8425 testicoli criptorchidi, ha
dimostrato un percentuale media di insuccessi pari al 16%
(Tabella 3) (12). Tale percentuale risultava simile anche per gli
studi tra il 1985 e il 1995, suggerendo che il miglioramento delle
tecniche operatorie non abbia determinato variazioni considerevoli nell'outcome del testicolo ritenuto trattato chirurgicamente
(12). Come nel caso della terapia medica, la maggiore percentuale di insuccessi è stata rilevata nei testicoli ritenuti in sede
addominale (12, 13).
b. I dati sulla sulla fertilità in età
adulta
Questo aspetto rappresenta quello ancora meno definito nell'ambito della terapia ormonale ed anche di quella chirurgica del
criptorchidismo (3), in quanto la valutazione dell'efficacia del trattamento viene usualmente effettuata in base alla discesa dei
testicoli nella loro sede naturale, presupponendo che, con il riposizionamento dellla gonade nello scroto, si possa determinare, in
tutto o in parte, anche di una reversibilità od un arresto degli
effetti collaterali legati alla malposizione (1-3). Si tratta in realtà di
un “end point” surrogato, in quanto facilmente valutabile in un
breve periodo di tempo, mentre gli “end points” veri sono la riduzione dell'infertilità e del rischio neoplastico in età adulta nei soggetti trattati rispetto a quelli non trattati (2, 3). Tali end points sono
difficilmente valutabili in quanto richiedono studi di follow-up protratti per lungo tempo (3). Inoltre, per quanto riguarda la fertilità
non vi è uniformità di consensi, in quanto nella maggioranza
degli studi è stato valutato il liquido seminale, ma non la pater-
Tabella 5. Criptorchidismo: Azoospermia in pazienti adulti
con criptorchidismo molaterale e bilaterale (da 17, modif.)
Bilaterali
(n. 661)
Monolaterali
(n. 1.255)
Terapia medica
32.0% (46/142)
13.3% (28/210)
Terapia chirurgica
46.4% (224/484) 13.3% (126/942)
Non trattati
88.6% (31/35)
13.6% (10/73)
Tabella 6. Criptorchidismo Monolaterale: paternità in età adulta (da 18, modificata).
Età orchidopessi
anni
Paternità
%
Localizzazione
gonade
Paternità
%
0-1.9
87.0
intraaddominale
83.3
2-4.9
91.5
anello ing. interno
100
5-7.9
85.9
canale inguinale
89.3
8-10.9
85.7
anello ing. esterno
88.0
>10.9
89.9
scroto alto
88.0
49
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
si deve impostare l’iter terapeutico di
concerto con il pediatra endocrinologo e
il chirurgo pediatra;
nei testicoli non palpabili (addominali o inguinali alti) l’orchidopessi chirurgica rappresenta la terapia di scelta per la
scarsa efficacia della terapia ormonale in
questi pazienti (2, 7-10). L'intervento chirurgico rappresenta inoltre la terapia
elettiva nelle seguenti condizioni: criptorchidismo associato ad ernia o instauratosi dopo erniotomia, ectopia testicolare;
nei testicoli palpabili (inguinali e prescrotali) potrebbe essere effettuato un
Figura 1. Possibile percorso diagnostico terapeutico per il criptorchidismo nell’ambito dell’area pediatrica
ciclo di terapia medica (3, 9). La scelta
con interventi coordinati e in collaborazione tra neonatologo, pediatra di famiglia, pediatra endocrino-logo e
del tipo di trattamento ricadrà soprattutto
chirurgo pediatra. Dopo il riposizionamento della gonade dello scroto, il PdF ha compiti di follow-up
per verificarne crescita e posizione; il pediatra endocrinologo dovrebbe rivalutare il paziente alla pubertà.
sull’esperienza del medico per l’equivalenza in termini di discesa del testicolo
nello scroto tra le varie terapie ormonali riportate in tabella 1
za che i bambini operati prima dei 4 anni avevano uno spermio(10, 11). Una recente Consensus indica comunque l’approcgramma normale o quasi indipendente dalla presenza di criptorcio chirurgico come quello di prima scelta indipendentemenchidismo monolaterale o bilaterale; solo in quelli operati dopo i 4
te dalla posizione del testicolo ritenuto (2).
anni sono stati trovati soggetti oligo-azoospermici (9 % nel gruppo
l’iter terapeutico (medico e/o chirurgico) deve essere compledei molaterali, 50% in quello dei bilaterali) (20). Inoltre, i pazienti sottato entro il 1-2° anno di vita per ridurre il rischio di infertilità
toposti ad orchidopessi ad un età più precoce mostrano da adulti
nell’adulto post-criptorchide, soprattutto per quanto riguarda i
migliori valori di FSH e inibina B, markers della funzione testicolare
bambini con criptorchidismo bilaterale (2, 13, 15, 20);
esocrina, rispetto a quelli trattati in età più avanzate (15). Tuttavia, la
dopo il riposizionamento dei testicoli nello scroto vi è la
paternità di adulti ex-criptorchidi monolaterali trattati solo chirurginecessità di un lungo e accurato follow-up del paziente excamente, non presenta differenze in rapporto all’età dell’orchidocriptorchide per valutare, nel bambino, eventuali recidive
pessi. e alla localizzazione della gonade (Tabella 6) (18).
dopo successo della terapia medica, nell'adolescente, l’acquisizione delle capacità riproduttive e, nell'adulto, precoci
segni di un'eventuale degenerazione neoplastica della gonaUn tentativo di sintesi
de. Il pediatra di famiglia, sempre durante i bilanci di salute
in termini di prevenzione
previsti a 2-3 anni, 5-6 anni e 10-12 anni (21), ha quindi il
della fertilità
compito di verificare che la gonade rimanga in sede, il suo
trofismo e le sue dimensioni. In tali occasioni il pediatra ha
Sulla base di quanto rilevato, è possibile suggerire il seguente iter
inoltre l’opportunità di individuare i casi di riascensioni seconassistenziale al fine di un’efficace opera di prevenzione dei danni
darie, cioè di testicoli normalmente discesi nello scroto e poi
testicolari in età adolescenziale e adulta:
risaliti all’interno del canale inguinale, oggi ritenuti meno rari
la valutazione della sede dei testicoli deve essere effettuata in
che in passato (22).
tutti i neonati maschi alla nascita ed annotata nella loro cartella
Questo modello (Figura 1) rappresenta un sistema di prevenzioclinica. Poiché il riflesso cremasterico è assente in questa
ne ottimale, affidato a personale medico specialistico, il pediatra,
epoca della vita, l’individuazione di un criptorchidismo è particapillarmente diffuso a livello territoriale e ospedaliero. Le cosidcolarmente facile a questa età e non si hanno false diagnosi
dette “indagini di screening”, ad esempio nella scuola, a volte
legate a testicoli in ascensore (2, 3). Se le gonadi sono ritenute,
propagandate come metodologia ottimale di prevenzione androil neonatologo deve provvedere a segnalare il problema al
logica, rispetto a un sistema di questo tipo sono un modello arrepediatra di famiglia (PdF), che prende in carico il neonato dopo
trato sia dal punto di vista organizzativo che culturale, in quanto
la dimissione dal nido. Successivamente, durante i bilanci di
si verrebbe a rilevare la patologia solo quando non è più possisalute che sono effettuati in tutti i lattanti a 15-45 giorni, 2-3
bile prevenire i danni della linea germinale, oltre a determinare un
mesi, 4-6 mesi, 7-9 mesi e 12 mesi (21), il PdF deve assumersi
ulteriore incremento dei costi.
il compito di verificare la sede dei testicoli e l’eventuale disceSi deve poi considerare che per il bambino la visita di una regiosa spontanea del testicolo nello scroto.
Se il criptorchidismo viene confermato a 6-9 mesi, a quest’età
ne “particolare” come quella genitale da parte del pediatra, con
50
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Problematiche andrologiche di più frequente riscontro in età evolutiva:
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Figura 2.
Prevalenza varicocele
(età 9 – 16 aa; n. 3.748)
[da A. Radicioni et al, (23)].
riflessioni in termini di prevenzione
l’insorgenza del varicocele e indica la
necessità di ricercarne, mediate un’accurata valutazione delle gonadi, la presenza negli adolescenti (Tabella 7).
Nonostante la diffusione di indagini strumentali per l’individuazione del varicocele (ecografia scrotale, termografia, ecocolor doppler, flebografia delle vene
spermatiche), la palpazione manuale
dello scroto secondo le indicazioni riportate in Tabella 7 rimane pertanto il “gold
standard” per l’individuazione di questa
patologia (26, 27, 28).
Sebbene l’esatto meccanismo con cui il
varicocele altera la fertilità rimanga non
del tutto elucidato (aumentata temperatura del testicolo, reflusso
di cataboliti tossici, ispessimento della lamina propria, aumentati livelli di ossido nitrico) (27), il rilievo della presenza di un reflusso occulto nel testicolo destro, in soggetti con varicocele sinistro
clinicamente evidente, potrebbe rappresentare la base fisiopatologia per spiegare come una malattia, usualmente ritenuta
monolaterale, potrebbe interferire con la funzione esocrina del
testicolo, risultando in realtà bilaterale molto più spesso di quanto ritenuto (29). Tale rilievo potrebbe inoltre contribuire a chiarire
l’incertezza che ancora accompagna la capacità dell’intervento
di varicelectomia sinistra di preservare o restaurare le capacità
riproduttive (27, 30, 31).
Un recente studio (32) ha rilevato migliori paramentri seminali e
un minor tasso di oligo-azospermia in giovani adulti operati in
età adolescenziale per varicocele selezionati per l’intervento
sulla base della presenza strumentale di reflusso spontaneo e
continuo in posizione eretta. Tale studio suggerisce un miglior
outcome in pazienti precocemente operati, confermando precedenti dati che hanno dimostrato la presenza di paternità nel
100% di giovani adulti operati per varicocele prima dei 21 anni
di età (33) e, in studi longitudinali, un miglioramento dei parametri seminali dopo l’intervento di variceletomia effettuato in età
adolescenziale (34).
Tutti questi rilievi andranno comunque confermati su più ampie
casistiche, omogenee dal punto di vista clinico e genetico, e, possibilmente, mediante studi randomizzati. I criteri con cui selezionare i soggetti da sottoporre a intervento chirurgico di varicelectomia rimangono infatti non del tutto definiti (Tabella 8) (27, 35).
Per quanto riguarda la realizzazione di un efficace sistema di prevenzione, anche nel campo del varicocele questo non può che
non essere basato sul coinvolgimento del PdF, che durante i
bilanci di salute, già prima dell’età puberale, deve offrire al bambino e alla sua famiglia un adeguato counseling sulle problematiche andrologiche oltre ad individuare eventuali anomalie
(Figura 3). Nel bilancio di salute a 10/12 anni e, nelle regioni che
lo prevedono, in quello di 12/14 anni, il pediatra deve effettuare la
valutazione dello stadio di sviluppo puberale, la verifica della sede
cui ha instaurato ormai un rapporto di amicizia e di confidenza, non rappresenta un
problema psicologico, che può invece verificarsi con altri approcci assistenziali.
Varicocele
Il varicocele rappresenta la patologia andrologica più frequente
ad insorgenza in età adolescenziale, la cui causa va ricercata,
nella grande maggioranza dei soggetti, in una insufficienza venosa del plesso pampiniforme con conseguente reflusso venoso
(23). Tale patologia sembra determinare, in assenza di interventi
terapeutici, un danno progressivo della linea germinale (24),
anche se non tutti gli autori concordano su questo aspetto (25).
In circa il 90% dei ragazzi, il varicocele è a carico dello scroto
sinistro; inoltre, è quasi assente nel bambino prepubere, presenta un progressivo incremento fino allo stadio 3-4 dello sviluppo
puberale, valutato secondo i parametri di Tanner, per poi stabilizzarsi allo stadio G5 intorno al 15% della popolazione adolescenziale maschile, che è una percentuale sovrapponibile a quella
rilevata negli adulti (23) (Figura 2).
Tale rilievo dimostra che le modificazioni anatomiche e funzionali del testicolo che si verificano alla pubertà sono alla base del-
Tabella 7. Varicocele nell’adolescente:
valutazione clinica (da 26, 27).
Rilevare:
Lo stadio puberale (standard di Tanner)
La volumetria testicolare (orchidometro di Prader)
In ortostatismo, la presenza di varicocele palpabile/
visibile (grado II / III) o di un varicocele evocabile
solo durante l’esecuzione della manovra di Valsalva
(grado I)
In clinostatismo, la scomparsa del varicocele
(varicocele idiopatico)
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
medici di medicina generale verso i 16 - 18 anni, come
deliberato dalla Regione Sicilia. Si verrebbe così anche
a superare le problematiche determinate dall’abolizione
della visita di leva obbligatoria, che ha rappresentato per
lungo tempo una possibilità di screening, sebbene tardivo, per le patologie andrologiche.
Del resto, un sistema come quello prospettato che
riconduca nell’ambito delle cure primarie gli interventi
di prevenzione è in linea con le indicazioni dei più
recenti Piani Sanitari Nazionali, che individuano la
necessità di “Promuovere il Territorio quale primaria
sede di assistenza e di governo dei percorsi Sanitari e
Socio Sanitari”, mediante una linea che inverte il tradizionale sistema di offerta sanitaria fondata prioritariamente sull'ospedale o i servizi che attendono i cittadini, a favore di una linea che identifica il territorio quale
soggetto attivo che intercetta il bisogno sanitario ancora prima della sua manifestazione e si fa carico delle necessità
socio-assistenziali dei cittadini.
Figura 3. Possibile modello di prevenzione per la individuazione precoce
del varicocele nell’ambito del sistema delle cure primarie.
e delle dimensioni dei testicoli e la palpazione dello scroto per la
ricerca della presenza di varicocele (36). Un ottimale sistema assistenziale, dovrebbe anche prevedere dei protocolli di transizione,
cioè un programma coordinato e concordato di passaggio dalle
cure pediatriche a quelle della medicina dell’adulto, che guidi la
presa in carico globale del ragazzo e delle sue problematiche da
parte del medico di medicina generale (37). In questo senso, non
solo per quanto riguarda la prevenzione andrologica, potrebbe
essere utile instaurare almeno un bilancio di salute effettuato dai
Microlitiasi testicolare
La microlitiasi testicolare (MT) rappresenta una condizione generalmente asintomatica ad eziologia incerta, molto rara in passato ma
che viene oggi più frequentemente messa in evidenza in seguito ad
Tabella 8. Indicazioni alla varicelectomia nell’adolescente (da 26, 27, 35).
Criterio
Problemi aperti
Rilievo oggettivo di ipotrofia del
testicolo omolaterale al varicocele
rispetto al controlaterale
Mancata definizione univoca del grado di ipotrofia a cui intervenire (riduzione
del volume testicolare tra il 10 e il 25% o di 2 - 3 ml rispetto al controlaterale).
Mancata correlazione tra il grado di ipotrofia cutilizzato come cut-off e la fertilità
in età adulta.
Assenza di un metodo unico di valutazione del volume testicolare.
Possibilità di una “fisiologica asimmetria” nel volume testicolare durante l’adoelscenza.
Varicocele molto grande
Assenza di studi prospettici che correlino il grado di varicocele con l’ipo-/infertilità
in età adulta.
Variabilità interoperatore nel giudicare la grandezza del varicocele.
Assenza di correlazione tra “grandezza” del varicoacele e danno dei parametri seminali
Varicocele sintomatico
Sintomatologia dolorosa poco presente in età adolescenziale
Varicocele bilaterale
Assenza di letteratura sull’outcome in età adulta (anche se si tratta di un atteggiamento
prudenziale da molti condiviso)
Testicolo unico
Assenza di letteratura sull’outcome in età adulta (anche se si tratta di un atteggiamento
prudenziale da molti condiviso)
Alterazione delle indagini
ormonali/seminali
Assenza di chiari livelli di cut-off e dei parametri endocrini da utilizzare a tale scopo.
Difficoltà di ottenere campioni di liquido seminale in maniera standardizzata negli
adolescenti.
Mancanza di parametri seminali di riferimento universalmente accettati e adeguati
per i vari stadi puberali.
Problemi etici nel richiedere un esame del liquido seminale negli adolescenti
(prima e dopo la terapia chirurgica).
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Problematiche andrologiche di più frequente riscontro in età evolutiva:
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
riflessioni in termini di prevenzione
Tabella 9. Microlitiasi testicolare:
condizioni cliniche associate (38, 39).
AIDS
Criptorchidismo
Lentiggini multiple
Microlitiasi alveolare polmonare
Neoplasie testicolari
Neurofibromatosi
Pesudoermafroditismi maschili
Sindrome di McCune-Albright
Sindrome di Klinefelter
Sub-fertilità
Torsione testicolare
Varicocele
Figura 4. FB, età 8.5 anni. Ecografia scrotale: è evidente la presenza
di microlitiasi testicolare diffusa del parenchima testicolare
(sonda lineare 7.5 MHz).
una più ampia diffusione dell’esame ecografico dei testicoli (38).
Sebbene non si abbiano dati certi, si ritiene che la prevalenza di
questa condizione sia variabile dallo 0.6 al 9.0 % a seconda delle
casistiche e delle metodiche utilizzate (38-40). Inoltre sembra
essere più frequente nei bambini (circa 1:600) che negli adulti
(circa 1: 2000) (37). Dal punto di vista istopatologico, si tratta di
un deposito di sali di calcio all’interno dei tubuli seminiferi, che si
può mettere in evidenza ecograficamente come spot iperecogeni
delle dimensioni di 1-3 mm diffusi all’interno del parenchima testicolare (38-40) (Figura 4). A seconda del numero di spot iperecogeni, alcuni Autori distinguono una microlitiasi testicolare classica
(numero di spot per singola immagine ecografia > 5) da una
microlitiasi testicolare lieve (numero di spot per singola immagine
ecografia < 5) (39).
Le principali condizioni cliniche associate a microlitiasi testicolare
sono riportate in Tabella 9 (41); più raramente tale condizione è
stata rilevata in soggetti con testicoli in ascensore.
Un aspetto rilevante dal punto di vista prognostico è rappresentato dal fatto che la microlitiasi testicolare potrebbe rappresentare un fattore di rischio per ipo-/infertilità in età adulta (42) e soprat-
tutto per neoplasia testicolare (38, 39, 42). L’intervallo tra il rilievo
di microlitiasi testicolare e la diagnosi di tumore gonadico è risultato variabile tra 10 mesi e 11 anni (39, 41). In Tabella 10 sono
riportati i vari tipi di neoplasia testicolare associati a microlitiasi.
Secondo alcuni autori, ambedue le condizioni, cioè microlitiasi
testicolare e carcinoma, potrebbero essere l’espressione clinica
di un comune meccanismo patogenetico, di cui il primum
movens potrebbe essere la cosidetta sindrome da disgenesia
testicolare, caratterizzata da una degenerazione congenita delle
cellule germinali (43).
Le cellule displasiche andrebbero incontro a calcificazione, da cui
la microlitiasi nel bambino e nell’adolescente, sarebbero poi
responsabili dell’ipoferilità nell’adulto per riduzione del potenziale
spermatogenetico e potrebbero inoltre andare incontro a degenerazione la cui prima espressione sarebbe una forma di carcinoma in situ rilevabile mediante biopsia testicolare (43).
Tabella 10. Microlitiasi testicolare (MT) e neoplasia del testicolo.
Autore, anno
prevalenza
MT %
n. soggetti
con MT
Backus, 1994
-
42
soggetti con MT in cui è stata
rilevata una neoplasia testicolare %
40
Batch, 2001
9.0
48
12
Bennett, 2001
-
39
18
Cast, 2000
0.7
33
21
Derogee, 2001
4.6
63
46
Ganem, 1999
2.0
22
36
Ikinger, 1982
-
32
80
Middleton, 2002
3.7
40
8
Peterson, 2001
5.6
84
4
Sakamoto, 2006
4.7
46
17
53
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Tabella 11. Possibile follow-up negli adolescenti con microlitiasi testicolare (38, 39, 41).
Assenza di ulteriori fattori di rischio per neoplasia testicolare
Periodica autopalpazione dei testicoli
Controllo clinico annuale da parte del pediatra di famiglia o del medico di medicina generale
Visita specialistica quando necessaria (sintomatologia clinica)
Presenza di ulteriori fattori di ri-schio per neoplasia testicolare*
Autopalpazione mensile dei testicoli
Controllo clinico annuale da parte di uno specialista
Ultrasuonografia gonadica annuale
*pregresso criptorchidismo, atrofia, infertilità, disgenesia gonadica, diagnosi di tumore nel testicolo controlaterale, ingestione di estrogeni
Non tutti gli autori, concordano però con questa teoria, ritenendo
che la microlitiasi testicolare potrebbe rappresentare unicamente
un reperto occasionale più facilemente individuabile per le migliori possibilità strumentali oggi disponibili (44).
In termini di prevenzione, rimane quindi da definire il management
clinico di un bambino e/o un adolescente nel quale sia stata individuata casualmente una microlitiasi testicolare. Da alcuni autori
è stato prospettato un protocollo piuttosto aggressivo con una
stretta sorveglianza clinica ed almeno un’ecografia gonadica
all’anno; altri, tenendo conto che potrebbe trattarsi di una condizione benigna, hanno prospettato che potrebbe non essere
necessario alcun programma di follow-up, almeno nelle forme
senza associati altri fattori di rischio (45). Un possibile programma di gestione che tenga conto della necessità di non allarmare
eccessivamente il ragazzo e i suoi genitori in conseguenza delle
incertezze che ancora contraddistinguono questa nuova condi-
zione unitamente alla scarsa conoscenza della sua storia clinica
e al contempo di non abbandonare l’adolescente è riportato in
Tabella 11 (38, 39, 41). L’esecuzione di più approfondite indagini
diagnostiche, come markers tumorali, CT o RM della pelvi e dell’addome, biopsia testicolare, non sembra al momento attuale
giustificata in assenza di specifici fattori di rischio (39).
Un più stretto follow-up è invece indicato in bambini e adolescenti con associati altri fattori di rischio per neoplasia testicolare (45).
Rimane la necessità di programmare degli studi prospettici per
capire la reale incidenza della microlitiasi testicolare nella popolazione pediatrica generale e il suo significato predittivo nei confronti dell’infertilità in età adulta e delle neoplasie gonadiche,
anche ai fini di non creare eccessivi allarmismi o, al contrario, di
non adeguatamente prendere in considerazione una lesione che
potrebbe comunque permettere di selezionare soggetti a rischio
di patologia andrologica.
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Corrispondenza:
Dr. Silvano Bertelloni
Sezione di Medicina dell’Adolescenza, Dipartimento di Pediatria
Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana
Via Roma, 67 - 56125 Pisa
Tel. 050/992.743 - Fax 050/993.181
e-mail: [email protected]
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Approccio diagnostico
e terapeutico del varicocele
Guglielmo Mazzoni
Clinica “Salvator Mundi”, Roma
Riassunto
Il varicocele può essere definito come una dilatazione abnorme delle vene del plesso pampiniforme dovuto al flusso invertito (reflusso) nel sistema venoso spermatico. Il varicocele viene considerato essere la più frequente
causa di sterilità maschile. Poiché si manifesta alla pubertà la sua individuazione e se necessario trattamento precoci
consentono di prevenire alterazioni testicolari irreversibili. L’incidenza del varicocele si aggira sul 15% e devono essere
stabiliti precisi criteri di selezione dei pazienti che possono beneficiare di un trattamento. La valutazione Doppler consente di individuare i pazienti con reflusso continuo, spontaneo in stazione eretta ai quali viene consigliato il trattamento indipendentemente dall’età e dalla presenza di ipotrofia testicolare.
Anche sulla metodica di trattamento più opportuna nel giovane paziente c’è ampia divergenza di opinione. Vengono
descritte le metodiche classiche di legatura retroperitoneale e inguinale e quella microchirurgica subinguinale. Le metodiche sclerosanti hanno acquisito grande consenso negli ultimi 10 anni per la loro mininvasività, i bassi costi e, quindi,
maggior accettazione da parte dei pazienti.
Parole chiave: varicocele, infertilità, adolescenza.
Diagnostic and therapeutic approach to varicocele
Summary
Varicocele can be defined as an abnormal tortuosity and dilation in the pampiniform plexus of the veins in
the scrotal sac due to retrograde flow in the spermatic venous system. Varicocele is thought to be the most frequent cause
of male infertility. Varicocele, arises in early puberty and, in most cases, shows no symptoms, should be prematurely diagnosed and, if necessary, treated, in order to prevent irreversible damages. The varicocele incidence arives to 15%, to prevent an overtreatment, well defined criteria should be identified to select subjects who benefit the most from varicocelectomy. A new but well defined and objective criterion in the selection of their adolescent patients to be treated, that is continuous and spontaneous reflux in standing position, assessed by Doppler evaluation, independently of age and the presence or not of testicular hypotrophy. The type of treatment of adolescent varicocele are still debated, although the same
methods as for adults have been used Varicocele is the most frequent cause of male infertility. Traditional surgical retroperitoneal, inguinal ligation, and the microsurgical subinguinal ligation are exposed. Sclerotherapy techniques, in the management of varicocele, have acquired an important role over the last 10 years. Compared with conventional surgical techniques, they offer the advantage of being less invasive which, in effect, means a much shorter time in Hospital, a more rapid
return to working life, lower costs and, therefore, greater patient compliance.
Key words: varicocele, male infertility, adolescence.
Introduzione
frequente causa di sterilità maschile, essendo presente in circa la
metà degli uomini che non possono avere figli. Studi epidemiologici hanno dimostrato che il Varicocele compare già nel giovane e l’incidenza nell’adolescente (circa il 20%) è uguale a quella dell’adulto
Il varicocele, ovvero la dilatazione eccessiva delle vene testicolari,
può, specie nell’adulto, essere causa di fastidio, senso di peso,
vero e proprio dolore a fitte o continuo. Però nella maggior parte dei
casi è asintomatico e la sua importanza deriva dal fatto che è la più
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Approccio diagnostico e terapeutico del varicocele
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
anche ad una visita medica, tanto che, in caso di sospetto, di dolori o di infertilità vengono consigliate indagini più approfondite
come il Doppler o l'eco-color-doppler.
(1). Lo sfiancamento delle vene comporta un ristagno di sangue
intorno al testicolo ed un rallentamento dei metabolismi della gonade stessa che, a lungo andare, è causa di alterazioni irreversibili
con conseguente possibile diminuzione della fertilità (2). L'ipotesi
più accreditata nel determinismo del danno testicolare ingravescente è quello della ipertermia. Infatti, i testicoli, al contrario delle
gonadi femminili, sono posizionati all'esterno del corpo, proprio per
avere una temperatura un po’ più bassa. La spermatogenesi (la
funzione testicolare di produrre gli spermatozoi) è molto sensibile
ad un aumento di temperatura e, nel Varicocele, il ristagno di sangue peritesticolare causa, appunto, uno squilibrio termico.
Come mai viene il Varicocele?
Sono ipotizzabili due ordini di fattori:
1. Fattori predisponenti: La familiarità innanzi tutto. Se in una famiglia è presente una o più persone con Varicocele, è più probabile
che anche il giovane in questione ne sia affetto. Lo stesso discorso vale anche per altre patologie venose come varici degli arti inferiori o emorroidi. È anche importante l’aspetto del giovane: infatti
più un ragazzo è alto e longilineo più frequente è il Varicocele.
Sono anche spesso presenti caratteri locali particolari come uno
scroto pendulo.
2. Fattori scatenanti: Senza dubbio quello più importante è la
pubertà. In questo periodo, infatti, sotto l’influsso ormonale, il testicolo, che di poco era cambiato dalla nascita fino a quel momento, si accresce rapidamente. È necessario, quindi, un iperafflusso
di sangue per consentire tutti i metabolismi necessari. Le vene
testicolari o spermatiche hanno un lungo decorso verso l’alto, sino
in prossimità dei reni e sono provviste di meccanismi valvolari unidirezionali che impediscono al sangue, mano a mano che arriva,
di ristagnare in basso attorno al testicolo. Se esistono delle condizioni predisponenti (assenza delle valvole, decorso e/o sbocco
anomalo delle vene, aumentata lunghezza delle vene stesse in
giovani longilinei), è proprio durante la pubertà che si può determinare un ingorgo venoso che porta a una dilatazione e sfiancamento delle vene (3). Anche alcune discipline sportive, esercitate
a livello agonistico, vengono ritenute essere, se non determinanti,
almeno favorenti la comparsa del Varicocele (4).
Diversità anatomiche favoriscono il formarsi del Varicocele a sinistra; raramente si manifesta solo a destra, mentre nel 15% circa è
bilaterale.
Come ci si può accorgere di avere un Varicocele?
Varicoceli di una certa rilevanza sono visibili e palpabili come le
vene varicose delle gambe. La situazione è molto più evidente se
ci si mette in piedi. Palpando le strutture funicolari, al di sopra del
testicolo in piedi ed esercitando una contrazione addominale
(come quando si soffia o si va di corpo), si può apprezzare che
queste vene tendono ad aumentare di volume. Questa è l'espressione del reflusso nel sistema venoso spermatico che è più evidente nella stazione eretta e durante la contrazione addominale. Il
rilievo soggettivo di una situazione di questo genere è, quasi sempre, espressione della presenza di un Varicocele. Non è, però,
vero il contrario, in quanto forme più modeste possono sfuggire
Indicazione al trattamento
in età adolescenziale
Poiché l'incidenza del varicocele nella popolazione maschile è nettamente superiore a quella della sterilità, al fine di una prevenzione, è necessario distinguere quelle forme che sono a maggior
rischio e quindi suscettibili di trattamento. Tutte le classificazione
cliniche sono estremamente operatore-dipendenti e legate al
momento della visita, capaci di variazioni in relazione allo stato psichico e alla collaborazione del giovane, come anche all'illuminazione e alla temperatura della stanza. La stessa valutazione del trofismo testicolare, pur con l'ausilio di un orchidometro, può essere
diversa tra più esaminatori, in considerazione anche del fatto che,
nel giovane prepubere, le dimensioni delle gonadi non hanno
ancora raggiunto quelle dell'adulto (5). Inoltre, abbiamo osservato,
nelle fasi iniziali, come anche altri Autori, la possibilità di ipertrofia
del testicolo affetto da varicocele. Questi fatti ci hanno indotto a
ritenere la universalmente accettata classificazione clinica di
Dubin-Amelar (6) ormai insufficiente a porre indicazione al trattamento del varicocele nell'adolescente.
