GLI ACIDI E LE BASI Il concetto di acido e di base ha subito nel corso del tempo un’evoluzione legata non solo al progresso delle conoscenza ma anche al diverso modo di esaminare e comprendere i processi chimici “Niente è più imbarazzante che formulare una giusta idea della virtù acida. La definizione dell’acido è, infatti, la chiave alla chimica, non solo perché sono gli acidi che producono i fenomeni più belli e in numero maggiore, ma perché sono agenti visibili e palpabili i cui effetti colpiscono i nostri sensi, in modo che possiamo dire che è la chimica degli acidi che ha delineato la scienza e che costituisce la base del sistema generale delle nostre conoscenze in questa parte dello studio della natura.” L. B. Guyton de Morveau (1786) Encyclopédie de la chimie Gli acidi e le basi (o alcali) sono classi di composti chimici con un comportamento caratteristico, noto sin dall’antichità. Gli egizi e i greci osservano che alcuni alimenti come l’aceto, il succo di limone e la frutta acerba presentano sapore aspro e pungente (in latino acidus) che deve dipendere da una particolare sostanza presente in essi, mentre altre sostanze, trovavate in natura o ottenute come residuo dopo la combustione di certi materiali, mostrano un sapore amaro e una consistenza scivolosa al tatto(la parola alcali deriva dall’arabo al-qalī = potassa). Sebbene non conoscano né la composizione chimica, né le cause del loro comportamento, gli antichi impiegano un gran numero di sostanze acide e alcaline. Ad esempio, l’aceto viene utilizzato dagli egizi nei processi di imbalsamazione. I greci, a loro volta, producono un pigmento verde, il verdigris,ottenuto facendo reagire l’aceto con il rame metallico. Nel secolo VIII la scoperta degli acidi minerali porta ad una grande accelerazione nel progresso della tecnologia chimica. All’alchimista arabo Jabir Ibn Hayyan (Geber) (c. 721-c. 815) viene attribuita la scoperta dello spiritus acidus nitri (HNO3), ottenuto mescolando il vetriolo azzurro (CuSO4·5H2O) con sale di pietra (KNO3),allume (KAl(SO4)2·12H2O) e una miscela di acido nitrico e cloridrico (spiritus salis), che chiama aqua regia a causa della sua capacità di sciogliere i metalli nobili. La scoperta dello spiritus vitrioli (H2SO4) nel IX secolo è attribuita al medico ed alchimista persiano Ibn Zakariya al-Razi (865–930), che ne ha descritto la preparazione ottenuta per riscaldamento dei minerali vetriolo verde (FeSO4) e vetriolo azzurro. Col calore, questi sali si decompongono nei rispettivi ossidi di ferro e rame, in acqua e anidride solforica che, combinandosi, formano una soluzione diluita di acido solforico. Solo nel XVII secolo si perfezionano nuovi metodi per la preparazione di acidi minerali concentrati. J. R. Glauber (1604-1670), una delle più importanti figure nella pratica chimica dell’epoca, nel Tractatus de natura salium (1658),osserva come alcune sostanze acide e basiche reagiscono violentemente tra loro producendo una notevole effervescenza e descrive queste violente reazioni come una specie di “battaglia”: “quando il nitri fixi (carbonato di potassio) è addizionato allo spiritus nitri (acido nitrico) … lo spirito acidus e il liquior fixus si uccidono l’un l’altro” 1 Egli enuncia quello che è ora conosciuto come concetto dualistico per i sali ed è il primo a far uso del metodo sintetico per dimostrare che tali sostanze possono essere ottenute dalla combinazione di acidi e basi. In seguito dimostra che “la base volatile (ammoniaca) possiede in soluzione le stesse proprietà chimiche di una soluzione di potassa alcalina (carbonato di potassio), dato che entrambe precipitano nello stesso modo sali metallici disciolti”. La prova sperimentale della natura duale del nitrato di potassio viene presentata dal Glauber con le seguenti parole:“Il liquor fixus (KOH) e lo spiritus acidus nitri (HNO3) sono per la loro natura …. totalmente differenti, nemici ed