Interpretare la biopsia intestinale: la collaborazione fra il pediatra ed il patologo.
Enrico Valletta e Paola Capelli
Dipartimento Materno-Infantile e di Biologia e Genetica - Sezione di Pediatria e Dipartimento di Patologia - Sezione di
Anatomia Patologica, Università di Verona, Policlinico “GB Rossi”, Verona.
A partire dalla metà degli anni ’70, lo sviluppo di endoscopi flessibili di misura adeguata al bambino ha
progressivamente soppiantato l’uso della capsula di Crosby-Kugler nel prelievo di biopsie della mucosa intestinale.
Esiste ancora, tuttavia, un apprezzabile numero di sostenitori della superiorità della capsula. I frammenti che è possibile
prelevare con quest’ultima sono infatti più consistenti, meglio orientabili per una accurata valutazione microscopica e
sono, in genere, di provenienza digiunale. D’altra parte, le biopsie perendoscopiche sono ottenibili più rapidamente e
con elevato margine di successo - pur essendo spesso di provenienza duodenale piuttosto che digiunale -, senza l’uso
del fluoroscopio ed in numero che può essere scelto di volta in volta dall’operatore. L’endoscopia consente,
contemporaneamente, la valutazione macroscopica di tutto l’alto tratto digestivo e il prelievo di ulteriori campioni
bioptici a diversi livelli di questo.
Diarrea cronica, scarso accrescimento, steatorrea, malnutrizione, disprotidemia, infezioni ricorrenti (intestinali e non),
o dolore addominale ricorrente sono solo alcuni dei quadri clinici che possono indicare l’esecuzione di una biopsia
intestinale. Ma se pensiamo alla crescente attenzione che hanno suscitato negli anni più recenti le presentazioni
cosiddette “atipiche” della celiachia, dobbiamo certamente includere tra le più frequenti indicazioni anche l’anemia
sideropenica non responsiva alla terapia marziale, la bassa statura, la familiarità per celiachia, l’ipertransaminasemia o
la presenza di patologie autoimmuni (il diabete insulino-dipendente innanzitutto) soprattutto quando siano sostenute da
un pattern sierologico di anticorpi antigliadina (AGA), antireticolina, antiendomisio (EMA) o antitransglutaminasi
consistente con il sospetto diagnostico. Alcune patologie si associano classicamente ad una lesione della mucosa (anche
se non sempre specifica), mentre in altre il quadro può essere variabile per frequenza ed entità (Tabella 1).
Nell’intestino normale l’altezza del villo è maggiore della profondità delle cripte con un rapporto villo/cripta >3; la
riduzione, o ancor più l’inversione, di questo rapporto indica un danno progressivamente crescente della mucosa fino al
completo appiattimento dei villi. L’enterocita è tipicamente interessato nella celiachia e nell’enterite postvirale (aspetto
cuboidale) oppure nella abetalipoproteinemia (vacuolizzazione). La tipizzazione dell’infiltrato cellulare della lamina
propria può dare importanti indicazioni sulla natura della patologia: un incremento dell’infiltrato eosinofilo suggerisce
una gastroenterite eosinofila o un’enteropatia allergica mentre l’assenza di plasmacellule si associa
all’agammaglobulinemia. L’infiltrato cellulare intraepiteliale è linfocitario nella celiachia (con incremento percentuale
della frazione linfocitaria T gamma/delta) e, talora, nella giardiasi. L’analisi enzimatica delle biopsie può evidenziare un
difetto di lattasi, saccarasi o maltasi. Colorazioni idonee del citoplasma apicale possono indicare un’atrofia microvillare
(ben evidenziabile anche in microscopia elettronica).
In realtà, il danno istologico osservato dal patologo è spesso “aspecifico” e la descrizione che ne deriva ha bisogno di
essere interpretata alla luce del complesso di dati (clinici e di laboratorio) che ha portato al sospetto clinico. D’altra
parte, l’osservazione “in cieco” della biopsia ha senso solo in determinati contesti di ricerca e la scarsità, o peggio,
l’assenza di adeguate informazioni rischia di privare il patologo di importanti elementi di conoscenza e di orientamento.
La maggiore facilità con la quale ricorriamo oggi alla biopsia intestinale e la crescente esigenza di diagnosi tempestive
o in fasi assai precoci della malattia richiedono che l’applicazione delle più opportune tecniche istologiche ed
immunoistochimiche siano “guidate” da un costante scambio di informazioni con il clinico.
