Dossier
La sincope: un problema
per la sicurezza in ambito
lavorativo
Definizione e classificazione.....................................................................................................................................2
Epidemiologia..................................................................................................................................................................4
Diagnosi
............................................................................................................................................................................6
Strategia diagnostica: valutazione iniziale..............................................................................................................................6
Test diagnostici di secondo livello..........................................................................................................................................8
Come riconoscere le sincopi ad alto rischio......................................................................................................12
Sincope a evolutività immediata..........................................................................................................................................12
La sincope neuro-mediata........................................................................................................................................16
Cenni di fisiopatologia........................................................................................................................................................16
Terapia.............................................................................................................................................................................16
Ipotensione ortostatica.............................................................................................................................................20
Meccanismi eziopatogenetici...............................................................................................................................................20
Terapia.............................................................................................................................................................................22
Sincope e attività lavorativa....................................................................................................................................24
Il ruolo del medico del lavoro per la stratificazione del rischio e l’espressione del giudizio di idoneità...........................................24
La recidiva di sincope come fattore di rischio in ambito lavorativo...........................................................................................24
Stratificazione globale del rischio in ambito lavorativo............................................................................................................25
Conclusioni.......................................................................................................................................................................26
Dossier 2011
©Editore Zadig via Ampère 59, 20133 Milano
www.zadig.it - e-mail: [email protected]
tel.: 02 7526131 fax: 02 76113040
Direttore: Pietro Dri
Redazione:: Annalisa Miglioranzi
Autori dossier: Franca Barbic, Franca Dipaola, Giorgio
Costantino, Paolo Seghizzi, Raffaello Furlan
Definizione e classificazione
La sincope viene definita come una perdita di coscienza transitoria associata all'incapacità di mantenere un
adeguato tono posturale. L’esordio dell’evento sincopale è generalmente improvviso e il recupero spontaneo,
completo e rapido. Come indicato nell’ultimo aggiornamento delle Linee Guida della Società Europea di Cardiologia,1 la sincope trova posto all’interno del gruppo delle perdite di coscienza transitorie (T-LOC) non
traumatiche insieme alle forme comiziali, psicogene e ad altre forme rare di perdita di coscienza non sincopa li (per es. cataplessia, eccessiva sonnolenza diurna).
Il meccanismo fisiopatologico sottostante è, come sottolineato nella definizione stessa di sincope, un'ipoper fusione cerebrale globale transitoria. 1 Diversi studi hanno infatti dimostrato che una riduzione del flusso cerebrale del 35% o una sua completa interruzione per 5-10 secondi sono in grado di determinare una completa
perdita di coscienza; inoltre un calo dell'apporto di ossigeno del 20% è sufficiente a causare una perdita di coscienza.
L’esordio della sincope può essere preceduto da un corredo di sintomi prodromici (nausea, sudorazione, vi sione "a tunnel", astenia, sensazione di testa leggera) che ne preannuncia l'insorgenza. In altri casi la sincope
può non essere preceduta da alcuna sintomatologia. La presenza di prodromi in assenza di perdita di coscienza costituisce la presincope.
La sincope è un sintomo comune a un ampio spettro di patologie che include condizioni benigne, come nel
caso della sincope vasovagale, e condizioni ad alta mortalità, quali le forme associate a cardiopatia. La Tabella 1 riassume le principali cause di sincope secondo la classificazione proposta dalla European Society of
Cardiology.1 Si distinguono 4 classi eziologiche: 1) sincope neuro-mediata; 2) sincope ortostatica; 3) sincope
cardiaca aritmica; 4) sincope cardiaca strutturale.
1) Sincope neuro-mediata: è determinata da una risposta riflessa innescata da vari trigger (stress emotivo, ortostatismo protratto, manipolazione meccanica accidentale dei seni carotidei, tosse, minzione, deglutizone,
ecc...) con conseguente vasodilatazione e/o bradicardia.
2) Sincope ortostatica: si verifica quando la posizione ortostatica determina ipotensione arteriosa per incapa cità del sistema nervoso autonomo di rispondere adeguatamente allo stimolo gravitazionale o per presenza di
ipovolemia.
3) Sincope cardiaca aritmica: l'alterazione del ritmo cardiaco determina una riduzione della gettata cardiaca,
indipendentemente dal fabbisogno circolatorio.
4) Sincope cardiaca strutturale: incapacità del cuore di far fronte al fabbisogno circolatorio per presenza di
una patologia strutturale cardiaca (valvulopatie, ischemia miocardica, ecc...) o cardio-polmonare (embolia
polmonare).
Come già accennato, la sincope propriamente detta va distinta da altre patologie che determinano una perdi ta di coscienza "non sincopale", cioè non determinata da una ipoperfusione cerebrale globale transitoria (per
es. epilessia, disturbi metabolici, intossicazioni) e da patologie che mimano la perdita di coscienza, quali per
esempio i disturbi di conversione (sincope psicogena) (Tabella 2).
La diagnosi differenziale tra episodio sincopale e comiziale può essere talvolta difficoltosa. Ciò è determinato
dalla presentazione clinica spesso atipica dell’episodio comiziale, soprattutto se non associato a manifestazioni di natura tonico-clonica. Inoltre anche la presenza di disturbi motori di tipo convulsivo non è di per se dia gnostica di comizialità ma può verificarsi in seguito all’ipossia cerebrale da ipoperfusione globale che sottende l’evento sincopale. 1 Un recupero lento e graduale del normale stato di coscienza può essere un elemento
che orienta verso una genesi comiziale dell’episodio. La Tabella 3 riassume gli elementi maggiormente distintivi tra crisi comiziale ed episodio sincopale.
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Tabella 1: cause di sincope
Sincope
Cause
Neuro-mediata, riflessa
Sincope vasovagale (da stimolo emozionale, da stress ortostatico)
Sincope situazionale (tosse, minzione, deglutizione, dolore, post prandiale, post
esercizio, ecc...)
Sindrome del seno carotideo
Forme atipiche
Insufficienza sistema nervoso autonomo:
primitiva: PAF, MSA, morbo di Parkinson
secondaria: neuropatia diabetica; amiloidosi
Alcol e farmaci: vasodilatatori,diuretici, fenotiazine, antidepressivi
Deplezione di volume: emorragia, diarrea, vomito
Disfunzione del nodo seno-atriale
Alterazioni della conduzione atrio-ventricolare
Tachicardia parossistica sopraventricolare
Tachicardia ventricolare
Sindromi ereditarie (QT lungo, S. di Brugada)
Malfunzionamento di PM o ICD
Aritmie farmaco-indotte
Malattia valvolare
Infarto miocardico acuto/ischemia miocardica
Cardiomiopatia ostruttiva, mixoma atriale
Dissecazione aortica acuta
Malattia pericardica, tamponamento cardiaco
Tromboembolia polmonare, ipertensione polmonare
Da ipotensione ortostatica
Cardiaca aritmica
Cardiaca strutturale
o cardio-polmonare
Modificata da Moya et al. Eur Heart J 2009; 30: 2631-71.
Tabella 2: cause di perdita di coscienza non sincopale
Disordini senza perdita di coscienza
Cadute, catalessia, drop attacks
Pseudo sincope psicogena
Attacco ischemico transitorio carotideo
Disordini con perdita di coscienza
Disordini metabolici (ipoglicemia, ipossia, ipocapnia)
Epilessia
Intossicazioni
Attacco ischemico transitorio vertebro-basilare
Modificata da Moya et al. Eur Heart J 2009; 30: 2631-71.
Tabella 3: diagnosi differenziale tra sincope e crisi comiziale
Sintomo o segno
Aura
Prodromi
Colorito all’inizio dei sintomi
Movimenti della mascella
Pattern di convulsioni
Rotazione dei bulbi oculari
Deviazione coniugata degli occhi
Morsicatura della lingua
Incontinenza urinaria
Durata dell’evento
Disorientamento o sopore dopo
l’evento
Incremento delle CPK o delle LDH
Sincope
Assente
Saltuariamente presenti
Saltuariamente pallido
Rari e limitati nel tempo
(secondi)
Scoordinati, mioclonici dopo la
perdita di coscienza
Crisi comiziale
Raramente presente
Assenti
Saltuariamente rubizzo
Comuni e presenti per minuti
Comune
Assente
Assente
Rara
Secondi
Raro o assente
Generalizzati tonici e/o clonici
coincidenti con la perdita di
coscienza
Rara
Comune
Comune
Comune
Minuti
Comune
Assente
Presente
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Epidemiologia
La sincope è un sintomo di frequente riscontro nell'ambito della popolazione generale. Un'analisi dello studio
Framingham condotta nel 20022 ha documentato un'incidenza globale di sincope nella popolazione di età superiore a 20 anni pari a 6,2 casi/1000 persone/anno. L’incidenza è risultata maggiore per il sesso femminile,
con 3,6 casi/1000/anno, rispetto al sesso maschile, con 3,1 casi/1000/anno, e tende ad aumentare con l'età
in entrambi i sessi.
Una maggiore frequenza di sincope di origine cardiogena è stata riscontrata nei soggetti di sesso maschile. 1
Circa il 35% dei pazienti che hanno manifestato un episodio di perdita di coscienza nel corso della vita va in contro ad altri episodi sincopali entro 3 anni di follow-up. L’82% delle recidive si manifesta entro i primi 2
anni.3 Le recidive non sembrano correlate a un incremento di mortalità ma possono peggiorare la qualità di
vita del paziente come avviene per altre malattie croniche invalidanti. Un recente studio condotto da Ganzeboom e coll.4 ha mostrato come il numero di pazienti che si rivolgono al Pronto Soccorso per una sincope è
pari a 0,7/1000 pazienti/anno mentre l’incidenza di sincope nella popolazione generale sarebbe compresa tra
18,1 e 39,7 /1000 pazienti/anno, mettendo in luce come i dati epidemiologici a oggi disponibili per descrivere
e studiare la sincope si riferiscano a una piccola parte delle forme che realmente si manifestano nella popola zione generale. Questo dato deve essere tenuto in considerazione in quanto il Medico del Lavoro potrebbe essere il primo, o addirittura l’unico, a identificare nell’ambito della propria attività sanitaria una sincope non
ulteriormente indagata. Lo stesso studio riporta inoltre che, nella fascia di età 35-60 anni circa, il 35% dei
soggetti aveva avuto almeno un episodio sincopale nella propria vita con una modesta prevalenza per il sesso
femminile. Il rischio di recidiva dopo il primo evento interessava circa il 62% dei soggetti e dopo il secondo
circa il 77%.
La frequenza delle cause di sincope nelle varie casistiche dipende in parte dal tipo di approfondimenti diagnostici effettuati. In uno studio italiano condotto su 980 pazienti valutati per sincope 5 è stata diagnosticata
una sincope neuromediata nel 45% dei casi, una sincope cardiaca nel 11%, un'ipotensione ortostatica nel 6%,
una sindrome cerebro-vascolare nell'1%, una sincope indeterminata nel 19%. L’eziologia neuromediata è risultata la più frequente (28%) anche in una casistica di 497 pazienti presentata da Kapoor e coll., 6 mentre l’eziologia cardiaca e l’ipotensione ortostatica sono state diagnosticate entrambe nel 15% dei casi.
