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ROSA
E
CACTUS
OFFERTI DA
attualità
Piazza Muraccio, Locarno
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Fax 091 751 15 73
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un cactus a...
Nicolas Gilliet
Fiorenzo Dadò
Il direttore artistico di JazzAscona
è rientrato dalla Louisiana con molti
contratti firmati da importanti
musicisti e, soprattutto, una
partnership ufficiale con la città di
New Orleans, che torna così ad
essere partner dell’evento musicale
Al capogruppo ppd forse sfugge
il ruolo dell’informazione in un
sistema democratico. Non gli piace
la critica di cronisti e commentatori
a partiti e politici, ma è anche
questa la funzione dei giornalisti.
“È la stampa bellezza!”
Dopo il cruento blitz
una via di fuga
che porta in Svizzera
DOMENICO CUTRÌ
Trentanove anni
e una condanna
all’ergastolo,
ora latitante;
Nella foto a in basso
a sinistra, il luogo del
coflitto a fuoco a
Gallarate
In un’ intercettazione nel carcere di Saluzzo
i piani dell’ergastolano evaso a Gallarate
MAURO SPIGNESI
Il piano di fuga prevedeva una
tappa in Svizzera. Un rifugio sicuro, magari a casa di parenti o
amici, in attesa che si calmassero
le acque per riprendere la strada
verso la destinazione finale: un
Paese dell’Est europeo. Domenico Cutrì, 39 anni e una condanna
all’ergastolo, ora latitante, ne
aveva parlato con il fratello Nino
quando era ancora rinchiuso nel
carcere di Saluzzo, in provincia
di Cuneo, in attesa di giudizio.
Una confidenza intercettata dagli agenti di custodia che sorvegliano attraverso un sistema di
telecamere a circuito chiuso i
colloqui con i detenuti e che, una
volta girata al magistrato, aveva
fatto scattare un regime di sorveglianza speciale. E un cambio di
cella in una nuova prigione, a
Cuneo, prima d’essere trasferito,
qualche giorno fa a Busto Arsizio
per un processo.
Nino Cutrì è morto nel conflitto a
fuoco, nel blitz a Gallarate contro
un furgone della Polizia penitenziaria che ha portato alla liberazione del fratello Domenico. E
ora se si pone ufficialmente la
domanda alla Procura di Busto
Arsizio se effettivamente Domenico Cutrì voleva scappare in
Svizzera si riceve una risposta di
circostanza: “Non confermiamo,
né smentiamo. Le indagini sono
in corso”. Eppure gli investigatori
che stanno seguendo tutte le piste per riacciuffare il latitante,
sono ancora convinti che non sia
andato troppo lontano. E che
l’ipotesi svizzera, come ha ricordato un servizio del quotidiano
La Stampa, non debba essere affatto abbandonata.
Anzi. C’è stato un altro particolare che spinge verso questa
ipotesi: anche i tre complici di
Cutrì arrestati, 72 ore dopo l’agguato, a Cellio, provincia di Ver-
L’agguato
Domenico Cutrì, in cella
per un omicidio, dopo uno
scontro a fuoco è riuscito
a scappare. È latitante
Gli arresti
Tre componenti della
banda bloccati in un paese
dell’Alta Valsesia erano
pronti a entrare Svizzera
celli, con una valigia piena di
cibo, volevano passare dal lago
d’Orta e poi entrare in Ticino.
