Ruolo degli ultrasuoni nello studio delle nefropatie mediche
The role of ultrasonography in the study of medical nephropathy
*F. Fiorini, 1Libero Barozzi
U.O. Nefrologia e Dialisi - Sanremo - ASL1 Imperiese
1
U.O. Radiologia - Policlinico S. Orsola-Malpighi - Bologna
*Indirizzo per corrispondenza:
Fulvio Fiorini
U.O. Nefrologia e Dialisi, ASL1 Imperiese
Via Borea, 56 - 18038 Sanremo (IM)
Tel. +39 0184.536241
Fax +39 0184.536269
[email protected]
Sommario
La diagnostica in nefrologica comprende la storia clinica, l’esame fisico, gli esami di laboratorio,
gli esami scintigrafici, la diagnostica per immagini e la biopsia renale. Nelle malattie renali
l’ecografia rappresenta la tecnica per immagini di prima scelta ed il suo ruolo nelle nefropatie
mediche è quello di escludere una patologia urologica, differenziare fra un’insufficienza renale
acuta e cronica, permettere il follow-up della malattia, guidare l’agobiopsia renale, ecc. Le
immagini ultrasonografiche permettono di caratterizzare la pelvi, di valutare le dimensioni renali e
l’ecogenicità parenchimale, di campionare i segnali color-power Doppler e di valutarne
caratteristiche e distribuzione, nonché di misurare gli indici di resistenza intraparenchimali.
L’insieme di questi dati permette di ottenere importanti informazioni diagnostiche in molti casi,
mentre in altri permette di ridurre le possibili diagnosi differenziali.
Parole chiave: Ecografia; Nefropatie; Indice di Resistenza
Abstract
Diagnostic techniques in nephrology include clinical history, physical examination, laboratory tests,
nuclear medicine, imaging techniques and renal biopsy. In kidney diseases, ultrasonography is first
imaging technique used and its role in medical renal diseases is to exclude obstruction, help
differentiate between acute and chronic disease, follow up the course of disease, guide renal
biopsy, etc. Ultrasound images have various applications: to characterize the pelvis, to assess renal
dimensions and parenchymal echogenicity, to sample color-power Doppler signals and evaluate
their characteristics and distribution, to perform spectral analyses, and to measure parenchymal
Resistive Index.
Togheter these data can provide useful clues to the diagnosis in many cases, and help to reduce the
number of possible differential diagnoses.
Key words: Ultrasonography; Nephropathy; Resistive Index
Introduzione
La diagnosi delle patologie renali è basata sull’uso combinato di anamnesi, esame obiettivo, analisi
laboratoristiche, impiego della medicina nucleare, della diagnostica per immagini e della biopsia
renale.
La diagnostica per immagini, in particolare, riveste un ruolo di primaria importanza in quanto
permette di escludere una ostruzione urinaria, di differenziare condizioni acute e croniche, di
effettuare il “follow-up” di malattie note e di guidare la biopsia.
L’ecografia ed il color Doppler sono comunemente utilizzate quali metodiche di prima istanza, per
la loro diffusione, la rapidità d’impiego, l’assenza di effetti avversi ed i bassi costi. Se in urologia
l’ecografia è frequentemente diagnostica, in nefrologia il suo campo di azione sembra ancora
limitato. Scopo di questo articolo è quello di fare il punto sul ruolo attuale dell’ecografia e del color
Doppler nello studio delle nefropatie mediche.
Caratteristiche B-Mode delle Nefropatie Mediche
I quesiti diagnostici classicamente posti all’ecografia riguardano la possibilità di identificare la
condizione patologica, di differenziare lesioni istopatologiche diverse, di discriminare i pazienti con
insufficienza renale cronica terminale [1]. I parametri che possono essere valutati sono morfologici
(diametro interpolare e antero-posteriore, spessore parenchimale, ecogenicità), patologici (litiasi,
cisti, idronefrosi, neoplasie) e funzionali (vascolarizzazione, velocimetria dei flussi ematici, indice
di resistenza).