avversari l’uno dell’altro …. E quando i due reagiscono .. e una parte ha sopraffatto e ucciso l’altra, né il liquor né lo spiritus acidus possono essere trovati nei loro resti, ma è stato ottenuto lo stesso composto, di cui entrambi prima facevano parte e da cui essi erano derivati, vale a dire il comune salnitro (nitrato di potassio).” In uno dei suoi esperimenti, Glauber scopre che quando l’acido solforico reagisce con il cloruro di sodio, si ottiene un nuovo sale (Na2SO4) già identificato nel 1625 nelle acque di una sorgente nei pressi di Napoli e di cui sono note le proprietà terapeutiche. Per i suoi effetti benefici, lo chiama sal mirabilis, e che oggi è indicato con il nome di sale di Glauber. Nello stesso periodo R. Boyle (1627–1691) in Inghilterra, esegue numerosi esperimenti che gli permettono di formulare una definizione operativa di acido e di base adottando un criterio oggettivo, basato sulle reazioni chimiche cui essi danno luogo. Ad esempio, gli acidi mescolati con il calcare danno effervescenza, sciolgono i metalli e precipitano lo zolfo presente in soluzioni alcaline. Nel trattato Experimental History of Colour del 1664, Boyle mostra che le sostanze classificate come acidi colorano in rosso le soluzioni di estratti acquosi di certi vegetali (ad esempio violette o tornasole1) e che le sostanze alcaline le colorano in blu o verde. Boyle conferma anche l’osservazione che mescolando giuste quantità di acido e di base, le loro proprietà si eliminano a vicenda, cioè la soluzione si neutralizza; se si lascia evaporare il liquido si ottiene un solido cristallino con caratteristiche che non consentono di classificarlo né come acido né come base, ma come un sale, appunto. In questo modo,viene data anche per i sali una definizione operativa basata sulla loro composizione e non su qualità come sapore o solubilità. Nel corso del XVII secolo, la concezione meccanicistica viene utilizzata per elaborare una spiegazione sull’origine delle proprietà degli acidi e delle basi e spiegarne le proprietà che ne derivano dopo la loro combinazione. N. Lémery (1645-1715) nel 1675 pubblica un Cours de chymie, in cui formula l’ipotesi che le proprietà degli acidi siano dovute alla forma acuta delle particelle di cui sono formati e quelle delle basi dalla presenza di pori. Un acido “punge la lingua in modo uguale o molto simile a quello di qualsiasi corpo dotato di punte o spigoli acuti”. La neutralizzazione consiste, quindi,nella penetrazione degli acidi come aghi, nelle particelle basiche porose. Invece, per i chimici newtoniani, che cercano di inquadrare la reattività delle sostanze nella teoria della gravitazione universale, è la grande forza di attrazione presente negli acidi a spingerli ad interagire con un grande numero di sostanze. 1 Il tornasole è un colorante di origine vegetale generalmente ottenuto per estrazione con alcali dai licheni del genere Rocella. 2 È il chimico francese A.H. Lavoisier (1743–1794) a ritornare ad un approccio più sperimentale rinunciando alla visione meccanicistica per spiegare il comportamento degli acidi. Egli parte dall’ipotesi che ciascuna proprietà delle sostanze dipende dalla presenza di un particolare principio nella loro composizione e arriva alla conclusione che tutti gli acidi sono caratterizzati da uno stesso principio materiale. Bruciando elementi come lo zolfo, il fosforo o il carbonio, Lavoisier ottiene ossidi che in acqua formano acidi, deduce così che le proprietà acide delle sostanze siano riconducibili all’elemento gassoso presente nella combustione. Nel 1770 propone di chiamare questo elemento ossigeno, che in greco significa generatore di acidità (oxýs, acido, e génos, generazione), considerandolo erroneamente un costituente essenziale di tutti gli acidi. Lavoisier ritiene che la natura delle sostanze legate all’ossigeno determini la differenza tra i vari acidi e indica questa parte non