Cronache 15 Corriere della Sera Lunedì 10 Febbraio 2014 # La caccia all’uomo Era nel Milanese, vicino a casa dei genitori. Il blitz alle 2.35 di notte: l’evaso ammanettato in 8 secondi. Gli investigatori: era pronto a spostarsi ancora IL NASCONDIGLIO Gli articoli sulla fuga Nel bilocale senza acqua, luce e servizi igienici il fuggitivo aveva dei giornali con le cronache dell’evasione Cibo preconfezionato e fornelletto Sparsi sul pavimento pane, pacchi di pasta, olio, scatolette di tonno e un fornelletto da campeggio Il giaciglio Nella seconda stanza del mini appartamento per terra ci sono delle coperte e un materassino per dormire Guarda il video con una chiamata gratuita al +39 029 475 48 50 L’ingresso La porta da cui si accede al bilocale della palazzina di due piani in ristrutturazione a Inveruno, nel Milanese Patatine, un litro di latte e il colpo in canna Dentro l’ultimo covo dell’ergastolano Cutrì Sorpreso nel sonno dopo 6 giorni di fuga: «Penso solo a mio fratello morto per me» MILANO — Le strade hanno nomi poco fantasiosi di regioni e città d’Italia, le nuove palazzine quelli improbabili di donne, i cacciatori nomi di battaglia che nascono per un particolare. Così Mustafà ha gli occhi dal taglio mediorientale e Lupo non nasconde il pelo irsuto; Chiodo è sempre più magro e Gennaro protegge, da buon testardo, l’inflessione napoletana. Del resto a Inveruno, tra una via Piemonte e il complesso residenziale Claudia, anche in questa notte di pioggia leggera, la notte della cattura dell’ergastolano Mimmo Cutrì, sono i dettagli che spiegano. I vetri appannati di utilitarie, due uomini a bordo, Panda La pista giusta La svolta dell’inchiesta quando un impresario ha telefonato a uno della banda e poi ha passato il suo telefonino a Mimmo e vecchie Fiat Palio in sosta e in partenza. Sono i carabinieri del Comando di Varese che dalla mezzanotte attraversano il paese per verificare il traffico, per assicurarsi che un improvviso incidente non ostacoli il transito dei furgoni bianchi. Tre rumori alle 2.35 come di petardi, forti ma non tanto da far correre la gente alle finestre: le deflagrazioni che annunciano l’ingresso nel covo di altri carabinieri, i Gis, i militari del Gruppo d’intervento speciale scesi da quei furgoni bianchi, veicoli anonimi, da trasloco del sabato mattina. I Gis. Mephisto, muscoli, gli occhi di Cutrì che balzano dal sonno ai fucili mitragliatori puntati addosso. Otto secondi per trasformarsi da ricercato in arrestato. Mimmo Cutrì dormiva vestito. Odore di cordite nel nascondiglio, un trilocale in costruzione. Giubbotti antiproiettile, torce. Lo immobilizzano, lui non fiata. Lo alzano, lo spingono nel cortile, lo caricano in macchina. Dieci minuti e via Villoresi a Inveruno è di nuovo silenziosa, anonima. Se ne vanno anche Mustafà, Lupo, Chiodo, Gennaro. So- Antonino È il fratello di Domenico Cutrì morto lunedì scorso Carlotta Compagna di Antonino, 26 anni, è indagata Daniele Il fratello più piccolo di Domenico è in carcere no i cagnacci del Ros. Raggruppamento operativo speciale. Uomini di cimici, di pedinamenti. Uomini che brindano con un annuncio liberatorio: «Andiamo a farci una doccia». Missione compiuta. Erano randagi. L’inchiesta è stata difficile. Da quando è arrivato a Inveruno il Ros ha avuto a disposizione sei ore — di più l’urgenza investigativa non poteva tollerare — quando per esempio nei luoghi di ‘ndrangheta, nella preparazione di un blitz contro un latitante, possono benissimo impiegarci sei mesi. Invece, qui, 360 minuti appena. Per mappare Inveruno e l’intero Ovest Milanese. Per inquadrare la rete di parentele e amicizie dei Cutrì. Per studiare i fascicoli. Sei ore per elencare i cellulari di ognuno, e visionare le mappe catastali delle case, e assumere informazioni sui vicini: abitudini, occupazione e sede del lavoro. Il mestiere è fondamentale per sapere gli orari di uscita dagli appartamenti, e regolarsi casomai si debba entrare come ladri e posizionare le cimici. Domani Mimmo Cutrì, 32 anni, avrebbe lasciato Inveruno per nuovi covi lontani. Ne sono sicuri gli investigatori coordinati dal tosto pm di Busto Arsizio Raffaella Zappatini, che ieri pomeriggio esausta ha spento il cellulare per un riposo, certamente però non prima d’aver guardato in televisione la partita dell’amata Roma. Sono le cose minime e personali che miscelano il furore delle ricerche di un commando alla quotidianità dell’attesa e della strategia, delle