In letteratura diversi autori hanno valutato la mortalità per sincope a un anno. Numerosi studi effettuati negli anni '80 hanno dimostrato che la mortalità a un anno dei pazienti con sincope di origine cardiaca è più
alta (dal 18% al 33%) rispetto a quella dei pazienti con cause non cardiache (0 - 12%) o con sincope di origine
non determinata (6%).3,7,8 L’incidenza annuale di morte improvvisa è del 24% per i pazienti con cause cardiache rispetto al 3 - 4% per gli altri due gruppi.3,7,8
La sincope cardiaca è stata dimostrata essere un indicatore indipendente di aumentato rischio di morte e di
morte improvvisa.3,8 Tuttavia, in un lavoro successivo, Kapoor e Hanusa, confrontando la prognosi di una
coorte di pazienti con sincope con un gruppo di pazienti con caratteristiche analoghe senza sincope, conclu dono che la sincope di per sé non rappresenta un fattore di rischio per mortalità o eventi cardiovascolari ben sì la spia della sottostante patologia cardiaca strutturale, vero determinante della prognosi in questi pazienti. 9
Scarsi sono i dati in letteratura riguardanti la mortalità a breve termine per sincope. Lo studio italiano EGSY S5 riporta un dato di mortalità a breve termine tra i pazienti ricoverati pari all'1%. Tuttavia non viene valutata
la mortalità dei pazienti dimessi né vengono specificati altri eventuali interventi terapeutici (impianto di pa cemaker o terapie antiaritmiche) che possano aver modificato la prognosi dei pazienti con sincope ricoverati.
In uno studio di Quinn e coll.10 vengono analizzati i dati di mortalità e gli eventi maggiori verificatisi a 7 giorni all'evento sincopale in una coorte di 684 pazienti valutati in Pronto Soccorso per sincope. Il tasso di mor talità a 7 giorni in tali pazienti è risultato pari allo 0,7% e la frequenza di eventi maggiori pari all'11,5%. E’ tut tavia da considerare che in questo studio sono stati inclusi anche pazienti nei quali la sincope era sintomo di
una patologia acuta diagnosticata in Pronto Soccorso, quale infarto miocardico o tromboembolia polmonare,
pertanto è verosimile che il dato di mortalità riportato sia stato influenzato dalla prognosi di tali gravi patolo gie.
Il problema della prognosi a breve termine della sincope, il confronto con la prognosi a un anno e la determinazione dei relativi predittori indipendenti di rischio sono stati recentemente analizzati in uno studio osservazionale multicentrico italiano. 11 Da tale studio è emerso che gli eventi avversi che seguono a un evento sin copale nel breve termine (entro 10 giorni) sono pari al 6,1% con una mortalità pari a 0,7%; la mortalità com plessiva a un anno è risultata pari al 6%.
Per quanto riguarda più specificamente la popolazione in età lavorativa, un sottostudio dello studio STePS
condotto da Barbic e coll.12 ha mostrato come i soggetti in età lavorativa rappresentavano circa il 50% del to-4-
tale dei pazienti afferiti per sincope ai PS degli ospedali considerati; di questi circa il 76% era stato dimesso e
il 72% aveva avuto una sincope preceduta da prodromi, condizione che depone per una forma benigna di na tura neuro-mediata, mentre solo il 20% aveva riportato un trauma maggiore; inoltre la maggior parte dei
soggetti non presentava patologie di rilievo in anamnesi. Tuttavia, una sincope neuro-mediata che insorga
durante un'attività lavorativa ad alto rischio per la sicurezza, rende il problema più complesso e richiede una
gestione del paziente con una prospettiva polispecialista che coinvolga anche il Medico del Lavoro.
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Diagnosi
La sincope costituisce un problema comune nelle strutture sanitarie e rende conto del 3% degli accessi in
Pronto Soccorso e del 6% dei ricoveri ospedalieri. 13
Il ricovero ospedaliero è frequente nei pazienti affetti da perdita di coscienza a causa della difficoltà nello sta bilire la causa della sincope nel contesto del Pronto Soccorso e del potenziale rischio di aritmie ventricolari o
morte improvvisa. Uno studio multicentrico condotto in Italia ha mostrato un’incidenza di sincope in Pronto
Soccorso pari allo 0,95% degli accessi con un tasso di ricovero pari al 46%. 5 Analogamente, in una recente casistica11 il tasso di ricovero dei pazienti con sincope è risultato pari al 43%, mentre Quinn e coll. riportano
una percentuale di ricovero pari al 55%.14
Nonostante l’elevata percentuale di ricovero e l’impiego di strategie diagnostiche aggressive, l’eziologia della
sincope rimane indeterminata nel 20-50% dei pazienti. 14 Negli ultimi anni, al fine di migliorare l’efficacia del
percorso diagnostico e ottimizzare l’impiego delle risorse, sono stati compiuti sforzi per standardizzare la va lutazione clinica della sincope,15-17 anche attraverso l’implementazione delle linee guida, 18 mentre la ricerca si
è focalizzata sul problema della stratificazione del rischio allo scopo di individuare con maggiore accuratezza
i pazienti ad alto rischio e conseguentemente limitare i ricoveri non necessari.
Strategia diagnostica: valutazione iniziale
Le linee guida per la diagnosi e la terapia della sincope della European Society of Cardiology (ESC) 1 stabiliscono che tutti i pazienti con sincope siano sottoposti ad accurata anamnesi, esame obiettivo, misurazione
della PA in clino e ortostatismo e a un ECG a 12 derivazioni ("valutazione iniziale").
L'anamnesi deve essere finalizzata a indagare i seguenti aspetti:
1. condizioni precedenti la sincope (posizione, fattori predisponenti, eventi precipitanti);
2. insorgenza della sincope (sintomatologia prodromica, aura, dolore associato);
3. modalità della sincope (caduta, colorito, pattern respiratorio, durata della perdita di coscienza, movimenti,
eventuale morsus);
4. termine della sincope (nausea, vomito, confusione, mialgie, incontinenza sfinterica, traumi, dolore toracico, cardiopalmo);
5. anamnesi patologica (familiarità per morte improvvisa, malattie cardiache, neurologiche, metaboliche, farmaci);
6. ricorrenza della sincope (tempo dal primo episodio, numero).
L' esame obiettivo dovrà considerare accuratamente:
1. pressione arteriosa (differenza >20 mmHg tra arto superiore destro e sinistro o tra arti superiori e inferiori
in clinostatismo);
2. polsi arteriosi (assenti, deboli-ritardati, polso paradosso);
3. obiettività cardiaca (3°- 4° tono, soffi cardiaci);
4. turgore giugulare (segno di Kussmaul);
5. obiettività addominale (masse pulsanti, polsi femorali assenti o ridotti);
6. obiettività neurologica (segni di TIA vertebro-basilare, neuropatia, disautonomia).
La misurazione della pressione in clino e ortostatismo presuppone almeno tre misurazioni ripetute (a
intervalli di circa 1 minuto) dopo 5 minuti di clinostatismo e 3 minuti di ortostatismo.
Si definisce ipotensione ortostatica una riduzione della PA sistolica di 20 mmHg o un valore di PA sistolica
<90 mm Hg (a prescindere dall’occorrenza dei sintomi).3
Nelle Tabelle 4 e 5 sono riportati i criteri diagnostici (clinici ed elettrocardiografici) e gli elementi suggestivi
di specifiche cause di sincope ottenibili in base alla valutazione iniziale.
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Tabella 4: criteri diagnostici di sincope derivati dalla valutazione iniziale
Sincope
Criteri diagnostici basati sulla valutazione iniziale
Vasovagale
Associazione con eventi precipitanti (i.e. stress emotivo, dolore, ortostatismo
prolungato)
Situazionale
Perdita di coscienza durante o subito dopo minzione, defecazione,
deglutizione, tosse
Ortostatica
Riscontro di ipotensione ortostatica associata a sincope o presincope.
Cardiaca ischemica
Evidenza elettrocardiografica di ischemia miocardica acuta
Cardiaca aritmica
Evidenza elettrocardiografica di
bradicardia sinusale < 40 bpm o blocchi seno-atriali ripetuti;
pause sinusali > 3 s (in assenza di terapia);
BAV II tipo Mobitz 2, BAV III;
alternanza di BBS e BBD;
parossismi di TSV o TV;
malfunzionamento di PM con pause cardiache.
Modificata da Moya et al. Eur Heart J 2009; 30: 2631-71.
Tabella 5: elementi clinici suggestivi per specifiche cause di sincope
Sincope
Elementi clinico-anamnestici suggestivi
Vasovagale
Non storia di cardiopatia, ortostatismo prolungato, luoghi caldi o affollati, nausea o
vomito, dopo rotazione del collo o pressione su seno carotideo, dopo esercizio;
Ortostatica
Dopo ortostatismo/ortostatismo prolungato, relazione temporale con assunzione di
farmaci ipotensivi, presenza di disautonomia (es. Parkinson), dopo esercizio;
Cardiaca
Storia di cardiopatia severa, preceduta da cardiopalmo o accompagnata da dolore
toracico, storia familiare di morte improvvisa, assenza di prodromi, durante
esercizio o in clinostatismo; presenza all'ECG di:
- blocco bifascicolare (BBS o BBD + EAS o EPS);
- anomalie di conduzione intra-ventricolare (QRS ≥
0.12 s);
- BAV II tipo Mobitz 1;
- bradicardia sinusale asintomatica (<50 bpm);
- blocco seno-atriale o pause sinusali ≥ 3 s in assenza di trattamento;
- QRS pre-eccitati; QT lunghi;
- BBD + sopraslivellamento ST in V1-V3 (S. Brugada);
- onde T negative nelle precordiali destre, onde epsilon, potenziali ventricolari
tardivi suggestivi per displasia aritmogenica del ventricolo destro;
- onde Q suggestive per infarto miocardico;
Modificata da Moya et al. Eur Heart J 2009; 30: 2631-71.
La valutazione iniziale di per sé consente di accertare l’eziologia della sincope in circa la metà dei casi. 18 In
presenza di elementi clinico-anamnestici solo suggestivi per sincope cardiaca, la diagnosi dovrà essere confermata con test strumentali specifici (ecocardiogramma, test da sforzo, monitoraggio ECG prolungato ed
eventualmente studio elettrofisiologico). Nei pazienti senza caratteristiche cliniche o elettrocardiografiche
suggestive per sincope cardiaca, strutturale o aritmica, è indicata una valutazione per sincope neuromediata
solo in caso di episodi sincopali ricorrenti o con conseguenze traumatiche maggiori: tilt test, massaggio del
seno carotideo e, se negativi, monitoraggio ECG prolungato e loop recorder impiantabile. Qualora l'eziologia
della sincope resti indeterminata dopo la valutazione iniziale o l'eventuale sospetto di sincope cardiaca non
venga confermato da indagini appropriate, è indicata l'esecuzione di test neuro-autonomici solo nel caso di
sincopi recidivanti o severe. La maggioranza delle sincopi singole o rare infatti è generalmente di origine neuro-mediata e non necessita di test di conferma.
Le raccomandazioni delle linee guida ESC sottolineano inoltre che l'esecuzione di esami di laboratorio è indicata solo in caso di evidente perdita di volume circolante o se è ipotizzata una causa metabolica; inoltre, in
caso di sincope occorsa durante o immediatamente dopo sforzo, ecocardiogramma e test da sforzo devono essere eseguiti in prima istanza. Infine, nei pazienti con sincopi ricorrenti frequenti, con sintomi multipli e nei
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quali la valutazione iniziale evidenzi stress, ansia e possibili disturbi psichiatrici è raccomandata una valuta zione psichiatrica.