Celiachia
L’evidenza dell’elevata prevalenza di questa intolleranza alimentare nella popolazione (1:100-200) e del grande
numero di forma cliniche “sommerse” non diagnosticate, insieme alla recente disponibilità di test sierologici di
screening estremamente sensibili, fa sì che il sospetto di celiachia rappresenti l’indicazione più frequente alla biopsia
intestinale nel bambino. L’iter bioptico per giungere alla diagnosi definitiva ha subito una consistente semplificazione:
la prima biopsia che mostra il danno della mucosa è ancora oggi ritenuta irrinunciabile ma è divenuto eccezionale il
ricorso ad un secondo e terzo prelievo in corso, rispettivamente, di dieta senza glutine e di scatenamento.
Le più severe anomalie istopatologiche si riscontrano nel duodeno e nel digiuno prossimale, con progressiva
diminuzione della gravità della malattia nel tratto distale. Le biopsie vanno eseguite nella seconda e terza porzione
duodenale o nel digiuno prossimale. E’ indicato fornire al patologo più frammenti di mucosa duodenale (almeno
quattro) per evitare erronee interpretazioni, legate alla ridotta dimensione del campione o ad un suo non perfetto
orientamento.
La diagnosi si basa sulla presenza di lesioni caratteristiche, sebbene non specifiche. Il danno della mucosa si
manifesta come alterazione dell'architettura dei villi associata ad iperplasia delle cripte e ad un infiltrato infiammatorio
della lamina propria costituito prevalentemente da plasmacellule e da un incremento dei linfociti intraepiteliali.
L'alterazione dell'architettura dei villi varia da una subatrofia di grado lieve con villi tozzi ed accorciati, ad una atrofia
completa con mucosa "piatta". Gli enterociti appaiono danneggiati o immaturi con irregolare allineamento e perdita
della fisionomia colonnare, diventando cuboidali o appiattiti con citoplasma basofilo e talvolta vacuolizzato e nuclei
affollati, per cui l'epitelio appare pseudostratificato. L'attività' mitotica è aumentata nelle cripte che appaiono espanse,
per cui lo spessore complessivo della mucosa rimane perlopiù inalterato. Vi è, in genere, un importante infiltrato
infiammatorio che si distribuisce in due comparti: nella lamina propria ed in sede intraepiteliale. L'infiltrato
infiammatorio della lamina propria è costituito prevalentemente da plasmacellule (fenotipicamente policlonali e
caratterizzate da prevalente espressione di catene pesanti IgM) ed, in minor misura, da linfociti (prevalentemente a
fenotipo T CD4+), istiociti ed eosinofili (1,2).
Tipico della celiachia è l’incremento dei linfociti T intraepiteliali (LIE), caratterizzati da fenotipo peculiare, in parte
CD8+, con incremento degli elementi che esprimono TCR gamma/delta. Essendo l'iniziale danno mucoso rappresentato
da un aumento del numero dei LIE con conservazione dell'architettura dei villi, l'unico reperto bioptico può, in alcuni
casi, essere rappresentato dall'aumento dei LIE in una mucosa a struttura complessivamente conservata. L'integrazione
dell'esame istologico tradizionale con metodiche di immunoistologia con anticorpi monoclonali specifici per diverse
sottopopolazioni di linfociti T è da molti considerata di grande utilità diagnostica nelle lesioni iniziali.
La diagnosi differenziale comprende patologie che possono causare almeno una focale alterazione dell'architettura
dei villi come l'enteropatia associata ad immunodeficit, l'allergia a proteine diverse dal glutine, alcune patologie
infettive ed altri quadri aspecifici.
La correlazione anatomo-clinica è fondamentale per la diagnosi. L'invio del materiale bioptico deve essere sempre
accompagnato da notizie cliniche relative al motivo che ha portato alla biopsia e alla dieta seguita dal paziente (libera o
priva di glutine), dal risultato dei test di laboratorio e deve essere specificato se trattasi di prima biopsia o di biopsia di
controllo. Va sottolineato come l'esame istologico, al di fuori di una sintesi anatomo-clinica, non consente di formulare
la diagnosi di celiachia. Le modificazioni istopatologiche osservate vanno espresse quindi in termini di "compatibilità"
con il sospetto clinico di celiachia, o di segnalazione di questa possibilità diagnostica. Riproponiamo a questo proposito
una sintesi dello schema diagnostico proposto dal Gruppo Italiano Patologi dell’Apparato Digerente come riferimento
standard per la formulazione della diagnosi di celiachia (Tabella 2)(3).
Nella pratica corrente non sono rare le occasioni nelle quali il confronto clinico-patologo si rende necessario di fronte
a quadri sfumati o problematici. Ne citeremo alcuni come esempio:
- il bambino di età inferiore ai 2 anni: gli EMA possono essere negativi pur in presenza di danno della mucosa e d’altra
parte vi è la possibilità di un’atrofia indotta dalle proteine del latte vaccino.
