Piano Lauree Scientifiche – Fenomeni luminosi
M. Ciminale, M. D’Angelo, C. Evangelista, E. M. Fiore
Esperienza N. 3 – Interferenza e Diffrazione
In questa esperienza di laboratorio studieremo due dei più comuni effetti di
diffrazione e interferenza della luce: la diffrazione generata dalla luce nell’attraversare
una singola fenditura sottile praticata su uno schermo opaco (esperimento con “singola
fenditura”) e la diffrazione/interferenza prodotta dalla luce nell’attraversare due fenditure
identiche, parallele e molto vicine tra loro (esperimento con “doppia fenditura”) 1 .
In entrambi i casi osserveremo su uno schermo, posto a distanza molto grande
rispetto alle fenditure (in campo lontano), la figura generata dalla luce laser (onda piana
monocromatica) e misureremo le posizioni dei minimi (ed eventualmente dei massimi)
dell’intensità luminosa. Confronteremo le nostre misure con le previsioni teoriche delle
eq. (1) e (7) riportate in appendice e le utilizzeremo per stimare il valore della lunghezza
d’onda del laser.
Apparato sperimentale
• Banco ottico graduato (sensibilità 1 mm)
• Montaggi per ottiche
• Diodo laser (λ = 635 nm ± 10%)
• 1 set di singole fenditure di larghezza a variabile (a = 0.4 mm; 0.15 mm; 0.075 mm)
• 1 set di doppie fenditure di larghezza a = 0.15 mm e distanza d variabile (d = 1.0 mm;
0.75 mm; 0.5 mm; 0.25 mm)
• Schermo opaco con carta millimetrata
• “Lucegrafo”: misuratore d’intensità (fotodiodo amplificato; fenditura d’ingresso:
0.4 mm) solidale al braccio mobile di un misuratore di posizione (potenziometro),
collegato al computer via USB. Effettua 1 acquisizione al sec
• Computer e software di acquisizione dati (“Lucegrafo”): genera tabella e grafico (I, x)
• Metro
ATTENZIONE: il laser può causare seri danni agli occhi. Non puntare mai gli occhi
lungo la direzione del fascio laser. Guardare sempre e soltanto la radiazione diffusa,
ovvero le “macchie” prodotte dal fascio laser quando incide su carta, schermi opachi o
pinhole. Indossare sempre gli occhiali di protezione (modello DIA).
Esecuzione dell’esperimento 1 (Diffrazione da singola fenditura)
1. Accendiamo il laser collegandolo al computer, inseriamo la maschera con le singole
fenditure nell’apposito supporto e fissiamo quest’ultimo a 25 ÷ 30 cm dal laser (questo
ci consente di avere una buona approssimazione di onda piana incidente sulla
fenditura). Accertiamoci che la fenditura sia perpendicolare al laser guardando la
riflessione del laser prodotta dalla maschera.
1
Molti libri tendono a parlare di “diffrazione” quando si fa passare la luce attraverso una singola fenditura
oppure un reticolo (maschera composta da un numero elevato – 100, 500, 1000 – di fenditure identiche,
generalmente detta “reticolo di diffrazione”), e di “interferenza” quando si utilizza una doppia fenditura.
Dal punto di vista fisico, “diffrazione” ed “interferenza” sono sostanzialmente la stessa cosa (alla base di
qualsiasi figura di diffrazione c’è sempre e comunque il fenomeno dell’interferenza!).
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Esperienza n. 3 - Interferenza e diffrazione
1
2. usiamo le singole fenditure (di diversa dimensione) in successione e osserviamo la
figura di diffrazione prodotta sullo schermo da ciascuna di esse.
a. Per ciascuna fenditura poniamo inizialmente lo schermo nelle immediate
vicinanze della maschera e osserviamo la figura di diffrazione. Notiamo come
questa figura varia man mano che allontaniamo lo schermo dalla maschera
(transizione dal campo vicino al campo lontano).
b. Fissiamo lo schermo nel campo lontano della maschera e notiamo come varia la
figura di diffrazione al variare della larghezza a della fenditura. Prendiamo nota
delle osservazioni (rendiamole quantitative segnando sulla carta millimetrata le
posizioni di qualche minimo di intensità).