Quando il meccanismo della sincope rimanga inspiegato al termine di una valutazione completa, è indicato
l’impianto di un loop recorder nei pazienti che presentano caratteristiche cliniche o ECG suggestive per sincope aritmica o storia di sincopi ricorrenti con danni fisici. 1
Test diagnostici di secondo livello
Ecocardiogramma
E' indicato: nei casi di sospetta sincope cardiaca per valutare la funzionalità cardiaca e stratificare il rischio.
E' controindicato/inutile: negli altri casi, anche se per alcuni autori è comunque indicato > 50 anni.
Criteri diagnostici: consente una diagnosi eziologica di sincope solo nel caso di mixoma atriale e stenosi aor tica severa1 ma può fornire un utile supporto anche in caso di embolia polmonare o cardiomiopatia ipertrofica.
Performance del test: resa diagnostica bassa in assenza di evidenza clinica o elettrocardiografica di cardiopatia; 5-10% in una casistica di pazienti non selezionati.4,19
Test da sforzo
E' indicato: nei casi di sincope occorsi durante o subito dopo sforzo o nel sospetto di cardiopatia ischemica
(utile ecocardiogramma precedente ed accurata valutazione di PA ed ECG durante il test e la fase di recupe ro).
E' controindicato/inutile: negli altri casi.
Criteri diagnostici: il test è diagnostico se le alterazioni elettrocardiografiche ed emodinamiche e la sincope si
riproducono durante o subito dopo lo sforzo o se compare un BAV di II grado tipo Mobitz 2 o un BAV di III
grado anche in assenza di sincope.
Performance del test: resa diagnostica <1% (in studi di popolazione con sincope in generale). 8
ECG Holter
E' indicato: nei casi con caratteristiche cliniche o elettrocardiografiche suggestive di sincope aritmica (vedi
Tabella 5) e storia di episodi sincopali o pre-sincopali molto frequenti (> 1/ settimana).
E' controindicato/inutile: negli altri casi.
Criteri diagnostici: il test è diagnostico qualora venga rilevata una correlazione tra anomalia elettrocardiografica (tachi o bradiaritmia) e sincope. Il test è diagnostico anche in assenza di sincope se riscontro di BAV di II
grado tipo Mobitz 2 o BAV di III grado, pause ventricolari > 3 s, parossismi rapidi di TV.
Performance del test: resa diagnostica 1-2% in popolazioni non selezionate di pazienti con sincope .
Loop recorder esterno
Dispositivo esterno dotato di elettrodi cutanei che consente registrazioni elettrocardiografiche prospettiche e
retrospettive prolungate (fino ad alcune settimane).
E' indicato: possibile utilità nei casi con caratteristiche cliniche o elettrocardiografiche suggestive di sincope
aritmica (Tabella 5) e intervallo libero tra gli episodi sincopali > 4 settimane.
E' controindicato/inutile: negli altri casi.
Criteri diagnostici: vedi ECG Holter.
Performance del test: resa diagnostica fino al 25% in casistiche di pazienti con sincope altamente selezionate
(alta percentuale di ricorrenze) e se eseguite registrazioni retrospettive.
Loop recorder impiantabile (ILR)
E' un dispositivo delle dimensioni di un comune accendino che viene posizionato in una tasca toracica sotto cutanea e consente un monitoraggio elettrocardiografico prolungato fino a 36 mesi. Attivato automaticamente o per intervento del paziente dopo un episodio sincopale, è in grado di registrare retrospettivamente l'ECG
per almeno 45 minuti.
E' indicato: nei casi con caratteristiche cliniche o elettrocardiografiche suggestive di sincope aritmica (Tabella 5) o nei casi di sincopi ricorrenti e gravi danni fisici rimasti inspiegati dopo l'esecuzione di test convenzionali. Può essere utile nel paziente che svolge attività lavorativa a rischio per la sicurezza in caso di sincopi ri -
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correnti di sospetta natura cardiaca aritmica. Infatti tale esame è in grado di ridurre il numero di sincopi a
eziologia ignota e di avviare a procedimenti terapeutici fondamentali soggetti che potrebbero poi riprendere
la propria attività lavorativa senza ulteriori limitazioni.
E' controindicato/inutile: negli altri casi.
Criteri diagnostici: vedi ECG Holter.
Performance del test: in casi selezionati la resa diagnostica del dispositivo impiantato per 8-10 mesi è risultata pari al 25-40%. Uno studio recente suggerisce che l'applicazione precoce di un ILR può essere utile anche
per indicare la terapia più efficace in caso di sincopi recidivanti di sospetta origine neuromediata.
Studio elettrofisiologico
E' un cateterismo cardiaco che utilizza la stimolazione elettrica endocardica (nel seno coronarico) ed epicar dica per rivelare e registrare aritmie primarie all'origine della sincope.
E' indicato nei casi suggestivi di sincope aritmica: alterazioni elettrocardiografiche e/o cardiopatia struttura le, sincope associata a palpitazioni o familiarità per morte cardiaca improvvisa (Tabella 5).
E' controindicato/inutile negli altri casi.
Criteri diagnostici: il test è da considerarsi diagnostico in caso di bradicardia sinusale con tempo di recupero
seno-atriale corretto per la frequenza cardiaca (CSNRT) molto prolungato oppure in caso di blocco bifascico lare e intervallo HV ≥ 100 ms, blocco His-Purkinje di 2°-3° durante stimolazione atriale incrementale, induzione di tachicardia ventricolare sostenuta monomorfa, induzione di aritmia sopraventricolare rapida che riproduce sintomi ipotensivi o sincopali. Un risultato negativo può non escludere completamente una causa
aritmica di sincope, pertanto, in presenza di elevato sospetto clinico, sono raccomandati ulteriori accertamenti (per esempio l'impianto di un loop recorder).
Performance del test: resa diagnostica pari a circa 50% nei pazienti con patologia cardiaca, 10% nei pazienti
senza patologia cardiaca.
Test diagnostici per lo studio del sistema nervoso autonomo
In accordo con le ultime Linee Guida ESC, 1 nell’iter diagnostico di un paziente con sincope a basso rischio di
evolutività nel breve termine, e in particolare nel caso di soggetti che possono operare in condizioni di rischio
lavorativo, è necessario intraprendere una serie di tests diagnostici allo scopo di evidenziare eventuali disfunzioni del sistema nervoso autonomo come causa della perdita di coscienza. Di seguito è indicato un protocollo
di studio completo cui il paziente può essere sottoposto:
• posizione supina per 10-15 minuti;
• stima dell'aritmia sinusale (respiro controllato 6 atti/min): si valuta il rapporto tra frequenza
cardiaca - massima e minima durante il test (v.n. FCmax/FCmin > 1.2);
• manovra di Valsalva (espirazione a glottide chiusa): si esegue facendo espirare il paziente per circa 10
secondi all’interno di una siringa tappata (pressione pari a circa 40 mmHg). Si valuta il rapporto tra
frequenza cardiaca massima e minima durante il test (v.n. FCmax/FCmin > 1.4);
• prelievo venoso per dosaggio catecolamine solo in caso di sospetto di disautonomia;
• Tilt Test;
• prelievo venoso per il dosaggio catecolamine dopo 5’ di ortostatismo solo in caso di sospetta
disautonomia;
• massaggio del seno carotideo in clinostatismo e ortostatismo (eta> 40 anni);
• iperventilazione: nel caso si sospetti che la sincope possa essere favorita da una modifica del pattern
respiratorio che determini una riduzione di CO2 circolante;
Tale protocollo di studio richiede di monitorare le seguenti variabili:
• ECG in continuo;
• pressione arteriosa battito-battito non invasiva;
• attività respiratoria, con cintura toracica;
• ETCO2 (end-tidal CO2), se si sospetta che la modifica del pattern respiratorio possa determinare una
ipocapnia da iperventilazione in grado di indurre la perdita di coscienza
• catecolamine plasmatiche.
Dei vari test indicati descriveremo brevemente il Tilt Test e il Massaggio del Seno Carotideo.
Tilt test
Permette di sottoporre il paziente a stimolo gravitazionale in modo standardizzato. Si basa sull'impiego di un
lettino dotato di motore elettrico che consente di far ruotare il soggetto dalla posizione orizzontale fino a
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quella verticale (angolo massimo compreso tra 60 e 75°) monitorizzando in continuo la frequenza cardiaca, la
pressione arteriosa e, quando possibile, l'attività respiratoria. L'end point clinico dello studio è definito dall'induzione della sincope o dal raggiungimento della durata massima del tilt (45 minuti) inclusa l'eventuale
stimolazione farmacologica con nitroglicerina o isoproterenolo.
E' indicato: in caso di episodio sincopale singolo in condizioni di alto rischio o in caso di sincopi recidivanti in
assenza di cardiopatia (o in presenza di cardiopatia quando sia stata esclusa una causa cardiaca di sincope), o
quando sia clinicamente rilevante dimostrare la suscettibilità del paziente alle sincopi neuro-mediate.
E' controindicato/inutile: negli altri casi, specie quando la diagnosi clinica di sincope neuro-mediata è chiara
e la dimostrazione della suscettibilità a meccanismi riflessi non modifica l'approccio terapeutico.
Criteri diagnostici: Il test è considerato positivo alla comparsa di sincope. In base alle variazioni emodinami che provocate, nel 1992 è stata proposta una classificazione delle risposte positive al tilt, recentemente rivisitata.20 Possono essere distinte risposte vasodepressive (tipo 3) da risposte cardioinibitorie senza o con asistolia (tipo 2A e 2B) o risposte miste (tipo 1).
In presenza di cardiopatia strutturale è necessario escludere cause cardiache o aritmiche di sincope prima di
considerare il test positivo diagnostico di sincope neuro-mediata.
Performance del test: La specificità del test negativo è pari circa al 90% (incidenza di falsi positivi 10%) men tre la sensibilità è tuttora non ben definita 21,22 e può variare, a scapito della specificità, in relazione al protocollo impiegato e alla selezione dei pazienti. La resa diagnostica media è ≤60%.
Massaggio del seno carotideo.
E' utilizzato per la diagnosi della sincope seno-carotidea. Viene eseguito praticando una compressione manuale in corrispondenza delle carotidi, previa auscultazione per escludere la presenza di soffi, alternativamente per 5-10 secondi a destra e sinistra, sia in clino che in ortostatismo. Durante la manovra è raccoman dato il monitoraggio continuo di ECG e pressione arteriosa.
E' indicato: nei pazienti > 40 anni con sincope indeterminata dopo la valutazione iniziale.
E' controindicato: nei pazienti a rischio di ictus carotideo. E' inutile: nei pazienti < 40 anni.
Criteri diagnostici: il test è considerato positivo alla comparsa di sincope durante o subito dopo il massaggio
in presenza di asistolia > 3 secondi e/o riduzione della PA sistolica ≤ 50 mm Hg.
Le risposte possono essere classificate come cardioinibitorie, vasodepressive o miste.
Performance del test: La resa diagnostica del test varia dal 4% nei pazienti < 40 anni fino ad oltre il 40% nei
pazienti > 80 anni23 e può aumentare eseguendo l'esame durante il tilt-test 24, anche per una migliore valutazione della componente vasodepressiva nella sindrome seno-carotidea.
