La Patagonia nella poesia cilena Piccola antologia Il gran numero di numero di poeti importanti è senza dubbio una caratteristica notevole della letteratura cilena del ventesimo secolo. Provo a darne una breve rassegna: - Per l’avanguardia: Vicente Huidobro,(1893-1948), uno dei più grandi esponenti dell’avanguardia poetica in spagnolo, che visse a lungo a Parigi in contatto con tutti gli esponenti francesi di questa tendenza; Pablo de Rokha, (1894-1968), poeta ribelle e anticonformista. - Nicanor Parra (1914), fisico di fama e docente universitario di fisica, è considerato oggi il più grande poeta cileno vivente. Ha chiamato la sua poesia « antipoesia », per il linguaggio quotidiano che rifugge da lirismo e sentimentalismo. - Jorge Teiller (1935-1996), che rappresenta il ritorno, dopo le avanguardie, ad una poesia lirica e basata sull’esperienza personale. Numerosi altri poeti, più giovani, hanno già ottenuto significativi riconoscimenti nazionali e internazionali. All’interno di questo panorama la Patagonia è una presenza forte, sia come uno dei soggetti della geografia poetica del Cile (in Gabriela Mistral, Pablo Neruda e Raúl Zurita), sia come soggettto prevalente d’ispirazione in Rolando Cárdenas e Pavel Oyarzún, entrambi nati a Punta Arenas. Sono questi cinque appunto i poeti presentati in questa piccola antologia. Sono stato costretto a tradurre perchè era il solo modo di avere i testi in italiano. Infatti la maggior parte di queste poesie non è mai stata tradotta e, inoltre, non mi è stato possibile procurarmi l’edizione italiana del Canto general. Ho seguito i testi con la massima fedeltà, a scapito del linguaggio poetico in italiano. Mi scuso per le imperfezioni e gli errori, inevitabili, non essendo io traduttore di professione. Spero solo di non aver travisato troppo il senso in alcuni passaggi di difficile interpretazione Gabriela Mistral (1889-1957) Graciela Godoy, insegnante ed educatrice la cui fama varca assai presto i confini del suo paese, a partire dal 1908, quasi all’inizio dell’attività letteraria comincia a usare lo pseudonimo che diverrà in seguito il su nome ufficiale. Lo prende da Frédéric Mistral (1830-1914), il poeta provenzale autore di Mireio in langue d’oc, premio Nobel della letteratura nel 1904, da lei molto ammirato. La prima poesia qui presentata, Desolación, fa parte di una sezione della raccolta dello stesso nome (Messico1922), intitolata Paisajes de la Patagonia. L’origine è legata al soggiorno di due anni(1918-1920) come direttrice del liceo femminile di Punta Arenas. Paisajes de la Patagonia Paesaggi della Patagonia Desolación Desolazione La bruma espesa, eterna, para que olvide dónde me ha arrojado la mar en su ola de salmuera. La tierra a la que vine no tiene primavera: tiene su noche larga que cual madre me esconde. La bruma spessa, eterna, affinchè dimentichi dove mi ha gettato il mare nella sua onda di salamoia. La terra nella quale venni non ha primavera: ha la sua notte lunga che quale madre mi nasconde. El viento hace a mi casa su ronda de sollozos y de alarido, y quiebra, como un cristal, mi grito. Y en la llanura blanca, de horizonte infinito, miro morir imensos ocasos dolorosos. Il vento fa alla mia casa la sua ronda di singhiozzi e di urlo, e spezza, come un cristallo, il mio grido. E nella pianura bianca, di orizzonte infinito, guardo morire immensi occasi dolorosi. ¿A quién podrá llamar la que hasta aquí ha venido si más lejos que ella sólo fueron los muertos? ¡Tan sólo ellos contemplan un mar callado y yerto crecer entre sus brazos y los brazos queridos! Chi potrà chiamare colei che sin qui è venuta se più lontano di lei solo andarono i morti ? Tanto solo loro contemplano un mare tacito e rigido crescere tra le sue braccia e le braccia amate! Los barcos cuyas velas blanquean en el puerto vienen de tierras donde no están los que son míos; sus hombres de ojos claros no conocen mis ríos y traen frutos pálidos, sin la luz de mis huertos. Le navi le cui vele biancheggiano nel porto vengono da terre in cui non ci sono quelli che sono miei ; i loro uomini