La legge Gravitazione Universale di Portfolio a cura di Angela Maria De Santis Specializzanda SSIS IX Ciclo I anno Indirizzo FIM AA 2007-2008 La legge di Gravitazione Universale Introduzione Sono certa che se mi fossi trovata a lavorare in una scuola prima di frequentare la SSIS avrei impostato ed affrontato l’intervento didattico in modo differente; mi sarei concentrata esclusivamente sui contenuti disciplinari studiati nei corsi di fisica universitari cercando il modo di adattarli per poterli sviluppare nella scuola superiore. Avrei svolto prevalentemente lezioni frontali prive di una certa interattività, prive di illustrazioni sperimentali, prive di metodologie didattiche alternative. Ma grazie a questi due anni di SSIS scopro che l’allievo, centro del processo di insegnamento-apprendimento, deve essere protagonista e responsabile del suo apprendimento; mentre il docente è “solo” il facilitatore, il tramite. Il compito del docente è quello di rielaborare il sapere, trasformarlo ed adattarlo alla realtà, unica e singolare della propria classe, preparando l'ambiente per una situazione capace di produrre effettivamente l’apprendimento di concetti disciplinari. Adottare come metodologia esclusivamente la lezione di tipo frontale non stimola gli allievi, non li aiuta a diventare delle parti attive di questo processo, non li conduce alla riflessione attiva, bisogna indurre negli allievi delle rotture cognitive che attivino il loro bisogno di raggiungere determinati obiettivi visti e sentiti come propri. Dopo questo interessante percorso durato due anni, dove ho potuto studiare e scoprire la didattica, la pedagogia e la psicologia, voglio e devo cambiare il mio punto di vista, cercherò quindi di mettere il destinatario al centro, cercando, per quanto mi è possibile, di trasmettere i contenuti in modo attivo, trovando situazioni che gli allievi possono sperimentare in modo da sentirsi coinvolti e che li aiutino a tenere vivo il livello della comunicazione. L’idea è di guidare gli allievi alla scoperta dei contenuti adottando una metodologia che li stimoli attraverso semplici analogie, esempi, riflessioni, gli affascinanti esperimenti ideali e realizzando dove possibile dei semplici esperimenti con l’ausilio di oggetti facilmente reperibili. Contenuti La pubblicazione, nel 1687, dei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Newton segnano l’inizio di una fase di grandi scoperte che, per quasi due secoli, si muoveranno entro uno schema dominato dal modello newtoniano. Solitamente, per ragioni di tipo prettamente didattico, nei libri di fisica si segue uno schema entro il quale si “costruisce” quasi tutta la meccanica (descrizione del moto, cause dei cambiamenti nel moto, leggi della dinamica) e poi, al termine, si parla della gravitazione. Anche se tale modo di procedere da un lato risulta più semplice, perché le difficoltà di comprensione del significato di alcune grandezze fisiche vengono diluite, dall’altro non è corretto sul piano storico. Tuttavia ritengo che sia preferibile presentare la legge newtoniana di gravitazione solo dopo aver sviluppato i fondamenti della meccanica poiché in questo modo gli studenti hanno modo di assimilare le nozioni di meccanica proprio perché diluite. UNITÀ 1 • • • • • • • • • La gravità Newtoniana Moti del Sole La prima soluzione geocentrica La teoria eliocentrica Le Leggi di Keplero e la Gravitazione Universale La determinazione di G Concetto di campo Lavoro della forza gravitazionale Energia nel moto planetario Che altro possiamo fare con la legge di gravitazione ? UNITÀ 2 La gravità di Einstein 2 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis • • • • • • Due postulati fondamentali della relatività ristretta Trasformazioni di coordinate in meccanica relativistica - Trasformate di Lorentz Dilatazione dei tempi e contrazione delle lunghezze Il principio di equivalenza Conseguenze del principio di equivalenza - Effetto della gravità sulla luce Fisica e geometria Prerequisiti: Per trattare l’argomento credo sia essenziale come prerequisiti base: la forza e il moto o i principi della dinamica, o massa e peso, o equazioni del moto circolare uniforme, o forza centripeta e moto circolare, o principi della dinamica, o moto dei proiettili; lavoro ed energia o lavoro di una forza, o concetto di energia, energia cinetica, energia potenziale, o conservazione dell’energia meccanica, o forze conservative e dissipative. Competenze: Conoscere le varie soluzioni date storicamente al problema del moto dei pianeti, in particolare il modello tolemaico e il modello copernicano. Conoscere gli sviluppi moderni del problema del moto dei pianeti e i contributi dovuti a Tycho Brahe, Galileo e Keplero. Conoscere il significato e l'importanza della legge di gravitazione universale. Saper applicare la legge di gravitazione universale alla soluzione di problemi relativi alla massa dei pianeti, all'accelerazione di gravità e al moto dei pianeti e dei satelliti. Conoscere il concetto di campo gravitazionale e, a grandi linee, la spiegazione eisteiniana della gravità. 3 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis UNITÀ 1 La gravità Newtoniana Newton arriva a postulare l’esistenza della gravitazione universale come causa dei moti celesti nello stesso istante in cui afferma che le accelerazioni sono l’effetto di forze. I maggiori successi della meccanica newtoniana si ebbero infatti nella definitiva comprensione del moto dei pianeti nel Sistema Solare. Prima quindi di approfondire ulteriormente il problema della gravità, alla luce della Legge di Gravitazione Universale di Newton, facciamo un passo indietro e vediamo come erano descritti i moti dei pianeti nei principali sistemi pre-newtoniani. Moti del Sole I fenomeni celesti, si svolgono anche oggi nella stessa maniera che al tempo dei Greci; una caratteristica affascinante di questa parte della fisica è il fatto che voi potete osservare a occhio nudo la maggior parte di quello che i primitivi scienziati videro e annotarono, e potete scoprire alcuni di quei cicli e cambiamenti ritmici conosciuti da così lungo tempo: il cambiamento stagionale dell'altezza del Sole a mezzogiorno, le fasi mensili della Luna e il maestoso spettacolo del lento ruotare del cielo notturno. Per un osservatore sulla Terra, il più importante ciclo celeste è indubbiamente quello del susseguirsi del giorno e della notte. Ogni giorno il Sole sorge al di sopra dell’ orizzonte locale, nella parte del cielo rivolta a Est e tramonta verso Ovest. Nel suo moto quotidiano, il Sole descrive un arco attraverso il cielo, simile a quello rappresentato nel disegno in figura 1. Figura 1. Oltre al Sole e alla Luna, è possibile osservare cinque corpi alquanto luminosi che si muovono in mezzo alle stelle, chiamati pianeti. Sono: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Con l'aiuto del telescopio ne sono stati scoperti in seguito altri tre: Urano, Nettuno e Plutone. La prima soluzione geocentrica Fin dall'antichità si riteneva che la Terra fosse al centro dell'universo e che le stelle ruotassero intorno ad essa. Aristotele sostenne che la forma dei corpi celesti, così come quella delle loro traiettorie, dovesse essere la più perfetta, cioè quella circolare. Nell'applicazione di tale teoria al moto dei pianeti, sorsero però delle difficoltà che furono superate con l'impegno degli scienziati in circa due millenni. Il moto dei pianeti osservato dalla Terra, infatti, descrive sulla volta celeste orbite complesse, con velocità e direzioni variabili: moto retrogrado (figura 2). Le traiettorie dei pianeti erano perciò in contraddizione con la teoria del moto circolare e furono escogitate varie teorie che spiegavano la forma di tali traiettorie come combinazione di opportuni moti circolari. Figura 2. Moto retrogrado di un pianeta rispetto alla Terra. La teoria più completa di tipo geocentrico, con la Terra cioè al centro dell'universo, fu quella di Tolomeo. Analizzando la traiettoria annuale del Sole, ci si rende conto che qualsiasi soluzione basata su un semplice sistema circolare con velocità uniforme è da scartare. 