- sierologia positiva e assenza di lesione istologica: siamo di fronte ad una celiachia latente? Occorre, in questo caso
sfruttare a fondo anche le risorse immunoistochimiche o seguire il paziente rinunciando a dare “un’etichetta” e
riproporre la biopsia a distanza di tempo.
- sintomi di malassorbimento con sierologia dubbia o negativa: la diagnosi differenziale, in caso di alterazioni
istologiche, è più delicata.
- possibile duodenite da H. pylori : può creare qualche incertezza diagnostica (soprattutto nell’adulto) (4). Sarebbe utile
avere a disposizione anche biopsie gastriche per escludere l’infezione ed una concomitante gastrite.
- celiachia che non risponde alla dieta, “celiachia refrattaria”: appannaggio quasi esclusivo dell’adulto e forse spia di
una possibile enteropatia autoimmune o di un iniziale linfoma (5).
Enteropatia da proteine alimentari
Sindrome caratterizzata da diarrea cronica, steatorrea, perdita di peso, scarso accrescimento e segni di
malassorbimento, esordisce generalmente nei primi mesi di vita ed è legata a sensibilizzazione alle proteine del latte
vaccino (IPLV). Dal punto di vista istologico l'aspetto è simile a quello della celiachia anche se , in genere, meno grave
e con lesioni non uniformi (patchy). C'è atrofia dei villi di vario grado con iperplasia delle cripte ed infiltrato
infiammatorio della lamina propria ed intraepiteliale. A questo livello il fenotipo linfocitario T è prevalentemente
CD3+/CD8+ alfa/beta e la componente eosinofila è normale o lievemente aumentata (6,7).
Il quadro descritto si pone in diagnosi differenziale anzitutto con la celiachia, tanto che nella revisione del protocollo
ESPGAN del 1990 (8) si indicava, in bambini di età inferiore a due anni, l'opportunità di un iter bioptico più complesso
per escludere una IPLV. In realtà, l'enteropatia da PLV è evento la cui frequenza è andata riducendosi
progressivamente, divenendo francamente raro nell’ultimo decennio (6) e, d'altra parte, la sempre maggiore specificità
degli screening sierologici per la celiachia e l'analisi immunoistochimica dell'infiltrato intraepiteliale contribuiscono a
ridurre ulteriormente i margini di errore.
Di fronte ad un bambino piccolo con sintomi di malassorbimento va considerata anche la possibilità di un’enteropatia
da PLV ed, in genere, la biopsia intestinale è un passaggio obbligato. Nel 1986 de Sousa (9) proponeva un protocollo in
due biopsie, la prima dopo un periodo di 3-4 mesi di dieta priva di PLV (instaurata sulla base del sospetto clinico) e la
seconda dopo breve challenge (24-48 ore). Tuttavia, nei casi particolarmente gravi, si può soprassedere alla
provocazione ed alla relativa biopsia nell’attesa di una spontanea risoluzione del problema che, nella maggior parte dei
casi, si avrà entro i 2-3 anni di vita (6).
Altre patologie meno frequenti
Gastroenterite eosinofila (GE): disturbo caratterizzato da infiltrato eosinofilo della mucosa gastrointestinale
accompagnato da sintomi di malassorbimento o di enteropatia proteino-disperdente che possono variare in relazione al
tratto intestinale coinvolto ed alla profondità dell’infiltrato. E’ patologia che interessa tutta l’età pediatrica e che non
sempre è accompagnata da rilevante eosinofilia periferica (10). La diagnosi è affidata al patologo in stretta relazione
con le indicazioni offerte dal clinico. Non ci sono infatti criteri standardizzati per la diagnosi ed il rilievo istologico di
infiltrato eosinofilo accompagnato da sintomi intestinali anche sfumati deve far considerare la possibilità di una GE.
Quando presente, l’atrofia villare è irregolarmente distribuita e prevalente nel duodeno e nel digiuno prossimale (è
consigliabile avere più biopsie a diversi livelli). Oltre 20 eosinofili per campo microscopico sono suggestivi; tuttavia,
l’infiltrato eosinofilo è in sè segno aspecifico di infiammazione (si può osservare nell’infezione da Helicobacter pylori,
nella malattia di Crohn, nelle parassitosi), difficilmente quantificabile e probabilmente espressione di processi
immunopatologici diversi ed ancora, in larga parte, poco noti (11).
Giardiasi: l’infestazione da Giardia lamblia può dare sintomi di malassorbimento e diarrea pur accompagnandosi ad
un danno villare assai variabile ma perlopiù modesto. I trofozoiti sono visibili soprattutto nell’intestino prossimale e
appaiono, nelle biopsie duodenali o digiunali, alla superficie degli enterociti o all’interno dello strato mucoso.
