Dossier La sincope: un problema per la sicurezza in ambito lavorativo Definizione e classificazione.....................................................................................................................................2 Epidemiologia..................................................................................................................................................................4 Diagnosi ............................................................................................................................................................................6 Strategia diagnostica: valutazione iniziale..............................................................................................................................6 Test diagnostici di secondo livello..........................................................................................................................................8 Come riconoscere le sincopi ad alto rischio......................................................................................................12 Sincope a evolutività immediata..........................................................................................................................................12 La sincope neuro-mediata........................................................................................................................................16 Cenni di fisiopatologia........................................................................................................................................................16 Terapia.............................................................................................................................................................................16 Ipotensione ortostatica.............................................................................................................................................20 Meccanismi eziopatogenetici...............................................................................................................................................20 Terapia.............................................................................................................................................................................22 Sincope e attività lavorativa....................................................................................................................................24 Il ruolo del medico del lavoro per la stratificazione del rischio e l’espressione del giudizio di idoneità...........................................24 La recidiva di sincope come fattore di rischio in ambito lavorativo...........................................................................................24 Stratificazione globale del rischio in ambito lavorativo............................................................................................................25 Conclusioni.......................................................................................................................................................................26 Dossier 2011 ©Editore Zadig via Ampère 59, 20133 Milano www.zadig.it - e-mail: [email protected] tel.: 02 7526131 fax: 02 76113040 Direttore: Pietro Dri Redazione:: Annalisa Miglioranzi Autori dossier: Franca Barbic, Franca Dipaola, Giorgio Costantino, Paolo Seghizzi, Raffaello Furlan Definizione e classificazione La sincope viene definita come una perdita di coscienza transitoria associata all'incapacità di mantenere un adeguato tono posturale. L’esordio dell’evento sincopale è generalmente improvviso e il recupero spontaneo, completo e rapido. Come indicato nell’ultimo aggiornamento delle Linee Guida della Società Europea di Cardiologia,1 la sincope trova posto all’interno del gruppo delle perdite di coscienza transitorie (T-LOC) non traumatiche insieme alle forme comiziali, psicogene e ad altre forme rare di perdita di coscienza non sincopa li (per es. cataplessia, eccessiva sonnolenza diurna). Il meccanismo fisiopatologico sottostante è, come sottolineato nella definizione stessa di sincope, un'ipoper fusione cerebrale globale transitoria. 1 Diversi studi hanno infatti dimostrato che una riduzione del flusso cerebrale del 35% o una sua completa interruzione per 5-10 secondi sono in grado di determinare una completa perdita di coscienza; inoltre un calo dell'apporto di ossigeno del 20% è sufficiente a causare una perdita di coscienza. L’esordio della sincope può essere preceduto da un corredo di sintomi prodromici (nausea, sudorazione, vi sione "a tunnel", astenia, sensazione di testa leggera) che ne preannuncia l'insorgenza. In altri casi la sincope può non essere preceduta da alcuna sintomatologia. La presenza di prodromi in assenza di perdita di coscienza costituisce la presincope. La sincope è un sintomo comune a un ampio spettro di patologie che include condizioni benigne, come nel caso della sincope vasovagale, e condizioni ad alta mortalità, quali le forme associate a cardiopatia. La Tabella 1 riassume le principali cause di sincope secondo la classificazione proposta dalla European Society of Cardiology.1 Si distinguono 4 classi eziologiche: 1) sincope neuro-mediata; 2) sincope ortostatica; 3) sincope cardiaca aritmica; 4) sincope cardiaca strutturale. 