Anche loro probabilmente come
l’amico che, secondo l’accusa,
hanno fatto evadere volevano
andare in direzione nord. Probabilmente verso la Svizzera tedesca, dove come affiorato in diverse inchieste internazionali
I precedenti
La criminalità
sulla ‘ndràngheta, le cosche
hanno diversi punti d’appoggio
e Cutrì, originario di Melicuccà,
mille abitanti in provincia di
Reggio Calabria, potrebbe sfrut-
tare qualche conoscenza. Una
protezione non necessariamente
legata alla ‘ndràngheta , visto che
gli inquirenti smentiscono con
decisione un legame organico tra
Decine di pregiudicati o latitanti inseguiti da mandati d’arresto fermati nella Confederazione
Ci sono il mafioso e il trafficante internazionale di droga. Ci sono il rapinatore e il
boss dell’anonima sequestri sarda. Negli
ultimi quindici anni nella Confederazione sono riusciti a trovare rifugio decine di
pericolosi latitanti. Spesso finiti nella rete
della polizia. L’ultimo è Dino
Grusovin, accusato di un triplice omicidio: a metà dicembre è stato scoperto dagli
agenti della polcantonale in
un hotel di Chiasso, dove soggiornava indisturbato da
tempo. A luglio, invece, nelle
maglie della polizia cantonale di Zurigo era caduto Gervasio Romano: era inseguito da un mandato d’arresto europeo. Doveva scontare 6
anni e s’era rifugiato da amici a Frauenfeld.
Storie di ricercati
nascosti in hotel
o a casa d’amici
A settembre di due anni fa, invece, i carabinieri di Varese avevano bloccato sul nascere la fuga in Svizzera di Filadelfio Vasi,
un capo ultras finito nel carcere di Pavia
per una tentata rapina. Secondo l’accusa
Vasi sarebbe dovuto evadere e poi passare il confine. Sette persone che lo avrebbero dovuto aiutare sono state denunciate.
Doveva invece rispondere di rapina e lesioni un giovane marocchino di 26 anni
bloccato nella primavera scorsa proprio
dopo aver passato la dogana in un valico
dei Grigioni. Era ricercato dopo un colpo
in Abruzzo. Sempre nei Grigioni tempo
fa era finita la latitanza di Fortunato Maesano, in fuga dalla Calabria accusato di
far parte di una pericolosa cosca della
‘ndrangheta.
Avevano fatto invece marcia indietro,
dopo aver visto una pattuglia delle guardie di confine, i due pregiudicati milanesi
accusati di aver ucciso un uomo a colpi di
crick per una una partita di cocaina non
pagata. I due stavano fuggendo in Svizzera, ma poi avevano cambiato idea ed erano tornati a Milano. Anni fa, infine, era
riuscito a sfuggire all’arresto un pericoloso latitante dell’anonima sequestri sarda
che, come è risultato dall’inchiesta, aveva alloggiato per un lungo periodo in un
hotel sul lungolago di Lugano.
i fratelli Cutrì e la grande organizzazione criminale. E d’altronde la ‘ndràngheta non c’entra
con la condanna all’ergastolo
che era stata inflitta a Domenico
Cutrì.
Una condanna per l’omicidio di
Luckasz Kobrzeniecki, un giovane polacco di 22 anni crivellato a
colpi di pistola il 15 giugno del
2006 a Trecate, in provincia di
Novara, un’accusa che Cutrì, difeso dalla famosa penalista italiana Giulia Bongiorno, cercò di
smontare con un alibi che però si
dissolse durante l’udienza davanti al tribunale di Torino. No, la
‘ndràngheta non c’entrava nulla
con la morte di Kobrzeniecki,
che sarebbe stato punito per aver
usato pesanti appellativi verso
l’allora compagna di Cutrì. Un
movente passionale, dunque.
Un’accusa che l’evaso ha comunque sempre respinto, sostenuto
da tutta la sua famiglia, arrivata
al nord, in Piemonte e poi a Inveruno, un paesone di novemila
abitanti nella periferia ovest di
Milano.
Il carcere a vita per lui e un’ossessione che non ha dato pace al
fratello Antonino: liberare Domenico, farlo fuggire. Gli investigatori piemontesi che nel frattempo hanno arrestato anche
Daniele, il fratello minore di Domenico, e la cognata, danno per
assodato che la fuga dopo il conflitto a fuoco a Gallarate sia stata
organizzata in famiglia.