DIMENSIONI RENALI. Le dimensioni renali normali, valutate tramite il diametro interpolare
massimo con una scansione obliqua posteriore, sono 10.74±1.35 cm per il rene destro e di 11.0
±1.15 cm per il rene sinistro [2,3], con un limite inferiore della norma comunemente indicato a 9 cm
[4]. In realtà se dimensioni renali inferiori a 8 cm sono da considerare sicuramente ridotte, e quindi
da ascrivere a quadri di insufficienza renale cronica (IRC), dimensioni comprese fra 8 e 9 cm vanno
sempre poste in correlazione con il fenotipo del paziente, in particolar modo con l’altezza del
soggetto. Nel tentativo di meglio differenziare funzionalmente i reni normali da quelli con
nefropatia cronica è stata inoltre proposta una valutazione del volume renale impiegando la formula
dell’ellissoide (V = diam CC x diam AP x diam LM x 0.5233) [5], eventualmente normalizzata per
l’indice di massa corporea (BMI) mediante la formula V/BMI x 25. Tale formula indicherebbe la
volumetria renale, con valori normali di 231±50.5 ml [6]. L’aumento di volume renale correla a
livello anatomo-patologico con tutte quelle condizioni che prevedono ipertrofia nefronica, depositi
proteici, accumulo di fluidi nello spazio interstiziale o nei tubuli, infiltrati cellulari, lesioni
necrotico-proliferative. Si tratta di condizioni che prevedono una localizzazione preferenziale della
lesione a livello tubulo interstiziale, in quanto, nell’adulto, la massa glomerulare rappresenta
soltanto l’8% circa della struttura parenchimale. L’aumento volumetrico renale può essere perciò
riscontrato nelle malattie proliferative-necrotizzanti (sia renali che sistemiche), nella necrosi
tubulare acuta (NTA), nella nefrite interstiziale acuta, nelle tubulopatie acute, nelle malattie da
accumulo (glicogeno, amiloide, lipidi) ed in altre nefromegalie (cirrosi, diabete mellito,
iperalimentazione) [7] (Fig. 1). In particolare, nella NTA è stato descritto un aumento
preponderante del diametro anteroposteriore di entrambi i reni, con asse longitudinale di solito nella
norma [8].
La riduzione del volume renale rappresenta, invece, un indice prognostico negativo e correla
istopatologicamente con il grado di atrofia (post-flogistica, da reflusso), necrosi, fibrosi, ipoplasia
congenita e ipoperfusione [7]. Può essere conseguenza di glomerulonefrite cronica, necrosi
papillare, nefropatie ereditarie, nefrosclerosi generalizzata, insufficienza renale cronica terminale
(Fig. 2).
Fig. 1. Rene di dimensioni longitudinali massime
aumentate in paziente alto 195 cm e con peso corporeo di
98 Kg
Fig. 2. Rene di dimensioni longitudinali massime ridotte,
con scarsa differenziazione parenchimopielica e
parenchima iperecogeno con presenza di alcune piccole
cisti acquisite in paziente in emodialisi cronica da circa 8
anni.
SPESSORE PARENCHIMALE. Lo spessore parenchimale è un altro indice ecografico utilizzato per
la valutazione funzionale renale ed i valori considerati normali sono compresi fra 15 e 20 mm: in
realtà mancano “standard” riguardo il piano di scansione ed il sito di misurazione da utilizzare e se
debba essere misurato lo spessore di tutto il parenchima o solo quello della corticale. Lo spessore
parenchimale correla con il diametro longitudinale del rene, ma non con la prognosi e
l’istopatologia [1,9].
ECOGENICITA’ PARENCHIMALE. L’ecogenicità del parenchima è il marcatore più comunemente
utilizzato per la valutazione della presenza di nefropatia: è un dato che si ottiene confrontando il
grado di ecogenicità di corticale, midollare e seno pielico con quello di fegato e milza (preso per
certo che fegato e milza possiedano normale ecogenicità): possono essere distinti classicamente
quattro gradi (da 0 a III) (Tab. I) (Fig. 3) [10,11].