1) Sincope neuro-mediata: è determinata da una risposta riflessa innescata da vari trigger (stress emotivo, ortostatismo protratto, manipolazione meccanica accidentale dei seni carotidei, tosse, minzione, deglutizone, ecc...) con conseguente vasodilatazione e/o bradicardia. 2) Sincope ortostatica: si verifica quando la posizione ortostatica determina ipotensione arteriosa per incapa cità del sistema nervoso autonomo di rispondere adeguatamente allo stimolo gravitazionale o per presenza di ipovolemia. 3) Sincope cardiaca aritmica: l'alterazione del ritmo cardiaco determina una riduzione della gettata cardiaca, indipendentemente dal fabbisogno circolatorio. 4) Sincope cardiaca strutturale: incapacità del cuore di far fronte al fabbisogno circolatorio per presenza di una patologia strutturale cardiaca (valvulopatie, ischemia miocardica, ecc...) o cardio-polmonare (embolia polmonare). Come già accennato, la sincope propriamente detta va distinta da altre patologie che determinano una perdi ta di coscienza "non sincopale", cioè non determinata da una ipoperfusione cerebrale globale transitoria (per es. epilessia, disturbi metabolici, intossicazioni) e da patologie che mimano la perdita di coscienza, quali per esempio i disturbi di conversione (sincope psicogena) (Tabella 2). La diagnosi differenziale tra episodio sincopale e comiziale può essere talvolta difficoltosa. Ciò è determinato dalla presentazione clinica spesso atipica dell’episodio comiziale, soprattutto se non associato a manifestazioni di natura tonico-clonica. Inoltre anche la presenza di disturbi motori di tipo convulsivo non è di per se dia gnostica di comizialità ma può verificarsi in seguito all’ipossia cerebrale da ipoperfusione globale che sottende l’evento sincopale. 1 Un recupero lento e graduale del normale stato di coscienza può essere un elemento che orienta verso una genesi comiziale dell’episodio. La Tabella 3 riassume gli elementi maggiormente distintivi tra crisi comiziale ed episodio sincopale. -2- Tabella 1: cause di sincope Sincope Cause Neuro-mediata, riflessa Sincope vasovagale (da stimolo emozionale, da stress ortostatico) Sincope situazionale (tosse, minzione, deglutizione, dolore, post prandiale, post esercizio, ecc...) Sindrome del seno carotideo Forme atipiche Insufficienza sistema nervoso autonomo: primitiva: PAF, MSA, morbo di Parkinson secondaria: neuropatia diabetica; amiloidosi Alcol e farmaci: vasodilatatori,diuretici, fenotiazine, antidepressivi Deplezione di volume: emorragia, diarrea, vomito Disfunzione del nodo seno-atriale Alterazioni della conduzione atrio-ventricolare Tachicardia parossistica sopraventricolare Tachicardia ventricolare Sindromi ereditarie (QT lungo, S. di Brugada) Malfunzionamento di PM o ICD Aritmie farmaco-indotte Malattia valvolare Infarto miocardico acuto/ischemia miocardica Cardiomiopatia ostruttiva, mixoma atriale Dissecazione aortica acuta Malattia pericardica, tamponamento cardiaco Tromboembolia polmonare, ipertensione polmonare Da ipotensione ortostatica Cardiaca aritmica Cardiaca strutturale o cardio-polmonare Modificata da Moya et al. Eur Heart J 2009; 30: 2631-71. Tabella 2: cause di perdita di coscienza non sincopale Disordini senza perdita di coscienza Cadute, catalessia, drop attacks Pseudo sincope psicogena Attacco ischemico transitorio carotideo Disordini con perdita di coscienza Disordini metabolici (ipoglicemia, ipossia, ipocapnia) Epilessia Intossicazioni Attacco ischemico transitorio vertebro-basilare Modificata da Moya et al. Eur Heart J 2009; 30: 2631-71. Tabella 3: diagnosi differenziale tra sincope e crisi comiziale Sintomo o segno Aura Prodromi Colorito all’inizio dei sintomi Movimenti della mascella Pattern di convulsioni Rotazione dei bulbi oculari Deviazione coniugata degli occhi Morsicatura della lingua Incontinenza urinaria Durata dell’evento Disorientamento o sopore dopo l’evento Incremento delle CPK o delle LDH Sincope Assente Saltuariamente presenti Saltuariamente pallido Rari e limitati nel tempo (secondi) Scoordinati, mioclonici dopo la perdita di coscienza Crisi comiziale Raramente presente Assenti Saltuariamente rubizzo Comuni e presenti per minuti Comune Assente Assente Rara Secondi Raro o assente Generalizzati tonici e/o clonici coincidenti con la perdita di coscienza Rara Comune Comune Comune Minuti Comune Assente Presente -3- Epidemiologia La sincope è un sintomo di frequente riscontro nell'ambito della popolazione generale. Un'analisi dello studio Framingham condotta nel 20022 ha documentato un'incidenza globale di sincope nella popolazione di età superiore a 20 anni pari a 6,2 casi/1000 persone/anno. L’incidenza è risultata maggiore per il sesso femminile, con 3,6 casi/1000/anno, rispetto al sesso maschile, con 3,1 casi/1000/anno, e tende ad aumentare con l'età in entrambi i sessi. Una maggiore frequenza di sincope di origine cardiogena è stata riscontrata nei soggetti di sesso maschile. 