Valutazione neurologica
Comprende valutazione clinica, neuroimaging (TC e RMN encefalo), ecodoppler TSA (circolo posteriore),
EEG. E' indicata nelle patologie di seguito elencate.
1. Disautonomie: primitive (malattie degenerative del SNC: PAF, MSA, Parkinson), secondarie (diabete, insufficienza renale, insufficienza epatica, etilismo), indotte da farmaci (antidepresivi triciclici, fenotiazine,
MAO inibitori, antistaminici, levodopa).
La valutazione neurologica sarà indicata nei casi di ipotensione ortostatica, sincope accompagnata da altri se gni-sintomi disautonomici quali impotenza o disturbi minzionali, da segni neurologici (parkinsonismo) o di
altre patologie sistemiche.
2. Patologie cerebrovascolari: sindromi da "furto vascolare" (ipoperfusione cerebrale transitoria che si verifica quando, in concomitanza di un'occlusione vascolare in un arto, si crea uno shunt nel circolo cerebrovascolare per supplire le richieste funzionali sia del SNC che dell'arto durante sforzo, per esempio "furto della suc clavia"); attacchi ischemici transitori vertebro-basilari (sincope generalmente associata a vertigini e atassia),
ricordare che i TIA carotidei non provocano perdita di coscienza e pertanto non rientrano nella diagnosi differenziale della sincope; emicrania vertebro-basilare (perdita di coscienza generalmente prolungata e associata ad altri segni neurologici).
3. Patologie con perdita di coscienza non sincopale o solo apparente: epilessia, cataplessia, drop attacks (cadute inspiegate a eziopatogenesi incerta).
E' controindicata/inutile: negli altri casi.
Performance dei test: TC encefalo: resa diagnostica pari al 4% in pazienti con segni neurologici focali o crisi
convulsiva in presenza di testimoni (non sono riportati in letteratura dati relativi la resa diagnostica della
RMN encefalo); Doppler TSA (o transcranico): resa diagnostica scarsa in assenza di segni di insufficienza
vertebro-basilare; non esiste infatti correlazione tra patologia del circolo anteriore e sincope, EEG: scarsa
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resa diagnostica in casi di sincope non selezionati (< 0,01%). La resa diagnostica complessiva varia dal 2 al
6%.
Valutazione psichiatrica
E' indicata in caso di pseudo-sincopi psicogene (disturbi di conversione, attacchi di panico, depressione) e
nel caso in cui una eventuale ipotensione ortostatica-sincope indotta da farmaci antipsicotici richieda una revisione della terapia. Le sincopi psicogene vanno sospettate in pazienti giovani, a basso rischio cardio-vascolare, con ricorrenze frequenti che occorrono generalmente in presenza di testimoni e senza conseguenze traumatiche di rilievo.
La pseudo-sincope psicogena può essere riprodotta durante tilt test con una risposta psico-somatica (sincope
apparente ma parametri emodinamici stabili).
E' controindicata/inutile: negli altri casi.
Performance del test:resa diagnostica 25% .
Nella Tabella 6 sono riportati gli accertamenti indicati per varie classi di pazienti distinti in base all'età e al
sospetto diagnostico.
Tabella 6: esami diagnostici raccomandati in varie classi di pazienti.
Sincope cardiaca
Ecocardiogramma
Test da sforzo
ECG Holter/Loop recorder
Studio elettrofisiologico
Sincope non cardiaca
Età < 45-65 anni
Valutazione ambulatoriale
Tilt test (eventuale)
Età > 45-65 anni
Massaggio del seno carotideo
Tilt test
Valutazione neurologica
Anamnesi farmacologica
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Come riconoscere le sincopi ad alto rischio
Si è già sottolineato come la sincope sia un sintomo non solo molto frequente ma anche con conseguenze cli niche molto variabili. La maggior parte degli episodi sincopali è infatti del tutto benigna mentre alcune patologie che esordiscono con sincope possono portare a morte in poche ore o in pochi giorni.
E’ pertanto opportuno che tutti i soggetti che sperimentano un primo episodio sincopale o i soggetti con ri correnze sincopali non opportunamente inquadrate dal punto di vista diagnostico vengano inviati in Pronto
Soccorso per eseguire una valutazione iniziale completa (anamnesi, esame obiettivo, ECG a 12 derivazioni,
misurazione della PA in clino e ortostatismo) ed eventualmente accertamenti di secondo livello che possano
essere indicati. Poiché tuttavia il Medico del Lavoro potrebbe essere il primo, e in alcuni casi l’unico, medico
a valutare il paziente dopo l’episodio sincopale, si vuole fornire in questa sezione alcuni elementi clinici che
possano essere utili a riconoscere situazioni potenzialmente a rapida evolutività e/o ad alto rischio.
Sincope a evolutività immediata
E’ sincope ad evolutività immediata? Di fronte a una perdita di coscienza bisogna chiedersi sempre se questa
possa avere conseguenze drammatiche nell’immediato, nel corso cioè di minuti, ore o al massimo giorni.
Questo implicherebbe infatti necessariamente un iter gestionale diverso rispetto a quello di un paziente a
basso rischio o con un rischio di mortalità aumentato ma non a rapida evolutività. Fortunatamente il numero
di episodi sincopali cui fa seguito la morte in pochi minuti/ore è relativamente basso. La percentuale di mor te a una settimana di distanza è pari circa all'1% nei vari studi. 5,11,14 Ne consegue che la ricerca di indicatori affidabili nel breve termine per discriminare i pazienti con sincope a evolutività immediata dagli altri non è stata adeguatamente affrontata in letteratura. A oggi esiste infatti un’unica scala di rischio derivata nel breve
termine, la San Francisco Syncope Rule (SFSR)14 ma gli studi di validazione di tale scala hanno fornito risultati molto discordanti.25-27
Le cause di sincope che possono avere evolutività nel breve termine sono riportate nel Box 7.
Box 7: principali cause di sincope da escludere precocemente per la loro gravità
Cause di sincope a potenziale rapida evolutività
Infarto miocardico acuto (IMA)
Embolia polmonare (TEP)
Dissecazione aortica
Tamponamento cardiaco
Pneumotorace iperteso
Aneurisma dell’aorta addominale in rottura
Emorragia interna
Aritmia cardiaca maligna
Gravidanza ectopica
Emorragia subaracnoidea
Dissecazione carotidea o vertebrale
Embolia grassosa
Un possibile metodo per individuare una sincope ad evolutività immediata è quello di indagare la presenza di
sintomi/segni unificanti per le varie patologie elencate nel Box 7, quali:
− dispnea
− dolore
− sintomi/segni neurologici (cefalea, segni di lato, ecc...)
Tutti i pazienti con almeno uno di tali sintomi/segni dovrebbero essere considerati potenzialmente ad alto rischio e valutati immediatamente per escludere le patologie sopra elencate. Non vi sono validazioni in letteratura di tali criteri ma è in corso uno studio del nostro gruppo per valutare la sensibilità e la specificità di tali
sintomi nel riconoscere i pazienti a rischio di evoluzione infausta a breve termine. Nella Tabella 8, di seguito riportata, sono invece elencati alcuni elementi anamnestici, segni obiettivi e sintomi che possono essere
associati alle diverse cause di sincope.
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Tabella 8: sospetti diagnostici sull’origine della sincope a seconda del quadro clinico
Segni o sintomi
Sincope improvvisa in posizione non ortostatica a riposo
Sincope durante esercizio fisico
Prodromi (sensazione di testa vuota)
Prodromi (palpitazioni)
Prodromi (dispnea)
Prodromi (dolore toracico)
Prodromi (dolore lombare)
Prodromi (dolore addominale)
In corso di rotazione o di estensione del capo
Durante sforzo dell’arto superiore
Durante o subito dopo tosse, riso, minzione, vomito,
singhiozzo, ponzamento, stretching
Dopo stazione eretta prolungata
Dopo stimolo emotivo intenso
Uso di sostanze illecite
Cefalea recente
Sintomi neurologici
Feci picee
Recente perdita di liquidi (diarrea, vomito, sudorazione)
Recente pranzo
Politerapia farmacologica, uso di sindenafil
Storia di febbre, mialgia, artralgia o rash
Storia di ischemia cardiaca o cardiopatia organica
Storia di sostituzione valvolare
Storia di neoplasia, immobilizzazione prolungata, traumi
o interventi chirurgici
Storia di disfunzione autonomica (impotenza, anidrosi,
alterazioni sfinteriche)
Storia familiare di sincope o morte improvvisa
Pacemaker
Presenza di stufe, fuochi ecc... in casa
Diagnosi probabile
Aritmie cardiache, mixoma atriale
Stenosi aortica, cardiomiopatia ipertrofica, mixoma
atriale, aritmia cardiaca
Sincope vaso-vagale, ipotensione ortostatica
Aritmie cardiache
Embolia polmonare, pneumotorace iperteso,
tamponamento cardiaco, embolismo grassoso
IMA, TEP, tamponamento cardiaco, aneurisma
dissecante, pneumotorace iperteso, prolasso valvolare
mitralico
Aneurisma dissecante,
aneurisma dell’aorta addominale in rottura
Aneurisma dell’aorta addominale in rottura,
gravidanza ectopica
Ipersensibilità del seno carotideo
Furto della succlavia
Situazionale
Sincope vaso-vagale
Sincope vaso-vagale, sindrome del QT lungo
Aritmie cardiache, embolia da corpo estraneo
Emorragia subaracnoidea-rottura di aneurisma
cerebrale
Insufficienza vertebrobasialre, emicrania basilare,
dissezione carotidea o vertebrale, aneurisma
dissecante
Emorragia gastroenterica
Ipotensione ortostatica, crisi addisoniana
Ipotensione postprandiale
Ipotensione ortostatica iatrogena
Mixoma cardiaco, tamponamento
Aritmie cardiache, disfunzione valvolare, iatrogena
Trombosi valvolare
Embolia polmonare
Neuropatia autonomica
Cardiomiopatia ipertrofica, sindrome del QT lungo
Malfunzionamento di PM
Intossicazione da CO
Sincope ad alto rischio
E' sincope ad alto rischio? Oltre alle patologie già accennate nella diagnosi differenziale (vedi Box 7), gli episodi sincopali di origine cardiaca sono correlati a un aumento della mortalità totale a un anno di distanza.
Non è stato ancora completamente chiarito se l’incremento della mortalità osservato sia da riferire alla presenza della patologia cardiaca di base o se l’episodio sincopale sia espressione di prognosi infausta in corso di
patologia cardiaca.9
Nella Tabella 9 sono elencati i fattori di rischio per outcome avverso a breve termine indicate dalle linee
guida ESC (1), successivamente ripesi nel Position Paper della Canadian Cardiovascular Society (CCS) 28 recentemente pubblicato.