4 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis Come si spiega la variazione di velocità nel moto dei pianeti e il moto retrogrado? Tolomeo credeva che la Terra fosse al centro dell'Universo, tuttavia non riteneva che fosse al centro esatto; egli propose invece che il centro C di un cerchio potesse non coincidere con il centro della Terra; cioè che la Terra fosse in posizione eccentrica. Perciò, un moto che in realtà era uniforme rispetto al centro C, osservato dalla Terra sarebbe apparso non uniforme. Anche se l'eccentrico spiegava piccole variazioni della velocità, certo non era in grado di spiegare cambiamenti così radicali come quelli che si osservano nel moto retrogrado dei pianeti. Per rendere conto anche del moto retrogrado, Tolomeo ricorse a un altro accorgimento: l’epiciclo. Il pianeta si muove a velocità costante sulla circonferenza di un piccolo cerchio, chiamato epiciclo; nel frattempo, il centro dell'epiciclo si muove attorno alla Terra a velocità costante sul cerchio più grande, chiamato deferente. Quando la velocità del pianeta sull'epiciclo è più grande della velocità sul cerchio maggiore, il pianeta descrive degli anelli caratteristici, che hanno il massimo risalto se visti dall'alto. Guardando da una posizione vicina al centro, gli stessi anelli appariranno analoghi ai moti retrogradi osservati in realtà per i pianeti. Illustrazione sperimentale: Non è possibile imparare la fisica senza prendere contatto con qualche attività pratica che ti permetta di “scoprire” oltre che di “capire”, quindi credo sia necessario che lo studio sia integrato con l’esecuzione di esperimenti. Con modeste attrezzature è possibile costruirsi una macchina per simulare il modello degli epicicli. Basta forare due bacchette di legno, come indicato nello schema e inserire nei fori due tondini metallici che fungono da assi di rotazione. Se si applica una piccola sorgente luminosa sulla bacchetta più corta, facendo ruotare il deferente (la bacchetta più lunga) e, di conseguenza l'epiciclo, in un ambiente oscurato si vedrà la lampadina descrivere un moto epicicloidale. La cosa è più evidente se la velocità di rotazione è elevata. La teoria eliocentrica II modello geocentrico fu accettato quasi universalmente per un periodo di circa duemila anni dall'epoca di Platone e Aristotele. Eppure un modello radicalmente diverso, basato su ipotesi assai differenti, era stato proposto nel terzo secolo a.C. L'astronomo Aristarco suggerì che una più semplice spiegazione del moto nei cicli sarebbe scaturita dal considerare il Sole al centro, e la Terra, i pianeti e le stelle in rotazione attorno al Sole stesso. Una soluzione così concepita, che pone cioè il Sole al centro dell'Universo, è denominata concezione eliocentrica. 5 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis Si potevano inoltre spiegare i moti retrogradi dei pianeti, facendo l'ipotesi che la Terra e i cinque pianeti visibili ruotassero attorno al Sole (moto di rivoluzione). Dal disegno si può capire come questo sistema eliocentrico fosse in grado di spiegare i moti retrogradi di Marte, Giove e Saturno (nel disegno si suppongono orbite circolari). Nonostante tutto questo, la proposta di Aristarco fu completamente trascurata nell'antichità; anzi fu severamente criticata per diversi motivi. Una critica veniva dal fatto che le osservazioni dirette sembravano contraddire Aristarco. Se infatti la Terra fosse stata in moto su un'orbita circolare attorno al Sole, essa si sarebbe mossa avanti e indietro rispetto alle stelle fisse; ma gli astronomi greci non avevano osservato nulla di simile. Questo fatto imbarazzante poteva essere spiegato in due maniere: o la Terra non gira attorno al Sole, oppure la Terra gira attorno al Sole, ma le stelle sono talmente lontane che lo spostamento è troppo piccolo per essere osservato. I Greci compresero che in quest’ultimo caso le stelle avrebbero dovuto essere spaventosamente lontane da noi. Quando la Terra sorpassa un pianeta, nella sua corsa attorno al Sole, sembra che il pianeta si sposti nel cielo in senso contrario. Le frecce indicano le linee visuali del pianeta per varie posizioni della Terra, contrassegnate con numeri successivi. I cerchietti numerati che compaiono in basso danno le corrispondenti posizioni apparenti del pianeta sullo sfondo delle stelle lontane. L'astronomo Nikolaus Kepperlingk (1473-1543), che poi latinizzò il suo nome in Copernico, riprese una teoria di Aristarco (III sec. a.C.) e fu il divulgatore della teoria eliocentrica, in base alla quale il Sole è ritenuto immobile al centro dell'universo, mentre la Terra e i pianeti ruotano su orbite circolari intorno ad esso. La teoria di Copernico provocò una crisi profonda nella concezione dell'universo, sembrando inconciliabile con l'assunto filosofico e religioso della centralità dell'uomo. Dal punto di vista strettamente scientifico, il modello copernicano, che pure semplificava notevolmente la descrizione del sistema solare, non si conciliava in maniera precisa con le osservazioni astronomiche. Per trovare un miglior accordo con i dati sperimentali, anche Copernico dovette ricorrere agli epicicli, giungendo a un modello altrettanto complicato e artificioso come quello tolemaico. La disputa tra i sostenitori delle due teorie divenne sempre più accesa, soprattutto quando l'intervento di Galileo a sostegno della teoria eliocentrica, mirato a convincere gli esponenti della Chiesa cattolica ad accettarla e propagandarla, sortì l'effetto opposto. Infatti ben presto le opere a favore dell'eliocentrismo furono considerate eretiche e condannate dalla Chiesa. Le Leggi di Keplero e la Gravitazione Universale Le resistenze ad accettare il sistema eliocentrico sono testimoniate dal grande Tycho Brahe che fu un acutissimo osservatore ed accrebbe notevolmente la precisione delle misure ad occhio nudo prima che Galileo usasse il cannocchiale. L'importanza dell'opera di Tycho Brahe risiede soprattutto nella sua imponente raccolta di dati sperimentali, frutto di osservazioni astronomiche di estrema precisione. Keplero fu assunto nel 1600 come assistente di Tycho con il compito di verificare i dati sull’orbita di Marte; egli cercava conferme della teoria eliocentrica; i dati sperimentali di Tycho Brahe diedero la possibilità al suo assistente Keplero di determinare, dopo una lunga elaborazione, le effettive orbite dei pianeti intorno al Sole senza ricorrere agli epicicli; Keplero si accorse che queste orbite non erano circolari ma ellittiche. Egli formulò così quella che è nota come Ia Legge di Keplero: I pianeti descrivono intorno al Sole delle orbite ellittiche, di cui il Sole occupa uno dei fuochi. 6 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis Nell'orbita di un pianeta (fìg. 3), il punto più lontano e quello più vicino al Sole sono detti rispettivamente afelio e perielio. Figura 3. L’opera di Keplero fa sorgere una domanda: “perché le orbite planetarie sono ellissi?”; tale domanda rimase senza un’adeguata risposta per circa ottant’anni, fino a quando Newton mostrò che le orbite ellittiche derivano di necessità da una legge più generale. La prima legge di Keplero indicava la forma generale delle orbite dei pianeti ma non consentiva di giustificarla, Keplero cercò comunque di risalire alla relazione tra la posizione di un pianeta e la sua velocità. Inizialmente egli stabilì che la velocità di un pianeta è maggiore quando la sua orbita è più vicina al Sole (perielio) e minore quando è più distante (afelio) ed infine giunse alla IIa Legge di Keplero: II raggio vettore tracciato dal Sole a uno qualsiasi dei pianeti descrive aree uguali in intervalli di tempo uguali. La seconda legge di Keplero può essere formulata in modo equivalente dicendo che l'area descritta dal raggio vettore di ogni pianeta nell'unità di tempo, detta anche velocità areolare, è costante durante il moto del pianeta sull'orbita. Nella figura 4 sono rappresentate l'area descritta dal raggio vettore in un certo intervallo di tempo quando il pianeta si muove intorno all'afelio e quella descritta in un intevallo di tempo uguale intorno al perielio. Poiché le due aree sono uguali, è evidente che il pianeta percorre, nell'intervallo di tempo dato, un cammino più breve in prossimità dell'afelio e più lungo in prossimità del perielio. Da questo segue che la velocità lineare con cui il pianeta percorre l'orbita ellittica è minima nell'afelio e massima nel perielio. Figura 4. Per parecchi anni Keplero si dedicò a cercare una terza legge che ponesse in relazione tutte le orbite planetarie, e guidato dalla sua fiducia nella rappresentazione matematica della natura, si ostinò a confrontare i dati astronomici relativi ai diversi pianeti arrivando così alla legge dei periodi che lega i periodi dei pianeti alla loro distanza dal Sole. IIIa Legge di Keplero: I quadrati dei tempi di rivoluzione dei pianeti intorno al Sole sono proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori delle rispettive orbite. dove la costante K ha lo stesso valore per tutti i pianeti. Le leggi di Keplero descrivono compiutamente il moto dei pianeti, ma