L’alterazione dei villi è più frequente nei soggetti con immunodeficit (deficit di IgA o ipogammaglobulinemia), ha un
andamento “patchy” e può arrivare fino all’atrofia.
Sindrome da diarrea intrattabile o diarrea grave e protratta dell’infanzia: è definizione che comprende entità
nosologiche diverse, ad esordio precoce, decorso estremamente impegnativo ed esito infausto in un quarto dei casi (12).
Interessano, complessivamente, circa 1 su 100.000 lattanti/anno. Tra queste l’enteropatia autoimmune, l’atrofia
microvillare e la linfangectasia intestinale. Sono patologie rare per la cui diagnosi è spesso necessario un concorso di
competenze diverse (clinica, immunologica, istopatologica, ultrastrutturale) e che richiedono una gestione fortemente
specialistica. Il ruolo della biopsia intestinale è di documentare il danno intestinale suggerito dalla clinica ed escludere
le cause più frequenti di diarrea grave.
Tabella 1.
Patologie nelle quali è possibile osservare un’alterazione
istologica della mucosa intestinale.
____________________________________________________________
Costante presenza di alterazioni
Variabile presenza di alterazioni
_____________________________________________________
Celiachia
Ipogammaglobulinemia
Enteropatia autoimmune
Giardiasi
Abetalipoproteinemia
Criptosporidiosi
Agammaglobulinemia
Enterite postvirale
Atrofia microvillare
Allergia al latte vaccino / soia
Gastroenterite eosinofila
Linfangectasia
____________________________________________________________
Tabella 2. Schema di diagnosi istopatologica.
______________________________________________________________________________
Prima biopsia
Controllo
Tecnica bioptica: Capsula di Crosby
Capsula di Watson
Endoscopia
Numero di biopsie ______
Orientamento:
corretto
non corretto
Architettura (mucosa piatta per assenza di villi o se presenti villi): __________________
Villi:
Normali
Atrofia
lieve
moderata
severa
Rapporto villo/cripta ____________
Enterociti:
normali
diminuiti in altezza
vacuolizzazione
caratteristiche del brush-border: ________________________________
Linfociti intraepiteliali:
Cripte:
normali
normali
aumentati
iperplastiche
Lamina propria: ________________________________________________________
Ulteriori osservazioni: ___________________________________________________
Diagnosi istologica: ____________________________________________________
________________________________________________________________________________
(Modificato da Chiarelli S e Villanacci V)(3)
Bibliografia
1. Whitehead R. Mucosal biopsy of the gastrointestinal tract. Major Problems in Pathology vol. 3, Vth edition, WB
Saunders Company, Philadelphia 1997.
2. Fenoglio-Preiser C.M. Gastrointestinal Pathology. An Atlas and Text,2th edition. Lippincott-Raven, Philadelphia
1999.
3. Chiarelli S, Villanacci V (Gruppo Italiano Patologi dell’Apparato Digerente). Celiachia. Requisiti diagnostici minimi
per la diagnosi istopatologica. Pathologica 1998;90:809.
4. Shaoul R, Marcon MA, Okada Y, et al. Gastric metaplasia : a frequently overlooked feature of duodenal biopsy
specimens in untreated celiac disease. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2000 ;30 :397.
5. Ryan BM, Kelleher D. Refractory celiac disease. Gastroenterology 2000 ;119 :243.
6. Savilahti E. Food-induced malabsorption syndromes. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2000;30:s61.
7. Sampson HA, Anderson JA. Summary and recommendations: classification of gastrointestinal manifestations due to
immunologic reactions to foods in infants and young children. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2000;30;s87.
8. Working Group of European Society of Paediatric Gastroenterology and Nutrition. Revised criteria for the diagnosis
of coeliac disease. Arch Dis Child 1990;65:909.
9. de Sousa JS, da Silva A, Pereira MV, et al. Cow’s milk protein-sensitive enteropathy : number and timing of biopsies
for diagnosis. J Pediatr Gastroenterol Nutr 1986 ;5 :207.
10. Talley NJ, Shorter RG, Phillips SF, et al. Eosinophilic gastroenteritis : A clinicopathological study of patients with
disease of the mucosa, muscle layer, and subserosal tissue. Gut 1990 ;31 :54.
11. Kelly KJ. Eosinophilic gastroenteritis. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2000 ;30 :s28.
12. Working Group of the Italian Society of Pediatric Gastroenterology and Hepatology. Severe and protracted diarrhea:
results of the 3-year SIGEP multicenter survey. J Pediatr Gastroenterol Nutr 1999 ;29 :63.
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