Le metodiche diagnostiche
incruente e cruente
nell’adolescente con varicocele
Premesso che l’indicazione al trattamento del varicocele in età
pediatrica viene generalmente accettata se è presente un III grado
clinico o II con ipotrofia testicolare, poiché la sola clinica è operatore dipendente e suscettibile di variazioni anche significative tra
diversi esaminatori, si propone che accanto alla clinica ci sia una
valutazione strumentale che possa essere facilmente riproducibile.
Le metodiche di diagnosi incruente sono:
1. la velocimetria doppler da effettuarsi con paziente in piedi
(Tabella 1):
grado 0: assenza di rumore evocabile
grado 1: modesto e transitorio rumore evocabile con la manovra di
Valsalva
grado 2: rumore continuo che si arresta o non si modifica col
Valsalva (possibile iperafflusso, esame da ripetere dopo 6 mesi).
grado 3: rumore più o meno intenso prolungato evocabile con la
manovra di Valsalva (varicocele non grave che necessita di controlli ogni 6-12 mesi fino a 18 anni quando si può eseguire uno spermiogramma). In tale situazione il trattamento è indicato:
a) se è presente ipotrofia testicolare
b) soggetto monorchide
c) pregresso intervento x testicolo ritenuto
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
neo (queste ultime anche per via laparoscopica), ciascuna con
propri vantaggi e svantaggi.
Le legature retroperitoneali (7, 8):
Sono, probabilmente le tecniche più largamente utilizzate per la
cura del Varicocele. Hanno il vantaggio di essere abbastanza semplici, rapide, con rare complicanze post operatorie.
Vengono eseguite con un'incisione di circa 4-5 cm lateralmente
poco al di sotto dell'ombelico come quella per un'appendicite, ma
a sinistra perché in genere il Varicocele è da questo lato.
Poiché le vene spermatiche hanno un decorso dalla superficie
anteriore del corpo (plesso pampiniforme), alla regione posteriore
in prossimità dei reni, l'accesso retroperitoneale, alto prevede l'apertura della parete muscolare e questa manovra necessita per lo
più di anestesia generale. Si distinguono in una legatura solo
venosa, con risparmio dell'arteria che decorre parallela alla/e
vena/e (Ivanissevich), da una legatura in blocco di tutto il fascio
vascolare (Palomo).
La prima ha lo svantaggio di determinare una legatura spesso
incompleta. La persistenza di esili rami venosi possono riattivare il
reflusso verso il testicolo shuntando le legature dei rami più grossi. La ricorrenza del Varicocele si manifesta in circa il 20% dei casi.
La seconda, con una chiusura totale ha una percentuale di successo molto più alta, del 95%, ma può causare l'interruzione dei
vasi linfatici del testicolo che decorrono paralleli alle vene e sono
così sottili da essere invisibili. In circa il 12% dei casi si manifesta
per questo motivo un idrocele, cioè una raccolta di liquido intorno
al testicolo. Nella metà di questi soggetti sarà necessario un
secondo intervento chirurgico perché la raccolta persiste raggiungendo dimensioni considerevoli.
Le legature retroperitoneali possono essere condotte anche per
via laparoscopica: sull'addome vengono eseguite 3 incisioni di
circa 2 cm attraverso le quali si fanno passare una telecamera e
dei lunghi strumenti che vengono manovrati dall'esterno. La laparoscopia, non comporta un miglioramento dei risultati né una riduzione dell'invasività, essendo sempre necessaria l'anestesia generale. Esistono, però, i potenziali rischi, anche se rari, di perforazione accidentale di organi endoaddominali e i costi sono nettamente superiori alle tecniche tradizionali per l'utilizzo di apparecchiature sofisticate.
Le legature inguinali (9):
Questo accesso ha il vantaggio di poter ispezionare ed eventualmente legare vene extrafunicolari, come la spermatica esterna che
possono essere responsabili di recidive dopo legatura di tutte le
spermatiche interne. All'interno del canale inguinale, però, le vene
sono più numerose e più difficilmente possono essere separate dall'arteria. Per questo motivo hanno un più alto numero di insuccessi.
Le legature subinguinali (10):
Viene descritta come la metodica a più bassa incidenza di recidive e comlicanze se l'operazione viene condotta con l'ausilio del
microscopio operatore. Proprio questo ne limita l'utilizzo, comporta tempi operatori più lunghi e spesso necessita di anestesia
generale.
Tabella 1. Grading doppler del varicocele.
Grado 0
Assenza di rumore a riposo o evocabile
con il Valsalva
Grado 1
Modesto e transitorio rumore evocabile
con il Valsalva
Grado 2
Rumore continuo a riposo che si arresta
o non si modifica con il Valsalva
Grado 3
Rumore più o meno intenso prolungato
evocabile con il Valsalva
Grado 4
Rumore continuo a riposo che aumenta
con il Valsalva
grado 4: rumore continuo a riposo che aumenta col Valsalva (varicocele franco da trattare).
Rappresenta circa il 40% di tutti i varicoceli evidenziati allo screening
scolastico clinico e certamente comprende i soggetti più a rischio
per una futura ipofertilità.
Il trattamento è indicato indipendentemente dalla presenza o meno
di ipotrofia testicolare a qualsiasi età.
La velocimetria doppler, quindi, che può essere eseguita dallo stesso clinico esaminatore, ha una duplice funzione: 1) quella di inviare
a ecocolordoppler solo il 40% di tutti i soggetti con varicocele
(risparmio economico e di tempo); 2) quella di permettere al clinico
di mantenere il potere decisionale sulla indicazione al trattamento.
2. Ecocolordoppler testicolare: la classificazione più largamente
accettata, almeno in Italia, è quella di Sarteschi. È molto valida ma
il clinico ha generalmente poca attitudine a comprendere una classificazione prettamente ecografia e spesso non c’è uniformità di
risposte da parte dei vari ecografisti.
Si dovrebbero richiedere precisi parametri per poter convalidare la
propria indicazione al trattamento. L’esame dovrebbe essere eseguito in posizione supina e in piedi, a riposo e con Valsalva per poter
valutare le variazioni del:
a) diametro della vena maggiore
b) tipo e durata del reflusso
c) valutazione della volumetria testicolare.
Metodica di diagnosi cruenta
1. Venografia retrograda. Posizionando un catetere angiografico
nella vena renale si valuta la presenza di reflusso reno-spermatico.
Questa metodica viene utilizzata solo nella fase diagnostica prima
del trattamento sclerosante retrogrado. Non ha senso utilizzarla
solo a scopo diagnostico.
Il trattamento del varicocele
Le metodiche chirurgiche
Il trattamento del Varicocele consiste nell’interruzione del reflusso.
Esistono diverse metodiche chirurgiche di legatura delle vene
refluenti a livello subinguinale, inguinale o più in alto nel retroperito-
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Approccio diagnostico e terapeutico del varicocele
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
insufficiente sclerosi, per mancata visualizzazione di vene collaterali con una delle 2 tecniche precedenti.
Abbiamo, quindi, pensato di associare le 2 procedure nella stessa seduta. Questo ci permette, mantenendo una ridotta invasività,
di risolvere in prima battuta anche quei casi che fino a poco
tempo fa erano soggetti a recidiva. La flebografia anterograda
permette un più agevole incannulamento retrogrado della vena
spermatica con riduzione del tempo di scopia. La visualizzazione
del circolo venoso in entrambe le direzioni è più completa e l’iniezione della sostanza sclerosante contemporanea, antero/retrograda, determina un più prolungato contatto di questa sulle
superfici interne delle vene favorendo una più sicura azione farmacologia.
Esistono, poi, le tecniche di derivazione microchirurgiche in cui la
vena spermatica viene collegata con un'altra vena come l'epigastrica. Il razionale sarebbe quello di scaricare il sangue refluo dal
testicolo in un altro territorio, impedendo, quindi, il reflusso dalla
vena renale. Queste metodiche, negli ultimi anni, hanno perso
molto credito per la loro complessità senza avere vantaggi rispetto alle metodiche tradizionali.
Le metodiche sclerosanti
Negli ultimi 15 anni si sono sviluppate le tecniche sclerosanti che
hanno il vantaggio di essere meno invasive, eseguibili in anestesia locale e, quindi, in Day Hospital.
Tali metodiche sono state da noi perfezionate e integrate tra loro
a seconda della necessità, in maniera da personalizzare il trattamento per avere il migliore risultato con la minore invasività.
Sclerosi retrograda percutanea (11):
Viene abitualmente eseguita attraverso l’incannulamento percutaneo della vena femorale. Un sottile catetere viene sospinto verso
l’alto nella vena cava e, sotto controllo radioscopico, si inserisce
nella vena renale sinistra e, quindi, nella vena spermatica, che da
essa si origina. Da noi la sclerosi retrograda viene effettuata, preferibilmente, attraverso la vena alla piega del braccio. Tale modificazione tecnica ha il vantaggio di essere meno invasiva dell’approccio transfemorale ed offre un più agevole raggiungimento del
distretto renospermatico non solo a sinistra, ma anche a destra,
poiché il catetere progredisce dall’alto verso il basso.
Una piccola quantità di anestetico locale nella sede della puntura attraverso la quale viene inserito il catetere è sufficiente per
tutta la procedura. Una volta raggiunto la vena spermatica, si
inietta, sotto controllo radioscopico, la sostanza sclerosante.
Nella stessa seduta, se è presente un Varicocele bilaterale, è possibile eseguire il trattamento sia a destra che a sinistra. Il paziente viene tenuto a riposo per qualche ora e dimesso in giornata.
Sclerosi anterograda (12):
Previa anestesia locale della regione inguinale, si esegue una
incisione di circa 1 cm alla radice dello scroto e si isola direttamente una vena del Varicocele che viene incannulata. Dopo aver
effettuato un controllo radiologico mostrante il decorso della
vena, si inietta la sostanza sclerosante. Successivamente la vena
viene legata e la piccola ferita suturata con punti riassorbibili.
Il ricovero è in Day Hospital con dimissione in giornata.
Anche qui, abbiamo introdotto alcune modificazioni tecniche che
rendono preferibile questo intervento nel giovane prepubere e
nelle prime fasi puberali.
Sclerosi antero/retrograda (13):
Le precedenti metodiche, ormai largamente accettate per la loro
bassa invasività, hanno una possibilità di successo intorno al
92%.
L’esperienza acquisita con centinaia di casi, in cui abbiamo potuto evidenziare l’anatomia del circolo venoso testicolare, sia per via
retrograda, che per via anterograda, ci ha permesso di appurare
che la maggior parte degli insuccessi è la conseguenza di una
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Corrispondenza:
Dr. Guglielmo Mazzoni
Via della Rena 102
00069 Trevignano R.no (Roma)
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Approccio laparoscopico
al varicocele bilaterale in età
adolescenziale. Case report.
D. Salerno, Giuseppe Raiola1, G. Stranieri, Maria Concetta Galati2, G.Fodero3
U.O. di Chirurgia Pediatrica ; 1U.O.S. di Auxoendocrinologia e Medicina dell’adolescenza - U.O. di Pediatria;
2
U.O. di Ematoncologia Pediatrica; 3U.O. di Radiologia. Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio, Catanzaro
Riassunto
La laparoscopia nel trattamento del varicocele in età adolescenziale rappresenta, più che la metodica di
trattamento, una strategia nell’approccio alla patologia.
Gli autori discutono criticamente l’opzione mininvasiva alla luce dell’esperienza personale e attraverso la presentazione
di un caso di recente osservazione, ritenendo tale metodica il gold standard nel trattamento delle forme bilaterali.
Parole chiave: varicocele bilaterale, laparoscopia.
Laparoscopic approach to bilateral varicocele in adolescence.
Case report
Summary
Laparascopic surgery for treatment of varicocele in adolescence rappresents a strategy of approach to this
phatology.
The authors examine the minivasive option in the light of a personal experience and by the presentation of a case of recent
observation; they belive that this technique is the gold standard for the treatment of the bilateral varicocele.
Key words: bilateral varicocele, laparascopy.
Introduzione
L’approccio al varicocele vede l’attivo coinvolgimento di diverse
figure specialistiche: andrologi, urologi, chirurghi pediatri, pediatri, radiologi, medici nucleari e psicologi (1).
Recentemente anche la Società Italiana di Medicina
dell’Adolescenza, nel tentativo di contribuire ad una migliore definizione del problema, ha elaborato un documento (in corso di
pubblicazione), frutto di una consensus sul varicocele in età
adolescenziale.
Per quanto concerne l’approccio chirurgico è ormai evidente che
le tecniche mini-invasive, come la laparoscopia, assumeranno
un ruolo sempre più determinante, specie nella patologia chirurgica dell’età pediatrico-adolescenziale (2). Attualmente risultano
fattibili laparoscopicamente la maggior parte degli interventi chirurgici demolitivi e ricostruttivi. Se poi si vuol tentare di prevede-
re quale potrà essere il futuro della laparoscopia è necessario,
innanzitutto, valutare le indicazioni universalmente riconosciute
all’impiego di questa tecnica (3).
L’approccio laparoscopico al varicocele bilaterale nell’adolescente rappresenta un’indicazione specifica che trova sempre più larghi consensi (4). Resta ancora da stabilire se la chirurgia laparoscopica rispetto a quella a cielo aperto rappresenti la migliore
alternativa possibile per il giovane paziente affetto da varicocele.
Per rispondere al suddetto quesito abbiamo eseguito una revisione della letteratura, vagliata attentamente e criticamente alla
luce della nostra esperienza.
In questo lavoro riportiamo un caso di recente osservazione, che
a nostro avviso risulta essere particolarmente utile al fine d’indurre alcune riflessioni sull’argomento.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Approccio laparoscopico al varicocele bilaterale in età adolescenziale. Case report.
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Caso clinico
deferenziale di ambo i lati (non reflusso iliaco spermatico oggettivabile), il che concorda con l’evidenza flebografica di reflusso renospermatico sinistro descritto al precedente approccio in radiologia
inteventistica e per il tentativo non riuscito di sclerosi anterograda.
Atto operatorio: varicocelectomia sec. Palomo Classica con risparmio dei linfatici profondi perifunicolari. Controllo emostasi. Chiusura
sotto visione degli accessi.
In 10a giornata postoperatoria controllo color-doppler: assenza di
varicocele da ambo i lati, gonadi in ordine, non idrocele peritesticolare, campionabile l’asse arterioso (cremasterica? deferenziale?).
R.P. è un paziente di 18 anni e 4/12, seguito presso U.O.S di
Auxoendocrinologia e Medicina dell’Adolescenza della nostra A.O,
in quanto affetto da celiachia. Il ragazzo e il suo entourage familiare sono particolarmente complianti alla dieta priva di glutine e ai
periodici controlli clinici e di laboratorio utili al monitoraggio della
malattia. Sin dall’epoca della diagnosi di celiachia, formulata all’età
di 18 mesi, il paziente ha presentato una pronta remissione della
sintomatologia clinica (diarrea e distrofia) e negativizzazione dei
test sierologici. Allo stato presenta una statura di cm 183 (89° P.ile)
e un peso di kg 72 (84° P.ile).
Ci viene inviato in quanto, sottoposto ad esame del liquido seminale, è stata evidenziata astenozoospermia (ridotta mobilità degli
spermatozoi) e teratozoospermia (alterata morfologia nemaspermica). Il ragazzo presenta un varicocele bilaterale (III grado a
destra e IV grado a sinistra secondo la Classificazione di Sarteschi
- grado clinico 3 sec. Horner da ambo i lati). Già sottoposto a varicocelectomia per microdissezione presso altro Reparto di Urologia
e, di seguito, a tentativo di varicocelectomia in radiologia interventistica e Sclerosi Anterograda sec. Mazzoni (anche quest’ultimo
tentativo fallito); non è stato finora trattato a destra. Visto il grado
raggiunto dal varicocele e l’entità del reflusso - e quindi la potenzialità di danno sulla spermatogenesi (5) - in accordo con i
Colleghi dell’Auxoendocrionologia, si decide di intervenire in via
laparoscopica.
Risultati e discussione
Si procede in laparoscopia per varicocele sinistro plurirecidivo cui
concomita varicocele destro di grado clinico 3 sec. Horner.
Preoperatoriamente: ipotrofia gonadica a sinistra cui concomita
modesto versamento idrocelico della vaginale peritesticolare, esito
dei pregressi tentativi di varicocelectomia. T.U.O.L. (Trans-umbelical-open-laparoscopy) con ottica di 30° (12 mm), più due trocars
aggiuntivi rispettivamente di 10 mm in ipocondrio destro e 5 mm
controlateralmente. Reperto operatorio: pattern vascolare perifunicolare ben evidente bilateralmente, assente lungo la compagine
Il dato anamnestico di varicocele dx sintomatico (episodi ricorrenti di scroto acuto) ci ha indotto al trattamento del varicocele bilateralmente (6). Da quanto riferito dai colleghi dell’Auxoendocrinologia, era evidente che il quadro di varicocele fosse ingravescente, in virtù del progressivo incremento delle varici clinicamente
apprezzabili con, a sinistra, la progressiva atrofia del testicolo
omolaterale. A ciò aveva fatto riscontro la riduzione della qualità
dello sperma documentata nell’attuale presentazione.
Nella popolazione generale l’incidenza del varicocele varia dal
10% al 15%. Nel maschio infertile secondi alcuni Autori può arrivare fino al 40%. Nel 90% dei casi il varicocele è localizzato a sinistra,
nel 10% dei casi è bilaterale.
Dalla letteratura: l’8-23% della popolazione maschile in età adolescenziale presenta varicocele (7); il 35% di questi soggetti rientra
poi nella sfera della infertilità primaria (8) (l’1% è riconducibile nell’ambito della infertilità secondaria (9). Tuttavia, nell’età prepuberale è di rara osservazione, mentre nella maggior parte dei casi si
manifesta durante lo sviluppo puberale. L’incidenza massima (1820%) si riscontra a 14-16 anni, con una lieve riduzione (15%) tra i
15 e i 19 anni. Una recente review da noi condotta su 15 studi in
età adolescenziale (10), evidenziava un miglioramento della qualità del liquido seminale a seguito di varicocelectomia laparoscopica con legatura sec. Palomo Classica nel 66% (range 51-78%)
Varicocele destro.
Varicocele sinistro.
Descrizione dell’atto operatorio
61
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Campionatura asse venoso - non reflusso.
Con le frecce accessi v.l.; i cerchi precedenti accessi chirurgici.
dei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico. La correzione del
varicocele destro non sembra migliorare il quadro seminale. Il
rischio fondato è rappresentato dall’over treatment: durante l’evento puberale si assiste di regola alla rapida crescita gonadica,
affinché ciò avvenga è necessario un maggior apporto ematico;
l’iperafflusso sanguigno e l’aumentato ritorno venoso possono
simulare un quadro di varicocele. Condizione indispensabile per
parlare di varicocele è la presenza del reflusso. Dalla descrizione
preoperatoria nella cartella clinica del precedente ricovero (in
Urologia) si rileva: “A sinistra: Dilatazione vasale sopra e peritesticolare già in condizioni basali e aumentabile sotto Valsalva, con
gonade ipotrofica. Reflusso spontaneo basale incrementabile
sotto Valsalva. A destra: Dilatazione vasale solo in sede sopratesticolare”; tutto ciò a conferma che il reflusso fosse già presente
in occasione del primo intervento.
È stato evidenziato che 1 adolescente su 5 con varicocele, può
presentare ipotrofia testicolare e alterazione della qualità del
seme, con una possibile futura compromissione della fertilità
(11). Chiaramente la persistenza del varicocele (reflusso), il suo
grado e la predisposizione individuale (12), influiscono negativamente sulla fertilità. Fattori prognostici negativi sono anche:
severa oligospermia (0,5 ml<), forte diminuzione del volume
testicolare, valori di FSH particolarmente elevati, coesistenza di
altri fattori (malformazioni congenite dei genitali esterni, pregressa criptorchidia anche se controlaterale).
In accordo con le raccomandazioni della American Urology
Association e della American Society for Reproductive Medicine,
l'indicazione principale al trattamento del varicocele in età adolescenziale è rappresentata dal coesistente riscontro di una riduzione di volume della gonade omolaterale (≥≥ 20%)(6).
La varicocelectomia in epoca adolescenziale condotta con approccio mininvasivo laparoscopico per varicocele recidivo o bilaterale,
rappresenta un’indicazione sempre più accreditata tra gli esperti
del settore (13); in queste situazioni la legatura laparoscopica sec.
Palomo classica è la tecnica più largamente utilizzata.
Campionatura arteriosa.
Gonade “omogenea”.
Nei centri di Chirurgia Pediatrica dove le metodiche mininvasive
e laparoscopiche trovano routinaria applicazione, queste presentano il vantaggio di essere abbastanza semplici e gravate nel
complesso da poche complicanze (14). La complicanza più
temibile è rappresentata dal sanguinamento nella sede d’interruzione del fascio vascolare che viene sezionato tra clips previa
apertura a libro del peritoneo; se la sierosa parietale non viene
62
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Approccio laparoscopico al varicocele bilaterale in età adolescenziale. Case report.
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
sufficientemente aperta ed il fascio adeguatamente esposto, il
clippaggio può risultare insufficiente con il rischio di un sanguinamento dopo sezione vasale. L’approccio in chirurgia open per
microdissezione (metodica di legatura oggi più frequentemente
utilizzata) (15), anche in mani più esperte, ha lo svantaggio di
determinare una legatura spesso incompleta con persistenza di
rami venosi collaterali che possono rifornire il reflusso verso il
testicolo con persistenza o recidiva del varicocele (ciò che è dato
osservare in circa il 20% dei casi operati); mentre una legatura
spinta dei vasi del funicolo può esporre al rischio di danno del trofismo testicolare, causato dalla compromissione della irrorazione
arteriosa (15). L’approccio laparoscopico con tecnica sec.
Palomo, rispetto alla microdissezione, ha una percentuale di successo elevata (prossima al 95%), specie se impiegata in epoca
adolescenziale (16). Tuttavia può comportare l’interruzione dei
vasi linfatici del testicolo con conseguente idrocele.
Anche in nostra esperienza condotta dal 1995 al 2000, avevamo
riscontrato questa complicanza all’incirca nel 12% dei casi. Nella
metà di questi soggetti si è poi reso necessario procedere ad un
secondo intervento chirurgico per risolvere l’idrocele postumo a
varicocelectomia. Oggi, grazie all’affinamento della tecnica chirurgica da noi utlizzata (particolare attenzione alla preparazione
del fascio vascolare), l’incidenza d’idrocele a seguito di varicocelectomia laparoscopica risulta essersi nettamente ridotta (<2%).
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Il varicocele è più frequentemente riscontrato nella popolazione
infertile rispetto alla popolazione generale (17) (18); come abbiamo avuto modo di ribadire, un danno progressivo della spermatogenesi è già evidente in epoca adolescenziale e comporta un
peggioramento della qualità seminale in 1 adolescente su 5 affetti. Uno degli argomenti più controversi dell’andrologia rimane l’indicazione al trattamento del varicocele. Chiaramente il tentativo
è quello di prevenire il danno testicolare evitando nel contempo
interventi inutili (se non dannosi). Se per il trattamento del varicocele in età adolescenziale si può dire senza alcun dubbio che
non è stato raggiunto a tutt’oggi un gold standard (19) (20); per
altro verso nel trattamento del varicocele bilaterale e del varicocele plurirecidivo la metodica mininvasiva laparoscopica rappresenta, per molti, una valida soluzione.
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63
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Il futuro del paziente
con criptorchidismo:
è l’inibina B un marker utile?
Rossella Gaudino, Luciano Tatò
Departiment of Paediatrics, University of Verona, Italy
Riassunto
Vari studi riportano che i livelli di inibina B potrebbero essere considerati un marker potenziale della funzionalità testicolare e spermatogenesi. Adulti infertili hanno bassi livelli di inibina B rispetto ai controlli sani e un recente lavoro
ha dimostrato livelli di inibina B significamente più bassi in adulti infertili con una storia di criptorchidismo rispetto a pazienti
con subfertilità idiopatica e controlli fertili. L’infertilità è stata una delle più comuni complicazioni in pazienti criptorchidi.
Criptorchidi con bassi livelli di inibina B potrebbero avere problemi di fertilità e i livelli di inibina B possono quindi essere utilizzati come un marker di potenziale fertilità. Un nostro lavoro ha evidenziato bassi livelli di inibina B in bambini prepuberi
monorchidi con ipertrofia compensatoria del testicolo (CTH) e in prepuberi criptorchidi. Nei pazienti con CTH sono stati evidenziati inoltre elevati livelli di FSH basali e dopo stimolo con GnRH analogo. Alti livelli di FSH associati a bassi livelli di inibina B sono indicativi già in età prepubere di probabile disfunzione testicolare in età adulta. Normali livelli di FSH associati a
bassi livelli di inibina B in prepuberi criptorchidi operati necessitano comunque di follow up attento e più accurato.
Parole chiave: criptorchidismo, inibina B, infertilità maschile, ipertrofia compensatoria del testicolo.
The future of the patient with cryptorchidism: is inibin B
a usefull marker?
Summary
Inhibin B is a marker of Sertoli cells function and closely related to the size of cell Sertoli pool. Inhibin B measurement is a better marker of fertitity status than FSH and LH and in patients with infertitity may possibly serve as a more
direct marker of spermatogenesis. Prepubertal cryptorchidism may cause fertility problems in adulthood, due to impaired
spermatogenesis. Patients with a history of cryptorchidism have demonstrated to be more prone to fertility as compared with
the normal population. It has been reported that among formerly unilaterally and bilaterally cryptorchid men.
Our report indicates that monorchids with CTH and cryptorchid prepubertal boys display low serum inhibin B levels. Our finding show that in monorchid children the high levels of FSH (basal and peak) associated with the low levels of inhibin B may
suggest a future problem of fertility in these patients. Therefore the big testicular volume is probably caused to fibrotic testicular tissue and it is not only due to a hypertrophy of Sertoli cells. In cryptorchid boy the normal level of FSH associated a
low levels of inhibin B are not indicative to a healthy future function of testis.
Key words: cryptorchidism, inhibin B, male infertility, compensatory testicular hypertrophy (CTH).
Inibina B: un marker
di funzionalità testicolare
Già nel 1920 si conosceva l’esistenza della glicoproteina inibina (1),
ma solo nel 1990 grazie alla tecnica immunoassay specifica è stato
possibile distinguere le 2 forme bioattive di inibina (A e B) e successivamente stabilire che l’inibina B, costituita da una catena alfa
e una catena beta tipo B prodotta dal testicolo, riflette la funzione
testicolare delle cellule del Sertoli. Vari studi riportano che i livelli di
inibina B potrebbero essere un marker potenziale della funzionalità
testicolare e spermatogenesi.
Nei soggetti prepuberi, l’inibina B è prodotta principalmente dalle
cellule del Sertoli. Infatti le due subunità alfa e beta B sono espresse dalle cellule del Sertoli e da quelle interstiziali mentre in età adulta la subunità alfa è prodotta dalle cellule del Sertoli mentre la subunità B diventa di pertinenza delle cellule germinali e delle cellule del
Leydig (2). Durante l’epoca prepuberale le gonadi sono state da
sempre considerate organi quiescenti fino all’inizio della pubertà
quando si verifica l’attivazione dell’asse ipotalamo ipofisi gonadale.
64
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Il Futuro del Paziente con Criptorchidismo: è l’Inibina B un Marker utile?
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
In bambini sani, durante i primi mesi di vita, nota è la transitoria attivazione dell’asse ipotalamo ipofisi gonadale caratterizzata da alti
livelli di inibina B, FSH, LH e testosterone (3, 4). Il picco dei livelli di
inibina B si osserva verso il 4°-5° mese di vita poi si osserva una
graduale riduzione dei livelli di inibina che comunque rimangono
sempre dosabili durante l’infanzia (5). I livelli di FSH, LH e testosterone si abbassano rapidamente fino a diventare estremamente
bassi entro il 5-12 mese. Il primo anno di vita postnatale è quindi
associato con un aumento del numero totale di cellule del Sertoli e
l’elevazione dell’inibina durante il periodo postnatale potrebbe
essere in relazione con l’attiva proliferazione delle cellule del Sertoli.
Nel testicolo postnatale il numero totale di cellule germinali e di cellule di Leydig aumenta fino ai tre mesi di vita per poi diminuire rapidamente. Lo sviluppo delle cellule di Leydig è stimolato dagli elevati livelli di LH e si evidenzia con la conseguente transitoria elevazione in epoca neonatale. Ciò suggerisce che è in realtà il numero
delle cellule del Sertoli ad essere importante per la potenziale spermatogenesi futura. L’asse ipotalamo ipofisi si riattiva all’inizio della
pubertà e le correlazioni tra inibina B con FSH, LH e testosterone
cambiano (6) . L’inibina B aumenta con il progredire della pubertà
e durante l’iniziale sviluppo l’inibina B correla positivamente con LH
e testosterone, mentre a partire dallo stadio G3 di Tanner tale correlazione positiva si riduce e si osserva una forte correlazione negativa con l’FSH che persiste fino all’età adulta. L’inibina B è il regolatore fisiologico dei livelli di FSH nell’uomo e riflette il numero delle
cellule del Sertoli e il grado di spermatogenesi. Sia il periodo postnatale che il periodo puberale sono caratterizzati da un aumento
dei livelli di inibina B che è fondamentale per la maturazione e proliferazione delle cellule del Sertoli, delle cellule del Leydig e di quelle germinali (3, 5). L’inibina B gioca un ruolo fondamentale nella
regolazione dell’asse ipotalamo ipofisi durante l’infanzia e durante
la sviluppo puberale. L’inibina B è un marker diretto di presenza e
funzionalità delle cellule del Sertoli e la sua determinazione appare
essere di importanza rilevante per la comprensione dei disordini
gonadali nei bambini. Una sempre più crescente necessità di
affrontare in modo più completo la patologia malformativa dell’apparato riproduttivo in età pediatrica e adolescenziale, nasce dalla
comprensione che quadri clinici che possono avere un ruolo determinante nella futura fertilità dei giovani pazienti. L’attenzione che i
pediatri rivolgono ai problemi dell’apparato genitale, insieme alla
maggiore sensibilizzazione dei genitori a tali problemi, è alla base
della maggiore tempestività di diagnosi e cura di tutti i problemi
relativi all’apparato riproduttivo maschile.