1 Circa il 35% dei pazienti che hanno manifestato un episodio di perdita di coscienza nel corso della vita va in contro ad altri episodi sincopali entro 3 anni di follow-up. L’82% delle recidive si manifesta entro i primi 2 anni.3 Le recidive non sembrano correlate a un incremento di mortalità ma possono peggiorare la qualità di vita del paziente come avviene per altre malattie croniche invalidanti. Un recente studio condotto da Ganzeboom e coll.4 ha mostrato come il numero di pazienti che si rivolgono al Pronto Soccorso per una sincope è pari a 0,7/1000 pazienti/anno mentre l’incidenza di sincope nella popolazione generale sarebbe compresa tra 18,1 e 39,7 /1000 pazienti/anno, mettendo in luce come i dati epidemiologici a oggi disponibili per descrivere e studiare la sincope si riferiscano a una piccola parte delle forme che realmente si manifestano nella popola zione generale. Questo dato deve essere tenuto in considerazione in quanto il Medico del Lavoro potrebbe essere il primo, o addirittura l’unico, a identificare nell’ambito della propria attività sanitaria una sincope non ulteriormente indagata. Lo stesso studio riporta inoltre che, nella fascia di età 35-60 anni circa, il 35% dei soggetti aveva avuto almeno un episodio sincopale nella propria vita con una modesta prevalenza per il sesso femminile. Il rischio di recidiva dopo il primo evento interessava circa il 62% dei soggetti e dopo il secondo circa il 77%. La frequenza delle cause di sincope nelle varie casistiche dipende in parte dal tipo di approfondimenti diagnostici effettuati. In uno studio italiano condotto su 980 pazienti valutati per sincope 5 è stata diagnosticata una sincope neuromediata nel 45% dei casi, una sincope cardiaca nel 11%, un'ipotensione ortostatica nel 6%, una sindrome cerebro-vascolare nell'1%, una sincope indeterminata nel 19%. L’eziologia neuromediata è risultata la più frequente (28%) anche in una casistica di 497 pazienti presentata da Kapoor e coll., 6 mentre l’eziologia cardiaca e l’ipotensione ortostatica sono state diagnosticate entrambe nel 15% dei casi. In letteratura diversi autori hanno valutato la mortalità per sincope a un anno. Numerosi studi effettuati negli anni '80 hanno dimostrato che la mortalità a un anno dei pazienti con sincope di origine cardiaca è più alta (dal 18% al 33%) rispetto a quella dei pazienti con cause non cardiache (0 - 12%) o con sincope di origine non determinata (6%).3,7,8 L’incidenza annuale di morte improvvisa è del 24% per i pazienti con cause cardiache rispetto al 3 - 4% per gli altri due gruppi.3,7,8 La sincope cardiaca è stata dimostrata essere un indicatore indipendente di aumentato rischio di morte e di morte improvvisa.3,8 Tuttavia, in un lavoro successivo, Kapoor e Hanusa, confrontando la prognosi di una coorte di pazienti con sincope con un gruppo di pazienti con caratteristiche analoghe senza sincope, conclu dono che la sincope di per sé non rappresenta un fattore di rischio per mortalità o eventi cardiovascolari ben sì la spia della sottostante patologia cardiaca strutturale, vero determinante della prognosi in questi pazienti. 9 Scarsi sono i dati in letteratura riguardanti la mortalità a breve termine per sincope. Lo studio italiano EGSY S5 riporta un dato di mortalità a breve termine tra i pazienti ricoverati pari all'1%. Tuttavia non viene valutata la mortalità dei pazienti dimessi né vengono specificati altri eventuali interventi terapeutici (impianto di pa cemaker o terapie antiaritmiche) che possano aver modificato la prognosi dei pazienti con sincope ricoverati. In uno studio di Quinn e coll.10 vengono analizzati i dati di mortalità e gli eventi maggiori verificatisi a 7 giorni all'evento sincopale in una coorte di 684 pazienti valutati in Pronto Soccorso per sincope. Il tasso di mor talità a 7 giorni in tali pazienti è risultato pari allo 0,7% e la frequenza di eventi maggiori pari all'11,5%. E’ tut tavia da considerare che in questo studio sono stati inclusi anche pazienti nei quali la sincope era sintomo di una patologia acuta diagnosticata in Pronto Soccorso, quale infarto miocardico o tromboembolia polmonare, pertanto è verosimile che il dato di mortalità riportato sia stato influenzato dalla prognosi di tali gravi patolo gie. Il problema della prognosi a breve termine della sincope, il confronto con la prognosi a un anno e la determinazione dei relativi predittori indipendenti di rischio sono stati recentemente analizzati in uno studio osservazionale multicentrico italiano. 