dagli occhi chiari non conoscono i miei fiumi e recano frutti pallidi, senza la luce dei miei orti. Y la interrogación que sube a mi garganta al mirarlos pasar, me desciende, vencida: hablan extrañas lenguas y no la conmovida lengua que en tierras de oro mi pobre madre canta. E l’interrogazione che sale alla mia gola al vederli passare, mi riscende, vinta: parlano strane lingue e non la commossa lingua che in terre d’oro la mia povera madre canta. Miro bajar la nieve como el polvo en la huesa; miro crecer la niebla como el agonizante, y por no enloquecer no cuento los instantes, porque la noche larga ahora tan sólo empieza. Miro el llano extasiado y recojo su duelo, que vine para ver los paisajes mortales. La nieve es el semblante que asoma a mis cristales; ¡siempre será su albura bajando de los cielos! Siempre ella, silenciosa, como la gran mirada de Dios sobre mí; siempre su azahar sobre mi casa; siempre, como el destino que ni mengua ni pasa, descenderá a cubrirme, terrible y extasiada. Guardo scendere la neve come la polvere nella fossa; guardo crescere la nebbia come l’agonizzante, e per non impazzire non conto gli istanti, perchè la notte lunga ora solo comincia. Guardo il piano estasiato e racccolgo il suo lutto, perchè venni per vedere i paesagggi mortali. La neve è il sembiante che svela i miei cristalli; sempre sarà il suo biancore che scende dal cielo ! Sempre essa, silenziosa, come il grande sguardo di Dio su di me; sempre la sua zagara sopra la mia casa; sempre, come il destino che non diminuisce ne passa, scenderà a coprirmi, terrible e estasiata. La seconda poesia è tratta da Poema de Chile, un libro pubblicato postumo nel 1967, ma che corrisponte ad un progetto iniziato già nel 1922 in Messico e proseguito nel corso dei ripetuti soggiorni nelle Americhe ed in Europa. La poetessa trascorse la maggior parte della sua vita, e morì, all’estero. Tra l’altro nel 1926 venne nominata rappresentante del Cile all’Istituto internazionale di cooperazione intellettuale, antenato dell’UNESCO, con sede a Parigi. Nel 1927 partecipò a Ginevra al congresso della Protezione dell’infanzia, e a Locarno al Congresso mondiale dell’educazione. Per questo la Geografia poetica del Cile di Gabriela Mistral corrisponde al bisogno di fissare nella memoria, attraverso il linguaggio evocatore della poesia, i bellissimi paesaggi e le presenze umane del proprio paese lontano. In questa raccolta, accanto al personaggio della poetessa che narra, c’è un bambino indio del nord, che l’accompagna e che le si rivolge, in forma di dialogo, chiamandola mamma. Egli rappresenta ad un tempo l’infanzia cilena oggettto del suo impegno pedagogico, il figlio che non ha mai avuto e la forte componente indigena, misconosciuta e disprezzata, del popolo cileno. Patagonia, la lejana Patagonia, la lontana A la Patagonia llaman sus hijos la Madre Blanca. Dicen que Dios no la quiso por la yerta y lo lejana, y la noche que es su aurora y su grito en la venteada por el grito de su viento, por su hierba arrodillada y porque la puebla un río de gentes aforesteradas. La Patagonia chiamano i suoi figli la Madre Bianca. Dicono che Dio non l’amó per esser rigida e lontana, e la notte che è la sua aurora e il suo grido nella raffica per il grido del suo vento, per la sua erba inginocchiata e perché la popola un fiume di genti forestiere. Hablan demás los que nunca tuvieron Madre tan blanca, y nunca la verde Gea fue así de angélica y blanca ni así de sustentadora y misteriosa y callada. ¡Que madre dulce te dieron, Patagonia, la lejana! Sólo sabida del Padre Polo Sur, que te declara, que te hizo, y que te mira de eterna y mansa mirada. Parlano invano quelli che mai ebbero madre tanto bianca, e mai la verde Gea fu così angelica e bianca ne così sostentatrice e misteriosa e taciturna. Che madre dolce ti dettero Patagonia, la lontana ! Solo riconosciuta dal Padre Polo Sud, che ti dichiara, che ti fece, e che ti guarda con un eterno e mite sguardo. Oye mentir a los tontos y suelta tu carcajada. Yo me la viví y la llevo en potencias y en mirada. Odi mentire gli