3. Incolliamo un foglio di carta millimetrata sulla parete e, utilizzando la fenditura di
larghezza a = 0.15 mm, segniamo il maggior numero possibile di minimi di
diffrazione, sia a destra sia a sinistra del massimo centrale. Misuriamo la distanza
(Dmuro = …. cm) tra il piano della fenditura ed il piano di osservazione [Fig. 2(a) in
appendice]. Riportiamo i valori di xmin su un foglio Excel e utilizziamoli per calcolare
le posizioni angolari dei minimi di intensità [θ min ≅ sen(θ min )] .
4. Senza cambiare né spostare la fenditura, fissiamo il lucegrafo alla massima distanza
possibile dalla fenditura, colleghiamolo al computer via USB e misuriamo la distanza
maschera-lucegrafo (Dluc = … cm). Avviamo il programma “Lucegrafo”.
a.
Centriamo la fenditura d’ingresso del lucegrafo sul massimo principale della
figura di diffrazione e leggiamo il valore dell’intensità (in basso a destra nella
finestra del programma “Lucegrafo”); se necessario modifichiamo il guadagno
del lucegrafo (cursore in basso a destra nella finestra del programma
“Lucegrafo”) in modo da avere misure di intensità di circa 80-90. Eseguiamo
una scansione dell’intera figura di diffrazione e salviamo il file ottenuto. Il
grafico sperimentale dovrebbe essere simile a quello di Fig. 2(b) in appendice.
b.
Centriamo la fenditura d’ingresso del lucegrafo sul primo massimo secondario
della figura di diffrazione e modifichiamo il guadagno del lucegrafo in modo da
avere misure di intensità di circa 80-90. Eseguiamo una scansione dell’intera
figura di diffrazione e salviamo il risultato. Il grafico sperimentale dovrebbe
essere simile a quello di Fig. 2(c) in appendice.
Analisi dei dati
1. Apriamo con Excel i dati forniti dal programma “Lucegrafo” relativamente alle
misure eseguite ai punti 2a e 2b. Usando la prima serie di dati calcoliamo le posizioni
(x) [Fig. 2(a)] “traslando” opportunamente i valori di posizione forniti dal
programma (l’obiettivo è far corrispondere l’intensità massima alla posizione x = 0).
Se siamo certi di non aver modificato l’apparato sperimentale tra la prima e la
seconda serie di misure, possiamo applicare la stessa traslazione anche alla seconda
serie di dati.
2. Usiamo i dati così ottenuti per fare il grafico (I, θ) della distribuzione angolare
dell’intensità (accertiamoci preventivamente che il massimo di intensità corrisponda
a θ = 0). Disegniamo un grafico per ciascuna serie di dati. Quale delle due serie di
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2
dati fornite dal lucegrafo sembra fornire una misura più precisa delle posizioni θmin
dei minimi di intensità?
3. Inseriamo nei due grafici precedenti le posizioni angolari dei minimi θmin ottenute a
partire dalle misure con carta millimetrata.
4. C’è corrispondenza tra i minimi di intensità misurati con i due diversi strumenti
oppure si osservano delle discrepanze? Come possiamo giustificare le eventuali
discrepanze? Quale dei due metodi di misura possiamo ritenere più preciso?
Esecuzione dell’esperimento 2 (Diffrazione da doppia fenditura)
1. Sostituiamo la maschera con le singole fenditure con quella con le doppie fenditure.
Prendiamo nota dei valori nominali delle varie fenditure (a e d) e accertiamoci che la
doppia fenditura sia perpendicolare al laser guardando la riflessione all’indietro.
a. Appoggiamo alla parete il foglio di carta millimetrata precedentemente usato per
la singola fenditura di larghezza a = 0.15 mm e osserviamo come si distribuiscono
le frange di interferenza all’interno della precedente figura di diffrazione.
Prendiamo nota delle osservazioni che facciamo.
N. B.: il foglio deve essere sistemato esattamente nella posizione in cui era
stato posto al punto 3 dell’esperimento sulla diffrazione.
b. Usando sempre lo stesso foglio di carta millimetrata osserviamo come varia la
figura di interferenza/diffrazione al variare della distanza d tra le fenditure.
