La medicina di genere UOC Governo Area Farmaceutica SESSO: Differenze biologiche GENERE: Differenze di fattori ambientali, sociali, culturali MEDICINA DI GENERE non è la medicina che studia le malattie che colpiscono prevalentemente le donne rispetto agli uomini, ma è la scienza che studia l'influenza del sesso (accezione biologica) e del genere (accezione sociale) sulla fisiologia, fisiopatologia e clinica di tutte le malattie per giungere a decisioni terapeutiche basate sull'evidenza sia nell'uomo che nella donna. Il “gender effect” consiste nell’interrogarsi su come il fatto di essere uomini o donne - non solo sessualmente maschi o femmine, ma anche portatori di particolari ruoli sociali e culturali - possa influenzare il rischio di sviluppare malattie, la loro percezione e il conseguente impatto sulla qualità della vita La medicina di genere è quindi una scienza multidisciplinare che vuole dedicarsi alla ricerca per: • descrivere le differenze anatomo-fisiologiche a livello di tutti gli organi e sistemi nell'uomo e nella donna; • identificare le differenze nella fisiopatologia delle malattie; • descrivere le manifestazioni cliniche eventualmente differenti nei due sessi; • valutare l'efficacia degli interventi diagnostici e terapeutici e delle azioni di prevenzione; • sviluppare protocolli di ricerca che trasferiscano i risultati delle ricerche genere-specifiche nella pratica clinica; L’ ottica di genere non è ancora pienamente utilizzata per programmare gli interventi di promozione della salute e ancora persistono pregiudizi di genere nello studio dell’eziologia, dei fattori di rischio, nelle diagnosi e nei trattamenti. La conoscenza delle differenze di genere favorisce invece una maggiore appropriatezza della terapia e ed una maggiore tutela della salute per entrambi i generi. • Il termine gender fu utilizzato per la prima volta nel 1976 dalla storica statunitense Natalie Zemon Davis, specialista di storia moderna europea, per sottolineare il peso dei ruoli sessuali nella storia sociale. • Fu nel 1979 Leonore Davidoff, futura direttrice della rivista Gender & History, ad utilizzare il termine gender con il significato con cui è stato successivamente accolto da gran parte della comunità storica, per indicare cioè la maniera con cui mascolinità e femminilità sono concepite come categorie socialmente costruite, in opposizione a sesso che si riferisce invece alle distinzioni biologiche tra maschio e femmina “Il gender opera come una categoria ordinatrice e organizzatrice delle relazioni sociali” (Di Cori 1996). Nel 1991, Bernardine Healy, direttrice dell’Istituto nazionale di salute pubblica americano, scrive un editoriale sul New England Journal of Medicine nel quale parla di «Yentl Syndrome» (dal titolo del film dove Barbra Streisand si finge maschio per poter studiare il Talmud). Cita studi secondo i quali le donne in terapia intensiva per un’ischemia hanno maggiori probabilità di diagnosi e terapia errate rispetto agli uomini e minori inviti a sottoporsi a interventi di by-pass e angioplastica. È inoltre dal 1993 che la Food and Drug Administration chiede alle industrie farmaceutiche di tener conto delle differenze di sesso nella farmacocinetica. • Nel 1991 negli USA viene aperto l’ufficio governativo sulla salute della donna (Owh) presso il Dipartimento della salute e nel 2002, alla Columbia University di New York parte il primo corso universitario sulla medicina di genere al femminile ("A new approach to health care based on insights into biological differences between women and men“) • Anche l’Oms ha oggi un Dipartimento per il genere e la salute della donna ed ha inserito la medicina di genere nell'Equity Act a testimonianza che il principio di equità implica che la cura sia appropriata e sia la più consona al singolo genere. In Italia, nel 1999 è stato costituito il primo gruppo di lavoro, Medicina Donna Salute, e nel 2003 Il Ministero della Salute ha approvato il progetto “La Salute delle donne” Il progetto è nato da un tavolo tecnico istituito presso il Dicastero, al quale hanno partecipato l’Iss, l’Agenzia Italiana del Farmaco, l’Assr, l’Università di Sassari e la Società Italiana di Farmacologia. L’obiettivo principale del progetto è arrivare alla formulazione di linee-guida sulle sperimentazioni cliniche e farmacologiche che tengano in considerazione la variabile di genere. • Nel 2005 è nato OnDa, l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna, che collabora con tutti gli istituti nazionali per studiare e stimolare l’attenzione su queste problematiche. L’Università di Sassari ha attivato il primo dottorato europeo di Farmacologia di genere e all’Università di Tor Vergata di Roma è partito dal 2009 un master in medicina di genere. • Anche la Commissione europea ribadisce la necessità che quanto prima si promuova una politica in difesa della salute tenendo conto della diversità di genere ed il Consiglio dell’Unione europea sollecita una maggior conoscenza da parte degli operatori sanitari per affrontare le disuguaglianze nella salute e garantire parità di trattamento e di accesso alle cure • All'inizio del 2011 l'AIFA ha annunciato la costituzione del Gruppo di lavoro 'Farmaci e Genere' dedicato ai farmaci e alla Medicina di Genere. • La Regione Toscana, nel 2014, ha istituito la Commissione permanente per la medicina di genere, inserita nel Consiglio Sanitario Regionale, organo di governo clinico. La commissione lavora per gruppi tematici, dalla farmacologia alle patologie, alla sicurezza sul lavoro. • Anche regione lombardia, nelle Regole di sistema 2014 e negli obiettivi di ASL e AO ha inserito la necessità di occuparsi di tematiche gender oriented • La donna non solo è non è stata adeguatamente rappresentata negli studi clinici, ma spesso non riceve attenzioni adeguate da parte del medico come dimostrato da questo articolo: “Gender differences in evidencebased pharmacological therapy for patients with stable coronary heart disease” Int J Cardiol. 2009 Apr 17;133(3):336-40. • Le donne hanno probabilmente anche un diverso rapporto con i farmaci di automedicazione, utilizzandone in quantità maggiore rispetto agli uomini, come dimostra questo studio: (Differences on self-medication in Spain. Carrasco-Garrido P, Hernández-Barrera V, López de Andrés A, Jiménez-Trujillo I, Jiménez-García R. Department of Preventive Medicine and Public Health, Rey Juan Carlos University, Alcorcón, Madrid, Spain.) Ancora oggi gli uomini sono presi come la norma nel campo della formazione, della ricerca e dei servizi sanitari. Eppure in tutto il mondo le donne soffrono di un numero maggiore di malattie, consumano più farmaci (Italia compresa) e hanno minore accesso alle cure mediche. E sono ancora scarsi i dati specifici che le riguardano. Le donne sono state escluse dagli studi clinici per molte ragioni, come la convinzione che le fluttuazioni ormonali influenzino l’effetto delle sostanze da sperimentare e la preoccupazione di esporre le donne fertili a rischi di tossicità. E non sono entrate nemmeno nel più vasto studio di popolazione, quello sull’aspirina nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Dagli ultimi dati ISTAT si rileva che le patologie che colpiscono maggiormente le donne sono: • Osteoporosi (+736% rispetto agli uomini) • Malattie della tiroide (+500%) • Depressione ed ansia (+138%) • Cefalea ed emicrania (+123%) • Morbo di alzheimer (+100%) • Cataratta (+80%) • Artrosi e artrite (+49%) • Calcolosi (+31%) • Ipertensione arteriosa (+30%) • Diabete (+9%) • Allergie (+8%)