sciocchi e libera la tua sghignazzata. Io me la vissi e la porto in energia e in sguardo. -Cuenta, cuenta, mama mía, -Racconta, racconta, mamma mia, ¿es que era cosa tan rara ? Cuéntala aunque sea yerta y del viento castigada. era proprio una cosa tanto strana ? Raccontala sebbene si rigida E dal vento castigata. Te voy a contar su yerba que no se cansa ni acaba, tendida como una madre de cabellera soltada y ondulando silenciosa, aunque llena de palabras. La brisa la regodea y el loco viento la alza. Ti racconto della sua erba che non si stanca ne finisce, tesa come una madre dalla chioma sciolta e ondeggiando silenziosa, anche se piena di parole. La brezza la delizia e il pazzo vento la alza. No hay niña como la hierba en abajar bulto y hablas cuando va llegando el puelche como gente amotinanada, y silba y grita y aúlla, vuelto solamente su alma. Non c’è una bambina come l’erba nell’abbassare sporgenze e favelle quando sta arrivando il puelche come gente ammutinata, e fischia e grida e ulula, ridotto solamente alla sua anima. Es una niña en el gajo y en el herbazal, matriarca. Hierba, hierba, hierba sólo niña yerba arrodillada, hierba que teme y suspira, y que canta así postrada. È una bimba nel filo d’erba e nella distesa erbosa, matriarca. Erba, erba, erba solo bimba erba inginocchiata,. erba che teme e sospira, e che canta così prostrata. Pequeñita hierba niña voz de niña balbuceada. Dulce y ancho es su fervor y su voz es balbuceada. Piccolina erba bambina voce di bimba balbettata. Dolce e largo è il suo fervore E la sua voce è balbettata. El oscuro cielo mira y oye a su hija arrodillada, ya no son huertas sensuales, mimadas y cortesanas, locas de color y olor y borrachas de palabras ya sólo es Niña la Hierba, Angel la Hierba, nonada, una ondulación divina y su alma balbuceada. L’oscuro cielo guarda e ascolta sua figlia inginocchiata, ormai non ci sono gli orti sensuali, coccolati e cortigiani, pazzi di colore e di odore e ubriachi di parole ormai c’è solo Bambina l’Erba, Angelo l’Erba, un niente, una ondulazione divina e la sua anima balbettata. Niña la hierba, doncella la hierba, corta palabra, dos turnos no màs y el mismo subir y ser abajada. Un solo y largo temblor mientras cruza aquel que mata y el viento loco que se alza y dobla por bufonada. Bimba l’erba, giovinetta l’erba, corta parola, due turni non di più e lo stesso salire e essre abbassata. Un solo e lungo fremito mentre incrocia quello che uccide e il vento pazzo che si alza e raddoppia per buffonata. Cánsese el viento, sosiegue el cacique de las landas. Sienta su temblor de niña y duérmase en la llanada. Sólo hierba, sólo ella y su infinita palabra. Si stanchi il vento, tranquillizzi il cacicco delle lande. Senta il suo tremore di bambina e dorma nel campo piano. Solo erba, solo lei E la sua infinita parola. Las mujeres le olvidaron la voz pequeña y quedada, el siseo innumerable y la silaba quedada. Le donne dimenticarono la sua voce piccola e trattenuta, lo zittio innumerevole e la sillaba trattenuta. Hierba del aire querida, pero hierba apenas siseada. Pase el viento, quiero oír a la postrada. Erba dell’aria amata, ma erba appena zittita. Passi il vento, voglio udire la prostrata. Pablo Neruda (1904-1973) Il poeta è troppo conosciuto per parlarne a lungo. Inoltre quest’anno scade il centenario della nascita del Premio Nobel del 1971, molte sue opere sono state ripubblicate e si parla abbastanza di lui. Anche Neftalì Ricardo Reyes, scelse come pseudonimo il nome di un poeta e scrittore, quello di Jan Neruda (1834-1891), uno dei più importanti scrittori cechi, ammirato dal poeta cileno nella sua giovinezza. Le poesie qui presentate sono tratte da il Canto general, la sua opera più ambiziosa. Si può considerare come un poema epico in 15 canti, scritto in gran parte all’estero, in viaggio o in esilio, o in patria durante il periodo in cui visse in clandestinità perchè condannato al carcere come senatore comunista dal presidente González Videla, el traidor, che lui stesso aveva contribuito a fare eleggere. Il libro fu pubblicato nel 1950 ma