Prendiamo nota delle osservazioni che facciamo sia relativamente alla larghezza
delle frange (rendiamo tali osservazioni quantitative segnando sulla carta
millimetrata le posizioni di qualche minimo di intensità), sia relativamente alla
loro distribuzione rispetto alla figura di diffrazione prodotta dalla singola
fenditura di larghezza a = 0.15 mm.
2. Fissiamo il lucegrafo alla massima distanza possibile dal piano delle fenditure e
colleghiamolo al computer. Utilizzando la doppia fenditura avente distanza
d = 0.25 mm misuriamo la distanza maschera-lucegrafo: D = … cm.
a. Posizioniamo la fenditura d’ingresso del lucegrafo al centro della figura di
interferenza/diffrazione e leggiamo il valore dell’intensità fornito dal programma
“Lucegrafo” (zona in basso a destra); se necessario modifichiamo il guadagno del
lucegrafo in modo da avere misure di intensità di circa 80-90. Eseguiamo una
scansione dell’intera figura di interferenza/diffrazione e salviamo il risultato. Il
grafico sperimentale dovrebbe essere simile a quello di Fig. 3(b).
b. Posizioniamo la fenditura d’ingresso del lucegrafo al centro del primo massimo
secondario della figura di interferenza e modifichiamo il guadagno del lucegrafo
in modo da avere misure di intensità di circa 80-90. Eseguiamo una scansione
dell’intera figura di interferenza/diffrazione e salviamo il risultato. Il grafico
sperimentale dovrebbe essere simile a quello di Fig. 3(c).
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Analisi dei dati
5. Apriamo con Excel il file dei dati salvati e aggiungiamo a ciascuna tabella una
colonna in cui inserire le posizioni “traslate”. Disegniamo i grafici (I, x) della
distribuzione spaziale dell’intensità (accertiamoci preventivamente che il massimo di
intensità corrisponda ad x = 0) per ciascuna serie di dati.
6. Utilizziamo i dati a nostra disposizione per creare due nuove tabelle in cui inserire le
posizioni dei minimi (xmin) e quelle dei massimi (xmax) di intensità, con il relativo
ordine (valore di n definito nelle eq. (9)-(10) dell’appendice).
NOTA 1: Utilizziamo i due grafici precedenti per decidere da quale serie di dati conviene dedurre i
valori di xmin e xmax (là dove le informazioni sono doppie, scegliamo i valori che ritieniamo
più precisi!).
NOTA 2: Usiamo i grafici anche per accertarci che i minimi che stiamo considerando siano minimi di
interferenza da doppia fenditura (e non minimi di diffrazione da doppia fenditura!).
7. Usiamo le posizioni dei minimi e dei massimi, con i relativi ordini n, per fare un
grafico che ci consenta di calcolare la lunghezza d’onda della luce λ (usiamo le
previsioni teoriche [Eq. (10) in appendice] per capire che tipo di grafico ci conviene
fare).
8. Alternativa al metodo grafico: calcoliamo le distanze tra i minimi e tra i massimi
adiacenti e usiamo la distanza media per calcolare λ.
9. Di quanto si discosta (in termini percentuali) il valore sperimentale di λ dal valore
nominale (635 nm)? Il valore ottenuto è compatibile con il valore nominale, tenendo
conto dell’errore su λ fornito dal costruttore del laser?
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Appendice – Interferenza e diffrazione
L’interferenza è un fenomeno tipico delle onde che si manifesta quando due o più
onde identiche e in relazione di fase costante fra loro si sovrappongono. Le due onde si
combinano dando origine ad una figura in cui si osservano zone che mostrano un
rafforzamento della perturbazione e zone che mostrano l’annullamento della
perturbazione.
Anche la diffrazione è un fenomeno caratteristico delle onde che si manifesta
quando un’onda incontra una fenditura (o un ostacolo) di dimensioni confrontabili con la
sua lunghezza d’onda: al di là della fenditura (o dell’ostacolo) l’onda “si sparpaglia” e
tende a propagarsi in tutte le direzioni. La fenditura (o l’ostacolo) “modifica” il fronte
d’onda per cui diverse parti di uno stesso fronte d’onda si sovrappongono (più
precisamente, interferiscono) alterando la propagazione rettilinea dell’onda e dando
origine ad una distribuzione di intensità.