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Tabella 9: fattori di rischio per outcome avverso a breve termine nel paziente con sincope
Fattori di rischio per outcomes
a breve termine
(CSS 2011)
FR maggiori (valutazione cardiologica urgente)
1) ECG anomalo:
(ogni bradiaritmia, tachiaritmia, difetto di conduzione,
segni di ischemia recente, pregresso infarto)
2) Storia di cardiopatia:
ischemica, aritmica, ostruttiva, valvolare
3) ipotensione arteriosa: PAS < 90 mm Hg
4) Insufficienza cardiaca attuale o pregressa
FR minori (possibile val. cardiologica urgente)
1) età > 60 anni
2) Dispnea
3) Anemia (Ht > 30)
4) Ipertensione arteriosa
5) Malattie cerebrovascolari
6) Storia di morte improvvisa precoce (< 50 ys)
7) Situazioni particolari (sincope da supino, durante
sforzo, senza prodromi
Fattori ad alto rischio a breve termine che richiedono
ricovero o valutazione intensiva
(ESC 2009)
1) Cardiopatia strutturale o coronarica severa
Insufficienza cardiaca, bassa EF, pregresso IM
2) Caratt. cliniche o ECG di sincope aritmica
- sincope durante esercizio o da supini
- palpitazioni prima della sincope
- storia familiare di morte cardiaca improvvisa
- tachicardia ventricolare non sostenuta
- blocco bi fascicolare (BBS o BBD + EAS o EPS) o altre
anom. di conduzione con QRS ≥ 120ms
- bradicardia sinusale inappropriata (< 50 bpm) o
blocco seno-atriale
- QRS pre-eccitati
- intervalli QT prolungati o corti
- pattern Brugada
- segni di cardiopatia aritmogenica del VD
3) Comorbidità importanti
- anemia severa
- disturbi elettrolitici
Da Sheldon RS et al. Can J Cardiol 2011;27:246-53 e Moya et al. Eur Heart J 2009;30:2631-71.
Oltre agli elementi anamnestici e obiettivi generali che possono orientare sulla causa e quindi sulla gravità
dell’episodio sincopale fin dalla prima valutazione del paziente, esistono diversi scores prognostici che, in
base a semplici dati anamnestici, obiettivi o strumentali di primo livello, possono aiutarci a stratificare i pazienti in diverse classi di rischio. Gli scores più utilizzati nella pratica clinica sono la scala dell’Osservatorio
Epidemiologico Sulla Sincope del Lazio (OESIL)29 e la San Francisco Syncope Rule (SFSR).14
La scala OESIL29 considera quattro indicatori indipendenti di mortalità a un anno - età > 65 anni, patologia
cardiovascolare di base, assenza di prodromi, anomalie ECG - che permettono di dividere i pazienti in differenti classi di rischio. Lo score prognostico è definito dalla somma algebrica dei fattori presenti in ogni singo lo paziente attribuendo a ciascun parametro valore pari a 1. E' stato osservato che il rischio di morte a un
anno dalla sincope cresce all’aumentare dei fattori di rischio. Tale stratificazione prognostica fornisce indica zioni riguardo la successiva valutazione e il follow up dei pazienti, suggerendo una gestione ambulatoriale nei
pazienti a basso rischio (score  2) ed un atteggiamento diagnostico e terapeutico più aggressivo nei pazienti a
rischio intermedio-elevato (score > 2), per i quali è consigliato il ricovero ospedaliero. Tuttavia tale scala è
stata validata ad un anno e la sua efficacia predittiva a breve termine resta pertanto da definire. Successiva mente Quinn e collaboratori14 hanno proposto uno score prognostico (la San Francisco Syncope Rule) che
considera i seguenti predittori di outcome avverso a 7 giorni dalla sincope: ECG anomalo, presenza di dis pnea, storia di scompenso cardiaco, ematocrito < 30% e pressione arteriosa sistolica < 90 mm Hg. La presenza di almeno un fattore di rischio si è dimostrata accurata nell’individuare i pazienti che hanno sperimentato
un evento avverso entro 30 giorni dalla valutazione in Pronto Soccorso per sincope, con conseguente indicazione al ricovero, e potrebbe pertanto rappresentare un utile strumento diagnostico; 25 tuttavia, in studi successivi,26,27 tale sistema si è rivelato scarsamente accurato nell'individuare pazienti ad alto rischio di evento
avverso a breve termine, specie se diagnosticato entro 7 giorni dalla valutazione iniziale in Pronto Soccorso.
Entrambe le scale sono di facile applicazione anche se la SFSR presuppone l’esecuzione dell'emocromo che,
come già detto, non è incluso tra i test di primo livello considerati dalle linee guida ESC per la sincope. 1 Una
recente metanalisi,30 finalizzata alla valutazione della performance degli scores prognostici in Pronto Soccorso, ha evidenziato come la scala OESIL e la SFSR siano i soli strumenti di stratificazione del rischio ad avere
qualità metodologica e accuratezza diagnostica sufficienti da poter essere considerati nella pratica clinica.
Nel Box 10 sono schematizzati i predittori indipendenti di rischio utilizzati dalle due scale.
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Box 10: principali scores prognostici del paziente con sincope
Stratificazione del rischio della sincope: Scores Prognostici
OESIL RISK SCORE
(Colivicchi F et al. Eur Heart J 2003;24:811-819)
età > 65 anni
storia di malattie cardiovascolari
sincope senza prodromi
elettrocardiogramma anomalo
ogni fattore = 1 punto
score 0-1: rischio di morte ad 1 anno 0-0,8%
score 2-4: rischio di morte ad 1 anno 19,6-57,1%
ricovero consigliato per score ≥2
SAN FRANCISCO SYNCOPE RULE
(Quinn JV et al. Ann Emerg Med 2006;47:448-54)
elettrocardiogramma anomalo
presenza di dispnea
storia di scompenso cardiaco
ematocrito < 30%
pressione arteriosa sistolica < 90 mm Hg
Sn 98%, Sp 56% (almeno un fattore) per morte o patologia acuta
grave a 30 gg dalla sincope
ricovero se presenza di almeno 1 fattore
Nello studio STePS 231 abbiamo voluto valutare l'accuratezza diagnostica della scala OESIL e della SFSR nel
breve termine confrontandole con la pratica quotidiana di due Pronto Soccorso di Milano. Gli scores OESIL e
SFSR sono risultati lievemente più sensibili rispetto al solo giudizio clinico (sensibilità rispettivamente pari a
88 e 81 vs 77%) nel riconoscere i pazienti che sono andati incontro ad un evento avverso, consentendo di individuare tutti i pazienti successivamente deceduti. Il giudizio clinico è risultato invece significativamente più
specifico rispetto a OESIL e SFSR (69 vs 59 e 63%) e avrebbe quindi permesso di ricoverare meno pazienti
(34 vs 43 e 40%). In particolare per evitare un evento avverso tra i dimessi la scala OESIL avrebbe determi nato il ricovero di 15 pazienti in più rispetto al semplice giudizio clinico, mentre la SFSR 29. Pertanto le scale
di rischio potrebbero rappresentare un utile ausilio per decidere quali pazienti dimettere, soprattutto per i
medici poco esperti, ma vanno integrate con il giudizio clinico per decidere quali pazienti ricoverare.
I risultati del lavoro sono riassunti in Tabella 11.
Tabella 11: accuratezza del giudizio clinico e delle scale di rischio nell'individuare i pazienti a
rischio di outcome avverso a breve termine dalla sincope
Sensibilità
(CI 95%)
Specificità
(CI 95%)
Rapporto di Verosomiglianza + (CI
95%)
Rapporto di Verosomiglianza - (CI
95%)
Valore predittivo + (CI 95%)
Valore predittivo - (CI 95%)
% di ricovero
Giudizio clinico
0.77
(0.56-0.91)
0.69
(0.64-0.73)
2.45
(1.91-3.15)
0.34
(0.17-0.68)
0.12
(0.07-0.17)
0.98
(0.97-1)
34%
OESIL
0.88
(0.70-0.98)
0.59
(0.55-0.64)
2.19
(1.83-2.61)
0.19
(0.07-0.56)
0.11
(0.07-0.15)
0.99
(0.98-1)
43%
SFSR
0.81
(0.61-0.93)
0.63
(0.58-0.67)
2.16
(1.73-2.69)
0.31
(0.14-0.68)
0.11
(0.06-0.15)
0.98
(0.97-1)
40%
P<0.05
NS
*, †
NS
NS
NS
NS
*, †
Da Dipaola et al. Am J Emerg Med 2010; 28:432-9.
Legenda * = p<0,05 tra giudizio clinico e OESIL; † = p<0,05 tra giudizio clinico e SFSR;
NS = non significativo.
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La sincope neuro-mediata
Come riportato precedentemente, circa il 40% della popolazione generale va incontro a un episodio sincopale
nel corso della sua vita e circa il 30% di questo è riferibile a sincopi di natura neuro-mediata.
Cenni di fisiopatologia
I meccanismi fisiopatologici della sincope neuro-mediata non sono ancora stati completamente chiariti. 32 All'assunzione della posizione ortostatica la forza gravitazionale determina un aumento della quantità di san gue raccolto nel distretto venoso degli arti inferiori e nel distretto splancnico con conseguente riduzione del
ritorno venoso al cuore, della gettata cardiaca e della pressione arteriosa. 33,34 Queste variazioni vengono normalmente registrate dalle strutture barocettive situate a livello dell'arco aortico, della biforcazione delle arte rie carotidi e nel distretto cardio-polmonare (atri, arterie e vene polmonari e polmoni) e trasmesse al sistema
nervoso centrale (SNC), a livello del Nucleo del Tratto Solitario (NTS), dove alcuni gruppi neuronali, sottopo sti anche a una modulazione dei centri neuronali superiori inclusi quelli corticali, regolano l'attività cardiovascolare riflessa attraverso modificazioni delle efferenze simpatiche e parasimpatiche. 33,34 Lo scopo è quello
di ripristinare una pressione arteriosa adeguata alle differenti situazioni funzionali nelle quali può venirsi a
trovare l'individuo e preservare la perfusione cerebrale. Quando ciò non avviene, può verificarsi un episodio
sincopale. Numerose sono le ipotesi patogenetiche proposte. Secondo la "teoria ventricolare", 32 quando i barocettori rilevano un decremento di pressione arteriosa si può determinare un eccessivo incremento riflesso
dell'attività simpatica, con vasocostrizione periferica ed effetto inotropo e cronotropo positivo sul cuore.
L'aumentata stimolazione cardiaca simpatica in condizioni di ipovolemia stimolerebbe afferenze nervose
ventricolari dirette al NTS con conseguente attivazione finale di una risposta nervosa riflessa inibitoria che
esita in ipotensione e bradicardia, con possibile perdita di coscienza. Questa teoria fornisce basi razionali per
l'utilizzo di beta-bloccanti nella terapia della sincope neuro-mediata. Tuttavia il tentativo di quantificare l'attività simpatica prima della sincope ha fornito risultati contradditori e sono state osservate anche situazioni
di incapacità a incrementare l'attività simpatica cardiaca 35 o vascolare,36 specie nelle sincopi ricorrenti. Per
esempio, le concentrazioni plasmatiche di noradrenalina prima della sincope sono risultate sia aumentate sia
normali o ridotte.21 La teoria della "disfunzione barocettiva" si basa sull'ipotesi di un'alterazione della funzio ne barocettiva con incapacità di captare o compensare le modificazioni emodinamiche indotte dagli stimoli
gravitazionali e che può verificarsi anche per attivazione paradossa dei barocettori stessi. 36
Alcune ipotesi alternative infine si basano sulla redistribuzione del volume ematico centrale nei pazienti con
sincope con ipovolemia relativa, sul ruolo di alcuni agenti umorali quali la serotonina 23 e sulla disregolazione
del flusso ematico cerebrale in risposta allo stress ortostatico. 24,37
Terapia
Secondo le linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) 1 il trattamento non è necessario nei pazienti con sincope neuro-mediata che sperimentano un singolo episodio sincopale e in situazioni a basso rischio lavorativo. In questi casi spesso è sufficiente il solo trattamento iniziale: rassicurazione del paziente (e
dei familiari) e addestramento a misure comportamentali come indicato di seguito. Trattamenti aggiuntivi
possono essere indicati quando la sincope sia molto frequente, non prevedibile per assenza di sintomi prodromici con conseguente elevato rischio di traumi maggiori, e quando si verifichi nell'ambito di attività a ele vato rischio per la sicurezza propria o di terzi.