non ne risalgono alle cause. La definitiva accettazione, nella seconda metà del’600 del principio di inerzia, pose il problema in termini diversi: una traiettoria chiusa, circolare o ellittica, richiede l’esistenza di una forza diretta verso il centro dell’orbita. Nel caso dei pianeti suggerisce l’esistenza di una forza attrattiva diretta verso il Sole. L'idea di una proprietà inerente alla natura dei fenomeni si era comunque affermata quando Newton (1642-1727) elaborò la teoria della gravitazione universale. Newton riconosce un debito culturale solo nei confronti della III legge di Keplero perché in virtù di essa, cioè della regolarità tra periodo e distanza al cambiare del pianeta, può affermare il carattere unitario della forza di interazione tra Sole e pianeti. A questo punto 7 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis passa alla generalizzazione ed afferma che si tratta della stessa forza che spiega il moto del sistema Terra Luna e del sistema di Giove e dei suoi satelliti. Ma Newton come ci arriva? Per dare un’idea del tipo di ragionamenti condotti da Newton supponiamo che, in prima approssimazione, i pianeti ruotino intorno al Sole di moto uniforme in orbite che differiscono molto poco da circonferenze. Ma se il moto del pianeta è circolare uniforme esiste un’accelerazione centripeta diretta verso il centro dell'orbita, cioè verso il Sole. Dalla II legge della dinamica sappiamo che una tale accelerazione è dovuta all'azione di una forza; dunque il Sole agisce su ogni pianeta con una forza diretta verso di sé. Dalla validità della III legge della dinamica segue inoltre che il Sole subisce a sua volta l'azione di una forza opposta alla precedente ed esercitata dal pianeta. In base alla III legge di Keplero il rapporto tra il raggio orbitale al cubo e il quadrato del periodo è costante, cioè: La forza necessaria per mantenere un pianeta sulla sua orbita è data da: Ed essendo l’orbita circolare: Per la legge dei periodi e quindi: 4 4 1 Con C costante uguale a 4π /k. Poiché la quantità tra parentesi è costante, cioè è la stessa per tutti i pianeti, si ha che la forza è direttamente proporzionale alla massa del pianeta e inversamente proporzionale alla sua distanza dal Sole. Ma la forza che attira i pianeti verso il Sole è la stessa che fa cadere i corpi sulla Terra? Inoltre Newton si chiese se la forza che attira i pianeti verso il Sole non potesse essere la stessa che fa cadere i corpi sulla Terra. In un primo tempo mise alla prova questa sua congettura considerando l'attrazione della Terra sulla Luna. Dai dati allora disponibili, Newton sapeva che la distanza del centro della Terra dal centro della Luna era circa 60 volte il raggio terrestre. Dallo studio dei gravi si conosceva già da lungo tempo che l'accelerazione di gravità alla superficie terrestre vale circa 9,8 !. Newton calcolò che l’accelerazione della Luna dovuta alla gravità terrestre dovesse essere pari a 1/60 1/3600 delll’accelerazione di gravità sulla superficie terrestre, quindi con l'accelerazione di 9,80/3600 2,72 x 10( m/s . Newton basandosi sulla conoscenza del periodo orbitale della Luna, della distanza Terra Luna e sulle leggi del moto circolare uniforme ottenne per il valore dell'accelerazione: 2,74 + 10( /, . Dunque, la forza che tiene la Luna sulla sua orbita diventa, proprio alla superficie della Terra, uguale alla forza di gravità di cui noi possiamo osservare gli effetti sui corpi pesanti. E perciò la forza che tiene la Luna sulla sua orbita è proprio la stessa forza che noi chiamiamo comunemente gravità. Questo è veramente un risultato eccezionale. La stessa forza che provoca la caduta di una minuscola mela dall'albero è capace di mantenere la Luna sulla sua orbita! Il discorso sul confronto tra l’accelerazione di gravità sulla Terra con l’accelerazione della Luna è un discorso che bisognerebbe fare, e se non si fa, si perde il sapore di che cosa è la fisica. Vera o immaginaria che fosse la folgorazione dovuta alla caduta della mela, Newton intuì che la caduta dei gravi è dovuta ad una forza di attrazione della Terra e gli parve ragionevole supporre che questa forza non si limitasse ai rami di un albero, ma si estendesse al di là di 8 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis essi a quote sempre maggiori, fino alla Luna. D'altra parte, il principio di azione e reazione, da lui stesso stabilito, imponeva allora che anche la mela, o la Luna esercitassero a loro volta sulla Terra una forza uguale e contraria. Estendendo questo ragionamento, gli parve naturale pensare che tutti i corpi dell'universo si attraessero tra loro con una forza della stessa natura. Il terzo principio della dinamica ci dice che non vi è un corpo che attrae e uno che viene attratto, ma che l'attrazione deve essere reciproca: sul Sole deve agire una forza identica a quella che agisce sul pianeta; e diretta in senso opposto. F./ C 1 M R e per il principio di azione e reazione F./ F/. la forza di attrazione reciproca diventa allora: FG Mm R Quando una persona tiene in mano un sasso a una certa altezza e poi lo lascia cadere, il sasso accelera verso il suolo. Le nostre leggi del moto ci assicurano che deve esistere una forza agente sul sasso che lo fa accelerare verso la Terra. Conosciamo la direzione di tale forza, e siamo in grado di trovare la sua intensità moltiplicando la massa del sasso per l'accelerazione. Possiamo contraddistinguere questa forza con il nome di peso o di attrazione gravitazionale terrestre, ma ciò non risolve il problema del perché esista questa interazione tra i corpi. Newton non si limitò ad affermare che una sola, semplice legge descriveva tutte le forze esistenti tra il Sole e i pianeti: egli riteneva infatti che non vi fosse niente di speciale o di eccezionale nel caso dei corpi del sistema solare, o della Terra e della mela: perciò, un'identica relazione doveva valere per quasiasi altra coppia di corpi, posti a una distanza notevole rispetto alle loro dimensioni, e in qualsiasi parte dell'Universo si trovassero. Egli propose cioè una legge generale della gravitazione universale, che può essere così espressa: F5678 G m9 m R La trattazione precedente non può essere considerata come una deduzione della legge di gravitazione universale, ma serve solo ad illustrare la linea di ragionamento seguita da Newton. Tra l’altro, alcune delle pause nel lavoro di Newton sono proprio legate alla necessità cruciale di dimostrare in maniera inoppugnabile quello che per noi appare quasi una ovvietà, ma che tale non è, e cioè il fatto che dal punto di vista gravitazionale gli effetti di una sfera di dimensioni finite o quelli di una massa puntiforme, siano identici. Il fattore G nella legge di gravitazione universale è detto costante di gravitazione universale; il suo valore è pari alla forza di interazione tra due masse unitarie che si trovino a distanza unitaria e può essere determinato per via sperimentale. La determinazione di G Nel 1798 lo scienziato inglese Henry Cavendish (1731-1810) eseguì un esperimento per misurare in laboratorio l’attrazione gravitazionale e quindi determinare la costante di gravitazione. L'apparato sperimentale era costituito da una bilancia di torsione il cui funzionamento è schematizzato in figura 5. Il valore determinato fu di 6.675 < 10(99 =! >5! . Si osservi che, nel caso della bilancia di torsione, si fa esplicito uso di un risultato già determinato da Newton, quello secondo cui i corpi sferici e omogenei sono sempre assimilabili a puntiformi anche quando le loro dimensioni, rispetto alle distanze in gioco, non consentirebbero tale affermazione. Conoscendo G da questo esperimento possiamo indirettamente conoscere il valore della massa della Terra. Perché nella vita quotidiana non rileviamo gli effetti della legge di gravitazione? 