ossigenata con il nome di base acidificabile. Questa teoria costituisce il primo tentativo di classificazione degli elementi sulla base dei prodotti ottenuti dalla combinazione con l’ossigeno; quelli ottenuti dai non metalli possiedono caratteristiche acide mentre quelli ottenuti dai metalli non presentano queste caratteristiche. Nel 1810 il chimico inglese H. Davy (1778-1829) dimostra che dalla decomposizione dell’acido muriatico (HCl) si ottiene idrogeno e cloro e propone che sia l’idrogeno e non l’ossigeno, elemento acidificante che determina il carattere acido delle sostanze, distinguendo così gli acidi in due gruppi: acidi ossigenati (od ossiacidi) e gli idracidi. Nel 1838Il chimico tedesco J. von Liebig (1803-1873) formula una nuova definizione di acido: è una sostanza che contiene atomi di idrogeno, che possono essere facilmente sostituiti da atomi di metallo, mentre un sale neutro nasce dalla perfetta sostituzione degli atomi di idrogeno con atomi metallici, e introduce la distinzione tra acidi in grado di neutralizzare una sola unità di base (monobasici) e quelli con più di un idrogeno sostituibile nella loro molecola (polibasici). La proprietà degli acidi di neutralizzare le basi indica l’esistenza di una implicita relazione strutturale. I tentativi fatti per spiegare questa relazione non hanno successo fino al 1887, quando il chimico svedese S. A. Arrhenius (1859 1927) formula la teoria della dissociazione elettrolitica, in cui ipotizza che alcune sostanze, chiamate elettroliti, in soluzione acquosa subiscano una dissociazione in ioni (atomi o gruppi di atomi dotati di carica elettrica), i quali se sottoposti all’azione di un campo elettrico generato da una pila, conducono la corrente elettrica attraverso la fase liquida. Dato che anche gli acidi in soluzione acquosa conducono la corrente, Arrhenius propone che questi devono dissociarsi in ioni liberando ioni H+ e che sono questi ioni a caratterizzare le sostanze acide. Inoltre, dato che le basi contengono sempre almeno un raggruppamento ossidrilico OH, sono gli ioni OH- che le caratterizzano. La teoria, inoltre, permette una semplice spiegazione delle reazioni di neutralizzazione tra acidi e basi; lo ione idrogeno dell’acido reagisce con lo ione ossidrile della base per formare acqua: H+ + OHH2O. Arrhenius è quindi in grado di dare la prima definizione razionale di acido e base in questi termini: un acido è una sostanza che in soluzione acquosa libera ioni idrogeno H+, mentre una base è una sostanza che in soluzione acquosa libera ioni ossidrilici OH-. Se indichiamo con HA un acido generico e con BOH una base generica, la dissociazione dell'acido e della base avviene attraverso i due schemi seguenti: 3 Dove il simbolo (aq) indica che gli ioni e le molecole in soluzione sono circondate da molecole di acqua. La teoria di Arrhenius spiega la forza di un acido (o di una base) in termini del grado di ionizzazione dell’acido; più alta è la concentrazione degli ioni H + più forte è l’acido, mentre un acido debole fornisce una bassa concentrazione di ioni H+. Combinando la teoria di Arrhenius con la legge di azione di massa di Guldberg e Waage2, si ottiene il valore della costante dell’equilibrio di dissociazione acida, che può essere utilizzato come misura razionale della forza dell’acido. La definizione di acido e base di Arrhenius, è accettata per circa 35 anni, nonostante siano presenti debolezze concettuali che non consentano la generalizzazione della teoria stessa. Innanzitutto lo ione idrogeno, che è semplicemente un protone, ha un raggio estremamente piccolo (dell’ordine di 10-15 m) rispetto ai raggi degli altri ioni (> 10-10 m) e pertanto genera un campo elettrico molto elevato che determina un alto potere polarizzante. Di conseguenza, lo ione H+ in soluzione non esiste isolato ma soltanto legato ad una specie chimica. In acqua, ad esempio, è legato a una molecola H 2O