1
Interferenza prodotta da due fenditure
1
L’intensità sullo schermo di osservazione è data, nell’approssimazione detta
di Fraunhöfer (b ¿ L e d ¿ L, dove b è la larghezza delle due fenditure,
d la distanza tra i loro centri e L la distanza tra lo schermo contenente le
fenditure e lo schermo di osservazione), dalla formula:
(
I = 4I0
sin[π(b/λ) sin θ]
π(b/λ) sin θ
)2
(
cos2
πd sin θ
λ
)
(1)
L’intensità descritta dalla (1) è rappresentata dalla curva piena della figura
1, dove si è assunto I0 uguale ad 1. La curva tratteggiata rappresenta il
termine diffrattivo (in sin2 ) di ciascuna fenditura: sarebbe la curva prodotta
da una sola fenditura la cui intensità fosse quadrupla di quella considerata.
4
3.5
3
2.5
I
2
1.5
1
0.5
0
−0.03
−0.02
−0.01
0
θ (rad)
0.01
0.02
0.03
Figura 1: interferenza prodotta da due fenditure di larghezza b e distanza d, secondo la (1), in cui si è posto I0 = 1. I
valori dei parametri usati sono: b/λ = 100; d/b = 8.
In letteratura è diffusa l’opinione secondo cui la descrizione quantica dell’esperimento presenta elementi di novità concettuale rispetto alla descrizione
1
Materiale tratto e adattato da: G. Giuliani, I. Bonizzoni, Lineamenti di elettromagnetismo, La Goliardica Pavese, Pavia, (2004); G. Giuliani, “Interferenza”, Giornale di
Fisica, 48, (2007), 59.
1
classica, con riferimento al fatto che la teoria non è in grado di stabilire attraverso quale fenditura passano i fotoni. Una caratteristica analoga è presente
nella descrizione basata sull’elettromagnetismo.
Infatti, la distribuzione dell’energia nello spazio in cui si sovrappongono le
porzioni d’onda provenienti dalle due fenditure (e quindi anche sullo schermo
di osservazione) è una conseguenza diretta della regola di sovrapposizione
vettoriale dei campi, implicita nelle equazioni di Maxwell. Considerato un
qualunque punto della regione di sovrapposizione in cui l’energia sia diversa
da zero (figura 2), la teoria non è in grado di specificare da dove l’energia
provenga. La teoria non è quindi in grado di specificare quale sia il percorso
dell’energia tra la sorgente e lo schermo.
Figura 2: interferenza prodotta da due fenditure. Particolare della figura 3
dell’articolo di F. Logiurato, L. M. Gratton e S. Oss pubblicato sul Giornale
di Fisica, 47, (2006), 301.
In dettaglio:
a) In un generico punto R dello schermo, si sommano i campi elettrici
delle porzioni d’onda provenienti dalle due fenditure A e B, supposte,
in questo caso, puntiformi (quindi, senza effetti diffrattivi): l’energia
depositata nel punto R risulta proporzionale al quadrato del campo
elettrico risultante.
2
b) Supponiamo che R sia un punto di buio, cioè un punto in cui i campi
elettrici si sommano in modo tale per cui il loro risultante è nullo. I
campi, provenienti da A e da B si incontrano in R, interferiscono e si
annullano. Dove è finita l’energia associata alle due porzioni d’onda (ai
due campi)?
c) Supponiamo che R sia un punto di massima luce: i campi si sommano
~T = E
~A +E
~ B = 2E
~ 0 , se si assume che l’ampiezza
in modo tale da dare E
delle due onde in R sia la stessa ed uguale ad E0 . L’energia depositata
in R è in questo caso proporzionale a 4E02 , mentre l’energia associata
a ciascuno dei due campi interferenti è proporzionale a E02 : da dove
proviene l’eccesso di energia proporzionale a 2E02 ?
Si noti infine come, introducendo l’ipotesi ad hoc secondo cui la probabilità
che un fotone arrivi in un punto generico dello schermo è proporzionale all’intensità “classica” nello stesso punto, la teoria di Maxwell - Lorentz acquisisca
le stesse capacità predittive della descrizione quantica: essa descrive anche il
comportamento probabilistico di un singolo fotone.
2
Interferenza prodotta da due fenditure in
termini di fotoni
E’ possibile descrivere l’interferenza prodotta da due fenditure in termini di
fotoni, applicando ai fotoni la trattazione di Feynman dei fenomeni interferenziali prodotti da elettroni.2 Consideriamo una disposizione sperimentale
analoga a quella delle due fenditure discussa per la radiazione elettromagnetica (figura 3): la sorgente di luce è sostituita da una sorgente di elettroni
aventi la stessa energia e quantità di moto e lo schermo è di natura tale da
poter rivelare l’arrivo degli elettroni.