La valutazione del grado di ecogenicità parenchimale non consente, però, di differenziare tra
diverse condizioni istopatologiche ed un’ecogenicità renale normale non può comunque escludere
la presenza di un danno d’organo. Nella valutazione di una patologia renale i gradi I e II di
ecogenicità possiedono, infatti, una sensibilità e una specificità del 62% e del 58% rispettivamente,
mentre per il grado III la sensibilità e la specificità sono del 20% e del 96% [12].
L’ecogenicità parenchimale varia, inoltre, con l’età (aumentata nel neonato, per l’elevata cellularità,
e nell’anziano, per l’aumento della fibrosi).
L’aumento dell’ecogenicità corticale è stato riconosciuto correlare primariamente con il grado di
sclerosi glomerulare, atrofia tubulare, infiltrazione leucocitaria focale, edema, arteriosclerosi e con
la presenza di cilindri ialini [13,14]: si tratta in generale di lesioni prevalentemente di tipo tubulointerstiziale in quanto, come già detto, nell’adulto i glomeruli contribuiscono soltanto per l’8% alla
massa corticale renale. Anche la presenza di calcificazioni diffuse (es. infezione da Pneumocistis
Carinii) o la precipitazione di sali di calcio (es. ossalosi) possono contribuire ad aumentare
l’ecogenicità della corticale.
La midollare renale può anch’essa presentarsi iperecogena correlando istopatologicamente con
grado di nefrocalcinosi midollare, ectasia tubulare midollare, fibrosi midollare, congestione
vascolare, depositi di urati o proteine. Le principali condizioni patologiche che determinano tale
quadro sono rappresentate da gotta, rene a spugna midollare (Fig. 4), iperaldosteronismo primario,
iperparatiroidismo, glicogenosi e Morbo di Wilson.
Sono stati infine descritti quadri di iperecogenicità della giunzione corticomidollare (Fig. 5) che,
sebbene non patognomonici, possono essere idiopatici o associati a lesioni vascolari (diabete,
pseudoxanthoma elasticum) ed ipertensione arteriosa [15,16].
I reni possono anche presentarsi diffusamente ipoecogeni in corso di pielonefrite acuta diffusa,
linfoma e nefroblastomatosi (Fig. 6).
a.
b.
c.
Fig. 3. a. Rene con parenchima ipoecogeno rispetto al parenchima epatico. b. Rene con parenchima isoecogeno rispetto
al parenchima epatico. c. Rene con parenchima iperecogeno rispetto al parenchima epatico.
Fig. 4. Rene a spugna midollare: si notano evidenti
calcificazioni a livello della giunzione parenchimopielica
con sottostante cono d’ombra.
Fig. 5. Iperecogenicità della giunzione corticomidollare:
riscontro casuale in paziente iperteso.
Utilità del color e del power Doppler
L’uso del color e del power Doppler crea le condizioni per un’accurata valutazione morfologica e
funzionale della vascolarizzazione intraparenchimale che permette di caratterizzare condizioni di
riduzione/assenza di flusso arterioso sia a livello di un singolo rene che a livello di una sua singola
In quest’ultimo caso saranno presenti segnali colore fisiologici a livello della porzione renale non
compromessa e assenza di segnale colore nela zona ischemica porzione: l’uso di ecoamplificatore
permette di migliorare la confidenza diagnostica in questo tipo di lesione [17].
La misurazione degli indici di resistenza intrarenale (IR), valutati a livello delle arterie renali
interlobari, costituisce lo strumento più sensibile per fornire informazioni fisiopatologiche sulle
nefropatie mediche.
Fig. 6. Rene diffusamente ipoecogeno in corso di linfoma
(courtesy by Carlo Martinoli).
Fig. 7. IR intraparenchimali aumentati in paziente affetto
da IDDM (IR=0.85). Struttura renale e vascolarizzazione
nella norma.
