Economia analisi Per la zootecnia da carne i conti restano in rosso Crpa Redditività peggiorata nel primo semestre dell’anno per l’estrema variabilità dei prezzi delle materie prime e delle quotazioni dei capi da macello CLAUDIO MONTANARI Crpa Spa, Reggio Emilia I numeri della zootecnia da carne italiana nel biennio 2013-2014 fotografano una realtà che ha ormai imboccato la strada del declino produttivo. Nel periodo considerato, le macellazioni nel nostro Paese sono crollate di quasi il 10% e non solo perché la riduzione del reddito delle famiglie ha penalizzato i consumi di carni rosse. Al calo della domanda ha infatti corrisposto una diminuzione molto più contenuta dell’import di carni fresche e refrigerate, con un’ulteriore contrazione della capacità di autoapprovvigionamento del comparto nazionale. La sempre più accentuata volatilità dei mercati delle materie prime e dei capi – sia da macello, che da allevamento – ha accresciuto l’incertezza del contesto nel quale si muovono gli operatori della filiera e in questo quadro il nostro sistema produttivo paga carenze di tipo organizzativo e anche strutturale. Una delle più importanti tra queste è la mancanza di alternative all’approvvigionamento di capi da ristallo dalla Francia, il cui costo incide pesantemente sul bilancio degli allevamenti da ingrasso di casa nostra. Produzione in calo, costi in aumento In alto, bovini di razza Charolaise 32 032-035Agr_11.indd 32 L’ultima fiammata dei prezzi delle materie prime e l’aumento delle quotazioni dei capi da ristallo di origine francese hanno giocato un peso rilevante nel determinare la caduta della produzione e l’aumento dei costi che gli ingrassatori italiani hanno dovuto sostenere almeno per tutto il primo trimestre dell’anno in corso. Attualmente i prezzi di cereali e soia sono in netta diminuzione, ma il rientro delle quotazioni delle materie prime a livelli sostenibili ha coinciso con una fase calante del mercato dei capi da macello. Le prospettive di un recupero del comparto sono rese ancora più incerte dall’impatto della riforma della Politica agricola comunitaria per quanto riguarda il cosiddetto primo pilastro che comporterà, a partire dal 2015, una forte decurtazione dei pagamenti diretti, in particolare per i centri di ingrasso più strutturati e specializzati. Anche per questo il nuovo sistema dei pagamenti diretti dovrebbe rappresentare un forte incentivo per mettere finalmente in atto tutte le misure di intervento concordate al tavolo di filiera per affrontare i problemi del comparto. L’attuale regime di aiuti comunitari Le numerose analisi condotte dal Crpa sulla redditività degli allevamenti dei vitelloni da carne hanno dimostrato che, a fronte dell’accentuata volatilità del mercato delle materie prime e dei novembre 2014 18/11/14 07.57 bovini da macello, l’attuale regime di aiuti comunitari ha contribuito in modo determinante alla stabilizzazione dei redditi aziendali. Lo mostrano anche i primi risultati del monitoraggio dei costi di produzione affidato al Crpa nell’ambito delle azioni previste dall’Osservatorio del mercato delle carni bovine, gestito e coordinato da Ismea. L’analisi riguarda, in questo caso, costi e ricavi rilevati su un campione di allevamenti da ingrasso e relativi a partite di vitelloni maschi di razza Charolais, vendute tra il secondo trimestre 2013 e il secondo trimestre del 2014. Si tratta in totale di 66 partite, per complessivi 3.700 capi, suddivisi tra aziende di media e grande dimensione per tener conto del diverso livello dei costi fissi dovuto alle economie di scala. Dal punto di vista delle caratteristiche dei capi e delle performance zootecniche non sussistono differenze dovute alla diversa dimensione aziendale. Nell’arco dell’intero periodo, in entrambi i gruppi di allevamenti i ristalli sono stati acquistati ad un peso medio di 420 kg ed ingrassati fino al raggiungimento di un peso vivo finale di poco superiore a 720 kg. Il tempo di permanenza in stalla è risultato di circa 220 giorni in ragione di un incremento ponderale di 1,39 kg/giorno. Dato il livello dei prezzi delle materie prime della seconda metà del 2013 e la flessione dei prezzi alla macellazione della scorsa primavera, in nessuno dei quattro trimestri considerati i ricavi, al netto dei pagamenti diretti, hanno coperto il costo di produzione. I risultati dell’indagine Negli allevamenti di dimensione superiore a 900 posti stalla, il prezzo medio delle partite vendute nella seconda metà del 2013 ha consentito di retribuire solo al 90% il lavoro impiegato, senza alcun margine di recupero delle quote di ammortamento e degli interessi sul capitale investito (vedi grafico 1 sotto). Solo all’inizio del 2014 il temporaneo rialzo del prezzo al macello