UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI ECONOMIA “GIORGIO FUÀ” _______________________________________________________________ Dottorato di ricerca in “Diritto dell’Economia” – XIII° CICLO LA GIUSTIZIA SPORTIVA Relatore: Chiar.mo Tesi di Dottorato di: Prof. Daniele Mantucci Dott. Alessandro Calamita Anni solari 2012 – 2013 – 2014 RINGRAZIAMENTI Già tre anni sono passati e l’ennesimo lavoro è stato realizzato. Il dottorato di ricerca ha affiancato, in quest’ultimo periodo, il percorso della mia vita e mi ha regalato molte gioie e soddisfazioni. Voglio condividere senz’altro questo momento con le persone che mi sono state vicino per la stesura del presente lavoro e a coloro che, pur non riuscendo a frequentare come avrei voluto, hanno continuato a donarmi il loro tempo e ad arricchire la mia persona. Il mio primo ringraziamento va al mio relatore, Prof. Daniele Mantucci, che mi ha suggerito un tema di ricerca affascinante e denso di spunti di riflessione. Il tema della giustizia sportiva sta attraversando, oggi, un momento di transizione, sia per la recente riforma che è entrata in vigore a partire dal primo Luglio 2014, sia perché lo sport, lungi dal rappresentare i valori educativi di decoubertiana memoria, sembra piegarsi sempre più alle logiche del guadagno e dei grandi interessi commerciali che lo riguardano. Grazie per la pazienza e la costante attenzione che mi ha riservato ma soprattutto per l’appoggio e i numerosi consigli che hanno migliorato la suddetta ricerca. Un ringraziamento speciale al Prof. Filippo Fiordiponti, non solo per il tempo dedicatomi e per i numerosi suggerimenti dati, ma anche perché in lui ho trovato un prezioso compagno di viaggio, pronto a raccogliere e farmi superare qualsiasi difficoltà. Un ringraziamento particolare ai Proff. Erika Giorgini e Marco Angelone, per l’eccezionale professionalità e disponibilità dimostratami; il loro esempio e la loro dedizione sono stati per me un punto di riferimento. Un «grazie di cuore» ai Proff. Monica De Angelis e Luca Cerioni per la serietà e l’appoggio che mi hanno sempre dimostrato, aiutandomi a districare con l’inglese e l’informatica. Un plauso a Maria Cristina Giuliodori e Francesco Felicioni, non solo perché insieme abbiamo condiviso e continuiamo a condividere la stessa stanza all’Università, ma soprattutto perché, lavorando sempre insieme, abbiamo fatto squadra e iniziato un’amicizia bellissima. Grazie a Raffaele De Chiara e Sabrina Di Bitonto, colleghi di questo triennio, per aver condiviso insieme il lungo percorso del dottorato e scambiato ogni sensazione ed emozione. Grazie a Maria Cristina Zarro e Sara Zuccarino, per avermi permesso di confrontarmi con loro e condividere le loro esperienze pregresse; a Michele Guerrieri e Matteo Marasca, per i consigli e le lunghe chiacchierate trascorse in Facoltà. Un ultimo ringraziamento alla mia grande famiglia: a mia moglie Erika, che mi sostiene incondizionatamente nelle scelte e non mi fa mai mancare il suo appoggio e le sue attenzioni; ai miei genitori Alberto e Alba che continuano con affetto ad essere sempre presenti e pronti nei miei confronti; a mia sorella Claudia e a mio cognato Stefano per la sintonia e il rapporto profondo che ci lega. Grazie a tutti per avermi sostenuto in questi anni; anche se questa fase della mia vita si è conclusa, non si esaurirà mai l’affetto che provo per voi. Alessandro Calamita INDICE 5 INTRODUZIONE CAPITOLO I SPORT E ORDINAMENTO GIURIDICO 1. Il problema della giustizia nello sport 11 2. I rapporti tra l’ordinamento giuridico e il diritto sportivo 15 3. I soggetti giuridici dello sport 18 4. La riforma del C.O.N.I.: dalla legge 8 agosto 2002, n. 178 al c.d. 23 «Decreto Pescante» 5. L’attività sportiva: definizione e caratteristiche 26 CAPITOLO II LA GIUSTIZIA SPORTIVA 6. Gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in tema di giustizia 33 sportiva prima del 2003 1 7. Il vincolo di giustizia 36 8. Le controversie sportive 40 9. La legge 17 ottobre 2003, n. 280: aspetti formali e contenutistici 43 10. La pregiudiziale sportiva e l’onere di agire dinanzi alla giurisdizione statale 49 11. Profili di costituzionalità della legge n. 280 del 2003 e l’art. 24 52 della Costituzione 12. La giurisdizione esclusiva del Tar Lazio e gli orientamenti della Corte Costituzionale dopo il 2003. L’art. 111 Cost. e l’applicabilità del principio del «giusto processo» ai 57 procedimenti di giustizia sportiva 13. Il sistema di giustizia all’interno delle federazioni sportive e la 64 riforma del 2014 CAPITOLO III L’ARBITRATO SPORTIVO 14. Il ruolo dell’arbitrato nel diritto sportivo e la natura delle clausole compromissorie degli statuti delle federazioni sportive 2 69 15. Lo statuto del C.O.N.I. del 2013 e i nuovi organi di giustizia e arbitrato per lo sport 73 16. Il sistema previgente di giustizia e arbitrato per lo sport: la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport e il dibattito 77 giurisprudenziale sulla sua esperienza decennale 17. L’Alta Corte di Giustizia sportiva e il Tribunale Nazionale di 83 Arbitrato per lo Sport 18. Il ruolo e le principali funzioni del TNAS e le significative differenze con la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo 86 Sport 19. La natura delle decisioni rese dal TNAS e la loro impugnazione 89 20. L’arbitrato sportivo internazionale. Il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna: ruolo, funzioni, caratteristiche del procedimento e natura delle decisioni rese. Il TAS e il TNAS: 93 affinità e differenze CAPITOLO IV CONCLUSIONI 21. La pretesa autonomia del diritto sportivo e i difficili rapporti con 103 l’ordinamento giuridico dello Stato 3 22. Il delicato tema della giustizia sportiva e i dubbi di legittimità costituzionale della l. n. 280 del 2003. Il rispetto del diritto alla difesa, quale diritto inviolabile garantito dall’art. 24 Cost. e la sua problematica applicazione nello sport 109 23. Il tramonto dell’arbitrato nei sistemi di risoluzione delle controversie sportive e il nuovo assetto di giustizia offerto dalla 114 riforma del C.O.N.I. del 2014 24. La realizzazione del «giusto processo» nel diritto sportivo. L’art. 111 Cost. e la necessità di garantire l’inviolabilità dei diritti processuali fondamentali nei procedimenti giurisdizionali resi 117 dagli organi della giustizia sportiva APPENDICE NORMATIVA 121 BIBLIOGRAFIA 157 4 INTRODUZIONE Il tema della giustizia sportiva ha assunto, nel corso del tempo, connotazioni e significati diversi in relazione al ruolo che lo sport ha rivestito e tuttora riveste nell’odierna società attuale. Il fenomeno sportivo, inteso nella sua originaria formulazione come pratica di attività nelle quali alcuni soggetti competono sul piano fisico con altri soggetti, in gare pubbliche, per ottenere un successo sportivo, ha origini molto antiche. Nella società ellenica, lo sport era tradizionalmente considerato come una festa religiosa nella quale era possibile individuare un elevato numero di individui che, partecipando a competizioni agonistiche, si sentivano legati all’osservanza di un corpo di norme ferree e minuziose1. Lo sport nell’antica Grecia, era legato, in particolare, alla diffusione dei Giochi olimpici che consistevano nello svolgimento di attività pubbliche ufficiali, controllate ed organizzate direttamente dallo Stato2. In epoca post-coubertiana, lo sport ha conosciuto una rapida ed eloquente diffusione creando nuove prospettive, sia da un punto di vista sociale che giuridico. Dal primo punto di vista, la diffusione del fenomeno sportivo si rinviene nella crescente espansione delle attività ludico-ricreative che fanno dello sport un fenomeno di massa, praticato da un numero considerevole di persone. Dal secondo punto di vista, la giuridicità del sistema sportivo sembra emergere già dal momento di svolgimento di un’attività sportiva che presuppone il rispetto di determinate norme e regole di condotta. 1 A. BONOMI, Giustizia sportiva e giustizia statale. Qualche riflessione sulla legittimità costituzionale della legge 17 ottobre 2003, n. 280, in Riv. dir. cost., 2004, p. 171. 5 Da queste premesse, lo sport ha rivendicato con forza la propria autonomia, intesa come libertà di governare il proprio settore, di stabilire al proprio interno le modalità di svolgimento delle pratiche sportive, di risolvere le controversie tra i soggetti che fanno parte del sistema sportivo. In Italia, lo sport inizia a diffondersi intorno alla prima metà del Novecento grazie alla costituzione del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, quale organo di coordinamento e controllo di tutta l’attività sportiva nazionale nonché ente di diritto sportivo internazionale, espressione delle direttive e degli indirizzi del Comitato Internazionale Olimpico. Nel sistema italiano, lo sport è garantito, da un punto di vista giuridico, dalla stessa Costituzione. Certamente, nei 139 articoli che la compongono, possiamo trovare norme che legittimano l’attività sportiva; è innegabile, tuttavia, che, ad eccezione dell’art. 117 Cost. ove lo sport trova allocazione tra le materie ricomprese nella potestà legislativa delle Regioni, non vi è nel testo costituzionale nessun riferimento né tantomeno un’esplicita definizione del fenomeno sportivo3. Tale paradosso conferma l’orientamento secondo cui nel nostro ordinamento giuridico convivono una serie di fenomeni associativi e culturali che, per la loro rilevanza sociale ed economica, sono stati accolti e disciplinati da diritto. In accoglimento del principio della “pluralità degli ordinamenti giuridici” proposto da Santi Romano, nel sistema giuridico italiano convivono una serie di ordinamenti giuridici settoriali espressione di organizzazioni di soggetti ed associazioni che possiedono i caratteri della plurisoggettività e della normazione4. 2 A. BONOMI, o.u.c., p. 172 s. Emblematici sono, a tal proposito, l’art. 2 in cui si statuisce che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità» e l’art. 18 per il quale «I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale». 4 E. PICOZZA, I rapporti generali tra ordinamenti, in C. FRANCHINI (a cura di), Gli effetti delle decisioni dei giudici sportivi, Torino, 2004, p. 1 s. 3 6 Il dibattito dottrinale tra ordinamento sportivo e statale ha trovato la sua massima espressione in tema di giustizia sportiva. Il tema dei rapporti tra decisioni dei giudici sportivi e giurisdizione ordinaria è particolarmente complesso. L’ordinamento sportivo, nel rivendicare continuamente la propria autonomia dall’ordinamento statale, realizza al proprio interno un sistema autoreferenziale di giustizia, tendenzialmente slegato dalle interferenze dei giudizi statali. Tale sistema si basa sul principio ormai consolidato, sia in dottrina che in giurisprudenza, del c.d. “vincolo di giustizia” che impone ai tesserati e agli affiliati di ogni federazione sportiva l’obbligo di risolvere le controversie che li coinvolgono rispettando le prescrizioni contenute negli statuti del C.O.N.I. e delle stesse federazioni sportive. Il principio del “vincolo di giustizia” è stato ribadito, di recente, dall’art. 2 della l. 17 ottobre 2003, n. 280, il quale prevede espressamente l’onere, per gli affiliati e i tesserati, di adire agli organi di giustizia sportiva per le materie che riguardano e sono disciplinate dall’ordinamento sportivo5. Quando si parla di giustizia, in ambito sportivo, si suole far riferimento alla «giustizia tecnica» o «disciplinare». Lo svolgimento di qualsiasi attività sportiva, da un punto di vista agonistico, presuppone il rispetto di determinate norme opportunamente disciplinate dai regolamenti delle federazioni sportive. È evidente che l’attività di ogni federazione è regolamentata da Carte Federali che ne disciplinano il loro funzionamento e che devono essere osservate e rispettate da tutti i membri che ne fanno parte. Il compito della giustizia sportiva, infatti, è quello di far sì che le previsioni giuridiche contenute nei regolamenti delle varie federazioni sportive, nonché le disposizioni disciplinari ivi contenute, siano rispettate da tutti i soggetti del diritto sportivo. La giustizia sportiva 5 A. DI AMATO, Decisioni dei giudici sportivi e diritto civile, in C. FRANCHINI (a cura di), Gli effetti delle decisioni dei giudici sportivi, Torino, 2004, p. 21 s. 7 comprende, dunque, tutti quegli istituti diversi e non espressamente disciplinati dalla legge statale bensì dai regolamenti federali previsti dalle stesse federazioni per dirimere le controversie insorte tra i soggetti che fanno parte del sistema sportivo6. Con il passare del tempo, il verificarsi di una serie di nuovi fattori di natura giuridica ha consentito un progressivo allargamento dei settori di applicazione della giustizia sportiva. La tutela di nuovi interessi giuridici, di carattere prevalente economico, ha permesso che il verdetto del campo sia, oggi, meno accettato e messo quasi in secondo piano. Lo sport sembra essere diventato una sorta di industria gestita con criteri manageriali e per questo esso deve essere regolamentato secondo criteri di equità ed imparzialità. La giustizia sportiva è stata spogliata dei suoi originari compiti in favore di interessi personali e di parte, di motivazioni particolari, di interessi affaristici7. Il compito del presente lavoro è, pertanto, quello di fornire un’analisi dettagliata dei sistema di giustizia sportiva, provando a cogliere i recenti orientamenti della giurisprudenza, le riflessioni degli autori, i cambiamenti che hanno fatto dello sport un fenomeno di forte impatto socio-culturale nonché giuridico. Nel primo capitolo si cercherà di fornire un esaustivo quadro di riferimento dell’intero diritto sportivo e del suo ruolo all’interno dell’ordinamento generale. Verranno analizzate, in particolare, le motivazioni storiche e culturali che hanno reso lo sport uno dei più importanti fenomeni della nostra società. 6 L. COLANTUONI, Diritto sportivo, Torino, 2009, p. 513 s. Secondo E. AUDISIO, La giustizia sportiva, in Micromega, 2000, p. 229 s., oggi, nello sport, non ci si scontra più per portare a casa un risultato sportivo, un titolo o una coppa ma si cerca di conseguire un risultato economico, un profitto extrasportivo che nulla ha a che fare con i sani principi agonistici proposti da De Coubertin. Sempre secondo l’autore, la differenza tra un risultato sportivo eccellente ed uno mediocre consiste in una perdita economica netta di diversi milioni. Per questo si guarda al verdetto del campo con più sospetto e in modo sempre più innaturale. 7 8 Nel secondo capitolo verrà esaminata più attentamente la legge n. 280 del 2003 cercando di mettere in luce le caratteristiche e i compiti dei principali organi della giustizia sportiva. Una parte consistente del capitolo sarà dedicata a verificare se il c.d. «vincolo di giustizia» rappresenti un assioma di rigidità ed autorevolezza per i soggetti che appartengono allo sport. Nel terzo capitolo sarà approfondito il ruolo dell’arbitrato nello sport e di come tale istituto abbia trovato allocazione all’interno dei regolamenti del C.O.N.I. e delle federazioni sportive nazionali. La preoccupazione maggiore sarà quella di analizzare più da vicino le aree di maggior criticità dello sport e di come si muova la giustizia sportiva in un momento in cui tale fenomeno viene visto sempre meno come mezzo di diffusione di principi ludici ed educativi. Nel quarto capitolo, infine, si cercherà di raccogliere le fila del discorso provando, da un lato ad individuare i capisaldi del rapporto tra diritto sportivo e ordinamento giuridico dello Stato, dall’altro a delineare, per quanto possibile, un quadro completo della giustizia sportiva. Su questo tema, occorre sottolineare come la riforma dello statuto del C.O.N.I., iniziata nel 2013 e resa effettiva solamente a partire dalla seconda metà del 2014, abbia contribuito a modificare non poco gli scenari dell’intero sistema di giustizia. In particolare, ora, il nuovo statuto sembra agire secondo una duplice direzione: eliminare qualsiasi discrasia all’interno del sistema di giustizia delle federazioni sportive attraverso l’emanazione di un codice unico di giustizia valevole per tutte le federazioni, e in via generale, modificare il terzo grado di giustizia sportiva attraverso l’introduzione di due nuovi organi, quali il Collegio di garanzia dello sport e la Procura generale dello sport, per permettere una maggiore responsabilizzazione degli organi di giustizia interni alle singole federazioni ed evitare che gli organi di giustizia di terzo grado possano stravolgere le decisioni assunte dagli organi di primo e secondo grado. 9 10 CAPITOLO I SPORT E ORDINAMENTO GIURIDICO Sommario: 1. Il problema della giustizia nello sport. - 2. I rapporti tra l’ordinamento giuridico e il diritto sportivo. - 3. I soggetti giuridici dello sport. - 4. La riforma del C.O.N.I.: dalla legge 8 agosto 2002, n. 178 al c.d. «Decreto Pescante». - 5. L’attività sportiva: definizione e caratteristiche. 1. Solitamente, con la locuzione «giustizia sportiva» si intende quell’insieme di istituti previsti dagli statuti e dai regolamenti federali volti a dirimere le controversie che insorgono tra soggetti appartenenti al mondo sportivo. Il tema della giustizia sportiva ha origini molto antiche e può risultare di particolare complessità se prima non si è individuato il contesto storico ed organizzativo di riferimento entro cui essa debba essere ricondotta. Di giustizia sportiva si parla, spesso, con riferimento allo sport «istituzionalizzato» in quanto solo in questo contesto si realizza una produzione normativa atta a disciplinare i rapporti rilevanti tra i componenti del sistema sportivo. Si è creata, dunque, la necessità di conferire allo sport un sistema organizzativo stabile e, da un punto di vista giuridico, la necessità di conferire un assetto normativo autonomo che regolamentasse in toto l’intero fenomeno8. Storicamente, tale esigenza ha trovato positivi riscontri sul finire dell’Ottocento col ravvivarsi della fiamma olimpica. A quel tempo, l’avanzare dell’agonismo programmatico, la ricerca del miglior risultato sportivo, la necessità di predisporre 8 A. MERONE, La giustizia sportiva nell’aspetto giurisdizionale, in Giur. merito-sez. Juris Works, suppl. vol. 38, VI, 2006, p. 24 s. 11 regole vincolanti che consentissero una corretta e più obiettiva valutazione dei risultati, portarono alla costituzione delle federazioni sportive nazionali e di un Comitato Olimpico Internazionale9. l’incarico di organizzare i Tali enti sono nati, da principio, con primi giochi olimpici dell’era moderna; successivamente, tali enti si sono proposti di coordinare i comitati olimpici nazionali secondo un procedimento di armonizzazione dello sport a livello internazionale. Nel corso del tempo, parallelamente alla creazione di un’organizzazione sportiva a livello mondiale, si sono sviluppati i vari ordinamenti sportivi nazionali, costituiti da un Comitato Olimpico Nazionale del quale fanno parte le rispettive federazioni sportive. Anche in Italia, a partire dal Novecento, lo sport inizia a diffondersi progressivamente: in quegli anni venne costituito il Comitato Olimpico Nazionale Italiano10, divenuto nel tempo un’organizzazione a carattere permanente con funzioni di coordinamento e controllo di tutta l’attività sportiva nazionale. La nascita del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, unitamente a quella delle varie federazioni sportive, ha contribuito a far sì che la scienza giuridica si 9 Il CIO, insieme alle federazioni sportive internazionali e con l’ausilio di federazioni e comitati nazionali, organizza e gestisce il fenomeno sportivo a livello internazionale, dando vita a quello che molti autori riconoscono come l’«ordinamento sportivo internazionale». 10 Per G. PASTORE, Statuti e regolamenti federali e del C.O.N.I., in L. CANTAMESSA, G.M. RICCIO E G. SCIANCALEPORE (a cura di), Lineamenti di diritto sportivo, Milano, 2008, p. 87: «Istituito su iniziativa dei rappresentanti delle preesistenti Federazioni ed organizzazioni sportive nazionali col compito di curare la partecipazione della rappresentativa italiana alle Olimpiadi di Londra (1908) e di Stoccolma (1912), il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.) venne costituito nel 1914 con carattere permanente e funzioni estese alla più generale attività di controllo e di coordinamento non solo nelle discipline sportive comprese nel programma olimpico, ma di tutta l’attività sportiva italiana, ed altresì con funzioni di promozione e tutela dell’ideale olimpico in qualità di soggetto dell’ordinamento sportivo internazionale riconosciuto dal Comitato Internazionale Olimpico (C.I.O.) ». Secondo l’autore, esso venne in principio costituito come ente di natura privata e precisamente come «associazione di fatto»; esso acquisterà solo nel 1934 la personalità giuridica di diritto privato e con la l. n. 426 del 1942 sarà convertito in ente pubblico preposto all’organizzazione, vigilanza e promozione dello sport nazionale. 12 interessasse allo sport, quale sistema giuridico settoriale dotato di autonomia normativa e regolamentare11. È indubbio, infatti, che lo sport tenda a svilupparsi in maniera autonoma rispetto alla giurisdizione statale, il più delle volte ignorando, in alcuni casi rifuggendo, la presenza dello Stato. Sulla base di questo orientamento, in accoglimento della c.d. «teoria istituzionalista» del Santi Romano sulla pluralità degli ordinamenti giuridici12, il fenomeno sportivo è considerato dalla dottrina prevalente come un ordinamento giuridico settoriale che si fonda sugli elementi della plurisoggettività, della normazione e dell’organizzazione. La «plurisoggettività» è data dall’esistenza di un congruo numero di soggetti, siano essi persone fisiche che giuridiche, i quali si riconoscono in un determinato corpus normativo comune al quale essi attribuiscono un valore vincolante. La «normazione» rappresenta il complesso di norme che disciplinano tale settore giuridico. Queste formano un sistema ordinato in modo gerarchico che veicola i suoi principi fondamentali. L’«organizzazione», infine, è un complesso collegato di persone e di servizi avente carattere permanente e duraturo, capace di esercitare sui soggetti appartenenti all’ordinamento un potere che limita la libertà di ciascuno di essi in nome dell’interesse di gruppo. 11 In realtà la nascita e l’evoluzione del fenomeno sportivo in Italia coincide con un atteggiamento prudente e quasi di indifferenza da parte del legislatore. Sebbene il C.O.N.I. sia nato già nel 1907, esso acquista grande rilevanza solo a partire dagli anni ’40 quando il legislatore lo considera un ente pubblico non economico che assume funzioni di coordinamento e controllo di tutto lo sport nazionale italiano. 12 Cfr. E. LUBRANO, I rapporti tra ordinamento sportivo ed ordinamento statale nella loro attuale configurazione, in L. CANTAMESSA, G.M. RICCIO E G. SCIANCALEPORE (a cura di), Lineamenti di diritto sportivo, Milano, 2008, p. 3 s. Secondo l’autore, «si prende atto, pertanto, anche dal punto di vista della teoria generale del diritto, del fatto che, nell’ambito e all’interno dell’ordinamento statale, vi sono tutta una serie di “sotto-sistemi” qualificabili come “ordinamenti settoriali”, i quali perseguono ciascuno la realizzazione di interessi di un determinato settore». Come sottolinea ancora l’autore, la teoria «istituzionalista», accentrata sul concetto di pluralismo 13 Questi elementi sono caratteristici di ogni singola federazione sportiva nazionale, affiliata, in Italia, al C.O.N.I., nonché di ogni federazione sportiva internazionale e del CIO, tutte organizzazioni dotate di una loro autonomia che si manifesta attraverso la costituzione di organi interni, di propri sistemi normativi e strumenti di tutela differenziati. Nel nostro sistema giuridico, tali ordinamenti settoriali sono riconosciuti e trovano ampia tutela anche: - dal fatto che, nella maggior parte dei casi, in ragione della riconosciuta meritevolezza dei fini collettivi o pubblici dagli stessi perseguiti, lo Stato «finanzia» tali ordinamenti; - dal fatto che i soggetti dei vari ordinamenti settoriali sono anche soggetti dell’ordinamento statale, che svolgono la propria attività professionale proprio all’interno dell’ordinamento settoriale13. L’unitarietà di tale organizzazione, come vedremo meglio più avanti, è garantita da una gerarchia delle istituzioni, al vertice della quale si colloca lo Stato. Il fenomeno sportivo, in definitiva, costituisce un ordinamento giuridico proteso al perseguimento di un fine particolare, non espressamente statuito dall’ordinamento generale dello Stato, ma da un gruppo sociale che si è evoluto e si è dato una propria organizzazione normativa. Il sistema delle fonti del diritto sportivo italiano è assai complesso e articolato. Sul piano internazionale, esso è composto dalla Carta Olimpica e dalle direttive e raccomandazioni del CIO nonché dagli statuti delle federazioni sportive internazionali. giuridico, trova ulteriore conferma nella stessa Costituzione, attraverso il riconoscimento del valore positivo delle «formazioni sociali» previsto dall’art. 2. 13 E. LUBRANO, I rapporti tra ordinamento sportivo ed ordinamento statale nella loro attuale configurazione, cit., p. 9. 14 Sul piano nazionale, esso è composto dallo statuto, dai regolamenti e dalle deliberazioni del C.O.N.I. e delle federazioni sportive nazionali nonché dalle discipline sportive associate e dagli enti di promozione sportiva. 2. Come abbiamo visto, la storia dell’ordinamento sportivo è quella di un’organizzazione privata che è stata, nel corso del tempo, resa pubblica, nella misura in cui lo Stato ha riconosciuto che la promozione e l’organizzazione dell’attività sportiva corrispondesse ad un interesse generale dell’intera collettività e, dunque, fosse un bene pubblico. La teoria «istituzionalista» ha, definitivamente, inquadrato il fenomeno sportivo come un ordinamento giuridico settoriale che è stato formalmente codificato prima attraverso la l. 16 febbraio 1942, n. 426, istitutiva del C.O.N.I., e, successivamente, con la l. 17 ottobre 2003, n. 28014. In realtà, come da molti sostenuto, sembra più appropriato parlare di «pluralità di ordinamenti sportivi», nel senso che deve riconoscersi un «ordinamento sportivo» per ogni disciplina sportiva riconosciuta dal C.O.N.I. La peculiarità dell’ordinamento sportivo è costituita dal fatto che ogni ordinamento sportivo nazionale è affiliato al relativo ordinamento sportivo internazionale alle cui direttive deve pertanto conformare la sua attività. Ne consegue che ogni ordinamento sportivo nazionale deve conformarsi sia ai regolamenti dell’ordinamento sportivo internazionale al quale è affiliato, sia alle norme, di rango superiore, dell’ordinamento statale nell’ambito del quale svolge la propria attività15. 14 C. ALVISI, Le fonti statali dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, in C. VACCÀ (a cura di), Giustizia sportiva e arbitrato, Milano, 2006, p. 3 s. 15 E. LUBRANO, Ordinamento sportivo e giustizia statale, in M. COLUCCI (a cura di), Lo sport e il diritto. Profili istituzionali e regolamentazione giuridica, Napoli, 2004, p. 212. 15 La Costituzione ha accolto e consacrato il principio pluralistico, non limitandosi a definire la libertà, per gli individui, di associarsi, ma a garantire i diritti inviolabili dell’uomo anche nelle formazioni sociali in cui ogni soggetto esplichi la propria personalità. La stessa Costituzione, pur non fornendo una specifica definizione del termine «sport», ha riconosciuto il fenomeno sportivo attraverso una serie di principi presenti agli artt. 2,3,5,18 e 32 della stessa Carta fondamentale16. Il sistema sportivo ha rivendicato progressivamente la propria autonomia dal sistema statale. Tale esigenza ha trovato impulso con la l. n. 426 del 1942 che ha, di fatto, riconosciuto il C.O.N.I. come un ente pubblico dotato di personalità giuridica per la regolamentazione e la diffusione dell’ordinamento sportivo. La pretesa autonomia, da parte dell’ordinamento sportivo, è stata definitivamente rafforzata con una legge di riordino, il D.lg. 23 luglio 1999, n. 242, che ha attribuito allo stesso C.O.N.I., l’autonomia «statutaria» ovvero la possibilità di emettere regolamenti e, più in generale, norme che disciplinassero il sistema sportivo17. Tale previsione evidenzia un rafforzamento dei poteri del C.O.N.I. sulla regolamentazione giuridica dello sport ovvero un rafforzamento dei poteri di controllo sulle organizzazioni e sulle attività poste in essere dai soggetti dell’ordinamento sportivo. La legge istitutiva del C.O.N.I. ha finito, dunque, per affermare, implicitamente, la natura di pubblica autorità di tale ente: i regolamenti e gli statuti federali sono stati considerati fonti normative al pari di quelle giurisdizionali. Gli stessi riflessi si sono avuti in tema di giustizia sportiva. L’ordinamento sportivo ha inteso istituire al proprio interno un sistema di giustizia strutturato in 16 S. ORONZO, D. TUPONE, M. CASELGRANDI E M. DI MARCO, Manuale dello sport. Aspetti giuridici, fiscali e organizzativi, Milano, 2004, p. 84. 16 maniera analoga a quello statale, per risolvere le controversie nascenti tra i componenti del sistema sportivo. Tale orientamento sembrerebbe confermato dalla stessa giurisprudenza che considera il fenomeno sportivo, da un lato, come ordinamento giuridico dotato di una propria capacità normativa e amministrativa; dall’altro come un fenomeno sociale di eccezionale rilevanza, riconosciuto dall’ordinamento statale e come tale ammesso ad agire nell’esercizio delle sue facoltà per il raggiungimento di scopi generali di pubblica utilità18. Non solo, la giurisprudenza maggioritaria riconosce che vi è una totale coincidenza tra la funzione amministrativa dell’ordinamento giuridico sportivo e quella dell’ordinamento statale nel settore sportivo tanto da riconoscere all’ordinamento sportivo la sua funzione amministrativa. Ora, accertato il riconoscimento giuridico del fenomeno sportivo, occorre ribadire la centralità dello Stato e la sua egemonia rispetto ai vari ordinamenti settoriali. Il problema, se di problema si tratta, riguarda la tutela delle situazioni giuridiche rilevanti per l’ordinamento giuridico statale. Esso è diventato il punto cruciale del rapporto tra i due ordinamenti nonché a livello comunitario. La centralità dello Stato e il suo intervento è garantito dalla difesa dei principi sanciti dalla Costituzione ovvero dalla difesa dei diritti soggettivi che sono in essa contenuti. L’autonomia del diritto sportivo e l’efficacia dei suoi atti si fermano dinanzi alle prescrizioni giuridiche che tutelano i diritti e gli status soggettivi, 17 A maggior chiarimento è intervenuta la Riforma Pescante, D.lg. n. 15 del 2004, dove si precisa che «i provvedimenti adottati dagli organi del C.O.N.I. diventano esecutivi qualora il Ministero per i beni e le attività culturali non formuli motivati rilievi entro venti giorni dalla ricezione degli atti». 18 Emblematica in tal senso la sentenza Cass., 11 febbraio 1978, n. 625, in Foro it., 1978, I, p. 862. 17 «inalienabili e indisponibili»19. In questo, il diritto sportivo soggiace alla normativa statale e comunitaria20. 3. Il sistema sportivo appare strutturato su molteplici livelli come un modello organizzativo complesso a base piramidale21. Nel mondo dello sport, si muovono moltissime figure giuridiche: si possono individuare tanto persone fisiche quanto enti associativi in senso lato. Al vertice del sistema vi è un organismo centrale rappresentato dal «CIO» che costituisce il punto di riferimento mondiale nei confronti e al di fuori dei vari ordinamenti sportivi nazionali, con il compito di coordinare e definire le linee guida dei diversi soggetti dello sport nonché regolare le attività delle federazioni sportive internazionali. 19 Cfr. G. MANFREDI, Ordinamento statale e ordinamento sportivo. Tra pluralismo giuridico e diritto globale, in Dir. Amm., 2012, p. 299 s.: «Certo, le tesi romaniane hanno consentito per la prima volta di avvedersi che tutti i gruppi sociali sono anch'essi produttori di norme giuridiche al pari dello Stato, il quale, in definitiva, è null'altro che l'istituzione di un gruppo che storicamente ha avuto particolare successo: e, quindi, che tra l'uno e l'altro fenomeno anche dal punto di vista giuridico non esiste nessuna incommensurabilità. Il che può senz'altro preludere al riconoscimento dell'autonomia (o, magari, dell'indipendenza) dei gruppi, etc. (in concreto, il pluralismo giuridico rientrava senz'altro nel bagaglio culturale dei costituenti, e, quindi, ha rappresentato una delle fonti di ispirazione del principio pluralistico ex art. 2 Cost.). Ma da qui non si può certo passare tout court ad affermare che i gruppi sociali devono potersi dare norme che prevalgano su quelle statali, o che i gruppi devono avere una sorta di riserva di competenza normativa in questo o in quel settore: esemplificando, è come se dalla considerazione che il diritto soggettivo è figura di teoria generale si volesse inferire che Tizio o Caio devono essere titolari di un determinato diritto soggettivo». 20 S. ORONZO, D. TUPONE, M. CASELGRANDI E M. DI MARCO, Manuale dello sport. Aspetti giuridici, fiscali e organizzativi, cit., p. 124 s. 21 Cfr. P. LOMBARDI E O. ONGARO, I soggetti della controversia sportiva, in M. COLUCCI (a cura di), Lo sport e il diritto. Profili istituzionali e regolamentazione giuridica, Napoli, 2004, p. 223: «Alla base di questo fenomeno riposa il cosiddetto “Ein Platz Prinzip”, generalmente vigente nel sistema degli ordinamenti sportivi internazionali. Questo principio implica che per ogni disciplina sportiva vi sia un unico organismo mondiale dotato di potere normativo. Lo stesso principio si applica a ritroso, ai successivi livelli continentale e nazionale». 18 Il CIO è un ente internazionale non governativo, senza scopo di lucro e di durata illimitata. Tale organismo detta norme, non di per sé vincolanti, atte a determinare il comportamento dei soggetti che fanno parte del movimento olimpico. Esso rappresenta la massima autorità del movimento olimpico e il suo principale obiettivo è quello di contribuire alla creazione di un mondo socialmente migliore attraverso l’educazione dei giovani alla pratica sportiva22. Le federazioni sportive internazionali sono quelle organizzazioni riconosciute dal CIO che hanno il compito di coordinare e monitorare l’attività internazionale, non olimpica, delle discipline sportive di competenza. Il loro compito è quello di garantire lo svolgimento delle manifestazioni e il rispetto delle regole tecniche di competenza di quella specifica disciplina. Come il CIO, anche le federazioni sportive internazionali sono organizzazioni non governative le quali presentano una struttura reticolare composta da altri enti federali23. Il CIO e le federazioni sportive internazionali rappresentano l’ordinamento sportivo internazionale e hanno il compito di curare il vincolo di comunanza e di solidarietà tra coloro che praticano l’attività sportiva nei vari Paesi. 22 Si veda, a tal proposito, M. SANINO E F. VERDE, Il diritto sportivo, 3ª ed., Padova, 2011, p. 88. Per M. TORTORA E G. GUARINO, I soggetti dell’ordinamento sportivo, in C. G. IZZO, A. MERONE E M. TORTORA (diretto da), Il diritto dello sport, Torino, 2007, p. 2: «Il CIO ha il compito di coordinare, condurre e servire il Movimento Olimpico nel perseguimento della sua missione di sviluppo dell’Olimpismo in tutto il mondo e di regolare la celebrazione dei Giochi Olimpici». Secondo l’autore, le specifiche funzioni correlate all’obiettivo di cui sopra sono quelle di contribuire allo sviluppo della società attraverso lo sviluppo dello sport stesso, di coordinare i Giochi Olimpici, di promuovere iniziative volte a reperire le risorse finanziarie. 23 Secondo M. SIGNORINI, Le organizzazioni sportive, in M. COLUCCI (a cura di), Lo sport e il diritto. Profili istituzionali e regolamentazione giuridica, Napoli, 2004, p. 3, le federazioni sportive internazionali hanno un ruolo fondamentale nel sistema sportivo, essendo tali enti gli unici rappresentanti a livello internazionale dei vari sport. Esse hanno poteri di controllo e gestione della pratica sportiva delle varie discipline nel mondo. Le decisioni assunte da tali federazioni devono essere recepite sia a livello continentale sia a livello nazionale. Questo significa che i vari ordinamenti sportivi nazionali, o meglio, le federazioni sportive che regolano le medesime discipline a livello nazionale, devono conformare i propri comportamenti e le proprie decisioni nel rispetto di quelle prese dalle federazioni sportive internazionali di riferimento. 19 In Italia, l’ente centrale di riferimento per lo sport è costituito dal «C.O.N.I.». Esso è stato fondato nel 1914 ed è stato istituito attraverso la l. n. 426 del 1942. Tale ente, come abbiamo visto, è un ente pubblico non economico che ha la funzione di disciplina, gestione e regolazione dello sport nel territorio nazionale. Il C.O.N.I. ha conservato le proprie caratteristiche anche in seguito all’emanazione del d.lg. n. 242 del 1999 che ha riformato l’intero ordinamento sportivo. La legge, in sostanza, sancisce per la prima volta la personalità giuridica del C.O.N.I., che viene dotato di ampia potestà statutaria e viene inserito nell’ordinamento sportivo internazionale24. Oltre che dal C.O.N.I., il sistema sportivo italiano è rappresentato dalle federazioni sportive nazionali. Tali federazioni sono, de iure condito25, associazioni senza fini di lucro con personalità giuridica di diritto privato e sono costituite dalle società e dalle associazioni sportive ad esse affiliate26. 24 M. SANINO E F. VERDE, Il diritto sportivo, cit., p. 12 s. Si vedano, a tal proposito, le seguenti pronunce giurisprudenziali: Cass., sez. un., 31 luglio 2012, n. 13619, in Foro amm. – C.d.S. (II), 2012, 9, p. 2229 s.; Cass., 3 agosto 2007, n. 17067, in Mass. Giust. Civ., 2007, p. 7 s.; Cass., sez. un., 20 giugno 2006, n. 14103, in Giust. Civ., 2007, 11, I, p. 2517 s.; Cass. pen., 19 aprile 2000, n. 8727, in Cass. pen., 2003, p. 530 s.; Cons. Stato, 5 marzo 2012, n. 1230, in Foro amm. – C.d.S. (II), 2012, 3, p. 672 s.; Cons. Stato, 10 settembre 2007, n. 4743, in Foro amm. – C.d.S. (II), 2007, 9, p. 2532 s.;; Cons. Stato, 3 dicembre 1998, n. 1662, in Giur.it, 1999, p. 1317 s.; Tar Lazio, Roma, 01 aprile 2010, n. 5414, in Foro amm-T.A.R. (II), 2010, 4, p. 1307; Corte conti, 17 novembre 2003, n. 396, in Riv. Corte conti, 2003, 6, p. 64 s. 26 La natura giuridica delle federazioni sportive è stata oggetto di discussioni e contrasti tra dottrina e giurisprudenza. Una parte della dottrina sostiene la natura «pubblicistica» di tali federazioni. In primo luogo, tale tesi si basa sulla considerazione che le federazioni sportive sono considerate dall’art. 5 del l. n. 426 del 1942 organi del Comitato Olimpico Nazionale e sottoposte a controlli dal C.O.N.I. Le federazioni, inoltre, perseguono i medesimi obiettivi del C.O.N.I. stesso e si avvalgono del suo personale per l’espletamento delle proprie attività. In secondo luogo, la tesi è confermata anche dal fatto che la l. n. 91 del 1981 riconosce alle federazioni sportive una potestà regolamentare sull’organizzazione degli eventi sportivi. Altra parte della dottrina, al contrario, sostiene la natura «privatistica» delle federazioni sportive in considerazione del fatto che tali federazioni si avvalgono del personale del C.O.N.I. solo per le attività relative agli uffici centrali; per le attività di natura tecnica stipulano contratti di diritto privato. Le federazioni sportive, infine, sono delle organizzazioni che preesistono rispetto alla nascita del C.O.N.I. e alcune di esse, come la Federcaccia, sono state trasformate in ente privato. 