cominciato a scrivere, per la parte Canto general de Chile, nel 1938. L’opera presenta i suoi limiti nella costruzione per frammenti e per elementi eterogenei, a volte legati a fattti contingenti. Ma la riscatta l’intenzione celebrativa, pienamente riuscita, della varietà e della bellezza dei paesaggi, delle civiltà e dei popoli precolombiani. Vengono inoltre onorati gli uomini, gli eroi, che hanno operato per la giustizia e la libertà e denunciati conquistatori, tiranni e traditori. Patagonia Canto general, canto VI, América no invoco tu nombre invano, poesia XII Las focas están pariendo Le foche stanno partorendo en la profundidad de las zonas heladas, nella profondità delle zone gelate, en las crepusculares grutas que forman nelle crepuscolari grotte che formano los últimos hocicos del océano, le ultime prominenze dell’universo, las vacas de Patagonia le mucche di Patagonia se destacan del día si staccano dal giorno como un tumulto, como un vapor pesado come un tumulto, come un vapore pesante que levanta en el frío su caliente columna hacia las soledades. che innalza nel freddo la sua calda colonna fino alle solitudini.. Desierta eres, América, como una campana: llena por dentro de un canto que no se eleva, el pastor, el llanero, el pescador no tienen una mano, ni una oreja, ni un piano, ni una mejilla cerca: la luna los vigila, la extensión los aumenta, la noche los acecha, y un viejo día, lento como los otros, nace Deserta sei, America, come una campana: piena di un canto che non si eleva, il pastore, l’abitante della pianura, il pescatore Non hanno una mano una mano, ne un’orecchio, ne un piano, ne una guancia vicino: la luna li veglia, l’estensione li aumenta, la notte li spia, e un vecchio giorno, lento come gli altri, nasce. Los oceánicos Canto general, Canto XIV El gran Océano, poesia XII Sin más dioses que el cuero de las focas podridas, Senza più dei che il cuoio delle foche putrefatte, honor del mar, yámanas, azotados onore del mare, yamanas, flagellati por el látigo antártico, alacalufes dalla frusta antártica, alacalufes untados con aceite y detritus: unti con olio e detriti: entre los muros de cristal y abismo tra i muri di cristallo e abisso la pequeña canoa, en la erizada la piccola canoa, nella irta enemistad de témpanos y lluvias, inimicizia di ghiacci galleggianti e pioggie, llevó el amor errante de los lobos portó l’amore errante dei lupi marini y las brasas del fuego sustentadas e le bracie del fuoco sostenute sobre las últimas aguas mortales. sopra le ultime acque mortali. Hombre, si el exterminio no bajó de los ríos de la nieve ni de la luna endurecida sobre el vapor glacial de los glaciares, sino del hombre que hasta en la substancia de la nieve perdida y de las aguas finales del Océano , Uomo, se lo sterminio non scese dai fiumi della neve ne dalla luna indurita sopra il vapore glaciale dei ghiacciai, ma piuttosto dall’uomo che fino alla sostanza de la neve perduta e delle acque finali dell’Oceano, especuló con huesos desterrados hasta empujarte más allá de todo, y hoy más allá de todo y de la nieve y de la tempestad desatada del hielo va tu piragua por la sal salvaje y la furiosa soledad buscando guarida del pan, eres Océano, gota del mar, y de su azul furioso, y tu raido corazón me llama como increib le fuego que no muere. speculò con ossa esiliate fino a spingerti più in la di tutto, e oggi più in la di tutto e della neve e della tempesta scatenata del ghiaccio va la tua piroga per il sale selvaggio e la furiosa solitudine cercando rifugio del pane, sei Oceano, goccia del mare, e del suo azzurro furioso, e il tuo logoro cuore mi chiama como incredibile fuoco che non muore. Amo la helada planta combatida por el aullido del viento espumoso, y al pie de las gargantas, el diminuto pueblo lucernario que arde sobre las lamparas crustáceas del agua removida por le frío, y la antártica aurora en su castillo del pálido esplendor imaginario. Amo la gelata pianta combattuta dall’ululato del vento spumoso, e al piede delle gole, il minuto popolo delle lanterne che arde sopra le lampade