Figura 1. A plot of individual serum inhibin B levels in the three groups.
The horizontal line per group indicates the median level.
zione ha un’ incidenza di 3% nei nati a termine e del 9-30% dei
nati pretermine (8) e tale incidenza si riduce a 1% entro il primo
anno di vita quando molti testicoli si portano spontaneamente in
sede. La spontanea discesa dopo il primo anno di vita è rara e i
bambini che restano criptorchidi (in Italia circa 3000-4000 ogni
anno) necessitano di un adeguato follow up diagnostico e terapeutico soprattutto per i rischi di infertilità e di neoplasia in età
adulta presenti anche nel criptorchidismo isolato non associato
ad altri quadri clinci (9).
Malgrado più di 100 anni di ricerche sui diversi aspetti relativi al
criptorchidismo rimangono ancora molti quesiti da risolvere e
molte controversie soprattutto riguardanti il futuro deterioramento
testicolare conseguente tale anomalia congenita. La precisa
patogenesi delle alterazioni testicolari nel paziente criptorchide è
ancora da chiarire, sono chiamate in causa l’alterata sede
intraaddominale del testicolo ma anche alterazioni testicolari
intrinseche e/o sistemiche di cui il criptorchidismo alla nascita
potrebbe essere la prima manifestazione clinica (10-11).
Da recenti studi emerge come l’iter assistenziale per i bambini
con criptorchidismo al fine di un’efficace prevenzione dei danni
testicolari in età adulta deve prevedere la valutazione della sede
dei testicoli alla nascita o comunque il più precocemente possibile. Se il criptorchidismo viene confermato a 9-12 mesi, a quest’età
si deve impostare il più appropriato iter terapeutico dopo consulenza con il pediatra endocrinologo e il chirurgo pediatra.
Nei testicoli non palpabili (addominali o inguinali alti) l’orchidopessi chirurgica potrebbe rappresentare la terapia di scelta per la
scarsa efficacia della terapia ormonale in questi pazienti (12-14).
L’intervento chirurgico rappresenta inoltre la terapia elettiva nel
criptorchidismo associato ad ernia o instauratosi dopo erniotomia, ectopia testicolare. Nei testicoli palpabili (inguinali e prescrotali) può essere indicato un ciclo di terapia medica da effettuare
precocemente (13).
I principali ormoni utilizzati nella terapia medica del criptorchidismo
sono la gonadotropina corionica (hCG), con azione LH-simile, e la
gonadorelina (GnRH). Nei numerosi studi clinici della letteratura
Criptorchidismo
Il criptorchidismo è la più comune anomalia congenita dell’apparato genitale maschile, letteralmente significa “testicolo nascosto”
(χρυπτος, nascosto; ορχκ, testicolo) e si riferisce alla mancata o
mal discesa di uno o entrambi testicolo nella borsa scrotale con
arresto lungo il fisiologico tragitto di discesa (7). Tale malforma-
65
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
esiste una estrema variabilità di risultati con la terapia ormonale. Ciò
può essere attribuito a vari fattori, come differente numerosità ed
omogeneità delle casistiche esaminate, tipo di terapia, età di trattamento, posizione del testicolo ritenuto, accurata esclusione o meno
di testicoli retrattili. La terapia ormonale è risultata comunque
sostanzialmente significativamente più efficace del placebo (14).
L’iter terapeutico sia medico che chirurgico deve essere completato entro il 2-3° anno di vita per ridurre il rischio di infertilità nell’adulto post-criptorchide, soprattutto per quanto riguarda i bambini con
criptorchidismo bilaterale. Dopo il riposizionamento dei testicoli
nello scroto vi è la necessità di un lungo e accurato follow-up del
paziente per valutare, nel bambino, eventuali recidive dopo successo della terapia medica, nell’adolescente, precoci segni di un’eventuale degenerazione neoplastica della gonade e l’acquisizione
delle capacità riproduttive nell’adulto (15-16).
idiopatica e controlli fertili (22). Criptorchidi con bassi livelli di inibina B potrebbero avere problemi di fertilità e i livelli di inibina B possono quindi essere utilizzati come un marker di spermatogenesi
(22). In pazienti prepuberi i livelli di inibina B correlano positivamente con il volume testicolare e potrebbero riflettere il numero o la funzionalità delle cellule del Sertoli già in età prepubere (23).
Gli studi riguardanti i livelli di inibina B in bambini criptorchidi hanno
dato risultati contrastanti riportando valori normali o bassi (2, 24).
Un recentissimo lavoro ha evidenziato bassi livelli di inibina B in
bambini con criptorchidismo bilaterale e con bassa percentuale di
spermatogoni e gonociti per sezione tubulare alla biopsia testicolare effetuata al momento dell’orchidopessi (25).
Bassi livelli di inibina B possono essere potenzialmente indicatori di
un serio danno alla funzionalità testicolare che si può facilmente
evidenziare già in età infantile.
Criptorchidismo
e fertilità in età riproduttiva
Inibina B e ipertrofia
compensatoria testicolare
La valutazione dell’efficacia del trattamento viene effettuata in base
alla discesa dei testicoli nella loro sede naturale, ritenendo che, con
il riposizionamento della gonade nello scroto, si possa determinare
una reversibilità od un arresto degli effetti collaterali legati alla malposizione (7). Gli obiettivi primari del precoce trattamento sono la
riduzione dell’infertilità e del rischio neoplastico in età adulta nei
soggetti trattati rispetto a quelli non trattati (8). Tali obiettivi sono difficilmente valutabili in quanto richiedono studi di follow-up protratti
per lungo tempo. Inoltre, per quanto riguarda la fertilità non vi è
uniformità di consensi, in quanto nella maggioranza degli studi è
stato valutato il liquido seminale, ma non la paternità, che è invece
il parametro più importante da tenere in considerazione (16). Infine,
per quanto riguarda l’influenza dell’età di trattamento, sono disponibili solo pochi studi relativi all’evoluzione in età adulta dei bambini trattati precocemente, cioè entro il 1° e 2° anno di vita (17-18).
Da tutte queste premesse nasce l’esigenza di avere a disposizione
indicatori di funzionalità testicolare capaci di dare già in età infantile e adolescenziale informazioni tali da accompagnare con un
migliore follow-up tali pazienti all’età riproduttiva.
Un nostro recente lavoro ha dimostrato livelli di inibina B significativamente più bassi in 11 pazienti monorchidi prepuberi con ipertrofia testicolare compensatoria e in 21 prepuberi criptorchidi operati
rispetto a un gruppo di controlli prepuberi sani (Figura 1).
Nel 1969 Laron per primo, descrisse il fenomeno dell’ipertrofia testicolare compensatoria quale caratteristica peculiare del testicolo
presente in scroto nei soggetti con criptorchidismo monolaterale,
intendendo come ipertrofico il testicolo maggiore di 2 deviazioni
standard ripetti alla norma (26).
Studiando questi bambini in età pubere si erano evidenziati valori
più elevati di FSH e successivamente bassi livelli di testosterone e
oligospermia e azospermia all’analisi del liquido
seminale (27-28). Già nel 1978, un nostro lavoro
Figura 2.
che confermava i dati espressi da Laron, aveva
A plot of individual serum
evidenziato alti livelli di FSH basali e dopo stimoFSH and peak FSH
response to GnRH-a
lo con GnRH analogo anche in pazienti prepuin the two groups.
beri con ipertrofia testicolare compensatoria.
The horizontal line per
(29). Nei nostri pazienti con CTH sono stati evigroup indicates the
median level.
Inibina B e criptorchidismo
C’è un crescente interesse sul ruolo dell’inibina B nella valutazione
dell’infertilità. I livelli sierici di inibina B risultano essere ridotti in
pazienti con ipogonadismo ipogonadotropo (3,19), pseudoermafroditismo e disgenesia gonadica e in bambini con anorchia (20).
L’infertilità è stata una delle più comuni complicazioni in pazienti
criptorchidi. Studi riportano che adulti infertili hanno bassi livelli di
inibina B rispetto ai controlli sani (21) e un recente lavoro ha dimostrato livelli di inibina B significativamente più bassi in adulti infertili
con una storia di criptorchidismo rispetto a pazienti con subfertilità
66
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Il Futuro del Paziente con Criptorchidismo: è l’Inibina B un Marker utile?
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
denziati inoltre elevati livelli di FSH basali e dopo stimolo con GnRH
analogo (Figura 2). Alti livelli di FSH associati a bassi livelli di inibina
B sono indicativi già in età prepubere di probabile disfunzione testicolare in età adulta. L’aumentata crescita testicolare indica la presenza di una sregolazione nel normale feed-back dell’asse ipotalamo-ipofisi gonadi espresso con gli alti livelli di FSH e che si esprime
con bassi livelli di inibina B. Ciò sta ad indicare il segno distintivo di
una sofferenza testicolare e un rischio elevato di compromessa fertilità. Normali livelli di FSH associati a bassi livelli di inibina B in prepuberi criptorchidi operati esprimono comunque informazione di
“sofferenza” e necessitano di follow up attento e più accurato.
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Corrispondenza:
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Departiment of Paediatrics,
University of Verona, Italy
Tel 0039/045/8124396
Fax 0039/045/8200993
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67
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Obesità ed infiammazione:
evidenza per una lesione elementare
Michele De Simone, Giuseppe Raiola1, M.L. Iezzi
1
Clinica Pediatrica-Università degli Studi, L’Aquila
AO “Pugliese- Ciaccio”-Catanzaro
Riassunto
La up-regulation delle molecole di adesione cellulare gioca un ruolo fondamentale nel determinismo del
fenomeno di attivazione endoteliale nel processo aterogenico precoce.
L’obesità insorta in età pediatrica ed adolescenziale sembra sia anch’essa combinata al fenomeno della attivazione
endoteliale e potrebbe contribuire all’aumentato rischio precoce cardiovascolare.
Parole chiave: obesità, infiammazione, endotelio, rischio cardiovascolare.
Obesity and inflammation
Summary
Up-regulation of endothelial adhesion molecules plays a pivotal role during the earliest phases of atherogenesis. Therefore, it is tempting to hypothesize that obesity related activation of vascular endothelial cells may occur during childhood and contribute to increased cardiovascular risk later in life.
Key words: obesity, inflammation, endothelial cells, cardiovascular risk.
Introduzione
L’autoregolazione della motilità vascolare da parte dell’endotelio
è comunemente definita funzione endoteliale (1). Un’alterata
disponibilità di monossido di azoto (NO) può determinare una
anomalia di tale funzione che viene definita disfunzione endoteliale.
Recenti studi sulla fisiopatologia dell’endotelio, hanno individuato un fenomeno strettamente coinvolto nei processi aterogenetici e definito attivazione endoteliale: ovvero l’acquisizione di una
nuova capacità, di tipo flogogeno, normalmente assente o poco
rappresentata nell’endotelio a riposo.
In condizioni di riposo, l’endotelio vascolare autoregola l’interazione con le cellule circolanti, garantendo il mantenimento dell’integrità vasale. In presenza di un cronico stimolo flogogeno,
l’endotelio vascolare risponde con l’espressione di molecole
specifiche, definite adesine o molecole di adesione, che servono
a permettere il confinamento e la successiva eliminazione dello
stimolo stesso. Le molecole di adesione, infatti, agiscono come
recettori di membrana per glicoconiugati ed integrine espressi a
loro volta dalle cellule immuni circolanti, che vengono quindi
“catturate” dall’endotelio attivato (2). Oltre a ciò, lo stesso stimolo flogogeno induce anche la secrezione di molecole definite
“chemoattrattanti” da parte delle stesse cellule endoteliali e dei
monociti e linfociti T “agganciati” dalle adesine. Grazie a questo
meccanismo, un numero crescente di monociti e linfociti T può
legare le adesine presenti sulla parete endoteliale attivata e, di
qui, fare homing nello spazio sub-endoteliale creando un infiltrato infiammatorio intravascolare.
La presenza delle adesine sulla superficie endoteliale è fondamentale nella fase più precoce della aterogenesi, quando la
struttura vascolare è ancora sostanzialmente mantenuta.
Tuttavia, il persistere di uno stato di attivazione endoteliale mantiene la sua enorme importanza anche nelle fasi più tardive.
Infatti, il continuo penetrare di monociti e linfociti T nell’interno
della parete vascolare permette il mantenimento di un milieu flogogeno e l’induzione di modificazioni fenotipiche delle cellule
residenti, quali quelle muscolari lisce. Ciò porta a profonde alterazioni strutturali della parete vasale, con deposizione di collagene e di calcio, il cui finalismo è quello di confinare lo stimolo flo-
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Obesità ed infiammazione: evidenza per una lesione elementare
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
selectina sono il TNF-α, l'IL-1, l’angiotensina II e gli agenti ossidanti quali le LDL ossidate.
La P-selectina piastrinica favorisce la adesione di leucociti neutrofili e monociti alla superficie endoteliale, mentre la P-selectina
endoteliale favorisce direttamente l'adesione di neutrofili.
gogeno. L’attivazione endoteliale induce precocemente l’espressione di chemoattrattanti quali il monocyte chemoattractant protein-1 (MCP-1) ed il macrophage colony-stimulating factor (MCSF), prevalentemente monocita-specifici, e le chemochine C-XC, predominantemente linfocita T-specifiche, quali l’interleuchina(IL)-8 . La citospecificità di questi sistemi chemoattrattanti permette l’homing intravascolare di linfociti T destinati a mantenere
il processo infiammatorio. L’esposizione ad un ambiente flogogeno induce i linfociti T a rilasciare citochine infiammatorie, come
l’interferon-γ ed il tumor necrosis factor(TNF)-β‚ (3), che ulteriormente attivano i macrofagi conducendo al rilascio di enzimi proteolitici responsabili di fenomeni necrotici focali. Insieme ai
macrofagi trasformati in foam cells, anche le fibrocellule muscolari lisce vasali possono acquisire capacità producente tissue
factor ed IL-6 . IL-6, in particolare, è un co-stimolatore della produzione di fibrinogeno ma, soprattutto, è responsabile dell’incremento dei livelli circolanti di proteina C reattiva (PCR) (4), sostanzialmente attraverso l’induzione della sua sintesi epatica . Ciò ha
profonde ripercussioni sulla cronicizzazione della aterogenesi,
poiché la PCR non è solo un marker di accelerata aterogenesi
(5), ma anche una vera citochina accessoria, in grado di partecipare attivamente al fenomeno vasculitico cronico ed al determinismo delle sue complicanze acute. Infatti, la PCR può agire
tanto da pro-coagulante stimolando la secrezione di tissue factor da parte dei monociti/macrofagi (4) quanto da flogogeno
inducendo la sintesi di MCP-1 (5).
Fondamento della evoluzione di questi fenomeni, è l’espressione
precocissima di molecole di adesione sulla superficie dell’endotelio vascolare attivato.
b) La superfamiglia delle
immunoglobuline
Questa superfamiglia deve il nome alla presenza di un dominio
extracellulare simil-immunoglobulinico e comprende la intercellular adhesion molecule (ICAM)-1, ICAM-2, ICAM-3, la vascular cell
adhesion molecule (VCAM)-1 e la platelet/endothelial cell adhesion molecule (PECAM)-1.
L’up-regolazione di ICAM-1 è dovuta ad interferon-γ, IL-1, TNF-α,
ed angiotensina II.
VCAM-1 è ritenuta una adesina fondamentale nella aterogenesi.
c) Le integrine
Le integrine sono proteine eterodimere composte da due subunità, α e β. Le sub-unità β sono divise in otto sottotipi, e vengono utilizzate per distinguere otto sottofamiglie di integrine.
Queste integrine sono fondamentali per consentire l’adesione tra
cellula circolante (o piastrina) e cellula endoteliale.
d) Il nuclear factor-kB (NF-kB)
NF-kB non è una adesina endoteliale, bensì un fattore trascrizionale pleiotropico responsabile dell’attivazione di molteplici geni,
definiti cumulativamente “inflammatory genes”, tra cui sono
compresi quelli delle adesine. NF-kB è sicuramente il meccanismo di attivazione pro-infiammatoria più importante presente
all’interno della cellula endoteliale.
In condizioni di riposo NF-kB è presente nel citoplasma in forma
inattiva.
Il più potente attivatore di NF-kB è il TNF-α. L’NO rappresenta
per contro il più potente inibitore di NF-kB.
Nunerose patologie ad aumentato rischio cardiovascolare siano
caratterizzate da una precoce attivazione di NF-kB (6).
Le molecole di adesione
L’endotelio vascolare, per la sua peculiare posizione, deve essere in grado di interagire continuamente con elementi cellulari
disparati. Per quanto riguarda il versante ematico, la cellula
endoteliale deve essere in grado di “rifiutare” il contatto con gli
elementi circolanti oppure, successivamente alla azione di stimoli biomeccanici e biochimici, di accettarlo, regolando finemente le fasi di contatto, rolling, arresto etc. Questa capacità di
regolazione è secondaria alla espressione di molecole di adesione o adesine, classificabili in famiglie tra loro estremamente
differenti per caratteristiche chimiche ed affinità citolegante.
Vengono qui ricordate:
Attivazione endoteliale ed obesità
Soltanto l’obesità centrale sembra sia combinata al fenomeno
della attivazione endoteliale. Infatti, l’accumulo di cellule adipose
a livello viscerale è associato a ridotta biodisponibilità di NO (7),
sostanza in grado di inibire l’espressione delle adesine endoteliali. L’obesità centrale è combinata ad up-regolazione delle adesine endoteliali della famiglia delle selectine e delle immunoglobuline (8). Il tessuto adiposo produce TNF-α, IL-6 ed IL-β‚ (9,10).
Mentre il TNF-α è il più potente stimolatore della espressione di
adesine endoteliali (5), IL-6 può ridurre la produzione di NO (11),
indurre recruitment dei leucociti (12) e provocare l’incremento dei
livelli plasmatici di PCR (4). Un recente studio condotto in bambini ed adolescenti obesi ha dimostrato la elevazione di selectine ed integrine in relazione al grado di obesità (13), come anche
a) La famiglia delle selectine
Suddivise, in base alla cellula che selettivamente o principalmente le esprime, in E- (endotelio), P- (piastrina) ed L- (leucocita)
selectina. Il termine selectina è un neologismo che indica la presenza di un dominio “lectino-simile” sul versante N-terminale. La
E-selectina media l’adesione endoteliale di neutrofili, monociti,
linfociti T-memory, basofili ed eosinofili. I principali attivatori dell'E-
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
livelli di interleukina 18 (14). In aggiunta, l’obesità infantile è associata ad incremento della PCR plasmatica (15). Per contro, studi
sul soggetto adulto hanno mostrato che la perdita di peso corporeo indotta dalla dieta è in grado di indurre il decremento dei
livelli plasmatici di adesine solubili (8), di TNF-α (16), IL-6 (17) e
PCR (18).
Ciò stante, appare evidente che l’obesità centrale ha tutte le
potenzialità per attivare l’endotelio indipendentemente dagli altri
fattori di rischio convenzionali, a causa della capacità del tessuto adiposo di produrre citochine infiammatorie. In accordo con
questa ipotesi, l’obesità centrale è il determinante principale dell’attivazione endoteliale del paziente diabetico di tipo 2 e dell’iperteso non diabetico (8).
Conclusioni
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L’attivazione endoteliale è un fenomeno fondamentale nei processi aterogenici precoci ed una importante causa di tale attivazione, è rappresentata anche dalla obesità dell’ età evolutiva ed
adolescenziale. A nostro parere, appare ovvio che l’obesità non
rappresenti l’unica espressione, sic et simpliciter, del danno
endoteliale. Verosimilmente appare che più stimoli, interagenti
tra loro, possano contribuire tanto al determinismo della disfunzione quanto a quello dell’attivazione endoteliale, con diverso
peso specifico e significato fisiopatologico. Comunque è certo
che la presenza ed il persistere di una obesità viscerale, insorta
precocemente e perdurante nel tempo, favorisca la trasformazione dell’NO in derivati pro-ossidanti e, quindi, l’insorgenza
della disfunzione endoteliale.
Lo studio della attivazione endoteliale è chiamato a dare una
risposta ad un quesito fondamentale relativo alla identificazione
di strategie terapeutiche mirate a ridurre la vasculite aterogenica
precoce nel bambino ed adolescente obeso. Lo studio di adesine e la determinazione della PCR (high sensitivity) potrebbero
aiutarci ad individuare processi pro-aterogenici nel low risk
subject e soprattutto a monitorizzare il processo flogistico precoce di attivazione endoteliale.
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70
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Trappole di laboratorio
Rosanna Masciari
Virologia e Microbiologia, Azienda Ospedaliera Pugliese-Ciaccio, Catanzaro
Riassunto
Le “trappole di laboratorio” sono rappresentate da tutte quelle evenienze capaci di falsare i risultati dei test.
Le insidie più comuni originano dagli errori nella fase preanalitica, dalla variabilità dei parametri analitici, dalle interferenze tra agenti infettanti, dalla scelta dei kit e delle metodiche e dal grado di esperienza del laboratorista.
Gli esami di laboratorio sono indispensabili al processo decisionale del clinico; una stretta collaborazione tra questi ed il
laboratorista medico è fondamentale per l’ottimale gestione del paziente.
Parole chiave: variabilità, interferenza, metodiche, esperienza.
Laboratory-traps
Summary
The “laboratory-traps” are all those eventualities which could distort the result of a test, making it null.
Above all these occurrences are: pre-analytic phase errors; analytic parameters variability; interference between infecting
agents; choice of kits and methodologies; laboratory doctor degree of experience.
Laboratory tests are essential for the clinician’s decision process; a joint effort between he and the laboratory doctor is necessary for an optimal care of the patient.
Key words: variability, interference, methodologies, experience.
Errori nella fase preanalitica
Gli esami di laboratorio sono ormai indispensabili al processo
decisionale del clinico e la stretta collaborazione tra questi ed il
laboratorista medico è di fondamentale importanza per l’ottimale gestione del paziente.
In questi ultimi anni il Laboratorio, grazie alle innovazioni strumentali e diagnostiche, ha consentito un innegabile miglioramento della qualità del dato analitico ed ha assicurato risposte
più certe a dubbi clinici e a quesiti terapeutici, determinando
importanti vantaggi sia economici che sociali.
In questo percorso, esaltante quanto difficile, bisogna quotidianamente fare i conti con le cosiddette “trappole” di laboratorio,
rappresentate da tutte quelle molteplici evenienze in grado di falsare i risultati, inficiando la validità dei test.
Le principali insidie sono originate da:
Gli esiti degli esami sono fortemente condizionati dalla qualità
del campione. Un campione non idoneo può determinare, specie per gli esami batteriologici, virologici e parassitologici, il mancato isolamento dei microrganismi veri responsabili dell’infezione ed il riscontro di batteri contaminananti o del normale microbiota; in un certo senso chi raccoglie i vari campioni traccia il percorso diagnostico del paziente.
È essenziale stabilire dunque, sulla base delle caratteristiche cliniche del paziente e della tipologia di indagine da effettuare, il
tipo di campione occorrente e dove, come e quando eseguire il
prelievo. Non meno importanti la scelta del contenitore e le
modalità di trasporto e conservazione.
La prevalenza di errori preanalitici (1) è consistentemente diversa tra prelievi di pazienti esterni ed interni, rispettivamente 0,60%
e 0,039; le procedure diagnostiche attuate da personale esterno
al laboratorio o dai pazienti stessi rappresentano la fonte della
maggior parte degli errori.
Questi ultimi, verificandosi al di fuori delle pareti del laboratorio,
errori nella fase preanalitica;
variabilità dei parametri analitici;
interferenze tra agenti infettanti;
scelta dei kit e delle metodiche;
grado di esperienza del laboratorista.
71
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
perchè la loro presenza indica una pericolosa oltre che diffusa
sottostima dell’importanza del laboratorio che, invece di essere
considerato parte integrante del complesso iter clinico-diagnostico, è relegato al ruolo di “risultificio”.
non sono sotto il diretto controllo dei laboratoristi. Questi hanno
comunque il dovere di svolgere un ruolo attivo di informazione
per i medici di base, i colleghi dei vari reparti ed il personale infermieristico, magari stilando un manuale di cui dotare ogni unità
operativa.
Occuparsi di fase preanalitica significa interessarsi di come il
laboratorio sia in grado di rispondere ai bisogni di chi vi si rivolge e di come si integri all’interno di un processo più complesso
di cui fa parte, cioè del processo aziendale.
Per gli esami sierologici, malgrado tutto il lavoro informativo svolto,
è purtroppo abbastanza frequente - ma con percentuali diverse l’invio di campioni emolitici, insufficienti, non idonei e coagulati.
Del resto proprio le modalità di esecuzione del prelievo di sangue sono determinanti ai fini dell’attendibilità dei test. Le linee
guida raccomandano per esempio di non applicare il laccio
emostatico per tempi prolungati, in quanto il protrarsi della stasi
venosa determina aumento della concentrazione degli analiti di
maggiori dimensioni quali proteine, emoglobina, fattori della coagulazione e la contemporanea diminuzione di alcuni ioni come
sodio e potassio.
Per gli esami colturali abbastanza frequente è pure l’invio di tamponi faringei prelevati dopo che i pazienti hanno fatto colazione
e/o lavato i denti; di emocolture prelevate alla temperatura di 3940°C, e quindi con conseguente lisi batterica; di materiali biologici, specie urine, conservati in modo e per tempi incongrui.
È auspicabile che al più presto i problemi legati alla corretta
gestione della fase preanalitica assumano maggiore rilevanza
Variabilità dei parametri
analitici
Le variabili legate allo stato del paziente (esercizio fisico, dieta,
stress, effetti posturali, comorbilità, abitudini voluttuarie) possono
essere causa di risultati inattendibili o quanto meno non corrispondenti alla reale situazione biologica.
Un classico esempio di quanto premesso è rappresentato dai
livelli dell’ormone della crescita (Growth Hormone -GH), nella cui
interpretazione occorre molta prudenza (2).
GH (o somatotropina) è un ormone proteico prodotto dall’ipofisi;
l’effetto dell’ormone è mediato dalle somatomedine tra cui la più
importante è l’Insulin Growth Factor I (IGF-I), in gran parte prodotta dal fegato.
Nel bambino GH interviene nel processo di crescita corporea ma
anche nella crescita e maturazione di tutti gli organi interni; rende
armonico l’aspetto fisico favorendo la riduzione del grasso corporeo e lo sviluppo della massa muscolare; agisce in numerosissimi processi metabolici aumentando la produzione di proteine e di zuccheri e riducendo quella di colesterolo e trigliceridi.
I meccanismi che possono determinare una condizione di deficit
di GH o della sua attività sono essenzialmente rappresentati da:
a) insufficiente secrezione, da parte dell'ipotalamo, di GHRH
(growth hormone releasing hormone) che stimola la produzione ipofisaria di GH;
b) scarsa produzione di ormone della crescita da parte dell'ipofisi;
c) ridotta o assente produzione di IGF-I;
d) alterazioni o assenza dei recettori per l'ormone della crescita.
La misurazione del GH (3) è di importanza fondamentale nella
diagnosi e nella terapia delle varie forme di secrezione anomala:
i disturbi clinici legati all’iposecrezione comprendono il nanismo
ed il potenziale di accrescimento non raggiunto; l’ipersecrezione
è invece associata al gigantismo ed all’acromegalia.
Tabella 1. Test di avidità CMV IgG.
% avidità
Interpretazione
<25
Bassa avidità: infezione primaria
acuta o recente (<3 mesi)
25-45
Media avidità: possibile infezione
negli ultimi 6 mesi
>45
Alta avidità: assenza di infezione
primaria acuta o recente
Tabella 2. Western Blot CMV IgM.
Bande
Interpretazione
Indicazione diagnostica
p52 + p38
Positivo
Infezione primaria
p52 + p150
Positivo
Se p52>p150: primaria
Se p52<p150: secondaria
solo p52
Indeterminato
Possibile inf. primaria c.llo dopo 10/30 gg.
solo p38
Negativo
Negativo per IgM CMV
solo p150
Negativo
Negativo per IgM CMV
p38 + p150
Negativo
Negativo per IgM CMV
72
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Trappole di laboratorio
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
sono reagire con le immunoglobuline presenti nei componenti del
kit di dosaggio interferendo pesantemente sui valori effettivi.
Tabella 3. Anticorpi anti-EBV
ed interpretazione diagnostica.
EBV IgG +
EBV IgM +
Anti – EA +
EBV IgG +
EBV IgM Anti – EA –
Anti – EBNA +
EBV IgG +
EBV IgM Anti – EA +
Anti – EBNA +
Interferenze tra agenti
infettanti
Infezione primaria
Nei bambini e negli adolescenti spesso si apprezzano sintomi
simil-mononucleosici, ciò comporta un’attenta diagnosi differenziale di laboratorio perchè tali sintomi si possono riscontrare nelle
infezioni da Citomegalovirus, da Adenovirus, da virus di Epstein
Barr e da Toxoplasma gondii.
Nella ricerca delle IgM specifiche si assiste spesso ad un’interferenza, che potrebbe falsare la diagnosi eziologica, tra il
Citomegalovirus ed il virus di Epstein Barr.
Entrambi questi agenti infettanti appartengono alla famiglia degli
Herpesviridae (il citomegalovirus [CMV] appartiene al gruppo dei
Beta-herpesviridae, il virus di Epstein Barr [EBV] a quello dei
Gamma-herpesviridae) e contengono antigeni comuni che,
anche utilizzando kit di comprovata qualità, possono dar luogo a
risposte clinicamente fuorvianti.
La contemporanea positività delle IgM anti-CMV e delle IgM antiEBV (su sieri debitamente pretrattati per eliminare tutti i possibili
fattori interferenti) induce il laboratorista ad utilizzare sapientemente le possibilità diagnostiche di cui dispone per individuare
non solo il responsabile della sintomatologia ma anche per stabilire se trattasi di una infezione primaria o secondaria, essendo
i virus erpetici caratterizzati dal fenomeno della latenza.