9 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis A questo punto farei osservare che il valore della costante G fa sì che la forza gravitazionale che si esercita tra corpi di dimensioni e massa ordinari sia difficilmente rilevabile. Figura 5. Schema del dispositivo di Cavendish per la misura della costante di attrazione gravitazionale. Concetto di campo Dopo il 1800 incominciò a farsi strada il concetto di campo. In questo caso una o più masse generano nello spazio un campo gravitazionale e un'altra massa m, chiamata massa di prova posta in un punto dello spazio, risente dell'azione di una forza F. II campo gravitazionale generato in un punto da un sistema di masse è il vettore g=F/m dato dal rapporto fra la forza gravitazionale F, agente sulla massa di prova m posta in quel punto, e la massa m. È importante sottolineare che il campo gravitazionale esiste indipendentemente dalla presenza della massa di prova. Essa è solo un mezzo atto a rivelare l'esistenza del campo gravitazionale in un determinato punto dello spazio tramite la forza F agente su di essa. Analogia Per chiarire meglio il concetto facciamo un esempio: supponiamo di essere in prossimità di uno specchio di acqua nel quale sta galleggiando un sughero. Potremmo far muovere il sughero, inizialmente fermo, iniziando a colpire l’acqua con un altro sughero in un punto anche relativamente distante dal primo. Se guardiamo solo i due sugheri possiamo concludere che l’uno si muove dopo un certo tempo in risposta al moto dell’altro. Tra i due corpi vi è dunque un’interazione; ovviamente noi non abbiamo fatto altro che perturbare l’acqua la quale a sua volta ha interagito con l’altro sughero. L’acqua in questo esempio, fa le veci del campo. Consideriamo la Terra e usiamo una piccolo corpo di massa m come sonda del campo gravitazionale, se questo corpo si trova in prossimità della Terra subirà una forza che ha modulo, direzione e verso ben definiti in ciascun punto dello spazio. Il modulo è mg e la direzione è radiale verso il centro della Terra. A ciascun punto in prossimità della terra possiamo associare un vettore g che rappresenta l’accelerazione subita da un corpo lasciato libero in tale punto. Si definisce intensità del campo gravitazionale in un punto come g=F/m. Indicando con M? la massa della Terra, il campo gravitazionale a distanza r dal suo A centro, è diretto verso il centro della Terra e ha intensità g G !B 6 L'intensità del campo dipende dalla massa della Terra e dalla distanza. In particolare per r R ? , raggio terrestre, dall'equazione scritta sopra otteniamo l'accelerazione di gravità sulla superficie della Terra, che qui indichiamo con g D : EF G HI JKI (1) il cui valore ben noto è uguale a L, MN O/P K . Eseguendo il rapporto membro a membro delle due equazioni precedenti ricaviamo: JKI E EF K Q che ci permette di confrontare l'accelerazione di gravità g in un punto a distanza r dal centro della Terra con l'accelerazione E F sulla superficie terrestre. In funzione dell'altezza h dal suolo, l'accelerazione di gravita è espressa dalla relazione: g g D R? R ? R h Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis 10 Ottenuta ponendo r R ? R h . Si comprende facilmete il motivo per cui l’accelerazione di gravità per piccoli dislivelli può ritenersi con ottima approssimazione costante, ad esempio ad un’altezza da terra di 100, g diminuisce soltanto di circa 0.2 /, . C'è inoltre un altro aspetto interessante da esaminare: l'azione del campo si propaga nello spazio a una velocità finita, uguale a quella della luce. Supponiamo che il Sole esploda, che cosa succederà alla Terra? Secondo la teoria del campo gravitazionale di Einstein, nessun corpo o segnale può viaggiare a una velocità superiore a quella della luce; quindi per 8 minuti circa (il tempo che impiega la luce a percorrere la disianza Sole-Terra) noi continueremmo a vedere il Sole e la Terra continuerebbe regolarmente la sua orbita, come se niente fosse successo, e in effetti per noi sulla Terra nulla sarebbe (ancora) successo. Dopo 8 minuti vedremmo e percepiremmo la catastrofe e la Terra uscirebbe dall'orbita lungo la tangente. Effettivamente, il campo si propaga nello spazio come un'onda nel mare o l'onda d'urto di un'esplosione, raggiungendo a una velocità finita e in un tempo finito, ma diverso da zero, tutti i punti dello spazio. Il campo quindi ha un'esistenza per così dire "autonoma" anche dalla sua sorgente: la perturbazione gravitazionale continuerebbe a propagarsi nello spazio anche dopo che il Sole avesse cessato di esistere, così come possiamo vedere la luce emessa da stelle lontane anni luce e che potrebbero essere ormai scomparse quando la loro luce giunge fino a noi. Lavoro della forza gravitazionale Calcolando l’energia potenziale U di un corpo posto ad un’altezza h rispetto ad una qualsisi quota di riferimento si ottiene il risultato T UV che è corretto nell’ipotesi in cui g si mantenga costante, cosa che è sicuramente vera se rimaniamo in prossimità della superficie terrestre. Poiché come abbiamo visto il valore di g dipende dal valore di r (distanza dal centro della terra) ci chiediamo quanto sia la variazione dell’energia potenziale nel caso più generale di un corpo che venga spostato, lungo la verticale, da un punto ad un altro nello spazio a distanze non trascurabili rispetto al raggio terrestre. Se un corpo di massa m cade verticalmente dalla posizione A alla posizione B, a distanze WX ed WY , rispettivamente, dal centro della Terra, per calcolare la variazione di energia potenziale bisogna valutare il lavoro fatto per portare la massa m da A in B; dividiamo lo spostamento WX – WY in tanti piccoli intervalli in modo da poter considerare costante la forza gravitazionale. Si calcola il lavoro e si ottiene: [ \]^ _ 1 1 ` a. WY WX Si può dimostrare anche che il lavoro è sempre lo stesso per una fissata coppia di punti A e B, dipende soltanto dalle distanze WX e WY dal centro della Terra; la forza gravitazionale è conservativa. Ricordiamo che, per ogni forza conservativa, il lavoro compiuto dalla forza quando il suo punto di applicazione si sposta da A a B, indipendentemente dal cammino percorso, è [ TX ` TY . Dal confronto di questa equazione con la precedente deduciamo che 1 1 bT `[XY \]^ _ ` a WX WY Se ora immaginiamo che il punto A si trovi ad una distanza da B sufficientemente grande (in teoria a distanza infinita) e stabiliamo che a tale distanza il valore dell'energia potenziale sia zero allora nell'espressione che dà il lavoro avremo: [ `\ ]^ `TY WY Potremmo dunque definire l'energia potenziale in un punto come il lavoro che le forze del campo devono eseguire per portare il corpo in quel punto. 11 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis Il segno meno indica che, con questa scelta della configurazione di riferimento e del corrispondente valore dell’energia potenziale, l’energia potenziale è negativa per qualsiasi distanza finita tra i due corpi, questo significa che essa è nulla all’infinito e diminuisce al diminuire della distanza. Ciò corrisponde al fatto che la forza gravitazionale esercitata da ] su è attrattiva. A questo punto ci interessa mostrare come sia possibile ricondursi all’espressione T UV se V c . Calcoliamo la variazione di energia potenziale di un oggetto la cui posizione varia dall’altezza h sopra la superficie terrestre della Terra alla superficie stessa. Otteniamo: R V ` 1 1 \] \] R \] _ ` a \] d e· bT ` RV R V RV Se vale l’ipotesi V c , allora R V g . Inoltre, dalla relazione ( 1 ) sappiamo che hA g ! per cui, sostituendo nella relazione precedente si ottiene i h ΔU g R m gmh R che, coincide con l’usuale espressione dell’energia potenziale gravitazionale. Energia nel moto planetario Illustrazione sperimentale: l’interazione gravitazionale potrebbe far ruotare il Sole attorno alla Terra? Qualche studente potrebbe chiedere, come mai noi dovremmo immaginare la Terra in rotazione attorno al Sole quando l’interazione gravitazionale potrebbe far ruotare il Sole attorno alla Terra. Qui è nascosta una fenomenologia fisica di grande importanza e bisognerebbe stimolare questa domanda nel caso in cui non nascesse spontaneamente. È possibile gestire questo problema in maniera del tutto qualitativa: inizialmente si potrebbe partire chiedendo come mai crediamo che la Terra e i pianeti compiano delle rivoluzioni attorno al Sole e non viceversa. Qualche giorno dopo aver proposto la questione e aver dato modo agli studenti di pensarci, proporrei agli studenti di prevedere quale sarà la posizione del centro del moto circolare di due dischi identici legati tra loro e a cui ho impresso una spinta (possibilmente su un tavolo a cuscino d’aria) in modo da farli tendere a muoversi di moto circoalre con la minima traslazione possibile. Dopo aver stabilito il comportamento dei dischi identici passo a porre un peso su uno dei due dischi e chiedo ancora di prevere il comportamento. Successivaemnte passo a porre un peso molto più pesante sul disco sperando che ora emerga chiaramente l’aspettativa di un centro di rotazione che sia molto vicino al centro del disco più pesante e che gli studenti vedano chiaramete l’analogia con la Terra e il Sole. Se indichiamo con la massa di un corpo in movimento con velocità nel campo gravitazionale terrestre e con W la sua distanza dal centro della Terra, per il principio di conservazione dell'energia meccanica possiamo scrivere: 9 ` \ lmn o pq,rsrt (2) cioè la somma dell'energia cinetica e dell'energia potenziale del corpo si mantiene costante durante il moto. Supponiamo ora che il corpo in esame sia un satellite in orbita circolare di raggio r intorno alla Terra (figura 6). Figura 6. 