Le differenti strategie terapeutiche dovrebbero tenere conto di quale sia lo specifico meccanismo fisiopatologico di sincope nel singolo paziente, cercando di discriminare in ogni soggetto se la tipologia della sincope sia
di tipo prevalentemente misto (tipo 1: cardioinibitorio + vasodepressorio), cardioinibitorio (tipo 2) o vasodepressorio (tipo 3).
Terapia non farmacologica
Il primo intervento terapeutico consiste nel rassicurare il paziente e i familiari circa la prognosi benigna della
sincope neuro-mediata e nell'istruire il paziente su come evitare, quando possibile, eventi scatenanti e situa zioni predisponenti (stimoli emozionali, luoghi caldi e affollati, ecc...). E’ importante istruire il paziente per
consentirgli di riconoscere i sintomi prodromici, al fine di attuare misure preventive per evitare una caduta
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improvvisa. Può inoltre essere utile modificare o sospendere eventuali trattamenti concomitanti con farmaci
potenzialmente ipotensivi.
Rientrano nell’ambito della terapia non farmacologia interventi quali la promozione della regolare attività fi sica di tipo aerobico, in quanto recentemente è stato dimostrato come una regolare attività fisica sia in grado
di aumentare la sensibilità barocettiva nei pazienti con sincope neuro-mediata. 37
Il mantenimento protratto della stazione eretta per 10-30 minuti al giorno contro una parete verticale ("tilt
training") sembra inoltre essere in grado di "sensibilizzare" i pazienti agli stimoli gravitazionali con riduzione
degli episodi sincopali e pre-sincopali. Tuttavia i dati sull'efficacia di questo metodo appaiono ancora contra stanti, essendo gravati da una ridotta aderenza alla manovra quando applicata nel lungo termine. Ciò è legato
alla ripetitività del gesto e all’elevato impiego di tempo e attrezzature legati all’esecuzione della manovra stessa.33
Manovre di contropressione
La contrazione isometrica della muscolatura di gambe e braccia (leg crossing, hand-grip, muscle tensing), au mentando il ritorno venoso al cuore attraverso l'attivazione della pompa muscolare scheletrica, si è dimostrata efficace nel prevenire recidive sincopali in pazienti con sincopi neuro-mediate ricorrenti e sintomi prodro mici riconoscibili. Dai dati del PC-trial, 31 condotto su una popolazione dei 223 pazienti, l’esecuzione di manovre contropressorie era in grado di ridurre del 36% le recidive di sincope per anno e di aumentare il tempo li bero dalla prima recidiva di sincope.
Infine, evidenze crescenti suggeriscono che l'ingestione di almeno 2 litri di acqua al giorno, 28 associata all'apporto quotidiano di almeno 120 mmol di sodio (pari a circa 7 g di sale), è in grado di incrementare il volume
plasmatico circolante con conseguente incremento dei valori pressori e miglioramento della tolleranza all'ortostatismo.1
Terapia farmacologica
Numerosi agenti farmacologici sono stati utilizzati nel trattamento delle sincopi neuro-mediate ricorrenti;
tuttavia il loro impiego non è supportato da forti evidenze data la scarsità di studi randomizzati controllati
condotti su ampie popolazioni.
Beta-bloccanti
Il razionale per l'impiego di questi farmaci risiede nella riduzione dell’attivazione dei meccanocettori del ven tricolo sinistro che si produrrebbe per l'effetto inotropo negativo di tali composti e per la loro capacità di ridurre l’iperattivazione simpatica cardiaca. I risultati degli studi sia non controllati che controllati sono contrastanti. Nonostante i farmaci beta-bloccanti, secondo le indicazioni delle linee guida, siano attualmente non
indicati come terapia per la sincope (classe III), non esistono attualmente studi che testino la loro efficacia
per quei pazienti che non abbiano una sincope di tipo cardioinibitorio, pertanto suggeriamo che l’utilizzo dei
beta-bloccanti non debba ancora essere definitivamente abbandonato.
Vasocostrittori
La Midodrina cloridrato è un α1-agonista diretto che determina vasocostrizione a livello di arteriole e vene,
con conseguente incremento della pressione arteriosa sistemica e riduzione della capacitanza nel compartimento venoso. La sua efficacia nel trattamento dell’ipotensione ortostatica è documentata da alcuni studi. I
dati relativi al trattamento della sincope neuromediata sono meno numerosi, tuttavia da uno studio randomizzato controllato.38 emerge una significativa riduzione dei sintomi dopo assunzione di tale presidio.
Fludrocortisone
Mineralcorticoide sintetico, determina la ritenzione di sodio e acqua favorendo l’espansione del volume ema tico centrale, sensibilizza gli α-recettori dei vasi periferici. Si è dimostrato efficace nel ridurre le ricorrenze di
sincope neuro-mediata in studi non controllati al dosaggio di 0,05-0.2 mg/die; tuttavia la mancanza di studi
randomizzati placebo-controllo condotti in doppio cieco non consente di proporlo come trattamento di prima
linea.
Inibitori selettivi del re-uptake della serotonina
Alcuni studi condotti su modelli animali dimostrano come l’ingresso di serotonina nelle cellule del sistema
nervoso centrale possa intervenire nella regolazione dell'attività del sistema nervoso autonomo causando una
riduzione dell’attività simpatica simile a quella osservata nella sincope neuromediata. Gli inibitori selettivi
del re-uptake della serotonina dovrebbero contrapporsi a questo meccanismo d’azione. I dati riguardo la loro
efficacia nella prevenzione della sincope neuromediata sono contrastanti.
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Presidi terapeutici
Pacemaker
Negli ultimi anni l'impianto di un pacemaker (pm) permanente bicamerale è stato proposto per i pazienti con
sincopi neuro-mediate ricorrenti refrattarie ad altre terapie. Anche rispetto all’efficacia di tale ausilio i risul tati dei vari studi appaiono contrastanti.
Il dibattito sull’efficacia dei PM per la sincope vasovagale rimane tuttora aperto ed è focalizzato sul percorso
da intraprendere per giungere ad una corretta selezione della casistica, come si evince da quanto osservato in
pazienti impiantati solo dopo valutazione della sincope tramite loop-recorder. Le linee guida ESC 1 pongono
un'indicazione di classe II all'impianto di pacemaker in pazienti con sincope vasovagale cardio-inibitoria, con
più di 5 ricorrenze all'anno, con conseguenze traumatiche severe ed età > 40 anni. Inoltre, in pazienti con
sincope di tipo misto, può essere valutata l’indicazione nei singoli pazienti quando si ritiene che l’impianto
possa aiutare a contrastare l’ipotensione ortostatica.
In Tabella 12 sono riassunte le potenziali opzioni terapeutiche per la sincope neuro-mediata.
Tabella 12: opzioni terapeutiche per la sincope neuro-mediata
Trattamento
Modalità/posologia
Modificazioni dello stile di vita
Apporto idrico
Apporto di sodio
Counterpressure manoeuvres
Tilt training
Circa 2 litri di acqua al giorno per os
120 mmol al giorno (= 7 g di NaCl)
Leg crossing, hand-grip, muscle tensing
10-30 minuti al giorno in ortostatismo
Farmaci
Beta-bloccanti
Midodrine
Fludrocortisone
Inibitori selettivi re-uptake
serotonina (SSRI) paroxetina
Pacemaker
Non raccomandati
2,5-10 mg per os fino a 3 volte al giorno
0,1-0,2 mg per os al giorno (seconda linea)
20 mg al giorno
Permanente, modalità DDD
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Ipotensione ortostatica
L’ipotensione ortostatica è definita come una diminuzione della pressione arteriosa sistolica > 20 mmHg rispetto alla posizione clinostatica dopo aver assunto la postura eretta per almeno 3 minuti. 39 Essa rappresenta
un problema medico rilevante per la scarsa efficacia dei presidi farmacologici disponibili e per i risvolti socia li ed economici che comporta. Infatti l'ipotensione ortostatica spesso esita in episodi di perdita di coscienza
con cadute a terra, possibili gravi fratture e conseguenti invalidità persistenti.
Quale causa di perdita improvvisa di coscienza, l’ipotensione ortostatica può configurare una condizione di
rischio in ambito lavorativo e deve pertanto essere prontamente riconosciuta e trattata.
Nei soggetti che svolgono attività lavorativa a elevato rischio per la sicurezza è opportuno misurare sempre la
pressione arteriosa sia in clinostatismo che in ortostatismo, soprattutto se all’anamnesi emergono elementi
che possano far sospettare una possibile ipotensione ortostatica.
Meccanismi eziopatogenetici
L'alterazione transitoria o cronica a carico di uno dei meccanismi nervosi di regolazione cardiovascolare già
citati a proposito della sincope neuro-mediata (vedi a pagina 30 e 31) o l’insorgenza di un’ipovolemia critica
costituiscono i più importanti meccanismi eziopatogenetici di ipotensione ortostatica.
Le principali cause di ipotensione ortostatica sono riassunte nel Box 13.
Box 13: cause di ipotensione ortostatica
Cause principali di ipotensione ortostatica
Invecchiamento
Allettamento
Farmaci
Sindromi da Disfunzione del Sistema Nervoso Autonomo
- con interessamento del Sistema Nervoso Centrale:
morbo di Parkinson, Atrofia Multisistemica (MSA),
tumori cerebrali (tronco encefalico, cervelletto, diencefalo)
- con interessamento del Sistema Nervoso Periferico:
diabete mellito, alcolismo, sindrome uremica,
neuropatia paraneoplastica
- con interessamento del neurone Simpatico Post-gangliare:
ipotensione ortostatica idiopatica (Pure Autonomic Failure, PAF)
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Farmaci
Particolare attenzione deve essere dedicata all’anamnesi farmacologica dei pazienti. I principali meccanismi
mediante i quali i farmaci sono in grado di produrre ipotensione ortostatica sono: 40
1. inducendo ipovolemia;
2. interferendo con la corretta risposta del sistema nervoso autonomo e in particolare con i processi di
vasocostrizione arteriosa e venosa prodotti dal sistema simpatico in risposta allo stimolo gravitazionale;
3. determinando una vasodilatazione diretta con diminuzione delle resistenze vascolari e del tono venoso.
Numerosi sono i principi attivi che possono indurre ipotensione ortostatica secondo questi meccanismi, e
vengono descritti di seguito.40
• Diuretici: possono produrre ipotensione ortostatica per deplezione del volume ematico, particolarmente nei soggetti suscettibili come i pazienti con disautonomia, che assumono farmaci bloccanti il
sistema nervoso simpatico (clonidina), o gli anziani.