crostacee dell’acqua mossa dal freddo, e la antartica aurora nel suo castello del pallido splendore immaginario. Amo hasta las raíces turbulentas de las plantas quemadas por la aurora de manos trnsparentes, pero hacia ti, sombra del mar, hijo de las plumas glaciales, harapiento oceánida, va esta ola acida en las rupturas, dirigida como el amor herido bajo el viento. Amo perfino le radici turbolente delle piante bruciate dall’aurora dalle mani trasparenti, ma fino a te, ombra del mare, figlio delle piume glaciali, cencioso oceanide, va questa onda acida nelle rotture, diretta come l’amore ferito sotto il vento. Rolando Cárdenas. (Punta Arenas, 1932 Santiago 1990) È considerato il più grande poeta dell’estremo sud cileno. El invierno de la provincia (Premio Alerce della Sociedad de Escritores, 1963) suo secondo libro, in cui risuscita i miti e il desolato paesaggio della sua terra natale, è ritenuta la sua raccolta più riuscita. Cárdenas disse di questo libro in un’intervista: “Continuo fedelmente a mostrare l’uomo attraverso il paesaggio, che tanto lo vincola alla sua esistenza e al suo agire. È quindi un libro magellanico. Credo che in esso hanno diritto di cittadinanza la pioggia, il "blizzer", la brina, la neve, la pampa e la solitudine, che sono le componenti telluriche della natura di quelle regioni e gli ingredienti del mio proprio canto. Chi conosca la belleza selvaggia di quei paraggi mi capirà quando parlo dell’ombra della luce bianca del ghiaccio o degli svelati fantasmi che fanno la ronda sul mare deserto.” Il suo quarto libro - Poemas Migratorios – è, ancora una volta, in stretta relazione con la geografia dell’ estremo australe, i suoi antichi abitanti e le leggende dei primi viaggiatori. La Patagonia, terra e mare, è vista non solo attraverso il filtro della memoria, ma anche per mezzo di un accurato lavoro di ricerca storiografica. In questo modo il poeta riesce a superare il limite della distanza che lo separa dal suo territorio d’origine. Oltre ad alcuni riconoscimenti in vita, fu soprattutto stimato da alcuni poeti, tra cui Jorge Tellier. Non era letterato di professione e, militante di sinistra, fu rinchiuso nello stadio di Santiago, e poi emarginato dalla dittatura di Pinochet. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1990, nel 1994 fu pubblicata la sua opera omnia , che ha significato una specie di consacrazione postuma. Regreso Ritorno Un día regresaremos a la ciudad perdida como las estaciones todos los años, como una sombra más en las tardes, preguntando por antepasados o por el río en cuyas aguas se quebraba el cielo. Un giorno torneremo alla città perduta Come le stagioni tutti gli anni, Come un’o,mbra in più nei pomeriggi, Chiedendo di antenati O del fiume nelle cui acque si spezzava il cielo. Será en invierno para revivir mejor los grandes fríos, para ver de nuevo el humo negro de los barcos cortando el aire, para escuchar en las noches los pequeños ruidos de la nieve. Sarà in inverno per rivivere meglio i grandi freddi, per vedere di nuovo il fumo nero delle navi che taglia l’aria, per ascoltare nelle notti i piccoli rumori della neve. Nos sentaremos a la mesa como si tal cosa a probar el pan de otros días. Un pájaro que cruce por la ventana nos hará pensar en el bosque de pinos donde el viento se revolvía furioso. Ci siederemo a tavola come se niente fosse a provare il pane di altri giorni. Un uccello che incroci per la finestra ci farà pensare al bosco di pini dove il vento si rivoltava furioso. También preguntaremos por antiguos amigos pensando quizás en el rostro de alguna muchacha. Aún existirá el boliche donde se reunían viejos campesinos. Nos invitarán a beber y a conversar asuntos que nadie olvida. El tiempo no es más que regreso a otro tiempo. "Todos nos reuniremos alguna vez bajo tierra". Anche chiederemo di antichi amici pensando forse al viso di qualche ragazza. Ancora esisterà l’osteria dove si riunivano vecchi contadini. Ci inviteranno a bere e a conversare temi che nessuno dimentica. Il tempo non è più che ritorno a altro tempo. « Tutti ci riuniremo