L’infezione primaria da CMV comporta la formazione di IgG ed IgM.
Un test di grande utilità è quello basato sull’avidità delle IgG (4).
Esso si basa sulla circostanza che nell’infezione primaria vengono
prodotti anticorpi a bassa affinità, mentre gli anticorpi che si formano nelle infezioni secondarie hanno un’affinità maggiore (Tabella 1).
L’esecuzione della Western Blot CMV IgM consente sia di confermare la presenza di IgM specifiche sia di discriminare un’infezione
primaria da una secondaria. Sulle strisce di nitrocellulosa sono
legate 3 proteine ricombinanti di CMV: la p38, la p52 e la p150.
L’interpretazione del test e la relativa indicazione diagnostica
sono riportate nella Tabella 2.
L’infezione primaria da EBV comporta la formazione di IgG ed
IgM dirette verso l’antigene del capside virale (VCA). Le IgM sono
temporalmente le prime a comparire in tutte le infezioni primarie,
sintomatiche o asintomatiche. Il loro titolo diminuisce rapidamente, ma nel 10% dei casi sono ancora rilevabili dopo più di 4
mesi dall’infezione.
Le IgG si mantengono invece indefinitamente anche se vanno
incontro, nel corso degli anni, ad un lento decremento del titolo.
Nell’interpretazione diagnostica (Tabella 3) hanno importanza
fondamentale gli anticorpi diretti verso altri due antigeni virali:
Epstein-Barr Virus Early Antigen (EBV-EA) ed Epstein-Barr Virus
Nuclear Antigen (EBNA) (5).
Gli anticorpi anti-EA si trovano ad alto titolo in caso di infezione
Infezione pregressa
Riattivazione
Ma i problemi maggiori si riscontrano nella definizione di “normale” secrezione di GH.
Innanzitutto bisogna tener presente che GH ha, nel torrente circolatorio, un’emivita brevissima (19 min.), per cui spesso è indosabile anche nei campioni ematici di soggetti normali.
Molti fattori possono inoltre influenzarne il tasso di secrezione tra
cui, per esempio, l’esercizio fisico, lo stress, i periodi di sonno e
veglia, l’iperglicemia, l’uso di estrogeni e di corticosteroidi.
Una singola determinazione non potrà mai riflettere lo stato del
paziente, e quindi fornire apprezzabili informazioni, non tanto
perchè nessuno dei metodi utilizzati in laboratorio ha una specificità e sensibilità tali da consentire la certezza diagnostica, ma
soprattutto perchè i livelli di GH variano nell’arco delle 24 ore.
L’ormone della crescita viene infatti rilasciato dall’ipofisi in maniera pulsatile, soprattutto nelle ore notturne ed in alcuni individui la
sua secrezione spontanea può essere controllata mediante l’utilizzo di una pompa di prelievo in continuo o prelevando i campioni ogni 20-30 minuti in un periodo di 12-24 ore.
Anche la diagnosi di deficit di GH, con l’utilizzo di test da stimolo, presta il fianco a varie critiche dovute principalmente alla mancanza di accordo sui limiti di normalità del picco di risposta e alla
grande variabilità intra e interindividuale.
Spesso si utilizzano, come indicatore diagnostico di deficit di
GH, i bassi livelli plasmatici di IGF-I: anche in questo caso la prudenza è d’obbligo in quanto è da tempo nota la possibilità che
bambini con deficit di ormone della crescita presentino livelli di
IGF-I nel range normale e che bambini con GH nella norma, ma
di bassa statura, abbiano bassi livelli di IFG-I.
L’interpretazione dei dati di laboratorio, di per sè non agevole, si
complica ulteriormente quando si pensa ai ben documentati casi
di nanismo in cui sia il livello di base che la risposta ai test da stimolo sono normali: ciò può essere dovuto o ad insensibilità
all’ormone della crescita o alle somatomedine o alla presenza di
un GH immunoreattivo ma biologicamente inattivo.
Pazienti sottoposti a terapia con GH possono, anche se raramente, sviluppare anticorpi anti-GH che causano una falsa sottostima dei risultati ed infine anticorpi eterofili presenti nel siero pos-
73
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Queste possono essere primarie o secondarie ad altre malattie
primitive e sono caratterizzate da infiammazione e danno a carico dei vasi sanguigni con restringimento del lume e conseguente ischemia dei tessuti irrorati
Si ritiene che quasi tutte le sindromi vasculitiche abbiano, almeno in parte, una patogenesi immunologica. La presenza nel siero
di anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA) ha un ruolo diagnostico importante (6) in alcune vasculiti sistemiche.
Gli ANCA si legano alla superficie dei neutrofili, presenti a livello del
vaso, favorendo la liberazione di sostanze in grado di danneggiarlo.
Per la diagnosi di laboratorio si ricorre alla tecnica di immunofluorescenza (IFA) che utilizza come substrato colture di granulociti umani stabilizzati; in molti kit del commercio il fissativo dei
neutrofili è rappresentato dall’etanolo. La lettura microscopica
dei vetrini consente l’osservazione di due principali pattern
autoanticorpali:
c-ANCA: Reagiscono con la proteinasi-3 (PR-3), una proteina
presente nei granuli α azzurrofili. Danno una fluorescenza granulare del citoplasma dei neutrofili fissati in etanolo (Figura 1);
p-ANCA: Gli antigeni bersaglio sono rappresentati dalla mieloperossidasi (MPO), elastasi (E), lattoferrina (LF), catepsina
G (Cat. G) e lisozima (LZ). Manifestano una fluorescenza
perinucleare dei neutrofili fissati in etanolo (Figura 2).
Il pattern p-ANCA è però un artefatto poiché la fissazione dei
neutrofili in etanolo distrugge la membrana dei granuli e le proteine solubili ivi contenute tendono a distribuirsi nella cellula
secondo la loro carica.
PR-3 è neutra e resta nei granuli mentre la MPO, elettropositiva, si
distribuisce nella cellula attorno al nucleo che è elettronegativo.
Ciò crea dei problemi di interpretazione nella lettura microscopica quando nel siero del paziente sono presenti anche anticorpi
anti-nucleo granulociti specifici (GS-ANA) che danno un pattern
fluorescente analogo a quello dei p-ANCA.
Per differenziare i veri p-ANCA dai GS-ANA si devono adoperare
vetrini che utilizzano come substrato granulociti non fissati in etanolo bensì in formaldeide che impedisce alle proteine dei granuli di migrare: in tal modo i c-ANCA e i p-ANCA daranno un ugua-
Figura 1. c-ANCA IFA.
Figura 2. p-ANCA IFA.
primaria e sono riscontrabili anche in caso di riattivazione dell’infezione. Sono dunque la spia di un’infezione acuta.
Gli anticorpi anti-EBNA non si riscontrano nella fase acuta ma si
sviluppano durante la convalescenza (1-6 mesi dopo l’infezione)
e persistono per tutta la vita. La loro presenza indica dunque
un’infezione non recente.
Scelta dei kit e delle metodiche
Il mercato propone un’ampia scelta di kit e metodiche in grado
di soddisfare le più svariate esigenze diagnostiche e di far fronte
alle tipologie analitiche più diversificate.
Un reagente viene in genere preferito ad un altro sulla base della
sensibilità, specificità, qualità, costo; una metodica per la migliore aderenza alle esigenze operative.
Nella scelta del reagente si tende spesso a prestare scarsa
attenzione alle modalità di preparazione che, invece, sono determinanti ai fini di una corretta diagnosi di laboratorio.
Paradigmatico è l’esempio fornito da quella delle sindromi
vasculitiche.
Etanolo: fluor. periferica = p-ANCA
Formaldeide: fluor. intracellulare = c-ANCA
p-ANCA
Etanolo: fluor. intracellulare = c-ANCA
Formaldeide: fluor. intracellulare = c-ANCA
c-ANCA
Figura 3.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Trappole di laboratorio
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
usata per la determinazione degli ANA. Come substrato si utilizzano in genere linee cellulari epiteliali neoplastiche (HEp-2), ottenute da carcinoma laringeo umano, che permettono di differenziare i molti pattern osservabili in microscopia meglio di altri substrati quali il tessuto epatico, il tessuto renale, il tessuto gastrico
di ratto o di primate.
L'intensità di fluorescenza osservata al microscopio può essere
espressa con una scala qualitativa ordinale di valori crescenti da
+ a ++++ utilizzando una sola diluizione del siero o più correttamente con il titolo anticorpale, adoperando il reciproco dell'ultima diluizione ancora reattiva.
Nel caso di espressione in titolo, la diluizione iniziale del campione è di 1:80.
ANA a basso titolo (< o = 1:80) possono essere presenti nei
soggetti sani, in particolare in gravidanza, nelle donne sopra i 40
anni e negli anziani e, come epifenomeno senza significato clinico, in diverse patologie (infezioni virali, sindromi neurologiche
paraneoplastiche, epatopatie, sindrome da stanchezza cronica,
neoplasie, ecc.). Si tratta nella maggior parte dei casi di autoanticorpi naturali, a bassa avidità, cross-reattivi verso numerosi
antigeni microbici e apteni chimici ambientali. Al contrario, gli
autoanticorpi presenti nel siero dei pazienti affetti da malattie
autoimmuni sono in genere una miscela di autoanticorpi polireattivi di isotipo IgM e di autoanticorpi patogenetici ad alta avidità di isotipo IgG e IgA.
I metodi abitualmente impiegati nei laboratori clinici non sono in
grado di differenziare questi due tipi di autoanticorpi, per cui la
diagnosi differenziale si basa in parte sulla clinica, in parte sui
titoli degli autoanticorpi presenti nel siero, ma soprattutto sull’esperienza del laboratorista.
Bassi titoli di ANA sono raramente presenti nei pazienti con patologie autoimmuni; invece lo sono in circa il 32% dei soggetti sani.
La terapia instaurata con alcuni farmaci può indurre la comparsa
di una patologia autoimmune come la sindrome lupica, caratterizzata da un quadro clinico riferibile al Lupus (LES) con presenza di ANA ad alto titolo. La sindrome colpisce individui sino ad
allora asintomatici ed ha carattere transitorio, scomparendo con
la sospensione del farmaco che l’ha indotta. Il meccanismo
immunologico che sta alla base di questo processo consiste in
una probabile alterazione delle nucleoproteine. Farmaci quali
Idralazina, Isoniazide, Fenobarbital, Procainamide, Difenilidantoina, Diltiazene e Nifedipine agirebbero in virtù delle loro
proprietà farmacologiche mentre altri medicamenti quali
Penicillina, Streptomicina, Tetracicline, Sulfamidici, Reserpina,
Griseofulvina, Acido aminosalicilico, Fenilbutazone, Metildopa e
contraccettivi orali instaurerebbero reazioni di ipersensibilità in
soggetti geneticamente predisposti.
A mio parere è fondamentale che il medico laboratorista, nel
refertare un test ANA, descriva esattamente, in caso di assenza
di uno specifico pattern, quello che vede, magari suggerendo
controlli nel tempo per una più precisa valutazione della presenza di elementi con spiccata granulazione cellulare o di elementi
Figura 4. Vimentina IFA.
le pattern (Figura 3) ed i GS-ANA (falsi p-ANCA) verranno ben
distinti in quanto non fluorescenti.
La contemporanea presenza di anticorpi anti-nucleo (ANA), specie di tipo omogeneo, può dar luogo a letture microscopiche
confuse, bisogna allora ricorrere all’utilizzo contemporaneo di un
altro substrato costituito da tessuto epatico di scimmia. Il nucleo
degli epatociti manifesta una fluorescenza a piccole zolle e di
intensità minore rispetto a quella dei granulociti presenti nei sinusoidi che è perinucleare, più omogenea e brillante e pertanto nettamente differenziabile.
I sieri dei pazienti risultati positivi per ANCA devono essere titolati ricorrendo, malgrado manchino standard di riferimento internazionali, alla metodica E.L.I.S.A. perchè il titolo degli ANCA è
fondamentale per monitorare la risposta alla terapia e/o per
apprezzare l’eventuale ripresa dell’attività della malattia.
Grado di esperienza
del laboratorista
La Medicina di laboratorio è basata sulla interrelazione tra la logica, l’obiettività e le conoscenze di base, con l’intuizione e le sensazioni che quasi mai possono essere spiegate.
Da circa un decennio la continua revisione dei criteri clinico-laboratoristici per la diagnosi delle principali malattie autoimmuni (78) ha attribuito un ruolo maggiore alla diagnostica di laboratorio
perchè attualmente la presenza di criteri diagnostici riferiti all'assetto sierologico autoanticorpale del paziente rappresenta un
requisito insostituibile per la diagnosi clinica.
Gli autoanticorpi anti-antigeni nucleari (ANA) rappresentano una
nutrita famiglia di autoanticorpi non organo e non specie-specifici; di conseguenza la loro presenza nel siero -e soprattutto il loro
titolo- devono essere sottoposti ad una attenta valutazione.
L'immunofluorescenza indiretta (IF), per le sue caratteristiche di
sensibilità, facilità di esecuzione e basso costo, è la tecnica più
75
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
con impegno mitocondriale, nucleolare, ribosomiale o di cellule
con mitosi positive.
Specie dopo infezioni virali o batteriche non è infrequente osservare un pattern molto complesso: al microscopio il substrato si
presenta diffusamente fluorescente con significativa presenza di
cellule mitotiche negative; molti elementi cellulari mostrano impegno ribosomiale, altri impegno mitocondriale ed altri ancora, di
forma allungata, tendono a confluire in sincizi. È questa la descrizione del pattern della vimentina (Figura 4) che non ha alcun
valore patologico ed il test ANA verrà refertato come negativo.
2.
Bernasconi S, Lughetti L, Ghizzoni L. Endocrinologia pediatrica.
The Mc Graw-Hill; 2000.
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Corrispondenza:
Dott.ssa Rosanna Masciari
Virologia e Microbiologia
Azienda Ospedaliera Pugliese-Ciaccio, Catanzaro
Via Pio X
88100 Catanzaro
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Endocrinologia dello sport
Gianni Bona, Nadia Castellino
Clinica Pediatrica, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi del Piemonte Orientale, Novara
Negli ultimi anni è aumentato il numero dei bambini e degli adolescenti impegnati in attività sportive, spesso praticate a livello
agonistico e c’è stato un incremento delle donne impegnate
negli sport più diversi. Per migliorare i risultati e le prestazioni
oggi si tende ad indirizzare già da subito il bambino verso la specializzazione in un determinato tipo di sport e ad anticipare l’età
di inizio della pratica agonistica. Tutto questo ha portato da un
lato a dei benefici, ma dall’altro alla comparsa di tutta una serie
di problemi medici provocati da allenamenti intensi, spesso estenuanti, ma necessari per essere competitivi ad alto livello.
In alcune discipline sportive e soprattutto in ambito maschile
sono favoriti coloro che presentano uno sviluppo puberale precoce, perché di solito sono più alti, più pesanti, hanno un più alto
rapporto peso-altezza e una maggiore forza e potenza muscolare rispetto ai coetanei ancora prepuberi e questo può rappresentare un vantaggio, anche perchè l’inserimento nelle varie
categorie avviene quasi sempre sulla base dell’età anagrafica. In
altri sport, invece, come ad esempio nella ginnastica e nella
danza sono favorite le ragazze con bassa statura e pubertà ritardata. Recentemente sono stati condotti numerosi studi per valutare i possibili effetti della attività agonistica sulla crescita staturale e sullo sviluppo puberale e un particolare interesse è stato
rivolto verso quegli sport in cui è importante il controllo del peso
corporeo.
Tra le atlete le ginnaste sono quelle che presentano la statura più
bassa, che mediamente si pone sul 10° percentile rispetto agli
standard di riferimento e generalmente hanno un ritardo puberale come indicato dalla differenza tra età ossea, età anagrafica e
età del menarca. Secondo alcuni autori sia la bassa statura che
il ritardo puberale sarebbero la conseguenza di un allenamento
intenso iniziato precocemente, tuttavia un chiaro rapporto di
causa-effetto non è stato dimostrato. Generalmente le ginnaste
hanno una familiarità per bassa statura e pubertà ritardata e già
prima di iniziare l’attività agonistica presentano una statura inferiore alla media. Le stesse caratteristiche sono state osservate
nei ginnasti di sesso maschile.
I dati pubblicati da Malina (2004) riferiti alla popolazione degli
Stati Uniti, indicano che i giovani atleti sia maschi che femmine
presentano una statura media che eguaglia o supera quella degli
standard di riferimento con l’eccezione dei ginnasti, che presentano una statura media prossima al 10° percentile degli standard.
Risultati simili sono stati trovati anche da altri autori, per esempio
Damsgaard et al (2001), in accordo con quando già pubblicato
nel 1996 da Baxter-Jones & Helms hanno osservato che i nuotatori sia maschi che femmine presentano una statura più alta
rispetto ai ginnasti ed anche rispetto alla popolazione danese,
mentre i ginnasti risultano essere sotto la media. Inoltre non
hanno trovato alcuna influenza dell’attività agonistica sulla composizione corporea e sullo sviluppo puberale. Da una rassegna
della letteratura Caine et al (2001) hanno concluso che le ginnaste impegnate a livello agonistico possono presentare un rallentamento della crescita staturale durante i periodi di allenamenti
intensi e di gare seguiti, però, da un catch-up growth nei periodi
di riposo e nei mesi successivi al ritiro dall’attività agonistica, tuttavia un rapporto di causa-effetto tra allenamenti intensi e rallentamento della crescita in statura non è stato chiaramente dimostrato. Roemmich et al (1997) hanno trovato che i ragazzi che
praticano il wrestling, quindi uno sport in cui il peso corporeo è
importante per definire la categoria, presentano una parziale
resistenza al GH durante la fase finale della stagione di gare, evidenziata da un aumento di livelli circolanti di GH e da una riduzione dei livelli di IGF-1, di GHBP e IGFBP-3 con un ritorno alla
normalità una volta conclusa la stagione agonistica. Lo stesso
andamento è stato osservato per i livelli di testosterone e testosterone libero, mentre nessuna variazione è stata osservata per i
livelli di LH. Anche Gurd e Klentrou (2003) confrontando un gruppo di giovani ginnasti, impegnati a livello agonistico, con un
gruppo di coetanei non hanno rilevato differenze significative in
altezza, peso, massa magra, livelli di testosterone e sviluppo
puberale tra i due gruppi, nonostante nei ginnasti sia presente
l’associazione tra allenamenti intensi, alto consumo energetico e
la bassa percentuale di grasso corporeo. In uno studio recente
Thomis et al (2005) in un gruppo di ginnaste hanno trovato uno
spurt puberale ritardato di circa un anno rispetto alla coetanee
sedentarie con una riduzione della velocità di crescita, un’età al
menarca e un’età scheletrica in accordo con un quadro di ritardo puberale.
I fattori costituzionali sembrano dunque svolgere un ruolo fondamentale nella scelta e soprattutto nella riuscita in molti sport. Per
quanto riguarda invece un ritardo nella comparsa del menarca
osservato i molte atlete, ma non in tutte, e spesso attribuito ad un
allenamento intenso, data la complessità dei fattori che possono
influire sul ciclo mestruale, non è attualmente possibile giungere
a delle conclusioni. Inoltre è importante ricordare che i disturbi
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
del comportamento alimentare sono frequenti tra le atlete,
soprattutto durante l’adolescenza e in quelle impegnate in sport
in cui la magrezza è enfatizzata, come nella ginnastica e nella
danza, o ricercata per ottimizzare le prestazioni, come nella
corsa o nello sci di fondo o utilizzata per definire le categorie,
come nelle arti marziali.
Nelle giovani atlete è infatti frequente trovare l’associazione tra
disturbi del comportamento alimentare (anoressia o bulimia),
disturbi mestruali (amenorrea o oligoamenorrea) e diminuzione
della densità minerale ossea ed osteoporosi che configurano
quella condizione che l’American College of Sports Medicine
definisce “female athlete triad”.
2.
Baxter-Jones ADG, Helms PJ. Effects of training at a young
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78
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Integratori, doping e... altro
nel giovane sportivo
Michelangelo Giampietro
Specialista in Medicina dello Sport e in Scienza dell’Alimentazione
Coordinatore del Gruppo Tematico "Nutrizione, Esercizio Fisico e Sport" della SINU
Docente della “Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport” dell’Università di Modena e Reggio Emilia
Riassunto
I fabbisogni nutrizionali dei ragazzi che praticano sport, anche di quelli impegnati in programmi di allenamento più faticosi, possono essere soddisfatti interamente attraverso l’adozione di corrette abitudini alimentari.
L’uso di integratori, anche di quelli specifici per gli sportivi, è, pertanto, da scoraggiare perché inutile nella maggior parte
dei casi.
Gli integratori sono gravati da costi sensibilmente più elevati rispetto ai prodotti alimentari di uso corrente e il loro uso,
soprattutto quando iniziato fin dalle età più giovani, potrebbe in qualche maniera rappresentare un potenziale fattore in
grado di favorire il radicarsi di una “dipendenza psicologica” verso il “farmaco” ritenuto capace di migliorare rapidamente e artificiosamente le capacità atletiche.
Il doping, prima che un illecito sportivo e un reato penale, rappresenta un importante problema di ordine sociale e sanitario che coinvolge la salute pubblica. Per le dimensioni e le caratteristiche che ha assunto negli ultimi anni, il doping
non può più essere considerato un problema che riguarda solo il mondo dello sport e da risolvere al suo interno, ma
deve stimolare la collaborazione reciproca di più settori della vita pubblica e della città.
Parole chiave: integratori, doping, sport, adolescenti.
Supplements, doping... and other in young sporting people
Summary
The nutritional requirements of young people, Including those who do sports, can be completely satisfied
with a balanced diet.
The use of supplements, including those aimed at sportspeople, must be discouraged, in most cases it serves no purpose.
Supplements are very expensive compared to normal food and the habit of taking supplements, especially from an early age,
can lead to a psychological addiction to the “drug” considered capable of enhancing performance rapidly and artificially.
Doping is an offence and it represents an important social and health problem. Doping is a concern of the public health
system.
The experience of doping in recent years means that it can no longer be considered a problem exclusively of the sporting
word. Mutual cooperation among numerous sectors of communities is essential to solve this problem.
Key words: supplements, doping, sport, adolescents.
aminoacidi, creatina, L-Carnitina, carnosina, lipidi, vitamine,
minerali, caffeina, ecc.) commercializzate come “estratti” o sintetizzate industrialmente.
La differenza principale rispetto agli apporti ottenuti attraverso gli
alimenti di uso comune sta soprattutto nei dosaggi spesso utilizzati per queste sostanze, vere e proprie “megadosi”.
Gli integratori sono gravati da costi sensibilmente più elevati
L’adozione di abitudini alimentari corrette è certamente sufficiente a coprire per intero i fabbisogni nutrizionali della quasi totalità
degli sportivi, tanto più nel caso di giovani sportivi, i cui programmi di allenamento non dovrebbero mai essere troppo impegnativi, almeno nelle fasce di età più basse (fino ai 12-14 anni).
Molti integratori utilizzati in ambito sportivo sono in realtà sostanze contenute normalmente negli alimenti (carboidrati, proteine,
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Anche nella recentissima edizione 2007 del Codice l'articolo 73,
contenuto nel Capo II (Medicina dello Sport), stabilisce che: “ (...)
il medico non deve consigliare, prescrivere o somministrare trattamenti farmacologici o di altra natura finalizzati ad alterare le prestazioni psico-fisiche correlate ad attività sportiva a qualunque titolo praticata, in particolare qualora tali interventi agiscano direttamente o indirettamente modificando il naturale equilibrio psico-fisico del soggetto”.
La “non cultura del doping”, sportivo e non solo, ha origini
profonde, strettamente connesse con l’ambito sociale e familiare in cui ciascun individuo è cresciuto e vive. In questo ambiente
agisce la massiccia presenza di messaggi pubblicitari da cui si
ricava la convinzione che qualunque problema, ostacolo o limite,
possa essere superato con l’aiuto dei farmaci.
Da non sottovalutare, inoltre, come già detto, anche il rischio che
si cela nell’uso dei prodotti finalizzati al reintegro “naturale” delle
sostanze biologiche che gli atleti perdono o consumano in
eccesso per effetto dell’allenamento o della prestazione sportiva.
In Italia la produzione e commercializzazione degli integratori alimentari per lo sport ricade nel ben più vasto ambito dei “prodotti destinati ad una alimentazione particolare”, cioè i prodotti dietetici e gli alimenti per la prima infanzia, regolamentati dal decreto legislativo del 27 gennaio 1992, n. 111 (pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale del 17/02/92 n. 39), che recepisce la direttiva
CEE 89/398 del 3 maggio 1989, e dal regolamento D.P.R. 19 gennaio 1998, n. 131 di attuazione del predetto decreto.
L’articolo 1 del decreto su indicato stabilisce che questo genere
di prodotti alimentari, “per la loro particolare composizione o per
il particolare processo di fabbricazione”, devono:
a) distinguersi nettamente dagli alimenti di consumo corrente;
b) essere adatti all'obiettivo nutrizionale indicato;
c) essere commercializzati in modo da indicare che sono conformi a tale obiettivo.
Inoltre, secondo quanto indicato dal comma 2, devono rispondere alle esigenze nutrizionali particolari delle seguenti categorie
di soggetti:
a) le persone il cui processo di assimilazione o il cui metabolismo
è perturbato;
b) le persone che si trovano in condizioni fisiologiche particolari
per cui possono trarre benefici dall'assunzione controllata di
talune sostanze negli alimenti;
c) i lattanti o i bambini nella prima infanzia.
Il decreto legislativo 21 maggio 2004 n. 169 in attuazione della
direttiva 2002/46/ce del Parlamento Europeo e del Consiglio, del
10 giugno 2002, stabilisce che per integratori alimentari si intendono “i prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta
e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, ,
quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto
nutritivo o fisiologico, in particolare ma non in via esclusiva aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate (articolo 2, comma 1)
rispetto ai prodotti alimentari di uso corrente e il loro uso, soprattutto quando iniziato fin dalle fasce di età più giovani, potrebbe
in qualche maniera rappresentare un potenziale fattore in grado
di favorire il radicarsi di una “dipendenza psicologica” verso il
“farmaco” ritenuto capace di migliorare rapidamente e artificiosamente le capacità atletiche.
Pertanto, il ricorso all’uso d’integratori è a volte, se non spesso,
ingiustificato e non del tutto privo di sia pur solo potenziali rischi
per la salute, anche in considerazione della possibilità che, come
paventato dall’Agenzia Mondiale Anti Doping (WADA – World
Anti Doping Agency), alcuni di questi prodotti possano contenere sostanze tossiche e/o contemplate nell’elenco delle sostanze
dopanti che la stessa WADA aggiorna annualmente: “a good diet
is of utmost importance to athletes competing on the international
stage. WADA is also very concerned about the number of athletes
who are prepared to take supplements with little knowledge of
what real benefits they provide and whether or not they contain
prohibited substance. In the end, taking a poorly labelled dietary
supplement is not an adequate defense in a doping hearing.
Athletes should be aware of the dangers of potential contamination of supplements and of the significant effect of the principle of
strict liability”.
Sull’argomento si è espressa anche la Commissione Atleti del
Comitato Olimpico Internazionale che nel 2000 ha approvato la
seguente dichiarazione “We would like to caution the athletes of
the world that recent findings show that supplements may contain
drugs that will cause the athletes to test positive for substances
that are currently on the banned list. Moreover, we as commission
fully endorse that athletes must take complete responsibility for all
drugs that are found in their bodies due to the use of nutritional
supplements”.
La legge n. 376, del 14-12-2000 “Disciplina della tutela sanitaria
delle attività sportive e della lotta al doping (articolo 1, comma 2)
definisce come doping “... la somministrazione o assunzione di farmaci o sostanze biologicamente e farmacologicamente attive o la
sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni
patologiche ed idonee a modificare le condizioni psico-fisiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti”.
Il doping, prima che un illecito sportivo e un reato penale, rappresenta un importante problema di ordine sociale e sanitario
che coinvolge la salute pubblica. Per le dimensioni e le caratteristiche che ha assunto negli ultimi anni, il doping non può più
essere considerato un problema che riguarda solo il mondo
dello sport e da risolvere al suo interno, ma deve stimolare la collaborazione reciproca di più settori della vita pubblica e della
società. Esso costituisce, nel contempo, un’espressione di quel
diffuso fenomeno delle società sviluppate rappresentato dall’abuso di farmaci.
Della questione doping si è anche occupata la Federazione
Nazionale degli Ordini dei Medici, che già nel Codice di
Deontologia Medica approvato nel 1989, faceva esplicito riferimento al divieto per i medici di somministrare farmaci a tal fine.
80
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Integratori, doping e... altro nel giovane sportivo
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
I termini: “complemento alimentare” o “supplemento alimentare”
sono da intendersi come sinonimi di “integratore alimentare” (articolo 2, comma 2).
Si intendono per predosate le forme di commercializzazione quali
capsule, pastiglie, compresse, pillole, gomme da masticare e
simili, polveri in bustina, liquidi contenuti in fiale, flaconi a contagocce e altre forme simili, di liquidi e polveri destinati ad essere
assunti in piccoli quantitativi unitari (articolo 2, comma 3)”.
Inoltre il decreto specifica che:
“L’etichettatura, la presentazione e la pubblicità non attribuiscono agli integratori alimentari proprietà terapeutiche né
capacità di prevenzione o cura delle malattie umane né fanno
altrimenti riferimento a simili proprietà” (articolo 6, comma 2).
“Nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità degli
integratori alimentari non figurano diciture che affermino o sottintendano che una dieta equilibrata e variata non è generalmente in grado di apportare sostanze nutritive in quantità sufficienti in generale” (articolo 6, comma 3).
I “prodotti dietetici per sportivi” rientrano in questa categoria
di prodotti, con la denominazione di “Alimenti adattati ad un
intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi” per i
quali il Ministero della Sanità ha emanato nel 1999 specifiche
“Linee Guida” (circolare 7 Giugno 1999, n.8, Gazzetta ufficiale n.
135 dell’11 giugno 1999) recentemente sottoposte a revisione
dalla Commissione consultiva per i prodotti destinati ad una alimentazione particolare (circolare del Ministero della Salute del 30
novembre 2005, n. 3 pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 287 del
10 dicembre 2005 “Linee guida sulla composizione, etichettatura e pubblicità dei prodotti dietetici per sportivi)”.