• Bloccanti α-adrenergici e calcio-antagonisti: prazosina, terazosina sono impiegati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa e dell’ipertrofia prostatica; amlodipina, lacidipina, nifedipina, verapamile sono utilizzati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa. I primi interferiscono con la
stimolazione recettoriale α-noradrenergica alterando quindi il segnale per la contrazione della muscolatura liscia vascolare, i secondi interferiscono con la capacità di risposta vasomotoria allo stimolo
nervoso simpatico. La terazosina, α1-bloccante selettivo, minimizza la risposta tachicardica riflessa
che segue all'ipotensione, favorendo l’azione della noradrenalina rilasciata a livello sinaptico sui recettori noradrenergici α2-presinaptici, la cui stimolazione riduce l’ulteriore liberazione di noradrenalina.
• Antidepressivi triciclici: sono in grado di indurre ipotensione ortostatica in oltre il 78% dei soggetti di età superiore ai 60 anni. Il meccanismo d’azione dell’effetto ipotensivo sembra risiedere nel l’azione bloccante α-adrenergica, nella capacità di interferire con il reuptake della noradrenalina e
serotonina, nell’azione concomitante colinergica che riduce la risposta riflessa compensatoria tachicardica ed infine, alterando presumibilmente a livello centrale le risposte riflesse di attivazione ner vosa simpatica diretta ai vasi con conseguente riduzione del tono vasomotorio.
• Nitrati: hanno azione vasodilatatrice diretta che può generare ipotensione ortostatica durante prolungata stazione eretta soprattutto nel soggetto anziano e in associazione ai farmaci sopra menzionati.
• L-dopa: è il principale farmaco impiegato per controllare i disturbi motori nel morbo di Parkinson.
Ha tuttavia un’azione anche sul sistema nervoso autonomo agendo a livello centrale sui neuroni α–
adrenergici. L’effetto finale è costituito da un incremento dell’attività nervosa parasimpatica e da una
riduzione dell’attività nervosa simpatica di regolazione cardiovascolare con conseguente possibile
ipotensione ortostatica.
Sindromi da disfunzione del Sistema Nervoso Autonomo
L’ipotensione ortostatica è di frequente riscontro nelle sindromi caratterizzate da una concomitante disfunzione del sistema nervoso autonomo e di quello centrale, come nel caso del morbo di Parkinson e nella Atro fia Multisistemica. Nella malattia di Parkinson è stata documentata la presenza di ipotensione ortostatica in
quasi il 58% dei pazienti, e di questi il 62% presentava segni e sintomi franchi da intolleranza ortostatica, la
cui entità era ben correlata con la durata e gravità della malattia e con la concomitante presenza di terapia
con L-Dopa e Bromocriptina. 41 In un recente studio basato sull’impiego di tecniche di analisi spettrale della
variabilità della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa nei soggetti con Parkinson e ipotensione arteriosa è stata osservata anche un’alterazione del controllo nervoso simpatico diretto ai vasi arteriosi. 42 Tale
studio ha documentato inoltre come anche in quei pazienti nei quali non erano presenti ipotensione ortosta tica e disturbi clinici a essa correlati, erano tuttavia già presenti segni iniziali di malfunzionamento del controllo nervoso simpatico vascolare in risposta allo stimolo gravitazionale.
L’ipotensione ortostatica può complicare alcune condizioni cliniche associate a neuropatia periferica come il
diabete mellito, l’alcolismo, la sindrome uremica. In queste condizioni l’ipotensione raramente precede l’in sorgenza dei disturbi legati alla neuropatia sensitivo-motoria ed è dovuta alla concomitante disautonomia
cardiovascolare. Nel caso del diabete mellito, l’entità della disautonomia può generare il quadro di “sindrome
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da denervazione cardiaca”, caratterizzata da intolleranza ortostatica e per sforzi di lieve entità, e un incre mento del rischio di morte improvvisa e ischemia miocardica con assenza di dolore. 43 La neuropatia periferica che si associa ad abuso di alcol può accompagnarsi a disautonomia, come suggerito da un’alterata risposta
alla manovra di Valsalva e a un abituale eccessivo calo pressorio in posizione eretta in questi soggetti. Inoltre,
l'ipotensione ortostatica è stata riscontrata fino al 75% nei pazienti con alcolismo di grado avanzato e conco mitante presenza di alterazioni nervose centrali alcool dipendenti (encefalopatia di Wernicke). 44
Terapia
La terapia dell’ipotensione ortostatica prodotta da una contrazione del volume ematico è rivolta all’eliminazione dei fattori che hanno portato all’ipovolemia stessa, nei casi in cui essi siano identificabili e transitori, e
all’eventuale ripristino del volume intravascolare mediante infusione endovenosa di soluzione salina. Nel
caso del paziente allettato, la precoce mobilizzazione ed una fisiokinesiterapia motoria si sono dimostrate efficaci nel ridurre l’entità dell’ipotensione ortostatica. 20
Il paziente con ipotensione ortostatica da disautonomia tende inevitabilmente a scivolare in un circolo vizio so creato dall'incapacità di muoversi efficacemente e caratterizzato da diminuzione progressiva dell’attività
fisica, stanchezza, tendenza a rimanere seduto, peggioramento dell’ipotensione ortostatica, ulteriore diminuzione della capacità prestativa motoria. Particolarmente nelle prime ore del mattino, in concomitanza e subi to dopo il pasto di mezzogiorno, il paziente spesso segnala un peggioramento della sintomatologia e un incre mento nel numero delle cadute, poiché in tali periodi risulta maggiore il calo pressorio, non solo durante l’as sunzione della posizione eretta ma anche nella posizione seduta. Il mantenimento di una regolare attività fisica, con cicli riabilitativi motori seguiti da un fisioterapista, è pertanto essenziale per opporsi a tale circolo vi zioso. L’utilizzo delle cosiddette manovre fisiche “contropressorie”, basate sulla contrazione isometrica degli
arti allo scopo di ridurre il pooling venoso agli arti e al distretto splancnico, aumentare il ritorno di sangue al
cuore e incrementare la pressione sistemica in occasione dell’insorgenza dei disturbi pre-sincopali, 45 si è mostrato in grado di ridurre l’entità dell’ipotensione ortostatica e migliorare i sintomi. Analogamente, l’attivazione della “pompa respiratoria”, mediante parziale ostruzione dell’inspirazione, sembra migliorare la tolleranza all’ortostatismo.46 Nel paziente con disautonomia e ipotensione ortostatica, allo scopo di aumentare la
volemia, controbilanciare l’incremento della natriuresi notturna e incrementare i valori pressori, è inoltre indicata l’assunzione di abbondanti quantità di acqua e sale (NaCl) insieme a steroidi ad azione sodioritentiva
come il fludrocortisone. Una menzione particolare merita l’acqua, che nel soggetto disautonomico agisce
come un vero e proprio “farmaco pressorio”. 47 l’assunzione di 480 ml di acqua aumenta infatti la pressione
arteriosa sistolica di oltre 30 mmhg in soggetti con atrofia multisistemica e di oltre 35 mmhg in individui affetti da ipotensione ortostatica idiopatica. Anche nell’anziano l’acqua ha un moderato effetto pressorio, mentre non ha effetti emodinamici nell’individuo giovane e sano. Come mostrato nei grafici di figura 1, che si riferiscono ad un paziente con PAF, l’effetto pressorio inizia dopo pochi minuti dall’ingestione, raggiunge un
massimo a circa 25 minuti e dura per circa 1 ora. La risposta pressoria all’ingestione di acqua sembra essere
mediata da un incremento nelle resistenze vascolari sistemiche sostenute da una attivazione residua del sistema nervoso simpatico,48 più che da una espansione del volume circolatorio.
In uno studio randomizzato in doppio cieco con placebo, la midodrine, un agonista α1-adrenergico che può
essere assunto per os, si è mostrata efficace nel trattamento dell’ipotensione ortostatica su base neurogenica,
49
incrementando la pressione arteriosa sistolica e diminuendo i sintomi da intolleranza ortostatica. Favorendo la trasmissione nervosa a livello ganglionare, la piridostigmina è stata ipotizzata migliorare l'ipotensione
ortostatica nel paziente con disautonomia senza peggiorare l'eventuale ipertensione clinostatica. In uno studio randomizzato in doppio cieco con placebo, la piridostigmina da sola o in associzione con midodrine si è
dimostrata efficace nel ridurre l'entità dell'ipotensione diastolica ortostatica e nel diminuire l'intensità dei
sintomi, senza significative modificazioni pressorie in posizione clinostatica. 50 Il massimo di efficacia pressoria del farmaco si è rilevato dalla seconda alla quarta ora dopo l'assunzione orale.
Nei pazienti con ipotensione ortostatica e nei quali siano contemporaneamente presenti forme lievi di ipertensione clinostatica, l’atteggiamento clinico più seguito è quello di astenersi dal prescrivere farmaci per ridurre al minimo il rischio di sommare effetti ipotensivi a un già precario controllo pressorio diurno. Il posi zionamento sotto le gambe del letto, dalla parte della testiera, di spessori di circa 20 cm di altezza, garantisce
un moderato ma persistente stimolo gravitazionale durante le ore notturne, in grado di trattare non farmacologicamente i valori pressori elevati. Qualora tale approccio si riveli insufficiente, o quando i valori di ipertensione arteriosa siano superiori a 160/100 mmHg, è indicato l’uso di farmaci antipertensivi privi di effetto ipo-
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tensivo in ortostatismo, come per esempio ACE-inibitori o inibitori dell’angiotensina a breve emivita, da uti lizzare a dosaggi inizialmente bassi, da ottimizzare nel tempo, e da somministrare preferibilmente alla sera.
Alcuni autori suggeriscono infine l’impiego durante le ore notturne della nitroglicerina transdermica, 51 facilmente rimuovibile il mattino prima che il soggetto si alzi dal letto. E’ importante ricordare tuttavia che i fre quenti risvegli notturni, dovuti a disturbi a carico delle differenti fasi del sonno associati alla necessità di
svuotare frequentemente la vescica, portano questi soggetti ad alzarsi spesso dal letto, ponendoli quindi ad
altissimo rischio di sincope, particolarmente se esposti a farmaci che interferiscano con il ritorno venoso in
posizione ortostatica.
Figura 1
Effetti della somministrazione di 480 ml di acqua sulla frequenza cardiaca e sulla pressione arteriosa misurata con sfigmomanometro
brachiale ogni 2 minuti, in un paziente con grave disautonomia (PAF), studiato in clinostatismo.
E’ evidente un chiaro incremento della pressione arteriosa sistolica a partire dall’8° minuto dall’assunzione di acqua che tende a
mantenersi per oltre 60 minuti, con valori massimi (+ 25 mmHg) dopo circa 20 minuti.