La trattazione svolta da Feynman si basa sui seguenti postulati:
A) La probabilità che un elettrone, dopo aver lasciato la sorgente S, arrivi
nel punto R dello schermo è data dal quadrato del modulo di un numero
complesso Ceiφ detto ampiezza di probabilità: la fase φ è assunta uguale
a 2πl/λ, dove l è la lunghezza del cammino percorso dall’elettrone e
2
R. Feynman, R. Leighton, M. Sands, The Feynman lectures on Physics, vol. II p.
15 - 7, 15 - 14, Addison - Wesley, 1989.
3
d s in q
A
S
d
O
B
q
P
P
R
1
2
Figura 3: disposizione sperimentale per l’interferenza prodotta da due
fenditure.
λ la lunghezza d’onda di de Broglie ad esso associata. Siano CA eiφA e
CB eiφB le ampiezze di probabilità associate al cammino SAR e SBR,
rispettivamente.
B) La probabilità che un elettrone giunga nel punto R dello schermo attraversando la fenditura A quando l’altra è chiusa è data dal quadrato del
modulo dell’ampiezza di probabilità relativa al cammino SAR, cioè da
C 2A . Analogamente, la probabilità che un elettrone giunga nel punto
R dello schermo attraversando la fenditura B quando l’altra è chiusa,
è data dal quadrato del modulo dell’ampiezza di probabilità relativa al
cammino SBR, cioè da C 2B .
C) La probabilità che un elettrone giunga nel punto R dello schermo quando entrambe le fenditure sono aperte è data dal quadrato del modulo
della somma delle ampiezze relative ai due cammini SAR e SBR.
Quando entrambe le fenditure sono aperte, la probabilità che un elettrone
arrivi nel punto R dello schermo è quindi data da:
¯
¯
¯2
¯
P = ¯(CA eiφA + CB eiφB )¯ = C 2A + C 2B + 2CA CB cos δ
dove δ = φa −φb . Indicata con λ = h/p la lunghezza d’onda associata alle due
ampiezze di probabilità (p è la quantità di moto degli elettroni), si ottiene,
procedendo come nel caso della radiazione elettromagnetica, che la differenza
di fase tra due cammini simmetrici rispetto alle due fenditure è data da:
δ=
2π
d sin θ
λ
4
Se si suppone che sia CA = CB si ottiene infine:
P = 4CA2 cos2
πd sin θ
λ
Il secondo membro di questa equazione è identico al termine che compare al
secondo membro dell’equazione (1) ricavata a suo tempo per le onde elettromagnetiche e dovuto a due strisce omologhe delle due fenditure. Abbiamo
cosı̀ indicato come si possa pervenire, per la diffrazione di elettroni, a formule
analoghe a quelle ottenute per le onde elettromagnetiche.
Mentre Feynman descriveva questo esperimento ‘ideale’ esso veniva effettivamente realizzato.3 Successivamente, esso è stato ripetuto con significative
varianti. In particolare, Donati, Missiroli e Pozzi, realizzarono nel 1972 un
esperimento di diffrazione di elettroni attraverso due fenditure.4 Un fascio di
elettroni mono - energetici di un microscopio elettronico è suddiviso in due
fasci che interferiscono.5 L’intensità del fascio di elettroni era tale che “. . . la
distanza media tra due elettroni che incidono sulla lastra finale è maggiore di 200 metri” e, quindi, in media, solo un elettrone alla volta attraversa
l’apparato di misura. Successivamente, Merli, Missiroli e Pozzi ripeterono
l’esperimento variando il flusso di elettroni in modo da passare da una situazione in cui gli elettroni paiono arrivare in modo casuale sullo schermo di
rivelazione, a quella in cui compaiono nitide frange di interferenza. Questi
esperimenti sono documentati in un affascinante film didattico.6 In tempi
più recenti (1989), un gruppo di ricercatori della Hitachi ha realizzato, con
tecnologie più avanzate, un esperimento simile a quello del gruppo di Bologna
(in cui però manca il passaggio dinamico mostrato dai ricercatori italiani).7
La descrizione in termini di ampiezze di probabilità può essere applicata
anche ai fotoni. Le due descrizioni dell’interferenza luminosa, classica (elettromagnetismo) e quantica (ampiezze di probabilità), sono strutturalmente
3
C. Jönsson, Zeitschrift für Physik, 161, 454, (1961); Traduzione parziale in inglese in:
American Journal Physics, 42, 4, (1974).