Anche queste recenti Linee Guida stabiliscono che tutti questi
prodotti “devono essere formulati in modo confacente alle esigenze nutrizionali per il tipo di attività svolta, ed assicurare un'ottimale biodisponibilità dei nutrienti apportati”.
Secondo quanto stabilito da entrambe le specifiche circolari gli
integratori per lo sport sono collocabili nelle seguenti categorie:
a) prodotti finalizzati ad un’integrazione energetica;
b) prodotti con minerali destinati a reintegrare le perdite idrosaline causate dalla sudorazione conseguente alla attività muscolare svolta;
c) prodotti finalizzati all’integrazione di proteine;
d) prodotti finalizzati all’integrazione di aminoacidi e derivati
aminoacidi ramificati; aminoacidi essenziali e altri aminoacidi; prodotti contenenti derivati di aminoacidi (creatina, L-carnitina);
e) altri prodotti con valenza nutrizionale, adattati ad un intenso
sforzo muscolare (carnosina, trigliceridi a catena corta e
media, antiossidanti non vitaminici);
f) combinazione dei suddetti prodotti;
In linea generale la Commissione sconsiglia l’uso di questi integratori in gravidanza e al di sotto dei 14 anni, e ribadisce che “La
pubblicità deve essere coerente con le proprietà rivendicate in
etichetta, non deve indurre in errore sul ruolo dei prodotti né indur-
re a sottovalutare l’esigenza di seguire una dieta adeguata e un
sano stile di vita.”
Inoltre, “Le aziende, in particolare per i prodotti di provenienza
extracomunitaria, sono tenute a fornire un’autocertificazione che
escluda la presenza anche in tracce di eventuali contaminanti
dopanti e/o di sostanze incluse nella lista di cui alla legge n. 376
del 14 dicembre 2000 relativa alla disciplina della tutela sanitaria
delle attività sportive e della lotta al doping.”
In tal senso, è opportuno ricordare quanto riferito a tal riguardo
dall’Agenzia Mondiale Anti Doping (WADA) secondo la quale “...
più del 20 % degli integratori in commercio per gli atleti possono
contenere sostanze che non vengono dichiarate in etichetta ma che
potrebbero comportare una positività ad un controllo antidoping...”
Il testo della recente circolare ministeriale segnala che “per quanto concerne l’immissione in commercio, in attesa della direttiva
comunitaria, continua ad applicarsi ai prodotti dietetici per sportivi la procedura di notifica dell’etichetta ai sensi dell’art. 7 del
decreto legislativo n. 111/1992, secondo le modalità previste
dalla circolare n. 11 del 17 luglio 2000”.
In sostanza si conferma quanto stabilito dalla legge del 3 febbraio 2003, n. 4, che consentendo la commercializzazione dei
prodotti dietetici per lo sport sulla base della semplice “notifica
preventiva di etichetta” al Ministero della Salute (l’assunzione di
responsabilità sul prodotto e su quanto riportato nell’etichetta è
completamente a carico dell’azienda produttrice) ha accolto la
direttiva europea, ma ha sostanzialmente modificato quanto in
precedenza stabilito dal decreto legislativo del 27 gennaio 1992,
n. 111. Questo ultimo, viceversa, ne regolava la vendita, come
per altri prodotti simili, secondo l’iter legislativo, analogo a quello dei “farmaci da banco”, dell’”autorizzazione-registrazione
ministeriale”, ben più lungo e costoso, che prevede l’analisi del
prodotto e la verifica da parte del Ministero della Salute della corrispondenza tra etichetta e contenuto (l’assunzione di responsabilità sul prodotto e su quanto riportato nell’etichetta è a carico
del Ministero stesso che sovrintende e decide su quello che
riguarda il prodotto).
Anche nell’ultima circolare ministeriale sui prodotti dietetici per
sportivi, al pari di quanto stabiliva la precedente del 1999, viene
confermato l’obbligo che le confezioni di alcuni prodotti (proteine, aminoacidi, creatina, L-Carnitina) riportino in etichetta le
avvertenze sul loro uso corretto e le controindicazioni del caso,
così come indicato dal testo delle Linee guida.
Il confine tra “integrazione lecita” e “integrazione non lecita” è
assai sottile, tanto da risultare a volte estremamente difficile definire l’una o l’altra.
Se correttamente utilizzati, i prodotti dietetici sono utili e, a volte,
insostituibili presidi terapeutici e, in quanto tali, necessitano di un
uso ragionato, oculato, dettato esclusivamente da reali esigenze,
sostenute da opportune conoscenze e verifiche scientifiche,
senza nulla concedere ai richiami della pubblicità e alle lusinghe
di improbabili effetti miracolistici, o di più o meno reali effetti
dopanti.
81
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Un buon programma di allenamento, nel rispetto dei tempi naturali di recupero dell'organismo degli atleti, e l'adozione di corrette abitudini alimentari sono gli unici insostituibili fattori in grado di
migliorare lealmente le capacità atletiche.
Pertanto, sarebbe auspicabile che medici, nutrizionisti e operatori sanitari in genere, impegnati nella gestione degli atleti, valutassero attentamente l’opportunità e la necessità reale di prescrivere una integrazione della razione alimentare dei loro assistiti, convinti che la lealtà sportiva e la salute degli atleti valgano
molto di più di qualunque vittoria, record o medaglia.
problema doping” Comune di Roma – Dipartimento Cultura Sport
toponomastica, Politiche dello Sport – Quaderni dello Sport, 1
volume (2003).
Il testo di questa relazione è tratto in parte dal volume
“L’alimentazione per l’esercizio fisico e lo sport” M. Giampietro (2005).
Il Pensiero Scientifico Editore, Roma
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10. Wilmore JH, Costill DL “Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport”
edizione italiana a cura di Bellotti P e Felici F. Calzetti Mariucci
editori, Perugia (2005).
82
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
La certificazione di idoneità
alla pratica fisico-sportiva
Tito Livio Schwarzenberg, Vincenza Patrizia Di Marino
UOC di Adolescentologia – Dipartimento Scienze Ginecologiche, Perinatologia e Puericultura – Università “La Sapienza” Roma
Riassunto
Vengono descritte e commentate le principali norme che, in Italia, disciplinano la certificazione medica in
generale e quella per l’idoneità alla pratica sportiva in particolare.
Un’ampia discussione viene riservata alle differenze (formali e sostanziali) tra “sport non agonistico” e “sport agonistico” come anche, in quest’ultimo caso, tra “professionisti” e “non professionisti” dell’agonismo sportivo.
Suggerimenti e richiamo alla normativa vigente vengono, infine, riservati allo sport e disabilità, alla pratica fisico-sportiva nei circoli e nelle palestre e all’insegnamento dell’educazione fisica in ambito scolastico, compresi gli eventuali esoneri parziali o totali, temporanei o permanenti dagli esercizi e/o dalla frequenza alle lezioni.
Parole chiave: certificati medici, attività sportiva, sport e disabilità, fitness, educazione fisica, sport agonistico
e non agonistico.
The medical certificate of aptitude for physical
and sport activities
Summary
The main rules and provisions regulating in Italy the issue of medical certificates both in general and in particular regarding health certificates for attitude to sport activity have been explained in detail and commented.
A wide discussion has been reserved for the description of the differences (both formal and substantial) between “not
agonistic sports” and “agonistic sports”; with reference to “agonistic sports”, have been also descript the differences
between “professionals” and “not professionals” athletes.
Suggestions and references have been finally directed to sport and disability, to physical-sporting practice in sports clubs
and gymnasiums and to the teaching of physical education in the school environment. Regarding to the school environment have been also considered the events of contingent partial or total exemption from gym, of temporary or permanent
exoneration from attendance and from particular gymnastic exercises.
Key words: health certificates, sport activity, sport and disability, fitness, physical education, agonistic and not agonistic sports.
L’argomento che ci accingiamo ad affrontare, vale a dire “La certificazione medico-sportiva” può apparire, a prima vista, abbastanza banale e scontato, soprattutto di fronte ad una platea di
esperti pediatri e adolescentologi. Ciò non ostante riteniamo
senz’altro utile e importante, proprio in questo contesto, riflettere e
confrontarci su un aspetto di così frequente riscontro nella nostra
pratica professionale quotidiana ricco di implicazioni normative,
giuridiche, etiche oltreché sanitarie e con riflessi addirittura sull’economia nazionale tanto da essere stato preso in seria considerazione perfino nell’ultima (quanto mai discussa e sofferta) legge di
programmazione economica e finanziaria del nostro Paese.
Giova premettere, a questo punto qualche richiamo di carattere
sostanziale e normativo sulla certificazione in genere, su quella
medica in particolare per poter concentrare, infine, la nostra
attenzione sull’aspetto specifico della certificazione medicosportiva.
Si definisce “certificato” un atto scritto che dichiara conformi a
verità fatti di natura tecnica, di cui il certificato stesso è destinato
a provare l’esistenza. Essendo un atto pubblico il certificato
deve, ovviamente, essere veritiero e redatto in modo chiaro ed
univoco (1-3).
Con espressione più formale “il certificato è la testimonianza scrit-
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Da quanto finora premesso ne deriva che la potestà di certificare (G. Umani Ronchi e coll., 2002) discende esclusivamente dal
conseguimento del diploma di laurea e dall’abilitazione all’esercizio della professione medica(2). Il limite oggettivo del certificato è rappresentato dall’oggetto stesso della certificazione che, in
quanto promanazione dell’attività medica, non può avere altro
rilievo che quello medico-biologico. Il limite soggettivo si concretizza, viceversa, nell’osservanza delle norme deontologiche e
codicistiche relative in modo particolare al rispetto del segreto
professionale e alla tutela della privacy.
Pertanto (prescindendo da casi particolari, espressamente previsti per talune certificazioni obbligatorie) il certificato medico deve
rispondere ai seguenti due requisiti (2, 5):
a) essere rilasciato unicamente alla persona assistita o visitata,
ovvero al suo rappresentante legale (genitore o tutore) in caso
di minore o, comunque, di un soggetto legalmente incapace;
b) limitarsi, nel proprio contenuto, unicamente a ciò che necessita all’interessato o a quanto quest’ultimo voglia rendere manifesto.
A seconda di quanto viene previsto dalle specifiche disposizioni
di legge, i certificati medici vengono distinti in:
certificati obbligatori: rivolti alla tutela di interessi pubblici e
rilasciati non in quanto richiesti dagli interessati ma in quanto
una precisa normativa impone al medico il dovere della certificazione stessa;
certificati facoltativi: di regola destinati ad attestare, nei
confronti di Enti pubblici o privati, lo stato di salute del richiedente che, spontaneamente, li esibisce anche al di fuori di
ogni obbligo di legge.
È bene, tuttavia, rimarcare che la distinzione tra certificazione
obbligatoria e facoltativa è, in realtà, puramente formale in quanto essa viene privata di qualsiasi rilievo sostanziale proprio alla
luce dell’art 22 del Codice di Deontologia Medica, laddove si cita
che“….il medico non può rifiutarsi di rilasciare direttamente al cittadino certificati relativi al suo stato di salute”.
Giova anche premettere che tutta la normativa rivolta alla tutela
sanitaria di chi pratica attività sportiva trova la propria origine,
giustificazione e conforto proprio da alcuni articoli della
Costituzione stessa della Repubblica Italiana, laddove l’art. 2
“riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che nelle funzioni sociali ove si svolge la sua personalità”,
l’art. 4 stabilisce che “ogni cittadino ha il dovere di svolgere,
secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una
funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della
società” e, infine, l’art. 32 che garantisce la tutela della salute
come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
Gli esordi della Legislazione in materia nel nostro Paese si fanno
risalire alla Legge 28 dicembre 1950, n. 1055, recante norme
di “tutela sanitaria delle attività sportive”. La tutela sanitaria in questione – inizialmente affidata alla Federazione Medico Sportiva
Italiana – si esercitava nei confronti degli sportivi professionisti e
ta su fatti e comportamenti tecnicamente apprezzabili e valutabili, la
cui dimostrazione può condurre all’affermazione di diritti soggettivi
previsti dalla norma, ovvero determinare conseguenze a carico dell’individuo o della collettività aventi rilevanza giuridica e/o amministrativa“ (4) o, più semplicemente: “il certificato è l’atto scritto e firmato per mezzo del quale una persona investita di determinate attribuzioni e in tale qualità, attesta l’esistenza o meno di determinati
fatti o qualità” (1).
Ne consegue che il certificato medico rappresenta un documento
che contiene una dichiarazione scritta nella quale si attesta la sussistenza di fatti obiettivi effettivamente riscontrati dal medico stesso nell’esercizio della propria attività professionale e destinati ad
avere rilevanza giuridica.
Per altro, la certificazione è sottoposta al vincolo degli art. 480 e
481 c.p., relativi alla falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale e/o dal personale esercente un servizio di pubblica necessità,
oltre che dell’ art. 485 c.p. relativo alla falsità in scrittura privata. Il
requisito della veridicità non può essere disgiunto da quello della
chiarezza: è necessario, pertanto, evitare abbreviazioni e acronimi
e, qualora non venga utilizzata la dattiloscrittura o l’uso di una
modulistica prestampata, impiegare una grafia chiara, di pronta ed
inequivocabile leggibilità.
Vale anche la pena di ricordare che, in base alle previsioni del
codice penale, possono essere individuate tre possibili qualificazioni del medico certificatore (2):
1) pubblico ufficiale (art. 357 c.p.): è colui che esercita, in modo
temporaneo o permanente, una pubblica funzione o un’attività
legislativa, giudiziaria, amministrativa in rappresentanza dello
Stato o dell’Ente pubblico di appartenenza. Secondo le più
recenti interpretazioni della giurisprudenza a tale categoria
vanno assimilati i medici dipendenti dalle ASL o dalle Aziende
Ospedaliere con funzioni organizzative e che partecipano, quindi, alla volontà della Pubblica Amministrazione. Deve ritenersi
pubblico ufficiale anche il medico che svolga l’incarico di perito
o di consulente tecnico su nomina dell’autorità giudiziaria;
2) incaricato di pubblico servizio (art. 358 c.p.): è il medico che,
per conto dello Stato che ne cura pertanto la tutela, svolge
un’attività socialmente utile (vale a dire un pubblico servizio),
indipendentemente dal fatto che sussista alla base un impiego
di ruolo o avventizio. A tale categoria, pertanto, appartengono i
medici dipendenti o convenzionati col Servizio Sanitario
Nazionale (ad esempio i medici di base e i pediatri di libera scelta) impegnati nello svolgimento di mansioni di carattere strettamente medico dirette al soddisfacimento di un bisogno della
collettività;
3) esercente un servizio di pubblica necessità (art. 359 c.p.):
è il medico libero professionista abilitato dallo Stato, alla cui
opera ricorre il cittadino che ne ravveda la necessità. Si tratta, in
questo caso, di prestazioni professionali che il medico – anche
se dipendente pubblico – esercita, tuttavia, privatamente e
direttamente e non in nome né per conto dello Stato o di un
Ente pubblico.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
La certificazione di idoneità alla pratica fisico-sportiva
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
dei cosiddetti “dilettanti con retribuzione abituale” nonché dei
praticanti attività sportive considerate impegnative o pericolose
(pugilato, atletica pesante, gare ciclistiche particolarmente gravose, sport motoristici e sport subacquei), imponendo a tutti
costoro l’obbligo di sottoporsi ad accertamenti medici di idoneità
con periodicità annuale, quale condizione indispensabile per
l’accesso alla pratica dello sport. L’embrionale assetto normativo veniva, quindi sviluppato e rivisto, venti anni più tardi, dalla
Legge 26 ottobre 1971, n. 1099, che affidava alle neonate
Regioni la tutela sanitaria delle attività sportive e ampliava la portata della tutela medesima estendendola a “chiunque intende
svolgere o svolge attività agonistico sportive” mediante l’accertamento obbligatorio, con visite mediche di selezione e di controllo periodico, dell’idoneità generica e dell’attitudine.
A questo punto vale la pena di richiamare l’attenzione proprio
sulla terminologia comunemente utilizzata, ricordando come le
espressioni "idoneità" ed "attitudine" sportiva vengano assai
spesso, erroneamente, considerate sinonimi. Al contrario, per
idoneità generica all'attività sportiva dobbiamo intendere la
"possibilità dell'organismo di tollerare senza danno il maggiore
sviluppo di potenza e, quindi, il maggiore dispendio metabolico
ed energetico che sono propri dell'attività sportiva rispetto alle
attività abituali della vita sociale e lavorativa: si tratta, in altre
parole, della generica capacità di reggere, senza danno, uno
sforzo anche protratto", mentre l’attitudine all'attività sportiva
altro non è che la "specifica tendenza del soggetto verso una
particolare e ben definita forma di attività sportiva in conseguenza di fattori genetici, ambientali, costituzionali, psicologici, antropometrici e funzionali".
Tralasciando in questa sede, per ovvii motivi di tempo e di spazio qualsiasi ulteriore considerazione sulla normativa intermedia
e/o integrativa, è ben noto che tutte le attuali disposizioni sulla
certificazione medico sportiva fanno principalmente riferimento a
tre decreti del Ministero della Sanità, tutt’ora pienamente vigenti,
per quanto datati di ben 25 anni:
Decreto Ministeriale 18 febbraio 1982 “Norme per la tutela sanitaria dell’attività sportiva agonistica” (G.U. n. 63 del 5
marzo 1982);
Decreto Ministeriale 28 febbraio 1983 “Integrazione e rettifica del decreto ministeriale 18 febbraio 1982, concernente
norme per la tutela dell’attività sportiva agonistica” (G.U. n. 72
del 15 marzo 1983);
Decreto Ministeriale 28 febbraio 1983 “Norme per la tutela sanitaria dell’attività sportiva non agonistica” (G.U. n. 72 del
15 marzo 1983).
L’ultimo decreto citato, recita all’art.1 che devono essere sottoposti a controllo sanitario per la pratica delle attività sportive non
agonistiche:
a) gli alunni che svolgono attività fisico-sportive organizzate dagli
organi scolastici nell’ambito delle attività parascolastiche;
b) coloro che svolgono attività organizzate dal CONI, da società
sportive affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali o agli Enti
di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI e che non siano
considerati atleti agonisti ai sensi del Decreto Ministeriale 18
febbraio 1982;
c) coloro che partecipano ai Giochi della Gioventù, nelle fasi precedenti quella nazionale1.
Una prima, inevitabile e spontanea, perplessità sorge, a questo
punto, riguardo alla precisa ed univoca identificazione di quelle
attività sportive che possono (o devono) essere identificate come
“non agonistiche” in base al punto b) del citato DM 28-02-83, dal
momento che la categoria del “non agonismo” finisce col caratterizzarsi soprattutto in negativo rispetto a quella dell’ “agonismo”, essendo la prima semplicemente la negazione della
seconda. Ne discende che l’una e l’altra categoria sono state istituite dal legislatore non tanto in base a concrete valutazioni biomediche e psico-attitudinali quanto sulla spinta di motivazioni
economiche, in considerazione del costo non certo indifferente
che già comportano gli accertamenti obbligatori di idoneità agonistica riservati ad almeno nove milioni di soggetti che annual-
1
Quando gli studenti italiani nel 1968 scesero in piazza e occuparono scuole e università per manifestare il loro profondo malessere, non immaginavano certamente di dare un
contributo determinante alla nascita dei Giochi della Gioventù.
L’approvazione ufficiale avvenne il 3 settembre 1968, ma già una circolare del 29 agosto ai comitati provinciali del Coni forniva le norme principali della manifestazione: età di
ammissione 11-15 anni; programma: atletica leggera, ciclismo, ginnastica, nuoto, pallacanestro, pallavolo e sci (per l’inverno 1969-70); fasi: locali, provinciali, inter-provinciali e
nazionale. L’entusiasmo con cui fu accolta l’iniziativa fece andare ben oltre quanto ordinariamente previsto gli operatori di base, che su strade e piazze, ma anche su prati e cortili fecero disputare non solo le gare di atletica leggera, ma anche la ginnastica artistica e gli sport di squadra. Da quel grandioso successo, i Giochi della Gioventù presero il
volo, finendo per diventare in breve la più importante manifestazione sportiva giovanile italiana e una delle più importanti d’Europa. La numerosità dei partecipanti andò via via
aumentando fino a superare i tre milioni e mezzo alla fine degli anni’70. Il programma si estese a sua volta fino a comprendere oltre cinquanta discipline, praticamente quasi tutti
gli sport esistenti. Nel 1974 la manifestazione fece il suo ingresso stabile e ufficiale nella scuola, compresa quella elementare, anche se limitatamente al secondo ciclo.
Dall’anno scolastico 1993-94 il programma tornò ad essere circoscritto alle discipline ufficialmente praticate nella scuola: atletica leggera, ginnastica, nuoto, sci, calcio, pallacanestro, pallamano, pallavolo, le stesse del programma dei Campionati Studenteschi. Merito fondamentale e indiscutibile dei Giochi della Gioventù è stato quello di aver introdotto
nel potere pubblico e tra le autorità politiche una forte sensibilizzazione nei confronti dell’attività sportiva, intesa come mezzo insostituibile nella formazione ed educazione dei
giovani, fin dalla scuola elementare. Non meno importante, infine, è da considerare l’azione svolta dai Giochi della Gioventù nella capillare diffusione tra la massa giovanile di un
sano spirito sportivo e, nello stesso tempo, nella rivelazione di numerosi talenti, destinati successivamente ad arricchire in misura considerevole le fila dello sport nazionale. A
partire dal 1998, altro momento “storico” del lungo cammino dell’attività scolastica è l’istituzione dei Giochi Sportivi Studenteschi, diretta conseguenza di un rinnovato protocollo di intesa tra Coni e Ministero della Pubblica Istruzione (19). In realtà, la nascita del Giochi Sportivi Studenteschi ha coinciso con un parallelo rapido e progressivo declino dei
Giochi della Gioventù, sia per la diversa impostazione di base delle due iniziative, sia per il difficile connubio tra Coni e MPI. Tra l’altro, in questa sfavorevole situazione di conflitto hanno giocato il proprio ruolo anche alcune normative che impongono, ad esempio, per i gli sport di squadra compresi nei Giochi Sportivi Studenteschi, il tetto massimo di
1/3 di atleti con lo status di tesserati, mentre gli altri atleti (i 2/3 quindi) devono essere puri, vale a dire non tesserati per l’anno in corso dalla specifica Federazione. Va, tuttavia,
segnalato che non sono mancate iniziative congiunte del Coni e MPI per un rilancio dei Giochi della Gioventù proprio a partire dal corrente anno scolastico 2006/2007.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
dizio di “idoneità generica allo sport” appare del tutto improprio
e inattendibile sulla base tanto dell’inesistenza di uno “sport
generico” che dell’intrinseca specificità di qualsivoglia attività
sportiva. Parallelamente, dobbiamo riflettere sul grave rischio di
responsabilità professionale per quel medico certificatore che
volesse, comunque, esprimere un giudizio di “idoneità generica
allo sport” confidando esclusivamente sul carattere “non agonistico” della pratica così autorizzata, senza riflettere sull’estrema
variabilità di impegno psico-fisico che le numerose specialità
sportive inevitabilmente sottendono. Né va dimenticato che il
medico certificatore, in caso di “motivato sospetto clinico” può,
comunque, richiedere il conforto di consulenze specialistiche e
di esami clinico strumentali integrativi (art. 2 comma 2° DM
28/02/83). È evidente che la clausola limitativa del “motivato
sospetto clinico” è esclusivamente di natura economica e tesa a
impedire la richiesta di accertamenti specialistici e/o di esami
laboratoristici o strumentali non giustificabili da una dimostrata
esigenza clinica ma il cui costo, rapportato ai milioni di soggetti
potenzialmente coinvolgibili, sarebbe insostenibile dalle precarie
finanze del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Proprio in questa
luce va, quindi, vista la designazione dei medici e dei pediatri di
famiglia in funzione di filtro per l’accesso allo sport non agonistico, essendo queste figure professionali quelle che (almeno presumibilmente) conoscono meglio il paziente e la sua storia clinica e, quindi, si trovano in posizione privilegiata sia per affermare
lo “stato di buona salute” del proprio paziente che per conoscere eventuali controindicazioni relative a eventi morbosi in atto o
pregressi.
Per quanto attiene alle norme sanitarie che riguardano le certificazioni e la tutela delle attività sportive agonistiche, come già
premesso, si fa riferimento ad Decreto del Ministero della Sanità
del 18 febbraio 1982 (integrato e rettificato a mezzo del Decreto
28 febbraio 1983). Lo stesso Ministero della Sanità, allo scopo di
uniformare il comportamento normativo delle varie Regioni ha,
successivamente, emesso la Circolare 18/03/1996 n. 500.4 dal
titolo “Linee guida per un’organizzazione omogenea della certificazione di idoneità alla attività sportiva agonistica”.
Viene, anzitutto, ribadito che devono ottenere il “certificato di idoneità sportiva agonistica” tutti coloro che praticano attività sportive qualificate come agonistiche dalla Federazioni Sportive
Nazionali, dal CONI, dagli Enti sportivi riconosciuti oltre ai partecipanti alle fasi nazionali dei Giochi della Gioventù.
Il criterio per determinare il “tesseramento agonistico” di un atleta è, quindi demandato ad ogni singola Federazione Sportiva
Nazionale e, quasi di regola, si tratta di un criterio meramente
anagrafico. Per meglio rendersi conto della realtà, riporto alcuni
esempi di età di ingresso nell’attività agonistica (7-9):
7 anni: hockey su pista, moto minicross, pattinaggio artistico,
tennis da tavolo;
8 anni: bocce, ginnastica, karting, nuoto, pattinaggio su
ghiaccio, scherma;
9 anni: baseball, canottaggio, sci (alpino e nordico), vela;
mente praticano attività sportive nell’ambito delle Federazioni
Nazionali e degli Enti di promozione sportiva. Non si possono
evidenziare, al contrario particolari dubbi nei riguardi dell’identificazione dei soggetti indicati ai punti a) e c), anche se l’acquisizione nella categoria agonistica per i partecipanti ai Giochi della
Gioventù solo nelle fasi nazionali è del tutto incongrua, dal
momento che l’impegno atletico e gli eventuali rischi ad esso
connessi sono praticamente identici sia prima che durante le fasi
nazionali dei Giochi stessi.
L’art. 2 del DM 28-02-83 cita testualmente:
“Ai fini della pratica delle attività sportive non agonistiche i soggetti
di cui al precedente art. 1 devono sottoporsi, preventivamente e
con periodicità annuale, a visita medica intesa ad accertare il loro
stato di buona salute.
In caso di motivato sospetto clinico il medico ha la facoltà di
richiedere accertamenti specialistici integrativi, rivolgendosi
anche al personale sanitario e alle strutture di cui all’art. 5, ultimo
comma, della legge n. 33/80.
La certificazione di stato di buona salute riscontrato all’atto della
visita medica deve essere redatta in conformità al modello di cui
all’allegato 1”.
Infine, l’art.3 del DM conclude che:
“La certificazione di cui al precedente art. 2 è rilasciata ai propri
assistiti dai medici di medicina generale e dai medici specialisti
pediatri di libera scelta, ai sensi dell’art. 23 dei rispettivi accordi
collettivi vigenti”.
Non si può fare a meno di rimarcare, a questo punto, che l’espressione “stato di buona salute” che il medico è chiamato a
certificare come imposto dalla normativa, è di non univoca interpretazione né di agevole traduzione in chiave biomedica (6). Tra
l’altro, l’equiparazione delle espressioni “stato di buona salute” e
“integrità psico-fisica della persona” come abitualmente suggerito dalla disciplina giuridica, non appare del tutto convincente
perché troppo impegnativa e potenzialmente, se presa alla lettera, suscettibile di allontanare dalla pratica sportiva (forse) la maggior parte della popolazione ritenendo non idonei anche coloro
che fossero affetti da lievi o lievissime menomazioni (difetti di
vista, paramorfismi vertebrali, malocclusioni, ecc,).
Peraltro, sia nei vari articoli del Decreto Ministeriale in esame che
nel fac-simile di certificazione (di cui all’allegato 1) non compare
mai il termine “idoneità” che, al contrario,viene ampiamente
usato in tutta la normativa riguardante la pratica dello sport agonistico. Ne consegue che, attestando meramente uno “stato di
buona salute” e l’assenza di controindicazioni in atto (cioè clinicamente manifeste e, comunque diagnosticabili), il medico certificatore non viene assolutamente coinvolto nell’esprimere un
qualsivoglia giudizio di idoneità sportiva (come, viceversa è
esplicitamente previsto nelle certificazioni per lo sport agonistico). Né è accettabile una sovrapposizione concettuale tra le due
locuzioni “stato di buona salute” e “idoneità generica allo sport”
da taluni proposta riferendosi anche a precedenti quanto superate normative (Legge 26 ottobre 1971, n. 1099). Di fatti, un giu-
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
La certificazione di idoneità alla pratica fisico-sportiva
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
10 anni: hockey su prato, pentathlon, tennis;
12 anni: calcio, judo e sport marziali, pallacanestro, pallavolo,
rugby, atletica leggera;
14 anni: moto enduro-cross trial e velocità, pugilato, tiro a volo
l’esame obiettivo con particolare riguardo agli organi e apparati specificamente impegnati nello sport praticato
l’esame generico dell’acuità visiva mediante ottotipo luminoso
l’esame del senso cromatico (solo per gli sport motoristici)
il rilievo indicativo della percezione della voce sussurrata a m
4 di distanza, quando non è previsto l’esame specialistico
ORL.
Viene, infine, decretato che ogni sport non contemplato nelle
Tabelle “A” o “B” venga assimilato, ai fini degli accertamenti e certificazioni sanitarie, a quello che risulta ad esso più affine tra
quanti ufficialmente previsti.