per formare lo ione idrossonio (H3O+); se il solvente è il metanolo (CH3OH), il protone si lega ad una molecola di solvente per formare lo ione metilossonio (CH3OH2+). Numerosi esperimenti hanno dimostrato che in soluzione acquosa lo ione idrossonio è ulteriormente idratato da altre molecole di acqua. Si ritiene che tre molecole di acqua siano legate allo ione H3O+ per formare la specie chimica H9O4+ (fig.1). Inoltre, la teoria di Arrhenius non è in grado di giustificare il motivo per il quale alcuni composti, come ad esempio il carbonato di sodio (Na2CO3,) o l'ammoniaca, (NH3), che non possiedono gruppi OH, producono soluzioni basiche. Nel 1905 E. C. Franklin (1862-1937) scopre che nell’ammoniaca liquida avvengono reazioni di + Figura 1 – ogni atomo di neutralizzazione, anche se non sono presenti né ioni H né idrogeno dello ione H3O+ è OH- e non si forma acqua; ad esempio la reazione tra legato ad un ossigeno dell’acqua mediante legame cloruro di ammonio e amniduro di sodio: idrogeno, rappresentato in figura con una linea a punti Nel 1923, Il chimico inglese T. M. Lowry (1874-1936) e quello danese J. N. Brønsted (1879-1947), indipendentemente l’uno dall’altro formulano una definizione più generale di acido e base. Essi abbandonano l’idea di attribuire in senso assoluto la definizione di acido e base e la collegano, invece, alla reazione chimica considerata. Figura 2 - Equilibrio acido-base secondo Brønsted e Lowry La definizione di Brønsted- 2 Equilibrio Chimico - Lezione Treccani 4 Lowry stabilisce che:tutte le sostanze che sono in grado di cedere protoni sono acidi, mentre quelle in grado di accettare protoni sono basi3. Questa definizione presenta diversi vantaggi rispetto a quella di Arrhenius. Primo, essa è indipendente dal particolare solvente in cui l’acido o la base è disciolta. Secondo, le specie acide o basiche possono essere anche anioni (ioni negativi) o cationi (ioni positivi) e non soltanto molecole neutre. Da questa teoria ne discende che ogni acido, dopo aver ceduto il suo protone, si trasforma in una sostanza che ha caratteristiche basiche perché è potenzialmente capace di riprendere il protone per ricostituire l’acido di partenza. Si parla quindi di coppie acido-base coniugate, in quanto un acido non può definirsi in questo modo se non partecipa ad una reazione nella quale cede un protone ad una sostanza (base) in grado di accettarlo (fig. 2).Ciò mette in evidenza l’importanza decisiva del partner affinché si manifestino le proprietà acide o basiche di una sostanza chimica. Ad esempio, l’acido acetico in soluzione acquosa si comporta da acido (1), mentre in presenza di acido perclorico, che è molto più forte, si comporta da base (2): Inoltre, se l’acido acetico viene disciolto in un solvente come il tetracloruro di carbonio (CCl4), questo non mostra proprietà né acida né basica. Se si aggiunge dell’acido perclorico si ha la reazione (2), e questo indica che la reazione acido base può aver luogo a prescindere del solvente. Un altro esempio è l’acido cloridrico che gassoso o quando è presente in soluzione con il benzene non presenta caratteristiche acide. In soluzione acquosa è invece fortemente acido per la reazione di protolisi: La teoria di Brønsted e Lowry non permette di definire in maniera assoluta la forza di un acido o di una base, in quanto queste dipendono dalla tendenza a cedere protoni (per un acido) o ad acquistare protoni (per le basi) rispetto ad un’altra sostanza con cui vengono messi a contatto. Per compilare una scala della forza relativa degli acidi e delle basi, si sceglie come termine di paragone l’acqua, dato che la maggior parte dei processi chimici avvengono in soluzioni acquose. La capacità di un acido a cedere elettroni dipende dall’equilibrio: A cui corrisponde una costante di equilibrio4: 3 Una reazione chimica nella quale si ha passaggio di uno ione idrogeno, cioè di un protone, è detta