Anche in ottica si osservano fenomeni di interferenza e di diffrazione quando la
luce illumina fenditure di dimensioni paragonabili alla sua lunghezza d’onda: le figure
che si osservano su uno schermo al di là delle fenditure e lo “sparpagliamento” della luce
nella zona che ci si aspetterebbe in ombra non possono essere descritte con il metodo del
“tracciamento dei raggi” adottato in ottica geometrica ma sono strettamente legate alla
natura ondulatoria della luce.
Diffrazione in campo vicino e in campo lontano
La figura di diffrazione prodotta dalla luce, dopo aver attraversato una fenditura,
tende a modificarsi man mano che ci si allontana dalla fenditura. Se poniamo lo schermo
di osservazione immediatamente dopo la fenditura su di esso vediamo una proiezione più
o meno perfetta della fenditura, fatta eccezione per qualche sottile frangia chiara e scura
nei dintorni dei bordi (prima figura dal basso in Fig. 1). Se allontaniamo un po’ lo
schermo dalla fenditura gli effetti di diffrazione diventano più pronunciati, ma
l’immagine continua ad assomigliare molto alla fenditura (seconda figura dal basso in
Fig. 1). Man mano che allontaniamo lo schermo dalla fenditura, gli effetti della
diffrazione diventano gradualmente più pronunciati finché la proiezione osservata sullo
schermo non assomiglia più in alcun modo alla fenditura (terza e quarta figura in Fig. 1).
In tutti questi casi, stiamo osservando la cosiddetta “diffrazione in campo vicino” (o di
Fresnel).
Allontanando ulteriormente lo schermo si arriva ad osservare una figura che, pur
diventando sempre più larga, non cambia forma: la distribuzione angolare dell’intensità
luminosa non varia più all’aumentare della distanza schermo-fenditura (ultime due figure
in alto in Fig. 1)! A queste grandi distanze dalla fenditura 2 , stiamo osservando la
cosiddetta “diffrazione in campo lontano (o di Fraunhofer).
Nella nostra esperienza studieremo la diffrazione di Fraunhofer (sfruttandone la
3
relativa semplicità ) e osserveremo la diffrazione di Fresnel solo qualitativamente.
2
La transizione dal campo vicino al campo lontano è graduale e dipende dalla geometria in gioco. La
definizione più comune di campo lontano si basa sul confronto tra la distanza fenditura-schermo (D), la
larghezza della fenditura (b) e la lunghezza d’onda della luce (λ); in generale, si parla di diffrazione di
Fraunhofer (o in campo lontano) quando D >> b2/λ (se la fenditura è in buona approssimazione investita
da un’onda piana).
3
La fisica alla base della diffrazione di Fresnel e di Fraunhofer è naturalmente la stessa. Dal punto di vista
matematico la diffrazione di Fresnel è una teoria generale, che conduce alla diffrazione di Fraunhofer
quando si fa l’approssimazione di campo lontano (nota 2). La diffrazione di Fraunhofer è quindi un caso
particolare della diffrazione di Fresnel.
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Esperienza n. 3 - Interferenza e diffrazione
5
Figura 1 -Figure di diffrazione prodotte da onde piane che incidono su una sottile fenditura rettangolare; i
grafici rappresentano la distribuzione spaziale dell’intensità luminosa su uno schermo di
osservazione posto a valle della fenditura, a distanze da questa via via crescenti. Da una certa
distanza in poi la distribuzione angolare dell’intensità luminosa non si modifica più (ultime due
figure in alto) e si parla di diffrazione di Fraunhofer. [Figure tratte da: Hecht, “Optics” (3^rd
ed.), p. 438].