qualche volta sotto terra » Alguien nos reconocerá a la vuelta de la esquina. Será como venir a saludar desde otra época. Qualcuno ci riconoscerà girato l’angolo. Sarà come venire a salutare da un ‘altra epoca. (de "En el invierno de la provincia") Mensaje de piedra para Magallanes. Yo te recuerdo sur. Yo te recuerdo con tu estampa bravía y tus estrellas, con tu silencio completo como un círculo creciendo como un riguroso y lento musgo. Yo te recuerdo así, exactamente hecho de aguas duras, perfectamente elaborado por raíces secretas que te cruzan como un cielo terrestre. Algo tiene que ver contigo el rudo maderamen de tus bosques, Messaggio di pietra per Magellano Io ti ricordo Sud. Io ti ricordo con la tua immagine selvatica e le tue stelle, con il tuo silenzio completo come un cerchio che cresce come un rigoroso e lento muschio. Io ti ricordo così, esattamente fatto di acque dure, perfettamente elaborato da radici segrete che ti attraversano come un cielo terrestre. Un poco deve riguardarti il rude legname dei tuoi boschi, la fragancia de fibra que se queda en tu ancho corazón de soledades de donde van naciendo navíos y ciudades. Y el viento, sólo el viento que no le importa nada y galopa llevando ateridas historias de sangre y fantasmas. La porfiada presencia de la lluvia que danza agua sola hasta anegar el aire. Más al sur del invierno está la nieve que se repite siempre inagotable y sola. Yo tengo en mis retinas, yo reconstruyo tus contornos de luz y de ventiscas, y a los hombres que sólo saben del sol les doy tu geografía hecha pedazos. Yo les digo que vengo de tus aristas duras con un puñado de nieve en las manos y un viento rebelde en los cabellos. Que en tu costra escarchada el arado se angustia. Que el cielo es un inmenso campanario donde están las gaviotas y el granizo. Que hay arrecifes hechos por espumas donde el mar esculpe sus bramidos y que en la luna yacen los piratas que no pudieron penetrar tus aguas. Que a veces se estremece tu pampa solitaria cuando pasa un rebaño de ovejas y ladridos, donde los astros sueñan junto al alba escuchando tonadas de lluvias y recuerdos. Que por tu amplia ventana se desborda el paisaje hacia donde me acerco para mirar los pájaros. la fraganza di fibra che permane nel tuo largo cuore di solitudini da cui van nascendo bastimenti e città. E il vento, solo il vento a cui non importa niente e galoppa portando assiderate storie di sangue e fantasmi. L’ostinata presenza della pioggia che danza acqua sola fino ad annegare l’aria. Più a sud dell’inverno c’è la neve che si ripete sempre inesauribile e sola. Io ho nelle mie retine, io ricostruisco i tuoi contorni di luce e di bufere, e agli uomini che solo sanno del sole gli do la tua geografia fatta a pezzi. Io gli dico che vengo dalle tue spine dure con un pugno di neve nelle mani e un vento ribelle nei capelli. Che nella tua crosta brina l’aratro si angoscia. Che il cielo è un’immenso campanile dove stanno i gab biani e la grandine. Che ci sono scogliere fatte da schiume dove il mare scolpisce i suoi bramiti e che nella luna giaciono i pirati che non poterono penetrare le tue acque. Che a volte rabbrividisce la tua pampa solitaria Quando passa un greggie di pecore e latrati, dove gli astri sognano vicino all’alba ascoltando canzoni di pioggie e ricordi. Che dalla tua ampia finestra deborda il paesaggio fino a dove mi avvicino per guardare gli uccelli. Yo te recuerdo así, Io ti ricordo così, como una humedecida arboladura, como añadir a la piedra más profundo silencio que se asoma intacto entre algas y helados meridianos. Todo está preparado como para un olvido desde el día que millones de gotas levantaron el agua. No falta ni la fugaz presencia de soles y estaciones, ni siquiera tu complicado puzzle de canales y rocas, ni siquiera tu arquitectura abrupta y de horizontes solos, ni el cielo que te sobra, ni la bruma, enemiga de la luz. Allí te permaneces, cayéndote del mapa, pulsando la más agreste arcilla de mi infancia, sosteniendo tu lejanía como su fuera un aire, siempre en actitud de esperar golondrinas. come una