“Gli idrogenati? Sostituiti dall’olio di palma, ma guardate i grassi saturi” Alimenti Gli Stati Uniti bandiscono i grassi idrogenati dagli alimenti industriali e la notizia fa il giro del mondo. Ma – è il caso di dirlo – le autorità americane arrivano tardi se oggi, negli Usa come nel resto dei paesi occidentali “l’emergenza” nutrizionale è un’altra. E in dolciumi e merendine (ma non in altri prodotti) i vecchi oli idrogenati sono stati sostituiti da grassi saturi come olio di cocco e olio di palma, indicati da molti come tra i responsabili dell’epidemia di obesità che attraversa i paesi “avanzati”. Doppiamente dannosi “In Italia da diversi anni, ormai, la Grande distribuzione organizzata e poi i principali marchi di prodotti da forno hanno eliminato gli idrogenati, dietro la spinta dell’opinione pubblica”, conferma Andrea Ghiselli, nutrizionista e Dirigente di ricerca del Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (CRA-NUT). “I grassi idrogenasti sono considerati due volte dannosi per la salute, perché durante il processo meccanico di saturazione – necessario per renderli più funzionali all’uso alimentare – si formano al loro interno grassi trans, che hanno il doppio effetto di alzare i livelli di colesterolo ‘cattivo’ e diminuire quelli del colesterolo cosiddetto buono”. Alla ricerca di un sostituto economico Una volta capita l’urgenza di eliminare questi scomodi ingredienti, però, l’industria ha avuto bisogno di trovare sostanze in grado di sostituirli, e che fossero in grado di conferire ai prodotti le stesse qualità organolettiche, come la sofficità e la gradevolezza al palato, e nello stesso fossero meno costosi di altri grassi come il burro”. Ecco perché si sono fatti largo olio di cocco e olio di palma, ricchi di grassi saturi. “I grassi saturi sono necessari per rendere appetibili questo tipo di prodotti, perché si sciolgono in bocca lentamente e danno a chi li consuma una sensazione di gradevolezza”, dice l’esperto. “Il problema sono i grassi saturi” Il problema, però, chiarisce Ghiselli, non è tanto la presenza di questo o quell’ingrediente, bensì la quantità di grassi saturi contenuta nel biscotto o nella merendina in questione. Un dolciume può anche essere prodotto usando olio di girasole, meno grasso di quello di palma, ma se il contenuto totale di grassi saturi del prodotto è lo stesso, per la salute di chi lo mangia non cambia nulla. Mai più di 22 grammi al dì Occhio quindi alle etichette, e alle tabelle nutrizionali. “Sapendo che ogni giorno possiamo assumere grassi saturi per un massimo del 10% dell’apporto calorico giornaliero consigliato”, dice l’esperto. Se le calorie totali per un adulto sono in media 2.000 al dì, l’apporto massimo giornaliero di grassi saturi si traduce di conseguenza in un massimo di 22 grammi. “Ogni volta che acquistiamo un prodotto, è questo valore che dobbiamo tenere presente, assieme al contenuto di zuccheri e di grassi totali, e di fibre.