Diffrazione (di Fraunhofer) da singola fenditura
In Fig. 2(a) è schematizzato l’apparato per l’osservazione della diffrazione prodotta
dalla luce nell’attraversare una singola fenditura. Si può dimostrare che, quando la luce
incidente approssima un’onda piana monocromatica, la figura di diffrazione osservata su
uno schermo distante (campo lontano) è descritta, in ogni punto, da un’espressione
dell’intensità luminosa I funzione dell’angolo di diffrazione θ che individua il punto (θ è
l’angolo tra la normale alla fenditura e la retta che congiunge il punto dello schermo con
il centro della fenditura [Fig. 2(a)]):
⎡ sen(β ) ⎤
I (θ ) = I (0) ⎢
(1)
⎥
⎣ β ⎦
dove I(0) è l’intensità al centro della figura di diffrazione (θ = 0°), mentre β è dato da:
πa
(2)
β=
sen(θ )
λ
essendo λ la lunghezza d’onda della luce, a la larghezza della fenditura.
L’andamento dell’intensità descritto dall’Eq. (1) è mostrato in Fig. 2(b) e 2(c); lo
2
zoom di Fig. 2(c) consente di mettere in evidenza i picchi laterali (massimi secondari) della figura
di diffrazione caratterizzati da un’intensità molto più piccola rispetto al picco centrale (massimo
principale).
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Esperienza n. 3 - Interferenza e diffrazione
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(d)
Figura 2 - (a) Rappresentazione schematica di un tipico esperimento di diffrazione di Fraunhofer da singola
fenditura (figura non in scala: lo schermo è molto lontano dalla fenditura). (b) Andamento
dell’intensità osservata sullo schermo, come descritto dall’Eq. (1). (c) Stesso andamento
dell’intensità mostrato però su un intervallo più ampio di β, e su un intervallo più stretto di I/I(0)
(l’asse y va soltanto da 0 a 0,1). (d) Distribuzione angolare dell’intensità luminosa I/I(0) per tre
diversi valori del rapporto a/λ.
Come si vede, la figura di diffrazione ha un minimo di intensità quando
β = ± π, ± 2π, ± 3π, .... Usando la definizione di β data dall’eq. (2) è facile verificare che i
minimi di intensità si troveranno ad angoli θ che soddisfano la condizione:
a sin(θmin) = m λ
(3)
essendo m un numero intero positivo o negativo (m = ± 1, ± 2, ± 3 ...). Nell’ipotesi di
piccoli angoli si ha:
x
(4)
sen(θ ) ≅ tg (θ ) =
D
dove x è la distanza tra il punto centrale della figura di diffrazione e il punto in cui si
misura l’intensità, mentre D è la distanza tra il piano della fenditura e il piano di
osservazione [Fig. 2(a)]. Con questa approssimazione β diventa:
β =π ax λD
(5)
e la condizione per le posizioni (xmin) dei minimi di intensità diventa:
ax min
= mλ (con m = ± 1, ± 2, ± 3,...).
D
(6)
Interferenza e diffrazione da doppia fenditura
Quando la luce passa attraverso due singole fenditure parallele, come nel famoso
esperimento della doppia fenditura di Young, si osservano figure più complesse perché,
accanto ai fenomeni di diffrazione, compaiono fenomeni di interferenza. L’esperimento
della doppia fenditura di Young è alla base di molte importanti discussioni in fisica: se da
un lato ha rappresentato la dimostrazione sperimentale della natura ondulatoria della luce,
dall’altro ha giocato un ruolo fondamentale nell’ambito dei fondamenti della meccanica
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Esperienza n. 3 - Interferenza e diffrazione
7
quantistica e, in particolare, nella formulazione del concetto di “dualismo ondacorpuscolo” della luce.
Lo schema di un esperimento di interferenza da doppia fenditura in campo lontano è
riportato in Fig. 3, in cui compaiono due fenditure identiche (di larghezza a e aventi
distanza tra i centri d) e un piano, parallelo a quello delle fenditure, posto a distanza
molto grande rispetto alle fenditure stesse.
Figura 3 - Rappresentazione schematica di un esperimento alla Young: diffrazione di Fraunhofer da doppia
fenditura (figura non in scala: lo schermo è molto lontano dalla fenditura). (b) Figura di
interferenza/diffrazione osservata sullo schermo (Eq. (8)), nel caso in cui la distanza tra le
fenditure è pari a tre volte la larghezza delle fenditure (d = 3a). (Nel grafico a ≡ λ / π). La linea
solida rappresenta l’andamento dell’intensità osservato sullo schermo: le frange di interferenza
(cos2(α)) variano rapidamente e sono modulate dalla figura di diffrazione da singola fenditura
(sen2(β)/β2, linea tratteggiata) che varia più lentamente. (c) Stesso andamento dell’intensità
mostrato però su un intervallo più stretto di I / I(0) (l’asse y va soltanto da 0 a 0,1), in modo da
evidenziare i picchi lontani dal centro.