4
O. Donati, G.F. Missiroli, G. Pozzi, American Journal Physics, 41, 639, (1973).
5
Il fascio elettronico passa attraverso due lastre metalliche collegate a Terra; tra le due
lastre è posto un sottile filo conduttore mantenuto ad un potenziale V ≥ 0 rispetto alle
lastre. Il filo conduttore divide il fascio originario in due determinando una regione di
sovrapposizione.
6
In rete alla pagina: http://lotto.bo.imm.cnr.it/educational/main educational.php IL
film fu prodotto dal Laboratorio Lamel del CNR di Bologna (ora non più esistente).
7
In rete alla pagina: http://www.hqrd.hitachi.co.jp/em/doubleslit.cfm
5
identiche: entrambe utilizzano un formalismo di tipo ondulatorio per descrivere il comportamento statistico di elementi discreti.8 La tabella 1 mostra le
corrispondenze tra le due descrizioni.
Classica
λ = c/ν
~
Campo elettrico E
~
~
~
E = EA + EB
Densità di energia ∝ E 2
⇔
⇔
⇔
⇔
⇔
Quantica
λ = h/p
Ampiezza di probabilità η = Ceiφ
η = ηA + ηB
Probabilità ∝ |η|2
Tabella 1: descrizione classica e quantica dell’interferenza
della radiazione elettromagnetica.
Ma l’accuratezza scientifica richiede saggiamente di non confondere la semplice e familiare figura, che ci è presentata dalla
natura, con i brillanti ornamenti con cui eravamo abituati a
vestirla. Di nostro arbitrio non possiamo in alcun modo modificare la prima; possiamo invece scegliere come ci piace il
taglio ed il colore degli altri.
Heinrich Hertz
2.1
Interferenza e quanti di luce
Nel 1908, Geoffrey Ingram Taylor ha condotto un esperimento di diffrazione
usando una sorgente di luce molto debole.9 L’idea dell’esperimento non fu
suggerita dall’ipotesi dei quanti di luce di Einstein, ma da un’ipotesi simile di
J.J. Thomson (suggerita, a sua volta, da esperimenti di ionizzazione condotti
con luce e raggi X) secondo cui l’energia è distribuita
. . . non uniformemente sul fronte d’onda. Ci sono regioni di energia
massima separate da grandi regioni non perturbate [senza energia].
Quando l’intensità della luce è ridotta, la separazione di queste regioni aumenta, ma la quantità di energia in ciascuna di esse non cambia;
cioè, esse sono unità indivisibili. Sinora, tutte le evidenze portate a
8
Nella descrizione “alla Feynman”, il formalismo ondulatorio appare nell’ampiezza di
probabilità attraverso la lunghezza d’onda λ.
9
G. I. Taylor, ‘Interference fringes with feeble light’, Proceedings of the Cambridge
Philosophical Society, 15, (1909), 114 - 115.
6
supporto di questa teoria sono state di natura indiretta; poiché tutti i
fenomeni ottici ordinari sono effetti medı̂, e sono pertanto incapaci di
distinguere tra la usuale teoria elettromagnetica e la sua modificazione
che stiamo considerando. Tuttavia, Sir J. J. Thomson ha suggerito che
se in un esperimento di diffrazione l’intensità della luce viene ridotta
a tal punto che solo poche di queste unità indivisibili sono contemporaneamente associate ad un zona di Huyghens, gli usuali fenomeni di
diffrazione dovrebbero essere modificati.10
L’esperimento condotto usando come sorgente luminosa una fiamma a gas,
filtri anneriti con fumo per diminuire l’intensità della luce, un ago quale elemento diffrattivo e lastre fotografiche quali rivelatori, ha condotto alla conclusione che le frange di diffrazione non si modificano diminuendo l’intensità
della luce.
Secondo Taylor, l’intensità I della luce visibile usata nel caso dell’esposizione più lunga (2000 ore equivalenti a circa 83 giorni) era di
5 × 10−9 Js−1 m−2 . Assumendo per l’energia dei fotoni della luce visibile quella corrispondente alla lunghezza d’onda di 700 nm (assunzione
che rende massima la densità dei fotoni), si ottiene, usando la formula
nhνc = I (n è la densità dei fotoni), che il numero medio di fotoni
contenuti in un cilindro avente una base di 1 cm2 e un’altezza di 3 m
è di 0.018.