protolisi 4 Tale relazione è valida solo per soluzioni diluite. Quando le concentrazioni sono più elevate è necessario tener conto del fatto che le specie chimiche interagiscono tra loro e, pertanto, non tutti gli ioni derivanti dalla dissociazione del soluto possono partecipare a un dato fenomeno come un equilibrio, per cui la massa attiva del soluto è minore della concentrazione analitica iniziale. L’attività è correlabile alla concentrazione reale C tramite la relazione: a = γ C, dove γ è detto coefficiente di attività e la concentrazione reale C è espressa come molarità 5 se si tiene conto che la quantità di acqua che si dissocia è trascurabile rispetto alle molecole complessive presenti, questo valore può essere compreso in quello della costante di equilibrio e scrivere: Ka si chiama costante di dissociazione acida e tanto più grande è il suo valore tanto più forte è l'acido . In maniera analoga, per l’equilibrio di una base: si definisce una costante di dissociazione basica Kb: Spesso è più conveniente utilizzare i valori di pKa piuttosto dei valori di Ka: Quindi, un acido più forte (Ka più grande) ha un pKa più piccolo e un acido più debole (Ka più piccolo) ha un pKa più grande (tabella). Il carattere acido di una molecola dipende dalla differenza di stabilità tra la forma indissociata e quella dissociata. In generale, in un equilibrio chimico qualsiasi fattore che stabilizza una forma rispetto all’altra favorisce lo spostamento dell’equilibrio verso la prima. I diversi fattori che influenzano la forza di un acido sono la struttura molecolare e le interazioni con il solvente. Ad esempio, la forza di un acido aumenta con l’aumentare dell’elettronegatività e delle dimensioni dell’atomo legato all’idrogeno. Se si confrontano acidi in cui l'atomo legato all'idrogeno varia lungo la stesso periodo del sistema periodico (fig.3), si nota che quanto più esso è elettronegativo, tanto più polarizzato è il legame, con parziale carica positiva sull'idrogeno stesso, e tanto più facilmente perde il protone. Figura 3 - Effetto dell'elettronegatività dell'atomo legato all'idrogeno sull'acidità della molecola Per le basi, al contrario, la forza basica aumenta con il diminuire dell'elettronegatività dell'atomo legato all’atomo di idrogeno. Così ad esempio, l’etanolo (C 2H5OH) è molto meno basico dell’etilammina (C2H5NH2) essendo l’ossigeno più elettronegativo dell’azoto. Per quanto riguarda le dimensioni dell’atomo legato all’idrogeno se si confrontano le basi coniugate F- e Cl- dell’acido fluoridrico e dell’acido cloridrico si osserva che gli elettroni di valenza dello ione F- si trovano in un orbitale 2p mentre gli elettroni di valenza dello ione Cl- si trovano in un orbitale 3p. Il volume occupato da un orbitale 3p è molto maggiore del volume di un orbitale 2p ed essendo la carica negativa distribuita in un volume maggiore, quindi con una densità elettronica minore, lo ione 6 Cl- risulta più stabile dello ione F-. Ne risulta che HCl è l’acido più forte poiché la sua base coniugata Cl- è più stabile, anche se il cloro è meno elettronegativo del fluoro (fig. 4). Inoltre, la forza di un acido o di una base è legata anche alla presenza, nella loro molecola o nel loro ione, di atomi o aggruppamenti atomici che esercitano effetti elettronici, come l'effetto induttivo. Questo si osserva, ad esempio,negli acidi cloro acetici, dove la presenza degli atomi di cloro elettronegativi crea uno spostamento di carica negativa che si trasmette lungo la catena idrocarburica che accresce il carattere acido della molecola, tanto più marcato quanto maggiore è il numero di questi (fig. 5). Se nella molecola ci sono Figura 4 - Effetto delle dimensioni dell’atomo legato all’idrogeno sull'acidità della molecola. Gli elementi del VII gruppo del sistema periodico aumentano la loro dimensione e di conseguenza l’acidità degli idracidi elettroni di tipo tra sostituente e