25 20 Le federazioni sportive nazionali hanno il compito di definire e regolamentare le discipline sportive che rappresentano, per promuovere lo sviluppo dell’agonismo programmatico e il miglioramento dei risultati sportivi conseguiti. Esse, in particolare: - devono curare l’addestramento e la preparazione degli atleti e dei tecnici nonché definire le politiche sportive nazionali e gli standard di idoneità per la partecipazione alle competizioni internazionali; - devono controllare l’idoneità degli impianti sportivi rispetto ai requisiti tecnici imposti, sia a livello nazionale che internazionale; - hanno la responsabilità dell’organizzazione, nel proprio paese, di competizioni internazionali, mondiali o continentali del rispettivo sport; - assicurano il collegamento delle attività delle organizzazioni sportive nazionali (associazioni, società) con quelle internazionali. Per raggiungere questi obiettivi, tali associazioni si vincolano al rispetto delle regole di gioco fissate a livello internazionale; la loro affiliazione alle federazioni sportive internazionali comporta il loro riconoscimento come uniche rappresentanti delle varie discipline sportive in Italia. Nell’ambito dello svolgimento della propria attività, le federazioni sportive si avvalgono di organizzazioni interne dette «leghe». Le leghe hanno il compito di organizzare l’attività agonistica delle proprie associate e predisporre il calendario delle relative manifestazioni. Vi sono poi gli «enti di promozione sportiva», riconosciuti ufficialmente a partire dal 1986, sorti con lo scopo di offrire ai giovani un’occasione di sviluppo della propria personalità, sia fisica, che morale e politica; «le società e le associazioni sportive», enti a base associativa che hanno ad oggetto lo svolgimento della pratica sportiva attraverso i propri associati o tesserati. 21 Il soggetto centrale, infine, su cui verte tutto il sistema sportivo è sicuramente «l’atleta27». Tale soggetto è colui che pratica l’attività sportiva nelle varie competizioni per misurarsi con altri atleti e raggiungere il miglior risultato possibile all’interno di una graduatoria di valori atletici28. Gli atleti sono individui, quindi persone fisiche, che operano all’interno di società e associazioni sportive riconosciute attraverso un vero e proprio atto formale di adesione29. Attraverso il tesseramento, il singolo atleta diviene membro di una società sportiva. L’atleta è inserito così in un sistema unitario che lo porta ad essere indirettamente parte anche di una federazione sportiva nazionale la quale, a sua volta, dipende dalla corrispondente federazione sportiva internazionale riconosciuta dal CIO. A fronte di questo quadro complessivo, in tema di giustizia sportiva, risulta non sempre agevole decifrare i rapporti tra i rappresentanti dello sport, sia nazionale che internazionale. 27 La figura dell’atleta è normativamente prevista dallo statuto del C.O.N.I. che all’art. 31 così si esprime: «Gli atleti sono inquadrati presso le società e associazioni sportive riconosciute, tranne i casi particolari in cui sia consentito il tesseramento individuale alle federazioni sportive nazionali…Gli atleti sono soggetti dell’ordinamento sportivo e devono esercitare con lealtà sportiva le loro attività, osservando i principi, le norme e le consuetudini sportive. Gli atleti devono praticare lo sport in conformità alle norme e agli indirizzi del CIO, del C.O.N.I. e della federazione nazionale di appartenenza; essi devono, altresì, rispettare le norme e gli indirizzi della competente federazione internazionale purché non in contrasto con le norme e gli indirizzi del CIO e del CONI». 28 Questa significativa definizione è confermata da L. COLANTUONI, Diritto sportivo, cit., p. 75: «Per atleta si intende colui il quale, nel praticare una certa specialità sportiva, ha quale finalità quella di misurarsi con altri praticanti in un contesto disciplinato (le gare) al fine di vincere tali competizioni e rientrare nell’interno di una graduatoria di valori atletici». 29 Lo status di atleta si acquisisce attraverso il suo tesseramento ad una società o associazione riconosciuta dal C.O.N.I. Con tale tesseramento, si perfeziona anche l’iscrizione dell’atleta direttamente nella federazione sportiva di riferimento. Il tesseramento avviene attraverso un procedimento disciplinato dalle varie federazioni e il soggetto diviene, in questo modo, titolare di diritti e obblighi nei confronti degli altri atleti con cui compete e più in generale nei confronti dell’ordinamento sportivo. 22 4. Il sistema sportivo italiano, come abbiamo visto è governato dal C.O.N.I. Tale ente è stato riformato, nel corso degli anni, per effetto di numerosi interventi legislativi30. Il processo di riordino del C.O.N.I., in particolare, si è consolidato, recentemente, attraverso il d.l. 8 luglio 2002, n. 138, convertito in l. 8 agosto 2002, n. 178, e il d.lg. 8 gennaio 2004, n. 15 (c.d. «Decreto Pescante»)31. Il primo intervento ha provveduto alla creazione della società C.O.N.I. Servizi S.p.A.32, una società privata nella quale sono confluite le risorse provenienti dall’ente pubblico e che ha sostituito il C.O.N.I. nella titolarità dei beni posseduti, nei rapporti con le banche e gli altri istituti di finanziamento e nella gestione dei rapporti attivi e passivi33. La nuova società è di proprietà del Ministero dell’Economia e gestisce tutte le attività economiche dell’ente olimpico. La creazione di una società privata che affiancasse il C.O.N.I. nello svolgimento delle sue funzioni, non è stata accolta con successo tra gli addetti ai lavori, sostanzialmente per due motivi. In primo luogo, la C.O.N.I. Servizi S.p.A. rischia di generare un effetto di svuotamento d’importanza dell’ente pubblico. A sostegno di tale tesi molti sostengono che la legge in questione non abbia ben definito le linee di demarcazione dei due istituti e soprattutto non abbia precisato quali siano i nuovi compiti dell’ente pubblico C.O.N.I. Spa. 30 Sulle vicende che hanno portato alla riforma del C.O.N.I. e in relazione ai diversi interventi legislativi che hanno riguardato tale ente si veda, in particolare, G.. NAPOLITANO, Il riassetto del Coni in S. CHERUBINI E C. FRANCHINI (a cura di), La riforma del Coni. Aspetti giuridici e gestionali, Milano, 2004, p. 11 s. 31 L. COLANTUONI, Diritto sportivo, cit., p. 31 s. 32 C. FRANCHINI, La natura giuridica della Coni Servizi S.P.A. in S. CHERUBINI E C. FRANCHINI (a cura di), La riforma del Coni. Aspetti giuridici e gestionali, Milano, 2004, p. 21 s. 33 Come osserva giustamente L. COLANTUONI, Diritto sportivo, Torino, cit., p. 42: «Per quanto concerne la natura giuridica si osserva che la l. n. 178 del 2002 stabilisce l’oggetto della società, il capitale, individua i soci, indica le modalità di designazione degli amministratori, stabilisce la sottoposizione al controllo della Corte dei Conti ed infine regola i rapporti con il C.O.N.I. ». 23 In secondo luogo, se le norme della l. n. 178 del 2002 di riordino del C.O.N.I., hanno ribadito la competenza dell’ente pubblico C.O.N.I. Spa nei rapporti con le federazioni sportive, non si capisce come questo possa avvenire se vengono trasferite alla società privata quasi tutte le funzioni dell’ente pubblico, compreso il personale e le risorse finanziarie. Il secondo intervento legislativo si è avuto nel 2004 e ha ridisegnato i confini, i compiti e la struttura dei principali organi di vertice dello sport italiano. Il «Decreto Pescante» ha provveduto ad adeguare il regime giuridico del C.O.N.I. e delle federazioni sportive nazionali a seguito dei problemi gestionali e organizzativi emersi dopo la riforma del 1999. La ratio legis del decreto è stata quella di eliminare tutte le disfunzioni all’interno del C.O.N.I. che si erano create con il «decreto Melandri» ovvero di realizzare un nuovo statuto per il C.O.N.I. che fosse in totale sintonia con le nuove norme in materia di doping stabilite a livello comunitario. Il nuovo dettato normativo, infine, ha riconosciuto il C.O.N.I. quale ente pubblico non economico che ha la funzione di disciplinare, regolare e gestire lo sport nel territorio nazionale34. La riforma, oltre a ribadire la natura di ente pubblico del C.O.N.I. ha riaffermato il ruolo centrale dell’ente nel sistema sportivo italiano e il rafforzamento dei poteri di controllo e vigilanza sulle organizzazioni sportive. All’ente viene restituito il potere di deliberare sul commissariamento delle federazioni sportive nazionali nonché quello di poter predisporre i criteri di esercizio e controllo delle stesse sulle società e sulle associazioni sportive. 34 Cfr. F. MITE, La riforma del CONI e delle Federazioni Sportive Nazionali. I nuovi Principi Fondamentali degli Statuti delle FSN e delle DSA, in G. DI GIANDOMENICO (a cura di), Le federazioni sportive nazionali tra sport e mercato, Napoli, 2006, p. 59 s. Come osserva l’autore, nel corso del 2004, lo sport ha conosciuto una completa revisione del C.O.N.I. e degli statuti delle federazioni sportive nazionali. 24 La novità più significativa del decreto in esame è stata quella di riaffermare che il C.O.N.I. torna ad essere la «Confederazione delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate»35. Tale orientamento contribuisce così a superare le incertezze che si erano create con il decreto Melandri, sui rapporti tra C.O.N.I. e federazioni sportive, norme che avevano sancito la natura privatistica delle federazioni sportive, non considerate più come organi interni del C.O.N.I. ma come associazioni esterne. Così la riforma del 2004 ribadisce il ruolo dominante di tale ente, rappresentato ora anche dalla nuova composizione degli organi centrali, sicuramente più rappresentativi di tutte le istituzioni e gli organismi sportivi nazionali. Il provvedimento, in definitiva, si propone, da un lato, come una conferma delle varie scelte effettuate con il «Decreto Melandri», dall’altro introduce essenziali elementi di novità rispetto al passato. Viene sancito, nella fattispecie, l’inquadramento del C.O.N.I. e delle federazioni sportive nazionali nell’ambito del sistema sportivo internazionale, il riconoscimento della natura privata delle federazioni sportive nazionali, la centralità del C.O.N.I. nell’ordinamento sportivo italiano36. 35 L’art. 2 d.lg. 23 luglio 1999, n. 242 così dispone: «Il CONI è la Confederazione delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline Sportive Associate e si conforma ai principi dell'ordinamento sportivo internazionale, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato olimpico internazionale, di seguito denominato CIO. L'ente cura l'organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, ed in particolare la preparazione degli atleti e l'approntamento dei mezzi idonei per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali o internazionali». 36 Cfr. M. SIGNORINI, Le organizzazioni sportive, cit., p. 7 s. Come sostiene l’autore, la centralità del C.O.N.I. è rafforzata anche dall’ampiezza dei poteri di vigilanza e controllo che tale ente ha nei confronti delle federazioni sportive. In tal senso, gli scopi e gli obiettivi principali delle federazioni sportive si riassumono nella promozione, nello sviluppo e nella gestione dello sport, in maniera autonoma ma comunque sotto la vigilanza del C.O.N.I. stesso. 25 5. Lo sport è inteso, da sempre, come esercizio di un’attività fisica. Tale attività può essere esercitata in modo assolutamente non agonistico ovvero come esercizio di una pratica sportiva finalizzata al raggiungimento del miglior risultato conseguibile nel confronto con altri soggetti che praticano la medesima attività. Nel primo caso, devono identificarsi come sport «non agonistico» tutte quelle pratiche che promuovono lo svolgimento di un’attività ludico-ricreativa per la promozione di un movimento sportivo non finalizzato al raggiungimento di un particolare risultato. Nel secondo caso, si parla di sport «agonistico» ovvero di «agonismo programmatico37». In tale contesto, può definirsi atleta solo colui che, non solo pratica un determinato esercizio fisico, ma intende misurarsi con gli altri per tentare di risultare vincitore. Il titolo di atleta si consegue attraverso il suo inserimento nell’ordinamento sportivo che permette, da un lato, il riconoscimento e l’imputazione allo stesso dei risultati sportivi conseguiti, dall’altro che i risultati conseguiti da ogni atleta siano valutati a beneficio della collettività alla quale egli appartiene. L’attività sportiva esercitata dagli atleti è regolamentata dall’art. 32 dello statuto del C.O.N.I. secondo cui gli atleti «devono praticare lo sport in conformità alle norme e agli indirizzi del CIO, del C.O.N.I. e della Federazione nazionale di appartenenza; essi devono altresì rispettare le norme e gli indirizzi della competente Federazione internazionale, purché non in contrasto con le norme e gli indirizzi del CIO e del C.O.N.I. ». L’attività sportiva degli atleti può essere svolta sia a livello dilettantistico che a livello professionistico. In realtà, nel nostro ordinamento non si fa nessun 37 Cfr. G. GUARINO, L’attività sportiva, in C. G. IZZO, A. MERONE E M. TORTORA (diretto da), Il diritto dello sport, Torino, 2007, p. 95. 26 riferimento allo sport dilettantistico, né vi è una definizione di «atleta dilettante»38. Al contrario, la legge definisce il «professionismo sportivo» ovvero l’attribuzione ad un atleta dello status di «sportivo professionista», sulla base di particolari requisiti soggettivi e oggettivi posseduti e dal riconoscimento dello status di professionista ad opera delle Federazioni nazionali ovvero dal carattere dell’onerosità39 della prestazione sportiva resa. La l. 23 marzo 1981, n. 91 definisce all’art. 2 sportivi professionisti «gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità, nell’ambito delle discipline regolamentate dal C.O.N.I. e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni Sportive Nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal C.O.N.I. per la distinzione della attività dilettantistica da quella professionistica»40. 38 Secondo E. INDRACCOLO, Rapporti e tutele nel dilettantismo sportivo, Napoli, 2008, p.10, dilettante «è colui il quale svolge l’attività sportiva per il solo piacere di farlo e in modo imperfetto. Secondo un’analisi meramente teorica e idealista, l’individuazione del concetto di dilettantismo non incontrerebbe particolari difficoltà. Secondo Pierre De Coubertin il dilettantismo sarebbe addirittura uno stato d’animo, un sentimento…». Per l’ordinamento giuridico generale, tuttavia, la qualifica di «dilettante» è attribuita ad un atleta dalle singole federazioni sportive che determinano quali siano le categorie «dilettantistiche» da quelle «professionistiche». 39 Secondo A. CASOTTI, Sport dilettantistico e professionista, in Dir. prat. lav., 2006, p. 2433: «Non è il livello o l’abitualità della prestazione, né l’importo dei compensi che delinea la differenza fra i due settori, anche se è indubbio che nel settore dilettantistico prevalgono il volontariato e le attività a carattere sociale o culturale. Concorrono, alla definizione, un insieme di fattori, oggettivi e soggettivi, fermo restando che non esiste, nel sistema giuridico nazionale un elenco di attività sportive dilettantistiche». 40 La legge n. 91 del 1981 ha il pregio di introdurre, da un punto di vista normativo, il c.d. «professionismo sportivo». La legge ha significato in quanto ha delineato, pur non esprimendolo espressamente, la distinzione tra professionismo e dilettantismo sportivo. Tale distinzione non era, tuttavia, sconosciuta dagli operatori del diritto. Sino agli anni Ottanta, la dottrina prevalente distingueva tra dilettantismo e professionismo in relazione dei differenti fini perseguiti e del diverso volume di attività esercitata. Era considerato «dilettante» colui che esercitava lo sport perseguendo fini altruistici, ricreativi e non lucrativi; «professionista», al contrario, era colui che guardava allo sport come una possibile fonte di reddito ed esercizio di un’attività remunerativa. Una puntuale disamina della legge è contenuta in G. NICOLELLA, La legge 23 marzo 1981, n. 91 27 Il «professionismo sportivo» è una nozione aperta. Essa può essere applicata non solo alle discipline sportive che già sono state riconosciute come operanti secondo il sistema normativo dello sport professionista (come il calcio, il ciclismo, la pallacanestro, il golf, il motociclismo, etc.), ma anche a quelle discipline che in futuro potrebbero operare in questo ambito, in armonia con gli ordinamenti delle federazioni internazionali. La dottrina più autorevole ha sostenuto, inoltre, che lo sportivo professionista non sia necessariamente colui che esercita l’attività sportiva a titolo oneroso e in modo continuativo. Un’attività sportiva può essere esercitata allo stesso modo dall’atleta dilettante. L’elemento distintivo che qualifica l’atleta professionista da quello dilettante riguarda il fatto che l’atleta professionista pratica lo sport come professione e svolge tale attività in maniera prevalente rispetto ad altre attività esercitate. Nella realtà, la distinzione tra professionisti e dilettanti e rimessa alle singole federazioni sportive nazionali. In ossequio di quanto disposto dall’art. 5 del d.P.R. 28 marzo 1986, n. 157, è il consiglio nazionale del Comitato olimpico che fissa i criteri per la suddetta distinzione. La l. n. 91 del 1981 ha avuto il merito di aver identificato lo sport professionistico e l’attività sportiva professionistica basata su prestazioni sportive a titolo oneroso41. sul professionismo sportivo, in www.altalex.com. Approfondimenti anche in L. M. DENTICI, Il lavoro sportivo tra professionismo e dilettantismo: profili di diritto interno e comunitario, in Europa dir. dir. priv., 2009, p. 1059 s.; G. VIDIRI, Il lavoro sportivo tra codice civile e norma speciale, in Riv. it. dir. lav., 2002, p. 39 s. 41 Come giustamente osserva G. GUARINO, L’attività sportiva, cit., p. 94, i recenti orientamenti in materia di diritto sportivo tendono a focalizzare l’attenzione sulla prestazione sportiva resa a titolo oneroso cioè verso corrispettivo. In tal modo, si cerca di far rientrare lo sport in un ambito «panlavoristico» finendo col ricondurre l’attività sportiva dentro i concetti giuslavoristici, come fosse una peculiarità tipica del settore. In particolare, l’autore sottolinea che «l’attività sportiva svolta come lavoro, pur se indubbiamente terreno fertile per lo studio del diritto sportivo nella misura in cui buona parte della produzione normativa del legislatore si è diretta in quella direzione 28 La soluzione legislativa permette di considerare l’attività dell’atleta professionista come una prestazione di lavoro di natura subordinata. Tuttavia, la stessa l. n. 91 del 1981 riconosce che tale prestazione, in presenza di determinate condizioni, può essere oggetto di un contratto di lavoro autonomo42. La norma prevista dall’art. 3 della l. n. 91 del 1981 si applica esclusivamente nei confronti degli atleti professionisti: per gli altri sportivi professionisti, così come previsto dall’art. 2 della suddetta legge, il principio di subordinazione non si applica automaticamente ma l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, seppur ipotesi molto ricorrente, dovrà essere accertata di volta in volta dal legislatore. Il rapporto di prestazione sportiva dell’atleta professionista si costituisce mediante assunzione diretta; tale rapporto si perfeziona con la stipula di un contratto in forma scritta tra società sportiva e atleta secondo il contratto-tipo predisposto e regolamentato ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate. L’art. 4 della l. n. 91 del 1981 sancisce che il contratto deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità43. In mancanza dell’atto scritto, il contratto stipulato tra lo sportivo e la società destinataria è da considerarsi nullo44. e, ovviamente, perché in quella direzione anche la Giurisprudenza ha avuto più occasioni di approfondimento e riflessione, rappresenta solo minima parte della galassia del fenomeno sportivo». 42 L’art. 3 sottolinea: «Essa costituisce, tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti: a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento; c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno». 43 In dottrina si ritiene che il requisito della forma scritta debba valere non solo per i rapporti tra sportivo professionista e società di appartenenza ma anche per i rapporti tra federazioni sportive nazionali e sportivi professionisti. 29 L’onere della forma scritta ad sustantiam non è previsto per la stipula di un ordinario contratto di lavoro per il quale è prevista la libertà di forma45. La ragione di tale imposizione consente, da un lato di permettere una maggiore tutela dello sportivo-lavoratore; dall’altro di agevolare il controllo delle singole federazioni sportive sull’operato delle società e una maggiore celerità nella risoluzione di possibili controversie46. L’art. 4 della l. n. 91 del 1981, infine, nel disciplinare il lavoro subordinato del professionista sportivo, prevede un iter procedurale che si articola in tre diversi momenti: il ricorso alla forma scritta, la redazione del contratto sulle indicazioni del contratto-tipo previsto dalle federazioni sportive nazionali, il deposito del contratto presso la federazione sportiva di riferimento per consentire il controllo dello stesso47. 44 Come osserva giustamente G. VIDIRI, Contratto di lavoro dello sportivo professionista, patti aggiunti e forma ad sustantiam, in Giust. Civ., 1999, p. 1613 s. «E’ invece tuttora discusso in dottrina se devono considerarsi nulle e, quindi, prive di qualsiasi efficacia, le pattuizioni – comprese quelle iniziali di costituzione del rapporto – relative al trattamento economico e normativo dell’atleta che, pur nel rispetto della forma scritta, non siano stipulate secondo le regole prescritte dall’art. 4 della l. 91 del 1981 e dalle stesse norme federali». Un primo orientamento sembra sostenere che l’inciso «a pena di nullità» inserito dopo la previsione della forma scritta ad sustantiam configuri la volontà del legislatore di considerare nulli solamente quei contratti che non rispettino la forma scritta, anche se non rispettino i requisiti imposti dal contratto-tipo collettivo. Un secondo orientamento, invece, sostiene l’obbligo di deposito in federazione del contratto individuale conforme al contratto-tipo come un requisito di efficacia dell’atto che sarà approvato attraverso un’articolata verifica sia dei requisiti formali che contenutistici. 45 Come ricorda P. PERLINGIERI, Forma dei negozi e formalismo degli interpeti, Napoli, 1994, p. 90 s., per la costituzione di un rapporto di lavoro in genere si può dire prevalente la libertà di forma; nei rapporti di lavoro di sportivi professionisti la regola è la forma scritta e questa è suscettibile di applicazione anche laddove la natura di sportivo professionista non sia così netta. 46 Il controllo delle federazioni sportive è limitato alla sola regolarità formale del contratto ed alla sua corrispondenza al modello concordato con i rappresentanti delle parti contraenti. Tale orientamento è confermato dalla stessa giurisprudenza, Cass., sez. lav., 12 ottobre 1999, n. 11462, in Riv. dir. sport, 1999, p. 530 s. Si veda in particolare L. CARBONE, Profili generali della tutela previdenziale degli sportivi, in www.altervista.org. 47 Tali requisiti sono contenuti anche negli accordi collettivi stipulati dalle federazioni e dai rappresentanti delle diverse discipline sportive. Nel calcio, ad esempio, l’accordo collettivo del 5 settembre 2011 tra federazione italiana gioco calcio, lega nazionale professionisti e associazione italiana calciatori prevede all’art. 2 che il contratto redatto tra società e calciatore professionista debba essere redatto in conformità dell’apposito modulo previsto dal contratto-tipo e l’obbligo di 30 Il contratto può essere stipulato sia a tempo indeterminato che a termine e contiene il complesso delle disposizioni che regolano la posizione dell’atleta nei confronti della società di appartenenza. deposito presso la lega competente entro dieci giorni dalla sottoscrizione. Analoga previsione è contenuta nell’accordo collettivo che riguarda i professionisti della pallacanestro il quale prevede la nullità del contratto non concluso rispettando il requisito della forma scritta. Ulteriori chiarimenti in G. FACCI, Ordinamento sportivo e regole d’invalidità del contratto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, p. 237 s. 31 32 CAPITOLO II LA GIUSTIZIA SPORTIVA Sommario: 6. Gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in tema di giustizia sportiva prima del 2003. - 7. Il vincolo di giustizia. - 8. Le controversie sportive. - 9. La legge 17 ottobre 2003, n. 280: aspetti formali e contenutistici. - 10. La pregiudiziale sportiva e l’onere di agire dinanzi alla giurisdizione statale. - 11. Profili di costituzionalità della legge n. 280 del 2003 e l’art. 24 della Costituzione. - 12. La giurisdizione esclusiva del Tar Lazio e gli orientamenti della Corte Costituzionale dopo il 2003. L’art. 111 Cost. e l’applicabilità del principio del «giusto processo» ai procedimenti di giustizia sportiva. - 13. Il sistema di giustizia all’interno delle federazioni sportive e la riforma del 2014. 6. Lo sport ha istituito al proprio interno un sistema di giustizia che si propone di risolvere tutte le controversie sorte tra i soggetti che fanno parte del diritto sportivo. La previsione di un sistema autoreferenziale di giustizia sportiva, unitamente a quello di affidare la risoluzione delle controversie ad organi specifici, risponde ad una duplice scopo: da un lato, la necessità di garantire alla comunità sportiva la propria indipendenza ed autonomia rispetto all’ordinamento statale; dall’altro, l’esigenza di ottenere pronunce giurisprudenziali in tempi rapidi per permettere il regolare svolgimento delle competizioni sportive. Il problema principale, affrontato da dottrina e giurisprudenza, è stato quello di definire i difficili rapporti tra giustizia sportiva e giustizia statale. Tale esigenza 33 nasceva dalla difficoltà di individuare gli esatti confini della sindacabilità dei provvedimenti federali da parte della giurisdizione statale48. In sostanza, più lo sport rivendicava a sé il diritto a risolvere le controversie tra i suoi associati, tanto più l’ordinamento statale non poteva tollerare che si creasse un’area del diritto sportivo che fosse sottratta alla propria giurisdizione49. Il sistema sportivo, rifacendosi ad una concezione sovranazionale dello sport, ha contrastato, in ogni settore, qualsiasi ingerenza da parte dell’ordinamento generale. Lo Stato, al contrario, ha affermato in diverse occasioni, la propria egemonia con riferimento alla tutela di situazioni giuridiche soggettive tutelate dall’ordinamento50. Il dibattito sulla pretesa autonomia del diritto sportivo è, spesso, coinciso con quello della difficile ricostruzione, in funzione pubblicistica o privatistica, delle funzioni esercitate dai soggetti dello sport ovvero della non sempre univoca qualificazione giuridica di tali soggetti51. Gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti, pur con qualche flebile divergenza, erano concordi su tre punti. Da un primo punto di vista, una parte dei provvedimenti e degli atti delle federazioni sportive erano considerati atti amministrativi. Anche se le federazioni 48 Sul tema si consulti F. GOISIS, La giustizia sportiva tra funzione amministrativa e arbitrato, Milano, 2007, p. 1 s. 49 C. G. IZZO, La giustizia sportiva, in C. G. IZZO, A. MERONE E M. TORTORA (diretto da), Il diritto dello sport, Torino, 2007, p. 264. 50 Così F. LUBRANO, Decisioni dei giudici sportivi e diritto amministrato, in C. FRANCHINI (a cura di), Gli effetti delle decisioni dei giudici sportivi, Torino, 2004, p. 39. 51 Parte della dottrina sembra propendere per la tesi pubblicistica. Per F. GOISIS, La giustizia sportiva tra funzione amministrativa e arbitrato, cit., p. 2: «In effetti, nel caso dello sport, la difficoltà a distinguere tra momenti associativi-privatistici e, rispettivamente, pubblicistici, ha sempre caratterizzato la riflessione giuridica e l’esperienza giurisprudenziale. L’individuazione di non pochi momenti di esplicita attribuzione di poteri da parte del legislatore, l’analisi dei compiti delle autorità sportive, e, infine, la loro già ricordata posizione di esclusive custodi di beni della vita insostituibili porterà a preferire qualificazioni tendenzialmente pubblicistiche». 34 sportive erano ritenute dei veri e propri enti di diritto privato, esse erano viste come organi del C.O.N.I. che partecipano della sua natura pubblica52. Sulla base di questa tendenza, sembrava improbabile ritenere che gli atti delle federazioni sportive potessero essere considerati dei veri e propri atti privatistici. Le federazioni sportive, sulla base di queste considerazioni, non sembravano configurarsi come mere associazioni di diritto privato ma, per certi versi, come enti pubblici. Da un secondo punto di vista, gli atti federali che riguardavano controversie di natura economica erano considerati con qualificazioni privatistiche. Questo portava ad un riconoscimento vincolante delle decisioni dei giudici sportivi e, quindi, della riserva di giurisdizione della giustizia sportiva. Da un terzo punto di vista, trovavano tendenziale riconoscimento esclusivo per la giurisdizione sportiva gli atti e i provvedimenti che riguardavano la risoluzione di controversie tecniche o «strettamente» sportive che, come aveva precisato la stessa Cassazione53, potevano essere considerate come un «irrilevante giuridico»54. Il problema dei rapporti tra diritto sportivo e ordinamento statale si giocava, in quegli anni, nell’esatta individuazione della sfera delle questioni irrilevanti per l’ordinamento giuridico generale, da riservare interamente alla competenza della giustizia sportiva. I sostenitori dell’autonomia dello sport dichiaravano la «irrilevanza giuridica» di qualsiasi controversia di natura sportiva; i sostenitori della supremazia 52 A tal proposito, l’art. 5 della l. n. 426 del 1942 così si esprime: «Sono organi del Comitato Olimpico Nazionale Italiano: la Federazione italiana atletica leggera; la Federazione italiana sport invernali; la Federazione italiana atletica pesante; la Federazione italiana nuoto; la Reale Federazione italiana canottaggio; la Federazione italiana scherma». 53 Cass., sez. un., 26 ottobre 1989, n. 4399, in Foro it., 1990. I, p. 899 s. 54 Cfr. F. GOISIS, La giustizia sportiva tra funzione amministrativa e arbitrato, cit., p. 16. 35 dell’ordinamento statale ritenevano rilevanti, per la giurisdizione ordinaria, tutte le controversie insorte nel sistema sportivo ad eccezione di quelle tecniche55. La stessa giurisprudenza, in più occasioni, dichiarava una possibile rilevanza giuridica, per l’ordinamento generale dello Stato, delle questioni disciplinari, economiche ed amministrative. 7. Come accennato, lo sport è dotato di un sistema di giustizia autonomo, vincolato all’osservanza dei principi emanati sia dalle istituzioni nazionali che internazionali. L’intento programmatico, perseguito dal diritto sportivo, di escludere qualsiasi ingerenza dello Stato nella regolamentazione dell’attività sportiva, si riflette non solo nei suoi massimi enti di riferimento ma soprattutto nelle federazioni sportive che hanno introdotto nei propri statuti e nei propri regolamenti una disposizione particolare e specifica, il c.d. «vincolo di giustizia», in virtù del quale «gli affiliati (società e tesserati) si impegnano ad adire per la risoluzione di qualsiasi «controversia sportiva56» soltanto gli organi federali all’uovo predisposti, con esclusione dell’autorità giudiziaria statale, salvo specifica autorizzazione ed a pena di espulsione dalla comunità sportiva»57. 55 Cfr. L. CIMELLARO, Controversie in materia disciplinare tra giustizia sportiva e giurisdizione statale, in Danno resp., 2009, p. 613. 56 P. MORO, Giustizia sportiva e diritti processuali, in P. MORO (a cura di), La giustizia sportiva: analisi critica della legge 17 ottobre 2003 n. 280, Forlì, Trento, 2004, p. 6, sostiene che la controversia giuridica nello sport presenta alcuni elementi specifici. Innanzitutto, essa si presenta come un inevitabile esito provocato dalla competizione sportiva, deriva cioè dai risultati conseguiti dagli atleti nelle varie discipline. La controversia sportiva, inoltre, deve essere risolta in tempi brevi; ogni decisione deve essere emanata con urgenza tale da non impedire la regolare prosecuzione della manifestazione e non avere una durata eccessiva per permettere di rispettare i ciclici periodi di svolgimento delle attività agonistiche. 57 Cfr. M. SFERRAZZA, Il vincolo di giustizia sportiva: natura ed effetti alla luce dell’attuale quadro normativo, in Riv. dir. econ. sport., 2009, p. 41. 36 Secondo tale definizione, sarebbe preclusa, ai soggetti dello sport, la facoltà di adire gli organi della giustizia statale per la tutela dei propri interessi derivanti dallo svolgimento dell’attività sportiva58 ovvero l’impossibilità, per i tesserati e gli affiliati, di adire gli organi della giustizia statale per la risoluzione di qualsiasi controversia sorta in ambito sportivo. Tale vincolo si compone di una serie di imposizioni che possono riassumersi nell’obbligo di devolvere la risoluzione di tutte le controversie insorte dinanzi agli organi della giustizia sportiva ovvero la possibilità di ricorrere alla giustizia statale se consentito da specifica autorizzazione59. Come da molti sostenuto, la presenza del vincolo di giustizia all’interno del diritto sportivo si giustifica, da un lato con la necessità di garantire allo sport una propria autonomia e un proprio sostentamento; dall’altro con l’esigenza di affidare ad organi interni specifici la risoluzione di alcune particolari controversie, garantendo celerità e tempestività nelle decisioni60. Il vincolo di giustizia ha natura negoziale e rappresenta uno strumento ontologicamente finalizzato a garantire l’autonomia del sistema sportivo da quello statale; un’ autonomia che si rende necessaria per assicurare la competenza tecnica dei giudici sportivi. Tale orientamento sembra confermare la natura 58 L. COLANTUONI, Diritto sportivo, cit., p. 517. Gli obblighi, per M. SANNINO E F. VERDE, Il diritto sportivo, cit., p. 521, sono due: «Innanzitutto, nel nostro sistema sportivo è dato riscontrare l’obbligo dell’accettazione e del rispetto delle norme e dei provvedimenti federali…Decisamente più rilevante è il secondo obbligo che viene imposto agli affiliati e ai tesserati dalle organizzazioni sportive. Questo consiste nell’impegno di adire, per le controversie insorte tra gli affiliati e i tesserati, esclusivamente gli organi federali». 60 Come giustamente osserva P. D’ONOFRIO, Lo sport e la sua giustiziabilità, in C. BOTTARI (a cura di), Attività motorie e attività sportive: problematiche giuridiche, Padova, 2002, p. 217: «Tale sistema di giustizia sportiva è da considerarsi come elemento essenziale dell’ordinamento sportivo ed assolutamente funzionale allo stesso, posto che la possibilità di affidare le decisioni ad organi interni, autonomi cioè rispetto ad interventi dei giudici statali, consente di addivenire alla conclusione di contenziosi in tempi rapidi, talvolta indispensabili e soprattutto con la certezza che le decisioni assunte abbiano trovato ragionevole motivazione in considerazioni svolte da autorità interne e dunque vicine agli ambienti sportivi». 59 37 privatistica della giustizia sportiva e quindi dell’origine contrattuale del vincolo di giustizia61. La rinuncia preventiva alla tutela giurisdizionale dello Stato si fonda, infatti, sul consenso prestato dai soggetti dello sport, i quali, aderendo in piena autonomia e consapevolezza agli statuti federali, accettano anche la soggezione di aderire alla giustizia sportiva. Tale rinuncia, tuttavia, è stata sempre ritenuta valida, in dottrina e giurisprudenza, solo se non avesse ad oggetto diritti indisponibili o interessi legittimi, insuscettibili di trovare una rinuncia preventiva al proprio diritto di difesa62. Il vincolo di giustizia, costituisce, in definitiva, una vera e propria barriera tra diritto sportivo e ordinamento statale fatta eccezione per alcune tipologie di controversie che non possono essere sottratte alla cognizione della giurisdizione statale. In particolare, tale vincolo è sempre stato ammesso per risolvere quelle controversie di natura tecnica o disciplinare; al contrario, si è sempre negata la sua applicazione con riferimento agli interessi indisponibili e agli interessi legittimi. Nella sostanza, in presenza di una questione che esaurisce integralmente la propria efficacia all’interno del sistema sportivo, è lecito escludere l’intervento del giudice statale. Viceversa, sembra ritenersi possibile, quasi auspicabile, 61 Si veda sul tema L. COLANTUONI, Diritto sportivo, cit., p. 517 s. Sull’argomento così si esprime F. GOISIS, La natura del vincolo di giustizia sportiva nella più recente giurisprudenza della corte di cassazione: alcune considerazioni critiche, in Dir. proc. amm., 2007, p. 261: “La rinuncia preventiva alla tutela giurisdizionale statuale…si fonda dunque sul consenso delle parti, le quali aderendo in piena autonomia e consapevolezza agli statuti federali, accettano anche la soggezione agli organi interni. Del resto, a favore della validità della rinuncia alla giurisdizione statuale militerebbero altresì alcuni principi costituzionali, in tesi posti a garanzia delle pretese di autodichia delle private associazioni, il fondamento dell’autonomia dell’ordinamento sportivo sarebbe da rinvenire nella norma costituzionale di cui all’art. 18 Cost., concernente la tutela della libertà associativa, nonché nell’art. 2 Cost., relativo al riconoscimento dei diritti inviolabili delle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del singolo». L’autore sostiene che la volontà espressa dai giudici di legittimità è quella di affermare che il vincolo di giustizia sarebbe ormai in grado di operare anche in relazione ai diritti indisponibili; in questo caso tale vincolo non escluderebbe il ricorso alla giurisdizione statale ma opererebbe come un filtro rispetto all’immediato ricorso ai giudici statali. 