11 Da tale studio è emerso che gli eventi avversi che seguono a un evento sin copale nel breve termine (entro 10 giorni) sono pari al 6,1% con una mortalità pari a 0,7%; la mortalità com plessiva a un anno è risultata pari al 6%. Per quanto riguarda più specificamente la popolazione in età lavorativa, un sottostudio dello studio STePS condotto da Barbic e coll.12 ha mostrato come i soggetti in età lavorativa rappresentavano circa il 50% del to-4- tale dei pazienti afferiti per sincope ai PS degli ospedali considerati; di questi circa il 76% era stato dimesso e il 72% aveva avuto una sincope preceduta da prodromi, condizione che depone per una forma benigna di na tura neuro-mediata, mentre solo il 20% aveva riportato un trauma maggiore; inoltre la maggior parte dei soggetti non presentava patologie di rilievo in anamnesi. Tuttavia, una sincope neuro-mediata che insorga durante un'attività lavorativa ad alto rischio per la sicurezza, rende il problema più complesso e richiede una gestione del paziente con una prospettiva polispecialista che coinvolga anche il Medico del Lavoro. -5- Diagnosi La sincope costituisce un problema comune nelle strutture sanitarie e rende conto del 3% degli accessi in Pronto Soccorso e del 6% dei ricoveri ospedalieri. 13 Il ricovero ospedaliero è frequente nei pazienti affetti da perdita di coscienza a causa della difficoltà nello sta bilire la causa della sincope nel contesto del Pronto Soccorso e del potenziale rischio di aritmie ventricolari o morte improvvisa. Uno studio multicentrico condotto in Italia ha mostrato un’incidenza di sincope in Pronto Soccorso pari allo 0,95% degli accessi con un tasso di ricovero pari al 46%. 5 Analogamente, in una recente casistica11 il tasso di ricovero dei pazienti con sincope è risultato pari al 43%, mentre Quinn e coll. riportano una percentuale di ricovero pari al 55%.14 Nonostante l’elevata percentuale di ricovero e l’impiego di strategie diagnostiche aggressive, l’eziologia della sincope rimane indeterminata nel 20-50% dei pazienti. 14 Negli ultimi anni, al fine di migliorare l’efficacia del percorso diagnostico e ottimizzare l’impiego delle risorse, sono stati compiuti sforzi per standardizzare la va lutazione clinica della sincope,15-17 anche attraverso l’implementazione delle linee guida, 18 mentre la ricerca si è focalizzata sul problema della stratificazione del rischio allo scopo di individuare con maggiore accuratezza i pazienti ad alto rischio e conseguentemente limitare i ricoveri non necessari. Strategia diagnostica: valutazione iniziale Le linee guida per la diagnosi e la terapia della sincope della European Society of Cardiology (ESC) 1 stabiliscono che tutti i pazienti con sincope siano sottoposti ad accurata anamnesi, esame obiettivo, misurazione della PA in clino e ortostatismo e a un ECG a 12 derivazioni ("valutazione iniziale"). L'anamnesi deve essere finalizzata a indagare i seguenti aspetti: 1. condizioni precedenti la sincope (posizione, fattori predisponenti, eventi precipitanti); 2. insorgenza della sincope (sintomatologia prodromica, aura, dolore associato); 3. modalità della sincope (caduta, colorito, pattern respiratorio, durata della perdita di coscienza, movimenti, eventuale morsus); 4. termine della sincope (nausea, vomito, confusione, mialgie, incontinenza sfinterica, traumi, dolore toracico, cardiopalmo); 5. anamnesi patologica (familiarità per morte improvvisa, malattie cardiache, neurologiche, metaboliche, farmaci); 6. ricorrenza della sincope (tempo dal primo episodio, numero). L' esame obiettivo dovrà considerare accuratamente: 1. pressione arteriosa (differenza >20 mmHg tra arto superiore destro e sinistro o tra arti superiori e inferiori in clinostatismo); 2. polsi arteriosi (assenti, deboli-ritardati, polso paradosso); 3. obiettività cardiaca (3°- 4° tono, soffi cardiaci); 4. turgore giugulare (segno di Kussmaul); 5. obiettività addominale (masse pulsanti, polsi femorali assenti o ridotti); 6. obiettività neurologica (segni di TIA vertebro-basilare, neuropatia, disautonomia). La misurazione della pressione in clino e ortostatismo presuppone almeno tre misurazioni ripetute (a intervalli di circa 1 minuto) dopo 5 minuti di clinostatismo e 3 minuti di ortostatismo. Si definisce ipotensione ortostatica una riduzione della PA sistolica di 20 mmHg o un valore di PA