Con l’arresto dei presunti complici della sanguinosa evasione,
polizia e carabinieri stanno facendo terra bruciata attorno all’ergastolano in fuga. Ma lui
sembra scomparso nel nulla.
Può darsi che sia ancora nascosto in Italia, ma se è già riuscito a
passare la frontiera, sono convinti alla procura di Busto, sarà
molto più difficile riacciuffarlo.
[email protected]
Q@maurospignesi
Più furti nelle case con le bande specializzate
Gruppi potenzialmente pericolosi per il Ticino individuati in Italia
Oltre la frontiera ci sono bande organizzate, con
professionisti del crimine specializzati nei furti.
Solo l’anno scorso la polizia italiana in Lombardia, la regione più presa di mira per i colpi nelle
abitazioni, ha arrestato o denunciato a piede libero 700 persone. In Piemonte, altra regione di
confine, sono invece state fermate e in gran parte
incarcerate 308 persone. Cifre presentate nel bilancio di un programma “Home 2013”, messo in
piedi dal Servizio centrale di polizia (Sco) per
avere una radiografia esatta delle bande, potenzialmente pericolose anche per il Ticino, e predisporre efficaci operazioni capaci di contrastare
un fenomeno sempre più concentrato nel nord
Italia. Una tendenza, quest’ultima, messa in evidenza anche da un’altra recente ricerca, realizzata da Transcrime, un gruppo di studio specializzato in fenomeni criminali composto da esperti
dell’Università Cattolica di Milano e di quella di
Trieste.
In Italia l’anno scorso per furti e rapine nelle abi-
tazioni sono state arrestate 2563 persone e sequestrate 128 armi. Ma in particolare si è avuta la
conferma che ad agire sul territorio non sono
combriccole improvvisate di balordi, ma autentici specialisti del crimine. Un dato che, secondo la
ricerca di Transcrime, permette di fare una prima considerazione: “Ad agire - spiega a Il Caffè il
sociologo Marco Dugato dell’Università Cattolica - sono gruppi o singoli altamente specializzati,
questo porta anche ad escludere la crisi economica come uno dei fattori collegabili a questo incremento. E d’altronde il trend di crescita dei furti nelle abitazioni è costante dal 2007”.
Quello che è cambiato negli anni è l’articolazione dei gruppi criminali: sono sempre più transazionali, ben strutturati, composti da personaggi
di nazionalità diversa. C’è dunque una matrice
straniera, peraltro messa in evidenza più volte
anche dalla Polizia cantonale a proposito dei
furti registrati in Ticino, ricordando che le bande
in trasferta sono di origine balcanica o fanno ba-
LE BANDE
Ecco dove sono presenti i principali gruppi criminali
stranieri e numero di arresti su base regionale
Romeni
Albanesi
Georgiani
167
699
308
90
168
Fonte: Polizia di Stato italiana
se nei campi nomadi dell’hinterland milanese.
“Sono tutti professionisti. Difatti - precisa Marco
Dugato che ha partecipato alla ricerca di Transcrime - per far saltare una sofistica serratura e
una porta blindata, disinnescare un impianto
d’allarme, ci vuole una certa freddezza e una
certa preparazione. Non è come mettersi per disperazione a bordo di un motorino per scippare
qualcuno”. Detto questo va aggiunto che ci sono
due tipologie di furti. “La prima - spiega Dugato
- dettata dall’opportunità che scatta quando si
vede, ad esempio, una finestra aperta. E come
bottino ci si accontenta di quello che si trova. La
seconda invece necessita di una pianificazione,
di informazioni, di ore d’osservazione su orari e
abitudini dei padroni di casa. Ma qui si punta a
una refurtiva di qualità. Che poi le bande siano
più portate a colpire in Lombardia e in Ticino si
spiega col fatto che questi territorio sono più ricchi di altri. E quindi più a rischio”.
m. sp.
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Dopo il cruento blitz una via di fuga che porta in Svizzera