62 38 l’intervento dello Stato ogni qual volta vi sia da tutelare una situazione sostanziale protetta dall’ordinamento giuridico63. Non si può fare a meno di osservare, tuttavia, che, se in linea teorica la funzione del vincolo di giustizia è quella di creare una linea di confine tra ordinamento giuridico e diritto sportivo, in pratica si assiste ad una frequente intromissione dello Stato nella risoluzione delle controversie sportive. Questo atteggiamento ha portato ad una progressiva reazione degli organi della giustizia sportiva e a sostenere che le pronunce adottate dalla massima autorità giurisdizionale dello Stato non possono spiegare alcuna efficacia automatica nei confronti degli organi della giustizia sportiva64. Tuttavia, se il vincolo di giustizia sportiva appare come uno strumento funzionale e necessario al sistema sportivo, esso deve fare i conti con le problematiche relative alla natura degli atti emessi dai principali enti che interagiscono nello sport. La normativa federale profusa dalle federazioni sportive, laddove sia letta, come abbiamo visto in precedenza, in chiave pubblicistica, verrebbe a qualificarsi come normativa emanata da un ente pubblico. Per questo motivo non sembrerebbe ammissibile escludere o limitare l’intervento giurisdizionale dello Stato; viceversa, le previsioni stabilite dagli statuti federali, in tema di giustizia sportiva, non potrebbero essere rispettate65. Il vincolo di giustizia deve, infatti, rapportarsi con le prescrizioni previste dalla stessa Costituzione66. 63 L. COLANTUONI, Diritto sportivo, cit., p. 517 s. Trib. naz. d’appello 12 luglio 1996, n. 51 in Riv. dir. sport., 1998, 223. 65 M. SFERRAZZA, Il vincolo di giustizia sportiva: natura ed effetti alla luce dell’attuale quadro normativo, cit., p. 43. 66 P. AMATO, Il vincolo di giustizia sportiva e la rilevanza delle sanzioni disciplinari per l’ordinamento statuale. Brevi riflessioni alla luce delle recenti pronunce del TAR Lazio, in Riv. Dir. Econ. sport., 2006, p. 47, sostiene che tale vincolo è contrario innanzitutto all’art. 24 Cost. che garantisce ogni soggetto ad agire in giudizio per la difesa dei propri diritti ed interessi 64 39 In tal senso, lo Stato deve garantire la tutela giurisdizionale di tutti i cittadini e la rimozione dei limiti che comportano una riduzione del diritto di difesa e la tutela dei diritti indisponibili67. 8. In tema di giustizia sportiva, si possono rinvenire quattro diverse aree di alle diverse possibili controversie68 esercizio della stessa, in relazione riconosciute dagli statuti federali. Sulla base dell’oggetto e della natura delle controversie, possiamo distinguere tra controversie di natura tecnica, disciplinare, economica e amministrativa69. Le controversie di natura tecnica sono quelle che riguardano l’organizzazione e la regolarità delle competizioni sportive. La violazione delle regole tecniche, che garantiscono il corretto svolgimento delle competizioni sportive, possono essere quelle che hanno ad oggetto «le gare, le competizioni, i punteggi e più legittimi. Inoltre, tale vincolo è contrario al principio della gerarchia delle fonti per cui gli atti normativi e i provvedimenti emanati da un ordinamento devono prevalere sugli atti emanati da un ordinamento settoriale. 67 Così, sul punto, M. SFERRAZZA, Il vincolo di giustizia sportiva: natura ed effetti alla luce dell’attuale quadro normativo, cit., p. 47: «Da un lato, dunque, l’esigenza dell’ordinamento sportivo, il cui funzionamento, laddove affidato alla giurisdizione dello Stato, priva della necessaria competenza tecnica e caratterizzata da tempi di definizione delle controversie non certo in linea con il rapido progredire dei campionati, resterebbe sostanzialmente paralizzato; dall’altro, la previsione costituzionale del monopolio della giurisdizione statale, con conseguente lesione del principio della supremazia dello Stato nel caso di una sua deroga, e quella che garantisce il diritto di tutti ad agire in giudizi per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi». 68 La controversia può essere definita come un’opposizione di reciproche contestazioni soggettive. Secondo P. MORO, All’origine della controversia sportiva. Il fondamento agonistico del diritto dello sport, in M. COLUCCI (a cura di), Lo sport e il diritto. Profili istituzionali e regolamentazione giuridica, Napoli, 2004, p. 201 s., la controversia sportiva presenta due aspetti costitutivi. Da un lato, un’accentuata conflittualità, che è provocata dal naturale spirito di competizione, con la conseguente difficoltà a raggiungere una posizione mediatrice tra le parti coinvolte; dall’altro, l’impellente urgenza delle decisioni che caratterizza sempre l’esito tecnico delle varie fasi di una gara. 69 Per maggiori approfondimenti sulle controversie sportive si veda C. G. IZZO, La giustizia sportiva, cit., p. 268 s. 40 specificamente, l’accertamento della conformità delle condotte sportive alle norme tecniche regolamentari, organizzative o statutarie»70. Solitamente, il rispetto dei regolamenti viene garantito durante lo svolgimento della competizione stessa; al contrario, un atleta che lamenti un difetto di regolarità altrui nello svolgimento di una competizione, può presentare ricorso al giudice federale la cui decisione può essere impugnata e portata dinanzi ad un organo di giustizia di secondo grado, di solito individuato dagli statuti dalle stesse federazioni sportive. Le decisioni prese riguardano lo svolgimento della competizione sportiva pertanto non sono considerate come veri e propri atti amministrativi. Le controversie di natura disciplinare sono quelle che riguardano la violazione, da parte dei soggetti associati, delle norme contenute nello statuto e nei regolamenti federali e sono dirette ad accertare l’eventuale commissione di illeciti. Nei regolamenti federali sono individuate diverse fattispecie di illeciti disciplinari. Innanzitutto, vi è la «frode sportiva», considerato senza dubbio il reato più grave, in quanto lesivo della regolarità delle competizioni sportive e la genuinità dei loro risultati. Altri illeciti riguardano, ad esempio, i casi di doppio tesseramento, la violazione della clausola compromissoria, la violazione del principio di lealtà e correttezza. Molto spesso si tratta di illeciti «a consumazione anticipata71» per cui non vi è bisogno di dimostrare l’effettiva incidenza del comportamento fraudolento sul risultato finale della manifestazione. 70 Così M. GRANIERI, Le forme della giustizia sportiva, in C. VACCA’ (a cura di), Giustizia sportiva e arbitrato, Milano, 2006, p. 82. 71 Riguarda cioè quegli illeciti in cui la soglia di punibilità per l’illecito consumato viene anticipata rispetto alla data di svolgimento dell’evento. Viene in sostanza punito un illecito che mina il regolare svolgimento della competizione ma è stato commesso prima che tale manifestazione abbia avuto luogo. 41 Per contrastare questi reati, è possibile intervenire con una serie di comportamenti che hanno una funzione assimilabile a quella delle sanzioni penali dell’ordinamento statale. In ogni federazione, infatti, è previsto uno specifico meccanismo procedimentale di giustizia, comunemente definito «procedimento disciplinare». Le controversie di natura economica riguardano le questioni di carattere patrimoniale che possono insorgere tra associati e società sportive. Tali controversie si distinguono dalle altre per il fatto che in queste le parti in causa sono entrambe portatrici di interessi personali di pari grado e natura. In questi casi, la federazione sportiva interessata rimane un soggetto terzo, non assume il ruolo di parte in causa nella controversia ma si preoccupa di garantire l’equo e corretto funzionamento del procedimento di risoluzione della controversia stessa. Le controversie in oggetto sono spesso demandate a specifici organi quali, ad esempio, i Collegi Arbitrali. Le controversie di natura amministrativa, infine, sono quelle che riguardano espressamente i provvedimenti amministrativi del C.O.N.I. e delle federazioni sportive nell’esercizio di un pubblico potere. Il termine «amministrativo» qui utilizzato non deve indurre a ritenere che in tale ambito si possano giudicare situazioni di interessi legittimi, di norma di competenza del giudice amministrativo statale. In questa categoria rientrano quelle situazioni in cui è riconosciuto un rimedio impugnatorio interno avverso le deliberazioni dell’organo amministrativo federale di riferimento. Gli atti sono impugnabili solo nelle ipotesi in cui abbiano un contenuto tecnico sportivo; tuttavia, nella prassi, sono sottoposti, con sempre maggior frequenza al vaglio della giurisdizione statale. 42 Nel corso del tempo, in dottrina, si è diffusa un’ulteriore classificazione delle controversie sportive basata sull’appartenenza o meno dei soggetti coinvolti al sistema sportivo. Tale orientamento suole distinguere tra controversie in cui: - nessuna delle parti in causa è istituzione sportiva o singolo affiliato o tesserato; - quando una sola delle parti è affiliata ad un’istituzione sportiva; - quando una sola delle parti è un’istituzione sportiva; - quando tutte le parti sono istituzioni o affiliati72. 9. L’esigenza, sempre più avvertita, di disciplinare in maniera più trasparente i confini del rapporto tra diritto sportivo e ordinamento statale ha trovato ampio consenso nel 2003, soprattutto per effetto della riforma avvenuta con la l. 17 ottobre 2003, n. 28073. La legge ha permesso di realizzare, da un lato, una codificazione dei principi generali stabiliti da dottrina e giurisprudenza, in tema di rapporti tra sport e diritto, dall’altro, una ricostruzione del sistema di giustizia sportiva in base al diritto positivo. 72 Cfr. M. GRANIERI, Le forme della giustizia sportiva, cit., p. 81. Per l’autore «le prime tre ipotesi non determinano mai una controversia sportiva in senso proprio, poiché lo status non è comune a tutte le parti. Nell’ipotesi sub (2) rientrano, oltre a tutte le ipotesi di responsabilità penale, anche i casi di doping perché in essi l’imputato è necessariamente un soggetto che appartiene istituzionalmente ad una federazione. Nell’ipotesi sub (3) rientrano controversie di vario tipo, che vedono coinvolte le istituzioni sportive al di fuori del proprio ambito di competenza; vi rientrano tipicamente i casi in cui una federazione è accusata di aver violato le norme in materia di concorrenza». 73 Il governo è intervenuto nell’estate del 2003 emanando il d.l. 19 agosto 2003, n. 220, c.d. decreto «stoppa-TAR», con il quale ha bloccato l’esecutività delle decisioni emanate dai vari TAR su ricorsi presentati da diverse società sportive. Tale decreto è stato poi convertito, con modifiche, nella l. n. 280 del 2003. 43 Il provvedimento, in particolare, ha permesso di congelare una situazione di crisi che si era creata in quel periodo quando alcune società sportive avevano presentato ricorso al TAR contro i provvedimenti di esclusione dai campionati74. Da qui, la necessità di definire, anche e soprattutto con un intervento legislativo, gli ambiti di applicabilità della giustizia sportiva e i casi di intervento della giurisdizione statale75. La l. n. 280 del 2003 ha sancito gli esatti confini dell’autonomia del diritto sportivo e la rilevanza, per l’ordinamento giuridico della Repubblica, di situazioni giuridiche soggettive protette76. In particolare, è stato riconosciuto il principio fondamentale secondo cui la rilevanza di situazioni giuridiche soggettive per l’ordinamento statuale costituisce il limite dell’autonomia del diritto sportivo77. 74 L’intervento normativo si rese necessario dopo l’esplosione, nel 2003, del c.d. «caso Catania». Nella fattispecie, la società di calcio Calcio Catania Spa aveva fatto ricorso alla Commissione d’Appello per verificare la posizione irregolare del tesserato Martinelli del Siena che, seppur squalificato, aveva partecipato alla gara Catania-Siena poi terminata sul punteggio di 1-1. La C.A.F. accoglie il ricorso decretando la vittoria a tavolino. Tuttavia, in seguito al proliferare di ricorsi di altre società calcistiche, la Corte Federale, peraltro non autorizzata ad intervenire, ribalta la decisione della Commissione d’Appello, confermando il risultato del campo e decretando così la retrocessione del Catania Calcio la quale a sua volta decideva di ricorrere al TAR Sicilia. Tale ricorso rappresentava solo l’inizio di una serie di vicissitudini che mettevano in risalto il controverso rapporto tra giustizia sportiva e giustizia statale. La l. n. 280 del 2003 si proponeva di delineare al meglio le competenze specifiche degli organi di giustizia sportiva e gli ambiti di intervento della giurisdizione ordinaria. Sul «caso Catania» si veda G. VERDE, Il caso Catania: brevi osservazioni sull’ordinanza del TAR Sicilia, in www.diritto.it. 75 La dottrina, sul tema, è molto ampia. Si consulti M. GRANIERI, Le forme della giustizia sportiva, cit., p. 92; G. ARIETA, Prime considerazioni sulla l. n. 280 del 2003, in A. FLAMINI E L. DI NELLA (a cura di), Sport e mercato, Napoli, 2006, p. 135 s.; F. LUBRANO, Decisioni dei giudici sportivi e diritto amministrato, cit., p. 39 s.; L. CIMELLARO, Controversie in materia disciplinare tra giustizia sportiva e giurisdizione statale, cit., p. 608 s. 76 La rilevanza, per l’ordinamento giuridico, di situazioni giuridiche soggettive è ormai un fatto consolidato in giurisprudenza. Indicative in tal senso le sentenze Cass. 9 maggio 1986, n. 3091 e 3092, in Foro it., 1986, I, 1251. 77 L’art. 1 della suddetta legge recita testualmente: «La Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale. I rapporti tra ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo». 44 Se tale principio non costituiva una novità assoluta in dottrina e giurisprudenza78, il passo successivo è stato quello di individuare quali fossero le materie di esclusiva competenza del diritto sportivo che dovessero essere regolamentate dal sistema di giustizia predisposto dagli organi dello sport. Tale questione è stata risolta dall’art. 2 della legge in esame che riserva alla legislazione specifica le questioni aventi ad oggetto l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie e la tenuta di comportamenti non conformi da un punto di vista disciplinare. La soluzione prospettata dal legislatore sembra essere quella di stabilire che le sole controversie di carattere tecnico e disciplinare costituiscono senz’altro oggetto di riserva operata dalla legge in favore del diritto sportivo79. L’art. 2 della legge, infatti, non fa nessun riferimento alle controversie di natura economica ed amministrativa che rientrerebbero, così, nell’esclusiva competenza della giurisdizione statale80. 78 Come osserva giustamente S. DE PAOLIS, Cartellino rosso per il giudice amministrativo. Il sistema di giustizia sportiva alla luce della l. 280 del 2003, in Foro amm. T.A.R., 2005, p. 2874 s., l’art. 1 della l. n. 280 del 2003 ha destato molte perplessità. Innanzitutto, perché l’autonomia del diritto sportivo era già assai nota, così come noti erano i ruoli del C.O.N.I. e delle federazioni sportive nazionali. Inoltre, il fatto che il diritto sportivo nazionale sia lo specchio del sistema sportivo internazionale fa vivere una sorta di tensione tra vocazione internazionale e convivenza con l’ordinamento giuridico dello Stato. I rapporti tra diritto sportivo e ordinamento statale possono configurarsi non in termini di netta separazione ma di assoluta integrazione, a causa della naturale supremazia dello Stato. 79 In realtà, il d.l. 19 agosto 2003, n. 220, aveva espressamente previsto un’area di applicazione della giustizia sportiva molto più estesa. Secondo l’art. 2, dovevano essere riservate all’ordinamento sportivo anche le questioni che riguardassero l’ammissione e l’affiliazione alle federazioni, di società, di associazioni sportive e singoli tesserati nonché l’organizzazione e lo svolgimento delle attività agonistiche non programmate ed a programma illimitato. 80 Cfr. art. 2 l. n. 280 del 2003: «è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive». 45 Non solo, ai sensi del citato art. 2, i soggetti dello sport hanno l’onere di adire, per le controversie di natura tecnica e disciplinare, gli organi di giustizia del diritto sportivo81. La dottrina maggioritaria ha identificato questo «onere» come il potere riconosciuto ai soggetti dello sport di ricorrere agli organi della giustizia sportiva ma, allo stesso modo, non ha potuto escludere che vi possano essere casi che vadano a ledere situazioni giuridiche soggettive rilevanti per la giustizia statale82. I casi di rilevanza per l’ordinamento dello Stato delle situazioni giuridiche soggettive sembrerebbero essere attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario ovvero a quella esclusiva del giudice amministrativo, a seconda che si tratti di controversie aventi ad oggetto i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti o di ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia della giurisdizione domestica ai sensi dell’art. 2. Tale orientamento sembrerebbe confermato dall’art. 3 della l. n. 280 del 2003 secondo cui la competenza giurisdizionale, con riferimento ai rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, è di competenza del giudice ordinario salvo quanto stabilito dalle clausole compromissorie inserite negli statuti 81 Autorevole sul tema G. BAROZZI REGGIANI, La Corte costituzionale ridisegna i confini tra giustizia statale e giustizia sportiva, in Dir. econ., 2011, p. 369 s. L’autore, in commento alla sentenza della Corte cost. 11 febbraio 2011, n. 49, in Giust. civ., 2012, 11-12, I, 2519, riconosce che l’interpretazione dell’art. 2 della l. n. 280 del 2003, in combinato disposto con la Corte costituzionale, viene a sancire la fine di un dibattito dottrinario e giurisprudenziale sulla rilevanza delle competenze disciplinari per l’ordinamento giuridico dello Stato. La sentenza della Corte sembra stabilire che la competenza degli organi della giustizia sportiva, in tema di controversie disciplinari, sussiste in riferimento alle domande di annullamento dei provvedimenti del C.O.N.I. e delle federazioni sportive. La giurisdizione statale, per tali controversie, sembra valere con riferimento a domande risarcitorie proposte dai soggetti del diritto sportivo, nonostante la riserva prevista dall’art. 2 comma 1 della legge n. 280 del 2003. 82 Spunti di riflessione in R. COLAGRANDE, Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, in Nuove leggi civ. comm., 2004, p. 713 s. 46 delle federazioni sportive nonché in quelle previste dai contratti di lavoro sportivo83. Il citato art. 3 demanda la risoluzione di qualsiasi ulteriore controversia alla competenza del giudice amministrativo a condizione che siano esauriti i gradi della giustizia sportiva. La norma in questione parrebbe, dunque, riservare la soluzione di controversie di natura economico-patrimoniale alla giurisdizione della giudice ordinario mentre la soluzione di controversie di natura amministrativa spetterebbe alla giurisdizione del giudice sportivo o eventualmente alla competenza del giudice amministrativo84. L’art. 3, infine, ha previsto delle disposizioni processuali specifiche relative ai giudizi innanzi al giudice amministrativo, prevedendo, nella sostanza, l’abbreviazione di tutti i termini processuali e la definizione di giudizio con sentenza breve. Il risultato della norma è chiaro e riguarda il fatto che le controversie amministrative che riguardano gli atti del C.O.N.I. e delle federazioni sportive, a valenza pubblicistica, sono attribuite alla competenza del giudice amministrativo, individuato sempre dall’art. 3 nel TAR Lazio di Roma. Il legislatore, inoltre, sente la necessità, di riaffermare, sempre nella norma suddetta, la giurisdizione ordinaria per le controversie patrimoniali insorte tra i soggetti appartenenti al diritto sportivo. 83 Come osserva giustamente L. COLANTUONI, Diritto sportivo, cit., p. 516, tali controversie erano, in ragione del loro intrinseco contenuto patrimoniale, generalmente riconosciute come rilevanti anche per il giudice statale. In particolare, secondo l’autore, la giurisprudenza sul punto aveva addirittura riconosciuto il c.d. «principio dell’alternatività» in virtù del quale tali questioni potevano essere devolute all’ordinamento statale o, stante la natura di diritti disponibili, agli organi previsti dalla giustizia sportiva. La l. n. 280 del 2003, riconoscendone la loro rilevanza esterna per il loro contenuto patrimoniale, conferma la loro attribuzione alla competenza della giurisdizione statale. 84 La giurisprudenza ha dimostrato, al contrario, che le questioni di carattere amministrativo possono avere rilevanza esterna all’ordinamento sportivo posto che, ad esempio, un 47 Tale affermazione è stata a lungo oggetto di critiche in dottrina, sia per l’inutilità di tale precisazione, sia per la soluzione letterale adottata dal legislatore. In particolare, si è rilevato che se la l. n. 280 del 2003 non avesse specificato tale competenza, non si avrebbe avuto una competenza diversa per la risoluzione di controversie di natura patrimoniale che sarebbero state comunque devolute alla giurisdizione del giudice ordinario85. Allo stesso modo, il dato testuale fornito dal primo comma dell’art. 3 presenta un limite letterale laddove precisa che devono essere risolte dinanzi al giudice ordinario le controversie tra «atleti». La dottrina maggioritaria sembra ritenere che con il termine «atleti86» il legislatore abbia ritenuto riferirsi anche ad altri soggetti dello sport, con particolare riferimento quantomeno a tutti gli sportivi professionisti ovvero anche agli allenatori87, ai direttori tecnico-sportivi e ai preparatori atletici. Rileggendo questa formula in maniera ancor più estensiva, è possibile che il legislatore abbia voluto includere anche tutti gli enti che svolgono un’attività agonistica a livello professionistico o dilettantistico e quanti, pur non essendo considerati atleti compiono un’attività agonistica di natura sportiva per realizzare il successo degli enti che rappresentano. Alla luce di quanto detto, è possibile concludere che la nuova legge, al di là dei principi normativi sanciti, semplifica il contesto procedurale dei rimedi nelle controversie sportive. provvedimento di espulsione da una federazione sportiva di un atleta o di una società lede necessariamente una posizione giuridica soggettiva rilevante per l’ordinamento di uno Stato. 85 Così R. COLAGRANDE, Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, cit., p. 731 s. 86 Gli atleti, come più volte ripetuto, si distinguono in tre categorie: quelli dilettanti, che sono economicamente autosufficienti; quelli semi-professionisti che sono quelli parzialmente mantenuti dall’ordinamento; quelli professionisti che sono mantenuti integralmente dall’ordinamento. 87 Da un punto di vista normativo, l’art. 32 dello statuto del C.O.N.I. delinea la figura del «tecnico sportivo». Tali soggetti devono esercitare la propria attività con lealtà osservando e rispettando i principi, le norme e le consuetudini sportive, tenendo conto della funzione sociale, educativa e culturale della loro attività. 48 Particolarmente rilevanti sono quelle disposizioni che riconoscono, nei limiti indicati, la configurabilità di una giurisdizione ordinaria rispetto a quelle che attribuiscono la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo88. L’accelerazione sul riconoscimento del giudizio amministrativo, su alcune particolari tipologie di controversie, ha trovato ampi consensi. Il legislatore non sembra aver istituito una giurisdizione amministrativa con particolare riferimento ad una determinata materia, quanto piuttosto ad un giudizio sugli atti posti in essere dagli enti dello sport89. Il merito fondamentale di tale legge, tuttavia, è stato quello di aver definito con maggior precisione il quadro dei rapporti tra diritto sportivo e ordinamento statale. Attraverso una più attenta definizione dei confini della giustizia sportiva, si è potuto inquadrare il fenomeno sportivo alla luce dei principi generali sanciti dall’ordinamento, riducendo i confini di autonomia del diritto sportivo in favore di una riconosciuta supremazia dell’ordinamento giuridico dello Stato90. 10. L’art. 3 della l. n. 280 del 2003 disciplina la c.d. «pregiudiziale sportiva» cioè la necessità di esperire preventivamente tutti i gradi della giustizia sportiva. La locuzione prevista sancisce la condizione di procedibilità dei ricorsi in sede 88 Per F. LUBRANO, Decisioni dei giudici sportivi e diritto amministrato, cit., p. 43: «una volta riconosciuto in linea generale e senza possibilità di contestazione l’intervento del giudice amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimità, le relative pronunce devono essere eseguite dagli organi dell’ordinamento sportivo, passibili altrimenti di svolgimento di giudizio di esecuzione e di responsabilità per l’ipotesi di inosservanza degli ordini dell’autorità giudiziaria». 89 Cfr. R. FAGNANO, Primi effetti del d.l. 19 agosto2003, n. 220 recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, in G. DI GIANDOMENICO (a cura di), Le federazioni sportive nazionali tra sport e mercato, Napoli, 2006, p. 124. 90 Cfr. E. LUBRANO, Ordinamento sportivo e giustizia statale, cit., p. 220 s. Come sostiene giustamente l’autore «ciò comporta che, nelle questioni sportive in cui il giudice statale abbia ritenuto sussistere la propria giurisdizione e abbia emanato una propria decisione, l’ordinamento sportivo dovrà necessariamente eseguire tale decisione e questa è sicuramente una grande vittoria 49 giurisdizionale amministrativa, consistente nel previo ricorso alla giustizia sportiva91. Se è vero che, per effetto della riforma, le controversie di natura tecnica e buona parte di quelle di natura disciplinare sono state affidate alle decisioni della giustizia sportiva, è altrettanto vero che, per stessa ammissione del legislatore, non sembra escludersi a priori la configurabilità di posizioni giuridiche rilevanti per l’ordinamento tali da richiedere l’intervento della giurisdizione dello Stato. Lo stesso TAR Lazio ha precisato che la giurisdizione del giudice amministrativo si rende necessaria in tutti quei casi in cui tutte le impugnazioni di misure prese in ambito sportivo, ancorché riguardanti dati o risultati sportivi, quindi questioni tecniche, non si esauriscono nel rispetto di una competizione federale ma sono potenzialmente lesive dello status di «atleta» come soggetto del diritto sportivo, ovvero dei rapporti patrimoniali tra società e federazioni sportive92. In relazione all’onere imposto ai soggetti dello sport di adire, in via preliminare, gli organi della giustizia sportiva per la risoluzione di controversie, la dottrina non si è espressa sempre in maniera uniforme. Vi era chi avanzava dubbi di legittimità costituzionale di tale norma; chi, invece, pur evidenziando alcune perplessità, ne sosteneva la piena legittimità. da parte di uno Stato capace di fare rispettare le garanzie e i diritti fondamentali sanciti dalla Carta Costituzionale». 91 Testualmente l’art. 3 recita: «Esauriti i gradi della giustizia sportiva, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, e' devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo». 92 Alla luce di tale orientamento, si dovrebbe ritenere esperibile, ad esempio, il ricorso al giudice amministrativo nei casi di retrocessione di una società sportiva. Si dovrebbe tener conto, infatti, che il conseguente declassamento sportivo ad una categoria inferiore, comporterebbe riflessi giuridici ed economici importanti. Si tratta, in sostanza, di stabilire se la posizione fatta valere dall’escluso o dal pregiudicato, per l’illegittima promozione, rilevi in termini di diritto soggettivo o interesse legittimo. A riguardo si consulti COLAGRANDE, Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, cit., p. 717 s. 50 Altra dottrina ha evidenziato un’incongruenza di fondo sostenendo che l’ultimo grado di giudizio della giustizia sportiva fosse costituito innanzi alla Camera di conciliazione e di arbitrato dello sport presso il C.O.N.I. e non innanzi alla giurisdizione del giudice amministrativo, come l’art. 3 della legge sembra, di fatto, sostenere93. Non solo, l’impugnazione del lodo innanzi al giudice amministrativo non sarebbe stato possibile in quanto avente ad oggetto un lodo arbitrale rituale e come tale impugnabile ai sensi dell’art. 827 e 828 c.p.c. La mera interpretazione letterale dell’inciso «Esauriti i gradi della giustizia sportiva…» avrebbe evidenziato una duplice situazione. Da un lato, qualora non si fosse esperito il ricorso davanti alla Camera Arbitrale del C.O.N.I., il ricorso alla giudice amministrativo sarebbe irricevibile per non aver esaurito tutti i gradi della giustizia sportiva. Dall’altro, qualora non fosse stato previamente esperito il ricorso alla Camera Arbitrale, il ricorso al giudice amministrativo sarebbe stato inammissibile per difetto di giurisdizione. Su tale questione il TAR Lazio aveva ritenuto che la condizione del previo esperimento di tutti i gradi della giustizia sportiva doveva ritenersi soddisfatta quando fossero esauriti tutti i gradi di giustizia all’interno delle federazioni con l’effetto di ritenere immediatamente proponibile un ricorso allo stesso TAR Lazio. Nella sostanza, anche una decisione emanata dalla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, sarebbe potuta essere impugnata dinanzi al TAR Lazio. La questio è stata risolta dal Consiglio di Stato che in più occasioni ha dichiarato che, ad esempio, con riferimento alla Federazione Italiana Giuoco Calcio, «l’obbligo di esaurire i gradi di giustizia sportiva prima di proporre ricorso innanzi alla giurisdizione statale avverso atti del C.O.N.I. o delle federazioni 93 E. SANNA, La giustizia sportiva. La legge 280/2003 e successivi orientamenti giurisprudenziali, Cagliari, 2007, p. 50, sostiene che è possibile ricorrere alla giurisdizione 51 sportive nazionali implica che i gradi di giustizia sportiva non si esauriscono con i ricorsi interni federali, ma, secondo l’interpretazione ufficiale dello statuto della FIGC operata dalla Corte Federale, comprendono anche l’ulteriore ricorso alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport istituita presso il C.O.N.I., sia per il tentativo di conciliazione, sia per l’arbitrato, in quanto la stessa costituisce l’ultimo grado della giustizia sportiva della F.I.G.C.»94. La conclusione prevista dal Consiglio di Stato non ha trovato unanimi consensi. Secondo alcuni, l’onere previsto dall’art. 2 della l. n. 280 del 2003 non sembra sancire il riconoscimento della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport quale ultimo soggetto giudicante per la giustizia sportiva ma sembra ribadire che l’onere previsto dalla suddetta legge possa essere espletato solamente dagli organi di giustizia previsti dagli statuti e dai regolamenti federali all’interno delle stesse federazioni95. 11. La normativa introdotta nel 2003 ha presentato fin dalle sue origini una serie di dubbi riguardanti la costituzionalità di alcune specifiche previsioni del testo normativo. Il punto centrale, sul quale ci si è spesso concentrati in dottrina, è stato quello di classificare le possibili controversie in ambito sportivo cercando di capire quali fossero le questioni riservate alla giustizia sportiva e quali, invece, quelle che potessero prevedere un possibile intervento del giudice statale. amministrativa solo dopo aver adito la Camera di conciliazione e arbitrato dello sport. 94 Cfr. E. SANNA, o.u.c., p. 52. 95 A. DE SILVESTRI, La c.d. autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, in P. MORO (a cura di), La giustizia sportiva: analisi critica della legge 17 ottobre 2003 n. 280, Forlì, Trento, 2004, p. 100 s., sostiene che «deve quindi escludersi, innanzi tutto, che l’onere ricomprenda il ricorso alla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport e ciò sia per motivi d’ordine sistematico, rappresentando la relativa procedura arbitrale, culminante nell’emanazione di un lodo rituale, una chiara alternativa alla giurisdizione statuale, e non un terzo grado del procedimento endoassociativo e sia perché essa stessa presuppone all’art. 7 comma 2 del proprio regolamento, che siano previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione sportiva nazionale». 52 Il compito dell’interprete sembra, oggi, più facilitato grazie alle norme introdotte dagli artt. 2 e 3 della l. n. 280 del 2003 che sembrano propendere per una netta separazione delle competenze delle due legislazioni. In particolare, come si è ricordato, si è voluto attribuire alla giurisdizione sportiva la risoluzione delle controversie tecniche e disciplinari e riservare la risoluzione di quelle economiche ed amministrative alla giurisdizione del giudice statale, sia ordinario che amministrativo96. In passato, dottrina e giurisprudenza erano concordi nel ritenere che il vincolo di giustizia previsto dalle Carte Federali fosse inidoneo ad inibire il sindacato della giurisdizione statale sugli atti federali e considerare improponibile quel sistema di giustizia sportiva che tentasse di sottrarre allo Stato possibili o eventuali casi di situazioni giuridiche soggettive protette dall’ordinamento. Al contrario, la situazione odierna sembra radicalmente mutata giacché la devoluzione della competenza a risolvere le suddette controversie, in capo agli organi della giustizia sportiva, non si realizza più per effetto di una prescrizione sancita dalle regole sportive ma per effetto di una disposizione normativa che impone il ricorso alla giustizia sportiva per le materie indicate dall’art. 2 della suddetta legge. È lo stesso legislatore a tracciare una linea di confine tra giustizia sportiva e giurisdizione ordinaria, motivo per cui, secondo alcuni, non sembra potersi configurare una violazione dell’art. 24 Cost. come invece stabilito dalla Corte costituzionale97. 96 Si approfondisca L. DI NELLA, Costituzionalità della «giustizia sportiva» e principio di specificità dello sport , in Rass. dir. econ. sport., 2012, p. 46 s. Come evidenzia l’autore, «Le Sezioni Unite della Cassazione hanno statuito che in virtù della l. n. 280 del 2003 alla giustizia sportiva sono devolute le controversie relative all’applicazione delle regole sportive mentre alla giustizia statale restano devolute le controversie che presentano una rilevanza per l’ordinamento generale, nei casi di violazione di diritti soggettivi e interessi legittimi». 97 Di questo avviso A. BONOMI, Giustizia sportiva e giustizia statale. Qualche riflessione sulla legittimità costituzionale della legge 17 ottobre 2003, n. 280, cit., p. 182 s. Tali conclusioni 53 Altri, in dottrina, hanno ravvisato una violazione del principio sancito dall’art. 24 Cost., con riferimento alla previsione definita dall’art. 2 della legge che prevede una sorta di autosospensione della giustizia civile per le questioni tecniche e disciplinari. Tuttavia, come giustamente da più parti osservato, anche quei profili che venivano associati inequivocabilmente al diritto sportivo non conservano più quel carattere di esclusiva per lo sport; decisioni che a prima vista possono apparire come incidenti nell’ambito dell’ordinamento settoriale hanno acquisito, nel corso del tempo, una rilevanza esterna98. Lo stesso «fatto agonistico» può avere risvolti importanti in tal senso, sia da un punto di vista economico per le attività poste in essere dagli atleti, sia per la collettività in ragione della funzione educativa, sociale ed economica che tale fenomeno rappresenta. Il legislatore, come molti sostengono, non può creare situazioni giuridiche sostanziali e negare loro una tutela giurisdizionale; egli può, tuttavia, elevare al rango di situazioni giuridiche qualificate le singole fattispecie concrete. sembra possono essere fatte valere anche per le controversie di natura disciplinare. Sui condivisibili orientamenti della Corte costituzionale. si veda G. SANTAGADA, Le sanzioni disciplinari sportive: se non sono annullabili non sono «atti amministrativi», ma «fatti storici» non arbitrabili e la domanda risarcitoria si propone davanti al giudice ordinario , in Giust. civ., 2012, p. 2519 s.: «Più precisamente, la Corte, dopo aver chiarito preliminarmente che la censura mossa dal giudice rimettente riguarderebbe il solo principio che garantisce la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi sancito dall’art. 24 Cost….ha ritenuto di poter escludere l’esistenza di un vulnus al suddetto principio, in quanto, nelle ipotesi in cui la sanzione disciplinare sportiva venga a ledere situazioni giuridiche protette…pur essendo prelcusa dinanzi ai giudici statali la tutela «demolitoria» (o di «annullamento») della sanzione medesima, il soggetto leso potrà sempre tutelare adeguatamente i suoi diritti soggettivi o interessi legittimi agendo per il «risarcimento del danno». 98 Si veda E. SANNA, La giustizia sportiva. La legge 280/2003 e successivi orientamenti giurisprudenziali, cit., p. 26 s. L’autore sostiene, in particolare, che se di regola bisogna escludere la sindacabilità dell’ordinamento statale nei casi di norme e provvedimenti tecnici emanate dal diritto sportivo, non può escludersi a priori che decisioni tecniche emanate dagli organi della giustizia sportiva possano costituire un rilievo importante per lo Stato. 54 Il problema è quello di stabilire se sia costituzionalmente legittimo determinare una completa esclusione delle materie indicate dall’art. 2 della l. n. 280 del 2003 da qualsiasi forma di tutela giurisdizionale ovvero negare, per esse, la qualifica di situazioni giuridiche soggettive e lasciarle in una dimensione di «irrilevante giuridico»99. Si tratta, nella sostanza, di garantire i diritti di un singolo all’interno di una formazione sociale; la libertà organizzativa di queste associazioni non può estendersi fino al punto di imporre il sacrificio totale degli interessi di coloro che vi partecipano. L’autonomia e la libertà di questi «ordinamenti settoriali» non può permettere che gli atti che incidono sui diritti dei singoli, che di questi ordinamenti fanno parte, siano immuni da controlli esterni da parte dello Stato100. Un ulteriore profilo di dubbia costituzionalità della l. n. 280 del 2003 riguarda il postulato contenuto all’art. 3 secondo cui la competenza di primo grado per dirimere le controversie aventi ad oggetto gli atti del C.O.N.I. e delle federazioni sportive, che non riguardino materie riservate alla competenza della giurisdizione sportiva, spetta in via esclusiva al tribunale amministrativo del Lazio con sede a Roma. Ora la previsione che lo Stato possa decentrare, nel rispetto dell’unità dell’ordinamento, il suo potere giudiziario in favore di una competenza allargata e 99 Secondo A. DE SILVESTRI, La c.d. autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, in P. MORO (a cura di), La giustizia sportiva: analisi critica della legge 17 ottobre 2003 n. 280, cit., p. 87 s., l’obiettivo primario della legge n. 280 del 2003 di separare le «due giustizie» è stato completamente mancato. E questo per espressa previsione normativa. Secondo l’autore, il contenuto dell’art. 2 della legge non consente, nella realtà, l’individuazione delle materie riservate alla giustizia sportiva tali da risultare indifferenti per la giurisdizione dello Stato. 