inumidita alberata, come aggiungere alla pietra un più profondo silenzo che spunta intatto tra alghe e gelidi meridiani. Tutto è preparato come per un oblio dal giorno in cui milioni di gocce sollevarono l’acqua. Non manca nè la fugace presenza di soli e stagioni, nè forse il tuo compèlicato puzzle di canali e roccie, nè forse la tua architettura scoscesa e di orizzonti soli, nè il cielo che ti sovrabbonda, nè la bruma, nemica della luce. Lì rimani, cadendo dalla carta, battendo la più agreste argilla della mia infanzia, sostenendo la tua lontananza come se fosse un’aria, sempre nell’atto di aspettare rondini Yo te recuerdo así, Io ti ricordo così, como un regalo innecesario del sol. Fueguinos Los primeros hombres fueron hechos de arcilla oscura por un antepasado que residia en el cielo. Siempre vivían alejándose entre islotes rocosos más allá del Cabo Froward o por las últimas orillas del Beagle donde las estaciones se parecen. Conocian el viento helado que soplaba desde el océano cuando se agitaban las ramas de los arbustos. Esperaban que los primeros guanacos bajaran a las playas huyendo de la nieve para proveerse de su piel todo el invierno. come un regalo innecessario del sole. Fuegini I primi uomini furono fatti di argilla scura da un antenato che risiedeva nel cielo. Sempre vivevano allontanandosi tra isolotti rocciosi al di là del capo Frowaerd o per le ultime rive del Beagle dove le stagioni si assomigliano. Conoscevano il vento gelato che soffiava dall’oceano quando si agitavano i rami degli arbusti. aspettavano che i primi guanachi scendessero sulle spiaggie fuggendo dalla neve per provvedersi della loro pelle per tuttto l’inverno. De un roble hueco nacian las canoas, mientras las mujeres buscaban huevos de pájaros en la primavera, “porque en otra epoca los árboles no quieren”. Allí comienza la historia de algún bosque y la tupida cortina de la lluvia hace pensar que lloverá para siempre. Subian pequeñas columnas de humo desde las silenciosas tolderias. Ellos sabían abrigarse haciendo arder leños enteros. Permanecían a su lado como si tuvieran sueño, Porque era hermoso ver arder un árbol inmenso, retorciéndose, rojo, en medio de viento y de la noche. Nunca supieron de la muerte, porque recobraban el tiempo en el secreto del agua. Pero vivían alejándose del norte dentro de un roble hueco. Ahora son los ríos y los montes, las estrellas rojas que atraviesan la noche. Da un roble cavo nascevano le canoe, Mentre le donne Cercavano uova d’uccelli in primavera, “perchè in altra epoca gli alberi non vogliono”. Lì comincia la storia di qualche bosco e la fitta cortina della pioggia fa pensare che pioverà per sempre. Salivano piccole colonne di fumo dai silenziosi accampamenti. Essi sapevano coprirsi facendo ardere tronchi interi. Restavano al loro lato come se avessero sonno, Perchè era bello veder ardere un albero immenso, che si torceva, rosso, in mezzo a vento e alla notte. Mai seppero della morte, perchè recuperavano il tempo nel segreto dell’acqua. Ma vivevano allontanandosi dal nord dentro un roblei cavo. Ora sono i fiumi e i monti, le stelle rosse che attraversano la notte. (de “En el invierno de la provincia”, 1962) 1 In Patagonia è chiamato roble una specie di Notofagus, il genere affine ai faggi europei, che non ha niente a che vedere con le querce e i roveri europei. Ho preferito usare l’espressione cilena, perchè, tradurre quercia o rovere come fanno alcuni traduttori delle opere di Coloane, dà un immagine sbagliata della pianta. Raúl Zurita (1951) Dopo studi di ingegneria civile, si dedica alla poesia all’inizio degli anni 70. Effettuò delle performarmances provocatorie per protesta contro la dittatura, come il bruciarsi il viso con acido. Nel 1982 scrisse nel cielo di New York il poema La vida nueva, utilizzando un aereo con fumogeni. Quest’azione aveva lo scopo di andare al di là dei limiti della scrittura. Nel 2000 ha ottenuto il premio nazionale di letteratura. Amadas planicies nevadas Sueño un mar nuevo, una nueva planicie, un blanco que se extiende y se extiende al Sur de este mundo