Nel 1927, A.J. Dempster e H.F. Batho hanno eseguito un esperimento dello
stesso tipo con un controllo superiore dei parametri in gioco.11 Infatti:
¦ la luce usata era monocromatica (riga a 447.1 nm dell’elio);
¦ la sua intensità era misurata paragonandola a quella emessa a 447.1 nm
da un corpo nero a 1125 K;
¦ nei calcoli, è stata usata la vita media τ misurata dello stato eccitato
responsabile della transizione che dà origine alla riga dell’elio usata:
τ = 1.84 × 10−8 s.
Dempster e Batho hanno studiato due tipi di figure di interferenza: quelle
prodotte da un reticolo a gradini (échelon) e quelle prodotte da due lastre
10
Ivi, p. 114.
A.J. Dempster, H.F. Batho, ‘Light quanta and interference’, Physical Review, 30,
(1927), 644 - 648.
11
7
di vetro separate da un sottile strato d’aria. In entrambi i casi, le figure
di interferenza si formavano sulla lastra fotografica anche quando un solo
quanto alla volta, in media, attraversava l’apparato interferenziale.
⇒ Nel caso del reticolo a gradini, l’energia misurata in corrispondenza dell’esposizione più lunga era equivalente a 95 fotoni per
secondo: ciò significa che, in media, l’apparato era attraversato
da (circa) un fotone ogni centesimo di secondo. Nell’altro caso, in corrispondenza dell’esposizione più lunga, il volume della
lampada ad elio interessato all’esperimento, emetteva, in tutte
le direzioni, 7.21 × 105 quanti per secondo, cioè, circa un quanto ogni 1.4 microsecondi: in questo intervallo di tempo, la luce
percorre nel vuoto circa 400 metri e, in un vetro con indice di
rifrazione uguale a 1.5, circa 280 metri. Anche nel caso più sfavorevole (in cui tutti i quanti emessi attraversano l’apparato di misura), solo un quanto alla volta, attraversa, in media, l’apparato
di interferenza.
Il reticolo a gradini fu inventato da Michelson. Con le sue parole:
‘Se una pila di lastre piane è costruita come mostrato in figura 4, e
la luce incide normalmente sulle superficı̂ come mostrato dalle linee
punteggiate, la luce sarà riflessa (e rifratta) in direzione perpendicolare
in corrispondenza della lunghezza d’onda per la quale la differenza
costante tra i cammini di due raggi successivi sia un numero intero
esatto della lunghezza d’onda’.12
Figura 4: reticolo a gradini di Michelson.
In tempi recenti è stato possibile osservare, con tecnologie raffinate, frange
di interferenza prodotte da sorgenti che emettono un fotone alla volta13 . E’
12
A.A. Michelson, Studies in Optics, Dover Publications, New York, 1995, riedizione del
testo pubblicato nel 1927, pp. 104 - 105.
13
V. Jacques et al., ‘Single - photon wavefront - splitting interference’, European Physics
Journal D 35, 561, (2005). In rete alla pagina
http://www.edpsciences.org/articles/epjd/pdf/2005/10/d05194.pdf
8
cosı̀ possibile osservare la costruzione delle frange di interferenza ‘punto per
‘punto’, dove il ‘punto’ corrisponde all’arrivo sul rivelatore di un elemento
discreto (fotone) alla volta (figura 5).
(c)
(b)
Intensity (a.u.)
(a)
5
4
simulation
data
(d)
3
2
1
0
-0.4
-0.2
0.0
0.2
0.4
Distance (mm)
Figura 5: frange di interferenza ottenute con una sorgente
che emette un fotone alla volta. Le figure (a), (b) e (c)
corrispondono all’arrivo sul rivelatore di 272, 2240 e 19773
fotoni, rispettivamente. La figura (d) mostra un’interpolazione teorica dei dati sperimentali della figura (c). Figura
tratta dall’articolo citato nella nota 13.
La teoria di Maxwell predice correttamente l’intensità delle frange di interferenza anche nei casi in cui, dal punto di vista corpuscolare, solo un fotone
alla volta è in volo tra la sorgente e lo schermo rivelatore. Ciò conferma che
i valori assunti dalle grandezze fisiche usate nella teoria di Maxwell sono, dal
punto di vista sperimentale, valori medı̂: la media deve essere effettuata su
intervalli di tempo tali da coinvolgere, da un punto di vista corpuscolare, un
numero statisticamente significativo di fotoni.
(aprile 2008, giuseppe giuliani)
[email protected]
http://fisicavolta.unipv.it/percorsi
9
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