sistolica <90 mm Hg (a prescindere dall’occorrenza dei sintomi).3 Nelle Tabelle 4 e 5 sono riportati i criteri diagnostici (clinici ed elettrocardiografici) e gli elementi suggestivi di specifiche cause di sincope ottenibili in base alla valutazione iniziale. -6- Tabella 4: criteri diagnostici di sincope derivati dalla valutazione iniziale Sincope Criteri diagnostici basati sulla valutazione iniziale Vasovagale Associazione con eventi precipitanti (i.e. stress emotivo, dolore, ortostatismo prolungato) Situazionale Perdita di coscienza durante o subito dopo minzione, defecazione, deglutizione, tosse Ortostatica Riscontro di ipotensione ortostatica associata a sincope o presincope. Cardiaca ischemica Evidenza elettrocardiografica di ischemia miocardica acuta Cardiaca aritmica Evidenza elettrocardiografica di bradicardia sinusale < 40 bpm o blocchi seno-atriali ripetuti; pause sinusali > 3 s (in assenza di terapia); BAV II tipo Mobitz 2, BAV III; alternanza di BBS e BBD; parossismi di TSV o TV; malfunzionamento di PM con pause cardiache. Modificata da Moya et al. Eur Heart J 2009; 30: 2631-71. Tabella 5: elementi clinici suggestivi per specifiche cause di sincope Sincope Elementi clinico-anamnestici suggestivi Vasovagale Non storia di cardiopatia, ortostatismo prolungato, luoghi caldi o affollati, nausea o vomito, dopo rotazione del collo o pressione su seno carotideo, dopo esercizio; Ortostatica Dopo ortostatismo/ortostatismo prolungato, relazione temporale con assunzione di farmaci ipotensivi, presenza di disautonomia (es. Parkinson), dopo esercizio; Cardiaca Storia di cardiopatia severa, preceduta da cardiopalmo o accompagnata da dolore toracico, storia familiare di morte improvvisa, assenza di prodromi, durante esercizio o in clinostatismo; presenza all'ECG di: - blocco bifascicolare (BBS o BBD + EAS o EPS); - anomalie di conduzione intra-ventricolare (QRS ≥ 0.12 s); - BAV II tipo Mobitz 1; - bradicardia sinusale asintomatica (<50 bpm); - blocco seno-atriale o pause sinusali ≥ 3 s in assenza di trattamento; - QRS pre-eccitati; QT lunghi; - BBD + sopraslivellamento ST in V1-V3 (S. Brugada); - onde T negative nelle precordiali destre, onde epsilon, potenziali ventricolari tardivi suggestivi per displasia aritmogenica del ventricolo destro; - onde Q suggestive per infarto miocardico; Modificata da Moya et al. Eur Heart J 2009; 30: 2631-71. La valutazione iniziale di per sé consente di accertare l’eziologia della sincope in circa la metà dei casi. 18 In presenza di elementi clinico-anamnestici solo suggestivi per sincope cardiaca, la diagnosi dovrà essere confermata con test strumentali specifici (ecocardiogramma, test da sforzo, monitoraggio ECG prolungato ed eventualmente studio elettrofisiologico). Nei pazienti senza caratteristiche cliniche o elettrocardiografiche suggestive per sincope cardiaca, strutturale o aritmica, è indicata una valutazione per sincope neuromediata solo in caso di episodi sincopali ricorrenti o con conseguenze traumatiche maggiori: tilt test, massaggio del seno carotideo e, se negativi, monitoraggio ECG prolungato e loop recorder impiantabile. Qualora l'eziologia della sincope resti indeterminata dopo la valutazione iniziale o l'eventuale sospetto di sincope cardiaca non venga confermato da indagini appropriate, è indicata l'esecuzione di test neuro-autonomici solo nel caso di sincopi recidivanti o severe. La maggioranza delle sincopi singole o rare infatti è generalmente di origine neuro-mediata e non necessita di test di conferma. Le raccomandazioni delle linee guida ESC sottolineano inoltre che l'esecuzione di esami di laboratorio è indicata solo in caso di evidente perdita di volume circolante o se è ipotizzata una causa metabolica; inoltre, in caso di sincope occorsa durante o immediatamente dopo sforzo, ecocardiogramma e test da sforzo devono essere eseguiti in prima istanza. Infine, nei pazienti con sincopi ricorrenti frequenti, con sintomi multipli e nei -7- quali la valutazione iniziale evidenzi stress, ansia e possibili disturbi psichiatrici è raccomandata una valuta zione psichiatrica. Quando il meccanismo della sincope rimanga inspiegato al termine di una valutazione completa, è indicato l’impianto di un loop recorder nei pazienti che presentano caratteristiche cliniche o ECG suggestive per sincope aritmica o storia di sincopi ricorrenti con danni fisici. 