C4. Integrazione delle equazioni del moto Si è visto, nel paragrafo precedente, come l’algoritmo di derivazione permetta di calcolare velocità e accelerazione a partire dalla legge oraria. Si pone ora il problema inverso: come si determina la legge oraria, a partire dall’accelerazione? Al di là dell’interesse per la cinematica, questa questione è importante nello studio della dinamica, perché la legge di Newton permette di valutare l’accelerazione in termini delle forze agenti. Si possono distinguere con chiarezza due diverse situazioni: a) l’accelerazione è costante, oppure è data in funzione del tempo t. Per esempio: a = A t , con A costante; b) l’accelerazione è data in funzione della posizione x, o della velocità v. Per esempio: a = - k x , oppure a = -γ v, con k, γ costanti. In questo paragrafo ci si occuperà esclusivamente del primo caso, presentando due tecniche di soluzione, la prima basata sull’integrale indefinito, la seconda sull’integrale definito. Integrazione delle equazioni del moto con la tecnica dell’integrale indefinito L’accelerazione a(t) è la derivata della velocità v(t): a= dv dt Nei termini dell’Analisi Matematica, si dice allora che v(t) è una primitiva di a(t) . L’insieme delle primitive di a(t) è l’integrale indefinito: v(t ) = ∫ a(t ) dt Analogamente, la velocità v(t) è la derivata della legge oraria x(t): v= dx dt e quindi, la legge oraria x(t) è una primitiva di v(t). L’insieme delle primitive di v(t) è l’integrale indefinito: x (t ) = ∫ v(t ) dt L’integrale indefinito determina un insieme di funzioni. Come mai esistono leggi orarie diverse, che hanno la stessa accelerazione? a) due punti materiali possono mantenere, istante per istante, la stessa accelerazione, pur partendo con velocità diverse. Le funzioni v(t) si distinguono dunque per la velocità iniziale; b) due punti materiali possono mantenere, istante per istante, la stessa velocità, pur partendo da punti diversi. Le loro leggi orarie si distinguono allora per la posizione iniziale. Posizione e velocità iniziali sono dette, sinteticamente, condizioni iniziali. Tra tutte le leggi orarie che hanno l’accelerazione a(t), quella giusta si determina quindi imponendo le condizioni iniziali, cioè la posizione e la velocità all’istante t = 0. Il diagramma in basso mostra schematicamente la relazione tra l’insieme delle leggi orarie, l’insieme delle velocità e l’insieme delle accelerazioni. L’applicazione che a ogni legge oraria associa la corrispondente velocità è suriettiva; così anche l’applicazione che a ogni velocità associa la corrispondente accelerazione. Viceversa: a ciascuna accelerazione a(t) corrisponde una sola velocità v(t) solo se si fissa la condizione iniziale v(0); a ciascuna velocità v(t) corrisponde una sola legge oraria x(t) solo se si fissa la condizione iniziale x(0). Integrazione del moto uniformemente accelerato L’applicazione della tecnica dell’integrazione indefinita al caso di un’accelerazione costante esemplifica bene come debbano essere assegnate le condizioni iniziali. Si consideri, inoltre, che nel paragrafo precedente è stato dimostrato che: polinomio di II grado → moto uniformemente accelerato Con la tecnica dell’integrale indefinito, si può dimostrare che vale anche il viceversa: moto uniformemente accelerato → polinomio di II grado in modo da concludere, dunque, che la legge oraria è un polinomio di II grado per tutti e soli i moti uniformemente accelerati. Per dimostrare questa tesi, si parta dunque dall’ipotesi che l’accelerazione è costante: a(t) = ao L’insieme delle funzioni v(t) è l’integrale indefinito: v(t ) = ∫ a(t ) dt = = ∫ a o dt = a o t + C1 Per calcolare v all’istante iniziale, si sostituisce t = 0 in questa formula, ottenendo: v(0) = C1 La costante di integrazione C1 ha allora il significato di velocità iniziale. Per indicare la costante, meglio allora utilizzare, al posto di C1, il simbolo vo, in modo che l’espressione della velocità si scriva: v(t) = ao t + vo A sua volta, l’insieme delle funzioni x(t) è l’integrale indefinito della funzione v(t) appena trovata: x (t ) = ∫ v(t ) dt = ∫ (a t + v o o ) dt = 1 a o t 2 + v o t + C 2 2 Procedendo in modo analogo a prima, si sostituisce t = 0 in questa formula per calcolare x all’istante iniziale, ottenendo: x(0) = C2 La costante di integrazione C2 ha allora il significato di posizione iniziale. Per indicare la costante, meglio allora utilizzare, al posto di C2, il simbolo xo: x (t ) = 1 a o t 2 + vo t + x o 2 Come si voleva dimostrare, la legge oraria è espressa da un polinomio di II grado: - il termine noto xo rappresenta la posizione iniziale; il coefficiente del monomio di I grado, vo, è la velocità iniziale; il coefficiente del monomio di II grado è pari alla metà dell’accelerazione ao. Integrazione delle equazioni del moto con la tecnica dell’integrale definito In questo paragrafo si svilupperà un procedimento alternativo per la soluzione dello stesso problema: determinare le funzioni v(t) e x(t) a partire dalla funzione a(t). Si tratta della tecnica di integrazione definita. Presentare due distinti approcci allo stesso problema non è una perdita di tempo, ma permette di mettere a fuoco l’interpretazione fisica da più punti di vista. In particolare, con l’integrazione definita si