L’Indice di Resistenza (IR) è un parametro facilmente calcolabile, anche automaticamente
dall’apparecchiatura, e risulta espresso dal rapporto
velocità di picco sistolico massimo - velocità telediastolica minima
IR = ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯
velocità di picco sistolico massimo
Tale indice è comunemente utilizzato per la valutazione dello stato delle resistenze arteriose renali:
in particolare, è stata ripetutamente confermata una significativa correlazione tra IR e resistenza
vascolare renale [18].
Va precisato tuttavia che l’IR di per sè non rappresenta un indice di misura della funzionalità renale,
ma evidenzia semplicemente la resistenza vascolare renale: quando le elevate resistenze arteriose
renali si accompagnano ad una funzione renale alterata, l’IR si correla in modo più stretto alla
funzione. All’opposto, alcune patologie renali causano una significativa compromissione della
funzione renale con scarsa o addirittura assente alterazione della resistenza vascolare renale: in tali
situazioni l’IR non riflette la perdita della funzione renale.
Il vero valore dell’analisi Eco Doppler dell’IR nei reni nativi può essere il suo uso predittivo in
particolari situazioni cliniche. In letteratura i valori di IR considerati normali sono di 0.6±0.2
[19,20], ma la maggioranza degli studi concordano sul fatto che un IR di 0.70 debba essere
considerato come il valore massimo di normale resistenza vascolare intrarenale [21,22].
Esistono tuttavia condizioni diverse da una malattia intrinseca del rene che possono alterare il
valore dell’IR: una grave ipotensione, una frequenza cardiaca particolarmente elevata o rallentata,
una raccolta liquida perirenale o sottocapsulare tendono ad elevare l’indice di resistenza; nel
neonato e nel bambino, inoltre, i valori di IR sono spesso superiori al valore soglia di 0.70 senza che
questo debba essere considerato un reperto patologico [19,21,22].
L’aumento dell’IR è maggiore nelle patologie interstiziali (≥0.70) rispetto a quelle glomerulari pure,
nelle quali l’IR supera il valore di 0.70 soltanto in fase avanzata (20): è stata segnalata inoltre una
correlazione positiva fra IR e patologie vasculo-interstiziali, grado di sclerosi glomerulare, edema,
fibrosi focale, arteriosclerosi e arteriolo-sclerosi, mentre la correlazione con i livelli plasmatici di
creatinina e con l’ecogenicità renale risulta scarsa [13,23-25]. Nei pazienti con IRC il riscontro di
IR superiori a 0.80 rappresenta un fattore prognostico indipendente di progressione della nefropatia,
tanto importante che ha dimostrato di essere più accurato della clearance della creatinina e della
proteinuria, con una sensibilità del 64% ed una specificità del 98% [26].
Nefropatia diabetica
Nelle fasi iniziali della nefropatia (diabete mellito tipo 1 e 2) si assiste ad un incremento della
filtrazione glomerulare e delle dimensioni renali, mentre nella fase cronica i reni si riducono
progressivamente di dimensione.
Nei pazienti diabetici con normale funzione renale la percentuale di pazienti con IR≥0.70 è del 65%
nel diabete tipo 1 vs. 25% in quello di tipo 2, mentre un IR medio più elevato è presente nei pazienti
con diabete di tipo 2 (0.71 vs. 0.65; p<0.001) correlabile almeno in parte con la differenza di età
anagrafica [27]. In questi soggetti esiste una correlazione tra IR e macroangiopatia con una
maggiore incidenza nel diabete mellito tipo 2 e nei casi con alterazioni nefroangiosclerotiche renali,
mentre non esiste correlazione con la microalbuminuria, indice di microangiopatia glomerulare
[28].