tracce e dell’ipotesi. Le spese abbondanti al supermercato di Carlotta, la donna del bandito, I furgoni bianchi Le teste di cuoio sono arrivate alla palazzina a bordo di comuni furgoni bianchi, come quelli utilizzati per i traslochi gli equilibri di una caccia. Bazzicava il centro di Arconate, vicino a Inveruno: budelli, sensi unici, pochi parcheggi. I carabinieri dovevano osservare il geometra quand’era fermo e agganciarlo quando si spostava. Doveva, il Ros, ricostruire la rete intorno a Cafà. Dei carabinieri su ogni vettura uno guidava e l’altro faceva da navigatore: la consolle sulle ginocchia, l’incrocio in tempo reale di tragitti e incontri. Cafà non aveva precedenti, un passato criminale al quale agganciarsi (compagni di cella, informatori) e fotografie recenti. Possiede molti appartamenti, questo sì. Possibili nascondigli per Mimmo Cutrì. Le case sono state esaminate una per una: ai Gis bisognava garantire le esatte planimetrie, la dislocazione dei locali, se sopra abitava qualcuno. Fatica, resistenza. Precisione chirurgica. Il fatto che Cafà, stanato e incastrato abbia cantato e fornito l’indirizzo del covo è solo un naturale dettaglio finale. Lo striscione «Riposa in pace Nino Cutrì»: è il testo di uno striscione esposto ieri da alcuni tifosi della Roma allo stadio Olimpico durante il derby contro la Lazio (foto Ferrari/Ansa) Salerno quel Nino, fratello di Mimmo, ideatore del progetto e ucciso dalle guardie penitenziarie. Nino che sotto falso nome su Facebook malediva gli sbirri e Mimmo che è stato muto ma una volta catturato in caserma qualcosa avrebbe sibilato: «Penso a Nino morto per me». L’amico Luca Greco che c’era nel 2006, nell’omicidio per cui Cutrì ha preso l’ergastolo e che è stato l’ultimo complice al suo fianco nella tana di Inveruno, loro due accampati, una pistola calibro 357 col colpo in canna, una scena non da ricercati ma da ragazzini in gita, i cuscini d’un divano sul pavimento e per terra forse della marijuana, crostatine, patatine, un litro di latte (con scadenza il prossimo San Valentino). Il trilocale fa parte di una piccola palazzina, vuota, di proprietà di Franco Cafà. Il geometra e imprenditore edile. L’incensurato. Il signor nessuno. E dunque l’avversario più ostico. Gli sono stati addosso dalle 17.50 di mercoledì. Una telefonata dal cellulare di Cafà a uno della banda, intercettato. Cafà che porgeva il cellulare a un estraneo per una rapida conversazione. L’estraneo era Mimmo Cutrì. Cafà è il classico insospettabile che sposta Dopo l’arresto Domenico Cutrì, 32 anni, condannato all’ergastolo per omicidio, era stato liberato lunedì scorso da un commando armato davanti al tribunale di Gallarate Andrea Galli Cesare Giuzzi © RIPRODUZIONE RISERVATA Giallo a Enna Scontro tra auto, quattro morti e tre feriti Assassinato mentre lavorava nel suo bar SALERNO — Quattro persone sono morte e altre tre sono rimaste ferite, di cui una in condizioni gravissime, in un incidente avvenuto nella serata di ieri in provincia di Salerno, sulla strada statale 18 nel territorio del Comune di Agropoli. Nel violentissimo tamponamento, di cui la Polstrada ha cercato di ricostruire L’impatto sulla statale 18 (Salernonotizie.it) la dinamica precisa fino a tarda notte, sono rimaste coinvolte tre auto: una Mercedes, una Fiat Punto e un’Alfa 156. Due delle vetture si sarebbero scontrate frontalmente, la terza sarebbe sopraggiunta non riuscendo a evitare l’ostacolo. Le vittime sono due uomini e due donne. © RIPRODUZIONE RISERVATA BARRAFRANCA (Enna) — Stava preparando un caffè nel suo bar quando il killer, ieri alle 9 del mattino, è entrato nel locale a volto semicoperto, ha tirato fuori la pistola calibro 7,65 e s’è messo a sparare. Due proiettili l’hanno colpito al torace e alla testa e per il barista Antonino Morabito, 41 anni, sposato e con due figli, non c’è stato nulla da fare. Resta ancora un giallo l’assassinio dentro il «Bar 2000» a Barrafranca, paese di 13 mila abitanti della provincia di Enna, in Sicilia. Come non è ancora chiaro se chi ha sparato abbia fatto il giro del bancone per dare il colpo di grazia alla vittima. Secondo il medico legale uno dei proiettili è stato sparato da vicino. Gli investigatori hanno interrogato i testimoni e i familiari per cercare un possibile movente. I carabinieri ora rileggono anche gli atti del marzo 2012, quando Morabito venne ferito con 20 coltellate davanti al proprio bar. © RIPRODUZIONE RISERVATA