Sempre nell’ambito dei praticanti attività sportiva agonistica
viene fatta un’ulteriore distinzione tra (13):
Dilettanti
Professionisti
Lo status di sportivi professionisti è riconosciuto (art. 2 della
Legge 23 marzo 1981 n. 91) agli atleti, agli allenatori, ai direttori
tecnico-sportivi e ai preparatori atletici, che esercitano l’attività
sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito
delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono tale
qualificazione dalle Federazioni Sportive Nazionali, con l’osservanza delle direttive emanate dal CONI stesso per la distinzione
dell’attività dilettantistica da quella professionistica. Molto più
semplicemente, gli atleti professionisti sono quelli legati da un
rapporto di lavoro subordinato con la Società Sportiva. Per tutti
costoro, l’attività professionistica è subordinata al possesso da
parte dell’atleta della “scheda sanitaria” (art. 7 comma 2,
Legge 23 marzo 1981 n. 91), che accompagnerà l’atleta stesso
per tutta la durata della sua attività sportiva e sarà aggiornata,
con periodicità almeno semestrale, salve le diverse disposizioni
emanate dalle varie Federazioni.
Esaurita, a questo punto, la pur ampia panoramica sulla certificazione medico-sportiva, come previsto dalla normativa vigente,
può essere interessante qualche considerazione su aspetti particolari di tutela sanitaria dei giovani che, comunque, praticano
attività al di fuori dello sport organizzato, bensì presso circoli
sportivi, palestre, centri fitness. È bene chiarire che, il certificato
medico non costituisce, dal punto di vista normativo, la condicio
sine qua non per lo svolgimento di attività fisica in palestra. Infatti,
nella legislazione attualmente vigente in Italia manca qualsiasi
prescrizione in tal senso, pertanto la scelta sulle modalità attraverso le quali verificare l’idoneità fisica del fruitore dei servizi della
palestra o del centro fitness è lasciata esclusivamente al gestore
dell’impianto. Si tratta di un vuoto normativo particolarmente
grave (14): da una parte, infatti, l’attuale sistema va chiaramente
a scapito dell’integrità dello sportivo; dall’altra è forte il rischio
che si verifichino disparità di comportamento, anche sotto il
punto di vista di assunzione di responsabilità da parte del gestore/organizzatore. Attualmente, infatti, le scelte si indirizzano principalmente verso tre direzioni:
a) i Centri più attrezzati e qualificati dispongono di personale
Rimane inteso, tuttavia, che le diverse fasce di età sopra ricordate sono sempre suscettibili di modifiche e revisioni a discrezione di ciascuna Federazione.
Il rilascio della certificazione di idoneità alla pratica sportiva agonistica è, comunque, demandato esclusivamente al medico
specialista in Medicina dello Sport operante nelle strutture pubbliche o in quelle private autorizzate che, in relazione alle varie
normative regionali, possono essere:
Centri ASL
Centri pubblici non ASL (ospedali, università)
Centri privati accreditati o convenzionati
Specialisti esterni accreditati o convenzionati
Il più volte citato DM 18 febbraio 1982 prevede esplicitamente
(all’art. 3), per i soggetti interessanti ad ottenere il certificato di
idoneità allo sport agonistico, di sottoporsi agli accertamenti
sanitari elencati in un apposito protocollo clinico-diagnostico
allegato al DM stesso. Implicitamente ne consegue l’obbligo, per
il medico certificatore, di attenersi al protocollo medesimo, la cui
procedura rappresenta un complesso di condizioni necessarie e
sufficienti per proferire il giudizio conclusivo di idoneità.
Il protocollo di cui sopra è costituito da due allegati: “allegato 1”,
nel quale sono rispettivamente elencati i controlli sanitari previsti
e la loro periodicità in relazione ai diversi sport praticabili, che
vengono raggruppati i due distinte categorie (elencate in Tabella
“A” e Tabella “B”) e “allegato 2” in cui vengono riprodotti i modelli di scheda valutativa (Modello“A” e Modello“B”) che dovranno
essere compilati dal medico visitatore a conclusione della visita
stessa.
Gli accertamenti sanitari richiesti per i praticanti le attività sportive elencate in Tabella “A” sono (10-12):
1. visita medica
2. esame completo delle urine
3. elettrocardiogramma a riposo
Per coloro che, viceversa, sono interessati a praticare le attività
agonistiche elencate in Tabella “B” gli accertamenti sanitari
necessari consistono in:
1. visita medica
2. esame completo delle urine
3. elettrocardiogramma a riposo e dopo sforzo
4. spirografia
In calce all’allegato 1 vengono, inoltre, riportate alcune “note
esplicative”, che forniscono ulteriori importanti indicazioni. Per
quanto riguarda la “visita medica” viene infatti specificato che
essa deve inderogabilmente comprendere:
l’anamnesi
la determinazione del peso corporeo (in Kg) e della statura
(in cm)
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
alla pratica agonistica alle persone handicappate” (pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale del 18/03/1993 n. 64) ha consentito un
più organico approccio alla tutela dello sport per i disabili, laddove cita: “Ai fini della tutela della salute, i soggetti portatori di un
handicap fisico e/o psichico e/o neurosensoriale, che praticano
attività sportiva agonistica, devono sottoporsi previamente al controllo della idoneità specifica allo sport che intendono svolgere o
che svolgono. Tale controllo deve essere ripetuto con periodicità
annuale o inferiore quando ritenuto necessario dai sanitari. La
qualificazione di agonista per i portatori di handicap che praticano attività sportiva è demandata alla federazione Italiana Sport
Disabili (FISD) o agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal
CONI”
Anche per la valutazione dell’idoneità agonistica allo sport del
portatore di handicap ci si deve riferire a due specifiche Tabelle
“A” e “B” (diverse da quelle di cui ad DM 18/02/1982, prima ricordate) ancora una volta suddivise in rapporto al minore o maggiore impegno cardiovascolare e respiratorio. I medici incaricati
del giudizio di idoneità sono gli stessi già individuati per la certificazione agonistica e i certificati medesimi non si differenziano
che per la specificazione “adatto ad atleti disabili”, nonché per la
delimitazione cronologica di validità di un anno o di sei mesi, con
chiara indicazione, sul certificato, della relativa scadenza.
Nel concludere questa rassegna sulla certificazione medicosportiva è necessario fare cenno anche alla normativa riguardante la dispensa dalle lezioni di educazione fisica che, non raramente, coinvolge le competenze professionali del medico di
famiglia e/o del pediatra. A tale proposito, il primo rilevante riferimento normativo è rappresentato dalla Legge 7 febbraio 1958
n. 88 che, all’art. 3, cita testualmente “il capo di istituto concede
esoneri temporanei o permanenti, parziali o totali per provati motivi di salute, su richiesta delle famiglie degli alunni e previi gli
opportuni controlli medici sullo stato fisico degli alunni stessi”. La
successiva C.M. 3 ottobre 1959, n. 401, prot. N. 10168
entrando nel merito specifica, all’ art. 1, che “Il capo di istituto
potrà prescindere dai controlli medici quando trattasi di alunni
che presentino gravi menomazioni o difetti fisici, congeniti o
acquisiti, di immediata evidenza”. La predetta circolare ministeriale specifica, in seguito, che “Gli accertamenti, ai fini dell’esonero, sono affidati al sanitario addetto al servizio medico-scolastico, ove esista, o a un medico di fiducia dell’Amministrazione scelto dal capo d’istituto…..Ove, in base agli accertamenti eseguiti,
ritenga comprovato l’impedimento, il capo d’istituto, sentito il
parere dell’insegnante di educazione fisica, specialmente per
quanto concerne la dispensa da determinate esercitazioni, dispone la concessione dell’esonero”. L’esonero dalle lezioni di educazione fisica potrà, inoltre, essere:
totale, quando esclude l’alunno sia dalle lezioni che dalle
prove di esame e la sua validità potrà essere permanente o
temporanea;
parziale, anche in questo caso temporaneo o permanente,
ha il limitato effetto di escludere l’alunno da determinati eser-
medico interno, cui è demandata la verifica dell’idoneità del
frequentatore;
b) in alternativa viene richiesta la presentazione di un certificato
di “sana e robusta costituzione”;
c) in casi non del tutto rari, le palestre si accontentano di far sottoscrivere al socio un’autocertificazione di assenza di impedimenti di natura sanitaria, con assunzione di responsabilità
esclusiva e personale in caso di sinistri e, conseguente,esonero della palestra.
È, per altro, evidente che nella malaugurata ipotesi di un sinistro
che si sia verificato nel corso delle sedute in palestra, la dichiarazione di assunzione di responsabilità fatta sottoscrivere al
cliente, non garantisce in alcun modo i titolari del centro sportivo
rispetto all’eventualità di essere chiamati a rispondere in giudizio
dell’accadimento in questione, a titolo di responsabilità civile: l’unica vera possibilità di essere esonerati consiste, infatti, nel poter
dimostrare di aver posto in essere tutti gli adempimenti necessari al fine di evitare il verificarsi dell’evento dannoso che, pertanto,
deve essere considerato del tutto imprevedibile e fortuito.
In una trattazione sulla tutela sanitaria dei giovani atleti e sulla
normativa riguardante la certificazione medico-sportiva, non si
può fare a meno di accennare, seppure sommariamente, all’importante problematica riguardante sport e disabilità (15-17). Le
enormi potenzialità esprimibili da coloro che per propria disavventura risultano essere “diversamente abili” vengono, infatti,
ulteriormente confermate nel mondo dello sport dove, ormai in
quasi tutte le specialità, esistono settori riservati ad atleti disabili
capaci tuttavia, assai spesso, di fornire performance di livello
assai elevato. Tale materia, per altro, è stata recentemente regolamentata dalla Legge 5 luglio 2003 n. 189 (“Norme per la promozione della pratica dello sport da parte delle persone disabili”). È necessario anche segnalare che la FISD (Federazione
Italiana Sport Disabili) attivamente promuove, diffonde e disciplina proprio l’attività sportiva di alto livello e paraolimpica dei disabili fisici, ciechi e mentali per oltre 25 diverse discipline sportive.
In campo internazionale il massimo riferimento può essere considerato, invece, l’IPC (International Paralympic Committee) che,
tra l’altro, ha organizzato con grande e scontato successo, nel
corso degli anni, le diverse Paraolimpiadi (vale a dire le Olimpiadi
riservate ai portatori di handicap).
Per quanto ci riguarda come medici (certificatori e non), dobbiamo anzitutto fare riferimento alla precedente Legge 5 febbraio
1992 n. 104 (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate) dove, all’art. 2, leggiamo: “è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che
è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio
sociale e di emarginazione”. La predetta legge stabilisce, inoltre,
all’art. 23 che: “l’attività e la pratica sportiva sono favorite senza
limitazione alcuna”. Il successivo DM 4 marzo 1993 recante
“Determinazione dei protocolli per la concessione dell’idoneità
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
La certificazione di idoneità alla pratica fisico-sportiva
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Bibliografia
cizi, fermo restando l’obbligo di frequentare le lezioni e/o di
partecipare alle prove di esame.
Nel proporre un esonero dall’educazione fisica ogni medico
coinvolto nella relativa certificazione dovrebbe, prioritariamente,
riflettere su quanto puntualmente specificato , a proposito di tale
insegnamento, nel D.M. 9 febbraio 1979: “L’educazione fisica,
nella peculiarità delle sue attività e delle sue tecniche, concorre a
promuovere l’equilibrata maturazione psico-fisica, intellettuale e
morale del preadolescente e un suo migliore inserimento sociale
mediante la sollecitazione di un armonico sviluppo corporeo……….I vari insegnamenti esprimono modi diversi di articolazione del sapere, di accostamento alla realtà, di conquista, sistemazione e trasformazione di essa e, a tal fine, utilizzano specifici
linguaggi che convergono verso un unico obiettivo educativo: lo
sviluppo della persona nella quale si realizza l’unità del sapere”.
Per altro, è da tenere presente che l’istanza di esonero dall’educazione fisica, per quanto regolarmente documentata e accolta,
non dovrebbe senz’altro esimere l’alunno dalla partecipazione
alle relative lezioni: sarebbe, infatti, cura del docente preposto di
coinvolgere gli alunni esonerati dalle esercitazioni pratiche, sia
negli aspetti teorici che nei vari momenti interdisciplinari del proprio insegnamento anche sollecitandone il diretto intervento e
l’attiva partecipazione in compiti di giuria o di arbitraggio o, più in
generale, nell’organizzazione delle varie attività (C.M. 17 luglio
1987, n, 216, prot. n. 17771/A).
A conclusione di questa lunga e complessa rassegna sulla certificazione medico-sportiva desidero fare due (per altro ovvie e
scontate) raccomandazioni. La prima, rivolta ai colleghi pediatri
e medici di famiglia, è che le certificazioni di sana e robusta
costituzione non vengano mai rilasciate con eccessiva disinvoltura quasi fossero atti dovuti o mere formalità. Ogni certificazione deve scaturire, viceversa, da un'attenta anamnesi mirata,
seguita da una visita medica quanto più è possibile accurata e
completa, che tenga nel massimo conto le valutazioni auxologiche nonché le caratteristiche psico-emozionali e relazionali del
giovane.
La seconda, indirizzata agli istruttori, allenatori, preparatori, dirigenti sportivi e insegnanti è di tenere bene a mente che non si
può considerare alla stessa stregua il bambino, il ragazzo e l'adulto e che se nell'atleta maturo l'attività sportiva ha finito con l'assumere i connotati di una vera e propria impresa sperimentale
volta ad esplorare i limiti della "macchina umana", tale impostazione non può, ovviamente, essere mai giustificata durante l'età
evolutiva dove, tra l’altro, di estrema importanza è sempre la
determinazione della cosiddetta età biologica del ragazzo, ossia
delle sue peculiarità somato-evolutive che, come è noto, possono variare enormemente da un soggetto all'altro anche a parità di
età anagrafica (18).
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Masciovecchio P: Il certificato medico. In Guida all’Esercizio
professionale per i Medici-Chirurghi e gli Odontoiatri – Quarta
Edizione – pag. 358, Ed. Medico Scientifiche (Torino, 2006).
2.
Umani Ronchi G, Bolino G, Lendvai D: Nozioni medico-legali
rilevanti nell’attività pediatrica. Edizione riservata a cura di Plasmon
SpA. Áncora Arti Grafiche ed. (Milano, 2002).
3.
Umani Ronchi G, Bolino G: La medicina dello sport nell’ambito
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4.
Barni M: Diritti e doveri, responsabilità del medico, dalla bioetica
al biodiritto. Giuffrè ed. (Milano, 1999).
5.
Caldarone G, Giampietro M: Età evolutiva e attività motorie. Istituto
di Scienza dello Sport CONI. Mediserve ed. (Milano, 1997).
6.
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Sport. CONI ed. (Roma, 1986).
7.
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pratica sportiva: aspetti normativi e medico-legali. Difesa Sociale
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10. AA Vari: La tutela sanitaria delle attività sportive. On line
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athletes after implementation of a prepartecipation screening
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12. Carletti M: Memorix – Idoneità sportiva. EdiErmes ed. (Milano,
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13. Gambarara D: L’idoneità agonistica. On line
http://www.webalice.it/danilo.gambarara/idoneitagonistica.htm
14. Albanese G: In palestra certificato medico necessario ma non
obbligatorio. On line:
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15. FISD, Federazione Italiana Sport Disabili. http://www.fisd.it (on line)
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17. Schwarzenberg TL: L’adolescente diversamente abile [The
differently abled teenager]. RIMA Rivista Italiana di Medicina
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18. Schwarzenberg TL, Canibus R, Roscetti C, Acconcia P, Florio V:
Giovani e tempo libero: indagine conoscitiva sull'impegno nelle
attività fisico-sportive di un campione di adolescenti laziali. In Atti
del Convegno "Adolescenza: un problema sociale" (Sorrento 25-26
marzo 1988) pag. 167 – Pozzi ed. (Roma, 1990).
19. AA Vari: Nascita dei Giochi Sportivi Studenteschi. On line
http://team4sb.altervista.org/fuoriclassecup/storiagiochisportivi.html
89
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Atencion al adolescente
en la practica diaria.
Problemas y soluciones.
Germán Castellano
C. S La Vega Z. Consulta Joven, Servicio Cántabro de Salud, Torrelavega-Cantabria, España
Riassunto
La atención sanitaria al adolescente no está suficientemente desarrollada siendo necesario un esfuerzo
por parte de las autoridades sanitarias y de los profesionales para conseguir una buena asistencia.
Es necesaria una formación adecuada en Medicina de la Adolescencia, y Especialidades médicas afines, en los estudios de pre-grado y en la formación post-grado. Se puede prestar una asistencia de calidad a través de una Consulta
Joven sin obstáculos burocráticos y garantizando la confidencialidad hasta donde sea posible ética y legalmente.
Deben llevarse a cabo campañas de información sobre las modalidades de consulta existentes para adolescentes y
jóvenes y han de realizarse evaluaciones de esas consultas para conocer su grado de eficacia realizando las modificaciones que sean oportunas.
Palabras clave: adolescencia, consulta, confidencialidad, evaluación.
Adolescence healthcare. Problems and solutions
Summary
Adolescence healthcare is not developed enough. Thus, it is necessary that both the health institutions and
the professionals make an effort to reach and optimum healthcare.
Appropriate training on adolescence medicine and similar specialities is essential, both in graduates and university studies.
Quality assistance can be provided by a youngster consultation free of bureaucratic obstacles. Confidentiality can be guaranteed as far as it is possible from the legal and ethic perspective.
Information campaigns on all the existing types of assistance for adolescent and youngsters must be carried out. At the same
time, assistance must be assessed in order to get to know their efficiency and therefore to take the necessary measures.
Key words: adolescence, consultation, confidentiality, evaluation.
Introducción
crecimiento no ha concluido a los 14 años, por lo cual parece lógico que el pediatra atienda a los adolescentes, sin pretender la
exclusividad, por las razones indicadas, y por los conocimientos
que tiene de ese paciente al que atendió desde el nacimiento.
Por otra parte entendemos que la atención al adolescente necesita de una intervención multiprofesional como recogemos mas
adelante, aunque ha de entenderse en este texto que planteamos el tema desde la practica médica pero que apoyamos sin
ninguna duda la colaboración de otros profesionales.
Es evidente que el pediatra está habituado a tratar a lactantes y
niños y que superar la barrera de los 12 años plantea algunas
dificultades que aumentan a medida que el paciente va cumpliendo años hasta llegar a los 16,edad pediátrica máxima por
ahora y que solo existe en alguna comunidad, aunque en otras
pueden se atendidos hasta los 16 años e incluso con mas en
ciertas condiciones.
La Pediatría es una especialidad médica ligada como ninguna al
crecimiento físico, psíquico y social y resulta obvio decir que el
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Atencion al adolescente en la practica diaria. Problemas y soluciones
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
sanitarias sobre esa actividad ya que su eficacia no es medible a corto plazo.
9) Burocratización del sistema sanitario que impide en ocasiones una conexión rápida con otras especialidades, habida
cuenta que la atención al adolescente es multidisciplinar.
10) Falta de conexión con la escuela y con los docentes, que
son un pilar básico en la Formación Integral a través de la
cual se aprenden habilidades y destreza para la vida y para
la resolución de los problemas cotidianos.
11) Aunque va cambiando la actitud de los médicos es oportuno recordar la profunda tradición paternalista en España,
posiblemente por razones sociológicas, históricas, culturales
y religiosas y que data del siglo IV a.c ,ya que para los griegos y los médicos de siglos posteriores ser paternalista era
signo de distinción profesional y la forma lógica de actuar.
Es evidente que el medico que atiende adolescentes no actuará
de forma paternalista, ni tampoco pretenderá comportarse
como” su amigo”. Es un profesional que escucha, aconseja y
trata los problemas que surjan a modo de asesor sanitario.
Se plantean dudas frecuentes cuando se trata de delimitar que
es adolescencia, que es juventud y cuando el sujeto es adulto.
La OMS considera parto de mujer adulta el producido cuando
esta haya cumplido 20 años y los programas de Ocio Juvenil
implantados en España van dirigidos a sujetos de entre 15 y 30
años de edad.
Aunque escape un poco al contenido de esta publicación considero oportuno hacer algún comentario al respecto. Resulta llamativo que solo en tramos tan altos de edad se dediquen recursos para ocupar el tiempo de ocio juvenil y evitar conductas de
riesgo. Creemos que también debieran dedicarse parte de esos
recursos a la prevención para un ocio saludable a partir de 10
años.
Nos parece acertado el criterio de la ONU que considera adolescente a los sujetos de 12 a 18 años de edad y jóvenes de 18
a 24.Recientemente se ha acuñado un nuevo termino: adultescentes (1) para referirse a los jóvenes de 24 a 30 años de edad,
y en ocasiones mas, que siguen viviendo en casa de sus padres
con la dinámica socio-familiar que esto plantea.
Finalmente recordemos que parece evidente que sin las juventudes no es posible la democracia, el desarrollo equitativo y la
cohesión de estado como afirma la consultora internacional de
Adolescencia y Juventud D. Krauskopf (2).
Soluciones
A) Formación de los sanitarios en la llamada Salud Integral en
los estudios de Pre-Grado y Post-Grado. Cuando un médico
atiende múltiples cuestiones que aparecen en la consulta
debe solventarlas actuando a modo de asesor sanitario en
los frecuentes aspectos psico-socio-sexuales que representan gran parte de la demanda.
B) Motivación y reconocimiento por parte de la autoridades
sanitarias. A este respecto es oportuno diferenciar Políticas
de Estado, por encima de otros intereses, de las Políticas de
Gobierno, sometidas a vaivenes políticos, y de los Planes de
Acción que pueden partir de la iniciativa individual o de grupos, que son diseñados y hasta ejecutados sin trabas burocráticas tras ser propuestos y elevados a las autoridades
sanitarias que pueden asumirlos.
C) Es necesaria una red de asistencia y cobertura psico-sociosanitaria a la que el medico y el adolescente puedan acceder
fácilmente evitando largas listas de espera. En esta red estarían incluidas al menos estas especialidades: Ginecología,
Psiquiatría, Psicología, Endocrinología.
D) Una Consulta Joven puede ser también el aglutinante y
motor de actividades juveniles saludables y estas se pueden
desarrollar de diferentes modos como exponemos en las
Consideraciones Teóricas.
Problemas del medico
Serán diferentes en cada región ya que los condicionamientos
de la atención pediátrica varían dependiendo de lugares geográficos, carga asistencial y organización pero probablemente
habrá unos puntos comunes a todos que trataremos de analizar.
1) Motivación del Pediatra, ya que no todos se van a sentir atraídos por esa parcela de edad.
2) Conocimientos de Adolescentología, ya que salvo raras
excepciones esa materia no se abordó ni en el pregrado ni
en el postgrado.
3) Temor a que ciertas decisiones terapéuticas tengan repercusión judicial.
4) Temor a la respuesta familiar que puede no entender o compartir la prescripción o el consejo médico.
5) Perdida de autoridad de los padres y o tutores con falta de
normas y limites en la educación diaria desde la primera
infancia lo cual conduce a serios problemas de comportamiento en la adolescencia. No se valora debidamente el
esfuerzo ni se inculca el amor por la cosas bien hechas. Esta
conducta repercutirá en la consulta.
6) Dudas en cuanto a que su esfuerzo se vea correspondido
por el adolescente y no resulte un trabajo en vano, dada la
especial idiosincrasia de esta edad.
7) Tempo disponible, porque la consulta del adolescente precisa en general mas tiempo que la del lactante o niño.
8) Desconfianza sobre el reconocimiento de las autoridades
Problemas del adolescente
1) Acceso difícil a las consultas, con listas de espera que dificultan el acercamiento a los sanitarios y otros profesionales.
91
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
La solución óptima es que haya un tiempo determinado a lo
largo de la jornada laboral en el cual el adolescente y el joven
puedan acceder sin cita previa.
2) Las dudas respecto a la confidencialidad las despejará el
médico advirtiendo que esta se garantiza siempre que de
esa consulta se deduzca que no hay una situación peligrosa
para el interesado o para otras personas.
3) Nuestra experiencia, y que creemos que comparten otros
autores, es que los adolescentes y jóvenes tienen especial
interés y preocupación por los siguientes temas que los
médicos se encontrarán en la consulta diaria:
Problemas ligados a la sexualidad y salud reproductiva
Drogas legales e ilegales
Trastornos del comportamiento alimentario
Problemas relacionados con la salud mental
Problemas derivados de la relación familiar o de amigos
Otros
Historia clínica
Identificación de problemas biológicos y éticos
Circunstancias de cada caso
Búsqueda de casos similares ya resueltos, si fuera necesario
Examen de decisiones valorando las mas razonables y preferidas por el paciente
Toma de decisiones y ejecución
Después de los conocimientos adquiridos en los pasos anteriores se ejecutará la prescripción, consejo o derivación.
C) La consulta diaria será un buen marco para crear puentes y
contactos con pequeños grupos a modos de discusiones
para mejorar la Salud Integral teniendo presente que atendemos un grupo de edad joven en una sociedad intergeneracional que les admite como recambio pero que no siempre
les facilita la inclusión social.
Consideraciones teoricas para
la practica diaria
Soluciones
Existen programas diversos para mejorar la Salud Integral de
adolescentes y jóvenes pero su puesta en practica no consigue
los efectos deseados en muchos casos. A través del consejo y
tratamiento adecuados impartidos por el sanitario, u otros profesionales, en la consulta estimularemos y participaremos en el
proceso de construcción de capacidades para lograr la inclusión
social del adolescente y del joven.
Es oportuno recordar que según la Convención de Derechos
Humanos es niño todo sujeto hasta los 18 años de edad y que
el articulo12 de la Convención establece.”Los Estados Partes
garantizarán al niño que esté en condiciones de formarse un juicio propio, y el derecho de expresar su opinión libremente en
todos los asuntos que le afecten, teniéndose especialmente en
cuenta sus opiniones en función de la edad y madurez”.
La primera Conferencia Mundial de Ministros encargados de la
Juventud se celebró en 1998 en Lisboa y se orientó a la aplicación del PAMJ (Plan Acción Mundial Juvenil)de Naciones Unidas
(3) diseñado hasta el año 2000 y años subsiguientes, y según el
cual se pueden hacer distinciones en los niveles de participación
ya que es necesario el emponderamiento juvenil o sea la participación en la toma de decisiones que adopta diferentes formas:
1) Información: los jóvenes son informados de las políticas y
actividades que los adultos han decidido.
2) Consultores de iniciativas de adultos: los adultos deciden cuando y en que temas los jóvenes son consultados.
3) Consultores de iniciativas juveniles: los jóvenes pueden
proponer temas y actividades pero no tienen poder en las
decisiones.
4) Igualdad en las decisiones: los adultos y los jóvenes comparten igual poder en la adopción de decisiones.
5) Autonomia: los jóvenes tomas la iniciativa y conducen proyectos por si mismos.
A) Información adecuada sobre las posibilidades asistenciales
para la juventud que puede hacerse en las consultas, en los
centros educativos, en asociaciones juveniles y a través de
las asociaciones de padres y madres, AMPA.
B) Atención individualizada en la Consulta Joven cumpliendo los
criterios ya conocidos en cuanto a las cuestiones ético-legales y que podrían resumirse así en los siguientes principios:
Principio moral
1) El hombre es persona y en tanto que tal tiene dignidad y no
precio.
2) En tanto que persona todos los hombres merecen igual consideración y respeto.
Principios éticos generales
No maleficencia y si justicia. Algunos autores consideran
estos dos aspectos como complementarios. La no maleficencia
se refiere a no realizar nunca daño al paciente aunque este nos
lo pida (eutanasia) y si a conseguir el mejor resultado. La justicia
nos obliga a tratar por igual a todas las personas, sin ninguna
distinción.
Autonomía y beneficencia. Al hablar de autonomía nos referimos a la libertad del paciente para tomar sus decisiones a través de las cuales obtiene el beneficio, la beneficencia. Sin
embargo estos principios no son de aplicación automática ya
que no son válidos en niños y menores o persona con capacidad disminuida y están sometidos a la no maleficencia y justicia.
Recogida de datos y análisis
Tras la reflexión ético-legal se valorarán los datos basándonos
en:
92
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Atencion al adolescente en la practica diaria. Problemas y soluciones
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Objetivos y evaluacion
los adolescentes tuvieran mas disponibilidad de profesionales
sanitarios y no sanitarios interesados en su problemática para
alcanzar una mejor Salud Integral. También es necesario que las
políticas publicas (4) dediquen mas recursos a la medicina de la
adolescencia y juventud para conseguir una Atención
Diferente para una Edad diferente.
Creemos necesario dar un paso mas y constatar que las acciones emprendidas son eficaces. La atención diaria debe fijar unos
objetivos específicos, medibles en lo posible, alcanzables, realistas y limitados en el tiempo.
La evaluación nos indicará si se cumplen los objetivos, en este
caso en la atención diaria, de manera efectiva y eficiente, permite identificar cualquier problema o tomar las medidas necesarias
para corregir el rumbo, así como estimar cambios en la población juvenil que atendemos, y se desarrollará con arreglo a este
planteamiento:
¿Para qué es la evaluación?
¿Quién lo va a hacer?
Preparar la estrategia para recogida de datos
Reunión de la información
Análisis de la información
Edición del informe
Seguimiento
Aún reconociendo las dificultades existentes sería deseable que
Bibliografía
Correspondencia:
Dr. Germán Castellano
C. S La Vega Z. Consulta Joven
Servicio Cántabro de Salud
Torrelavega-Cantabria, España
e-mail: [email protected]
93
1.
Rodríguez Molinero L. “Adolescencia prolongada. Jóvenes en casa
de los padres”. XVI Congreso de la Sociedad Española
de Medicina de la Adolescencia. Albacete 2005.España.
2.
Krauskopf D. ”Políticas públicas de Juventud en América Latina:
Políticas Nacionales”. Dávila Oscar editor. CIDPA. Ediciones Viña
del Mar. Chile 2003.
3.
Guía Juvenil para evaluar las políticas nacionales de Juventud.
Naciones Unidas. A/ RES/58/133-1995.Revisión 2005.
4.
Castellano Barca. G.”Políticas juveniles. Invertir en adolescentes
y jóvenes es rentable”. Boletín de la Sociedad de Pediatría de
Asturias, Cantabria, Castilla y León. Vol. 47 num. 199. 2007.
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Gli adolescenti nella pratica
quotidiana: alcuni problemi
ed alcune soluzioni.
L’esperienza argentina
Eduardo Panza
Medico Pediatra Adolescentologo, Salta, Argentina.