centro di reazione ed il sostituente ha elettroni mobili, la delocalizzazione elettronica provocata dal sostituente può modificare Figura 5 - Effetto induttivo sull'acidità. La progressiva sostituzione di atomi di idrogeno con atomi di cloro determina un aumento dell’acidità la densità elettronica del della molecola centro di reazione. Questo effetto coniugativo del sostituente (detto anche effetto mesomerico), può essere sia ad attrazione elettronica (se il sostituente partecipa alla delocalizzazione elettronica richiamando su di sé elettroni), sia a rilascio elettronico (se il sostituente partecipa alla delocalizzazione mandando elettroni sul resto della molecola). Nel primo caso si ha un aumento del carattere acido della molecola. Ad esempio, confrontando le acidità dell’etanolo e dell’acido acetico, due composti diversi Figura 6 - Effetto della delocalizzazione elettronica sull'acidità. Nella base contenenti entrambi coniugata dell’alcol ROH non si ha, a differenza della molecola di acido legami C-O-H, il primo RCOOH, delocalizzazione elettronica (risonanza) ha un valore di pKa 16 mentre il secondo 4,8. Il maggior carattere acido dell’acido acetico è dovuto al fatto che lo ione acetato che si forma a seguito della dissociazione presenta la carica negativa delocalizzata, per risonanza5, su due atomi di ossigeno che sono 5 Tanto maggiore è il numero di forme di risonanza di una specie chimica, tanto più essa è stabile. Vedi Legami Chimici: lezione Treccani 7 equivalenti,mentre la base coniugata dell’etanolo possiede una carica negativa localizzata sull’atomo di ossigeno (fig.6): Nel 1923 il chimico americano G. N. Lewis (1875-1946)ha esteso ulteriormente il concetto di acido e base proponendo una definizione più generale, che può essere applicata anche a reazioni che non avvengono in soluzione e che non prevedono trasferimento di protoni. La teoria di Lewis considera la reazione di neutralizzazione come la formazione di un legame di coordinazione covalente (dativo), nel quale l’acido è l’accettore di una coppia di elettroni (lone pair = coppia solitaria) e la base il donatore6.Un esempio è la reazione tra trifloruro di boro ed ammoniaca (fig.7 A). Questa definizione include tutti i composti acidi e basici della teoria di Brønsted-Lowry,nelle quali il protone è l’accettore e la base il donatore. Ciò è mostrato ad esempio dall’ammoniaca che lega un protone formando lo ione ammonio (fig. 7 B). Le basi di Lewis sono sostanzialmente le stesse basi di Brønsted e Lowry, mentre tra gli acidi vengono in questo caso presi in considerazione specie chimiche come AlCl3, BF3, SO3, che non contengono atomi di idrogeno, ma che possono accettare una o più coppie di Figura 7 – (A) la base di Lewis dona una coppia di elettroni. La teoria di Lewis oltre a elettroni all’acido di Lewis formando un legame di coordinazione covalente. (B) il protone H + è un acido generalizzare i concetti di acido e base di Lewis perché può accettare una coppia di elettroni da una base ne ha esteso notevolmente il campo di applicazione, ma introducendo complicazioni, come ad esempio la valutazione della forza degli acidi e delle basi, che dipendono non solo dal solvente, ma anche dal particolare acido e base scelto come riferimento. L’acqua chimicamente pura presenta una conduttanza molto bassa ( ) dovuta agli ioni che si formano nella reazione di autoprotolisi: In questa reazione, una molecola d’acqua agisce come accettore di H + (base) mentre l’altra come donatore di H+ (acido). La costante di autoprotolisi è uguale al prodotto delle concentrazioni degli ioni ossidrili e idrossonio: , che a 25 °C e 100 kPa (condizioni STP) è pari a 1,0 x 10−14 M2, e di conseguenza: . Il valore Kw si chiama prodotto ionico 6 Nel legame dativo uno dei due atomi (donatore) mette in comune un suo orbitale completo (con due elettroni) con l’altro atomo (accettore) che deve disporre di un