100 Tuttavia come osserva giustamente A. BONOMI, Giustizia sportiva e giustizia statale. Qualche riflessione sulla legittimità costituzionale della legge 17 ottobre 2003, n. 280, cit., p. 190: «la nostra Costituzione all’art. 2 non garantisce tutti gli interessi dell’uomo all’interno delle associazioni, ma fa riferimento soltanto «ai diritti inviolabili», il che certo vale a circoscrivere 55 abbia facoltà di decidere le competenze dei vari TAR e lo svolgimento del procedimento che si svolge dinanzi ad essi, è una facoltà sancita dalla stessa Costituzione. Tale orientamento è confermato, oltre che dall’art. 103 Cost., anche da una tendenza manifestata anche in altri interventi legislativi, come ad esempio il d.lg. 31 marzo 1998, n. 80 e la l. 21 luglio 2000, n. 205, in virtù dei quali il legislatore è sembrato orientato a favorire una ripartizione della giurisdizione basata non sulla natura giuridica delle situazioni soggettive coinvolte ma in relazione alla materia disciplinata nel singolo intervento legislativo. Dunque, non stupisce il fatto che il legislatore abbia indicato nel TAR Lazio il referente principale per la risoluzione delle controversie sportive, una volta che sono stati esauriti tutti i gradi della giustizia domestica101. Lascia qualche perplessità102 il fatto che il legislatore abbia forzato il tradizionale riparto della giurisdizione e che abbia attribuito ad un TAR regionale una materia così vasta e complessa come il diritto sportivo. Sul tema, tuttavia, non si deve dimenticare, che la disposizione prevista dall’art. 103 Cost. ammette la possibilità che possa essere attribuita al giudice amministrativo la cognizione di situazioni giuridiche soggettive di «particolari materie indicate dalla legge» in ambiti particolarmente specifici e restrittivi. l’ambito dell’impegno, e comunque autorizza una differenza di trattamento giuridico fra i diritti di quel tipo e i diritti diversi». 101 A. DE SILVESTRI, La c.d. autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, in P. MORO (a cura di), La giustizia sportiva: analisi critica della legge 17 ottobre 2003 n. 280, cit., p. 85 s., precisa che la scelta del legislatore di attribuire alla competenza di primo grado del TAR Lazio la risoluzione delle controversie sportive è frutto di una scelta ben ponderata. 102 Per A. DE SILVESTRI, o.u.c., p. 97: «Ed è il caso di rilevare, al proposito, che la circostanza che l’art. 3 della legge n. 280/2003 abbia attribuito tutte le controversie diverse da quelle patrimoniali tra società, associazioni ed atleti al Tar Lazio di Roma in sede di giurisdizione esclusiva, se ha risolto il problema di riparto per altro verso perpetuato dal decreto Melandri, non ha affatto esentato l’interprete dall’accertamento a monte circa l’idoneità delle pretese sportive ad integrare comunque un diritto soggettivo o un interesse legittimo ai fini della loro giustiziabilità». 56 Non solo, l’art. 3 della legge in esame, nell’assegnare la competenza esclusiva al TAR Lazio, stabilisce una deroga al principio generale previsto dalla legge istitutiva dei tribunali amministrativi regionali che invoca il ricorso, per gli atti posti in essere da enti pubblici a carattere ultra-regionale, al tribunale amministrativo nella cui circoscrizione ha sede l’ente. 12. La nuova normativa di cui alla l. n. 280 del 2003 pone all’attenzione dell’interprete l’applicazione di nuove norme che devono essere studiate ed inquadrate nel rispetto dei principi costituzionali garantiti dall’ordinamento. L’intervento legislativo ha permesso di far chiarezza in tema di rapporti tra ordinamento giuridico e diritto sportivo e delineare un nuovo quadro di giustizia sportiva che consentisse una separazione delle competenze dei vari organi giurisdizionali coinvolti103. La legge, in particolare, riserva alla giurisdizione amministrativa104 del Tar Lazio la risoluzione di tutte quelle controversie che non siano di competenza degli organi della giustizia sportiva. 103 In tema di giustizia sportiva, la legge ha consentito di riservare alla competenza del diritto sportivo la disciplina di particolari controversie, come quelle tecniche e disciplinari, che hanno permesso di attribuire alla competenza del Tar Lazio ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato Olimpico Nazionale Italiano o delle Federazioni Sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo, confermando invece, secondo un orientamento già diffuso, la giurisdizione del giudice ordinario per i rapporti patrimoniali tra i soggetti dello sport. 104 Sull’evoluzione della giurisdizione amministrativa si veda V. GASARINI CASARI Le nuove frontiere della giustizia amministrativa. La giurisdizione., in Dir. econ., 2008, p. 817 s. L’autore ammette che la nozione di giustizia amministrativa è cambiata profondamente nel corso degli ultimi anni: «Un tempo, in effetti, l’accento era posto su (la tutela del)l’interesse pubblico al rispetto dei limiti posti all’azione amministrativa, così che l’espressione era usata per designare l’insieme delle guarentigie predisposte per assicurare la legalità e il buon uso dei suoi poteri discrezionali da parte dell’amministrazione, anche se taluni adottavano una nozione più ristretta mentre altri si riferivano ad una nozione più ampia, in cui facevano rientrare tutto il complesso degli istituti di qualunque natura, diretti ad assicurare l’osservanza da parte dell’amministrazione dei limiti imposti all’esercizio della sua attività. Oggi, l’accento viene posto sulla tutela, nei confronti della pubblica amministrazione, degli interessi riconosciuti come giuridicamente 57 L’attribuzione della materia sportiva alla competenza speciale della giurisdizione del Tar Lazio di Roma ha suscitato diverse perplessità, scontrandosi, nella sostanza, con un orientamento giurisprudenziale della Corte Costituzionale105, che evidenziava le incongruenze del d.lg. 31 marzo 1998, n. 80, in materia di ripartizione della giurisdizione statale, e la stessa costituzionalità della l. n. 280 del 2003106. L’orientamento della Corte Costituzionale è confermato da due storiche sentenze del 2004 che dichiarano l’incostituzionalità degli artt. 33 e 34 del d.lg. n. 80 del 1998, così come modificati dalla l. 21 luglio 2000, n. 205, nella parte in cui essi attribuivano al giudice amministrativo, in maniera esclusiva, le controversie relative ad alcune materie incentrate su lesioni di diritti soggettivi ovvero in relazione a comportamenti tenuti dalla Pubblica Amministrazione107. rilevanti dall’ordinamento». Come osserva l’autore è stato un cambiamento di prospettiva che è stato reso possibile grazie al contributo della stessa Costituzione attraverso il rilievo dato alla tutela dei diritti e interessi legittimi. 105 Secondo E. SANNA, La giustizia sportiva. La legge 280/2003 e successivi orientamenti giurisprudenziali, cit., p. 39 s., «il criterio di riparto della giurisdizione basato sui blocchi per materie, di cui al d.lg. n. 80 del 1998 provoca un ingiustificato allargamento degli ambiti di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ponendosi, in questo modo, in contrasto soprattutto con il dettato costituzionale di cui agli artt. 102, 103 e 113, della Costituzione considerato che il riferimento ivi contenuto alle particolari materie indicate dalla legge dimostrerebbe il carattere non assoluto, bensì residuale delle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva, la cui caratteristica è stata di solito rinvenuta nella compresenza di posizioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo che si intersecano e si aggrovigliano, trovandosi in una relazione di interdipendenza tale da formare un’inestricabile nodo gordiano». 106 Per T. E. FROSINI, La giustizia sportiva davanti alla Corte costituzionale, in Rass. dir. econ. sport, 2012, p. 92 s., era prevedibile che qualche giudice sollevasse una questione di costituzionalità della l. n. 280 del 2003: «Era nell’aria, perché da tempo andava avanti un «balletto» interpretativo sulla competenza del giudice amministrativo a sindacare gli atti emanati dagli organi della giustizia sportiva». 107 Si tratta delle sentenze Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204, in Dir. giust., 2005, XX, 99, con nota di PROIETTI; Corte cost. 28 luglio 2004, n. 281, in Dir. giust., 2005, XX, 99, con nota di PROIETTI. Tali sentenze, superando il criterio di delimitazione della ripartizione tra giurisdizione amministrativa e ordinaria, fondato su una divisione per materie, riconoscono l’intervento della giurisdizione esclusiva solo nei casi in cui un’Amministrazione agisca come pubblica autorità. In quelle specifiche controversie, è confermato, dunque, il potere del legislatore di estendere la tutela degli interessi legittimi anche ai diritti soggettivi. Sull’argomento si consulti U. DI BENDETTO, Le materie della giurisdizione esclusiva dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, 58 La Corte Costituzionale sembra ribadire che la competenza della giurisdizione amministrativa debba essere invocata per le controversie che discendono da situazioni soggettive di interesse legittimo; al contrario, le controversie che fondano le loro ragioni in situazioni soggettive di diritto soggettivo devono essere risolte dalla giurisdizione ordinaria108. Secondo la Corte, se da un lato sono da censurare le pretese del legislatore ordinario di fine anni ’90 di avere una presenza massiccia in settori rilevanti dell’ordinamento che siano portatori di pubblici interessi, dall’altro è senz’altro da promuovere quel progetto di riforma dell’art. 103 Cost., mai realizzato, secondo cui la giurisdizione ordinaria ha il potere di indicare le competenze di quella amministrativa che abbiano per oggetto la risoluzione di controversie riferite a particolari materie indicate dalla legge109. Tuttavia, come ben statuisce l’art. 103 Cost., le materie in oggetto devono essere «particolari» rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità. La Corte sembra individuare le materie da riservare al giudice amministrativo sulla base di alcuni requisiti ovvero quando l’amministrazione agisce come autorità, quando la materia sarebbe soggetta alla giurisdizione in www.giustizia-amministrativa.it. Sul tema si veda anche C. DI MARZIO, La giurisdizione amministrativa e le recenti sentenze della Corte Costituzionale, in Riv. amm, 2004, p. 995 s. L’autore, in commento alle sentenze citate, si propone di verificare la ripartizione delle competenze tra giudice ordinario e giudice amministrativo alla luce della l. 20 marzo 1865, n. 2248. 108 E. MELE, La nuova giurisdizione amministrativa dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 204/2004, relativamente agli appalti pubblici, in Nuova rass., 2005, p. 898 s. L’autore sostiene che «entrambe le qualificazioni che abbiamo viste espresse dalla Corte costituzionale nella sentenza prima indicata, e cioè le controversie derivanti da situazioni di interesse legittimo e quelle discendenti da provvedimenti amministrativi finiscono per coincidere. Infatti, le situazioni di interesse legittimo discendono sempre da attività autoritativa della pubblica Amministrazione e queste attività sono sempre collegate con i procedimenti amministrativi e con il risultato da questi scaturente, e cioè i provvedimenti amministrativi». 109 Il legislatore ha, in sostanza, il potere di indicare particolari materie nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe anche diritti soggettivi. 59 generale dello Stato, quando è evidente il collegamento di tali materie con situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento110. Ora, in materia di giustizia sportiva, bisogna stabilire se il ricorso alla giurisdizione amministrativa sia compatibile con le scelte effettuate dalla Corte Costituzionale. La riforma del 2003 ha distribuito le diverse situazioni di conflitto a diversi organi di giustizia riservando alla giurisdizione amministrativa solo alcune questioni della materia sportiva. Molti hanno sottolineato come la Corte non abbia fornito alcun chiarimento sul concetto di «autorità» degli organi amministravi pubblici, di come questa si manifesti nell’esercizio di un pubblico potere ovvero nel fatto che le situazioni giuridiche soggettive comprendono sia diritti che interessi legittimi. La Corte, affermando che il giudice amministrativo esercita un potere autoritativo della pubblica amministrazione, ripropone una vecchia dialettica giuridica secondo cui «autorità» era sinonimo di «libertà e consensualità». In passato, quando un’autorità amministrativa agiva nell’esercizio di un pubblico potere, la situazione soggettiva che ad essa si collegava non rappresentava un diritto soggettivo ma un interesse legittimo e perciò di competenza del giudice ordinario. Oggi, in ragione del fatto che le federazioni sportive sono considerate come enti di diritto privato, sembra che le situazioni giuridiche ad esse collegate individuino la tutela di interessi legittimi di diritto privato. Tali interessi sono caratterizzati dalla c.d. «discrezionalità» e sono in un rapporto di specialità rispetto al genus più ampio dell’autonomia privata al quale appartengono. I suddetti interessi si rinvengono in seno a comunità legali regolarmente costituite ovvero in fenomeni associativi. 110 F. LUBRANO, Decisioni dei giudici sportivi e diritto amministrato, in C. FRANCHINI (a cura di), Gli effetti delle decisioni dei giudici sportivi, cit., p. 41 s. 60 Non solo, in questo contesto si sono inserite alcune sentenze del T.A.R. Lazio che hanno fatto emergere ulteriori significativi rilievi in tema di giustizia sportiva. Tali sentenze hanno evidenziato i limiti della giurisdizione statale nei confronti delle vertenze che insorgono all’interno del sistema sportivo111. Le sentenze in esame permettono di evidenziare come gli effetti delle decisioni della giustizia sportiva non possono incidere esclusivamente su fattispecie interne al fenomeno sportivo stesso. Le sanzioni irrogate finiscono, quasi sempre, per incidere anche su situazioni giuridiche soggettive estranee al mondo sportivo, protette e tutelate dalla Costituzione. La tutela costituzionale, sancita dall’art. 103 Cost., deve pertanto, essere sempre garantita. E in tal senso, l’art. 3 della l. n. 280 del 2003, nel garantire la ripartizione di giurisdizione tra giudice ordinario ed amministrativo per le materie del diritto sportivo, non sembra determinare una giurisdizione esclusiva della giustizia amministrativa. La scelta effettuata dal legislatore di operare una distinzione di giurisdizione per le controversie sportive, in particolare di limitare l’incidenza della giustizia ordinaria, non sembra essere, forse, molto felice. Escludendo, come infatti è stato fatto, la possibilità di ammettere una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, al fine di evitare una possibile duplicazione di giudizi, sarebbe stato preferibile seguire l’orientamento del Consiglio di Stato in favore di una ripartizione più marcata delle materie oggetto delle rispettive giurisdizioni112. Come giustamente qualcuno osserva, l’unica norma che fornisce all’interprete un’indicazione chiara è quella secondo cui le situazioni riguardanti rapporti 111 Per tutte si veda la sentenza T.A.R. Lazio, 18 Marzo 2008, n. 2472, in Foro amm., 2025, con nota di P. SANDULLI. Come ricorda P. SANDULLI, Giustizia sportiva e giurisdizione statale, in www.unite.it, il divieto di sottoporre alla verifica della giurisdizione ordinaria le sanzioni di natura disciplinare non appare operante nel caso questa non esaurisca la sua funzione all’interno del diritto sportivo ma coinvolga situazioni e diritti soggettivi protetti dall’ordinamento generale dello Stato. 61 patrimoniali fra soggetti dell’ordinamento sportivo sono le uniche che mettono in evidenza posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento generale113. Gli altri casi descrivono aree omogenee sottoposte per lo più al vincolo di giustizia sportivo anche se non sembra potersi escludere aprioristicamente connessioni con situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico e, quindi, sottoposte al giudizio insindacabile del giudice ordinario. Risulta arduo per l’interprete valutare le conseguenze giuridiche delle sanzioni tecniche, disciplinari114 ed economiche comminate; verificare se tali sanzioni possano comportare la squalifica del campo di gioco di una società sportiva, la comminazione di una sanzione economica ovvero l’estromissione di una società dalla competizione sportiva. Tuttavia, guardando le cose un po’ più da vicino, è possibile constatare che la stessa giurisprudenza amministrativa conferma la supremazia dell’ordinamento generale dello Stato attribuendo alle decisioni del giudice ordinario la risoluzione delle controversie più gravi come quelle che riguardano il diritto del lavoro ovvero la risoluzione di controversie meno gravi di natura patrimoniale. La giurisprudenza è orientata nel senso che possono avere rilevanza da un punto di vista amministrativo, ad esempio, anche le decisioni di natura disciplinare considerate invece rilevanti, prima della legge del 2003, soltanto per l’ordinamento sportivo115. 112 Di questo avviso P. SANDULLI, Giustizia sportiva e giurisdizione statale, cit., in www.unite.it. G. VELTRI, Giustizia sportiva: principio di autonomia e giurisdizione statale in tema di sanzioni disciplinari, in Corr. merito, 2008, p. 250 s. 114 Tuttavia, in dottrina, si evidenzia come una sanzione disciplinare, comminata in ambito sportivo, esplichi i suoi effetti direttamente o indirettamente nel patrimonio di una società sportiva o in quello di un soggetto individuale affiliato, provocando la lesione del diritto soggettivo «all’integrità del patrimonio» che deve essere tutelato ai sensi dell’art. 24 Cost. Sul punto G. VELTRI, o.u.c., p. 252. 115 Come precisa F. BLANDO, Possibilità e limiti di intervento del giudice amministrativo nelle controversie disciplinari, in www.norma.dbi.it: «Solo il consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia, in una pronuncia storica, ha statuito che la giurisdizione statale è esclusa sugli atti che 113 62 Ora, al di là di qualsiasi disquisizione circa la natura dei procedimenti resi dalla giustizia sportiva e la competenza più o meno esclusiva della giurisdizione amministrativa per la risoluzione delle controversie sportive, a mio avviso occorre sottolineare come anche nei procedimenti dinanzi agli organi dello sport debba essere garantito il principio costituzionale del «giusto processo». La possibilità di estendere i principi del giusto processo anche a questo tipo di procedimenti, di sicura natura amministrativa, si scontra, da sempre, con gli assiomi previsti dall’art. 111 Cost., che riserva tale applicazione alla giurisdizione penale, ma soprattutto con un vecchio orientamento della giurisprudenza che non considera i procedimenti giurisdizionali, aventi natura amministrativa, in contrasto con i principi dell’art. 111 Cost. per quanto riguarda le garanzie poste in essere per la tutela de giusto processo. Pur ammettendo che il procedimento sportivo è regolato da una disciplina del tutto particolare e che, da sempre, lo sport intende predisporre autonomamente le regole di condotta per i propri associati, si deve evidenziare come ogni qual volta si va ad accertare il comportamento di un soggetto dinanzi ad un’autorità giudicante si deve predisporre una forma di tutela della propria difesa. I recenti procedimenti giurisdizionali che hanno interessato lo sport, originati soprattutto dagli scandali provenienti dal mondo del calcio, hanno messo in evidenza, in particolare, come il processo di formazione ed accertamento della prova nel giudizio sportivo sia una problematica ricorrente. Anche nei procedimenti sportivi occorre garantire la possibilità di poter provare la veridicità irrogano sanzioni disciplinari a nulla rilevando le conseguenze patrimoniali». Si tratta di un precedente che non ha trovato più seguito nella nostra giurisprudenza. 63 dei fatti oggetto di giudizio e garantire al convenuto la possibilità di difendersi e fornire prove, a sua discolpa, in giudizio116. In tale ottica la stessa Corte Costituzionale117 ha ritenuto che il diritto alla difesa sancito dall’art. 24 Cost., insieme a tutte le garanzie ad esso connesse, debba essere applicato anche ai provvedimenti amministrativi, come sembrano essere quelli sportivi, in quanto principio generale avente preciso rilievo costituzionale118. 13. Il processo di riforma che ha interessato l’intero assetto della giustizia sportiva, ha innovato anche i procedimenti di giustizia resi all’interno delle singole federazioni sportive. Come noto, in ogni federazione, il vincolo di giustizia mira a salvaguardare l’autonomia del diritto sportivo da ingerenze esterne. Tale clausola, presente negli statuti e nei regolamenti federali, comporta per i soggetti affiliati un duplice obbligo, rinvenibile da un lato nell’accettazione e nel rispetto delle norme tecniche in sede di svolgimento delle gare, dall’altro nell’accettazione dei meccanismi di risoluzione delle controversie fra i soggetti del diritto sportivo e, conseguentemente, nell’impossibilità di adire le Autorità giurisdizionali dello Stato119. Così, al proprio interno, le federazioni sportive hanno sviluppato un proprio sistema di giustizia ed organi specifici ad esso preposti. Gli statuti federali 116 D. MANTUCCI, I metodi di ADR nei rapporti sportivi e il limite della mera patrimonialità, in M. DE ANGELIS (a cura di), “Disponibilità” delle situazioni soggettive e giustizia alternativa, Ancona, 2014, p. 127 s. 117 Corte Cost. 31 marzo 1994, n. 107, in Foro it., 1996, I, p. 88. 118 Sull’importanza della prova nei procedimenti dinanzi agli organi di giustizia sportiva si consulti S. PAPA, Il procedimento innanzi agli organi di giustizia sportiva, Napoli, 2012, p. 177 s. 119 Cfr. P. D’ONOFRIO, Ordinamento e giustizia dello sport, in G. NICOLELLA (a cura di), Diritto dello sport. Ordinamento, giustizia e previdenza, Milano, 2014, p. 35. 64 riconoscono quattro forme di giustizia sportiva in relazione al tipo di controversia che deve essere risolta. Ora, queste controversie sono decise da appositi organi di giustizia che, sebbene assumano competenze differenti nell’ambito di ogni singola federazione di appartenenza, di fatto, assolvono le medesime funzioni per tutte le federazioni. Alla base della recente riforma promossa dal C.O.N.I., vi è l’accorpamento della normativa della giustizia sportiva federale in un unico grande codice. Il «Codice Unico» ha come esigenza quella di accorciare i tempi delle udienze e snellire i processi di giustizia di terzo grado, come ora succede con il TNAS. I gradi di giudizio vengono ridotti a due, così come avviene per la F.I.G.C., mentre il terzo grado, ora rappresentato dai due nuovi organi del C.O.N.I., può intervenire, non più sul merito delle decisioni rese dagli organi di giustizia federale ma solo in relazione alla loro legittimità. A partire dal primo luglio 2014, i sistemi di giustizia federale, dunque, sono equiparati e composti, in primo grado, da un Giudice sportivo nazionale, da Giudici sportivi territoriali e dal Tribunale federale; in secondo grado da una Corte sportiva d’appello e da una Corte federale d’appello. Il Giudice sportivo nazionale e i Giudici sportivi territoriali pronunciano in prima istanza e con immediatezza, su tutte le questioni che riguardano lo svolgimento di una manifestazione sportiva120. Essi sono nominati dal consiglio federale, su proposta del Presidente, tra i soggetti in possesso dei requisiti previsti dalla federazione; rimangono in carica 120 L’art. 14 del nuovo codice di giustizia sportiva sottolinea come i giudici sportivi abbiamo competenza su controversie che riguardano «la regolarità delle gare e la omologazione dei relativi risultati: la regolarità dei campi o impianti e delle relative attrezzature; la regolarità dello status e della posizione di atleti, tecnici o altri partecipanti alla gara; i comportamenti di atleti, tecnici o altri tesserati in occasione o nel corso della gara; ogni altro fatto rilevante per l’ordinamento sportivo avvento in occasione della gara». 65 per quattro anni e il loro mandato non può essere rinnovato per più di due volte121. I procedimenti possono essere instaurati d’ufficio, a seguito d’acquisizione di documenti ufficiali relativi alla gara o su segnalazione del Procuratore federale ovvero su istanza degli interessati, titolari di una situazione giuridica soggettiva tutelata dall’ordinamento federale. Il Tribunale federale rappresenta un organo di giustizia che giudica, in primo grado, su tutti i fatti rilevanti per il diritto sportivo in relazione ai quali non sia stato instaurato nessun procedimento dinanzi ai Giudici sportivi. I componenti dell’organo sono nominati dal Consiglio federale, eletti tra professori e ricercatori universitari di ruolo in materie giuridiche, magistrati, avvocati dello Stato e notai, anche a riposo, in possesso di specifiche competenze in ambito sportivo, rimangono anch’essi in carica per quattro anni e il loro mandato non può essere rinnovato per più di due volte. I procedimenti dinanzi al Tribunale possono essere instaurati con atto di deferimento del Procuratore federale o con ricorso della parte interessata titolare della situazione giuridica protetta. La Corte sportiva d’appello e la Corte federale d’appello rappresentano invece organi di giustizia di secondo grado. Il primo organo ha sede presso la federazione ed è chiamato a giudicare avverso i ricorsi promossi dalle parti interessate o dalla Procura federale contro le pronunce dei giudici sportivi. Il reclamo deve essere depositato presso la Corte sportiva d’appello entro un termine perentorio stabilito dalla federazione ovvero nel termine di sette giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata. Il secondo organo è chiamato a giudicare sui ricorsi proposti contro le decisioni del Tribunale federale. 121 L’art. 16 del nuovo codice di giustizia sportiva precisa, al riguardo, che «E’ in facoltà del Consiglio federale determinare il numero dei giudici sportivi in ragione delle specifiche esigenze della singola disciplina sportiva. In caso di nomina di più soggetti con la qualifica di Giudice 66 Presso ogni federazione, infine, è istituito l’ufficio del Procuratore federale che ha il compito di promuovere la repressione di illeciti ovvero la possibilità di esercitare, personalmente, azioni disciplinari nei confronti di affiliati e tesserati ad una federazione122. Il Procuratore federale, infine, svolge sia funzioni di controllo che di garanzia: se durante lo svolgimento delle indagini può avere notizia dei fatti rilevanti, successivamente, ha il compito di trasmettere tempestivamente gli atti al Presidente federale ed informare il Pubblico Ministero e l’Autorità giudiziaria competente123. sportivo nazionale, con il medesimo atto il Consiglio federale determina i criteri di assegnazione delle questioni e delle controversie». 122 I compiti e le funzioni dei Procuratori sono simili a quelli previsti, prima della riforma, per le Procure federali istituite presso ciascuna federazione. Così, ad esempio, l’art. 32 del codice di giustizia sportiva della F.I.G.C.: «Secondo quanto previsto dallo Statuto, la Procura federale esercita le funzioni inquirenti e quelle requirenti, tranne quelle attribuite alla Procura del CONI per le violazioni delle norme in materia di doping. Il Procuratore federale avvia l’azione disciplinare nei casi previsti dal presente codice e svolge le funzioni requirenti davanti agli Organi della giustizia sportiva». 123 L’art. 50 del nuovo codice di giustizia sportiva prevede espressamente che il Procuratore deve intrattenere rapporti molto stretti anche con la Procura Antidoping: «Il Procuratore Federale ha il dovere di collaborare con la Procura Antidoping del Coni nonché con l’Ufficio del Pubblico ministero. Il Procuratore federale, se durante le indagini rileva che l’illecito appartiene alla competenza della Procura Antidoping del Coni, trasmette senza indugio gli atti all’ufficio 67 competente. In caso di conflitto, decide senza ritardo la Procura generale dello sport, dandone comunicazione agli uffici interessati». 68 CAPITOLO III L’ARBITRATO SPORTIVO Sommario: 14. Il ruolo dell’arbitrato nel diritto sportivo e la natura delle clausole compromissorie degli statuti delle federazioni sportive. - 15. Lo statuto del C.O.N.I. del 2013 e i nuovi organi di giustizia e arbitrato per lo sport. - 16. Il sistema previgente di giustizia e arbitrato per lo sport: la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport e il dibattito giurisprudenziale sulla sua esperienza decennale. - 17. L’Alta Corte di Giustizia Sportiva e il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport. - 18. Il ruolo e le principali funzioni del TNAS e le significative differenze con la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport. - 19. La natura delle decisioni rese dal TNAS e la loro impugnazione. - 20. L’arbitrato sportivo internazionale. Il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna: ruolo, funzioni, caratteristiche del procedimento e natura delle decisioni rese. Il TAS e il TNAS: affinità e differenze. 14. Lo sport ha cercato, da sempre, di risolvere al proprio interno le controversie insorte tra i propri associati. Questo ha determinato, nel tempo, un ampio sviluppo dei sistemi di giustizia, considerati come uno degli elementi più importanti di tale sistema. Tuttavia, i caratteri eterogenei della res controversia sportiva non consentono, sempre, una soluzione adeguata della stessa. Da qui, la necessità di dover predisporre meccanismi di risoluzione specifici ed estranei ai regolamenti federali, in grado, tuttavia, di ridurre in modo significativo il ricorso alla giustizia statale124. La scelta di ricorrere all’arbitrato in materia di diritto sportivo è giustificata, in primo luogo, in virtù della celerità decisoria di tale istituto, requisito ritenuto 124 G. NAPOLITANO, Caratteri e prospettive dell’arbitrato amministrato sportivo, in Gior. Dir. amm., 2004, p. 1153 s. 69 fondamentale per garantire lo svolgimento periodico delle attività sportive, evitando le lungaggini del processo civile. In secondo luogo, essa è confermata dallo stesso vincolo di giustizia sportivo che, nell’imporre ai tesserati di una federazione il divieto di ricorrere alla giurisdizione esterna del giudice statale, ha consentito di introdurre negli statuti e regolamenti federali alcune clausole che permettessero di devolvere la risoluzione delle controversie sportive ad appositi organi di giustizia ovvero a collegi arbitrali. In terzo luogo, tale orientamento è confermato dalla previsione dell’art. 3 della l. n. 280 del 2003 quando rinvia espressamente alle clausole compromissorie previste dagli statuti del C.O.N.I. e delle federazioni sportive. Tuttavia, l’obbligo statutario, posto a carico dei soggetti affiliati ad una federazione, di rivolgersi agli organi di giustizia sportiva, è cosa ben diversa dalla clausola compromissoria prevista per arbitrato federale. Tali istituti sono stati, da sempre, posti su binari differenti visto che il primo regolamenta le modalità di risoluzione «domestica» delle questioni all’interno del diritto sportivo mentre il secondo rappresenta un atto di autonomia negoziale, per la tutela di interessi personali, alternativo al processo civile ordinario. Seppur appaia evidente questa conclusione, non manca chi sostiene che vincolo di giustizia e clausola compromissoria possano essere in qualche modo sovrapponibili. In particolare, la clausola compromissoria può riguardare sia materie interessate dal vincolo di giustizia sia materie ad esso sottratte, configurandosi come una forma ulteriore di esercizio della giustizia federale ovvero come un mezzo specifico di deferimento all’arbitrato delle stesse controversie, integrando la competenza degli organi di giustizia sportiva125. 125 Sulla differenza tra vincolo di giustizia e clausole compromissorie si consulti G. SCIANCALEPORE, I limiti funzionali dell’arbitrato sportivo, in Riv. dir. econ. sport, 2010, p. 117 s. 70 L’arbitrato sportivo, dunque, consiste in un rimedio per la risoluzione di contese, alternativo alla giurisdizione statale e posto in essere attraverso l’intervento di uno o più soggetti terzi126. Sono molteplici i procedimenti arbitrali posti in essere nell’ambito del diritto sportivo; tuttavia, la dottrina prevalente sembra concordare sul fatto che non tutte le procedure possano essere ricondotte nell’alveo dell’arbitrato ma solamente quelle che riproducano i caratteri essenziali di tale istituto. Il primo elemento che caratterizza una procedura arbitrale è dato dal carattere negoziale dell’accordo127. Nello sport, tale elemento è individuabile all’atto dell’affiliazione dell’atleta, quando, cioè, costui decide di tesserarsi ed aderire ad una federazione sportiva. L’atleta aderisce ad un contratto associativo aperto contenente una clausola compromissoria che rimette ad un apposito collegio arbitrale la risoluzione delle controversie derivanti dall’attività sportiva. Come ribadito dalla stessa Cassazione, l’iscrizione ad una federazione rappresenta un negozio associativo e non un contratto di scambio, predisposto unilateralmente dalla stessa federazione; tuttavia, non è possibile, richiamare la normativa prevista dagli artt. 1341 e 1342 c.c. in tema di clausole vessatorie sulle condizioni generali di contratto ovvero sui contratti standard, unilateralmente predisposti, in quanto non sussiste fra le parti quel conflitto d’interessi che solitamente caratterizza un contratto di scambio. 126 Sulla definizione di «arbitrato sportivo» si consulti, in particolare, T. E. FROSINI, L’arbitrato sportivo: teoria e prassi, in Rass. for., 2010, p. 555 s.; A. MERONE, La giustizia sportiva nell’aspetto giurisdizionale, cit., p. 37; G. SCIANCALEPORE, o.u.c., p. 117 s. 127 Come giustamente osserva P. PERLINGIERI, Manuale di diritto civile, 7ª ed., Napoli, 2014, p. 1347: «Il ricorso all’arbitrato presuppone un accordo negoziale, che può essere di tre tipi: compromesso, cioè un accordo con il quale le parti convengono di deferire ad arbitri una controversia già tra di loro sorta (807 c.p.c.), clausola compromissoria, con la quale le parti si impegnano a risolvere mediante procedimento arbitrale le controversie che in futuro potrebbero nascere in relazione ad un determinato contratto (808 c.p.c.) e convenzione di arbitrato in materia non contrattuale, con la quale le parti stabiliscono che siano decise da arbitri le controversie future relative a uno o più rapporti non contrattuali determinati». 71 Il secondo elemento che caratterizza un arbitrato riguarda la terzietà ed indipendenza dei componenti del collegio. Nello sport non si può parlare di arbitrato in tutte quelle situazioni in cui l’ente competente a dirimere una controversia sia un organo collegato ovvero dipendente ad una delle parti in causa, così come avviene, ad esempio, nei procedimenti arbitrali istituiti presso le federazioni. Il terzo elemento, infine, riguarda il fatto che l’arbitrato deve porsi come uno strumento alternativo rispetto alla giurisdizione statale. Con riferimento alla nuova l. n. 280 del 2003 che ha tracciato una linea di confine tra le materie rilevanti e quelle irrilevanti per l’ordinamento giuridico, non sembra potersi invocare l’istituto dell’arbitrato per queste ultime e cioè per quelle questioni rispetto alle quali lo Stato abbia declinato la propria autoritaria competenza. E’ evidente, dunque, che si potrebbe parlare di arbitrato sportivo soprattutto con riferimento alle controversie di natura economica, a quelle di natura patrimoniale ovvero a quelle relative ai rapporti di lavoro subordinato sportivo così come previsto, ad esempio, dalla l. n. 91 del 1981128. La dottrina prevalente sembra concordare sul fatto che l’arbitrato sportivo costituisca una sorta di arbitrato «amministrato129». Le parti in conflitto affidano 128 Cfr. A. MERONE, La giustizia sportiva nell’aspetto giurisdizionale, cit., p. 37 s. Sul tema la dottrina è molto ampia. Secondo S. LA CHINA, L’arbitrato. Il sistema e l’esperienza, Milano, 2011, p. 2: «Si dice istituzionale invece ed anche, spesso, amministrato l’arbitrato quando una stabile e specifica organizzazione è posta in opera e funziona per erogare una serie di arbitrati a richiesta delle parti che se ne vogliano avvalere». E’ il caso, ad esempio delle Camere di commercio nazionali ed internazionali, delle Camere arbitrali, delle associazioni di categorie commerciali che offrono tale servizio. Come sostiene l’autore, la norma di riferimento è rappresentata dal solo art. 832 c.p.c. che parla di «istituzioni di carattere associativo» che sono le strutture che nella pratica si dotano di un regolamento, sì che non sembra inappropriato considerare come di solito conincidenti le due denominazioni di «arbitrati secondo regolamenti precostituiti» e «arbitrati istituzionali». L’arbitrato amministrato si caratterizza, per A. SIROTTI GAUDENZI, L’arbitrato. Guida al diritto dell’arbitrato, Milano, 2006, p. 157 s., per il fatto che il procedimento sarà condotto secondo le regole di un organismo di amministrazione: «Tale soggetto non svolge alcuna funzione di arbitrato, come ricordato da Azzali, il suo compito è in parte assimilabile, mutatis mutandis, a quello svolto dalle cancellerie dei tribunali, anche se alle camere 129 72 la risoluzione della lite ad una Camera arbitrale che cura l’organizzazione della procedura secondo un regolamento stabilito. Gli arbitri sono tenuti ad attenersi al regolamento previsto mentre la Camera arbitrale garantisce una sorta di controllo della qualità della procedura nonché la professionalità, l’indipendenza e l’imparzialità degli stessi arbitri130. Per altri, l’arbitrato sportivo rientra nella categoria dei c.d. arbitrati «volontari131» in quanto la sua fonte è nella volontà delle parti, che all’atto del tesseramento, liberamente, sottoscrivono la clausola compromissoria. La scelta di ricorrere a tale istituto dipenderebbe dall’adesione contrattuale di affiliati e tesserati al vincolo sportivo e non da un’imposizione volontaria determinata da una norma di legge o altre fonti normative. La stessa Cassazione, peraltro, continua ad affermare la volontarietà dell’affiliazione al diritto sportivo e del vincolo di giustizia. 