Riassunto
La Medicina della Adolescenza (Adolescentologia) in Argentina, è dopo 30 anni sviluppata in maniera eterogenea, giache è un vasto paese con marcate diversità culturali. La pratica quotidiana presentera delle sfide nate dalla
realtà della stesso Adolescente, da quella dei suoi genitori e pure da quella del medico. Conoscere i fenomeni tipici della
puberta e i cambi psicologici che si producono in tutta l’età adolescenziale, è rilevante, per svolgere competenze di
approccio clinico, che saranno una prova per il medico, ma sopratutto una opportunità per porre in gioco i risorsi interni, e cosí riuscire ad accompagnare in modo reale questi anni della vita dei nostri pazienti.
Parole chiave: adolescentología, Argentina, pratica quotidiana, problemi, risorsi interni.
The problematic ones of the adolescent with achondroplasia.
A doctor tells itself
Summary
During the last 30 years, the medicine of adolescence (adolescentology) in Argentina has developed in a
heterogeneous manner since Argentina is a very large country with substantial cultural variations. The every day practice
presents a challenge to the adolescent reality, his/her parents and even his/her doctor. To understand correctly the typical puberty phenomenon and the physiologic changes that are produced during the adolescence period, it is critical to
develop clinical techniques. These techniques are challenging for the doctor, but also will present an opportunity to use
all the available resources to reach out to the patients and make them feel they are cared for, during those years of their
lives.
Key words: adolescence, adolescentology, Argentina, daily practice, problems, internal resources.
Realtà Argentina
L’Argentina dal nord al sud si estende approssimativamente per
5200 km, il che significa diversità geografico-etnica, ma soprattutto
culturale. Gli adolescenti costituiscono il 17-20% della popolazione
(38.000.000 di abitanti). Buenos Aires è il centro non solo politico
del Paese: l’attenzione differenziata agli adolescenti si svolge da
oltre 30 anni, allora troviamo servizi diversi (pubblici e privati), di
diversi livelli di complessità. Questo succede, anche se in grado
minore, in altre città (Córdoba, Mendoza, Rosario). Salta è situata a
1200 km da Buenos Aires, in una valle vicina alle Ande, dove predomina la popolazione nativa ed una minoranza (ricca e aristocra-
tica) che discende dagli spagnoli dei tempi coloniali. Questo implica codici di comunicazione diversi, a seconda dell'origine dei
pazienti assistiti. Ci sono stati tentativi a livello pubblico di offrire servizi agli adolescenti, ma senza continuità e con operatori professionali privi di formazione specifica. I servizi che funzionano in maniera relativamente continua, ma senza uno sguardo integrale, sono
quelli di ginecologia. La mia pratica come adolescentologo si svolge nella medicina privata, mentre ho lavorato per dieci anni come
pediatra generale in un servizio pubblico e gratuito. Da quest’anno
pratico come medico degli adolescenti in una scuola privata.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Gli adolescenti nella pratica quotidiana: alcuni problemi ed alcune soluzioni.
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
L’esperienza argentina
L'adolescente come soggetto
del nostro lavoro
L’adolescente non è un bambino cresciuto, né un adulto in crescita, ma un individuo (bio-psico-socio-spirituale) a sé stante, portatore di bisogni specifici, che necessitano di un pronto riconoscimento da parte di coloro che, per motivi professionali, sono quotidianamente a contatto con lui. Al pari della neonatologia e della geriatria
anche l'adolescentologia merita un’attenzione e una cultura specifiche; è infatti importante conoscere i fenomeni fisiologici propri dell’età ed evitare di trascurare patologie specifiche (non sempre organiche) che, se non tempestivamente riconosciute, possono andare
incontro a cronicizzazioni con pesanti ricadute sulla futura salute
psicofisica dell'adolescente. È necessario accompagnare gli adolescenti nel tempo e nello spazio, per aiutarli a farsi carico della propria salute, senza tralasciare i genitori, che dovranno “crescere” in
proporzione alla crescita dei propri figli. Dalla pediatria prendiamo il
training che è necessario per vincolarci con loro e accompagnarli.
alla nuova razza?”), vengono lanciati messaggi orientati agli adolescenti e alle loro famiglie sui cambiamenti fisiologici dell’adolescenza e sulla prevenzione dei problemi specifici (sessualità,
gravidanza adolescenziale, disturbi della alimentazione, incidenti, suicidio, ecc).
Lavori di prevenzione in diverse scuole e ONG della città, puntando su temi come sessualità, MTS, consumo di alcool.
Negli anni 2004-2005 e 2006, insieme ad altri colleghi, sono stato
convocato da una fondazione e sostenuto economicamente da
una compagnia petrolifera nel progetto “Sessualità, Droghe e
MTS” in cui sono coinvolti adolescenti, docenti e genitori, di una
città alla frontiera con la Bolivia (approssimativamente 18.000
adolescenti).
“Consejerías” in sessualità, nella città di Jujuy per 5 giorni: nelle
piazze è allestito una sorta di consultorio molto informale, che
non offre le tipiche prestazioni mediche, ma informazioni sulla
sessualità. È diretto prevalentemente ai giovani e offre un valido
aiuto ai ragazzi che non sanno dove informarsi.
Pratica quotidiana
Problemi istituzionali
La parola “pratica” deriva etimologicamente dal greco praktikè:
facilità di fare qualcosa, che si acquista col farla frequentemente;
dalla radice par-para: passare attraverso, “tento di raggiungere un
fine”. Se il nostro scopo è accompagnare gli adolescenti e le loro
famiglie per un lasso di tempo approssimativo di dieci anni, dobbiamo essere “pratici” nel nostro operare, non solo avere conoscenze scientifiche specifiche della nostra professione, ma sviluppare anche la capacità di percepire lo stato d’animo dei pazienti e
di comunicare con loro. Non posso prescindere dalle mie radici
calabro-friulane, prendendo dai miei nonni e genitori la praticità
quotidiana del contadino, che prima di tutto ha pazienza e sa
aspettare i tempi opportuni, sia per seminare, che per raccogliere e
stima tantissimo la terra come fonte dalle sue ricchezze. La mia
proposta non sarà altro che un'analisi della realtà di tutti i giorni.
L’attenzione differenziata agli adolescenti (adolescentologia) non
è ancora stata riconosciuta come una specializzazione; nemmeno per la Società Argentina di Pediatria, da dove sono sorti i pionieri della sottospecializzazione. La struttura della sanità pubblica la percepisce come necessaria soltanto per i casi di maternità
adolescenziale (il che non è eludibile).
Soluzioni dei problemi
istituzionali
La partecipazione continua e con compromesso nelle diverse
società scientifiche (Comitato di Adolescenza della Società
Argentina di Pediatria, Società Argentina di Salute Integrale dagli
adolescenti) e nei loro congressi. Approfittare di tutte le opportunità possibili per trasmettere all’opinione pubblica i problemi di
salute degli adolescenti.
Problematiche sociali
strutturali (inamovibili?)
Diversità culturale: una sfida
Mortalità: incidenti, suicidi, aggressioni (MSP. Nación)
Povertà: tra il 40 e il 60 % degli adolescenti in Argentina sono
poveri
Neonati di madre adolescente nell’anno 2005: 15,04% (MSP
Nación)
Il 50-60% della popolazione di Salta è di origine autoctona e la
sua cultura è stata sottovalutata e sottomessa per secoli: ciò si
manifesta in un modo silenzioso di agire, senza aperta espressione né dei sentimenti, né dei pensieri. Le risposte degli adolescenti di tipo aborigeno, in seguito a uguali stimoli, sono diversissime da quelle date da individui di origine europea o araba. È
una peculiarità questa che necessita di tantissimo impegno ed
energie; è necessario stare attenti nel non ripetere la cosiddetta
re-colonización, e nel non aspettare risposte di tipo “occidenta-
Soluzioni a livello sociale
Dal 2004, ogni settimana con brevi interventi alla radio (Radio
Nacional Salta) “Que pasa con la nueva Raza?”(“Cosa succede
95
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
le”. Un modo (ancora ideale) di affrontare questo problema è la
“inculturazione” e la valorizzazione delle ricchezze e tradizioni di
questi popoli. Tuttavia non sempre sono disponibili spazi, tempi
e volontà di farlo.
Dobbiamo anche assicurare all’adolescente che esistono
adulti nei quali si può credere e con i quali avere un rapporto
onesto e chiaro. Il segreto professionale deve essere esplicitato qui.
I padri non conoscono il ruolo dell'adolescentologo. Il nostro
lavoro sarà principalmente di insegnarlo, chiarirlo e ribadirlo,
ogni volta che sarà necessario. Possiamo essere ottimi orientatori e smitizzatori per fare una consulenza psicologica
opportuna (operare da ponte).
Pratica clinica: problemi
e soluzioni
Pazienti
Medico
Differenza di sesso. Alcune volte può essere un problema
per l’adolescente incontrare un medico del sesso opposto al
suo. Dobbiamo essere noi ad offrire all’adolescente la possibilità di scegliere se vuole che il suo medico sia uomo o
donna.
Pudore. Gli adolescenti non sempre sono disposti a lasciarsi fare l’esame fisico completo. Dobbiamo stare attenti ad
ogni caso e al motivo della visita: può essere necessario
posporre l’esame fisico in modo da ottenere risultati soddisfacenti; “l’esame fisico spiegato” presuppone la richiesta del
permesso di toccare l’adolescente mentre si esegue l’esame,
il racconto di che cosa serve l’esame, e l’esito di quest’ultimo: “Dare parola al corpo”.
Silenzio. Alcuni pazienti non parlano: in questi casi è necessario attendere. Poi bisogna chiedere perché sono venuti da
noi, interessarci in maniera reale delle cose del mondo dell’adolescente. Dopo aver preso contatto con la “persona”,
apriremo porte o almeno finestre di comunicazione vera:
“Dare corpo alla parola”.
Visita forzata. Quando i padri costringono l'adolescente a
fare la visita, proporre a quest’ultimo di conoscere il suo stato
di salute (peso, statura, ecc) chiedendo da quanto tempo non
fa una visita. Nessuno è indifferente ad un proposta onesta.
Motivo del consulto. Se il motivo del consulto ci sembra
apparente è necessario comprendere quale sia quello reale:
intuizione, udito attento e pazienza.
Gerchie. Voler abbracciare tutti gli aspetti nella stessa consulenza (con gli anni si apprende che ci sono temi gerarchici
che non possiamo eludere e altri secondari che affronteremo
in consulenze future).
Visite troppo lunghe. Si capisce dalla faccia dei pazienti
quando parliamo troppo coi padri o affrontiamo argomenti
che per loro non sono prioritari (bisogna stare attenti agli
sguardi, ai gesti e alla posizione del corpo del nostro paziente per captare il metalinguaggio e abbreviare il discorso con
l'adulto).
Non dare nulla per scontato. L'adolescente ascolterà per la
prima volta, a tu per tu, messaggi inerenti la cura della sua
salute. Pertanto dobbiamo fare chiarezza su temi basilari
(caratteristiche sessuali secondarie, le sue cause, l'igiene del
corpo, l'uso del preservativo, ecc) e non darli per scontati
senza parlarne.
Conclusioni
Il nostro lavoro sarà pertanto, un atto creativo, quasi artigianale
(unico), che metterà in gioco le nostre capacità tecniche per arrivare a una diagnosi certa, però soprattutto metterà in rilievo il
senso profondo del nostro mestiere.
Teniamo sempre in considerazione la natura umana, talora fragile, dei nostri pazienti, mettiamo principalmente le nostre energie
nel creare vincoli reali, che aiutano allo sviluppo integrale di tutto
il potenziale che hanno dentro, vincoli che saranno umanizzanti
tanto per il paziente quanto per il medico.
Genitori
Genitori autoritari o assenti. Dobbiamo orientare i padri nella
funzione sostenitiva durante gli anni dell’adolescenza.
Corrispondenza:
Dr. Eduardo Panza
Colegio Santo Tomás de Aquino
Santa Fe 837
Salta, Argentina
e-mail: [email protected]
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Il Pediatra di Famiglia
come mediatore familiare
Salvatore Chiavetta1, Giuseppe Raiola2
2
1
Pediatra di Famiglia, Palermo
U.O. di Pediatria – U.O.S. di Auxoendocrinologia e Medicina dell’Adolescenza, A.O. “Pugliese Ciaccio”, Catanzaro
Riassunto
In un momento storico in cui è palpabile il continuo aumento del senso di insicurezza delle famiglie, la figura del Pediatra di Famiglia assume un ruolo ben preciso: quello del Medico di “Fiducia”, il ”confidente” capace di ascoltare e mediare tra tutte le figure che ruotano attorno all’adolescente. Ma essere al centro della comunicazione tra genitori e figli prevede un approccio particolare, in quanto si tratta di una comunicazione tra soggetti che, in posizione asimmetrica, sono implicati in un processo ove la relazione è sempre traduzione, ovvero mediazione delle conflittualità.
In questo odierno scenario familiare, s’innesta la figura del PdF, il quale pur non essendo un Psicologo, possiede (o
dovrebbe possedere) le necessarie competenze psicologiche e, sfruttando la sua posizione privilegiata (in quanto egli
conosce da tempo quella “famiglia” e quell’adolescente), può intervenire nella mediazione dei conflitti familiari.
Parole chiave: mediazione familiare, adolescenza, pediatra di famiglia.
Family Paediatrician as mediator of communication between
parents and sons
Summary
In our historical period, that underlines the lack of security of families, the Family Paediatrician has hired a
very important role: he becomes a “Reliable” Paediatrician, a “Trustworthy” person that knows how to listen and how to
solve adolescent’s problems. But to be the centre of communication between parents and sons, the paediatrician needs
a particular approach, because this communication is between two opposite sides, whose relationship should always be
a kind of mediation of animosity.
In our modern family scenery, the Family Paediatrician (that is not a Psychologist), in his privileged position between
parents and sons, should have necessary psychological competences to participate in family conflicts and to reduce them.
Key words: family mediation, adolescence, family paediatrician.
La nuova figura professionale del Pediatra di Famiglia (PdF), così
come si va delineando nel panorama dell’Assistenza Primaria,
assume delle caratteristiche peculiari che lo rende unico rispetto
ad altri qualificati professionisti (Medico dell’Adulto, specialista di
qualsiasi branca), in quanto deve riuscire a possedere quelle
“competenze qualificate” che vanno dalla neonatologia alla adolescentologia, passando dalla puericultura per arrivare ai bisogni
di salute tipici di tutte le età inscritte in quell’arco temporale che
va da 0 a 18 anni di vita, in grado di soddisfare i bisogni sanitari
specifici.
Figura unica, in quanto ogni singolo Pediatra che si occupa di
Assistenza Primaria, lavorando sul territorio, non prende in carico un “assistito” ma per l’appunto una “famiglia”; perché dietro
ad ogni bambino o ad ogni adolescente che varca la soglia dello
studio c’è sempre la “sua famiglia”, il suo vissuto quotidiano,
carico delle ansie dei genitori, impregnato delle gioie e dei problemi che giornalmente ciascuno di noi vive.
Se si considera poi che viviamo in un momento storico in cui è
palpabile il continuo aumento del senso di insicurezza delle famiglie, ecco che la figura del Pediatra assume un ruolo ben preciso: quello del Medico di “Fiducia”, la persona a cui confidare non
solo i problemi di salute fisica ma l’amico a cui chiedere consigli,
il ”confidente” capace di ascoltare e mediare tra tutte le figure
che ruotano attorno a quel bambino o a quell’adolescente.
La chiave di volta di questa attività è sicuramente un professionista capace di una buona e valida comunicazione che segue
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
stimolare un confronto, anche a costo di scatenare delle vere e
proprie “guerre intrafamiliari” (la scatola delle pillole anticoncezionali in bagno, oppure le cartine con cui si prepara gli spinelli
sul tavolino del salotto, ecc)(3).
Ma rimane il suo corpo il più potente mezzo di comunicazione.
Non bisogna tra l’altro dimenticare che una delle prerogative dell’adolescente è quella di nascondere, dietro ad un problema
somatico apparentemente primitivo, un assai più rilevante disagio psico-socio-comportamentale proprio per il linguaggio eminentemente corporeo usato dagli adolescenti, secondo i quali i
disturbi ipocondriaci possono essere l’unica strada permessa ad
una sofferenza psichica (4).
Dal canto loro, i genitori possono essere disorientati tanto che
frequentemente ci propongono dei quesiti riguardo alle situazioni difficili che stanno vivendo, e cioè:
non riusciamo più a capire cosa vuole
non riusciamo più a farci ascoltare
cosa possiamo fare?
come dobbiamo comportarci?
chi può aiutarci?
si può risolvere il problema?
dove abbiamo sbagliato visto che si rivolta così contro di noi?
perchè si comporta così?
è colpa nostra?
perchè i miei figli sono così diversi tra loro quando ci siamo
comportati con entrambi allo stesso modo?
perchè è così svogliato, testardo, irascibile, taciturno?
riusciremo di nuovo ad aver un rapporto sereno con lui/lei?
la situazione si può aggravare?
come sarà da adulto?
Purtroppo le figure genitoriali vivono un momento storico di crisi
d’identità, in parte dovuta proprio alla incapacità di capire il
mondo dei loro figli e in parte inconsciamente da essi stessi
creata nel tempo, visto che un approccio poco sereno con il proprio figliolo adolescente affonda le radici nel particolare rapporto
che tali genitori hanno instaurato con il loro figlio bambino.
Secondo il “Rapporto sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia” approvato dall’Osservatorio Nazionale per l’infanzia il 14 marzo 2006 (5), infatti, potremmo dire che oggi il
genitore più che educare, cioè tirare fuori da sé (ex-ducere) è
portato a sedurre, ad attirare il bambino a sé (se-ducere), a fare
in modo di non “inimicarselo”, a saturare ogni suo bisogno, anzi
a prevenire ogni suo desiderio, spesso iperstimolandolo, utilizzando tutto quello che il consumismo offre sul mercato.
La tendenza odierna è quella di vedere il bambino come un essere potenzialmente perfetto e precocemente competente, il bambino “sovrano” o il bambino “idolo” della famiglia affettiva (6) (7).
Si tratta spesso di figli, nati dal forte desiderio di una coppia di
genitori che hanno iper-investito su di loro in termini affettivi,
rispecchiandone fin da subito l’unicità, la straordinarietà e facendoli quindi oggetto di aspettative elevate. Al momento dello sviluppo puberale, quando il ragazzo deve fare i conti con quell’im-
tanto i canoni della comunicazione verbale, quanto quelli della
comunicazione non verbale, fatta di gestualità, di movimenti
nello spazio, di sguardi.
Un Pediatra, quindi, capace di ascoltare e disponibile al dialogo
con sincerità, pazienza, chiarezza, lealtà e rispetto, capace di
rimodulare nel tempo un rapporto iniziato con i genitori di quel
neonato, quindi con il bambino stesso ed infine con l’adolescente che quel neonato è diventato (1).
Può capitare, però, che l’attività professionale del PdF lo porti a
dover intervenire in qualità di “mediatore” familiare nel tentativo
di ricomporre un conflitto tra due mondi (quello dei genitori e
quello dei figli adolescenti) che, pur camminando parallelamente, difficilmente riuscirebbero da soli a trovare delle convergenze.
Ma essere al centro della comunicazione tra genitori e figli prevede un approccio particolare, in quanto si tratta di una comunicazione tra soggetti che, in posizione asimmetrica, sono implicati
in un processo ove la relazione è sempre traduzione, ovvero
mediazione delle conflittualità.
Ma perché è necessaria, oggi,
una “mediazione”?
La conflittualità tra i bisogni di autonomia e di protezione dell'adolescente da un lato, e le aspettative dei genitori dall’altro lato,
si esprimono all'interno della famiglia attraverso nuove e diverse
forme di comunicazione sia verbali (silenzi, aggressività verbale,
aumento dei conflitti, provocazioni), che non verbali (modi di
vestire e di atteggiarsi dei ragazzi, il loro rapporto con il cibo, le
modalità di gestire gli spazi personali).
L'adolescenza è caratterizzata da comportamenti che vanno
dalla solitudine all'irrequietezza, dal rifiuto delle regole familiari
(fino ad allora accettate) al rifiuto scolastico, da nuove richieste
ed esigenze (il motorino, la discoteca, non avere orari da rispettare), e solitamente comporta delle irregolarità di condotta nel
contesto familiare, che rischiano di compromettere in modo drastico la comunicazione all'interno della famiglia.
La comunicazione fra genitori e figli può, quindi, diventare difficile: i genitori possono sentirsi insicuri, poco informati, e i figli possono sentirsi incompresi, non ascoltati, e non trovare argomenti
da condividere con i genitori.
Inoltre, il più delle volte, i giovani non parlano perché hanno
paura di non essere compresi. La loro diffidenza è motivata dall’indifferenza che li circonda e dalla distanza che avvertono tra sé
e i genitori.
Così l’adolescente decide di dialogare non con parole, ma con
messaggi forti, ossessivamente ripetuti, addirittura a volte autolesionistici (piercing, tatuaggi, scaring, branding,cutting ecc.) allo
scopo di attirare l’attenzione e l’interesse affettivo di persone cui
vuole bene ma delle quali non si fida fino in fondo.
Quindi non parla, ma lancia dei segnali (2),oppure lascia deliberatamente delle tracce, con lo scopo, indiretto, di comunicare, di
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Il Pediatra di Famiglia come mediatore familiare
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
magine idealizzata e infantile fornita dai propri genitori, con i
cambiamenti che stanno intervenendo nel corpo e le risposte
dell’ambiente, può succedere che i conti facciano fatica a tornare e l’adolescente fatichi a capire chi è veramente, a mettere
insieme i pezzi di un puzzle per lui troppo complesso.
A tale rappresentazione del bambino “sovrano” fa da contrappunto un’analoga rappresentazione della funzione genitoriale:
essere un genitore “perfetto” in grado di dare felicità al figlio.
In questa situazione, il bambino rischia di perdere la sua infanzia,
la sua specificità di essere “in fieri” e dipendente, che ha bisogno
di avere accanto un adulto non “alla pari” ma responsabile, in
grado di dargli limiti oltre che gratificazioni: i bambini, e soprattutto gli adolescenti hanno bisogno di limiti, hanno bisogno di
regole, perché quei limiti e quelle regole rappresentano un punto
di riferimento mentale, una base di partenza per dare un senso
ed una interpretazione al mondo che li circonda.
Questo iper investimento affettivo nel figlio porta poi, come conseguenza, un rallentamento e una difficoltà nel processo di
distacco del giovane nei confronti della propria famiglia, che
pare essere la caratteristica saliente dell’adolescenza di oggi,
che risulta così sempre più prolungata.
Mentre fino a pochi decenni fa la transizione dall’adolescenza
alla vita adulta avveniva in maniera codificata, definita da
sequenze ben precise (fine della scuola, entrata nel mondo del
lavoro, inizio dell’indipendenza economica, uscita dalla casa e
matrimonio), oggi tale fase di passaggio ha assunto le caratteristiche di un lungo periodo di proroga caratterizzato da una notevole estensione temporale, dalla scomparsa dei tradizionali riti di
passaggio e dal venir meno della loro sequenza temporale. A ciò
è necessario aggiungere anche molti fattori sociali quali la marginalizzazione sociale dei giovani, la difficoltà nel reperire un
lavoro e una casa e l’elevato costo della vita.
Conseguentemente i giovani tendono a prolungare la loro permanenza nelle famiglie d’origine dando forma, soprattutto in
Italia, alla cosiddetta famiglia lunga del giovane- adulto, basata
su una particolare forma di patto e di scambio tra le generazioni
familiari(8).
In altre parole: da una parte il giovane-adulto si costruisce entro
le mura domestiche una “zona franca”, totalmente autonoma e
privata in cui gode di grande libertà. Come rilevato anche dalle
recenti ricerche ISTAT(9) egli può così contare sull’appoggio e
sulla risorsa della famiglia d’origine senza particolari costrizioni.
Di fronte a un futuro incerto, la famiglia d’origine rappresenta la
sua fondamentale certezza, il luogo dove poter prolungare il
tempo di preparazione all’inserimento in una società sempre più
competitiva.
Alla stessa stregua il giovane-adulto affronta l’esperienza affettiva, spostando in avanti la decisione di fare famiglia, riuscendo
così ad avere un consistente periodo di moratoria in cui mettersi
alla prova nella vita affettiva e lavorativa senza doversi far carico
in maniera completa dei vincoli e delle responsabilità che queste
scelte implicano. La sua identità è, così, sospesa, e quella “zona
franca” che si è costruito in famiglia riesce ad allentare le tensioni intrafamiliari.
Dal canto loro, i genitori apprezzano l’aspetto di tregua relazionale in assenza di un’elevata conflittualità che connota questa
fase e si trovano a goderne di riflesso gli effetti, prolungando la
loro funzione genitoriale senza le difficoltà tipiche della prima
adolescenza (10). Anche in questo caso i genitori non si pongono come figure di riferimento o di identificazione, piuttosto essi
stessi si rispecchiano nei loro figli in quanto questi ultimi godono
di una condizione di vita libera e ricca di possibilità che essi non
hanno potuto avere, pur desiderandola.
La giovinezza diviene così, nella nostra società, non tanto un’età
della vita ma piuttosto una condizione privilegiata, un tempo
ideale che si distingue e contrappone non alla condizione adulta
ma alla vecchiaia. E anche se non si tratta di una malattia grave,
dilaga tra gli adulti, non risparmiando neanche i genitori, la sindrome di Peter Pan, definita scientificamente come “neotenia
psicologica” (11), ovvero il mantenimento nella vita adulta di
caratteristiche psicologiche e fisiche tipiche dello stadio infantile.
L’uomo di oggi vuole rimanere bambino, perché gli esseri umani
sono attratti dalla giovinezza: Forever young, come dice una nota
canzone, è un’aspirazione di tutti.
In questo moderno scenario familiare, s’innesta la figura del PdF,
il quale pur non essendo un Psicologo, possiede (o dovrebbe
possedere) le necessarie competenze psicologiche e, sfruttando
la sua posizione privilegiata (in quanto, come si diceva prima, egli
conosce da tempo quella “famiglia” e quell’adolescente), può
intervenire, ove richiesto, nella mediazione dei conflitti familiari.
Cosa s’intende per “mediazione”?
Il termine “mediare” può richiamare alla mente diversi significati
come l’idea di stare nel mezzo o trovare il giusto mezzo aristotelico, ma sicuramente riconduce ad un’idea di armonia, di conciliazione dei conflitti che fa parte, più che della nostra cultura individualista, del retaggio culturale e religioso orientale dato dal
confucianesimo (12).
Proprio richiamando l’accezione della cura e del care giver, il filosofo francese Jean-François Six, presidente del Centre National
de la Mediation di Parigi divide la mediazione in “maschile” (la
mediation homme) e in “femminile” (mediation femme)(13); nel
primo caso essa assume carattere fortemente istituzionale
andando a costituire uno strumento di lotta di contrasto all’esclusione sociale della parte di cittadini più vulnerabili: intesa in
quest’accezione, la mediazione si occupa di far rispettare le
regole e di promuovere l’uso dei servizi e delle risorse in maniera adeguata. Parlando invece di mediazione al femminile, Six la
connota come un metter in relazione, avvicinare, riconoscere e
far riconoscere i punti di vista diversi, stabilire oppure ritessere
legami tra differenti soggetti. Nella pratica poi queste due posizioni non sono nettamente distinguibili.
99
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Gli operatori sanitari dovrebbero avere consapevolezza di tale
processo e pertanto dovrebbero, altrettanto consapevolmente,
adoperarsi non tanto e non solo a tradurre (trasformare un messaggio da un codice all’altro) quanto piuttosto inventare un metodo, una zona franca ed intermedia che permetta agli uni ed agli
altri di comprendersi indipendentemente dai pregiudizi e dalle
convinzioni reciproci.
Il PdF "buon" mediatore deve, in sede preliminare, mettere in
essere una quadruplice autoriflessione così riassumibile
1. Quali sono gli scopi del mio comunicare?
2. In quale clima o contesto attuo il mio comunicare?
3. Che cosa voglio comunicare?
4. Che cosa voglio sapere dall’interlocutore?
Dall’autoriflessione nasce il circolo virtuoso del mediatore che si
pone il problema di:
scegliere le forme corrette
costruire uno spazio interattivo appropriato
individuare i temi e gli argomenti da farsi raccontare e da trattare
mostrare interesse per le storie personali, per gli stili di vita, le
narrazioni
Si tratta, in ultima analisi, di costruire, in modo meditato, ragionato e consapevole, un luogo (un ambito relazionale, una rete) di
mediazione dove le differenze possano accadere, parlarsi,
incontrarsi, distanziarsi, e riconoscersi a vicenda.
La pratica di mediazione familiare prevede la soluzione dei conflitti generazionali o affettivi e cerca di far ritrovare i componenti
della famiglia, spesso dando voce a coloro che ne hanno meno
(come per esempio i figli) e recuperando ruoli, diritti e doveri.
Jean François Six (13) dà una definizione di mediazione partendo da quattro aggettivi che ne sottolineano quattro caratteristiche importanti:
1. La mediazione è creatrice nel senso che uno dei suoi fini è
quello di suscitare tra persone dei legami nuovi, che non esistevano prima, legami di cui beneficiano entrambe le parti
chiamate in causa.
2. La mediazione è rinnovatrice nella misura in cui permette di
migliorare i legami già esistenti tra le parti della mediazione,
legami che si erano deteriorati o allentati prima del conflitto.
3. La mediazione è preventiva nel senso che anticipa e prevede il conflitto in gestazione tra persone.
4. La mediazione è curativa ogni volta che un mediatore entra
in gioco quando il conflitto è già esistente e che assiste e
aiuta le persone a trovare soluzioni, a scegliere vie di uscita
dal conflitto.
Tutte queste quattro forme di mediazione tendono a creare o a ricreare una comunicazione grazie all’intervento di un terzo - il
mediatore, appunto - all’interno della relazione il quale interviene
solo nel caso in cui le parti lo scelgano liberamente: una mediazione non può essere mai imposta, ma al massimo proposta.
Leggendo ancora Six (13) il filosofo ricorda che è il “non potere”
la condizione in cui si svolge la mediazione: il mediatore non
detiene nessun tipo di potere, non è un arbitro o una figura che
può imporre qualcosa perché sono solo le due parti che rimangono i due unici attori della mediazione.