1 Test diagnostici di secondo livello Ecocardiogramma E' indicato: nei casi di sospetta sincope cardiaca per valutare la funzionalità cardiaca e stratificare il rischio. E' controindicato/inutile: negli altri casi, anche se per alcuni autori è comunque indicato > 50 anni. Criteri diagnostici: consente una diagnosi eziologica di sincope solo nel caso di mixoma atriale e stenosi aor tica severa1 ma può fornire un utile supporto anche in caso di embolia polmonare o cardiomiopatia ipertrofica. Performance del test: resa diagnostica bassa in assenza di evidenza clinica o elettrocardiografica di cardiopatia; 5-10% in una casistica di pazienti non selezionati.4,19 Test da sforzo E' indicato: nei casi di sincope occorsi durante o subito dopo sforzo o nel sospetto di cardiopatia ischemica (utile ecocardiogramma precedente ed accurata valutazione di PA ed ECG durante il test e la fase di recupe ro). E' controindicato/inutile: negli altri casi. Criteri diagnostici: il test è diagnostico se le alterazioni elettrocardiografiche ed emodinamiche e la sincope si riproducono durante o subito dopo lo sforzo o se compare un BAV di II grado tipo Mobitz 2 o un BAV di III grado anche in assenza di sincope. Performance del test: resa diagnostica <1% (in studi di popolazione con sincope in generale). 8 ECG Holter E' indicato: nei casi con caratteristiche cliniche o elettrocardiografiche suggestive di sincope aritmica (vedi Tabella 5) e storia di episodi sincopali o pre-sincopali molto frequenti (> 1/ settimana). E' controindicato/inutile: negli altri casi. Criteri diagnostici: il test è diagnostico qualora venga rilevata una correlazione tra anomalia elettrocardiografica (tachi o bradiaritmia) e sincope. Il test è diagnostico anche in assenza di sincope se riscontro di BAV di II grado tipo Mobitz 2 o BAV di III grado, pause ventricolari > 3 s, parossismi rapidi di TV. Performance del test: resa diagnostica 1-2% in popolazioni non selezionate di pazienti con sincope . Loop recorder esterno Dispositivo esterno dotato di elettrodi cutanei che consente registrazioni elettrocardiografiche prospettiche e retrospettive prolungate (fino ad alcune settimane). E' indicato: possibile utilità nei casi con caratteristiche cliniche o elettrocardiografiche suggestive di sincope aritmica (Tabella 5) e intervallo libero tra gli episodi sincopali > 4 settimane. E' controindicato/inutile: negli altri casi. Criteri diagnostici: vedi ECG Holter. Performance del test: resa diagnostica fino al 25% in casistiche di pazienti con sincope altamente selezionate (alta percentuale di ricorrenze) e se eseguite registrazioni retrospettive. Loop recorder impiantabile (ILR) E' un dispositivo delle dimensioni di un comune accendino che viene posizionato in una tasca toracica sotto cutanea e consente un monitoraggio elettrocardiografico prolungato fino a 36 mesi. Attivato automaticamente o per intervento del paziente dopo un episodio sincopale, è in grado di registrare retrospettivamente l'ECG per almeno 45 minuti. E' indicato: nei casi con caratteristiche cliniche o elettrocardiografiche suggestive di sincope aritmica (Tabella 5) o nei casi di sincopi ricorrenti e gravi danni fisici rimasti inspiegati dopo l'esecuzione di test convenzionali. Può essere utile nel paziente che svolge attività lavorativa a rischio per la sicurezza in caso di sincopi ri - -8- correnti di sospetta natura cardiaca aritmica. Infatti tale esame è in grado di ridurre il numero di sincopi a eziologia ignota e di avviare a procedimenti terapeutici fondamentali soggetti che potrebbero poi riprendere la propria attività lavorativa senza ulteriori limitazioni. E' controindicato/inutile: negli altri casi. Criteri diagnostici: vedi ECG Holter. Performance del test: in casi selezionati la resa diagnostica del dispositivo impiantato per 8-10 mesi è risultata pari al 25-40%. Uno studio recente suggerisce che l'applicazione precoce di un ILR può essere utile anche per indicare la terapia più efficace in caso di sincopi recidivanti di sospetta origine neuromediata. Studio elettrofisiologico E' un cateterismo cardiaco che utilizza la stimolazione elettrica endocardica (nel seno coronarico) ed epicar dica per rivelare e registrare aritmie primarie all'origine della sincope. E' indicato nei casi suggestivi di sincope aritmica: alterazioni elettrocardiografiche e/o cardiopatia struttura le, sincope associata a palpitazioni o familiarità per morte cardiaca improvvisa (Tabella 5). E' controindicato/inutile negli altri casi. Criteri diagnostici: il test è da considerarsi diagnostico in caso di bradicardia sinusale con tempo di recupero seno-atriale corretto per la frequenza cardiaca (CSNRT) molto prolungato oppure in caso di blocco bifascico lare e intervallo HV ≥ 100 ms, blocco His-Purkinje di 2°-3° durante stimolazione atriale incrementale, induzione di tachicardia ventricolare sostenuta monomorfa, induzione di aritmia sopraventricolare rapida che riproduce sintomi ipotensivi o sincopali. Un risultato negativo può non escludere completamente una causa aritmica di sincope, pertanto, in presenza di elevato sospetto clinico, sono raccomandati ulteriori accertamenti (per esempio l'impianto di un