12 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis Per la seconda legge della dinamica, l'accelerazione centripeta v /r cui è sottoposto il satellite, moltiplicata per la sua massa m, deve essere uguale alla forza gravitazionale esercitata su di esso dalla Terra, cioè: M? m v G m r r Ne segue che l'energia cinetica del satellite è: Ew G M? m 2r Pertanto l'energia totale E = Ec + U diventa: E `G AB 6 (3) II risultato fondamentale che a questo punto si vuole evidenziare è che il satellite ha energia totale negativa; ciò significa che il sistema si trova in uno stato legato, il corpo m rimane legato al corpo M che lo attrae senza sfuggirgli. La condizione che deve essere rispettata, affinchè a un sistema di due masse possano essere applicate equazioni come la ( 2 ) o la ( 3 ), è che la massa del corpo che genera il campo sia molto maggiore della massa m in movimento nel campo. In questo caso, allora, la massa più grande può essere ritenuta immobile nella posizione che occupa in un sistema di riferimento inerziale e la sua enegia cinetica può essere perciò trascurata. In caso contrario, nello scrivere l'energia totale del sistema, dovremmo includere anche l'energia cinetica di questa massa. Nel caso della Terra, la condizione ]^ x è certamente verificata se m è la massa di un satellite artificiale. Relativamente al sistema Terra-Luna, le due masse differiscono solo per due ordini di grandezza e la condizione è verificata più debolmente. Tuttavia, anche in questo caso, l'approssimazione di considerare ferma la Terra è accettabile e comporta un errore trascurabile. Che altro possiamo fare con la legge di gravitazione ? C’è infine un altro aspetto importante da mettere in risalto e cioè il potere predittivo della teoria che culmina con la scoperta di Nettuno. Questo è per esempio un aspetto di cui si parla poco, spiegare perché i pianeti non seguono esattamente le leggi di Keplero; quando nel 1820 si soprì il carattere anomalo di Urano, gli astronomi si divisero tra quelli che pensavano che doveva esserci un altro pianeta e quelli che credevano che forse la legge di gravità a grandi distanze non era più esatta. Anni di lavoro produssero una previsione, doveva esistere un altro pianeta e dopo aver calcolato dove avrebbe dovuto trovarsi un pianeta simile per produrre le perturbazioni osservate, fu scoperto Nettuno. Questa è la conferma che la legge di gravitazione funziona, perché il pianeta c’è e con la presenza di quel pianeta si spiega il moto di Urano. Penso che questa storia debba essere raccontata perché fa capire che la fisica non è pura induzione dagli esperimenti, né formulazione di principi seguita da una deduzione logica; è un intreccio di entrambe le cose. 13 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis UNITÀ 2 La gravità di Einstein Lo sviluppo della gravità newtoniana, ha avuto applicazioni di notevole successo; ad esempio ci fornisce gli strumenti per determinare con notevole precisione il moto dei corpi nei campi gravitazionali. Il superamento di essa si ebbe agli inizi del XX esimo secolo con Einstein e la Relatività Generale (RG). Arrivati a questo punto della trattazione la grossa tentazione che si ritrova anche in acuni libri è quella di dare direttamente dei cenni della senza parlare di Relatività ristretta (RR); così facendo però si corre il rischio di dare agli studenti delle misconcezioni perché non si mostra loro l’inadeguatezza del nostro concetto di tempo e di spazio; ci sono infatti dei fenomeni che non possono essere spiegati dalla fisica newtoniana per cui è indispenasbile parlare di RR la quale ha la reputazione di essere una materia molto difficile; probabilmente l’aspetto più impegnativo della RR sta proprio nel fatto che bisogna cambiare le nozioni di spazio e tempo acquisiti dalla nostra “esperienza quotidiana”. Senza entrare nel dettaglio di una teoria fisico-matematica tanto complessa indichiamo alcuni dei punti principali su cui essa è basata. Relatività e senso comune Mentre nella meccanica newtoniana ogni mutua azione si manifesta istantaneamente, qualunque sia la distanza fra i corpi interagenti, le forze elettromagnetiche descritte nella teoria di Maxwell si propagano con una velocità finita, corrispondente a quella della luce. Proprio per questo, si comprese ben presto la necessità di elaborare una teoria che riunisse sotto una stessa logica i principi della meccanica e dell'elettromagnetismo e che avrebbe rivoluzionato la fisica classica; tale teoria è la relatività einsteiniana. Nel 1905 Albert Einstein pubblicò la teoria della relatività ristretta o speciale, che tratta di come gli oggetti e gli eventi siano osservati da sistemi di riferimento inerziali, modificando nella logica e nelle conseguenze il modo in cui lo stesso argomento era stato affrontato da Galileo e da Newton. Nel 1916 Einstein completò la sua opera con la pubblicazione della teoria della gravitazione, o teoria della relatività generale. Ma anche in meccanica classica si parla di relatività: Il principio di relatività classica afferma che in tutti i sistemi di riferimento inerziali i fenomeni meccanici avvengono con identiche modalità. Inoltre, quando uno stesso evento è visto da sistemi inerziali differenti, le osservazioni sono messe in relazione mediante la composizione vettoriale delle velocità e degli spostamenti: se v è la velocità di un corpo in un certo sistema di riferimento inerziale, e v' è la sua velocità in un secondo sistema in moto con velocità di trascinamento costante v, rispetto al primo, allora si ha: v vy R v (4) Questa equazione, insieme all'analoga legge di composizione degli spostamenti, è senz'altro appropriata per piccole velocità. Quando invece le velocità in gioco si avvicinano a 3,00 • 10{ m/s, velocità della luce nel vuoto, si entra nel campo della fisica relativistica, con conseguenze sorprendenti e in netto contrasto con l'esperienza di ogni giorno. Anche se lontana dal senso comune, la relatività eisteiniana non è tuttavia una teoria astrusa. A prescindere dal fatto che le sue previsioni hanno trovato dirette conferme sperimentali, essa è di per sé un argomento affascinante, che ci offre un modo nuovo di guardare le cose che ci circondano, questo è un motivo importante per cui si dovrebbe parlare di relatività anche nelle scuole superiori. Nella seconda metà del XIX secolo, Maxwell aveva dimostrato che la luce si propaga con una velocità finita pari a c 3 • 10{ m/s. Maxwell aveva previsto che viaggiano alla velocità di 300 000 km/s. Ma misurata rispetto a che cosa? a quale riferimento? Esperiemto ideale: in che modo questo risultato può essere interpretato in termini di relatività classica? Supponiamo di trovarci all'interno di un vagone ferroviario che viaggia alla velocità di 100 14 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis km/h e lanciamo in avanti una palla alla velocità di 20 km/h. Un osservatore che si trova fuori del treno vedrà la palla muoversi alla velocità di 120 km/h. Invece di lanciare la palla, accendiamo una torcia (figura 7). Chiunque, fino alla fine del XIX secolo, avrebbe assegnato alla velocità di propagazione del fascio di luce la velocità c + 100 km/h. (Per merito di Einstein ora sappiamo che questo presupposto è completamente errato.) Figura 7. Dando tuttavia per scontato che le velocità (compresa quella della luce) si compongano secondo la relazione ( 4 ), sorge immediatamente il problema di stabilire in quale sistema di riferimento la velocità della luce presenti proprio il valore previsto dalla teoria di Maxwell. Questo riferimento assumerebbe il carattere di un sistema privilegiato, escludendo così la possibilità di estendere la relatività galileiana ai fenomeni elettromagnetici. In epoca prerelativistica i fisici, erano convinti che la luce potesse propagarsi solo in presenza di un mezzo. Non potendo ritenere che il mezzo in questione fosse l'aria, perché la luce del Sole giungeva sulla Terra attraverso lo spazio, i sostenitori più intransigenti del meccanicismo inventarono un ipotetico mezzo di propagazione, chiamato etere. Questo fluido, che pervadeva tutto lo spazio, doveva essere l'unica cosa rigorosamente priva di movimento nell'universo, cioè il sistema di riferimento privilegiato in cui la luce si propagasse alla velocità c prevista dalla teoria di Maxwell. A causa del principio di relatività