chiariscono le interpretazioni geometriche e si ottengono indicazioni fondamentali per la soluzione grafica dei problemi. Anche l’integrazione definita consta di due passi consecutivi: dall’accelerazione alla velocità e, poi, dalla velocità alla legge oraria. Calcolo della velocità v(t) come integrale definito della funzione a(t) L’accelerazione media tra gli istanti to e t1 = to + ∆t , è data, in base alla definizione, da: am = ∆v ∆t Se ∆t è sufficientemente piccolo, am è approssimativamente uguale all’accelerazione istantanea a, calcolata all’istante to. Si può perciò sostituire il simbolo am con a(to) e ricavare l’incremento di velocità ∆v = v(t1 ) − v(t o ) : v(t1 ) − v(t o ) = a (t o ) ∆t Questa formula ha un’interessante interpretazione geometrica. A fianco, è riportato il grafico di una generica funzione a(t). L’area del rettangolo ombreggiato è data dal prodotto della base ∆t per l’altezza a(to). Pertanto, tale area rappresenta proprio l’incremento di velocità ∆v. Il procedimento può essere ripetuto per l’intervallo di tempo successivo, ottenendo: v(t 2 ) − v(t1 ) = a (t1 ) ∆t Sommando membro a membro le due equazioni, si ottiene: v(t 2 ) − v(t o ) = a (t o ) ∆t + a (t 1 ) ∆t Anche questa formula ha un’interessante interpretazione geometrica: la variazione di velocità v(t 2 ) − v(t o ) è l’area del multirettangolo ombreggiato in figura. Iterando più volte il procedimento, si ricava una stima approssimata della velocità all’istante tn+1 = to + n∆t: n v(t n +1 ) − v(t o ) = a (t o ) ∆t + a (t1 ) ∆t + ... + a (t n ) ∆t = ∑ a (t ) ∆t i i=0 L’errore del calcolo, commesso per avere sostituito ripetutamente il valore dell’accelerazione istantanea al corrispondente valore di velocità media, è tanto minore, quanto più piccolo è l’intervallo ∆t. Per migliorare l’approssimazione si può dunque ridurre ∆t. Per esempio, se ∆t viene dimezzato, il numero n di intervalli va raddoppiato, come mostra la sequenza di grafici riportati a fianco. Nel limite in cui n → ∞ , l’area del multirettangolo uguaglia l’area del rettangoloide racchiuso sotto il grafico di a(t), tra l’istante iniziale to e quello finale, che sarà d’ora in avanti indicato con t. In Analisi Matematica si dimostra che tale area è pari all’integrale definito1: t v(t ) − v(t o ) = ∫ a(t ') dt' to Si faccia attenzione a questo dettaglio formale: la variabile di integrazione e l’estremo superiore non possono essere indicati con lo stesso simbolo. Nell’integrale definito, la variabile di integrazione è muta (cioè, non compare nel risultato) e può essere indicata con qualunque simbolo (in questo caso, t’). E’ quindi sbagliato scrivere l’integrale t come ∫ a (t ) dt . to Il grafico della funzione v(t) è riportato a fianco. La scelta della velocità v(0) è arbitraria: scelte diverse portano a grafici traslati in alto o in basso. E’ istruttivo convincersi che la derivata di v(t) è davvero la funzione rappresentata nei diagrammi precedenti! Basta stimare, in vari punti, la pendenza del grafico con un righello. La valutazione è limitata dalla risoluzione grafica, ma abbastanza indicativa. 1 Allo stesso risultato si perviene, procedendo in modo formale dall’equazione t di ambo i membri, si ottiene infatti ∫ to dv = a . Calcolando l’integrale definito dt t dv dt ' = a (t ') dt ' e, ricordando che l’integrale definito della derivata è la funzione dt ' ∫ to t ∫ calcolata sugli estremi, v(t ) − v(t o ) = a (t ') dt ' . Come si vede, a patto di possedere una maggiore padronanza delle to regole dell’Analisi Matematica si può ottenere più velocemente il risultato finale. D’altronde, in questo modo l’interpretazione fisica è meno evidente. Calcolo della legge oraria x(t) come integrale definito della funzione v(t) Il procedimento illustrato si ripete in modo del tutto analogo per il calcolo della legge oraria x(t) a partire dalla velocità v(t). La velocità media tra gli istanti to e t1 = to + ∆t è data, in base alla definizione, da: vm = ∆x ∆t Se ∆t è sufficientemente piccolo, vm è approssimativamente uguale alla velocità istantanea v, calcolata all’istante to. Sostituendo vm con v(to), si trova lo spostamento ∆x = x (t1 ) − x (t o ) : x (t1 ) − x (t o ) = v(t o ) ∆t Nel grafico di v(t), l’area del rettangolo ombreggiato rappresenta il prodotto della base ∆t per l’altezza v(to), cioè lo spostamento ∆x. Iterando il procedimento, si ottiene lo spostamento complessivo: n x (t n +1 ) − x (t o ) = v(t o ) ∆t + v(t1 ) ∆t + ... + v(t n ) ∆t = ∑ v(t ) ∆t i i=0 rappresentato graficamente dall’area del multirettangolo in figura. Nel limite in cui n → ∞ , ∆t → 0, l’area del multirettangolo uguaglia l’area del rettangoloide racchiuso sotto il grafico di v(t), tra l’istante iniziale to e quello finale t; per cui2: t ∫ x (t ) − x (t o ) = v(t ') dt ' to Alla funzione v(t) dei diagrammi precedenti corrisponde la funzione x(t), il cui grafico è riportato a fianco. Anche qui la scelta della posizione iniziale x(0) è arbitraria: scelte diverse portano a grafici traslati in alto o in basso. 2 Anche in questo caso si arriva allo stesso risultato procedendo in modo formale: calcolando l’integrale definito di ambo i membri dell’equazione dx = v , si ottiene infatti dt t ∫ to t t dx dt ' = v(t ') dt ' , da cui x (t ) − x (t o ) = v(t ') dt ' . dt ' ∫ ∫ to to