Un modo per capire l’origine della figura di interferenza da doppia fenditura è quello
di considerare la sovrapposizione delle due figure di diffrazione prodotte da ciascuna
singola fenditura: infatti, la luce proveniente da entrambe le fenditure può raggiungere
qualsiasi punto dello schermo. Fatta eccezione per il punto dello schermo individuato
dall’asse centrale delle due fenditure, che è equidistante da entrambe, per raggiungere
qualsiasi altro punto la luce percorre distanze diverse a seconda della fenditura da cui
proviene. In questi punti le onde provenienti dalle due fenditure saranno quindi sfasate 4 e
la differenza di fase aumenterà man mano che ci si allontana dal centro dello schermo. Ci
sarà quindi un punto in cui le distanze percorse a partire dalle due fenditure differiscono
di una quantità esattamente uguale a metà della lunghezza d’onda della luce: in questo
punto le onde provenienti dalle due fenditure sono esattamente in opposizione di fase
(Δϕ = π, la cresta dell’onda proveniente da una fenditura si sovrappone alla gola
dell’onda proveniente dall’altra fenditura) e l’interferenza distruttiva dà luogo ad una
striscia nera sullo schermo. Estendendo questo discorso ci si aspetta di osservare sullo
4
Una differenza di cammino Δl provoca uno sfasamento (o differenza di fase) Δϕ = 2πΔl/λ.
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schermo una serie di frange chiare e scure.
Si può dimostrare che la figura di
interferenza/diffrazione prodotta nel campo
lontano da un’onda piana monocromatica
incidente su una doppia fenditura è descritta
dalla seguente espressione per l’intensità
luminosa:
2
⎛ sen( β ) ⎞
I (θ ) = I (0)⎜⎜
(7)
⎟⎟ cos 2 (α )
β
⎝
⎠
dove I(0) è l’intensità al centro della figura di
diffrazione (θ = 0°) e β è definito come
nell’esperimento con singola fenditura (Eq. (2)
e (5)). I primi due termini dell’equazione (7)
sono quindi identici alla figura di diffrazione da
singola fenditura (grafico centrale, in cui si è
posto a = 5 λ), ma questa ora è moltiplicata da
una funzione sinusoidale in α, dovuta all’interferenza risultante dall’uso di due fenditure.
Il parametro α dipende infatti dalla distanza tra le fenditure (d):
πd
πd x
;
(8)
sen(θ ) ≅
α≡
λ
λ D
nel caso d = 45 λ, la funzione sinusoidale corrisponde alle frange di interferenza mostrate
nel grafico in alto. La distribuzione angolare dell’intensità osservata sullo schermo
(Eq. (7)) è mostrata nel grafico in basso (nel caso in cui la distanza tra le fenditure è pari
a 9 volte la larghezza delle fenditure: d = 9a, a = 5 λ): le frange di interferenza [cos2(α)]
variano rapidamente e sono modulate dalla figura di diffrazione da singola fenditura
[sen2(β)/β2] che varia più lentamente.
È facile verificare che la figura di interferenza ha un minimo di intensità qundo
α = ± π/2, ± 3π/2, ± 5π/2, ... e ha un massimo di intensità quando α = 0, ± π, ± 2π, ± 3π,
.... Usando la definizione di α del’eq. (8), nell’approssimazione di piccoli angoli,
otteniamo la condizione per le posizioni (xmin) deii minimi di intensità:
dx min ⎛
1⎞
= ⎜ n − ⎟λ
D
2⎠
⎝
(con n = 0, ±1, ±2, ±3,...)
(9)
e la condizione per le posizioni (xmax) dei massimi di intensità:
dxmax
= nλ
(con n = 0, ±1, ±2, ±3,...). (10)
D
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9
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