galileiana (RGal), allora, la luce dovrebbe essere vista arrivare in ogni sistema di riferimento inerziale con una velocità pari a c più (o meno) la velocità del detto sistema di riferimento inerziale rispetto all'etere. Furono fatti diversi esperimenti molto accurati per rilevare queste differenze di velocità della luce (fra tutti menzioniamo quello di Michelson e Morley del 1881) ma tutti non rilevarono alcuna differenza. Due postulati fondamentali della relatività ristretta Tutte le contraddizioni alle quali conduceva il modo di ragionare della fisica classica furono spazzate via nel 1905, quando Einstein pubblicò la teoria della relatività speciale o ristretta, valida nel caso di sistemi in moto rettilineo uniforme l'uno rispetto all'altro. Egli, con la semplicità propria di tutti i grandi geni, per uscire dalla situazione di disagio venutasi a creare, propose due postulati, noti appunto come postulati della relatività ristretta. Primo postulato: il principio di relatività: Le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Questo enunciato rappresenta l'estensione del principio di relatività anche ai fenomeni elettromagnetici; esso include tutte le leggi della fisica e quindi va oltre il principio di relatività di Galileo-Newton che riguarda solo le leggi della meccanica. Nel postulato è insita una verità assiomatica: il presupposto einsteiniano che debbano esistere, da sempre e per sempre, alcune leggi della natura rigorosamente valide in qualsiasi luogo della Terra e, più in generale, dell'universo. I risultati sperimentali portavano ad un assurdo dal punto di vista della RGal perchè contraddicevano la regola di sommabilità delle velocità. Per risolvere il problema si ipotizzò che la velocità della luce fosse la stessa in ogni sistema di riferimento inerziale e che la RGal fosse valida solo per velocità piccole rispetto a c, come sono del resto le velocità rilevabili nell'esperienza quotidiana. Si abbandonò quindi il concetto di etere e si cercarono allora nuove trasformate per esprimere le relazioni fra le coordinate ed i tempi in due diversi sistema di riferimento inerziali che soddisfacessero il principio di costanza di c ed avessero come caso limite, per velocità piccole rispetto a c, le trasformate di 15 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis Galileo. Secondo postulato: la costanza della velocità della luce: La velocità della luce nel vuoto è p 3,00 • 10{ /, in tutti i sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dal moto della sorgente rispetto all'osservatore. Trasformazioni di coordinate Trasformate di Lorentz in meccanica relativistica - Sappiamo che uno stesso oggetto può essere contemporaneamente in moto o fermo se a osservarlo sono due soggetti diversi. Un albero si muove per il viaggiatore che osserva la campagna dal finestrino di un treno in movimento. Lo stesso albero è fermo se a osservarlo è un uomo seduto per terra, sotto la sua ombra. Diciamo cioè che le proprietà del moto di qualsiasi corpo dipendono da chi osserva il movimento. Lo scopo di questo paragrafo è quello di esaminare come devono essere messe in relazione le descrizioni che due osservatori in moto relativo uniforme danno di uno stesso evento secondo la teoria della relatività ristretta. Nel 1904, l'olandese Hendrick A. Lorentz elaborò nuove equazioni di trasformazione fra le coordinate spazio-temporali di uno stesso evento descritto in due sistemi di riferimento in moto relativo uniforme, per cercare di giustificare l'esito negativo dell'esperimento di Michelson e Morley. Queste relazioni, note come trasformazioni di Lorentz, trovarono la loro piena giustificazione fisica con Einstein, in quanto deducibili dai due postulati fondamentali della relatività ristretta. Esse hanno validità generale, qualunque sia il valore della velocità relativa fra i due sistemi di riferimento, da zero a c. Consideriamo due sistemi di riferimento inerziali (K e K') di cui K' si muove di velocità costante v rispetto a K: Dovendo essere c = costante, le leggi di trasformazione di spazio e tempo non potranno più seguire le regole dettate dall'esperienza quotidiana. Dobbiamo abbandonare i concetti di spazio e tempo come di entità assolute, separate. Dobbiamo addirittura modificare il concetto stesso di simultaneità. Le trasformate che soddisfano le condizioni suddette legano matematicamente le misure di spazio e tempo relativi a due sistemi di riferimento inerziali partendo dal presupposto che la velocità della luce sia costante nei due sistemi. Le trasformate di Lorentz sono: ` r y ~ 1 ` ~ p ~ 1 1 r` ~ 1 p ~r ~ 1 ` } p Le trasformate di Lorentz, per velocità v << c diventano identiche alle trasformate di Galileo così come previsto. Analizzando le trasformate di Lorentz si deduce immediatamente un risultato fisico fondamentale. Se v = c, i denominatori si annullano. Ciò significa che la velocità della luce non è fisicamente raggiungibile da nessun sistema di riferimento inerziale rispetto ad un altro. Nessun corpo può raggiungere la velocità della luce che rappresenta quindi un limite naturale invalicabile. Le trasformazioni di Lorentz presentano tuttavia notevoli differenze rispetto alle trasformazioni di Galileo. La più significativa riguarda la coordinata temporale: mentre nelle trasformazioni classiche è t 1 t , cioè il tempo rappresenta una grandezza assoluta, indipendente dal sistema di 16 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis riferimento, nelle trasformazioni di Lorentz t e t' assumono valori diversi. Questa conseguenza rivoluzionaria determina una totale diversità fra la relatività Galileana (RGal) e la RR. Precisamente, il valore t' assegnato alla coordinata temporale di un evento nel sistema K' dipende sia dal tempo t, sia dalla coordinata x misurati in K. In altre parole, spazio e tempo sono grandezze correlate, sono legate matematicamente fra loro e possono essere considerati come facenti parte di una unica entità, lo spazio-tempo. Dilatazione dei tempi e contrazione delle lunghezze Assodato che il tempo non è assoluto, questa fondamentale grandezza fisica non può scorrere con lo stesso ritmo in tutti i sistemi di riferimento. Con molta probabilità, se per un osservatore un fenomeno dura un certo intervallo di tempo Δt per un altro, che si trovi in movimento rispetto al primo, dovrà durare un tempo diverso Δty. Analogamente, anche le lunghezze e le distanze, come gli intervalli dì tempo, sono delle grandezze relative, la cui misura dipende dal moto dell'osservatore. Consideriamo i nostri soliti sistemi di riferimento inerziali (K e K'). Consideriamo ora due eventi che avvengono in un punto fisso rispetto a K' ma in due istanti diversi. Quanto dura il medesimo intervallo di tempo visto da K? Semplici calcoli a partire dalle trasformate di Lorentz portano al seguente risultato: br bry 1 ` p si osserva facilmente che a velocità piccole rispetto a c le durate praticamente coincidono. A velocità via via maggiori l'intervallo temporale viene visto da K durare sempre di più. Come affrontare questo argomento in una scuola superiore? Esperiemto ideale: In una scuola superiore si può svolgere questo argomento attraverso un esperimento ideale: consideriamo un'astronave, nel cui interno si trovi l'osservatore O'. Nel momento in cui l'astronave passa a velocità v davanti all'osservatore terrestre O, una sorgente, a bordo dell'astronave, emette un lampo di luce che viene riflesso da uno specchio. La luce, tornata indietro, viene assorbita da un rivelatore, posto in prossimità del punto da cui era stata emessa. L'osservatore nel veicolo spaziale misura allora, con un proprio orologio, l'intervallo di tempo impiegato dal raggio luminoso per percorrere il tragitto di andata e ritorno. Per l'osservatore O sulla Terra, la luce percorre un cammino più lungo rispetto a quello osservato dall'astronauta O'. Poiché la velocità della luce è c per entrambi, l'intervallo di tempo br valutato da O fra l'emissione e l'assorbimento della luce è maggiore dell'intervallo bry misurato da O'. Supponiamo che in K' vi sia un segmento rigido immobile rispetto ad esso ed adagiato sull'asse delle x. La sua lunghezza rispetto a K' sia y. Quale sarà la lunghezza l dello stesso segmento rispetto a K ? Secondo il senso comune e le trasformate di Galileo (che ne sono la forma matematica) la risposta sarebbe y, ovvero il segmento viene visto della stessa lunghezza rispetto ad entrambi i sistemi di riferimento inerziali. Invece, semplici calcoli applicati alle trasformate di Lorentz portano ad un risultato sorprendente: l risulta minore di ly secondo la relazione