Sueño con unos ojos nuevos, con una nueva vida, con el aire humano silbando las orillas del ventisquero y la Patagonia Sueño con los nuevos hermanos de las heladas praderas viniéndose como vendrá el nuevo mundo, como se congelarán los fríos de alma hasta el fondo de la escarcha Sueño con un nuevo poema en las heladas planicies Sueño con tu amor, con los parpados nevados de tu amor flameando sobre la libertad final de nuestros aires Da Amor de Chile 1987 Amate pianure innevate Sogno un mare nuovo, una nuova pianura, un bianco che si estende e si estende al Sud di questo mondo Sogno occhi nuovi, una nuova vita, l’aria umana che fischia le rive del ghiacciaio e la Patagonia Sogno i nuovi fratelli delle gelate praterie che vengono come verrà il nuovo mondo, come si congeleranno i freddi di anima fino al fondo della brina Sogno una nuova poesia nelle gelate pianure Sogno il tuo amore, con le palpebre innevate del tuo amore fiammeggiante sopra la libertà finale delle nostre arie. Pavel Oyarzún (1963) Nato a Punta Arenas, il 3 febbraio 1963, ha una produzione poetica costante e rimarchevole. Nel 1998 ha ottenuto il primo premio del II Concorso Binazionale Letterario della Patagonia. Oyarzún è uno degli scrittori che ha introdotto con maggior forza nella sua opera il tema dello sterminio degli indígeni nella Patagonia e Terra del Fuoco, in particolare ne La cacería (1989) e Patagonia, la memoria y el viento (1999). In quest’ultimo tratta anche della violenta repressione delle lotte operaie nella regione, soggetto fino ad allora tabù. La dimensión perdida de la Patagonia La dimensione perduta della Patagonia Antes de la república y del himno naci onal. Antes de los decretos y la constitución política. Antes de los colonizadores del sur de Chile y de los primeros gringos que llegaron aquí como a la tierra prometida. Antes de la iglesia y la imágenes del cuerpo torturado de Cristo y del gesto de dolor póstumo en su rostro. Antes de la libra esterlina, del idioma inglés y del castellano. Antes de los estudios topográficos y de los buscadores de oro. Antes de la propiedad privada y la plusvalía. Antes de la desolación y las epidemias. Antes de los cazadores de indios y de la invención del odio. Antes de la división de la tierra y la plenitud del olvido. Prima della repubblica e dell’inno nazionale. Prima dei decreti e della costituzione politica. Prima dei colonizzatori del sud del Cile e dei primi stranieri che arrivarono qui come alla terra promessa. Prima della chiesa e delle immagini del corpo torturato di Cristo e del gesto di dolore porstumo sul suo volto. Prima della lira sterlina, della lingua inglese e dello spagnolo. Prima degli studi topografici e dei cercatori d’oro. Prima della proprietà privata e del plusvalore. Prima della desolazione e delle epidemie. Prima dei cacciatori di indios e della invenzione dell’odio. Prima della divisione della terra e della pienezza della dimenticanza Antes... La Patagonia era la patria. La creación pura que surgía desde el amor y el instinto de los pueblos que la habitaban y la vivían en un estadio anterior a la esclavitud. Que honraban a sus dioses todos los días Prima… La Patagonia era la patria. La creazione pura che sorgeva dall’amore e dall’istinto dei popoli che la abitavano e la vivevano in uno stadio anteriore alla schiavitù. como santos, y no creían en la existencia real de la muerte. Antes de este mundo la mirada humana no tenía término. Su existencia tenía la dimensión de los misterios. La Patagonia era infinita. Y dejó de serlo, con la fundación de este tiempo y las profecías del exterminio, a partir de la segunda mitad del siglo diecinueve de Nuestra Era. (de "La Cacería") Che onoravano i loro dei tutti i giorni come santi, e non credevano nell’esistenza reale della morte. Prima di questo mondo lo sguardo umano non aveva limite. La sua esistenza aveva la dimensione dei misteri. La Patagonia era infinita. E cessò di esserlo, con la fondazione di questo tempo e le profezie dello sterminio a partire della seconda metà del secolo diciannovesimo della Nostra Era.