15. Il C.O.N.I., dopo aver varato l’approvazione di un nuovo statuto, ha realizzato l’ennesima riforma del sistema di giustizia e arbitrato per lo sport. Il disegno riformatore, così come nelle intenzioni del suo Presidente, intende rivoluzionare l’intero sistema, muovendo secondo tre comuni obiettivi: garantire l’autonomia operativa e decisionale delle federazioni in tema di giustizia sportiva, arbitrali spettano funzioni ben più ampie della sola gestione logistica e segreteriale del procedimento». 130 Così T. E. FROSINI, L’arbitrato sportivo: teoria e prassi, cit., p. 558 s. 131 La giurisprudenza più autorevole ha escluso, in particolare, che non si tratta di «arbitrato obbligatorio» e cioè di quell’arbitrato in cui le parti sono obbligate ad addivenire non secondo una loro libera e concorde volontà ma da fonti estranee come, ad esempio, norme di legge o atti amministrativi. 73 responsabilizzare gli organi della giustizia federale ovvero garantire il rispetto della legalità all’interno del diritto sportivo132. Il progetto di riforma prende spunto da una proposta della Giunta Nazionale del C.O.N.I. che prevede una bozza di modifica degli artt. 12, 12-bis e 12-ter dello statuto, relativi agli organi della giustizia sportiva, e la conseguente abolizione dell’Alta corte di giustizia sportiva e del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport133. Il nuovo statuto prevede, infatti, l’istituzione di due nuovi organi: il Collegio di garanzia dello sport e la Procura generale dello sport134. Il Collegio di garanzia si configura come organo di ultimo grado della giustizia sportiva cui è demandata la cognizione delle controversie decise in via definitiva in ambito federale, ad esclusione di quelle in materia di doping che abbiano determinato una sanzione pecuniaria inferiore a diecimila euro ovvero di durata inferiore a novanta giorni135. 132 L. COLANTUONI, Giustizia sportiva nazionale e internazionale. Arbitrato e conciliazione nello sport, in G. NICOLELLA (a cura di), Diritto dello sport. Ordinamento, giustizia e previdenza, Milano, 2014, p. 131 s.; D. MANTUCCI, I metodi di ADR nei rapporti sportivi e il limite della mera patrimonialità, in M. DE ANGELIS (a cura di), “Disponibilità” delle situazioni soggettive e giustizia alternativa, cit., p. 127 s. 133 Il C.O.N.I. ha emanato un nuovo statuto con delibera del 18 settembre 2013 successivamente approvato con D.P.C.M. del 12 novembre 2013. Lo statuto è stato definitivamente adottato dal Consiglio nazionale a partire dall’11 giugno 2014. 134 Così l’art. 12 del nuovo statuto del C.O.N.I.: «Sono istituiti presso il CONI, in piena autonomia e indipendenza, il Collegio di Garanzia dello Sport e la Procura Generale dello Sport. La disciplina prevista nel presente articolo e nei seguenti articoli 12-bis e 12-ter in riferimento alle Federazioni sportive nazionali si applica integralmente anche alle Discipline sportive associate e, ove previsto dai rispettivi Statuti, agli Enti di promozione sportiva». 135 Cfr. L. COLANTUONI, o.u.c., p. 151. Secondo l’autore: «Il nuovo Collegio di Garanzia dello Sport, che sarà presieduto da Franco Frattini e sarà costituito da sezioni che verranno definite dal Regolamento, composte da Presidenti di sezione e da Consiglieri che potranno restare in carica per un periodo di 4 anni, rinnovabile per 2 soli mandati consecutivi, la cui elezione avverrà per mano del Consiglio Nazionale del CONI, su proposta della Giunta e scelti tra soggetti esperti di diritto sportivo: professori ordinari in materie giuridiche, avvocati abilitati all’esercizio della professione dinanzi alle magistrature superiori, avvocati dello Stato e magistrati in servizio o a riposo». Per un maggiore approfondimento si consulti il nuovo codice di giustizia sportiva, artt. 54 s. 74 L’organo è competente sui ricorsi avverso le decisioni non più impugnabili dinanzi agli organi di giustizia federale e può svolgere sia funzioni giurisdizionali che consultive136. Con le prime, esso ha facoltà di riformare le sentenze impugnate ovvero rimandare le relative decisioni agli organi federali di giustizia competenti. Con le seconde, esso può costituirsi in sezioni speciali, in relazione al tipo di controversie esaminate, e decidere per il C.O.N.I. e per le stesse Federazioni in relazione alle richieste presentate per il tramite del C.O.N.I. stesso137. Al Collegio è attribuita la cognizione di quelle controversie, non più impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale, che sono pubblicate a partire dal primo luglio 2014138. Il Collegio di garanzia, destinato a sostituire, di fatto, l’Alta corte di giustizia sportiva e il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, opera come la Cassazione, non andando ad incidere, direttamente, nel merito delle decisioni rese dagli organi di giustizia interni alle federazioni, potendo la sua attività limitarsi, esclusivamente, a verificare la violazione di norme di diritto ovvero l’omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia oggetto di disputa tra le parti. Tale organo, infine, può fornire pareri e consulenze al C.O.N.I. e alle federazioni sportive nazionali su espressa richiesta fornita dagli stessi. 136 Tali funzioni saranno assolte da apposite sezioni. L’art. 56 sancisce espressamente: «Il Collegio di Garanzia dello Sport si articola in quattro sezioni giudicanti e una sezione consultiva; a ciascuna di esse è preposto un Presidente di sezione. Ogni pronuncia è assunta dal Collegio della sezione, invariabilmente composto da cinque membri». Le sezioni giudicanti avranno competenza di giudizio, ai sensi del suddetto art. 56, su controversie relative a questioni tecnico-sportive, disciplinari, amministrative e patrimoniali. La sezione consultiva, oltre all’adozione di pareri su richiesta del C.O.N.I., potrà pronunciarsi su eventuali istanze di ricusazione dei componenti del Collegio di garanzia. 137 F. CASAROLA, L’alba della nuova giustizia sportiva, in www.iussport.it. 138 Saranno devolute alla competenza del Collegio di garanzia anche quelle decisioni rese dagli organi federali pubblicate entro il 30 giugno 2014. Le istanze di ricorso dovranno essere inoltrate secondo le competenze alle segreterie dell’Alta corte di giustizia e del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport che a loro volta fungeranno da segreterie del Collegio di garanzia dello sport. 75 Allo scopo di tutelare la legalità del diritto sportivo è stata istituita dal C.O.N.I. la Procura generale dello sport che ha il compito di coordinare e vigilare le attività inquirenti e requirenti svolte dalle varie procure federali139. La Procura generale dello sport ha il compito di esercitare un controllo delle varie Procure federali nazionali che devono inviare periodicamente una relazione sull’attività svolta e sui procedimenti in corso. Tale organo deve essere informato dai capi delle Procure federali di ogni notizia di illecito ricevuta, dell’avvio di azioni disciplinari, della conclusione di indagini nonché di richieste di proroga delle stesse140. La Procura può esercitare un potere di avocazione, con provvedimento motivato, nelle ipotesi in cui l’attività inquirente non risulti ancora conclusa. Nella fattispecie, tale potere può essere esercitato nei casi in cui emerga un’omissione di attività d’indagine tale da pregiudicare l’azione disciplinare delle procure federali ovvero quando vi sia un’archiviazione d’indagine da parte degli organi della giustizia federale ritenuta irragionevole141. 139 L. COLANTUONI, Giustizia sportiva nazionale e internazionale. Arbitrato e conciliazione nello sport, cit., p. 152: «parte delle funzioni e delle competenze del TNAS saranno acquisite, secondo revisione dell’art. 12-ter, dalla Procura Generale dello Sport, presieduta dal Generale di Brigata dei Carabinieri Enrico Cataldi. Questa sarà composta da un Procuratore Generale, eletto dal Consiglio Nazionale del CONI, su proposta della Giunta tra professori ordinari in materie giuridiche, avvocati abilitati all’esercizio della professione dinnanzi alle magistrature superiori, avvocati dello Stato e magistrati ordinari e amministrativi in servizio o a riposo, alti ufficiali delle forze di Polizia in servizio o a riposo, e dai Procuratori nazionali dello Sport, nominati dal Presidente del CONI su proposta dello stesso Procuratore Generale dello Sport, in numero non superiore a trenta, tra professori e ricercatori in materie giuridiche, avvocati e dottori commercialisti con almeno cinque anni di iscrizione all’ordine o a tre di servizio nell’ambito degli organi di Giustizia Sportiva, avvocati dello Stato e magistrati in servizio o a riposo, funzionari delle forze di Polizia in servizio o a riposo». 140 Art. 12-ter dello statuto del C.O.N.I. 141 Cfr. art. 51 del nuovo codice di giustizia sportiva: «L’avocazione non può essere disposta se non dopo che la Procura generale dello Sport abbia invitato il Procuratore Federale ad adottare, entro un termine ragionevole, specifiche iniziative o concrete misure ovvero, in generale, gli atti in difetto dei quali l’affare può essere avocato. Nel caso di superamento della durata stabilita per le indagini preliminari, la Procura generale dello Sport, con tale invito, può rimettere in termini il 76 L’organo suddetto, su segnalazioni di singoli tesserati o affiliati, può, inoltre, invitare le procure federali ad aprire fascicoli d’indagine su particolari eventi o fatti specifici; alla Procura generale, per consentire compiti di controllo e vigilanza, deve essere assicurato un costante flusso di informazioni e notizie142. La riforma della giustizia sportiva, attraverso la costituzione di questi due nuovi organi, ha come obiettivo principale quello di creare un sistema sanzionatorio che assicuri giustizia e sia, al contempo, celere e funzionale. Essa ha inteso affrontare il problema del terzo grado di giudizio degli organi di giustizia del C.O.N.I., un paradosso estraneo a tutti gli ordinamenti giuridici vigenti. Soggetto a critiche, in particolare, l’operato del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport che ha avuto, nel corso degli anni, la possibilità di intervenire nel merito delle sentenze rese dagli organi di giustizia sportiva federale, instaurando un sistema «al ribasso» delle pene comminate. L’intento finale del legislatore è quello di eliminare il terzo grado di giustizia di merito in favore della creazione di una sorta di «Cassazione» dello sport che decida non più sul merito delle decisioni ma solamente sulla loro legittimità. 16. Il ruolo dell’arbitrato all’interno del diritto sportivo era stato rafforzato in un primo momento con la riforma dello statuto del C.O.N.I. del 2000 che aveva introdotto la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport. Tale ente rappresentava una novità assoluta in tema di giustizia sportiva, priva da sempre di Procuratore federale per un tempo ragionevole e comunque non superiore a venti giorni, ove ritenga utilmente praticabili nuovi atti». 142 F. CASAROLA, L’alba della nuova giustizia sportiva, cit., in www.iussport.it. 77 uno specifico organo di giustizia sovranazionale che garantisse il rispetto dei principi di terzietà, autonomia e dipendenza del giusto processo143. Nominato direttamente dal Consiglio nazionale del C.O.N.I., tale organo era composto da nove membri scelti da un elenco di esperti di comprovata esperienza giuridica in ambito sportivo144. La Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, la cui attività è perdurata per quasi un decennio, aveva competenza a risolvere, con pronuncia definitiva, le questioni sorte in ambito sportivo e voleva rappresentare un meccanismo di chiusura della giustizia sportiva ulteriore rispetto ai provvedimenti resi all’interno delle singole federazioni. La legittimità normativa di tale organo trovava fondamento nella clausola compromissoria contenuta negli statuti federali ovvero nella volontà delle singole parti in causa di devolvere le controversie insorte in arbitrato camerale. La sua attività poteva riguardare la soluzione di liti che contrapponessero, da un lato una federazione sportiva nazionale, una disciplina associata o un ente di promozione, dall’altro soggetti ad essi affiliati, tesserati o licenziati a condizione che fossero esauriti i ricorsi interni alla federazione o che si 143 Come ben puntualizza S. BATTAGLIA, La Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport istituita presso il CONI, in Riv. arbitrato, 2004, p. 616: «si è cercato di approntare per la societas sportiva uno strumento che consenta alle decisioni assunte nel suo ambito d’acquisire piena efficacia per il diritto dello Stato e che, conseguentemente, assicuri a questa societas piena indipendenza e autonomia da eventuali ingerenze da parte dell’Autorità giudiziaria ordinaria e amministrativa». 144 Così l’art. 1 del Regolamento che ne disciplina il funzionamento: «La Camera, è formata dal Presidente, da quattro componenti fissi, di cui uno con funzioni di Vice-Presidente Vicario, e da quattro membri supplenti estratti a rotazione semestrale dall’elenco di esperti in materia giuridica e sportiva, formato dal Consiglio Nazionale del CONI ai sensi del comma 3 del presente articolo. I membri estratti, durante il mandato, non possono assumere nuovi incarichi di conciliazione o di arbitrato. Presso la Camera è istituito un elenco degli arbitri e dei conciliatori (“Elenco degli arbitri e dei conciliatori”), nonché un elenco dei Presidenti dei collegi arbitrali o arbitri unici (“Elenco dei presidenti”). Il primo elenco è formato dal Consiglio Nazionale del CONI su proposta della Giunta Nazionale ed è composto da esperti, in numero non superiore a trenta, in materia giuridicosportiva. Il secondo elenco è formato dalla Camera all’interno del primo ed è costituito da dieci componenti. Gli esperti componenti di entrambi gli elenchi svolgono le funzioni loro assegnate dal presente Regolamento». 78 trattasse di decisioni non soggette ad impugnazione nell’ambito della giustizia federale. Erano, altresì, sottratte al suo giudizio anche le possibili controversie che riguardassero i casi di doping ovvero quelle di natura tecnico-disciplinare che comportassero una sanzione non inferiore a centoventi giorni. Il funzionamento della Camera era disciplinato da un apposito Regolamento145 approvato nel 2005 dal Consiglio Nazionale del C.O.N.I. Tale regolamento attribuiva alla Camera funzioni consultive, di arbitrato e di conciliazione. Con le prime, veniva attribuita alla Camera la possibilità di emettere pareri non vincolanti, a richiesta del C.O.N.I. e delle federazioni, su qualsiasi questione sportiva, ad eccezione di quelle tecniche e disciplinari. Con le seconde poteva essere attribuita alla Camera la possibilità di intraprendere una procedura arbitrale qualora essa fosse prevista da una specifica clausola compromissoria contenuta negli statuti federali, negli atti di tesseramento, affiliazione o iscrizione ai campionati ovvero quando vi fosse un accordo in tal senso tra il C.O.N.I. e una federazione sportiva. Il Regolamento prevedeva che la procedura arbitrale potesse essere intrapresa solamente qualora il tentativo obbligatorio di conciliazione non avesse prodotto risultati apprezzabili tra le parti. Con le terze si attribuiva alla Camera la possibilità di porre in essere procedure negoziali più snelle per consentire alle parti del contenzioso il raggiungimento di un accordo più soddisfacente e corrispondente ai loro interessi146. Il tentativo di conciliazione era obbligatorio e doveva necessariamente precedere il procedimento arbitrale147. 145 Il regolamento è stato introdotto dal Consiglio Nazionale che lo ha approvato con delibera n. 1303 del 3 febbraio 2005 e modificato successivamente dalla Giunta Nazionale con delibera n. 0057 del 24 gennaio 2006. 146 L. COLANTUONI, Diritto sportivo, cit., p. 546 s. 147 Così l’art. 4 del Regolamento della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport: «Il tentativo di conciliazione in base al presente Titolo III è obbligatorio prima dell’instaurazione di 79 La Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, dunque, sembrava ergersi quale organo di giustizia di ultima istanza delle controversie sportive che poteva pronunciarsi emanando decisioni non più impugnabili dal sistema di giustizia domestico su contese già discusse in ambito federale. Tale ruolo era confermato in passato dalla stessa dottrina148 che, nel ribadire la centralità di giudizio di tale organo all’interno del sistema di giustizia predisposto dal diritto sportivo, sembrava confermare che la sua attività potesse essere invocata dopo che fossero stati esauriti i ricorsi interni alle singole federazioni. Tuttavia, nel corso degli anni, il ruolo che la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport ha rappresentato all’interno del sistema di giustizia predisposto dal diritto sportivo ha risentito degli effetti provocati dalla riforma del 2003. Il dibattito giurisprudenziale si è concentrato principalmente sulla natura e sul regime dei provvedimenti resi negli arbitrati presso la Camera, da cui sono emersi due contrapposti orientamenti. Il primo, sostenuto da alcune pronunce del giudice amministrativo di primo grado, aveva ritenuto che tali provvedimenti costituissero un vero e proprio giudizio arbitrale149. Il secondo, rinvigorito da alcune decisioni del Consiglio di Stato150, qualificava tali provvedimenti come «amministrativi» per quanto assumessero le sembianze, per forma e contenuto, di lodi arbitrali151. un procedimento arbitrale ai sensi del Titolo IV del presente Regolamento, salvo che per le controversie avente ad oggetto le iscrizioni ai campionati, l’accertamento dei requisiti per la partecipazione alle competizioni internazionali e per quelle individuate in regolamenti speciali o negli accordi tra le parti». 148 Si veda, al riguardo, C. G. IZZO, La giustizia sportiva, cit., p. 281 s. 149 Si vedano su tutte le proncunce Tar Lazio, Roma, 07 aprile 2005, n. 2571, in Dvd Juris data; Tar Lazio, Roma, 01 aprile 2004, n. 2987, ivi. 150 Cons. Stato, 09 luglio 2004, n. 5025, in Foro amm. C.d.S., 2005, p. 1218 s., con nota di L. FERRARA, L’ordinamento sportivo e l’ordinamento statale si imparruccano di fronte alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport; Cons. Stato, 09 luglio 2004, n. 5025, in Riv. arbitrato, 2005, p. 555 s.; Cons. Stato, 09 febbraio 2006, n. 527, in Guida dir., 2006, p. 98 s., con 80 La giurisdizione amministrativa considerava il procedimento svolto presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport come «arbitrale» in ragione, tanto dell’espressa previsione sancita dallo statuto del C.O.N.I., quanto dello stesso Regolamento che disciplinava il funzionamento della Camera. In particolare, si riconosceva che essa potesse svolgere le proprie funzioni nel rispetto dei principi di terzietà, autonomia e indipendenza di giudizio così come avveniva nei procedimenti arbitrali; che fosse incompetente a pronunciarsi su decisioni soggette ad impugnazione nell’ambito della giustizia federale; che, nelle materie riservate alla giustizia sportiva, fosse possibile il ricorso solo all’arbitrato irrituale; che il lodo eventualmente reso fosse imputabile esclusivamente al collegio arbitrale o arbitro unico e non potesse essere considerato in nessun caso come atto della Camera o del C.O.N.I.152. Secondo questa impostazione, dunque, le procedure istituite presso la Camera avevano natura arbitrale irrituale153 e potevano essere impugnate dinanzi alla giurisdizione amministrativa del TAR Lazio di Roma154, ai sensi dell’art. 827 c.p.c.155. nota di S. MEZZACAPO, Mezzi di impugnazione senza limitazioni per le decisioni della Camera di Conciliazione; Cons. Stato, 25 gennaio 2007, n. 268, in Dir. proc. amm.., 2008, p. 608 s., con nota di L. FERRARA Il sindacato del giudice amministrativo sulle norme emanate dagli organismi sportivi; Cons. Stato, 25 novembre 2008, n. 5782, in Dir. proc. amm.., 2010, p. 1409 s., con nota di F. GOISIS, Verso l’arbitrabilità delle controversie pubblicistiche sportive?. 151 Sulla natura dei provvedimenti della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport si possono consultare; A. R. TASSONE, Tra arbitrato amministrato e amministrazione arbitrale: il caso della “Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport”, in Nuova giur. civ. comm., 2005, p. 289 s., F. CAMPIONE, Il punto sull’arbitrato sportivo, in Riv. arb., 2010, p. 526 s.; F. AULETTA, Un modello per la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, in Riv. arb., 2007, p. 145 s. 152 A.M. MARZOCCO, Sulla natura e sul regime di impugnazione del lodo reso negli arbitrati presso il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, in Rass. dir. econ. sport, 2010, p. 24 s., 153 Come sostiene A.M. MARZOCCO, o.u.c., p. 44: «in realtà esistevano anche regolamenti di arbitrato applicati alla CCAS per specifiche controversie, in cui non mancava talora la qualificazione dell’arbitrato come rituale». L’autore si riferisce, in particolare, al Regolamento per l’esercizio dell’attività degli agenti dei calciatori che qualifica, appunto, come rituale tale arbitrato. 154 Il lodo, nonostante la qualificazione del giudizio come arbitrato rituale, veniva considerato come un atto del C.O.N.I. non riservato agli organi della giustizia sportiva. Questo comportava che tale atto dovesse essere impugnato di fronte alla giurisdizione esclusiva del TAR Lazio così come 81 Di diverso avviso era l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui il giudizio presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport non costituiva un vero e proprio lodo arbitrale ma rappresentava un provvedimento amministrativo suscettibile di impugnazione davanti al giudice amministrativo soltanto per i motivi di nullità previsti dall’art. 829 c.p.c156. La tesi argomentata era avvalorata sulla base di due considerazioni. In primo luogo, il Consiglio di Stato riteneva che l’arbitrato presso la Camera fosse «obbligatorio» così come confermato dalla stessa previsione normativa di cui all’art. 27 dello statuto del C.O.N.I., deducendo da questo la posizione di ultima istanza all’interno del diritto sportivo del Collegio arbitrale istituito. In secondo luogo, il Consiglio di Stato rilevava l’indisponibilità della «res litigiosa» sportiva e l’impossibilità di devolvere ad arbitri le relative controversie. Le questioni che riguardavano i provvedimenti delle federazioni sportive e del C.O.N.I., qualificati come atti amministrativi a valenza pubblicistica, davano luogo a posizioni di interesse legittimo e non a situazioni giuridiche soggettive come, invece, statuiva l’art. 6 della l. n. 250 del 2000 quando affermava «la previsto dalla l. n. 280 del 2003. Di questo avviso V. MIRRA, Primi commenti agli arbitrati della Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport. Verso la fine di “Calciopoli”: perplessità ed auspici, in Nuovo dir., 2007, p. 97, secondo cui: «L’arbitrato della Camera, per quanto riferibile anche all’ordinamento sportivo in generale, non può essere ricondotto al sistema disciplinare interno della Federazione sportiva di volta in volta interessata, anche perché l’organo arbitrale in questione è organo del Coni e non della Federazione. L’oggetto del giudizio dovrà essere individuato, pertanto, non nella impugnazione della sanzione disciplinare federale, ma nella volontà della Federazione sportiva esplicitatasi attraverso le decisioni dei propri organo di giustizia». 155 Secondo tale articolo: «Il lodo è soggetto all’impugnazione per nullità, per revocazione e per opposizione di terzo». L’impugnazione si propone sempre dinanzi alla Corte d’appello nel cui distretto ha sede l’arbitrato. 156 Sulla natura «amministrativa» del giudizio reso dalla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport la dottrina è molto ampia. Si veda F. VALERINI, La Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo sport: natura del procedimento e regime degli atti, in Riv. arb., 2007, p. 92 s.; A.M. MARZOCCO, Sulla natura e sul regime di impugnazione del lodo reso negli arbitrati presso il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, cit., p. 58 s.; A. R. TASSONE, Tra arbitrato amministrato e amministrazione arbitrale: il caso della “Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport”, cit., p. 289 s. 82 possibilità di devolvere ad arbitri le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo». Inoltre, il giudizio reso dalla Camera avrebbe costituito un riesame giustiziale, un provvedimento amministrativo di secondo grado promosso in conseguenza di un reclamo, che avrebbe confermato la natura della Camera quale organo di vertice della giustizia sportiva. Il dibattito giurisprudenziale sul ruolo e sulla natura della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport si concluse, apparentemente, nel 2007 quando il TAR Lazio conformò il proprio orientamento a quello del Consiglio di Stato157, ribadendo il carattere amministrativo del lodo arbitrale della Camera158. Tale conclusione fu rafforzata da un’ultima pronuncia del Consiglio di Stato che sottolineò come le indicazioni del regolamento della Camera sulla natura rituale o irrituale del lodo emesso erano valide per qualificare l’intero procedimento giustiziale piuttosto che qualificare il giudizio reso159. 17. I repentini cambiamenti che avevano interessato il fenomeno sportivo nel corso degli ultimi anni avevano finito per incidere profondamente sul sistema di giustizia e arbitrato per lo sport. Lo statuto del C.O.N.I. del 2008 prevedeva 157 Si tratta della storica sentenza Tar Lazio, Roma, 21 giugno 2007, n. 5645, in Foro it., 2007, 9, III, p. 473 s., che aveva visto il ricorso della società di calcio «Arezzo S.p.a.» avverso la decisione della F.I.G.C. che le aveva inflitto una pesante penalizzazione per illecito sportivo, per fatti insorti nella stagione calcistica 2005/2006. Come sottolinea A. MATRANGA, TAR Lazio: sussiste giurisdizione G.A. sulle controversie relative a sanzione disciplinare, in www.filodiritto.com., «le decisioni della Camera di Conciliazione e di Arbitrato per lo Sport, organo al quale compete , ex art. 12 dello Statuto C.O.N.I., la pronuncia definitiva sulle controversie che contrappongono una Federazione a soggetti affiliati o tesserati, non costituiscono un lodo arbitrale ma hanno il carattere sostanziale di provvedimento amministrativo, in ragione della natura di interesse legittimo delle posizioni giuridiche azionate». 158 F. TORTORELLA, Ultimo giro di valzer del TAR LAZIO: la pronuncia della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport ha natura di provvedimento amministrativo, in Riv. dir. econ. sport, 2007, p. 73 s. 83 all’art. 12 l’istituzione di due nuovi organi: l’Alta Corte di Giustizia Sportiva e il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport160. Il primo organo, introdotto dall’art. 12-bis dello statuto del C.O.N.I., aveva una funzione consultiva e giustiziale e rappresentava l’ultimo grado della giustizia sportiva per la risoluzione di liti in materia di sport che avessero ad oggetto diritti indisponibili. In particolare, il legislatore aveva immaginato un ruolo di chiusura del sistema di giustizia sportiva per tutte quelle questioni per le quali non fosse stato possibile il ricorso all’arbitrato. Tale organo, dunque, poteva svolgere sia una funzione «di governo» che una funzione «consultiva». Con la prima, esso rappresentava l’ultimo grado di giustizia su questioni o controversie di particolare rilevanza per l’ordinamento sportivo nazionale. Con la seconda, esso poteva svolgere una serie di attività che potevano prevedere la possibilità di emettere pareri su richiesta del C.O.N.I. e delle federazioni sportive, di approvare i codici dei giudizi di fronte al Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport ovvero di svolgere altre attività di giustizia, riprendendo, nella sostanza, le funzioni e le strutture della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport previste dal previgente testo dell’art. 12 dello statuto del C.O.N.I161. 159 F. CAMPIONE, Il punto sull’arbitrato sportivo, cit., p. 529. Come sostiene T. E. FROSINI, L’arbitrato sportivo: teoria e prassi, cit., p. 561 s.: «il nuovo statuto del CONI prevede ora un sistema di giustizia e arbitrato per lo sport strutturato in analogia a quanto previsto dal Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna, ed è composto dall’Alta Corte di Giustizia Sportiva e dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, operanti presso il CONI in piena autonomia e indipendenza. Il motivo che ha indotto a riformare l’organo arbitrale operante presso il CONI non è stato, come si sarebbe portati a credere, una vicenda che, nell’agosto del 2007, ebbe una vasta eco sui giornali, a proposito di un arbitrato tra Pallacanestro Treviso spa e la Federazione italiana pallacanestro, ma piuttosto l’esigenza di correggere alcune asimmetrie presenti nel procedimento arbitrale». 161 L. COLANTUONI, Diritto sportivo, cit., p. 563 s. 160 84 L’organo si componeva di cinque giuristi di chiara fama e competenza, nominati tra i magistrati delle giurisdizioni superiori ordinarie ed amministrative, tra i professori universitari di prima fascia, anche a riposo, e gli avvocati dello Stato con almeno quindici anni di anzianità. I componenti eletti nominavano, quindi, al proprio interno il Presidente. Secondo un orientamento diffuso, il procedimento reso dall’Alta Corte non aveva natura arbitrale ma costituiva uno dei più importanti mezzi di impugnazione delle decisioni emesse dagli organi federali di giustizia sportiva al punto che i ricorsi resi venivano effettuati per riformare le decisioni degli organi federali, proposti con riferimento ad eventuali vizi e difformità della pronuncia censurata162. L’art. 12-ter del nuovo statuto del C.O.N.I. aveva istituito, invece, il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport. Si trattava di un organo a cui erano assegnate funzioni arbitrali e che trovava espresso rinvio nelle clausole compromissorie previste dagli statuti federali in merito a controversie che contrapponevano una federazione a soggetti affiliati, tesserati o licenziati, a condizione che fossero stati previamente esauriti i ricorsi interni alla federazione163. Il tribunale era composto da membri del collegio arbitrale scelti da un’apposita lista di esperti fino ad un massimo di cinquanta, selezionati dall’Alta corte di giustizia sportiva tra magistrati, professori universitari di ruolo, ricercatori, avvocati dello Stato e, in un numero non superiore a tre, da alte personalità del mondo sportivo che avessero specifiche e comprovate competenze giuridiche in tema di sport. 162 V. VIGORITI, La giustizia sportiva nel sistema Coni, in Riv. arb., 2009, p. 403 s. Così come per l’Alta corte di giustizia sportiva, vi erano delle limitazioni di competenza anche per il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport. In particolare, erano sottratte alla competenza del tribunale le decisioni soggette ad impugnazione nell’ambito della giustizia federale ovvero quando si trattava di controversie che avevano comportato sanzioni inferiori a centoventi giorni, un’ammenda massima di diecimila euro ovvero decisioni riguardanti casi di doping. 163 85 Il procedimento reso dal tribunale aveva natura arbitrale; tale organo provvedeva alla soluzione delle controversie attraverso lodi emessi da un arbitro unico ovvero da un collegio arbitrale. Attraverso questa riforma, il legislatore aveva realizzato un nuovo sistema di giustizia e arbitrato per lo sport che, pur mantenendo la ratio dell’art. 12 dello statuto del C.O.N.I., aveva prodotto un doppio binario: da un lato, vigeva l’operato dell’Alta corte di giustizia sportiva che decideva nel merito di diritti indisponibili con un provvedimento di carattere amministrativo; dall’altro, vigeva l’operato del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport che decideva su diritti disponibili secondo un procedimento arbitrale164. 18. Il processo di riforma del sistema di giustizia sportiva predisposto dal C.O.N.I. aveva subìto, dunque, significative modifiche. I maggiori cambiamenti avevano riguardato l’organo che gestiva i procedimenti arbitrali; la riforma, infine, aveva provveduto ad eliminare le incertezze giuridiche che caratterizzavano i procedimenti arbitrali fino al 2008. Il nuovo articolo 12-ter aveva introdotto il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, che aveva preso il posto detenuto dalla Camera di conciliazione e di arbitrato per lo sport quale organo che amministrava gli arbitrati sportivi in seguito ad impugnazioni dei provvedimenti federali. In prima battuta, la nuova denominazione dell’organo aveva dato l’idea di un vero e proprio luogo di giurisdizione arbitrale che si concretizzava attraverso l’istituzione del «Codice dei giudizi innanzi al Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport e disciplina degli arbitri»165. 164 165 M. SANNINO E F. VERDE, Il diritto sportivo, cit., p. 561. T. E. FROSINI, L’arbitrato sportivo: teoria e prassi, cit., p. 564 s. 86 Il nuovo organo, tuttavia, si era differenziato anche per aver modificato due aspetti della procedura della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport. Il primo riguardava le posizioni di terzietà dei collegi arbitrali che aveva annullato qualsiasi dubbio interpretativo sulla questione relativa alla nomina del terzo arbitro. Prima della riforma, la scelta era rimessa al Presidente della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, effettuata su un apposito elenco di soli dieci nominativi passibili di nomina. Il codice predisponeva all’art. 6 che le controversie potevano essere decise da arbitri unici ovvero collegi arbitrali composti da tre membri tutti tratti da un elenco istituìto presso lo stesso tribunale ovvero che, in assenza di specifiche disposizioni, l’organo decidente fosse costituito in forma collegiale dove le parti designavano i rispettivi arbitri e questi, di comune accordo, individuavano il terzo con funzioni di presidente. Il secondo riguardava le norme applicabili all’intera procedura arbitrale. Secondo quanto predisposto, le controversie attribuite al tribunale erano decise in conformità dei principi e delle norme del diritto sportivo e del nuovo codice dei giudizi introdotto; per le questioni rilevanti per l’ordinamento dello Stato si applicavano le norme previste dall’ordinamento giuridico. In questa fase transitoria di passaggio, ci si è interrogati sul fatto se ci fossero delle limitazioni di sorta alla competenza del Tribunale. Su tutte, la previsione sancita dall’art. 30 dello statuto della F.I.G.C. laddove prevedeva espressamente dei limiti all’applicazione della procedura prevista dal Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport per la soluzione di alcune questioni decise con lodo arbitrale presso la stessa federazione166. In particolare, ci si è chiesti, in dottrina, se fosse applicabile l’art. 30 dello statuto della F.I.G.C. che escludeva il ricorso all’arbitrato per le sanzioni che 166 T. E. FROSINI, o.u.c., p. 564 s. 87 avessero valore unitario inferiore a cinquantamila euro ovvero l’art. 12-ter dello statuto del C.O.N.I. che invocava il ricorso alla competenza arbitrale per le sanzioni non inferiori a diecimila euro. A far chiarezza sul tema, si erano segnalati due recenti provvedimenti del Tribunale. Con il primo167, si affermava la competenza del collegio arbitrale nazionale per quelle questioni che, pur non essendo previste dallo statuto di una federazione sportiva, fossero rilevanti per il C.O.N.I. e per l’intero movimento sportivo. La pronuncia in esame argomentava, nello specifico, che la competenza spettante agli organi di giustizia del comitato olimpico non potesse essere condizionata dalle norme previste dagli statuti delle singole federazioni ma solo da altre norme superfederali previste dal comitato olimpico stesso. Con il secondo168, invece, si stabiliva che i presupposti per l’avvio di una qualsiasi procedura arbitrale fossero sanciti da una clausola compromissoria che determinasse le modalità di perfezionamento dell’intero procedimento. Pertanto, con riferimento ai principi contenuti all’art. 30 della F.I.G.C. potevano essere devolute ad arbitrato solamente quelle questioni per le quali non fossero previsti o fossero esauriti i gradi interni di giustizia federale. 167 Si tratta del lodo emesso dal TNAS con data 3 settembre 2009, in riferimento al ricorso presentato dalla società «A.S.C. Settebagni Calcio» contro la società «Pro Calcio Sabina» per aver schierato in campo il giocatore Tiberti Giuliano nonostante il medesimo risultasse squalificato per recidività in ammonizione. La società di calcio «A.S.C. Settebagni Calcio» ricorreva contro l’omologazione del risultato di gara da parte degli organi della giustizia federale ed invocava la competenza del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport. La F.I.G.C. si era costituita in giudizio dichiarando inammissibile il ricorso perché questo aveva ad oggetto l’omologazione del risultato di una manifestazione, materia nella quale il Tribunale difettava di competenza. 168 E’ il lodo emesso dal TNAS con data 15 dicembre 2009, in riferimento al ricorso presentato dalla società «Ascoli Calcio 1989 Spa» nei confronti della F.I.G.C., in relazione alla sanzione di diecimila euro inflitta dalla stessa federazione in seguito al comportamento irriguardoso di alcuni sostenitori che avevano inveito con cori intimidatori contro il comportamento dell’assistente di gara Alessandroni Marco. La sanzione di diecimila euro veniva confermata, successivamente, anche dalla Corte di giustizia federale presso la stessa F.I.G.C. motivo per cui con atto depositato 88 Quest’ultima ipotesi sembrava essere la più corretta. Il lodo in esame sembrava riconoscere, in primo luogo, la possibilità ai contraenti di ricorrere all’arbitrato per la risoluzione di quelle liti espressamente previste dallo statuto della federazione di cui facevano parte; in secondo luogo, poi, consentiva di ribadire, più precisamente, il ruolo e la funzione del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport quale organo di vertice che amministrava gli arbitrati nel diritto sportivo, così come espressamente previsto dall’art. 12-ter dello statuto del C.O.N.I. 19. In questo nuovo contesto normativo, delineato dalla riforma dello statuto del C.O.N.I. del 2008, un ulteriore interrogativo, per gli interpreti del diritto, aveva riguardato la natura giuridica del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport e delle relative decisioni emesse. L’oggetto della discussione si era concentrato sul fatto se potessero essere applicate anche a tale organo le conclusioni che avevano condotto il Consiglio di Stato a negare alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport la sua natura arbitrale ovvero ad affermare, secondo un orientamento consolidato, la natura di provvedimento amministrativo delle decisioni rese; in alternativa, la possibilità di riconoscere la natura arbitrale del Tribunale e delle rispettive decisioni emesse secondo quanto disposto dal Regolamento che ne disciplinava la sua attività169. Alcuni sostenevano che attribuire natura arbitrale al TNAS fosse una scelta piuttosto discutibile. in data 30 ottobre 2009, Prot. n. 2033, l’«Ascoli Calcio 1989 Spa» proponeva istanza di arbitrato dinanzi al Tribunale nazionale. 