y1 ` p 17 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis Solo a velocità prossime a quella della luce si ha una deviazione apprezzabile dal valore y. Se la velocità di K' tende a c il segmento viene visto da K con una lunghezza sempre minore, tendente a 0. Se v = c, il segmento diventa (rispetto a K) di lunghezza nulla. Questi sorprendenti risultati ribadiscono il fatto che a velocità piccole rispetto a c le trasformate di Lorentz coincidono con le trasformate di Galileo. Questi fenomeni ci sembrerebbero del tutto normali se entrassero nella nostra esperienza quotidiana, ciò invece non accade per una ragione molto semplice: questi fenomeni diventano evidenti quando si viaggia a velocità molto vicine a quelle della luce e tali velocità sono sono fuori dalla nostra portata. Basta pensare che l’oggetto più veloce che che l’uomo ha costruito può raggiungere i 20 km/s e la luce è 15 mila volte più veloce. Ma perché avvengono solo in prossimità della velocità della luce? In realtà essi si producono sempre anche a bassa velocità ma gli effetti sono troppo piccoli perché ce ne accorgiamo. Analogia: Prendiamo un oggetto di metallo e avviciniamolo pian piano a una calamita. Quando è a 1m l’effetto di attrazione non si avverte anche se in teoria esiste. Man mano che ci avviciniamo, questa attrazione si comincia a sentire e aumenta sempre più fino a che diventa molto forte e quasi irresistibile. Per gli effetti relativistici avviene la stessa cosa. Gli effetti relativistici esistono ma sono inavvertibili, solo se disponessimo di astronavi capaci di avvicirnarsi alla velocità della luce entreremmo nel campo degli effetti molto evidenti. Massa inerziale e massa gravitazionale Prima di andare avanti vorrei far notare che nella fase iniziale, quando gli studenti stanno ancora formando le distinzioni tra i concetti di peso e massa, può essere utile mantenere una separazione tra le unità di misura, parlando di massa in chilogrammi e di peso in newton; tuttavia è impossibile difendere gli studenti dall’uso che si può trovare nella lingua comune: certamente sentiranno dire “un peso di 3 chilogrammi”. La legge della gravitazione universale descrive quantitativamente l'interazione tra due masse 9 ed che possiamo considerare puntiformi al variare della distanza tra i loro centri. Indistintamente possiamo considerare ciascuna delle due masse come esercitante sull'altra l'azione gravitazionale, in quanto detta azione è perfettamente simmetrica rispetto alle masse che interagiscono. Studiando i principi della dinamica, la massa è usata per definire la tendenza di un corpo a mantenere lo stato di quiete o di moto rettilineo ed uniforme (ossia l'inerzia), mentre ora viene usata ora per rappresentare l'entità dell'interazione tra due corpi qualsiasi. Chiariamo il concetto con un esempio: Supponiamo di voler spingere un blocco di ghiaccio inizialmente fermo su una superficie orizzontale priva di attrito. Se vogliamo accelerare il blocco ci accorgiamo che occorre applicare ad esso una forza il cui valore è dato dalla seconda legge di Newton. In questo caso la gravità non entra in alcun modo nelle nostre considerazioni; anzi possiamo concludere dicendo che anche in uno spazio privo di gravità occorrerebbe sempre la stessa forza per imprimere al blocco uguale accelerazione. Ciò che rende necessaria una forza per cambiare lo stato di moto di un corpo viene da noi chiamata massa inerziale m ed è misurata dal rapporto tra forza F applicata ed accelerazione a prodotta. Supponiamo ora di tenere lo stesso blocco fermo e sollevato da terra. Chiaramente per mantenerlo in questa posizione abbiamo bisogno di una forza senza la quale il corpo cadrà verso terra con moto accelerato. L'intensità di questa forza è data dalla legge della gravitazione universale ossia: ]1 \ W Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis 18 dove m' rappresenta ora la massa gravitazionale. Per uno stesso corpo abbiamo ora due definizioni di massa. Ciò che ci chiediamo è se m ed m' siano la stessa cosa. Consideriamo due corpi A e B di masse gravitazionali 1 ed 1 sotto l'azione di un terzo corpo C di massa gravitazionale 1 . Supponiamo che C si trovi ad uguale distanza r da A e da B per cui segue: 1 1 1 1 \ t \ W W II rapporto tra le due forze è: 1 1 Se supponiamo ora che il corpo C sia la terra si ha (peso del corpo A) (peso del corpo B) da cui 1 1 Questo risultato significa che i pesi dei corpi sono direttamente proporzionali alle loro masse gravitazionali. Immaginiamo ora di misurare le masse inerziali dei corpi A e B e di trovare mediante esperimenti di dinamica (come ad esempio quello usato in precedenza per il blocco) che i loro valori sono ed . Una volta determinati questi valori lasciamo cadere questi corpi verso terra. Noteremo che nonostante sia diverso da , entrambi i corpi cadranno con la stessa accelerazione g dovuta all'interazione gravitazionale con la terra ovvero dovuta al peso. Applicando la seconda legge della dinamica possiamo scrivere U t U. Ossia: Questo significa che i pesi dei corpi sono proporzionali pure alle masse inerziali. Allora possiamo concludere che massa inerziale e massa gravitazionale sono sicuramente proporzionali tra loro. Newton dimostrò con un esperimento da lui progettato che i due tipi di massa non solo sono proporzionali ma addirittura uguali. L'equivalenza tra massa gravitazionale e massa inerziale è considerata in fisica classica un fatto del tutto accidentale che non trova spiegazioni di natura teorica. Al contrario nella fisica moderna, ed in particolare nella teoria della relatività generale, l'uguaglianza tra massa inerziale e massa gravitazionale risulta fondamentale per l'interpretazione della gravitazione. Il principio di equivalenza La logica concettuale della relatività generale è fondamentalmente espressa dal cosiddetto principio di equivalenza. Per illustrare questo principio cominciamo con la constatazione che, poiché la massa inerziale e la massa gravitazionale sono uguali, tutti i corpi, in un campo gravitazionale uniforme, cadono con la stessa accelerazione. Perciò, in un laboratorio collocato all'interno di un campo gravitazionale uniforme, il comportamento degli oggetti materiali è identico al comportamento degli stessi oggetti quando si trovano, in assenza di gravità, in un laboratorio sottoposto a un'accelerazione costante. In un dato punto dello spazio, la gravità e un'opportuna accelerazione del riferimento producono dunque effetti del tutto equivalenti. Per giustificare questa affermazione, descriviamo ora uno fra i più famosi esperimenti mentali einsteiniani. Esperiemto ideale: Consideriamo un osservatore dentro un ascensore, sospeso a un cavo e fermo rispetto alla Terra. Ogni corpo, indipendentemente dalla sua natura, è soggetto alla stessa 19 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis accelerazione di gravità g (fig. 8a). Supponiamo che, a causa della rottura del cavo di sostegno, l'ascensore precipiti in caduta libera. Durante il volo lo sperimentatore constata che tutti i corpi, e lui stesso, galleggiano privi di peso (fig. 8b). Trasportato da un'astronave, immaginiamo poi il nostro ascensore localizzato nello spazio dove i campi gravitazionali sono trascurabili. Anche in questo caso lo sperimentatore non avverte il peso degli oggetti, né la reazione del pavimento dell'ascensore sotto i suoi piedi. Egli non riesce a distinguere questa situazione da quella precedente, nel senso che nessuna esperienza fatta all'interno dell'ascensore gli permette di capire se sarà destinato a precipitare al suolo o a galleggiare eternamente nello spazio. Figura 8. a) In un ascensore immobile rispetto alla Terra ogni corpo è soggetto all'accelerazione di gravita g. b) Se l'ascensore è in caduta libera i corpi galleggiano privi di peso. Se, infine, l'ascensore, spinto dai motori dell'astronave, si muove verso l'alto con un'accelerazione pari, in modulo, all'accelerazione gravitazionale che si avverte sulla superficie della Terra, l'osservatore stima di trovarsi nelle stesse condizioni illustrate in figura 8a. È l'ascensore che sta accelerando nello spazio, o è un effetto gravitazionale? Nessuna esperienza eseguita dentro l'ascensore può avvalorare una delle due alternative a scapito dell'altra. Possiamo dunque affermare che, con un opportuno riferimento accelerato, è possibile eliminare o simulare un campo gravitazionale reale. Perciò enunciamo il principio di equivalenza come segue: Equivalenza fra un campo gravitazionale e un sistema di riferimento accelerato: Ogni sistema di riferimento inerziale, immerso in un campo gravitazionale