Ma non solo: la mediazione non è un campo in cui c’è una parte
che esce vincitrice sull’altra; ciò che connota la mediazione
come riuscita è proprio la win-win situation, in cui appunto
entrambe le parti possono considerarsi vincitrici.
L’intervento di mediazione in sé si svolge, fondamentalmente, su
due piani:
a) Linguistico – comunicativo: è qui che la comunicazione è
traduzione, è bisogno di intendere ciò che è detto: e il mediatore ha il compito di chiarire ciò che è implicito, di dare voce
alle domande silenziose. In questa fase il mediatore deve
essere capace di “snocciolare” i significati, rendere comprensibile ciò che i due mondi tentano di dirsi, mediando, appunto, termini e situazioni.
b) Psico - sociale e relazionale: guardando su questo piano
l’attenzione si sposta sulle relazioni, sull’analisi dei bisogni e
delle domande: capire ciò di cui le due parti hanno bisogno.
Per questo il mediatore non si può sottrarre dalla necessità di
guardare nella relazione che lui stesso aiuta a sviluppare e
dare l’aiuto che è richiesto, anche a livello emotivo. La funzione che il mediatore ha di contenitore delle emozioni e delle
ansie risulta qui basilare: le situazioni di ansia vanno contenute e riproposte come positive.
Il mediatore può essere considerato, quindi, da un lato una figura “ponte” creatrice di legami tra soggetti diversi, ma, dall’altro
lato, una figura “curativa” con la funzione di porre rimedio, di
attenuare le tensioni e smussare gli angoli e le dissonanze.
Il PdF-mediatore svolge il suo operato mediante e dentro la relazione; tramite questa egli deve riuscire a sviluppare in entrambe
le parti la capacità di ascoltare, di aprirsi a nuove vedute, di scegliere sempre le forme più corrette per comunicare individuando
anche temi e argomenti adeguati.
L’obiettivo non è quello di costruire un nuovo e unico sistema di
valori, ma quello di creare uno spazio, un contenitore in cui questi valori siano inseriti e possano coesistere.
È chiaro che un simile compito investe il PdF di un ruolo che
sembrerebbe travalicare il suo mandato istituzionale, Ma se consideriamo la sua “Mission” (codificata proprio dagli stessi
Pediatri di Famiglia), vediamo che uno degli scopi del suo operare è “garantire attività di prevenzione, educazione sanitaria e di
promozione della salute con attenzione allo sviluppo fisico, psichico, relazionale, cognitivo del bambino e adolescente nel contesto ambientale e sociale in cui è inserito” (14).
Come si può intuire, tale “mandato” non solo pone lo specialista
pediatra che lavora sul territorio come punto di riferimento per ciò
che concerne tutta la sfera della salute psico-fisica dell’adolescente (dalla prevenzione alla cura e riabilitazione), ma gli impone una precisa e profonda conoscenza delle persone con cui
lavora in maniera empatica: le famiglie da un lato e i loro figli dall’altro.
100
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Il Pediatra di Famiglia come mediatore familiare
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Bibliografia
7.
Pietropolli Charmet G, I nuovi adolescenti. Padri e madri di fronte
ad una sfida, Cortina Raffaello Editore, Milano, 2000.
1.
Chiavetta S, Adolescentologia Essenziale per la pediatria
del territorio, Edizioni Centro Studi Auxologici, Firenze, 2005.
8.
2.
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gli adolescenti attraverso il linguaggio del loro corpo. Milano:
Sperling & Kupfer Editori S.p.A. 2004.
Scabini, E, Rossi G. (a cura di) Giovani in famiglia tra autonomia
e nuove dipendenze, Milano, Vita e Pensiero – Pubblicazioni
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Collana: Studi
interdisciplinari sulla famiglia, 1997.
9.
ISTAT 2000 Le strutture familiari: indagine multiscopo sulle famiglie.
Anno 1998, Roma, ISTAT.
3.
Ammanniti M, Crescere con i figli Arnoldo Mondatori Editore S.p.A.,
1997.
4.
Chiavetta S, Il Pediatra di Famiglia e l’Adolescente, Atti del 60°
Congresso Nazionale SIP, 30 settembre - 4 ottobre 2004, Napoli.
5.
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Osservatorio nazionale
per l’infanzia- Centro nazionale di documentazione e analisi
per l’infanzia e l’adolescenza. L’eccezionale quotidiano. Rapporto
sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. Istituto
degli Innocenti di Firenze. 2006.
6.
10. Scabini E, Iafrate R. Psicologia dei legami familiari, Bologna,
Società editrice Il Mulino, Collana "Aspetti della psicologia", 2003.
11. Charlton BG The rise of the boy-genius: psychological neoteny,
science and modern life. Med Hypotheses. 2006;67(4):679-81.
12. Mazzucato C. La mediazione nel sistema penale minorile in
BARBERO AVANZINI, B. Minori, giustizia penale e intervento sociale,
Franco Angeli, Milano, 1998, p116.
13. SIX J.F. Le temps des médiateurs, Editions du Seuil, Paris, 1990.
14. Greco L, a cura di, Manuale di qualità per la Pediatria di Famiglia,
Pacini Editore S.p.A, 2004.
Marcelli, D, Il bambino sovrano: Un nuovo capo in famiglia?,
Cortina Raffaello Editore, Milano, 2004.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Le problematiche dell’adolescente
con acondroplasia.
Un medico si racconta
Salvatore Anastasi
U.O. Thalassemia, Azienda Ospedaliera Garibaldi, Catania
Riassunto
L’acondroplasia è una sindrome congenita che fa parte delle displasie genetiche ed è caratterizzata da
bassa statura con arti corti e tronco regolare.
L’autore ricorda le tappe della sua adolescenza e riferisce i risultati di alcune indagini sul vissuto dell’adolescente acondroplasico oggi e sugli effetti delle terapie di allungamento osseo.
Parole chiave: acondroplasia, adolescenza.
The problematic ones of the adolescent with achondroplasia.
A doctor tells itself
Summary
Achondroplasia is a common, nonlethal form of chondrodysplasia, and is characterized from short. stature
with short limbs and normal trunk length..
The author remembers the stages of its adolescence and reports today turns out you of some investigations on the lived
one of the achondroplasic adolescent and on the effects of the therapies of bony lengthening.
Key words: achondroplasia, adolescence.
L’acondroplasia
Acondroplasia (ACP), termine che deriva dall'unione di tre parole di origine greca (a = senza, condros = cartilagine, plais = formazione) è la forma più comune di bassa statura disarmonica,
ha un’incidenza di un neonato su 20.000 nati ed è una malattia
genetica che colpisce il tessuto osseo nella zona di formazione
della cartilagine, rendendo il suo sviluppo molto più lento della
norma (1).
L’acondroplasia è una sindrome malformativa congenita che fa
parte delle displasie scheletriche.
La diagnosi è clinica e radiografica. La maggior parte delle manifestazioni fenotipiche sono a carico dello scheletro anche se altri
organi possono essere coinvolti.
Le caratteristiche principali dell’acondroplasia sono: la bassa
statura con arti corti e tronco regolare, particolari caratteristiche
facciali e le mani con la tipica configurazione a tridente. Una
megaloencefalia è presente in più del 75% dei casi (1).
Le più importanti complicazioni riguardano problemi neurologici,
otolaringoiatrici, respiratori, dentali, oculari, nutrizionali e ginecologici.
È stata riconosciuta dallo Stato come malattia rara (con il codice
RNG050).
Il gene coinvolto nell’ACP si trova nel cromosoma 4 e contiene
l'informazione per produrre una proteina chiamata recettore del
fattore di crescita dei fibroblasti o più brevemente FGFR3.
Questo recettore permette alle cellule di ricevere un particolare
segnale che stimola le cellule stesse a moltiplicarsi.
La ACP è causata da mutazioni nel gene dell'FGFR3, che lo rendono incapace di ricevere il segnale e trasmetterlo all'interno
delle cellule della cartilagine di accrescimento, bloccando i processi di moltiplicazione cellulare.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Le problematiche dell’adolescente con acondroplasia.Un medico si racconta
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
re che certe cose, come salire sulla corriera, per me presentavano delle difficoltà.
In tutto ciò non ricordo un atteggiamento eccessivamente protettivo o limitativo dei miei genitori.
Dall’età di 10 anni una serie di eventi portarono i miei genitori a
non farmi pesare l’inizio della mia emancipazione e con questo
bagaglio arrivai ai 14 anni, quando avrei dovuto prendere
coscienza dei cambiamenti del mio corpo strettamente legati a
quelli psichici.
La tempesta puberale non fu accompagnata da evidenti variazioni antropometriche mentre procedevano i processi di maturazione sessuale.
Il 90% dei pazienti affetti da ACP ha la stessa mutazione
(G380R), cioè lo stesso errore nel gene FGFR3, consistente in
una sola base nucleotidica alterata.
L'acondroplasia si trasmette con modalità autosomica dominante questo significa che una persona affetta da ACP, insieme ad
una non affetta, hanno il 50% di probabilità di avere un figlio affetto da ACP.
In 9 casi su 10 le persone affetti da ACP nascono da genitori normali, a causa di alterazioni nel gene che avvengono negli spermatozoi e negli ovuli dei genitori.
In questi casi, la possibilità di avere un altro figlio affetto da ACP
è trascurabile, identica a quella di qualsiasi altra coppia normale.
Una coppia in cui entrambi i genitori siano affetti da ACP ha 1
probabilità su 4 di concepire un figlio\a affetto da una grave
forma di acondroplasia letale alla nascita (chiamata acondroplasia omozigote); 1 probabilità su 4 di avere figli normali e 1 su 2
di avere un figlio affetto come loro.
Ruolo della famiglia
Certamente l’atteggiamento più importante è cercare di evitare
di trasmettere al bambino paure, ansie e dolore: lo dico come
persona e come pediatra.
Il merito è, soprattutto, della famiglia che vuole che quel bambino divenga un uomo, che quella bambina sia una donna, in
grado di decidere, gestirsi o gestire chi li deve aiutare quando è
proprio necessario.
I miei genitori mi hanno trasmesso l’idea che nulla fosse impossibile per me.
In relazione alla mia età ho incontrato medici prevalentemente
endocrinologi e non sufficientemente preparati rispetto al problema e non ho potuto affrontare interventi chirurgici, oggi i tempi
sono cambiati e molte specialità scendono in campo per affrontare il problema dell’acondroplasia.
Sono una persona che con i suoi 127 cm di altezza è riuscita nell’adolescenza a vivere l’accettazione di questo corpo che non
cresceva con tutti i turbamenti degli adolescenti, ma circondato
da un mondo, fondamentalmente quello della famiglia e degli
amici, che ti aiutavano ad accettare questa diversità (3).
La mia storia
Viviamo in una società che si affida all’immagine e a concetti e
modelli di omologazione, ma contemporaneamente sempre più
multiculturale e multietnica.
In questo contesto sociale, l’acondroplasia, che io definisco una
condizione più che una malattia, può e deve essere vissuta
come un’occasione in più per dare, ognuno di noi, un contributo
importante.
È sempre necessario lottare affinché possano essere superate
tutte le barriere non solo quelle architettoniche.
Bisogna abbattere gli ostacoli che impediscono la fruizione di
molti “strumenti” di vita quotidiana quali l’utilizzo della quasi totalità dei telefoni pubblici, dei citofoni, dei mezzi di trasporto urbano ed extraurbano, delle pulsantiere degli ascensori o l’utilizzo
del bancomat.
Ma soprattutto bisogna contrastare tutte le barriere sociali e culturali ancora presenti in molte realtà.
Io non ho incontrato particolari difficoltà nell’inserimento, primo
fra tutti quello scolastico, perché probabilmente l’essere nato e
vissuto in un piccolo centro ha favorito la socializzazione, ma
spesso il dramma è proprio legato all’inserimento in questa
società fatta di immagini precostituite.
Io sono stato fortunato perché ho avuto una famiglia che ha
accettato con serenità la presenza di un figlio acondroplasico,
creando intorno a me un clima di fiducia e di amore; certamente, soprattutto nei primi anni, la paura più grande era rappresentata dalle incertezze del futuro, ma questo problema riguarda le
famiglie di tutti i bambini affetti o no da patologie genetiche (2).
Il primo momento di distacco reale è avvenuto quando ho frequentato la scuola media: anche se c’era sempre mio fratello
che mi accompagnava ero stato costretto ad allontanarmi dal
paese, prendere la corriera, e in quel momento cominciai a capi-
L’adolescente acondroplasico
oggi
L’adolescente con acondroplasia deve affrontare questa epoca
di sconvolgimenti e rivalutazioni attraverso una serie di implicazioni emotive, essenzialmente legate all’aspetto fisico.
Questo può causare momenti di depressione legati al proprio
aspetto, al comportamento degli altri nei loro riguardi ed ai propri mezzi apparentemente inadeguati per farvi fronte. Nell’età dei
grandi perché essi hanno interrogativi più difficili da affrontare.
Il primo di tali problemi è conquistare l’indipendenza e una maturità psico-fisica in assenza di evidenti cambiamenti antropometrici e di contro in presenza di un normale processo di maturazione dei caratteri sessuali (1).
La presa di coscienza di questa diversità, in genere viene vissu-
103
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
ta con molta serenità, pur nella consapevolezza che ciò richiede
un maggior impegno relazionale ed affettivo. Proprio in tale direzione un valido ambito di socializzazione sono i vari gruppi di
interesse in cui ognuno ha una funzione ed è valutato per quella
(teatro, canto, gruppi scout, ecc.) (4).
Il maggior impegno non è vissuto come negativo, ma è percepito come una spinta ad essere più forti, a migliorare, sfruttando
risorse interiori per supplire alle carenze staturali (4).
Collaborando con l’A.I.S.Ac. (Associazione per lo studio dell’acondroplasia) sono venuto a contatto con diverse esperienze
che mi hanno portato a confrontarmi con le problematiche dell’allungamento degli arti.
L’intervento di allungamento dal mio punto di vista parte da una
necessità e da una consapevolezza fondamentalmente e con un
obiettivo unico: aiutare a rendere quanto più autonomo il bambino, l’adolescente, la persona che ha l’acondroplasia.
È molto importante, definire la statura definitiva a cui arriverà il
bambino acondroplasico che ho davanti.
L’acondroplasia è una condizione, e poiché non ci fa uguali perché ognuno di noi è diverso dall’altro, c’è chi è arrivato ad una
statura definitiva intorno al metro, c’è chi è arrivato ad una statura definitiva intorno al metro e 40 cm.
Sono delle condizioni assolutamente diverse perché la difficoltà
fondamentale è salire sull’autobus, avere l’opportunità di avere
un bancomat a disposizione etc.
Quindi credo che la valutazione che dovrà fare la famiglia, i genitori e l’interessato/a (penso che l’intervento si deve proporre in
un età in cui il bambino debba dare una sua precisa indicazione
e che nessun genitore pensi comunque “decido io”) verte sul
fatto che l’intervento oggi rappresenta una grande possibilità per
aiutare a dare autonomia alla persona con acondroplasia (5).
La prima cosa che bisogna vivere della acondroplasia è accettare il fatto che è una scommessa che ci è stata data, ci è stata
offerta un’opportunità senza averla chiesta.
Bisogna cogliere questa opportunità, confrontarsi con gli altri: da
ciò viene fuori l’importante ruolo delle associazioni.
Cogliere l’occasione di stare insieme proprio perché ciascuno
veda all’interno della relazione tra genitori e figli qual è la cosa
migliore.
Riporto di seguito i risultati di due indagini condotte dall’AISAC
tra i suoi soci.
se interiori per supplire alle carenze del fisico: “Quello che
manca fuori, c’è dentro”, sintetizza un intervistato.
Non si sentono indiscriminati, ma oggetto di curiosità e ignoranza; qualcuno arriva a dire:
“Per troppo tempo siamo stati definiti come clown ed è
colpa nostra che non ci siamo opposti”.
L’allungamento degli arti è valutato con molta soddisfazione da
chi l’ha affrontato, sebbene tutti concordino sulla necessità di una
corretta preparazione, che dia anche la consapevolezza di non
poter diventare alti e belli, “altrimenti la delusione farà soffrire”.
Tutti dichiarano di essere soddisfatti della qualità della propria
vita, anche se ben decisi a renderla migliore: con più tempo per
sè, con più indipendenza, libertà di scelte consapevoli e amici
sinceri.
Risultano invece molto “speciali” la grinta e la dignità, il coraggio
e la determinazione con cui le persone acondroplasiche affrontano la vita, tutte qualità che nascono e si consolidano fin dall’inizio della storia personale, grazie all’accettazione e al sostegno
dei genitori e della famiglia allargata.
La visione positiva ed equilibrata di ognuno rispetto alla propria
qualità della vita porta a concludere che gli acondroplasici non
sono certo un gruppo di perdenti ma uomini e donne che si sentono pronti ad affrontare con maggiore equilibrio (o con minore
angoscia) i grandi interrogativi che la vita pone ad ogni uomo e
donna, ma a loro in modo più stringente: la sessualità, la procreazione responsabile, il valore stesso dell’esistenza nelle sue
sfaccettatture e nel suo fluire.
Le persone con acondroplasia sono individui forti perché hanno
avuto dei genitori forti che li hanno aiutati, ma che a loro volta
sono stati aiutati da loro, i figli, a trovare questa forza.
La diversità obbliga a prendere iniziative originali e posizioni personali, può essere considerata un talento in più, la diversità dà
una forza. Forza e vulnerabilità: questi i vissuti che meglio caratterizzano le famiglie. Si dimostrano forti nell’affrontare le sfide
quotidiane: il coinvolgimento fisico, emozionale ed economico
nell’adempiere alle terapie, il condizionamento sul fronte lavorativo, l’accettazione, benché lenta e faticosa, della diagnosi.
Ma sono anche vulnerabili in quanto sempre in balia del dibattito interiore tra l’atteggiamento positivo che la razionalità “impone” e consente, e l’angoscia e le incertezze sul futuro dei propri
figli legate alla realtà dell’handicap.
1997 ricerca sulla qualità della vita
Indagine conoscitiva (intervista a 40 Soci e a trenta famiglie)
2001: l’allungamento degli arti inferiori terapia valida
nel trattamento delle basse stature
Indagine conoscitiva (intervista a 51 Soci)
Sono state proposte interviste strutturate a 10 ragazzi e giovani
d’età inferiore a 26 anni.
Tutti gli intervistati, ad eccezione di due, conducono una vita da
persone “normali”, consapevoli che ciò è costato e costa loro più
che agli altri.
Il maggior costo non è però vissuto come negativo: è percepito
come una spinta ad essere più forti e migliorare, sfruttando risor-
È stata condotta un’indagine conoscitiva riguardo l’intervento
chirurgico di allungamento degli arti inferiori, pratica frequente
nell’acondroplasia, su un campione di 51 soggetti (35 femmine e
16 maschi di età media 28.6 anni), che si sono sottoposti a tale
intervento mediamente all’età di 10-15 anni e reperiti tra i soci
dell’A.I.S.Ac., (sono il 47,2% degli iscritti).
104
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Le problematiche dell’adolescente con acondroplasia.Un medico si racconta
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Lo strumento utilizzato è stato un Questionario a risposte multiple, costruito per ottenere risposte in merito ai problemi affrontati prima dell’intervento, alle aspettative ed alla situazione postoperatoria. Dai dati raccolti è emerso che:
La bassa statura disarmonica costituisce per tutti un serio
ostacolo alla libertà, all’indipendenza e all’autonomia;
La scelta di sottoporsi all’allungamento è determinata soprattutto dalla motivazione a superare i problemi legati alla
gestione quotidiana;
Le aspettative legate all’intervento sono relative alla conquista della propria indipendenza e della propria autonomia sia
a livello fisico che psicologico;
I soggetti dopo l’intervento si sentono più indipendenti ed
autonomi.
Per i ragazzi intervistati l’intervento operatorio ha risposto alle
aspettative: viene considerato positivo, una fase importante della
propria vita, un’esperienza che rafforza il carattere e porta ad un
arricchimento personale, anche se molto dolorosa.
Forte: in quanto fin da piccolo ha lottato per conquistarsi il proprio spazio nel mondo.
Vulnerabile: in quanto non vince mai definitivamente la battaglia
contro il pregiudizio.
Forza e vulnerabilità: questi i vissuti che meglio caratterizzano
la persona con Acondroplasia.
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
5.
Conclusione
L’adolescente acondroplasico è un adolescente come tutti gli
altri ma che, a causa della sua fisicità, deve costantemente impegnarsi nella ricerca di soluzioni a problemi pratici, relazionali e di
costruzione della propria identità e del proprio spazio nel mondo.
6.
7.
Corrispondenza:
Dott. Salvatore Anastasi
U.O. Thalassemia
Azienda Ospedaliera Garibaldi
P.O. San Luigi
Viale Fleming, 24 - 95124 Catania
105
Anastasi S. In: V. De Sanctis Manuale di adolescentologia,
Pacini Editore. Acondroplasia e adolescenza., 487-489 Pisa 2002.
Selicorni A., Intini S., Basile E., Sessa D., I diversi aspetti
dell’assistenza al bambino con sindrome malformativa. Il punto
di vista della famiglia, in Agorà: opinioni a confronto, Prospettive
in Pediatria, 30, 349 - 251, 119 Luglio - Settembre 2000.
Anastasi S. La famiglia, in:Costruiamo la Pace, SSPP Editore 8, 14
Catania, Maggio 1991.
Delle Fave A.,. Massimini F. Physical impairments … can help
individuals discover new opportunities for optimal experience,
The Psychologist, Vol 16 N. 3, March 2003.
Mastroiacovo P., Approccio alla formulazione di Linee guida
Multidisciplinari per l’Assistenza Integrata alle Persone con
acondroplasia e Ipocondroplasia e alle loro famiglie, ICBD
International Centre of Birth Defects Roma 2003.
AISAC Ricerca sulla qualità della vita. Indagine conoscitiva,
Milano 1997
AISAC L’allungamento degli arti inferiori terapia valida
nel trattamento delle basse stature, Milano 2001.
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
L’integrazione sociale
dell’adolescenza con disabilità
Sergio Vitali1, Carlo Callegaro2
1
2
Neuropsichiatra Infantile e Neurologo
Carlo Callegaro Pedagogista Clinico
L’integrazione di una ragazzo o ragazza con disabilità nell’adolescente segue l’identico percorso di ogni ragazzo e ragazza adolescente. In questa età della vita il ragazzo è principalmente chiamato al compito di integrare una varietà di ruoli al fine di uno sviluppo armonico dell’identità [Erikson 1968], vecchi ruoli (il bambino bisognoso di cure ed attenzioni) ora risultano incongrui,
quelli nuovi (lo studente, il membro di un gruppo etc.) sono
messi a confronto per la prima volta, e i ruoli futuri (il lavoratore,
il membro attivo nella comunità) prefigurano la realizzazione personale.
Gli adolescenti traggono molte delle loro idee, e quindi costruiscono un’immagine di sé futura in termini di ruoli, dai gruppi di
riferimento e dalle figure adulte significative (un genitore, un divo
sportivo o musicale, un animatore della parrocchia etc.).
A partire dall’adolescenza i ruoli devono essere integrati in un’identità personale e quelli in conflitto con il sistema familiare e
sociale di riferimento ricomposti o eliminati.
Il gruppo di pari è quindi fondamentale per lo sviluppo del ragazzo, e quindi l’integrazione sociale dell’adolescente con disabilità
diviene il presupposto fondamentale per la sua maturazione. È
chiaro che le richieste sociali del gruppo (in termini di accettazione ed inclusione) sono spesso troppo alte per le competenze
disponibili alla persona con disabilità, creando il rischio della sua
esclusione. L’integrazione sociale necessita quindi di mediatori
adulti in grado di supportare l’adolescente con disabilità nel suo
cammino di inserimento nel gruppo, mediatori che siano in
grado di sensibilizzare il gruppo, vuoi il gruppo classe, vuoi il
gruppo della parrocchia o del centro sociale, creando occasioni
di incontro. Tali occasioni dovranno essere costanti, continuative
e organizzate perché possano scaturire in una vera integrazione,
non basta l’invito sporadico dell’insegnate o dell’animatore al
gruppo, né tanto meno l’imposizione, è importante che dalla
continua frequentazione con il gruppo stesso i vari membri possano avviare quei processi spontanei di inclusione che nascono
per l’appunto dalla conoscenza profonda e reciproca.
I mediatori è bene che non siano i genitori, proprio perché in questa fase della vita i genitori sono chiamati ad affrancarsi dai figli
per lasciar spazio ad altri adulti in grado di arricchire il bagaglio
di modelli di riferimento dell’adolescente.
Per questo è fondamentale una formazione ed una sensibilizzazione di tutti gli adulti che interagiscono con gli adolescenti e
quindi con l’adolescente con disabilità quali: gli insegnanti di
scuola secondaria, gli animatori delle parrocchie e dei centri
sociali, gli allenatori sportivi ed altri.
106
Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Valutazione dell’eccesso ponderale
in età adolescenziale:
utilità dell’osteosonografia
M. Baserga, L. D’Aiutolo, A.R. Frascogna, R. La Salvia, B. Vonella, D. Tarantino, E. Anastasio, L.Giancotti
Cattedra di Pediatria dell’Università degli Studi Magna Graecia, Catanzaro
Introduzione
Risultati
L’ultimo secolo è stato caratterizzato da un incremento rapido ed
esponenziale di soprappeso(a) ed obesità(b) in età pediatrica e
recentemente adolescenziale con tutte le complicanze da esso
derivate.
La media dei valori di BTT di tutti i pz con eccesso ponderale è
nella norma. Rapportando BTT/Z-SCORE/BMI, la media dei valori
in F e M (a) è nella norma.
Dalle curve BMI/BTT, in M e F, il BTT risulta essere uguale tra il 50°
ed il 90° pc nei (a); negli adlt (b) il BTT risulta inferiore al 50° pc.
Incrociando BMI e BTT degli adlt (a) erano ? 50° pc.
Rapportando BTT/Z-SCORE/BMI, la media dei valori di BTT/ZSCORE degli adlt (b) M e F è inferiore alla norma.
Considerando separatamente il campione dei M (b) e F(b) questo
raggiunge la significatività statistica < allo 0,05; infine nella totalità
degli adlt (b), la significatività statistica raggiunge valori < 0,005.
Obiettivi
Individuare le alterazioni dello stato minerale osseo negli adolescenti (12-18 anni) con eccesso ponderale con diverse patologie.
Metodi
Conclusioni
Nel periodo 2005-2006 abbiamo studiato 31 adolescenti (adlt.)
valutando lo stato minerale osseo mediante l’osteosonografia
ossea quantitativa falangea (QUS) utilizzando le tavole dei percentili (pc) di Cacciari e coll.: 23 adlt. (11 F-12 M) erano in
soprappeso e 8 adlt. (5F e 3M) erano obesi.
I parametri del QUS sono quelli di Baroncelli et coll. che mettono
in relazione BMI e BTT dei pz espresso in pc.
Abbiamo valutato il BTT (tempo di attraversamento del tessuto
osseo dell’US) che non è influenzabile dallo spessore del tessuto molle e lo Z-SCORE che è il numero di DS aldisopra o aldisotto del valore di riferimento per età, razza e sesso del pz.
Nel QUS il BTT deve essere considerato il parametro più adatto
alla valutazione dello stato minerale osseo in pz con eccesso
ponderale. Nel nostro studio il btt degli adl con eccesso ponderale era nella norma, con valori assoluti più bassi negli obesi/
soprappeso. La patologia di base non incideva sul BTT, con
significatività statistica solo negli obesi. Il pediatra dovrebbe
porre attenzione agli adlt con eccesso ponderale per prevenire
e/o trattare le alterazioni dello stato minerale osseo ed attuare
interventi qualitativi e quantitativi della dieta, anche ai fini della
prevenzione della sindrome metabolica dell’adulto.
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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza
Volume 5, n. 1, 2007 (Suppl. 1)
Campagna di prevenzione dell’acne
con metodologia multimediale
Francesco Stirparo
AS 7 di Catanzaro, Dipartimento di Prevenzione, Servizio di Educazione alla Salute
Introduzione ed obiettivi
Risultati
La larga diffusione dell’acne che affligge circa il 90% della popolazione dai 12 ai 20 anni ed il disagio psicologico che può indurre in
una fase molto importante dello sviluppo adolescenziale ci ha
indotti ad intraprendere una campagna informativa sulla popolazione scolastica dai 12 ai 16 anni per la conoscenza della natura,
delle cause ormonali e non, e dei possibili rimedi di tale patologia.
L’elaborazione dei questionari, alla fine del percorso informativo,
ha dato i seguenti risultati: il 93% degli alunni ha dimostrato una
buona conoscenza della patologia e delle sue manifestazioni cliniche, dei fattori eziologici e delle terapie di esponibili nonché delle
possibili implicazioni psicologiche secondarie a questo disturbo.
L’adeguata informazione dei giovani ha favorito il corretto impiego
dei detergenti e dei vari presidi necessari per ridurre la secrezione
sebacea, sia la percezione della gravità dei sintomi che richiedono
l’intervento dello specialista (dietologo, endocrinologo)
Metodi
Il progetto ha interessato negli anni 2005 e 2006, 1.609 alunni di 24
Istituti scolastici afferenti ai 3 Distretti dell’AS n 7 di Catanzaro.
L’intervento, della durata di circa un'ora, è stato effettuato nella Sala
multimediale delle scuole interessate con possibilità di collegamento dell'unità centrale con le unità periferiche in modo da interessare gli alunni con un linguaggio a loro più congeniale, consentendo un “front-line” tra il l’autore del progetto e gli alunni. A conclusione è stato somministrato un questionario a risposte multiple
per valutarne l'apprendimento.
Conclusioni
La nostra campagna educativa, la cui efficacia si è dimostrata con
i risultati dei questionari e dai dibattiti conclusivi, si è avvalsa del
mezzo multimediale che ha permesso un migliore approccio con
gli studenti. E’ stato molto importante affrontare precocemente tale
problema al fine di evitare che un semplice “sfogo di gioventù”
possa evolvere verso cicatrici fisiche o dell’animo.
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di Otello Costa
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Catanzaro 23 - 26 Maggio 2007