169 Di questo avviso A.M. MARZOCCO, Sulla natura e sul regime di impugnazione del lodo reso negli arbitrati presso il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, cit., p. 58 s. Il TNAS viene così definito dall’art. 1 del Regolamento: «Il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport di cui all’art. 12-ter dello Statuto del CONI amministra gli arbitrati disciplinati dal presente Codice e, senza pregiudizio delle competenze spettanti all’Alta Corte di Giustizia sportiva di cui all’art. 12bis dello Statuto del CONI, il corretto e spedito svolgimento delle procedure arbitrali». 89 Si evidenziava, a tal proposito, come anche la stessa Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport fosse stata, in passato, definita come un organo di natura arbitrale, orientamento, tuttavia, dichiarato illegittimo dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che con una serie di decisioni conformi aveva sancito il carattere amministrativo delle pronunce emesse da tale organo. In particolare, secondo questo orientamento, sussistevano forti perplessità con riferimento alle decisioni su controversie di tipo disciplinare ed amministrativo. In primo luogo, così come previsto per la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, si sosteneva che le questioni sottoposte al Tribunale riguardavano provvedimenti amministrativi emanati dalle singole federazioni sportive, considerate enti di diritto pubblico dipendenti dal C.O.N.I. Inoltre, tali provvedimenti incidevano su interessi legittimi di diritto pubblico e, così come sancito dall’art. 6 della l. n. 205/2000, non riguardando situazioni giuridiche soggettive, non potevano essere sottoposti ad arbitrato. Da qui la conseguenza che l’intera procedura resa dal TNAS non poteva essere considerata come arbitrale ma come un provvedimento amministrativo incidente su interessi legittimi170. Tale tesi era rafforzata anche in considerazione del fatto che le attività poste in essere dall’intero movimento sportivo, che riceveva annualmente dall’ordinamento statale un importante contributo finanziario, finalizzato a 170 Come osserva F. LUISO, Il tribunale nazionale arbitrale per lo sport. Il punto di vista del processualista, in Riv. arbitrato, 2010, p. 13: «sembra chiaro che il lodo del TNAS può essere qualificato come vero e proprio lodo solo se attinente ad un interesse soggettivo: ove fosse pronunciato un lodo attinente ad un interesse legittimo, esso dovrebbe essere qualificato come inesistente, secondo l’opinione prevalente, per la quale il lodo pronunciato in materia indisponibile è inesistente». 90 garantire l’organizzazione e la regolarità dei campionati, dovessero avere, anche per questo, carattere pubblicistico171. Da ultimo, la stessa materia disciplinare era riconosciuta come espressione di attività di tipo amministrativo, sia con riferimento alle decisioni del Tribunale nazionale in materia di doping, sia con riferimento alle decisioni dell’Alta corte di giustizia presso il CONI, per le questioni disciplinari di estrema rilevanza per l’intero movimento sportivo nazionale172. Un diverso orientamento, sostenuto da alcune pronunce giurisprudenziali, aveva avvalorato la tesi della natura arbitrale dell’intero procedimento reso dinanzi al TNAS. La conclusione in atto era confermata, in primo luogo, dall’art. 12 comma 1 dello Statuto del C.O.N.I. che qualificava il TNAS come organo del C.O.N.I., autonomo ed indipendente, che amministrava gli arbitrati nel diritto sportivo. Il tribunale, inoltre, era deputato a decidere quelle controversie che erano espressamente previste dagli statuti e dai regolamenti delle federazioni sportive nazionali e aveva competenza arbitrale sulle questioni che contrapponevano le stesse federazioni a soggetti affiliati, tesserati o licenziati a condizione che fossero esauriti i ricorsi interni alle singole federazioni. 171 A sostegno di tale tesi E. LUBRANO, Il tribunale nazionale arbitrale per lo sport (TNAS): analisi della giurisprudenza (anni 2009-2010) e della natura delle relative decisioni, in Riv. dir. econ. sport, 2010, p. 77 s. 172 La condizione di rilevanza delle situazioni disciplinari per l’ordinamento sportivo nazionale era desumibile dall’art. 1 del Codice dell’Alta corte di giustizia sportiva che così si esprimeva: «Condizioni di ammissibilità del giudizio avanti all’Alta Corte sono la notevole rilevanza delle controversie per l’ordinamento sportivo nazionale, valutata dall’Alta Corte in ragione delle questioni di fatto e di diritto in esame, e l’avvenuto esperimento dei rimedi o ricorsi previsti dalla giustizia sportiva federale». Ne derivava, dunque, che qualsiasi controversia rilevante per l’ordinamento sportivo non poteva essere rimessa alla decisione del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport ma soltanto alla competenza dell’Alta Corte la cui procedura si caratterizzava per essere di natura amministrativa. 91 La procedura applicabile era quella inderogabile prevista dal Codice di procedura civile in tema di arbitrato nonché, per le controversie rilevanti per l’ordinamento dello Stato, le disposizioni di quest’ultimo. La natura arbitrale del Tribunale era affermata anche per effetto della stessa riforma dello statuto del C.O.N.I. che aveva previsto un doppio binario per la soluzione delle controversie sportive: l’Alta corte di giustizia sportiva, organo di natura amministrativa e ultimo grado di giustizia per le questioni rilevanti per il diritto sportivo e il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, vero e proprio organo arbitrale, alternativo a quello dell’Alta corte di giustizia sportiva173. Le pronunce rese dal Tribunale erano dei lodi arbitrali rituali e non provvedimenti amministrativi. Gli orientamenti del Consiglio di Stato, che sancivano la non compromittibilità in arbitrato delle controversie sportive in cui vi era una violazione non di situazioni giuridiche soggettive ma di interessi legittimi di diritto pubblico, sono stati superati. La ratio era confermata dallo stesso art. 12-ter dello statuto del C.O.N.I. laddove qualificava espressamente l’arbitrato del TNAS come un «arbitrato rituale174» di diritto ovvero, da ultimo, dall’art. 28 del regolamento del TNAS 173 A.M. MARZOCCO, Sulla natura e sul regime di impugnazione del lodo reso negli arbitrati presso il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, cit., p. 78 s., sostiene a tal proposito che: «Il TNAS, oltre a non essere l’organo alternativo (ed eventuale) di vertice della giustizia sportiva, non è neppure un organo di giustizia sportiva, con una chiara implicazione sull’ambito della c.d. pregiudiziale sportiva: le parti possono scegliere, nei limiti della competenza arbitrale, di avvalersi dell’arbitrato amministrato del TNAS; se non ricorre tale scelta, la controversia spetta all’Alta Corte, quale organo di giustizia sportiva». 174 Come puntualizza M. CURTI, L’arbitrato irrituale, Torino, 2005, p. 38 s., netta è la distinzione tra arbitrato rituale ed irrituale: «Nell’arbitrato rituale, le parti stesse intendono pervenire alla pronuncia di un lodo suscettibile di esecutività onde produrre gli effetti di cui all’art. 825 c.p.c., con l’osservanza del regime formale del procedimento arbitrale, in quello irrituale, invece, esse intendono affidare all’arbitro la soluzione di una controversia attraverso uno strumento strettamente negoziale, mediante cioè, una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibili alla loro volontà, impegnandosi a considerare la decisione degli “arbitri” come espressione, appunto, di tale, personale volontà». 92 stesso quando sosteneva che i lodi arbitrali aventi ad oggetto controversie rilevanti per l’ordinamento della Repubblica erano sempre impugnabili per nullità dinanzi alla Corte Appello175, anche se tali controversie erano sottoposte alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo176. Ad ulteriore conferma di ciò, un ultimo dato normativo era rappresentato dall’art. 6 della l. n. 205/2000 che specificava come le controversie che riguardavano diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo potevano essere risolte mediante ricorso ad arbitrato rituale di diritto177. 20. L’adozione di meccanismi arbitrali per la risoluzione delle controversie sportive ha riguardato non solo l’Italia ma ha avuto anche importanti riflessi internazionali. Il sistema che ha provveduto alla creazione di importanti organismi 175 In senso conforme Cass. S.U., 3 luglio 2006, n. 15204, in Foro amm. CDS, 2006, XI, p. 2998; Cass., 12 luglio 2005, n. 14545, in Giust. civ. Mass., 2005, p. 6. Si ribadisce, con la presente, che l’impugnazione di lodi arbitrali rituali nell’ambito di controversie riconducibili all’art. 6 l. n. 205 del 2000, così come per ogni altro lodo rituale, deve essere proposta dinanzi alla Corte di Appello nella cui circoscrizione ha sede l’arbitrato. Il giudice, in questo caso, ha il potere-dovere di decidere nel merito ai sensi dell’art. 830, comma 2, c.p.c. 176 Giova ricordare che un lodo può essere impugnato, ai sensi dell’art. 827 c.p.c. per nullità, per revocazione e per opposizione di terzo. Al lodo irrituale, tuttavia, non è data l’impugnazione per nullità, ragione per cui, così come espressamente previsto dall’art. 28, il lodo arbitrale del TNAS veniva considerato come rituale. Più in generale sul problema dell’impugnazione del lodo si veda A. CHIZZINI, Brevi note in tema di procedura arbitrale sportiva, contraddittorio, natura e regime di impugnazione dei lodi, in Giusto proc. civ., 2011, p. 667 s. In particolare, infine, come afferma G. BARBIERI E E. BELLA, Il nuovo diritto dell’arbitrato, Padova, 2007, p. 434 s.: «La configurazione del lodo irrituale quale vincolo contrattuale impone, infine, il richiamo alla disciplina vigente in materia di obbligazioni e contratti per ciò che concerne la sua esecutività e, per quanto non espressamente disciplinata dal secondo comma dell’art. 808-ter c.p.c., la sua impugnabilità. Dalla natura contrattuale del lodo libero, poi, discende l’assoggettabilità dello stesso non già ai mezzi di impugnazione previsti dal codice di rito per l’arbitrato rituale, quanto a quelli dettati dall’art. 808-ter, secondo comma, c.p.c. e a quelli che si ritiene permangano utilizzabili di carattere sostanziale propri dei contratti, in relazione a quei vizi che ne determinano la nullità o la annullabilità » 93 arbitrali internazionali è stato avviato negli anni Ottanta dal CIO che ha contribuito alla creazione del Tribunale arbitrale dello sport (TAS) con sede a Losanna. Tale organo, entrato in vigore nel 1984, rappresenta, ancora oggi, il sistema più evoluto di risoluzione delle controversie sportive alternativo alla giurisdizione statale. La crescente diffusione internazionale dei sistemi di ADR, in primis dell’arbitrato, ha permesso di assicurare mezzi di tutela più funzionali ai soggetti del diritto sportivo. In particolare, l’arbitrato svolge una funzione potenzialmente sostitutiva della giurisdizione statale nello sport e garantisce strumenti di tutela alternativi delle posizioni giuridiche soggettive garantite dall’ordinamento178. Il Tribunale arbitrale per lo sport è stato concepito come un organo permanente del CIO e competente a dirimere le controversie relative a diritti indisponibili. In seguito ai dubbi sulla sua reale autonomia e sull’ indipendenza dei giudizi assunti dai suoi membri, l’istituto è stato sottoposto ad una serie di riforme179. Il lungo iter normativo ha permesso che il TAS fosse dotato di un Codice che ne regolasse la sua attività, ne permettesse il suo progressivo distaccamento dal CIO e lo rendesse più forte rispetto alle pressioni esterne cui era sottoposto. Il complesso di norme prevedeva, tra le altre cose, la creazione del «Consiglio internazionale dell’arbitrato in materia di sport (CIAS)», fondazione di diritto svizzero dotata di personalità giuridica, che poteva esercitare diverse funzioni. Tale ente poteva, innanzitutto, svolgere funzioni di carattere organizzativo e finanziario che riguardavano il Tribunale arbitrale, come ad esempio provvedere 177 A tali conclusioni giunge F. LUISO, Il tribunale nazionale arbitrale per lo sport. Il punto di vista del processualista, cit., p. 14. 178 L. FUMAGALLI, Il Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) e il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (TNAS): due sistemi a confronto in AA. VV., Il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport. Aspetti processuali e sostanziali, Napoli, 2011, p. 77 s. 179 I riferimenti testuali sul tema sono ampi. Su tutti si approfondisca R. STINCARDINI, Tribunale arbitrale dello sport. Analisi della riforma 2010 del codice, in Riv.dir. econ. sport, 2010, p. 75 s.; A. NOVARA, Il tribunale arbitrale dello sport di Losanna, in Contratti, 2004, p. 211 s.; 94 alla nomina dei presidenti delle camere che componevano il TAS; poteva provvedere alla nomina dei membri che componevano il collegio arbitrale; poteva gestire i fondi destinati al Tribunale. Il CIAS poteva inoltre esercitare funzioni giurisdizionali potendo decidere nel merito sulla revocazione e sulla ricusazione degli arbitri180. Il sistema arbitrale internazionale prevedeva, dunque, la contemporanea presenza di due organi: da un lato, il CIAS, che aveva il compito di promuovere la diffusione delle procedure arbitrali nello sport e salvaguardare l’operato del Tribunale arbitrale; dall’altro, lo stesso TAS cui spettava la risoluzione delle controversie sportive. Ancora oggi, il TAS svolge funzioni giurisdizionali per le questioni che coinvolgono sia persone fisiche che giuridiche in materia sportiva; tuttavia, può svolgere anche funzioni consultive che possono consistere nella redazione di pareri non vincolanti richiesti dal CIO, dalle federazioni internazionali e dai comitati olimpici su problematiche giuridiche connesse allo sport. Il compito principale del tribunale è quello di prestare la massima attenzione ai costi del procedimento. Per garantire un più ampio accesso ai meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie, il tribunale ha fissato dei limiti quantitativi di costo; in particolare, il costo per il procedimento d’appello previsto per le questioni di carattere internazionale è completamente gratuito poiché nessun pagamento è richiesto alle parti per il funzionamento dell’organo arbitrale181. Da un punto di vista organizzativo, il TAS si compone di due camere arbitrali: una prima, «la Chambre d’arbitrage ordinaire», che si pronuncia in unica istanza 180 R. STINCARDINI, o.u.c., p. 75 s.; C. G. IZZO, La giustizia sportiva, in C. G. IZZO, A. MERONE E M. TORTORA (diretto da), Il diritto dello sport, Torino, cit., p. 294 s. 181 Sui costi della procedura si legga L. FUMAGALLI, Il Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) e il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (TNAS): due sistemi a confronto, cit., p. 77 s. 95 come un arbitrato amministrato su problematiche, in materia sportiva, nascenti da un accordo, un contratto, ovvero laddove vi sia una clausola compromissoria o un patto d’arbitrato successivo stabilito dalle parti182; una seconda, «la Chambre arbitrale d’Appel», che permette al TAS di svolgere funzioni di giudice di secondo grado su sanzioni disciplinari rese da tribunali di federazioni, associazioni ed organismi sportivi183. Le due camere son dirette da due distinti presidenti e dispongono di una lista di arbitri, comune ad entrambe, da cui scegliere i componenti del collegio giudicante. Tale lista è composta da oltre centocinquanta nominativi, rappresentativi della maggior parte dei paesi del mondo, di comprovata competenza ed esperienza nel settore sportivo. Differenti, tuttavia, sono i procedimenti delle due camere. Il procedimento ordinario si apre con la presentazione della domanda di arbitrato presso il tribunale. Tale domanda ha origine da un compromesso o da una clausola compromissoria contenuta negli statuti delle federazioni di appartenenza. Essa deve contenere gli elementi distintivi della controversia e deve essere depositata presso la cancelleria del tribunale che provvede a dare comunicazione alla controparte e a fissare i termini per la risposta. 182 L. FUMAGALLI, o.u.c., p. 77 s. Si veda anche M. CICOGNA, Il Tribunal arbitral du sport (TAS) di Losanna, in C. VACCÀ (a cura di), Giustizia sportiva e arbitrato, Milano, 2006, p. 139 s. Secondo l’autore: «Volendo provare a svolgere un’elencazione di controversie sottoposte alla decisione del TAS in via ordinaria, suddivise per macroaree, si possono individuare le seguenti: contratti di sponsorizzazione tra atleti e società commerciali, contratti di lavoro tra club e, per esempio, allenatori, contratti di licenza per l’utilizzazione dell’immagine dell’atleta, contratti di fornitura gratuita di equipaggiamento sportivo, contrasti tra federazioni dello stesso paese in materia di rappresentatività nazionale in competizioni internazionali, questioni in materia di responsabilità civile dell’organizzatore di manifestazioni sportive, controversie sulla nazionalità sportiva del giocatore». 183 Ancora M. CICOGNA, o.u.c., p. 146: «In appello, invece, la materia di elezione delle controversie sottoposte al TAS sembra essere il doping. La maggior parte delle decisioni rese dal TAS in funzione di giudice di secondo grado ha avuto per oggetto il riesame di decisioni prese dagli organi di giustizia interna delle singole federazioni nazionali che decretavano ora sospensioni 96 Il codice di arbitrato sportivo stabilisce che la nomina degli arbitri è rimessa alla libera volontà delle parti; qualora, invece, il giudizio sia affidato ad un arbitro unico questo deve essere designato da entrambe le parti, di comune accordo, ovvero dal Presidente della camera arbitrale. Il procedimento prevede un tentativo di conciliazione esperibile dallo stesso Presidente della camera o dallo stesso collegio convenuto, senza obblighi formali ma con l’imposizione di recepirne l’esito in un lodo arbitrale. L’arbitrato può prevedere la partecipazione di un terzo al procedimento. La fattispecie può riguardare sia il caso che un convenuto possa chiamare e far intervenire un altro soggetto nella disputa ovvero che l’istanza di intervento sia presentata dal terzo stesso. La procedura si conclude con l’emanazione del lodo, reso con la maggioranza dei voti dei componenti del collegio, ovvero in difetto, può essere reso dal solo Presidente del collegio. Il lodo arbitrale, una volta notificato, è esecutivo, definitivo e può essere ammesso solo un ricorso per nullità184. Il procedimento d’appello esamina i ricorsi proposti contro le decisioni adottate dagli organi interni delle federazioni sportive nazionali. Il ricorso può riguardare qualsiasi tipo di provvedimento; tuttavia, molto spesso, il collegio della camera d’appello del TAS è chiamato a giudicare su provvedimenti disciplinari185 che decretano la sospensione o l’esclusione di un soggetto dall’attività sportiva con conseguenze economiche molto importanti. Anche in questo caso, il ricorso è ora radiazioni o altre sanzioni nei confronti di atleti ritenuti colpevoli di aver assunto sostanze dopanti. Questo è, di gran lunga, uno dei maggiori filoni di attività del TAS». 184 Per i procedimenti resi dalla «Chambre d’arbitrage ordinaire» si può consultare M. CICOGNA, o.u.c., p. 139 s.; L. FUMAGALLI, La giurisdizione sportiva internazionale, in E. GREPPI E M. VELLANO (a cura di), Diritto internazionale dello sport, Torino, 2010, p. 117 s. 185 Come puntualizza giustamente V. VIGORITI, Il «Tribunal Arbitral du Sport»: struttura, funzioni, esperienze, in Riv. arb., 2000, p. 425 s. quello disciplinare è un settore particolarmente rilevante per il diritto sportivo che rivendica la propria competenza e guarda in maniera poco favorevole a qualsiasi intervento del giudice statale. 97 possibile solo laddove espressamente previsto dagli statuti o regolamenti degli enti federali coinvolti ovvero quando le parti abbiamo concluso una convenzione arbitrale ad hoc e la decisione sia definitiva, cioè siano esauriti i gradi della giustizia sportiva e questa non sia più impugnabile davanti agli organi competenti. Il ricorso in appello davanti al tribunale arbitrale di Losanna permette di rendere alle parti coinvolte in una lite un processo equilibrato, in grado di soddisfare le esigenze di tutela delle stesse ed evitare di portare il conflitto fuori dall’ambito sportivo186. Il procedimento si apre con la presentazione della domanda che deve essere proposta nei termini previsti dalla convenzione arbitrale sottoscritta dalle parti o, in mancanza, entro ventuno giorni dal ricevimento della comunicazione, resa all’appellante, della decisione impugnata. Entro dieci giorni dalla scadenza del termine d’appello, il ricorrente deve depositare una memoria contenente i motivi dell’appello e una descrizione degli elementi di fatto e di diritto poste a fondamento dell’appello stesso. Il convenuto, a sua volta, potrà depositare le sue memorie di replica entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione della presentazione della domanda del ricorrente187. Esaurita questa fase si costituirà il collegio che, normalmente, è costituto da tre arbitri. Le parti possono accordarsi, durante il ricorso, a favore di un organo arbitrale formato da un solo arbitro, possibilità consentita allo stesso Presidente 186 Osserva ancora V. VIGORITI, o.u.c., p. 433: «Lo strumento utilizzato per resistere alle pressioni di quanti intendono sottoporre al giudice le pronunce di condanna è, soprattutto, il vincolo di giustizia, che sancisce la soggezione degli affiliati agli organi interni di controllo della devianza disciplinare. È un conflitto permanente, non risolubile una volta per tutte, e che, anzi, tende ad assumere adesso toni più aspri per la grandezza crescente degli interessi in gioco. Naturale infatti che al maggior rilievo del fenomeno sportivo sul piano sociale ed economico si accompagni una domanda di controllo dall’esterno, ed è comprensibile che tale domanda sia rivolta in primo luogo al giudice statale». 187 L. FUMAGALLI, La giurisdizione sportiva internazionale, in E. GREPPI E M. VELLANO (a cura di), Diritto internazionale dello sport, cit., p. 130 s. 98 del tribunale che può affidare la risoluzione della lite ad un arbitro unico per motivi di urgenza e necessaria rapidità della causa. L’iter procedurale si connota per il «plein pouvoir d’examen» concesso ai componenti del collegio. Gli arbitri, infatti, sono investiti di ampi poteri di verifica dei punti di fatto e di diritto oggetto della lite; i loro poteri possono non limitarsi a verificare la regolarità formale o la legittimità del provvedimento impugnato ma esaminare direttamente i fatti che hanno portato a quella sentenza impugnata. A tal fine, essi possono richiedere copia dei documenti che riguardano la sentenza in esame al tribunale che l’ha emanata. A differenza di quanto stabilito per la procedura ordinaria, il collegio arbitrale d’appello deve pronunciarsi entro un termine di quattro mesi dal deposito della dichiarazione d’appello, prorogabili su richiesta del Presidente del collegio. Il lodo è immediatamente esecutivo e può essere pubblicato dal TAS salvo che le parti convengano che la pronuncia suddetta debba rimanere confidenziale188. In via generale, il sistema arbitrale del TAS è fortemente legato alla disciplina svizzera tanto che i lodi del tribunale sono considerati senz’altro pronunce svizzere realizzando il presupposto che possa applicarsi il diritto svizzero in tema d’arbitrato. Lo stesso Codice TAS statuisce la regola secondo cui gli arbitrati del tribunale hanno sempre sede a Losanna, anche quando il collegio si riunisce in un luogo diverso o quando si costituisce una camera arbitrale ad hoc per dirimere la risoluzione di controversie che riguardano manifestazioni che si svolgono in paesi diversi dalla Svizzera. Il favor normativo è rafforzato ulteriormente dall’art. 176 della legge federale svizzera sul diritto internazionale privato secondo cui le disposizioni sull’arbitrato internazionale si applicano anche ai lodi resi dai tribunali arbitrali con sede in 188 M. CICOGNA, Il Tribunal arbitral du sport (TAS) di Losanna, cit., p. 153 s. 99 svizzera salvo che «al momento della stipulazione del patto di arbitrato, almeno una parte non risulti domiciliata né dimori abitualmente in Svizzera»189. Si è sottolineato come la legge federale svizzera di diritto internazionale privato delinei un quadro giuridico dell’arbitrato molto simile a quello italiano basato, da un punto di vista procedurale ed organizzativo, nel carattere volontario e negoziale della convenzione di arbitrato, nella terzietà del collegio giudicante, nel rispetto delle garanzie procedurali e nel fatto di esercitare una funzione sostitutiva della giustizia statale. Ci è chiesti, da più parti, se queste prerogative possano valere anche per il procedimento arbitrale del TAS. Innanzitutto, la competenza del TAS può essere invocata ogni volta che le parti di una controversia sportiva l’hanno prevista in una clausola compromissoria o in un compromesso anche se taluni tendono a rimarcare il carattere obbligatorio di tale arbitrato190. Inoltre, il procedimento arbitrale del TAS si caratterizza per l’imparzialità e la terzietà del collegio giudicante. Anche se la dottrina e la giurisprudenza hanno manifestato forti perplessità in passato, l’indipendenza del collegio è garantita dal CIO che ha decretato la fine del legame tra TAS e lo stesso CIO, anche se vi è chi 189 Così L. FUMAGALLI, Il Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) e il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (TNAS): due sistemi a confronto, cit., p. 90. 190 G. MANNUCCI, La natura dei lodi del tribunale arbitrale dello sport tra fenomenologia sportiva e ordinamento generale, in Dir. amm., 2010, p. 229 s. sottolinea come in realtà quando si parla di diritto sportivo si debba riconoscere che la volontarietà dell’arbitrato del TAS risente della struttura monopolistico-gerarchizzata del fenomeno sportivo e della situazione in cui versa lo sport organizzato. In particolare, le clausole compromissorie dipendono dal carattere monopolistico dell’intero sistema sportivo a livello nazionale. Chi sottoscrive una convenzione arbitrale in realtà compie una scelta obbligata di adesione al diritto sportivo e alle regole da questo previste in tema di giustizia. 100 sostiene che vi sia ancora una dipendenza mediata tra i due organi dallo stesso CIAS191. Il procedimento del TAS sembra affermare il rispetto delle garanzie procedurali proprie di un arbitrato. Sono indicative, in tal senso, le previsioni del Codice TAS quando impone il rispetto del contraddittorio ovvero quando obbliga il Presidente del collegio ad assegnare alla controparte un termine di dieci giorni per permettergli di presentare eventuali repliche e garantire la propria difesa. Infine, si ammette che la giurisdizione del TAS sia in qualche modo sostitutiva di quella statale. Il giudizio del tribunale è considerato come idoneo a dar vita ad un sindacato formale e sostanziale in quanto esso rappresenta l’alternativa privata alla giustizia statale per la risoluzione di quelle particolari controversie e non si configuri come organo di ultima istanza della giustizia sportiva192. Sulla base di queste premesse, si considera che il meccanismo di risoluzione delle controversie presso il TAS possa qualificarsi come «arbitrato rituale193» ai sensi del diritto svizzero e in applicazione della legge federale sul diritto internazionale privato. Le pronunce del tribunale sono considerate dei veri e propri lodi, impugnabili ai sensi dell’art. 190 LDIP per motivi di nullità, dinanzi al 191 G. MANNUCCI, o.u.c, p. 229 s. sostiene che tale dipendenza si riflette soprattutto sui procedimenti di nomina dei membri del CIAS. Secondo l’autore «ponendo l’attenzione ai meccanismi di nomica del CIAS, si nota come dei venti membri che lo compongono, quattro sono investiti direttamente dal CIO e altri otto dalle Federazioni Internazionali nonché dall’Associazione nazionale dei Comitati Olimpici, della cui assoluta indipendenza dal CIO pare lecito dubitare; i restanti otto membri, poi, vengono designati dai dodici già incaricati, tra personalità rappresentative degli atleti e giuristi di provata esperienza». 192 Cfr. G. MANNUCCI, o.u.c, p. 229 s. Come sottolinea l’autore, anche se si ammette che il TAS è l’ultimo grado di giustizia sportiva, si deve riconoscere la sua competenza su materie espressamente sottratte alla giudice statale. Se, al contrario, si riconosce la natura arbitrale del TAS si deve ammettere, allo stesso modo, che esso si sostituisce al giurisdizione ordinaria per effetto di quanto previsto dalle clausole compromissorie degli statuti federali. 193 Di tale avviso A. RIGOZZI, Arbitrati e Tribunale internazionale sportivo, in www.lk-k.com.; G. MANNUCCI, La natura dei lodi del tribunale arbitrale dello sport tra fenomenologia sportiva e ordinamento generale, cit., p. 229 s. 101 tribunale federale svizzero ovvero di fronte al giudice ordinario del luogo in cui ha sede l’arbitrato194. 194 V. VIGORITI, Il «Tribunal Arbitral du Sport»: struttura, funzioni, esperienze, cit, p. 425 s.; A. RIGOZZI, o.u.c., in www.lk-k.com. 102 CAPITOLO IV CONCLUSIONI Sommario: 21. La pretesa autonomia del diritto sportivo e i difficili rapporti con l’ordinamento giuridico dello Stato. - 22. Il delicato tema della giustizia sportiva e i dubbi di legittimità costituzionale della l. n. 280 del 2003. Il rispetto del diritto alla difesa, quale diritto inviolabile garantito dall’art. 24 Cost. e la sua problematica applicazione nello sport. - 23. Il tramonto dell’arbitrato nei sistemi di risoluzione delle controversie sportive e il nuovo assetto di giustizia offerto dalla riforma del C.O.N.I. del 2014. - 24. La realizzazione del «giusto processo» nel diritto sportivo. L’art. 111 Cost. e la necessità di garantire l’inviolabilità dei diritti processuali fondamentali nei procedimenti giurisdizionali resi dagli organi della giustizia sportiva. 21. La crescente rilevanza sociale che il fenomeno sportivo ha avuto nel corso degli anni ha imposto la necessità di inquadrare tale fenomeno anche da un punto di vista giuridico soprattutto per quanto riguarda i difficili rapporti con l’ordinamento giuridico dello Stato. Anche se persistono, allo stato attuale, ancora forti dubbi ed incertezze, sembra ormai pacifico considerare lo sport alla stregua di un vero e proprio ordinamento giuridico, al pari di altri fenomeni associativi sorti tra la fine del XIX e del XX secolo195. Tale orientamento, sostanzialmente accettato urbi et orbi dalla dottrina maggioritaria, affonda le proprie radici sulla base di una duplice considerazione. Da un lato, non si può tacere come le teorie «istituzionaliste» del Santi Romano sulla pluralità degli ordinamenti giuridici, abbiano permesso di sostenere 103 l’esistenza di ordinamenti giuridici ulteriori e diversi rispetto a quello statale. In dottrina, si è preso atto che, parallelamente all’ordinamento sovrano, convivono un insieme di ordinamenti giuridici minori portatori di interessi settoriali specifici196. Ad analoghe conclusioni sembra giungere la stessa Costituzione laddove all’art. 117 riconosce che vi sono materie la cui potestà non è strettamente riservata alla legislazione statale. Da un secondo punto di vista, il ruolo dello sport all’interno dell’ordinamento giuridico si è amplificato con la nascita e la regolamentazione del C.O.N.I., riconosciuto ormai pacificamente come l’ente pubblico di riferimento per la regolamentazione e la diffusione del fenomeno sportivo. La legge istitutiva del C.O.N.I., dunque, ha affermato non solo la natura pubblica di tale ente ma dell’intero sodalizio sportivo, capace di emettere, attraverso i propri organi federali, statuti, regolamenti e più in generale norme giuridiche di carattere assoluto. Tuttavia, secondo alcuni, la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici è più formale che sostanziale. Quando si parla di sport come di un ordinamento 195 G. BAROZZI REGGIANI, Autonomia dell’ordinamento sportivo: l’età crepuscolare?, in Dir. econ., 2013, p. 715 s. 196 Secondo la teoria del Santi-Romano il diritto, prima di essere norma e prima di concernere un semplice rapporto o una serie di rapporti sociali, è organizzazione, struttura e posizione della stessa società in cui si svolge e che esso costituisce come unità, come ente per sé stante. Il diritto dunque è istituzione. Di conseguenza, scaturendo il diritto dalla struttura della società, l’autore ammette che possano esistere una pluralità di ordinamenti giuridici. Tale tesi si colloca in posizione sostanzialmente opposta rispetto alla teoria normativistiva promossa da H. Kelsen che sostiene il riconoscimento di una sfera di validità della norma giuridica la quale non è da confondersi con i fatti e con le valutazioni emozionali. Pertanto, la norma giuridica deve essere rispettata non in quanto sia buona o giusta, bensì perché è stata prodotta in una data maniera ed è valida sul presupposto che esista una norma fondamentale che prefissi l’autorità creatrice del diritto. Nel sistema elaborato dal Kelsen emerge la sinergia tra Stato e diritto, come poc’anzi accennato. E’ lo stato ad attribuire alla norma giuridica il carattere di doverosità e quindi l’imputabilità della sanzione all’illecito. Secondo Kelsen, una norma fondamentale, configurabile e definibile come costituzione, non è posta ma piuttosto si tratta di una norma presupposta la quale è, come si dice, produttrice di diritto per la ragione che l’individuo e l’assemblea degli individui che hanno approvato la costituzione, su cui si basa l’ordinamento giuridico, sono considerati un’autorità. 104 giuridico si omette di precisare che in esso non vengono, spesso, ricompresi alcuni fenomeni sociali minori. Non solo, vi sono diverse realtà, quali ad esempio l’associazionismo amatoriale o alcuni casi di associazionismo dilettantistico che, in ragione della loro progressiva diffusione, dovrebbero a sua volta costituire esse stesse un ordinamento giuridico; vi sono, ancora, altre organizzazioni, tra loro non coordinate che, nonostante la loro rilevanza sociale, non sono coordinate dal C.O.N.I. o da un altro ente sportivo di vertice che le riconosca e le riunisca sotto di sé. Seguendo questa impostazione, i medesimi autori obiettano che quando si parla di ordinamento o di ordinamenti giuridici sportivi ci si limita ad esaminare solamente la realtà ufficiale dello sport e cioè quella riconosciuta e garantita dal C.O.N.I. Nella realtà, molto spesso, si tralascia la dimensione non organizzata del fenomeno sportivo la quale non è meno significativa e degna di tutela da parte dell’interprete. Ad alimentare il problema dei difficili rapporti tra sport e diritto vi è anche una ricca giurisprudenza che, nel corso del tempo, ha dimostrato di adottare, almeno a parole, la teoria pluralistica-ordinamentale adottata dagli autori del primo Novecento. Tale paradigma è confermato, in particolare, da una vecchia sentenza della Cassazione del 1978 secondo la quale l’ordinamento giuridico sportivo italiano è originario e dotato di potestà amministrativa e normativa ed è collegato all’ordinamento giuridico internazionale197. Tale postulato però non sembra essere corretto alla luce della teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici. Secondo un primo rilievo, si deve sottolineare come l’organizzazione sportiva agisce nel territorio nazionale e pertanto ad esso deve essere rapportata. In 105 secondo luogo, come espressamente precisato dalla stessa sentenza, non vi è assegnazione di potestà normativa alla regolamentazione dei rapporti privati in ambito sportivo per i quali esiste una riserva di legge. Si stabilisce, quindi, che le norme che regolano l’ordinamento sportivo, contenute nei regolamenti e nelle carte federali, hanno efficacia soltanto nei rapporti interni di tale ordinamento e non anche nell’ambito dell’ordinamento giuridico dello Stato. Il rapporto tra fonti sportive e norme statali si risolve, dunque, non più in termini di conflitto così come prospettato dalla teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici ma, più correttamente, le norme sportive vengono inserite nella gerarchia delle fonti dell’ordinamento generale, così come sembrano confermare gli orientamenti giurisprudenziali successivi. Del resto, l’esigenza di uno stretto controllo statale sulle attività poste in essere per conto di qualsiasi fenomeno socialmente rilevante, è indispensabile, soprattutto, quando ci si riferisce al tema della giustizia. Le norme costituzionali impongono che lo Stato debba garantire forme di tutela giudiziaria a chi lamenti una lesione di una propria situazione giuridica soggettiva, anche e soprattutto nei confronti dei pubblici poteri. La pretesa autonomia dell’intero sistema sportivo nei confronti dell’ordinamento giuridico trova pertanto un limite invalicabile di fronte alle esigenze costituzionali in tema di giustizia e agli obiettivi che lo Stato intende raggiungere198. 197 Per un miglior approfondimento della trattazione della teoria pluralistico-ordinamentale nella giurisprudenza statale si consulti L. DI NELLA Lo sport. Profili teorici e metodologici, in L. DI NELLA (a cura di), Manuale di diritto sportivo, Napoli, 2010, p. 13 s. 198 G. BAROZZI REGGIANI, Autonomia dell’ordinamento sportivo: l’età crepuscolare?, cit., p. 719 s., sostiene che gli obiettivi dello Stato sono sostanzialmente tre: «fornire tutela e protezione a situazioni giuridiche soggettive dei propri cittadini, situazioni che potrebbero essere in qualche modo compromesse da un’attività o da una disposizione normativa propria dell’ordinamento sportivo; disciplinare un settore nel quale la presenza dello Stato, pur non obbligata, sia suggerita da ragioni di opportunità; ottenere un profitto, al fine di rimpinguare le casse del proprio erario». L’autore non manca di sottolineare come l’ingerenza dello Stato sia stata consigliata ed imposta anche dalla necessità di preservare l’ordinamento sportivo da comportamenti autolesionistici quali il doping, il gioco delle sommesse, che avrebbero potuto scalfirne la sua integrità. 