uniforme, è del tutto equivalente a un sistema di riferimento uniformemente accelerato (rispetto al primo) nel quale non agisca alcun campo gravitazionale. Illustrazione sperimentale L'importanza del fatto che nell’ascensore che cade le cose sono “senza peso” è tale che è opportuno dare qualche illustrazione sperimentale. Una che si può fare con mezzi semplicissimi è quello della bottiglia bucata. Si prende una bottiglia di plastica (di acqua minerale); si riempie d'acqua e si fanno dei forellini sulla parete, vicino al fondo, si osserva che l'acqua zampilla dai forellini. Ora si lascia cadere la bottiglia, o la si lancia a un compagno: si constata che durante il volo l'acqua non esce. Dunque quando la bottiglia è in volo (caduta libera) nel suo rif. la gravità non c'è più. Riferimenti in caduta libera Attenzione: quando parliamo di rif. in caduta libera non intendiamo dire solo in moto verticale (questo è già mostrato dalla bottiglia, che può essere lanciata "a parabola"). In generale, intendiamo che il rif. si muove sotto l'azione della sola gravità. Il laboratorio può essere ad es. in orbita attorno alla Terra (satellite artificiale). È per questo che in un satellite "i corpi sono senza peso"; non perché siamo lontani dalla Terra. C’è in proposito un errore molto comune fra gli studenti che consiste nel credere che l’apparente assenza di peso in una stazione spaziale orbitante sia dovuta al fatto che il satellite sia fuori del 20 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis campo gravitazionale terrestre; a questo si può fare obiezione: il campo si estende anche molto lontano dalla Terra, com'è provato, tra l'altro, dal moto della Luna. Analogia La situazione dell’astronauta all’interno della navicella spaziale è del tutto analoga a quella di un osservatore che si trova all’interno dell’ascensore in caduta libera. Un modo equivalente di formulare il principio di relatività di Einstein è affermare che la massa inerziale e la massa gravitazionale sono equivalenti. Se ci fosse la possibilità operativa di distinguere le due masse, si potrebbe infatti riconoscere un sistema accelerato in assenza di gravità da un sistema inerziale immerso in un campo gravitazionale. Notiamo inoltre che, poiché l'universo fisico descritto da un riferimento accelerato è equivalente a un universo soggetto a un campo gravitazionale, la teoria della relatività generale è al tempo stesso una teoria della gravità. Nota didattica Vorrei sottolineare che per seguire Einstein nel suo ragionamento bisogna imparare a fare una certa ginnastica mentale: vedere cose vecchie in modo nuovo. Il che non implica ancora necessariamente di vedere cose nuove; ci sono anche queste, ma prima bisogna imparare a rivedere le cose che ci sono familiari, interpretandole in un modo diverso. Conseguenze del PE - Effetto della gravità sulla luce Dopo aver formulato il PE, per comprenderne il significato fisico occorre esplorarne le conseguenze sperimentalmente verificabili. L’importanza del PE sta infatti in primo luogo nel gran numero di previsioni originali e sorprendenti che discendono. Esperiemto ideale: Una notevole conseguenza del principio di equivalenza riguarda la propagazione della luce, come suggerito dall'esperimento mentale illustrato in figura 9. Facciamo nuovamente l'ipotesi che una cabina di ascensore sia trasportata da un'astronave, insieme all'ignaro passeggero chiuso al suo interno, in un punto dello spazio in cui il campo gravitazionale sia trascurabile. Supponiamo inoltre che l'uomo, mentre la cabina è in moto accelerato verso l'alto, invii un lampo luminoso in direzione orizzontale verso la parete destra. Durante il tempo in cui la luce si propaga, la cabina accelera; di conseguenza il punto in cui la luce colpisce la parete si trova a un'altezza minore, rispetto al pavimento, del punto dal quale il lampo è partito. Nel sistema accelerato dell'ascensore, la traiettoria della luce risulta dunque piegata verso il basso. Per il principio di equivalenza, in un ascensore fermo sulla Terra, soggetto alla forza di gravità, il fascio di luce deve essere ugualmente piegato verso il basso dal campo gravitazionale. Fisica e geometria La relatività generale è essenzialmente una teoria geometrica, nella teoria di Einstein, la materia curva lo spazio e l'effetto di una massa su un'altra è rappresentato dal moto della seconda massa nella geometria distorta dalla prima. La figura 10 mostra un'analogia bidimensionale per la curvatura dello spazio. Si immagini un foglio di gomma con un sistema di coordinate a griglia steso su esso. Tutto il moto è confinato nel sistema di coordinate steso sul foglio. Si immagini ora una palla che provoca sul foglio un avvallamento, deformando così il foglio. La minima distanza tra due punti non è più un segmento di retta; di fatto, nella nuova geometria, bisogna ridefinire con precisione che cosa si intende con il termine «linea retta». 21 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis Vi sono delle situazioni sperimentali molto famose che hanno permesso la verifica diretta delle conseguenze e della validità della teoria della relatività generale. La precessione del perielio di Mercurio: Questo comportamento "strano" di Mercurio fu spiegato da Einstein come conseguenza delle sue equazioni, appena trovate, e senza bisogno di nessuna ipotesi addizionale. Purtroppo una spiegazione del modo come la precessione risulta dalla RG è decisamente al di fuori delle possibilità di una presentazione elementare, quindi dobbiamo rinunciare a descriverla. Questo non vuoi dire però che l'argomento debba essere ignorato: al contrario, si tratta di un esempio straordinario per capire che cos'è una teoria scientifica e il suo potere predittivo. Einstein non costruì la RG per spiegare il moto di Mercurio: seguì una linea di ragionamento del tutto diversa. Ma una volta arrivato alle equazioni che collegavano la massa del Sole e la curvatura dello spazio-tempo nel suo intorno, quel comportamento di Mercurio ne seguiva con inderogabile necessità! La deflessione dei raggi luminosi Probabilmente la più famosa verifica della della teoria è la deflessione della luce stellare in prossimità del Sole che fu fatta nel 1919 in occasione di una eclissi totale di sole: grazie ad essa è possibile osservare la deviazione apparente di Figura 10 a) La “rete nello spazio” è stelle molto vicine al bordo del disco solare. un'immagine in due dimensioni Il 29 maggio del 1919, durante un eclissi di sole e quindi con della geometria tridimensionale una netta o quasi completa diminuzione dell’irraggiamento dello spazio ordinario. In assenza di solare, alcuni illustri astronomi inglesi riuscirono a masse esso segue la geometria fotografare e poi a calcolare la posizione di queste stelle. euclidea. b) La presenza di un Sapendo la posizione reale, che è stata calcolata mesi prima oggetto massiccio produce una (o dopo) l’eclissi quando il Sole era dalla parte opposta e “deformazione” della rete dello quindi quando la deviazione dei raggi luminosi, causato dal spazio, creando una sorta di buca. campo gravitazionale di quest’ultimo, era trascurabile; è stato Gli altri oggetti che si muovono possibile calcolare l’angolo con cui i raggi sono stati deviati. I nelle vicinanze subiranno pertanto delle perturbazioni nel loro moto, dati ricavati dall’esperienza si accordavano, ovviamente con tanto più forti quanto più si un leggero margine di errore, con quelli predetti dalla teoria avvicinano all'oggetto causa della della relatività generale. deformazione. Secondo quanto stabilito dalla teoria della relatività, la luce rappresenta il più rapido segnale che può congiungere due posizioni A e B: il percorso spaziotemporale compiuto dalla luce per andare da A a B costituisce dunque un tratto di geodetica spazio-temporale (è questa infatti la definizione di geodetica). Poiché tale percorso, in presenza di campo gravitazionale, è curvo, possiamo dire che il campo gravitazionale incurva lo spazio. La geometria sferica (necessaria per descrìvere ad esempio il moto di un oggetto sulla superficie terrestre, su cui le geodetiche sono archi di cerchio) è una geometria non euclidea. Analogamente, in relatività generale è non euclidea la geometria dello spazio-tempo. Nota didattica Nella scuola secondaria superiore la deflessione gravitazionale della luce può essere affrontata piuttosto presto: è un fatto abbastanza elementare che non presenta punti critici. È sufficiente che gli allievi abbiano capito il principio di equivalenza. 22 Portfolio – La legge di Gravitazione universale | Angela Maria De Santis