I pazienti diabetici con insufficienza renale cronica che presentano un IR≥0.70 hanno una età
maggiore (62 vs 44 aa), una proteinuria più alta (3.3 vs 1.1 mg/dL), una creatininemia più elevata
(3.2 vs 1.1 mg/dL), una maggiore durata del diabete (20 vs 11 aa.), una pressione arteriosa più
elevata e una maggior percentuale di esito in dialisi (71% con IR=1.0) [29,30]: tutti questi dati
correlano con un grado maggiore di arteriolosclerosi renale (nefroangiosclerosi) (Fig. 7).
Insufficienza renale acuta (IRA)
La valutazione ecografia B-mode permette la rapida, poco costosa, innocua e ripetibile valutazione
morfologica renale e delle vie urinarie, che consente di chiarire la competenza urologica o
nefrologica dell’IRA.
In caso di IRA il color Doppler risulta utile nell’indirizzare la diagnosi eziologica. Infatti, sebbene
l’IRA non ostruttiva possa essere conseguenza di numerose patologie, in tutti i casi di necrosi
tubulare acuta (NTA) è presente un incremento degli IR intraparenchimali renali, così come in circa
il 50% dei casi non inquadrabili come NTA (glomerulonefrite acuta, nefrite interstiziale, nefrite
lupica, linfoma, ecc.) [31]. Si tratta comunque di patologie che interessano principalmente la parte
tubulo-interstiziale del rene [32].
Nell’ambito delle varie cause di NTA, il color Doppler non risulta comunque in grado di
differenziare l’eziologia: infatti ipovolemia, rabdomiolisi, sepsi, sostanze nefrotossiche, Multiple
Organ Failure evidenziano tutte incremento degli IR intrarenali.
Già in studi sperimentali su conigli in cui veniva indotta una IRA reversibile nel tempo è stato
dimostrata una importante riduzione del flusso plasmatico renale conseguente ad intensa
vasocostrizione intrarenale, soprattutto in fase precoce [33]. L’aumento dell’IR è molto precoce e
precede quello della creatininemia: infatti gli IR raggiungono il valore massimo nelle prime 12 ore
(la creatinemia dopo 24 ore) e ritornano ai valori basali dopo circa una settimana dall’esordio
dell’IRA, più precocemente della creatininemia che impiega circa 2 settimane. I meccanismi
proposti come responsabili dell’aumento delle resistenze arteriolari sono sia di tipo umorale che
neurogeno [34].
In corso di IRA solo l’11% dei pazienti presenta alterazioni morfologiche all’ecografia B-mode,
mentre ben il 69% dei pazienti presenta alterazioni dell’emodinamica renale con incremento degli
IR intraparenchimali [31]. L’80% dei pazienti con IRA pre-renale presenta un flusso parenchimale
normale o appena alterato ed in ogni caso l’IR è sempre inferiore a 0.75. Al contrario nel 91% dei
pazienti affetti da IRA da NTA, lo studio color Doppler dei vasi renali dimostra incremento della
pulsatilità e riduzione del flusso telediastolico, con IR maggiori o uguali a 0.75. Quando l’IRA prerenale è grave e prolungata ed esita in NTA, gli IR sono costantemente superiori a 0.75 (32).
Il color Doppler permette inoltre di monitorare nel tempo la gravità ed il decorso della NTA,
dimostrando un decorso dell’IRA particolarmente protratto, anche necessitante di dialisi, in caso di
IR molto elevati [28]: in particolare la sorveglianza Doppler durante la fase di ripresa funzionale
post IRA permette di dimostrare un miglioramento del flusso plasmatico renale e degli IR
intraparenchimali prima della ripresa funzionale e della caduta dei valori di creatininemia serica
[33,35] (Tav. 1).
Controllo della risposta alla terapia
La valutazione degli IR intraparenchimali può rilevare precocemente segni di nefropatia e/o predire
l’evoluzione della funzionalità renale prima della positivizzazione clinico-laboratoristica in una
serie di condizioni quali la sindrome emolitico-uremica (36), la necrosi tubulare acuta (31), la
sindrome epato-renale (37). E’ ovviamente necessaria la valutazione seriata nel tempo tale da poter
apprezzare precocemente la eventuale comparsa di variazioni degli IR.