106 Nell’ordinamento giuridico, quando si parla di autonomia con riferimento a specifiche materie settoriali, si vogliono evidenziare le connessioni e le relazioni di questi fenomeni con l’ordinamento generale, non certamente ribadire l’assoluta indipendenza di essi dal sistema giuridico disciplinato dallo Stato. Vi è, dunque, chi sottolinea come sia improprio l’uso del termine, sancito dall’art. 1 della l. n. 280 del 2003, quando afferma che i rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo199. Gli atti di autonomia posti in essere nello sport sono rilevanti per l’ordinamento quando sono leciti, conformi ai principi costituzionalmente garantiti e non contrari alle norme inderogabili. L’autonomia, di per sé, non costituisce affatto un sinonimo di «sovranità». Le norme emanate dagli organi sportivi non hanno valenza di carattere generale e non sono idonee a disciplinare un altro settore socialmente rilevante ovvero non possono elevarsi a principi originari di portata generale. Quando si sostiene che il diritto sportivo sia dotato di «autonomia» ci si riferisce al fatto che esso venga dotato di quella particolare qualità, rilasciata dall’ordinamento sovrano, di poter dettare norme nel rispetto del quadro dei principi inderogabili sanciti dalla Costituzione200. 199 Come afferma correttamente buona parte della giurisprudenza, non si può parlare di autonomia dell’ordinamento sportivo qualora sussistano o siano coinvolte situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico della Repubblica. Si vedano, nello specifico, le sentenze Cass., 28 settembre 2005, n. 18919, in Giust. civ. Mass., 2005, p. 7 s.; Cons. Stato, 20 novembre 2013, n. 5514, in Foro amm. – C.d.S. (II), 2013, 11, p. 3164 s.; Cons. Stato, 20 giugno 2013, n. 3368, in Foro amm. – C.d.S. (II), 2013, 6, p. 1709 s. 200 Così R. CAPRIOLI, Il significato dell’autonomia nel sistema delle fonti del diritto sportivo internazionale, in Nuova giur. civ. comm., 2007, p. 283 s., secondo cui «le situazioni giuridiche che possono interessare i due ordinamenti sono regolate in maniera indipendente o reciprocamente ininfluente; ma non si può e non si vuole certo escludere la rilevanza di situazioni giuridiche che costituiscono manifestazioni di autonomia dei soggetti dell’organizzazione sportiva. Perché gli atti 107 Anche se all’interno del diritto sportivo si è sempre rivendicata una sorta di competenza specifica del sistema, volta a garantire una sorta di franchigia rispetto all’ordinamento giuridico dello Stato, si deve ammettere come questo non rappresenti un ordinamento «originario» ma semmai «derivato» e dunque «subordinato» rispetto all’ordinamento statale201. Non potrebbe riconoscersi, in definitiva, un’autonomia diversa ed ulteriore per lo sport rispetto a quella riconosciuta ad ogni altro gruppo sociale né potrebbero esserci ulteriori ragioni, tali da giustificare un trattamento privilegiato per i gruppi sportivi rispetto a quelli riservati a soggetti collettivi dotati di maggior rilevanza costituzionale. In definitiva, la relazione fra ordinamento giuridico statuale e sistema sportivo, a mio avviso, deve essere inquadrata secondo un opportuno bilanciamento: da un lato, come suggerito dallo stesso legislatore quando, attraverso l’art. 2 della l. n. 280 del 2003 ha ribadito la competenza degli organi sportivi per la risoluzione delle controversie tecniche e disciplinari, che sono di evidente competenza settoriale, occorre riconoscere, per quelle materie, la totale autonomia del diritto sportivo a patto che non vengano lesi i principi sovrani e i diritti inalienabili protetti e garantiti dallo Stato; dall’altro occorre ribadire la competenza dell’ordinamento giuridico per le questioni meramente patrimoniali. Tuttavia, coloro che riconoscono che anche in quelle controversie settoriali possano sorgere situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento di autonomia, quando siano conformi ai principi e non siano contrari alle norme inderogabili, sono indubbiamente rilevanti per l’ordinamento statale». 201 Il diritto sportivo viene provvisto della possibilità di dettare norme nel rispetto del quadro istituzionale. Lo sport, in definitiva, opera all’interno dell’ordinamento statuale il quale risulta il solo titolare della c.d. «Kompetenza-Kompetenz» che lo pone nella realtà di potersi configurare come garante di quei principi fondamentali e di quei diritti inalienabili della persona che sono considerati come principi supremi ed inviolabili dalla Costituzione. Il pensiero è di A. OLIVERIO, I limiti all’autonomia dell’ordinamento sportivo. Lo svincolo dell’atleta, in Riv. dir. econ. sport., 2007, p. 45 s. 108 giuridico statuale, la cui lesione può essere invocata davanti ad un giudice ordinario, sostengono l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della l. n. 280 del 2003 per insanabile contrasto con l’art. 24 Cost. ovvero per la violazione del principio di libertà di difesa di ciascun cittadino per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi202. 22. Il sistema dei rapporti tra diritto sportivo e ordinamento giuridico ha trovato un assetto, più o meno definitivo, con la l. n. 280 del 2003. Con tale provvedimento, il legislatore ha realizzato una sorta di «codificazione» dei principi fondamentali espressi più volte in passato dalla giurisprudenza sull’autonomia del fenomeno sportivo e sulla supremazia del sistema giuridico dello Stato. In relazione al tema della giustizia sportiva, da sempre uno dei nodi da sciogliere è stato quello di risolvere il conflitto tra il c.d. «vincolo di giustizia», ovvero il divieto per i tesserati di adire la giustizia statale per la tutela dei propri interessi, e il diritto inviolabile alla difesa così come sancito dall’art. 24 Cost. Il problema era quello di individuare quali fossero le questioni «irrilevanti» per il sistema giuridico dello Stato che dovevano essere risolte dalla giustizia sportiva e quelle «rilevanti», devolvibili alla giustizia statale. La questione sembrava essere stata risolta, almeno da un punto di vista normativo, dall’art. 2 della l. n. 280 del 2003 che aveva stabilito come le sole controversie di carattere tecnico e disciplinare fossero riservate alla esclusiva competenza della giustizia sportiva mentre allo Stato sarebbe stata riservata la risoluzione delle controversie di natura economica ed amministrativa. In questa direzione contribuiva anche il postulato contenuto all’art. 3 della suddetta legge 202 Di questo avviso L. FERRARA, Giustizia sportiva, in Enc. dir., 2010, p. 491 s. 109 quando, nel riaffermare la competenza della giurisdizione del giudice ordinario per la risoluzione delle controversie patrimoniali, aveva ribadito, da un lato, che il ricorso alla giurisdizione statale era possibile solamente quando fossero esauriti i gradi della giustizia sportiva, dall’altro che la risoluzione di qualsiasi altra controversia, che riguardasse atti del C.O.N.I. o delle federazioni sportive, era riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo, in particolare del tribunale amministrativo del Lazio con sede in Roma. Le novità introdotte dalla l. n. 280 del 2003 hanno suscitato forti perplessità tanto da metterne in dubbio la sua validità costituzionale. L’analisi fin qui condotta ci suggerisce almeno tre considerazioni. La prima riflessione riguarda la riserva di giurisdizione riservata alle controversie di natura tecnica e disciplinare. Innanzitutto, in riferimento alle questioni riservate alla competenza degli organi della giustizia sportiva, si deve ammettere come la stessa giurisprudenza amministrativa abbia osservato come vi possano essere situazioni giuridiche soggettive anche in quelle materie la cui giurisdizione sia di competenza esclusiva del diritto sportivo. Se i giuristi sono pressoché concordi sul fatto che le controversie di natura tecnica debbano essere riservate alla giustizia sportiva, sussistono forti dubbi per le questioni di natura disciplinare irrogate nei confronti di atleti, associazioni sportive e società. Si riconosce, nella fattispecie, che dalle sanzioni disciplinari vi possano essere conseguenze economiche di un certo rilievo ovvero rilevanti anche da un punto di vista non patrimoniale per i soggetti coinvolti. Ora, se è nella facoltà del legislatore realizzare una sorta di semplificazione dei fenomeni giuridici più rilevanti e decentrare il suo potere giudiziario in favore di una competenza allargata di organi di giustizia specifici che governano un determinato fenomeno settoriale, occorre ribadire come non è possibile escludere 110 la presenza di situazioni giuridiche soggettive protette dall’ordinamento anche in quelle materie sottratte alla competenza della giurisdizione statale. Tali situazioni debbono essere garantite dall’ordinamento che deve fornire la massima tutela necessaria e il diritto alla loro difesa in ogni sede. Oggi, lo sport è cambiato, così come sono cambiate le esigenze di tutela dei propri tesserati. Anche quei profili che storicamente venivano accostati al diritto sportivo non conservano più il loro carattere di esclusiva ma possono assumere una valenza esterna allo sport. Non si può negare, dunque, una tutela giurisdizionale a quelle situazioni giuridiche che nel corso del tempo hanno acquisito tutela costituzionale. Non è costituzionalmente legittimo, dunque, realizzare una sorta di affrancazione della tutela giurisdizionale dello Stato per quelle materie indicate dall’art. 2 della l. n. 280 del 2003 posto che non è possibile negare la presenza di situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico anche in quelle controversie riservate alla sola competenza della giustizia sportiva. Una seconda riflessione riguarda la c.d. «pregiudiziale sportiva». Il postulato dell’art. 3 della l. n. 280 del 2003 impone l’onere di adire tutti i gradi di giudizio dello sport prima di poter fare ricorso alla giurisdizione statale. Tale disposizione, oltre a sollevare una questione di perplessità sulla legittimità della «pregiudiziale sportiva», ha acceso un lungo dibattito su quando fossero effettivamente esauriti i gradi della giustizia sportiva. Un orientamento giurisprudenziale del TAR Lazio, dei primi anni duemila, aveva ritenuto che tale condizione fosse soddisfatta quando fossero esauriti i ricorsi all’interno di ogni singola federazione. Il tribunale considerava, dunque, facoltativo il ricorso alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport con l’effetto di ritenere immediatamente esperibile il ricorso alla giurisdizione del giudice amministrativo. Non solo, qualsiasi decisione resa da tale organo, pur 111 costituendo un lodo arbitrale, sarebbe potuta essere impugnata dinanzi agli organi della giustizia amministrativa. Tale tesi si trovava in aperto contrasto con le prospettive di alcune federazioni sportive che, invece, consideravano le decisioni rese dalla Camera impugnabili solamente davanti al Consiglio di Stato. A questa diatriba sembrava aver posto fine la sentenza del Consiglio di Stato 09 luglio 2004, n. 5025, che aveva riconosciuto come «amministrativi» i provvedimenti resi dalla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport e, quindi, sindacabili ad opera del giudice amministrativo203. La tesi è stata confermata dal Consiglio di Stato, che ha ribadito come la prescrizione del previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva fosse rispettata solo qualora fosse stato esperito l’ulteriore ricorso della Camera di conciliazione. Come ha giustamente osservato una parte autorevole della dottrina, non credo che si possano considerare esauriti i gradi della giustizia sportiva con il ricorso alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport. Al contrario l’art. 3 della l. n. 280 del 2003 sembra ribadire che tale onere possa essere espletato solo qualora siano esauriti i ricorsi all’interno di ogni singola federazione ovvero quando siano state rispettate le prescrizioni contenute nei regolamenti federali. Una terza riflessione, infine, riguarda la presunta giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sugli atti che riguardano lo sport. La Corte Costituzionale ha ribadito che la competenza della giurisdizione amministrativa debba essere invocata per quelle controversie che discendono da situazioni soggettive di interesse legittimo mentre le controversie che riguardano situazioni giuridiche soggettive di diritto soggettivo, come sembrano essere quelle relative ai rapporti tra federazioni sportive e loro affiliati, debbano essere risolte dal giudice ordinario. 203 E. LUBRANO, L’ordinamento sportivo come sostanziale autorità amministrativa indipendente dopo la l. n. 280/2003 e la sentenza n. 5025/2004 del Consiglio di Stato, in www.giustamm.it. 112 La legge del 2003, in effetti, sembra aver realizzato quel principio previsto dall’art. 103 Cost. secondo cui è possibile una ripartizione della giurisdizione in base alle diverse materie che sono oggetto della controversia. Nell’alternativa tra qualificazione pubblicistica ovvero privatistica delle attività degli organi sportivi sembra corretto ribadire come rientri nella facoltà del legislatore effettuare una distinzione di giurisdizione per quelle materie riservate alla giustizia sportiva, posto, anche, che la giurisdizione del giudice amministrativo non è esclusiva come dimostra la riserva di competenza del giudice ordinario per le questioni di carattere patrimoniale. Un problema di minore entità semmai è dato dall’attribuzione della competenza di primo grado al tribunale amministrativo regionale del Lazio di Roma. La scelta del legislatore, pur a lungo criticata, è condivisibile in ragione del fatto che, da un lato, Roma è la sede del C.O.N.I. e delle varie federazioni, dall’altro per il fatto che i provvedimenti sportivi sono considerati atti a valenza ultraregionale che non possono essere risolti da una giurisdizione locale. Del resto, il legislatore ha pensato bene di evitare che ci fossero ricorsi da parte delle società ai vari TAR territoriali, accusati molto spesso di «campanilismo204» a causa dell’appartenenza della società sportiva al luogo in cui il giudice è chiamato a pronunciarsi. La scelta del tribunale amministrativo di Roma dovrebbe consentire, almeno in linea teorica, una maggiore indipendenza e imparzialità dei giudici. In conclusione, si può asserire che l’autonomia dell’ordinamento sportivo, così tanto evocata fino a diventare quasi illimitata, si è ridotta, con la l. n. 280 del 2003 e la successiva giurisprudenza, ad un semplice svolgimento di attività amministrative i cui provvedimenti possono essere rilevanti per l’ordinamento statale a seconda della loro capacità lesiva di interessi giuridicamente protetti. Il 204 Cfr. L. FERRARA, Giustizia sportiva, cit., p. 534 s. 113 diritto sportivo complessivamente inteso assume rilievo al pari di un’Autorità amministrativa indipendente per lo sport la cui attività è autonoma ma suscettibile di essere sottoposta al controllo del giudice amministrativo e, nelle ipotesi espressamente previste, anche da quello ordinario. L’ordinamento statale, con la legge del 2003 si è ripreso giustamente i suoi spazi, nel pieno rispetto delle autonomie locali e del decentramento amministrativo previsto dall’art. 5 Cost.205. In dottrina si è preso atto che l’autonomia del diritto sportivo trova un limite logico nella circostanza che gli attori dello sport svolgono la propria attività nell’ambito del territorio dello Stato. Gli atleti che partecipano a tali attività sono prima che sportivi anche e soprattutto soggetti dell’ordinamento statale e in quanto tali ad essi non può essere precluso il diritto di adire la giustizia statale per la tutela di posizioni giuridiche soggettive protette dalla legge. 23. Il sistema di giustizia nello sport è fondato, da sempre, sul c.d. «vincolo di giustizia» che obbliga i tesserati e gli affiliati di ogni federazione ad adire gli organi interni per la risoluzione di tutte le controversie riguardanti lo svolgimento di un’attività sportiva ovvero a devolvere le liti che non rientrano nella competenza degli organi della giustizia sportiva dinanzi ad un collegio arbitrale. La scelta dell’arbitrato quale metodo alternativo di risoluzione delle controversie sportive rappresenta l’ulteriore rimedio posto in essere dalle Federazioni per difendere la propria autonomia giurisdizionale dalle ingerenze dello Stato. Siffatta lettura ha trovato conferma, nel corso del tempo, sia per effetto di un orientamento consolidato della Cassazione206 secondo cui il «vincolo di giustizia» integrerebbe 205 E. LUBRANO, L’ordinamento sportivo come sostanziale autorità amministrativa indipendente dopo la l. n. 280/2003 e la sentenza n. 5025/2004 del Consiglio di Stato, cit., in www.giustamm.it. 206 Cass. 27 settembre 2006, n. 21005, in Dvd Giuffrè. F. CAMPIONE, Il punto sull’arbitrato sportivo, cit., p. 509 sostiene come «anche la giurisprudenza amministrativa ha confermato la 114 una clausola compromissoria fondata sul consenso delle parti le quali, aderendo in piena autonomia agli statuti federali, approverebbero, anche, la soggezione alla giurisdizione sportiva, sia per la previsione contenuta all’art. 3 della l. n. 280 del 2003 quando invoca il ricorso alle clausole compromissorie contenute nei suddetti statuti. Fino a qualche mese fa, nel rispetto del sistema di giustizia e arbitrato per lo sport garantito dall’art. 12 dello statuto del C.O.N.I., agivano l’Alta corte di giustizia sportiva e il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport. L’Alta corte di giustizia, organo introdotto dall’art. 12-bis dello statuto del C.O.N.I. del 2008, rappresentava uno dei mezzi più importanti di impugnazione delle decisioni emesse dagli organi di giustizia sportiva su controversie che avessero ad oggetto diritti indisponibili. Nella sostanza, il legislatore aveva affidato un ruolo di chiusura del sistema di giustizia nello sport per tutte quelle materie per le quali non fosse stato possibile il ricorso all’arbitrato. Il procedimento reso dall’Alta corte di giustizia non aveva assunto natura arbitrale ma era considerato come un procedimento amministrativo di diritto pubblico. Il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, introdotto invece dall’art. 12ter, rappresentava un organo a cui erano state assegnate esplicite funzioni arbitrali dalle clausole compromissorie previste dagli statuti federali. Esso aveva competenza in merito alla risoluzione di liti che contrapponessero una federazione a soggetti affiliati o tesserati, a condizione che fossero esauriti i ricorsi all’interno del sistema federale. La procedura prevedeva che l’intero procedimento avesse natura arbitrale e la soluzione delle controversie fosse risolta attraverso lodi emessi da un arbitro unico ovvero da un collegio arbitrale. lettura in base alla quale il vincolo di giustizia rappresenta una clausola compromissoria, precisando peraltro che essa può operare solo con riferimento a questioni tecnico-sportive oppure a diritti disponibili». 115 Anche se ci sono state diverse perplessità in passato, la giurisprudenza maggioritaria ha riconosciuto, nel tempo, come arbitrali sia il procedimento instaurato davanti al Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport che le relative decisioni rese. La natura arbitrale del TNAS è stata confermata dall’art. 12 del C.O.N.I. quando ha qualificato tale ente come un organo autonomo ed indipendente che amministra gli arbitrati del diritto sportivo. Da un punto di vista normativo, inoltre, a deporre in merito alla natura rituale del lodo del TNAS è stato soprattutto l’art. 28 del Regolamento che ne disciplina la sua attività quando ha sostenuto che i lodi arbitrali emessi da tale organo fossero sempre impugnabili per nullità davanti alla Corte d’Appello, procedimento questo non esperibile per i lodi irrituali. La tesi è stata rafforzata, anche, in relazione del fatto che la riforma dello statuto del C.O.N.I. del 2008 aveva come intenzione primaria quella di creare un doppio binario per la risoluzione delle controversie sportive: da un lato, vi era l’operato dell’Alta corte di giustizia che decideva nel merito su diritti indisponibili secondo un procedimento amministrativo; dall’altro vi era quello del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport che decideva su diritti disponibili secondo un procedimento arbitrale. Il ruolo dell’arbitrato per la risoluzione delle controversie sportive è stato messo in discussione dalla recente riforma della giustizia sportiva207. A deporre in tal senso sembra essere il contenuto dell’art. 4 del nuovo Codice di giustizia sportiva quando ammette che il ricorso all’arbitrato può essere invocato solamente per le questioni «meramente patrimoniali» ovvero il postulato del nuovo art. 12-bis del nuovo statuto del C.O.N.I. che, introducendo il Collegio di garanzia dello sport quale organo arbitrale di ultimo grado per la risoluzione 207 F. AULETTA, Il tramonto dell’arbitrato nel nuovo orizzonte della giustizia sportiva, in www.jiudicium.com. 116 delle controversie sportive, ha sottolineato come il meccanismo arbitrale non costituisca più una sorta di revisione delle sentenze federali di primo grado impugnate bensì un sistema di controllo delle violazioni ed omissioni commesse in sede procedimentale. La nuova normativa della giustizia sportiva sembra essere orientata verso una totale indifferenza per la scelta dell’istituto arbitrale fatta dalle federazioni posto che la risoluzione delle vicende sportive spetta necessariamente agli organi della giustizia «domestica» mentre la risoluzione delle controversie ad essa non riservate, spetta alla competenza della giurisdizione ordinaria ovvero di quella amministrativa. 24. L’ulteriore compito della giustizia sportiva è quello di garantire l’inviolabilità delle regole costituzionali del «giusto processo»208. Sulla scia di quanto stabilito dai primi due commi dell’art. 111 Cost., ogni giurisdizione deve garantire il rispetto di alcuni principi cardine del giusto processo quali risultano essere la riserva di legge in materia processuale, l’imparzialità del giudice, la parità delle parti nel contraddittorio e la ragionevole durata degli stessi processi. Questi principi sono o dovrebbero essere sempre validi per ogni procedimento giurisdizionale, posto che i postulati previsti dai successivi commi del suddetto articolo sembrano indicare le garanzie costituzionali previste per il processo penale209. 208 Sul tema, per tutti, A. DIDONE, Equa riparaazione e ragionevole durata del giusto processo, cit., p. 97 s.; G. ROMANO, D. A. PARROTTA E E. LIZZA, Il diritto ad un giusto processo tra Corte Internazionale e Corti Nazionali, Milano, 2002, p. 1 s.; M. RAMAJOLI, Giusto processo e giudizio amministrativo, in Riv. dir proc. amm., 2013, p. 100 s. 209 A. DIDONE, Equa riparazione e ragionevole durata del giusto processo, cit., p. 99 s. sostiene che il nuovo art. 111 Cost., dopo aver premesso che ogni processo si svolge in contraddittorio tra le parti, ha espressamente enunciato, soltanto per il processo penale, la regola per cui nella formazione della prova va rispettato il principio del contraddittorio, consentendo, peraltro, alla legge ordinaria di disciplinare i casi in cui la formazione della prova non possa trovare applicazione. 117 Il giusto processo, dunque, si atteggia quale principio generale ed originario dell’attività giurisdizionale di risoluzione di qualsiasi controversia, anche e soprattutto nello sport dove il rispetto dei diritti processuali fondamentali appare, oggi, pienamente vigente. Da un punto di vista normativo, la presenza del giusto processo nell’attività giurisdizionale sportiva è stata formalmente riconosciuta dal nuovo Codice di giustizia sportiva che, enunciando i principi del processo sportivo, afferma come tutti i processi da esso regolati assicurano l’effettiva osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo e la piena tutela dei principi del giusto processo210. Anche il C.O.N.I. favorisce un esplicito richiamo al giusto processo in due documenti normativi. Un primo riferimento è dato dall’art. 2 comma otto, del nuovo statuto del C.O.N.I. che riconosce al Comitato olimpico una funzione di garanzia volta ad assicurare procedimenti giusti per la risoluzione di controversie sportive ovvero che ogni atto della giustizia sportiva possa essere considerato valido solo se giunto al termine del giusto processo. Un secondo riferimento è dato dal Consiglio nazionale del C.O.N.I. che, in una recente delibera211, realizzando una sorta di statuto dei diritti fondamentali del processo sportivo, ha provveduto ad emanare i nuovi «principi di giustizia 210 L’art. 2 del nuovo codice di giustizia sportiva recita testualmente: «Tutti i procedimenti di giustizia regolati dal Codice assicurano l’effettiva osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo e la piena tutela dei diritti e degli interessi dei tesserati, degli affiliati e degli altri soggetti dal medesimo riconosciuti. Il processo sportivo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e gli altri principi del giusto processo. I giudici e le parti cooperano per la realizzazione della ragionevole durata del processo nell’interesse del regolare svolgimento delle competizioni sportive e dell’ordinato andamento dell’attività federale. La decisione del giudice è motivata e pubblica. Il giudice e le parti redigono i provvedimenti e gli atti in maniera chiara e sintetica. I vizi formali che non comportino la violazione dei principi di cui al presente articolo non costituiscono causa di invalidità dell’atto. Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva». 211 Si tratta della delibera 15 luglio 2014, n. 1519. 118 sportiva» volti ad assicurare il giusto processo nello sport e la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle sue libertà essenziali. La tutela del «giusto processo» nella giurisdizione sportiva deve essere garantita, a mio avviso, soprattutto in quei procedimenti in cui la competenza degli organi di giustizia sportiva sembra essere pressoché esclusiva. Con ciò mi riferisco, in particolare, non soltanto ai procedimenti tecnici ma soprattutto a quelli disciplinari in cui spesso appare più problematico il rispetto dei valori costituzionali previsti dall’art. 111 Cost. Di supporto, la giurisprudenza ha ricordato come le sanzioni disciplinari richiedono, per la loro irrogazione, il rispetto di garanzie di tipo paragiustiziale, quali la contestazione di addebiti, l’istruttoria, la partecipazione dell’interessato al procedimento, la valutazione e il giudizio, che sono analoghi ai principi che si dispiegano con piena attuazione nei procedimenti giurisdizionali. Il principio del «giusto processo» è altresì garantito anche quando gli organi della giustizia sportiva compiono attività inquisitorie nei confronti di soggetti affiliati per fatti che integrano i reati di frode sportiva. L’attività posta in essere, in questo caso, può prevedere ai sensi dell’art. 2 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, la circostanza che possa essere richiesta copia degli atti riservati al procedimento penale. La tesi ricorrente è quella di ritenere pienamente utilizzabili, soprattutto per quanto riguarda i casi di illecito sportivo, le trascrizioni di intercettazioni telefoniche disposte nell’ambito dei procedimenti penali, tanto da consentire l’acquisizione delle indagini svolte nei giudizi penali, anche nei giudizi svolti dinanzi alla giustizia sportiva. A tal fine, i divieti di utilizzabilità degli atti, sanciti 119 dagli art. 270 e 271 c.p.p., sono inapplicabili ai procedimenti sportivi così come di qualsiasi altro procedimento diverso da quello penale212. L’ordinamento statale ha consentito, dunque, ai sensi dell’art. 116 c.p.p., che gli atti del procedimento penale possano circolare anche nell’ambito dei procedimenti disciplinari sportivi affinché possano affermarsi i valori di lealtà e correttezza propri del fenomeno sportivo. La realizzazione dei valori fondamentali dello sport rappresenta un ulteriore momento di consacrazione dei principi costituzionali dell’ordinamento giuridico. 212 A. CERBARA, Il principio del giusto processo e l’applicazione ai procedimenti di giustizia sportiva, in www.metgest.it. 120 APPENDICE NORMATIVA Decreto Legislativo 8 gennaio 2004, n. 15 "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, recante "Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano - CONI", ai sensi dell'articolo 1 della legge 6 luglio 2002, n. 137" Art. 1. Modifiche al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242 1. Il comma 1 dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, di seguito denominato: «decreto legislativo n. 242 del 1999» e' sostituito dal seguente: «1. Il CONI e' la Confederazione delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate e si conforma ai principi dell'ordinamento sportivo internazionale, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato olimpico internazionale, di seguito denominato CIO. L'ente cura l'organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, ed in particolare la preparazione degli atleti e l'approntamento dei mezzi idonei per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali o internazionali. Cura inoltre, nell'ambito dell'ordinamento sportivo, anche d'intesa con la commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, istituita ai sensi dell'articolo 3, della legge 14 dicembre 2000, n. 376, l'adozione di misure di prevenzione e repressione dell'uso di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti nelle attività sportive, nonche' la promozione della massima 121 diffusione della pratica sportiva, sia per i normodotati che, di concerto con il Comitato italiano paraolimpico, per i disabili, nei limiti di quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616. Il CONI, inoltre, assume e promuove le opportune iniziative contro ogni forma di discriminazione e di violenza nello sport.». 2. All'articolo 2 del decreto legislativo n. 242 del 1999 e' aggiunto, in fine, il seguente comma: «4-bis. Lo statuto disciplina le procedure per l'elezione del presidente e della giunta nazionale.». 3. All'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 242 del 1999 e' soppressa la lettera e), e il comma 2 e' sostituito dai seguenti: «2. Gli organi del CONI restano in carica quattro anni. I componenti che assumono le funzioni nel corso del quadriennio restano in carica fino alla scadenza degli organi. Il presidente ed i componenti della giunta nazionale indicati nell'articolo 6, comma 1, lettere c), c-bis) e c-ter) non possono restare in carica oltre due mandati. E' consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie. 2-bis. Il compenso spettante agli organi e' determinato con decreto del Ministero per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base delle vigenti direttive in materia.». 4. All'articolo 4 del decreto legislativo n. 242 del 1999 il comma 1 e' sostituito dai seguenti: «1. Il consiglio nazionale e' composto da: a) il presidente del CONI, che lo presiede; b) i presidenti delle federazioni sportive nazionali; c) i membri italiani del CIO; d) atleti e tecnici sportivi in rappresentanza delle federazioni sportive nazionali e 122 delle discipline sportive associate a condizione che non abbiano subito sanzioni di sospensione dall'attività sportiva conseguente all'utilizzo di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche nelle attività sportive; e) tre membri in rappresentanza dei presidenti delle strutture territoriali di livello regionale e tre membri in rappresentanza delle strutture territoriali di livello provinciale del CONI; f) cinque membri in rappresentanza degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI; g) tre membri in rappresentanza delle discipline sportive associate; h) un membro in rappresentanza delle Associazioni benemerite riconosciute dal CONI. 1-bis. Lo statuto regola il procedimento elettorale dei componenti di cui alle lettere d), e), f), g) ed h) del comma 1.». 5. All'articolo 4 del decreto legislativo n. 242 del 1999 il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. I componenti di cui al comma 1, lettera d), il cui numero deve essere non inferiore al trenta per cento dei componenti di cui al comma 1, lettera b), sono eletti dagli atleti e tecnici componenti degli organi di gestione delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate, in attività o che siano stati tesserati per almeno due anni ad una federazione nazionale sportiva o ad una disciplina sportiva associata. Lo statuto garantisce l'equa rappresentanza di atlete e atleti.». 6. All'articolo 5 del decreto legislativo n. 242 del 1999 il comma 1 e' sostituito dai seguenti: «1. Il Consiglio nazionale, nel rispetto delle deliberazioni e degli indirizzi emanati dal CIO, opera per la diffusione dell'idea olimpica e disciplina e coordina l'attività 123 sportiva nazionale, armonizzando a tal fine l'azione delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive nazionali. 1-bis. Il Consiglio nazionale elegge il presidente e i componenti della Giunta nazionale di cui all'articolo 6.». 7. Al comma 2 dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 242 del 1999 sono apportate le seguenti modifiche: a) alla lettera b), dopo le parole: «federazioni sportive nazionali» sono aggiunte, in fine, le seguenti: «delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva e delle associazioni e società sportive»; b) alla lettera d), dopo le parole: «federazione sportiva nazionale» sono aggiunte le seguenti: «o della disciplina sportiva associata». 8. All'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 242 del 1999 le lettere e) ed f) sono sostituite dalle seguenti: «e) stabilisce i criteri e le modalità per l'esercizio dei controlli sulle federazioni sportive nazionali, sulle discipline sportive associate e sugli enti di promozione sportiva riconosciuti; e-bis) stabilisce i criteri e le modalità di esercizio dei controlli da parte delle federazioni sportive nazionali sulle società sportive di cui all'articolo 12 della legge 23 marzo 1981, n. 91. Allo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi il controllo sulle società di cui alla citata legge n. 91 del 1981 può essere svolto in via sostitutiva dal CONI in caso di verificata inadeguatezza dei controlli da parte della federazione sportiva nazionale; e-ter) delibera, su proposta della Giunta nazionale, il commissariamento delle federazioni sportive nazionali o delle discipline sportive associate, in caso di gravi irregolarità nella gestione o di gravi violazioni dell'ordinamento sportivo da parte degli organi direttivi, ovvero in caso di constatata impossibilità di funzionamento 124 dei medesimi, o nel caso in cui non siano garantiti il regolare avvio e svolgimento delle competizioni sportive nazionali; f) approva gli indirizzi generali sull'attività dell'ente, il bilancio preventivo e il bilancio consuntivo; ratifica le delibere della giunta nazionale relative alle variazioni di bilancio;». 9. All'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 242 del 1999 la lettera c) e' sostituita dalle seguenti: «c) dieci rappresentanti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate; c-bis) un rappresentante nazionale degli enti di promozione sportiva; c-ter) due rappresentanti delle strutture territoriali del CONI.». 10. All'articolo 6 del decreto legislativo n. 242 del 1999 dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente: «1-bis. Tra i componenti di cui alla lettera c) del comma 1, almeno tre sono eletti tra gli atleti e i tecnici sportivi, i restanti sono eletti tra coloro che abbiano uno dei seguenti requisiti: a) Presidenti di federazioni sportive nazionali o discipline sportive associate, in numero non superiore a cinque; b) componenti in carica o ex componenti dell'organo direttivo del CONI, di una federazione sportiva nazionale o di una disciplina sportiva associata.». 11. All'articolo 6 del decreto legislativo n. 242 del 1999 sono soppressi i commi 2, 5 e 6 e il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. Alle deliberazioni concernenti le attività della pratica sportiva dei disabili partecipa, con diritto di voto, un rappresentante del Comitato italiano paraolimpico.». 12. All'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 242 del 1999 dopo la lettera a) e' inserita la seguente: 125 «a-bis) definisce annualmente i criteri e i parametri fondamentali cui deve attenersi il contratto di servizio di cui all'articolo 8, comma 8, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178; la delibera e' trasmessa al Ministero vigilante per l'approvazione;». 13. All'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 242 del 1999, le lettere d), e) ed f) sono sostituite dalle seguenti: «d) delibera lo schema di bilancio preventivo e di bilancio consuntivo da sottoporre all'approvazione del Consiglio nazionale, e approva le variazioni di bilancio da sottoporre alla ratifica del Consiglio nazionale; e) esercita, sulla base dei criteri e modalità stabilite ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera e), il potere di controllo sulle federazioni sportive nazionali, sulle discipline sportive associate e sugli enti di promozione sportiva riconosciuti in merito al regolare svolgimento delle competizioni, alla preparazione olimpica e all'attività sportiva di alto livello e all'utilizzo dei contributi finanziari di cui alla lettera d) del presente comma; f) propone al Consiglio nazionale, il commissariamento delle federazioni sportive nazionali o delle discipline sportive associate, in caso di gravi irregolarità nella gestione o di gravi violazioni dell'ordinamento sportivo da parte degli organi direttivi, ovvero in caso di constatata impossibilità di funzionamento dei medesimi, o nel caso in cui non siano stati ottemperati gli adempimenti regolamentari al fine di garantire il regolare avvio e svolgimento delle competizioni sportive nazionali;». 14. All'articolo 7 del decreto legislativo n. 242 del 1999 dopo la lettera h) e' aggiunta, in fine, la seguente: «h-bis) individua, con delibera sottoposta all'approvazione del Ministero per i beni e le attività culturali, i criteri generali dei procedimenti di giustizia sportiva, secondo i seguenti principi: 126 1) obbligo degli affiliati e tesserati, per la risoluzione delle controversie attinenti lo svolgimento dell'attività sportiva, di rivolgersi agli organi di giustizia federale; 2) previsione che i procedimenti in materia di giustizia sportiva rispettino i principi del contraddittorio tra le parti, del diritto di difesa, della terzietà e imparzialità degli organi giudicanti, della ragionevole durata, della motivazione e della impugnabilità delle decisioni; 3) razionalizzazione dei rapporti tra procedimenti di giustizia sportiva di competenza del CONI con quelli delle singole federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate.». 15. All'articolo 8 del decreto legislativo n. 242 del 1999 i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti: «2. Il presidente e' eletto dal Consiglio nazionale. 3. Il presidente, eletto ai sensi del comma 2, e' nominato con decreto del Presidente della Repubblica. 