orbitale vuoto di adatta energia 8 dell'acqua7.La forza di un acido o di una base può essere misurata dalla concentrazione di ioni H3O+ o OH- che si generano, rispettivamente, per interazione con il solvente e la cui conoscenza è di fondamentale importanza in un grandissimo numero fenomeni chimici che avvengono in soluzione acquosa. La presenza nell'acqua di un acido sposterà l'equilibrio di dissociazione con un corrispondente aumento della concentrazione di H3O+; viceversa, la presenza di una base sposterà l'equilibrio di dissociazione dell'acqua con una diminuzione di H3O+ e un aumento della concentrazione degli ioni OH-. Dalle considerazioni sull'invarianza del prodotto ionico dell'acqua e sulla base della conoscenza della concentrazione degli ioni idrossonio (e ossidrile), si dispone di un criterio per stabilire il carattere di una soluzione acquosa: se la soluzione è acida, se la soluzione è neutra, se lasoluzione è basica. Nel 1909 il biochimico danese S. P. L. Sörensen (18681939)propone di esprimere la concentrazione in termini logaritmici, introducendo il concetto di pH che, considerando unitario il coefficiente di attività4, è definito come: pH=-log[H3O+]8. I valori di pH che una soluzione acquosa può assumere vanno quindi da 0 a 14 (fig. 8). Nel 1927, il chimico statunitense J. B. Conant (1893– 1978) in uno studio sull’attività dello ione idrogeno in Figura 8 - Scala del pH e valori di pH soluzioni acide non acquose, osserva che l’acido di alcune sostanze di uso comune solforico (H2SO4) e l’acido perclorico (HClO4) in acido acetico glaciale (CH3COOH a titolo superiore al 99%), sono in grado di formare sali con una varietà di basi debolissime come i chetoni e altri composti carbonilici. Questi basi non formano sali con questi acidi in soluzione acquosa. Egli attribuisce questa forte acidità alla ionizzazione di questi acidi nell’acido acetico glaciale, che aumenta la concentrazione del + + CH3COOH2 , una specie meno solvatata dell’H3O in soluzioni acquose e propone di chiamare queste soluzioni “superacidi”. Attualmente si definisce Figura 9 – Struttura molecolare del H(CHB11Cl11) superacido ogni sistema acido con una’acidità maggiore di quella dell’acido solforico puro. 7 8 Il valore della Kw ingloba la concentrazione dell'acqua nella costante di dissociazione perché si può ritenere trascurabile la frazione di molecole d'acqua che si dissociano rispetto all'acqua indissociata, e considerare la concentrazione di quest'ultima pari alla concentrazione dell'acqua pura (55,5 mol/L) In modo del tutto analogo si può definire come unità di misura della concentrazione degli ioni OH - in una soluzione il pOH = -log [OH-] 9 Nel 1960, G. Olah (1927)sviluppa potenti superacidi mescolando sostanze diverse. Un esempio è il miscuglio chiamato acido magico9 tra pentafloruro di antimonio (SbF5) e acido fluoro solforico (HSO3F). Recentemente si è ottenuto un nuovo superacido il carborano, che ha la formula H(CHB11Cl11), il quale è un milione di volte più attivo dell’acido solforico concentrato nel donare ioni idrogeno, è eccezionalmente stabile e quindi poco corrosivo. Ciò è dovuto alla forma a icosaedro che la molecola assume dopo aver ceduto un protone (fig.9). Questa forma geometrica, delimitata da undici atomi di boro e da uno di carbonio, attribuisce all’acido una grandissima acidità senza conferirgli l’ “aggressività” tipica dei superacidi. Come risultato, l’acido carborano può addizionare ioni idrogeno a molecole che sono basi debolissime, senza distruggere le delicate molecole caricate positivamente che sono formate. Esempi di molecole che addizionano idrogeno e sono stabilizzate con il carborano, sono gli ioni positivi del benzene (C6H6), il fullerene (C60) “protonato” e gli alcheni che formano carbocationi usualmente instabili. 9 L’acido magico è stato così nominato per la sua “magica” capacità nel dissolvere la cera della candela 10