soluzioni trasmissioni automatiche sono Quattro i principali sistemi per eliminare il pedale della frizione. Ecco come funzionano, e quali sono pregi e difetti di ciascuno di Antonio de Felice tecnologie a confronto AUTOMATICi TRADIZIONALI Geartronic (Volvo da C30 a XC90) Steptronic (BMW serie 1) 7G-Tronic (Mercedes dalla classe A alla S) a doppia frizione DSG EDC M TCT PDK Powershift S-Tronic (Skoda, Seat, Volkswagen) (Renault) (BMW) (Alfa Romeo MiTo e Giulietta) (Porsche) (Ford) (Audi tutte) robotizzati ActiveSelect BVR CMP DFN Dualogic Selectronic 2Tronic È ora di cambiare N on ci vuole molto per convincersi di quanto i cambi automatici siano ormai una soluzione vincente: basta qualche ora di guida nel traffico... L’affidabilità crescente, la possibilità di risparmio in termini di consumi, ma soprattutto la rapidità di molti dispositivi, hanno convinto tanti automobilisti ad abbandonare le vecchie trasmissioni manuali. Oltretutto, quasi tutti i nuovi automatici sono comunque (Opel Meriva, Astra, Insignia, Zafira) (Renault Twingo) (Citroën C3, DS3, C4, DS4, DS5) (Lancia Ypsilon) (Fiat 500) (Lancia Delta) (Peugeot 308, 508, 3008, 4007, 5008, RCZ) a variazione continua CVT (Nissan Micra, Juke; Toyota Prius, Auris, Verso) Multitronic (Audi da A4 a A7; Seat Leon, Exeo) dotati di selettore manuale sequenziale, che consente di agire sulla classica leva centrale (il simbolo più indica la salita di una marcia; quello meno la scalata) oppure tramite una coppia di palette poste dietro al volante e raggiungibili senza staccare le mani dalla corona. Ma non tutte le trasmissioni automatiche sono uguali, e conviene scegliere la più adatta alle nostre esigenze. Con l’aiuto di questa piccola guida. AUTOMATICO TRADIZIONALE N 5 1 6 3 4 2 onostante le continue evoluzioni, il primo cambio automatico ad arrivare sul mercato conserva gli elementi base del progetto originale: il convertitore di coppia (1) e i ruotismi epicicloidali (2). Il primo è un dispositivo idraulico che ha il compito di sostituire la frizione, creando un accoppiamento più o meno diretto tra motore e cambio stesso, così da avere un trasferimento variabile di potenza. I ruotismi epicicloidali, invece, sono gruppi di ingranaggi costituiti da tre elementi: il sole (3), i satelliti (4) e la corona (5). Nella configurazione più semplice ogni blocco può garantire due marce in avanti e una indietro. Accoppiandone più gruppi, come succede nei cambi più moderni, si può arrivare ad avere anche 8 rapporti. La variazione tra uno e l’altro si attua tramite alcune frizioni a dischi multipli a comando idraulico (6), gestite da una centralina elettronica. Il passaggio fra le marce, cosa comune anche ad altri cambi automatici, avviene in modo sequenziale. da sapere Gli interventi di manutenzione sono molto costosi. 38 automobile | aprile 2012 a doppia frizione 2 di Michele Del Zotto 3 1 4 O ggi disponibile con soluzioni a sei o sette marce, il cambio a doppia frizione si distingue dalle altre trasmissioni automatiche per la presenza di due dispositivi di attrito indipendenti e concentrici. Le marce pari (1) e quelle dispari (2), tra l’altro, possono anche essere montate su alberini differenti, e ciascuno fa capo a una delle due frizioni (3 e 4). Questo consente di avere sempre le marce (superiori e inferiori a quella in uso) pronte a entrare in funzione, perché non serve innestarle come si farebbe in un cambio normale: sono sempre “in presa”. da sapere Tra i vantaggi dei cambi a doppia frizione, c’è l’elevata velocità nei passaggi tra un rapporto e l’altro, in progressione come in scalata. E non sprecano carburante. robotizzato S i tratta, in sostanza, di un tradizionale cambio manuale al quale sono stati applicati dei dispositivi idraulici (1) che automatizzano il funzionamento della trasmissione. Agiscono sul comando della frizione (2) e sui braccetti (3) che hanno il compito di inserire le marce, normalmente azionati dall’automobilista tramite la leva del cambio. Il robotizzato è una soluzione diffusa soprattutto tra le citycar o fra le berline compatte, perché la sua realizzazione non è molto complicata e occupa poco spazio nel vano motore. L’intera gestione delle funzioni è controllata da una centralina che impedisce il fuorigiri del propulsore ed effettua in automatico la “doppietta” in fase di scalata, se serve. 2 1 3 da sapere Tra i punti a sfavore, la relativa lentezza nell’innesto delle marce, avvertibile nelle accelerazioni più vivaci. In compenso, rispetto ai cambi più evoluti, i robotizzati sono più economici in caso di riparazioni. cvt a variazione continua C’ 1 4 3 è un particolare che salta all’occhio osservando lo spaccato di un cambio a variazione continua rispetto a tutti gli altri sistemi automatici: l’assenza di ingranaggi per le marce. Sono sostituiti da una coppia di pulegge (1 e 2) a gola variabile, collegate da una cinghia metallica flessibile (3). Grazie a un circuito idraulico a controllo elettronico, è possibile, variando la posizione della cinghia rispetto al perno centrale (4), cambiare la differenza di rotazione tra le due pulegge, e così la coppia da trasferire dal motore alle ruote, mantenendo il regime di rotazione del propulsore pressoché costante. Con i cambi a variazione continua il numero di rapporti è pressoché infinito. Sui più recenti è anche possibile predeterminare la posizione delle pulegge per “simulare“ un numero fisso di marce. 2 4 da sapere Soluzione semplice, poco adatta ad alte potenze. L’usura della cinghia può essere un problema. 39 aprile 2012 | automobile