3-bis. La carica di presidente e' incompatibile con altre cariche sportive in seno alle federazioni sportive nazionali e alle discipline sportive associate. 3-ter. Il presidente e' eletto tra tesserati o ex tesserati alle federazioni sportive nazionali o alle discipline sportive associate per almeno quattro anni in possesso di uno dei seguenti requisiti: a) aver ricoperto la carica di Presidente o vice presidente di una federazione sportiva nazionale o di una disciplina sportiva associata o di membro della Giunta nazionale del CONI o di una struttura territoriale del CONI; b) essere stato atleta chiamato a far parte di rappresentative nazionali; c) essere stato dirigente insignito dal CONI delle onorificenze del Collare o della Stella d'oro al merito sportivo.». 16. L'articolo 9 del decreto legislativo n. 242 del 1999 e' soppresso. 17. L'articolo 10 del decreto legislativo n. 242 del 1999 e' soppresso. 127 18. All'articolo 11 del decreto legislativo n. 242 del 1999 il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. Il collegio dei revisori dei conti e' nominato, ogni quattro anni, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali ed e' composto di cinque membri, dei quali uno in rappresentanza del Ministero vigilante, uno in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze e gli altri designati dall'Ente tra iscritti al registro dei revisori contabili o tra persone in possesso di specifica professionalità. Il decreto di nomina del collegio dei revisori dei conti prevede altresì la nomina di due componenti supplenti.». 19. All'articolo 12, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 242 del 1999 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «per la funzionalità dell'ente», e al comma 3, dopo le parole: «federazioni sportive nazionali» sono aggiunte le seguenti: «delle discipline sportive associate e degli enti di promozione sportiva riconosciuti.». 20. All'articolo 12-bis, comma 1, del decreto legislativo n. 242 del 1999 dopo le parole: «federazioni sportive nazionali» sono aggiunte le seguenti: «e le discipline sportive associate» e dopo la lettera c) e' aggiunta la seguente: «c-bis) sia riconosciuto uno specifico ambito ed uno specifico ruolo a Special Olympics Italia.». 21. All'articolo 13 del decreto legislativo n. 242 del 1999 dopo il comma 2 e' aggiunto, in fine, il seguente: «2-bis. I provvedimenti adottati dagli organi del CONI concernenti indirizzo e controllo, relativi all'attuazione dei compiti attribuiti al Comitato dalla normativa vigente e in particolare dall'articolo 2 del presente decreto legislativo e dall'articolo 12 della legge 23 marzo 1981, n. 91, diventano esecutivi qualora il Ministero per i beni e le attività culturali non formuli motivati rilievi entro venti 128 giorni dalla ricezione degli atti. Restano ferme, per quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 1, della legge 31 gennaio 1992, n. 138.». 22. L'articolo 14 del decreto legislativo n. 242 del 1999 e' soppresso. 23. L'articolo 15 del decreto legislativo n. 242 del 1999 e' sostituito dal seguente: «Art. 15 (Federazioni sportive nazionali e discipline sportive associate). - 1. Le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate svolgono l'attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO, delle federazioni internazionali e del CONI, anche in considerazione della valenza pubblicistica di specifiche tipologie di attività individuate nello statuto del CONI. Ad esse partecipano società ed associazioni sportive e, nei soli casi previsti dagli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate in relazione alla particolare attività, anche singoli tesserati. 2. Le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato. Esse non perseguono fini di lucro e sono soggette, per quanto non espressamente previsto nel presente decreto, alla disciplina del codice civile e delle relative disposizioni di attuazione. 3. I bilanci delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate sono approvati annualmente dall'organo di amministrazione federale e sono sottoposti alla approvazione della Giunta nazionale del CONI. Nel caso di parere negativo dei revisori dei conti della Federazione o Disciplina associata o nel caso di mancata approvazione da parte della Giunta nazionale del CONI, dovrà essere convocata l'assemblea delle società e associazioni per deliberare sull'approvazione del bilancio. 4. L'assemblea elettiva degli organi direttivi provvede all'approvazione dei bilanci programmatici di indirizzo dell'organo di amministrazione che saranno sottoposti alla verifica assembleare alla fine di ogni quadriennio e del mandato per i quali sono stati approvati. 129 5. Le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate sono riconosciute, ai fini sportivi, dal Consiglio nazionale. 6. Il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato alle nuove federazioni sportive nazionali e discipline sportive associate e' concesso a norma del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 previo riconoscimento, ai fini sportivi, da parte del Consiglio nazionale. 7. Il CONI, le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate restano rispettivamente titolari dei beni immobili e mobili registrati loro appartenenti. Il CONI può concedere in uso alle federazioni sportive nazionali e alle discipline sportive associate beni di sua proprietà.». 24. L'articolo 16 del decreto legislativo n. 242 del 1999 e' sostituito dal seguente: «Art. 16 (Statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate). - 1. Le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate sono rette da norme statutarie e regolamentari sulla base del principio di democrazia interna, del principio di partecipazione all'attività sportiva da parte di chiunque in condizioni di parità e in armonia con l'ordinamento sportivo nazionale ed internazionale. 2. Gli statuti prevedono le procedure per l'elezione del Presidente e dei membri degli organi direttivi che restano in carica per un quadriennio e possono essere riconfermati. 3. Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di Presidente non e' immediatamente rieleggibile alla medesima carica, salvo quanto disposto dal successivo comma 4. E' consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie. 4. Per l'elezione successiva a due o più mandati consecutivi, il Presidente uscente candidato e' confermato qualora raggiunga una maggioranza non inferiore al 130 cinquantacinque per cento dei voti validamente espressi. Gli statuti prevedono le modalità per lo svolgimento delle elezioni qualora il Presidente uscente candidato non raggiunga il quorum richiesto. 5. Negli organi direttivi nazionali deve essere garantita la presenza, in misura non inferiore al trenta per cento del totale dei loro componenti, di atleti e tecnici sportivi, dilettanti e professionisti, in attività o che siano stati tesserati per almeno due anni nell'ultimo decennio alla federazione o disciplina sportiva interessata, in possesso dei requisiti stabiliti dagli statuti delle singole federazioni e discipline associate. A tal fine lo statuto assicura forme di equa rappresentanza di atlete e atleti. Lo statuto può prevedere, altresì, la presenza degli ufficiali di gara negli organi direttivi. 6. Gli statuti definiscono i poteri di vigilanza e controllo esercitabili dalla federazione e dalla disciplina associata nei confronti delle articolazioni associative interne alla propria organizzazione.». 25. Dopo l'articolo 16 del decreto legislativo n. 242 del 1999, come modificato dal comma 24 del presente decreto, e' aggiunto il seguente: «Art. 16-bis (Enti di promozione sportiva). - 1. Gli Enti di promozione sportiva sono tenuti a presentare ogni anno alla Giunta Nazionale il bilancio di previsione ed il conto consuntivo, nonche' una relazione documentata in ordine all'utilizzazione dei contributi ricevuti dal CONI, da tenere in considerazione per l'assegnazione relativa agli esercizi successivi. 2. La Giunta nazionale, qualora attraverso gli atti in suo possesso o gli accertamenti svolti, riscontri irregolarità relative all'utilizzazione dei finanziamenti per attività o spese non attinenti alle finalità degli enti adotta i provvedimenti necessari e può proporre al Consiglio nazionale la sospensione o la riduzione dei contributi e, nei casi più gravi, la revoca del riconoscimento sportivo.». 131 26. L'articolo 17 del decreto legislativo n. 242 del 1999 e' soppresso. Art. 2. Disposizioni transitorie e finali 1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto il CONI adegua lo statuto alle disposizioni di cui all'articolo 1. Decorso tale termine, il Ministro per i beni e le attività culturali nomina, entro i quindici giorni successivi, uno o più commissari, che provvedono entro sessanta giorni dalla nomina. 2. Gli organi del CONI in funzione alla data di entrata in vigore del presente decreto restano in carica sino alla costituzione del consiglio nazionale ed alle elezioni della giunta nazionale e del presidente del CONI, da tenersi entro il 30 giugno 2005. 3. Il Ministro per i beni e le attività culturali può provvedere a norma dell'articolo 13, del decreto legislativo n. 242 del 1999, come modificato dal presente decreto, in caso di inosservanza del termine di cui al comma 2. 4. Entro centottanta giorni dalla data di approvazione delle modifiche statutarie del CONI, le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate, adeguano i loro statuti alle disposizioni del presente decreto. 5. Nulla e' innovato quanto alla natura giuridica dell'Aeroclub d'Italia, dell'Automobile club d'Italia e dell'Unione italiana tiro a segno, che svolgono le attività di federazioni sportive nazionali secondo la disciplina prevista dai rispettivi ordinamenti. 6. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 3 e 25, il computo dei mandati si effettua a decorrere da quello che ha inizio a seguito di elezioni al comma 2 del presente articolo. 132 LEGGE 17 OTTOBRE 2003, N. 280 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva" Art. 1 Principi generali 1. La Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale. 2. I rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo. Art. 2. Autonomia dell'ordinamento sportivo 1. In applicazione dei principi di cui all'articolo 1, e' riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attivita' sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive; c) (lettera soppressa); d) (lettera soppressa). 133 2. Nelle materie di cui al comma 1, le societa', le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui agli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo. 2-bis. Ai fini di cui al comma 1, lettera a), e allo scopo di evitare l'insorgere di contenzioso sull'ordinato e regolare andamento delle competizioni sportive, sono escluse dalle scommesse e dai concorsi pronostici connessi al campionato italiano di calcio le societa' calcistiche, di cui all'articolo 10 della legge 23 marzo 1981, n. 91, che siano controllate, anche per interposta persona, da una persona fisica o giuridica che detenga una partecipazione di controllo in altra societa' calcistica. Ai fini di cui al presente comma, il controllo sussiste nei casi previsti dall'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile. Art. 3. Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria 1. Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra societa', associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, e' devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso e' fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonche' quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91. 134 2. La competenza di primo grado spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio con sede in Roma. Le questioni di competenza di cui al presente comma sono rilevabili d'ufficio. 3. Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'articolo 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e si applicano i commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa legge. 4. Le norme di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano anche ai processi in corso e l'efficacia delle misure cautelari emanate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2 e' sospesa fino alla loro conferma, modifica o revoca da parte del tribunale amministrativo regionale del Lazio con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso e l'istanza cautelare entro il termine di cui all'articolo 31, comma undicesimo, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, decorrente dalla data di entrata in vigore del presente decreto e ridotto alla meta'. 5. (comma soppresso). Art. 4. Entrata in vigore 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge. 135 LEGGE 21 LUGLIO 2000, N. 205 "Disposizioni in materia di giustizia amministrativa" Art. 6. (Disposizioni in materia di giurisdizione) 1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale. 2. Le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto. 136 LEGGE 23 MARZO 1981, N. 91 “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti” Capo I - Sport professionistico Articolo 1. Attività sportiva. L'esercizio dell'attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero. (1) (1) Vedi Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E, emanata da: Ministero delle finanze; Circ. 26 febbraio 1997, n. 48/E, emanata da: Ministero delle finanze. Articolo 2. Professionismo sportivo. Ai fini dell'applicazione della presente legge, sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica. Articolo 3. Prestazione sportiva dell'atleta. La prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella presente legge. Essa costituisce, tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti: 137 a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento; c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno. Articolo 4. Disciplina del lavoro subordinato sportivo. Il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all'accordo stipulato, ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate. La società ha l'obbligo di depositare il contratto presso la federazione sportiva nazionale per l'approvazione. Le eventuali clausole contenenti deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del contratto tipo. Nel contratto individuale dovrà essere prevista la clausola contenente l'obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici. Nello stesso contratto potrà essere prevista una clausola compromissoria con la quale le controversie concernenti l'attuazione del contratto e insorte fra la società sportiva e lo sportivo sono deferite ad un collegio arbitrale. La stessa clausola dovrà contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero degli arbitri e il modo di nominarli. Il contratto non può contenere clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso né può essere integrato, durante lo 138 svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni. Le federazioni sportive nazionali possono prevedere la costituzione di un fondo gestito da rappresentanti delle società e degli sportivi per la corresponsione della indennità di anzianità al termine dell'attività sportiva a norma dell'articolo 2123 del codice civile. Ai contratti di cui al presente articolo non si applicano le norme contenute negli articoli 4, 5, 13, 18, 33, 34 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (2), e negli articoli 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (2). Ai contratti di lavoro a termine non si applicano le norme della legge 18 aprile 1962, n. 230 (2). L'articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (2), non si applica alle sanzioni disciplinari irrogate dalle federazioni sportive nazionali. (2) Riportata alla voce Lavoro. Articolo 5. Cessione del contratto. Il contratto di cui all'articolo precedente può contenere l'apposizione di un termine risolutivo, non superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto. È ammessa la successione di contratto a termine fra gli stessi soggetti. È ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva ad una altra, purché vi consenta l'altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali. Articolo 6. Premio di addestramento e formazione tecnica. 1. Nel caso di primo contratto deve essere stabilito dalle Federazioni sportive nazionali un premio di addestramento e formazione tecnica in favore della società od associazione sportiva presso la quale l'atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile. 2. Alla società od alla associazione sportiva che, in virtù di tesseramento dilettantistico o giovanile, ha provveduto all'addestramento e formazione tecnica 139 dell'atleta, viene riconosciuto il diritto di stipulare il primo contratto professionistico con lo stesso atleta. Tale diritto può essere esercitato in pendenza del precedente tesseramento, nei tempi e con le modalità stabilite dalle diverse federazioni sportive nazionali in relazione all'età degli atleti ed alle caratteristiche delle singole discipline sportive. 3. Il premio di addestramento e formazione tecnica dovrà essere reinvestito, dalle società od associazioni che svolgono attività dilettantistica o giovanile, nel perseguimento di fini sportivi (3). (3) Così sostituito dall'art. 1, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. In precedenza, modifiche al presente articolo erano state disposte dal D.L. 17 maggio 1996, n. 272 (Gazz. Uff. 18 maggio 1997, n. 115) e dal D.L. 22 luglio 1996, n. 383 (Gazz. Uff. 22 luglio 1996, n. 170), non convertiti in legge, i cui effetti sono stati fatti salvi dalla suddetta legge n. 586 del 1996. Articolo 7. Tutela sanitaria. L'attività sportiva professionistica è svolta sotto controlli medici, secondo norme stabilite dalle federazioni sportive nazionali ed approvate, con decreto Ministeriale della sanità sentito il Consiglio sanitario nazionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge (4). Le norme di cui al precedente comma devono prevedere, tra l'altro, l'istituzione di una scheda sanitaria per ciascuno sportivo professionista, il cui aggiornamento deve avvenire con periodicità almeno semestrale. In sede di aggiornamento della scheda devono essere ripetuti gli accertamenti clinici e diagnostici che sono fissati con decreto del Ministro della sanità. La scheda sanitaria è istituita, aggiornata e 140 custodita a cura della società sportiva e, per gli atleti di cui al secondo comma dell'articolo 3, dagli atleti stessi, i quali devono depositarne duplicato presso la federazione sportiva nazionale. Gli oneri relativi alla istituzione e all'aggiornamento della scheda per gli atleti professionisti gravano sulle società sportive. Per gli atleti di cui al secondo comma dell'articolo 3, detti oneri sono a carico degli atleti stessi. Le competenti federazioni possono stipulare apposite convenzioni con le regioni al fine di garantire l'espletamento delle indagini e degli esami necessari per l'aggiornamento della scheda. L'istituzione e l'aggiornamento della scheda sanitaria costituiscono condizione per l'autorizzazione da parte delle singole federazioni allo svolgimento dell'attività degli sportivi professionisti. Per gli adempimenti di cui al presente articolo le regioni potranno eventualmente istituire appositi centri di medicina sportiva. (4) Con D.M. 15 settembre 1983 (Gazz. Uff. 30 settembre 1983, n. 269) sono state disposte norme per la tutela dei ciclisti professionisti. Detto decreto, peraltro, è stato abrogato dall'art. 10, D.M. 13 marzo 1995, riportato al n. F/XII. Articolo 8. Assicurazione contro i rischi. Le società sportive devono stipulare una polizza assicurativa individuale a favore degli sportivi professionisti contro il rischio della morte e contro gli infortuni, che possono pregiudicare il proseguimento dell'attività sportiva professionistica, nei limiti assicurativi stabiliti, in relazione all'età ed al contenuto patrimoniale del contratto, dalle federazioni sportive nazionali, d'intesa con i rappresentanti delle categorie interessate. Articolo 9. Trattamento pensionistico. L'assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, prevista dalla legge 14 giugno 1973, n. 366 (5), per i giocatori e gli allenatori di calcio è 141 estesa a tutti gli sportivi professionisti di cui all'articolo 2 della presente legge. I contributi per il finanziamento dell'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia dovuti per gli assicurati di cui al presente articolo sono calcolati sul compenso globale annuo, nei limiti del massimale mensile e nelle misure previste dalla legge 14 giugno 1973, n. 366 (5), per i giocatori e gli allenatori di calcio. Ai fini del calcolo del contributo e delle prestazioni, l'importo del compenso mensile degli sportivi professionisti titolari di contratto di lavoro autonomo è determinato convenzionalmente con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro del turismo e dello spettacolo, sentite le federazioni sportive nazionali. I contributi sono ripartiti tra società sportive e assicurati nella proporzione di due terzi e un terzo; sono interamente a carico degli assicurati i contributi riguardanti gli sportivi titolari di contratto di lavoro autonomo. Del comitato di vigilanza previsto dall'articolo 5 della legge 14 giugno 1973, n. 366 (5), fanno parte anche due rappresentanti dei professionisti sportivi previsti dal presente articolo designati dalle organizzazioni sindacali di categoria a base nazionale. In mancanza di tali organizzazioni, i due rappresentanti sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro del turismo e dello spettacolo, su proposta del presidente del CONI. Ai fini della determinazione del diritto alla pensione e della misura di essa, i professionisti sportivi di cui al presente articolo possono riscattare, a domanda, i periodi di attività svolta anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge con le norme e le modalità di cui all'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (6). Gli sportivi professionisti iscritti al fondo speciale, istituito con legge 14 giugno 1973, n. 366 (5), possono conseguire il diritto alla pensione al compimento del quarantacinquesimo anno di età per gli uomini e del quarantesimo anno di età per le donne, quando risultino versati o accreditati in 142 loro favore contributi per almeno venti anni, compresi quelli versati per prosecuzione volontaria. La contribuzione di cui al comma precedente deve risultare versata per lavoro svolto con la qualifica di professionista sportivo. (5) Riportata alla voce Lavoratori dello spettacolo (Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i). (6) Riportata alla voce Invalidità, vecchiaia e superstiti (Assicurazione obbligatoria per). Capo II - Società sportive e federazioni sportive nazionali Articolo 10. Costituzione e affiliazione. Possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata. In deroga all'articolo 2488 del codice civile è in ogni caso obbligatoria, per le società sportive professionistiche, la nomina del collegio sindacale (7). L'atto costitutivo deve prevedere che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali (8). L'atto costitutivo deve provvedere che una quota parte degli utili, non inferiore al 10 per cento, sia destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva (8). Prima di procedere al deposito dell'atto costitutivo, a norma dell'articolo 2330 del codice civile, la società deve ottenere l'affiliazione da una o da più federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI. Gli effetti derivanti dall'affiliazione restano sospesi fino all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 11. L'atto costitutivo può sottoporre a speciali condizioni l'alienazione delle azioni o delle quote. L'affiliazione può essere revocata dalla federazione sportiva nazionale per gravi infrazioni all'ordinamento sportivo. La revoca dell'affiliazione determina 143 l'inibizione dello svolgimento dell'attività sportiva. Avverso le decisioni della federazione sportiva nazionale è ammesso ricorso alla giunta esecutiva del CONI, che si pronuncia entro sessanta giorni dal ricevimento del ricorso. (7) Periodo aggiunto dall'art. 4, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. (8) Il comma secondo è stato così sostituito dall'art. 4, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. Lo stesso art. 4 ha così aggiunto l'attuale comma terzo. (8) Il comma secondo è stato così sostituito dall'art. 4, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. Lo stesso art. 4 ha così aggiunto l'attuale comma terzo. Articolo 11. Deposito degli atti costitutivi. Le società sportive, entro trenta giorni dal decreto del tribunale previsto dal quarto comma dell'articolo 2330 del codice civile, devono depositare l'atto costitutivo presso la federazione sportiva nazionale alla quale sono affiliate. Devono, altresì, dare comunicazione alla federazione sportiva nazionale, entro venti giorni dalla deliberazione, di ogni avvenuta variazione dello statuto o delle modificazioni concernenti gli amministratori ed i revisori dei conti. 144 Articolo 12. Garanzia per il regolare svolgimento dei campionati sportivi. 1. Al solo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, le società di cui all'articolo 10 sono sottoposte, al fine di verificarne l'equilibrio finanziario, ai controlli ed ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive, per delega del CONI, secondo modalità e princìpi da questo approvati (8). (8) Così sostituito dall'art. 4, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. Articolo 13. Potere di denuncia al tribunale. Le federazioni sportive nazionali possono procedere, nei confronti delle società di cui all'articolo 10, alla denuncia di cui all'articolo 2409 del codice civile (9). (8) Così sostituito dall'art. 4, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. Articolo 14. Federazioni sportive nazionali. Le federazioni sportive nazionali sono costituite dalle società e dagli organismi ad esse affiliati e sono rette da norme statutarie e regolamentari sulla base del principio di democrazia interna. Alle federazioni sportive nazionali è riconosciuta l'autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI. Per l'espletamento delle attività di amministrazione da parte degli uffici centrali, le federazioni sportive nazionali si avvalgono di personale del CONI, il cui rapporto di lavoro 145 è regolato dalla legge 20 marzo 1975, n. 70 (10). Per le attività di carattere tecnico e sportivo e presso gli organi periferici, le federazioni sportive nazionali possono avvalersi, laddove ne ravvisino l'esigenza, dell'opera di personale, assunto, pertanto, in base a rapporti di diritto privato. La spesa relativa graverà sul bilancio delle federazioni sportive nazionali. Le federazioni sportive nazionali devono adeguare il loro ordinamento alle norme della presente legge entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge stessa. (10) Riportata alla voce Impiegati civili dello Stato. Capo III - Disposizioni di carattere tributario Articolo 15. Trattamento tributario. Ai redditi derivanti dalle prestazioni sportive oggetto di contratto di lavoro autonomo si applicano le disposizioni dell'articolo 49, terzo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597 (11), e successive modificazioni ed integrazioni. L'indennità prevista dal settimo comma dell'articolo 4 della presente legge è soggetta a tassazione separata, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, a norma dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597 (11), e successive modificazioni ed integrazioni. L'imposta sul valore aggiunto per le cessioni dei contratti previste dall'articolo 5 della presente legge si applica esclusivamente nei modi normali ed in base all'aliquota dell'8 per cento di cui alla tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (12), e successive modificazioni e integrazioni. Per l'attività relativa a tali operazioni le società sportive debbono osservare le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (12), e successive modificazioni e integrazioni, distintamente dalle altre attività esercitate, tenendo conto anche del 146 rispettivo volume d'affari. Le somme versate a titolo di premio di addestramento e formazione tecnica, ai sensi dell'articolo 6, sono equiparate alle operazioni esenti dall'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (12) (13). Le trasformazioni, compiute nel termine di cui al primo comma dell'articolo 17, in società per azioni o in società a responsabilità limitata delle associazioni sportive che abbiano per oggetto esclusivo l'esercizio di attività sportive sono soggette alla sola imposta di registro in misura fissa. È fatta salva l'applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica29 settembre 1973, n. 598 (14), recante istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche. Le cessioni di diritti alle prestazioni sportive degli atleti effettuate anteriormente alla data del 31 dicembre 1994, in applicazione di norme emanate dalle federazioni sportive, non costituiscono cessione di beni agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto (15) (16). (11) Riportato alla voce Redditi delle persone fisiche e delle persone giuridiche (Imposte sui). (12) Riportato alla voce Valore aggiunto (Imposta sul). (13) Comma così sostituito dall'art. 2, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. In precedenza, modifiche al presente comma erano state disposte dal D.L. 17 maggio 1996, n. 272 (Gazz. Uff. 18 maggio 1996, n. 115) e dal D.L. 22 luglio 1996, n. 383 (Gazz. Uff. 22 luglio 1996, n. 170), non convertiti in legge, i cui effetti sono stati fatti salvi dalla suddetta legge n. 586 del 1996. (14) Riportato alla voce Redditi delle persone fisiche e delle persone giuridiche (Imposte sui). 147 (15) Per l'interpretazione autentica dell'ultimo comma del presente articolo, vedi l'art. 4, L. 1° dicembre 1981, n. 692, riportata alla voce Bollo (Imposta di). (16) Comma così modificato dall'art. 66, D.L. 30 agosto 1993, n. 331, riportato alla voce Imposte e tasse in genere, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione. Capo IV - Disposizioni transitorie e finali Articolo 16. Abolizione del vincolo sportivo. Le limitazioni alla libertà contrattuale dell'atleta professionista, individuate come "vincolo sportivo" nel vigente ordinamento sportivo, saranno gradualmente eliminate entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle federazioni sportive nazionali e approvati dal CONI, in relazione all'età degli atleti, alla durata ed al contenuto patrimoniale del rapporto con le società. Le società sportive previste dalla presente legge possono iscrivere nel proprio bilancio tra le componenti attive, in apposito conto, un importo massimo pari al valore delle indennità di preparazione e promozione maturate alla data del 30 giugno 1996, in base ad una apposita certificazione rilasciata dalla Federazione sportiva competente conforme alla normativa in vigore (17). Le società che si avvalgono della facoltà di cui al comma precedente debbono procedere ad ogni effetto all'ammortamento del valore iscritto entro tre anni a decorrere dalla data del 15 maggio 1996, fermo restando l'obbligo del controllo da parte di ciascuna federazione sportiva ai sensi dell'articolo 12 (17). Le società appartenenti a federazioni sportive che abbiano introdotto nei rispettivi ordinamenti il settore professionistico in epoca successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, oltre che avvalersi della facoltà prevista dal secondo 148 comma, possono altresì provvedere ad un ammortamento delle immobilizzazioni, iscritte in sede di trasformazione o di prima applicazione del vincolo di cui al primo comma, entro un periodo non superiore a tre anni, a decorrere dalla data del 15 maggio 1996 (17). (17) Comma aggiunto dall'art. 3, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. In precedenza, modifiche al presente articolo erano state disposte dal D.L. 17 maggio 1996, n. 272 (Gazz. Uff. 18 maggio 1996, n. 115) e dal D.L. 22 luglio 1996, n. 383 (Gazz. Uff. 22 luglio 1996, n. 170), non convertiti in legge, i cui effetti sono stati fatti salvi dalla suddetta legge n. 586 del 1996. Articolo 17. Trasformazione delle società e decorrenza degli articoli 3, 4 e 5. Le società di cui all'articolo 10 devono adeguare il loro ordinamento alle norme della presente legge entro il 31 dicembre 1994 (16). La disciplina prevista dagli articoli 3, 4 e 5 si applica dal 1° luglio 1981 e non ha effetto retroattivo. (16) Comma così modificato dall'art. 66, D.L. 30 agosto 1993, n. 331, riportato alla voce Imposte e tasse in genere, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione. Articolo 18. Applicazione della legge 8 luglio 1977, n. 406, agli organi del CONI. Nei confronti dei membri degli organi di amministrazione del CONI per i quali è prevista la designazione elettiva, si applica l'articolo unico della legge 8 luglio 1977, n. 406 (18), ancorché siano nominati con decreto ministeriale. 149 (18) Modifica l'art. 32, L. 20 marzo 1975, n. 70, riportata alla voce Impiegati civili dello Stato. 150 LEGGE 16 FEBBRAIO 1942 N. 426 “COSTITUZIONE E ORDINAMENTO DEL COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO (C.O.N.I.)” Art. 1 È costituito sotto la vigilanza del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), avente personalità giuridica con sede in Roma. Art. 2 Compiti del Comitato Olimpico Nazionale Italiano sono l'organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale e l'indirizzo di esso verso il perfeziona mento atletico con particolare riguardo al miglioramento fisico e morale. Art. 3 II Comitato Olimpico Nazionale Italiano nell'espletamento dei compiti di cui all'articolo precedente: 1. provvede alla conservazione, al controllo ed all'incremento del patrimonio sportivo nazionale; 2. coordina e disciplina l'attività sportiva comunque e da chiunque esercitata; 3. ha il potere di sorveglianza e di tutela su tutte le organizzazioni che si dedicano allo sport e ne ratifica, direttamente o per mezzo delle Federazioni Sportive Nazionali, gli statuti ed i regolamenti; 4. appronta gli atleti ed i mezzi idonei per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive 151 nazionali o internazionali, con riguardo alla preparazione olimpionica o per il raggiungimento di altre finalità. Art. 4 Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano provvede al conseguimento dei suoi fini con contributi dello Stato e di altri enti, con erogazioni e lasciti da parte di privati, con i proventi del tesseramento degli iscritti alle Federazioni Sportive e con i ricavati delle manifestazioni sportive. Art. 5 Sono organi dei Comitato Olimpico Nazionale Italiano: 1) la Federazione italiana atletica leggera (F.l.D.A.L..); 2) la Federazione italiana sport invernali (F.l.S.I.); 3) la Federazione italiana atletica pesante (F.l.A.P.); 4) la Federazione italiana nuoto (F.l.N.); 5) la Reale Federazione italiana canottaggio (R.F.I.C.); 6) la Federazione italiana scherma (F.l.S.); 7) la Reale Federazione ginnastica di Italia (R.F.G.I.); 8) la Federazione italiana sport equestri (F.l.S.E.); 9) la Federazione ciclistica italiana (F.C.I.); 10) la Federazione pugilistica italiana (F.P.I.); 11) la Reale Federazione italiana della vela (R.F.I.V.); 12) la Federazione italiana tiro a segno (F.l.T.S.); 13) la Federazione italiana giuoco calcio (F.I.G.C.); 14) la Reale Federazione motociclistica italiana (R.F.M.I.); 15) la Reale Federazione italiana motonautica (R.F.I.M.); 16) la Federazione automobilistica sportiva italiana (F.A.S.I.); 152 17) la Federazione italiana tennis (F.l.T.); 18) la Federazione italiana tiro a volo (F.l.T.A.V.); 19) la Federazione italiana rugby (F.L.R.); 20) la Federazione italiana pallacanestro (F.l.P.); 21) la Federazione italiana hockey e pattinaggio a rotelle (F.l.H.P.R.); 22) la Federazione italiana golf (F.l.G.); 23) la Federazione italiana della caccia (F.l.C.); 24) la Federazione italiana del pentathlon moderno (F.l.P.M.). Possono essere costituite dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano altre Federazioni per attività sportive non ancora inquadrate, o per sport non compresi nell’elenco di cui al comma precedente. Le Federazioni Sportive Nazionali, stabiliscono, con regolamenti interni, approvati dal Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, le norme tecniche ed amministrative per il loro funzionamento e le norme sportive per l'esercizio dello sport controllato. Art. 6 II Consiglio Nazionale del Comitato Olimpico Nazionale Italiano è costituito dal Presidente del Comitato, che lo presiede, e dai Presidenti delle Federazioni Sportive. Ne è segretario il Segretario Generale del Comitato. Art. 7 II Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano è nominato con decreto del Ministro per il turismo e lo spettacolo, su designazione del Consiglio Nazionale. II Consiglio Nazionale elegge ne l suo seno due vice-presidenti e nomina il Segretario Generale. La gestione dell'Ente è affidata ad una Giunta Esecutiva, composta del Presidente del Comitato Olimpico, che la presiede, dei 153 due vice-presidenti, del Segretario Generale e di sei membri eletti dal Consiglio Nazionale. Art. 8 I Presidenti delle Federazioni Sportive sono eletti dalle Società, Associazioni ed Enti sportivi dipendenti. Art. 9 In ogni Provincia è costituito un Comitato provinciale del Comitato Olimpico Nazionale Italiano con il compito di coordinare e disciplinare le attività sportive che si esercitano nell'ambito della Provincia. Art. 10 Le Società e le Sezioni sportive debbono essere riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano e dipendono disciplinarmente e tecnicamente dalle Federazioni sportive competenti, le quali possono anche esercitare su di esse un controllo di natura finanziaria. Art. 11 Agli effetti tributari, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano è parificato alle Amministrazioni dello Stato. Tale equiparazione non si estende alle imposte dirette. Art. 12 II riscontro sulla gestione contabile del Comitato Olimpico Nazionale Italiano è devoluto ad un Collegio dei Revisori dei Conti, costituito da tre componenti effettivi e da due supplenti, di cui un componente effettivo ed uno supplente 154 designati dai Ministro per le finanze. I revisori dei conti sono nominati dal Ministro per il turismo e lo spettacolo al quale presentano la loro relazione collegiale. Art. 13 Con decreto, su proposta del Ministro per il turismo e lo spettacolo, d’intesa con il Ministro per le finanze, saranno emanate, ai sensi della legge 31 gennaio 1926, n. 100, le norme per il funzionamento del Comitato Olimpico Nazionale Italiano e le altre disposizioni, anche di carattere integrativo, per l'attuazione della presente legge. 155 156 BIBLIOGRAFIA: • C. ALVISI, Le fonti statali dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, in C. VACCÀ (a cura di), Giustizia sportiva e arbitrato, Milano, 2006, p. 3 s.; • F. 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