e il contestuale calo del costo di alimentazione hanno garantito una quasi totale copertura dei costi. La successiva flessione delle quotazioni registrata nella primavera scorsa ha invece determinato un netto deterioramento dell’utile lordo di stalla e, addirittura, un margine operativo (lordo) negativo. In altre parole, si è lavorato in perdita. I ricavi sono infatti diminuiti al livello delle sole spese sostenute per l’acquisto dei mezzi correnti e dei servizi alla produzione. Complessivamente il bilancio dei dodici mesi ha registrato una perdita di circa 74 euro per capo, corrispondente al valore degli ammortamenti e degli interessi sul capitale aziendale. Nel caso degli allevamenti più piccoli – che contano una dimensione media di 450 posti stalla – la redditività ha seguito un andamento del tutto analogo, con perdite tuttavia di maggiore entità dovute al costo del lavoro più elevato (vedi grafico 2 a pag. 36). In particolare la redditività è nettamente peggiorata nel secondo trimestre di quest’anno, tanto che anche il margine sui costi correnti ha assunto valore negativo a causa della brusca inversione intervenuta sul mercato dei vitelloni da carne. Se si guarda al risultato sull’intero periodo a cui l’analisi fa riferimento, il bilancio per questi allevamenti si è chiuso con una perdita netta a capo di circa 120 euro, corrispondente a 0,17 euro per kg. di peso vivo, e un margine operativo lordo in rosso di 25 euro per ogni vitellone venduto. In altri termini, il ricavo della vendita dei vitelloni ha remunerato il lavoro dell’allevatore e dei collaboratori familiari solo per una quota pari a circa due terzi della tariffa salariale che sarebbe spettata a un operaio agricolo specializzato. Se si Grafico 1 Costi e ricavi partite di bovini maschi di razza Charolaise in allevamenti sopra i 900 capi novembre 2014 032-035Agr_11.indd 33 33 18/11/14 07.57 Economia analisi Grafico 2 Costi e ricavi partite di bovini maschi di razza Charolaise in allevamenti sotto i 900 capi considera che il mercato dei vitelloni ha mantenuto una tendenza sostanzialmente al ribasso anche in questa seconda metà del 2014 è difficile ipotizzare che la situazione dal punto di vista della redditività sia migliorata, anche mettendo in conto le recenti contrazioni dei prezzi dei cereali e della soia. Va inoltre valutata la dinamica dei prezzi dei ristalli, in quanto i capi venduti negli ultimi mesi sono stati acquistati all’inizio dell’anno, cioè in uno dei momenti di maggior tensione dei prezzi dei broutards di origine francese. Serve una filiera più organizzata Crpa Un capo di razza Charolaise Oltre alla possibilità di migliorare la produttività dell’allevamento, che dipende dalla capacità di gestione di ciascun allevatore, sono le variabili di mercato a determinare la sostenibilità economica della produzione del vitellone da carne. Queste, in assenza di forme di coordinamento ed orga- 34 032-035Agr_11.indd 34 nizzazione di tipo interprofessionale della filiera e senza un potenziamento del ruolo delle organizzazioni dei produttori, continueranno a rimanere fuori dalla possibilità di controllo del singolo imprenditore agricolo, in considerazione del fatto che sui mercati di largo consumo la competizione è diventata globale. Affrontare con concretezza questo tema, non certo nuovo e sicuramente comune ad altri comparti agricoli, è ancora più urgente per i bovini da carne, in vista dell’entrata in vigore della riforma del regime dei pagamenti diretti. La zootecnia da carne è infatti uno dei comparti maggiormente penalizzati dalla nuova Pac, inteso come diminuzione del sostegno economico. A partire dal 2015 il pagamento unico aziendale, infatti, subirà una progressiva decurtazione che, a regime e comunque non più tardi del 2019, si attesterà al 40% del livello attuale. Nelle condizioni di mercato appena descritte, i pagamenti disaccoppiati e il premio alla macellazione hanno comunque garantito la piena copertura delle spese e degli oneri sostenuti, dando un margine di profitto positivo, anche se alquanto contenuto. In futuro questo paracadute non sarà più garantito e anche per quanto riguarda il nuovo impianto dei pagamenti accoppiati gli allevatori non possono aspettarsi molto, almeno fino all’eventuale revisione prevista per il 2017. Rispetto alla vecchia programmazione, nell’ambito dell’accordo nazionale sugli aiuti accoppiati della nuova Pac 2014-2020, il budget del premio alla macellazione è stato elevato da 27,5 a 66,4 milioni di euro, ma è anche notevolmente cresciuto il potenziale numero di capi eleggibili, non essendo più contemplate particolari condizioni di ammissibilità legate alla qualità. novembre 2014 18/11/14 07.57 novembre 2014 032-035Agr_11.indd 35 35 18/11/14 07.58