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Sincope e attività lavorativa
Il ruolo del medico del lavoro per la stratificazione del
rischio e l’espressione del giudizio di idoneità
La sincope, o più in generale una perdita di coscienza transitoria, occorsa durante l’attività lavorativa rappre senta una causa di disabilità improvvisa che può avere conseguenze più o meno gravi sulla sicurezza del lavoratore e/o di terzi. Come già accennato nel capitolo sull’epidemiologia della sincope, il Medico del Lavoro
(ML) e il Medico Competente (MC) sono coinvolti dalla problematica in misura preponderante, in considera zione del fatto che circa il 50% dei pazienti che afferisce al Pronto Soccorso (PS) per un episodio sincopale è
in età lavorativa e quindi potenziale lavoratore. Facendo alcuni semplici calcoli per stimare l’entità del problema, si può riassumere che il numero di soggetti in età lavorativa che afferisce a un PS di dimensioni medio-grandi (50-60000 accessi/anno) è di circa 800-900 /anno. E’ opportuno ricordare che in media l’80% di
tali pazienti è dimesso dal PS e che il rischio di recidiva in questi soggetti è pari a circa l’11% nei primi 6 mesi.
Infine va considerato che il numero di sincopi che si verificano nella popolazione generale è circa 25 volte
maggiore del numero di quelle che comportano un accesso in PS 4 e il ML potrebbe essere il primo a venire a
conoscenza di un problema di sincope e a doverlo gestire correttamente.
Tali dati rendono evidente come il paziente con sincope, al termine dell’iter diagnostico-terapeutico imposta to a seguito della valutazione in PS e in particolare nel caso di attività lavorative a rischio per la sicurezza, do vrebbe essere valutato dal ML prima della ripresa dei propri compiti lavorativi, per valutare l’idoneità in relazione al rischio per se stesso ma anche considerando l’eventuale rischio per i terzi.
Inoltre, anche nell’ambito dell’attività di sorveglianza sanitaria per lavoratori con mansioni caratterizzate da
rischio infortunistico e/o con responsabilità per la sicurezza di terzi, il MC deve ricercare i soggetti che hanno
avuto sincope e che sono potenzialmente a rischio di recidiva.
Qualora i dati anamnestici mettano in evidenza una sincope recente non adeguatamente inquadrata dal punto di vista diagnostico e terapeutico e l’attività lavorativa svolta possa comportare un rischio rilevante per la
sicurezza, il MC deve disporre ulteriori accertamenti prima di esprimere il giudizio di idoneità, inviando il
paziente presso centri specializzati per lo studio della sincope. In particolare è possibile rivolgersi alle “Unità
Sincopi” attualmente presenti sul territorio nazionale. Si tratta di strutture multidisciplinari cooordinate da
un medico “esperto”, che consentono un accesso facilitato a tutti i percorsi diagnostici e terapeutici necessari
con l’obiettivo di accelerare l’iter diagnostico, evitare accertamenti inutili e costosi e favorire l’applicazione
delle più recenti conoscenze in materia di sincope. Negli ultimi anni il GIMSI (Gruppo Italiano Multidiscipli nare per lo Studio della Sincope: www.gimsi.it) ha certificato numerose Unità Sincopi, alcune delle quali possono fornire un supporto anche per la stratificazione del rischio lavorativo, secondo le più recenti indicazioni
della letteratura. Il giudizio d’idoneità lavorativa finale resta ovviamente un compito del MC.
La recidiva di sincope come fattore di rischio in ambito
lavorativo
Quando il ML deve affrontare il problema dell’idoneità lavorativa di un soggetto che ha avuto un episodio
sincopale, una delle prime valutazioni che deve fare è stimare la probabilità che il paziente ha di avere una recidiva di sincope. Ottenere tale informazione non è semplice. Nel caso di sincopi la cui eziologia è certa ed
esiste un presidio terapeutico adeguato, la terapia può ridurre il rischio di recidiva allo 0% e il paziente può
non essere più a rischio da punto di vista lavorativo. E’ il caso, per esempio, di una sincope bradi-aritmica ri solta con il posizionamento di un pace-maker o di una sincope secondaria all’assunzione di farmaci ipotensivi, che si risolve eliminando il farmaco responsabile. Nei casi di una sincope neuro-mediata o addirittura a
eziologia non nota il problema è molto più complesso. I dati relativi al rischio di recidiva di sincope in età la vorativa sono pochi e non disponibili per classe eziologica. Un recente studio condotto su una sottopopolazione di 288 soggetti in età lavorativa nell’ambito dello studio STePS 11 ha documentato, al follow-up a 6 mesi, 1
anno e 5 anni condotto mediante questionario telefonico da parte di personale esperto, un dato molto interessante, ovvero che la frequenza di recidiva di sincope non è costante dopo il primo episodio. Infatti, nel
gruppo di soggetti considerati, i primi 6 mesi dopo l’evento sincopale sono caratterizzati da un maggiore ri schio di recidive, pari all’11,3%, che tende a ridursi nei successivi 6 mesi a circa il 3%, per poi diminuire ulte -
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riormente. Circa metà dei pazienti considerati ha avuto una sola recidiva nel periodo di osservazione, il 21%
ne ha avute due, il 13% tre, mentre il 15% ha riportato quattro o più recidive.
Infine, l’analisi multivariata ha consentito di evidenziare come la presenza di ECG alterato o di almeno una
co-patologia alla prima valutazione clinica rappresentino fattori indipendenti di aumentato rischio di recidiva in tali soggetti.
Questi 3 elementi (tempo dalla sincope indice, ECG anomalo, presenza di co-patologie) possono essere utili
al ML nell’inquadramento del paziente per l’espressione del giudizio di idoneità lavorativa.
Sulla base dello studio condotto è possibile pertanto concludere che:
1. la maggior parte delle recidive di sincope nella popolazione in età lavorativa si verifica nei primi 6 mesi
dal primo evento (11,3%), mentre nei 6 mesi successivi si osserva una flessione del rischio di recidiva (circa 3%);
2. circa il 30% dei pazienti esaminati ha avuto due o più recidive nel periodo considerato;
3. i fattori associati a un aumentato rischio di recidiva di sincope risultano essere l'ECG alterato e la presen za di co-patologie.
Stratificazione globale del rischio in ambito lavorativo
Di fronte a un paziente che ha avuto un episodio sincopale e che deve riprendere la propria attività lavorativa
è necessario quindi:
a) accertarsi che la sincope sia stata adeguatamente inquadrata dal punto di vista diagnostico-terapeutico e, in caso contrario, disporre gli approfondimenti necessari presso le strutture deputate;
b) analizzare i compiti lavorativi che il paziente dovrebbe svolgere per stratificare il rischio, non solo per
il lavoratore ma anche per eventuali compagni di lavoro o terze persone che potrebbero essere coinvolte qualora il lavoratore avesse una improvvisa perdita di coscienza;
c) analizzare, nell’ambito dei compiti lavorativi che costituiscono la mansione del lavoratore, la presen za di condizioni che possano favorire la recidiva di sincope neuro-mediata, con particolare riferimento a: attività lavorativa in posizione eretta per tempi prolungati, ambiente caldo, passaggio frequente
tra ambienti a temperature significativamente differenti tra loro, utilizzo di Dispositivi di Protezione
Individuale che possano ridurre la dispersione termica, compiti che richiedano frequenti cambi di
posizione;
d) stimare il rischio di recidiva di sincope tenendo conto dei dati disponibili in letteratura e dei dati
anamnestici. Infatti il rischio di recidiva di sincope è maggiore in soggetti che abbiano avuto più epi sodi sincopali.
In linea generale, sulla base dei dati attualmente disponibili, si può suggerire il seguente iter nella valutazio ne del paziente con sincope che giunga all'attenzione per l’espressione del giudizio di idoneità lavorativa:
1) verificare che l’iter diagnostico sia stato affrontato in modo adeguato e, in caso negativo, richiedere
gli ulteriori accertamenti necessari presso le strutture specialistiche dedicate (Unità Sincopi); la disponibilità attuale di tecnologie avanzate, come per esempio la possibilità di utilizzare i dispositivi
per il monitoraggio prolungato dell’ECG (Loop –Recorder esterno o impiantabile), è in grado di ridurre notevolmente il numero di sincopi a causa indeterminata facilitando pertanto l’identificazione
della terapia adeguata;
2) se l’eziologia della sincope è stata accertata e la causa rimossa, dopo un adeguato follow-up il lavora tore potrà riprendere il proprio lavoro; per esempio, una sincope da ipotensione ortostatica indotta
da farmaci o una sincope cardiogena bradi-aritmica possono essere risolte rispettivamente adeguando il trattamento farmacologico o impiantando un PM; in caso di posizionamento di ICD sono disponibili Linee Guida38 specifiche per la guida privata e professionale;
3) in presenza di una sincope di natura neuro-mediata, qualora l’attività lavorativa comporti un rischio
per la sicurezza del lavoratore e/o di terzi, è opportuno un periodo di almeno 6 mesi di allontanamento dall’attività a rischio; durante tale periodo dovrà essere impostata una terapia comportamentale, eventualmente adiuvata da farmaci, per cercare di correggere almeno in parte alcune condizioni
che possono favorire la sincope neuro-mediata; di fondamentale importanza è il riconoscimento dei
trigger che possono determinare il riflesso bradicardia-ipotensione per poterli rimuovere, ove possibile, e poter fornire suggerimenti per evitare la perdita di coscienza come nel caso delle sincopi situazionali (da dolore acuto, da stimolo emozionale forte, da tosse, defecazione, minzione, ecc…); inoltre
è estremamente importante tranquillizzare il paziente in merito alla natura benigna del disturbo e
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addestrare il paziente a riconoscere eventuali prodromi al fine di poter prontamente assumere una
posizione di sicurezza. Per le indicazioni terapeutiche si rimanda alle sezioni sulla terapia;
4) dopo 6 mesi di follow-up liberi da recidive sincopali si potrà riconsiderare la ripresa dell’attività lavorativa, eventualmente con prescrizioni aggiuntive; è comunque opportuno rivedere il paziente, a intervalli inizialmente ravvicinati (30-60 giorni) quindi più lunghi (3-6 mesi), per accertarsi che non si
siano verificati ulteriori episodi e che la terapia comportamentale sia adeguatamente seguita; per tali
controlli il MC può anche avvalersi degli ambulatori delle “Unità Sincopi”.
Conclusioni
La sincope è un sintomo che può essere espressione di condizioni cliniche sottostanti molto differenti tra
loro. La causa della sincope può essere anche molto grave e determinare una rapida evolutività clinica; tali
condizioni devono essere riconosciute dal Medico di Pronto Soccorso e opportunamente gestite. Nella mag gior parte dei casi, tuttavia, soprattutto nei soggetti in età lavorativa, la sincope è di tipo benigno, ovvero il rischio clinico associato all’evento sincopale è molto basso. Ciononostante, il fatto che un evento sincopale,
seppure benigno, possa verificarsi durante un’attività lavorativa a rischio per la sicurezza, rende il ruolo del
Medico del Lavoro e Medico Competente fondamentale. Egli potrebbe essere infatti la primo a valutare un
paziente con sincope recente e a dover disporre gli approfondimenti del caso. In altri casi potrebbe essere
consultato dagli specialisti e dalle “Unità Sincopi”, qualora il paziente debba riprendere un’attività a rischio
non trascurabile per la sicurezza o un’attività che possa favorire la recidiva. L’approccio multidisciplinare alla
gestione del paziente con sincope, che ha dato ottimi risultati negli ultimi anni, dovrebbe pertanto essere integrato dalle competenze specialistiche del Medico del Lavoro, il quale deve avere tutti gli elementi per poter
discutere e porre quesiti specifici ai rispettivi medici specialisti, allo scopo di consentire una adeguata ripresa
dell’attività lavorativa.
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