Cirrosi
In pazienti cirrotici con funzione renale (valutata attraverso il dosaggio della creatinina) nella
norma, gli IR medi sono pressoché normali in assenza di ascite (0.61±0.05), mentre aumentano
sensibilmente (0.70±0.04) nei pazienti ascitici, tanto che il 53% dei pazienti con IR≥0.70 presenta
ascite. Inoltre, se i pazienti senza evidenza di varici esofagee presentano IR medi di 0.65 ± 0.08, in
quelli con varici gli IR medi salgono a 0.70 ± 0.07, così come gli IR medi sono di 0.66 ± 0.07 nei
pazienti cirrotici senza shunt porto-sistemici e salgono a 0.70 ± 0.07 negli epatopatici con shunt
portosistemico.
In tutti i casi di cirrosi avanzata (classe Child-Pugh B e C) è comunque presente vasocostrizione
renale, valutata come incremento degli IR, anche in assenza della sindrome epatorenale, mentre l’
aumento dell’IR renale è sempre correlato con la severità dell’ipertensione portale (38-40).
Sindrome epato-renale. Si tratta di una forma funzionale irreversibile di IRA, frequente
complicanza di patologia epatica che insorge acutamente nella maggior parte dei casi, in pazienti
con funzionalità precedentemente nella norma: l’unica terapia efficace è costituita da rapido
trapianto epatico. In tutti i pazienti con S. epato-renale è presente un aumentato IR (IR medi =
0.79±0.06): uniformemente a quanto già visto per i pazienti cirrotici avanzati, tali alterazioni
emodinamiche sono molto precoci, manifestandosi di solito molto prima che si manifesti l’IRA. La
precoce valutazione ed il controllo nel tempo degli IR parenchimali nei pazienti cirrotici permette di
identificare quei pazienti che presentano un rischio aumentato di sviluppare IRA e S. epato-renale:
infatti gli epatopatici con IR > 0.70 hanno una probabilità 26 volte maggiore di sviluppare S. epatorenale rispetto ai soggetti con IR ≤ 0.70.
Dopo trapianto di fegato si assiste ad una rapida riduzione degli IR renali a fronte di livelli di
creatininemia invariati. La presenza di IR>0.70 pre-trapianto sono correlati con una morbilità più
alta post-trapianto, così come la persistenza IR>0.70 post-trapianto costituisce un segno prognostico
negativo [31,37-40].
Conclusioni
La diagnostica ecografica e color Doppler rappresentano la prima tecnica di valutazione
morfologica nelle malattie renali: in particolare nelle patologie di pertinenza più prettamente
nefrologica, l’uso combinato della ecografia B-mode e del color Doppler, con particolare
riferimento alla valutazione degli IR intraparenchimali, fornisce importanti informazioni sul
nefropatico che giunge ad una prima osservazione e permette di ottenere utili indicazioni che,
sebbene non in grado da sole di definire l’eziologia, permettono di indirizzare la diagnosi.
Inoltre la valutazione seriata nel tempo può in alcuni casi predire la prognosi prima dei comuni
indici di funzionalità renale.
E’ indispensabile una buona manualità ed una certa esperienza per la misurazione dell’IR che, se
non rilevato a livello di arterie interlobari e/o arciformi può creare problemi di attendibilità e
ripetibilità del dato.
Tab. I. Classificazione dell’ecogenicità parenchimale renale secondo Hricak (Radiology, 1982)
GRADO 0: ecogenicità inferiore a quella del parenchima epatico (reperto normale)
GRADO I: ecogenicità uguale a quella del parenchima epatico (reperto normale)
GRADO II: ecogenicità superiore a quella del parenchima epatico (reperto patologico)
GRADO III: ecogenicità uguale a quella del seno renale (reperto patologico)
Tavola 1. Paziente con IRA da nefrite interstiziale: è ben evidente come esista un sensibile decremento degli IR
intraparenchimali quando il paziente è ancora anurico.
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Ruolo degli ultrasuoni nello studio delle nefropatie