loop recorder). Performance del test: resa diagnostica pari a circa 50% nei pazienti con patologia cardiaca, 10% nei pazienti senza patologia cardiaca. Test diagnostici per lo studio del sistema nervoso autonomo In accordo con le ultime Linee Guida ESC, 1 nell’iter diagnostico di un paziente con sincope a basso rischio di evolutività nel breve termine, e in particolare nel caso di soggetti che possono operare in condizioni di rischio lavorativo, è necessario intraprendere una serie di tests diagnostici allo scopo di evidenziare eventuali disfunzioni del sistema nervoso autonomo come causa della perdita di coscienza. Di seguito è indicato un protocollo di studio completo cui il paziente può essere sottoposto: • posizione supina per 10-15 minuti; • stima dell'aritmia sinusale (respiro controllato 6 atti/min): si valuta il rapporto tra frequenza cardiaca - massima e minima durante il test (v.n. FCmax/FCmin > 1.2); • manovra di Valsalva (espirazione a glottide chiusa): si esegue facendo espirare il paziente per circa 10 secondi all’interno di una siringa tappata (pressione pari a circa 40 mmHg). Si valuta il rapporto tra frequenza cardiaca massima e minima durante il test (v.n. FCmax/FCmin > 1.4); • prelievo venoso per dosaggio catecolamine solo in caso di sospetto di disautonomia; • Tilt Test; • prelievo venoso per il dosaggio catecolamine dopo 5’ di ortostatismo solo in caso di sospetta disautonomia; • massaggio del seno carotideo in clinostatismo e ortostatismo (eta> 40 anni); • iperventilazione: nel caso si sospetti che la sincope possa essere favorita da una modifica del pattern respiratorio che determini una riduzione di CO2 circolante; Tale protocollo di studio richiede di monitorare le seguenti variabili: • ECG in continuo; • pressione arteriosa battito-battito non invasiva; • attività respiratoria, con cintura toracica; • ETCO2 (end-tidal CO2), se si sospetta che la modifica del pattern respiratorio possa determinare una ipocapnia da iperventilazione in grado di indurre la perdita di coscienza • catecolamine plasmatiche. Dei vari test indicati descriveremo brevemente il Tilt Test e il Massaggio del Seno Carotideo. Tilt test Permette di sottoporre il paziente a stimolo gravitazionale in modo standardizzato. Si basa sull'impiego di un lettino dotato di motore elettrico che consente di far ruotare il soggetto dalla posizione orizzontale fino a -9- quella verticale (angolo massimo compreso tra 60 e 75°) monitorizzando in continuo la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e, quando possibile, l'attività respiratoria. L'end point clinico dello studio è definito dall'induzione della sincope o dal raggiungimento della durata massima del tilt (45 minuti) inclusa l'eventuale stimolazione farmacologica con nitroglicerina o isoproterenolo. E' indicato: in caso di episodio sincopale singolo in condizioni di alto rischio o in caso di sincopi recidivanti in assenza di cardiopatia (o in presenza di cardiopatia quando sia stata esclusa una causa cardiaca di sincope), o quando sia clinicamente rilevante dimostrare la suscettibilità del paziente alle sincopi neuro-mediate. E' controindicato/inutile: negli altri casi, specie quando la diagnosi clinica di sincope neuro-mediata è chiara e la dimostrazione della suscettibilità a meccanismi riflessi non modifica l'approccio terapeutico. Criteri diagnostici: Il test è considerato positivo alla comparsa di sincope. In base alle variazioni emodinami che provocate, nel 1992 è stata proposta una classificazione delle risposte positive al tilt, recentemente rivisitata.20 Possono essere distinte risposte vasodepressive (tipo 3) da risposte cardioinibitorie senza o con asistolia (tipo 2A e 2B) o risposte miste (tipo 1). In presenza di cardiopatia strutturale è necessario escludere cause cardiache o aritmiche di sincope prima di considerare il test positivo diagnostico di sincope neuro-mediata. Performance del test: La specificità del test negativo è pari circa al 90% (incidenza di falsi positivi 10%) men tre la sensibilità è tuttora non ben definita 21,22 e può variare, a scapito della specificità, in relazione al protocollo impiegato e alla selezione dei pazienti. La resa diagnostica media è ≤60%. Massaggio del seno carotideo. E' utilizzato per la diagnosi della sincope seno-carotidea. Viene eseguito praticando una compressione manuale in corrispondenza delle carotidi, previa auscultazione per escludere la presenza di soffi, alternativamente per 5-10 secondi a destra e sinistra, sia in clino che in ortostatismo. Durante la manovra è raccoman dato il monitoraggio continuo di ECG e pressione arteriosa. E' indicato: nei pazienti > 40 anni con sincope indeterminata dopo la valutazione iniziale. E' controindicato: nei pazienti a rischio di ictus carotideo. E' inutile: nei pazienti < 40 anni. Criteri diagnostici: il test è considerato positivo alla comparsa di sincope durante o subito dopo il massaggio in presenza di asistolia > 3 secondi e/o riduzione della PA sistolica ≤ 50 mm Hg. Le risposte possono essere classificate come cardioinibitorie, vasodepressive o miste. Performance del test: La resa diagnostica del test varia dal 4% nei pazienti < 40 anni fino ad oltre il 40% nei pazienti > 80 anni23 e può aumentare eseguendo l'esame durante il tilt-test 24, anche per una migliore valutazione della componente vasodepressiva nella sindrome seno-carotidea. Valutazione neurologica Comprende valutazione clinica, neuroimaging (TC e RMN encefalo), ecodoppler TSA (circolo posteriore), EEG. E' indicata nelle patologie di seguito elencate. 1. Disautonomie: primitive (malattie degenerative del SNC: PAF, MSA, Parkinson), secondarie (diabete, insufficienza renale, insufficienza epatica, etilismo), indotte da farmaci (antidepresivi triciclici, fenotiazine, MAO inibitori, antistaminici, levodopa). La valutazione neurologica sarà indicata nei casi di ipotensione ortostatica, sincope accompagnata da altri se gni-sintomi disautonomici quali impotenza o disturbi minzionali, da segni neurologici (parkinsonismo) o di altre patologie sistemiche. 2. Patologie cerebrovascolari: sindromi da "furto vascolare" (ipoperfusione cerebrale transitoria che si verifica quando, in concomitanza di un'occlusione vascolare in un arto, si crea uno shunt nel circolo cerebrovascolare per supplire le richieste funzionali sia del SNC che dell'arto durante sforzo, per esempio "furto della suc clavia"); attacchi ischemici transitori vertebro-basilari (sincope generalmente associata a vertigini e atassia), ricordare che i TIA carotidei non provocano perdita di coscienza e pertanto non rientrano nella diagnosi differenziale della sincope; emicrania vertebro-basilare (perdita di coscienza generalmente prolungata e associata ad altri segni neurologici). 3. Patologie con perdita di coscienza non sincopale o solo apparente: epilessia, cataplessia, drop attacks (cadute inspiegate a eziopatogenesi incerta). E' controindicata/inutile: negli altri casi. Performance dei test: TC encefalo: resa diagnostica pari al 4% in pazienti con segni neurologici focali o crisi convulsiva in presenza di testimoni (non sono riportati in letteratura dati relativi la resa diagnostica della RMN encefalo); Doppler TSA (o transcranico): resa diagnostica scarsa in assenza di segni di insufficienza vertebro-basilare; non esiste infatti correlazione tra patologia del circolo anteriore e sincope, EEG: scarsa - 10 - resa diagnostica in casi di sincope non selezionati (< 0,01%). La resa diagnostica complessiva varia dal 2 al 6%. Valutazione psichiatrica E' indicata in caso di pseudo-sincopi psicogene (disturbi di conversione, attacchi di panico, depressione) e nel caso in cui una eventuale ipotensione ortostatica-sincope indotta da farmaci antipsicotici richieda una revisione della terapia. Le sincopi psicogene vanno sospettate in pazienti giovani, a basso rischio cardio-vascolare, con ricorrenze frequenti che occorrono generalmente in presenza di testimoni e senza conseguenze traumatiche di rilievo. La pseudo-sincope psicogena può essere riprodotta durante tilt test con una risposta psico-somatica (sincope apparente ma parametri emodinamici stabili). E' controindicata/inutile: negli altri casi. Performance del test:resa diagnostica 25% . Nella Tabella 6 sono riportati gli accertamenti indicati per varie classi di pazienti distinti in base all'età e al sospetto diagnostico. Tabella 6: esami diagnostici raccomandati in varie classi di pazienti. Sincope cardiaca Ecocardiogramma Test da sforzo ECG Holter/Loop recorder Studio elettrofisiologico Sincope non cardiaca Età < 45-65 anni Valutazione ambulatoriale Tilt test (eventuale) Età > 45-65 anni Massaggio del seno carotideo Tilt test Valutazione neurologica Anamnesi farmacologica - 11 - Come riconoscere le sincopi ad alto rischio Si è già sottolineato come la sincope sia un sintomo non solo molto frequente ma anche con conseguenze cli niche molto variabili. La maggior parte degli episodi sincopali è infatti del tutto benigna mentre alcune patologie che esordiscono con sincope possono portare a morte in poche ore o in pochi giorni. E’ pertanto opportuno che tutti i soggetti che sperimentano un primo episodio sincopale o i soggetti con ri correnze sincopali non opportunamente inquadrate dal punto di vista diagnostico vengano inviati in Pronto Soccorso per eseguire una valutazione iniziale completa (anamnesi, esame obiettivo, ECG a 12 derivazioni, misurazione della PA in clino e ortostatismo) ed eventualmente accertamenti di secondo livello che possano essere indicati. Poiché tuttavia il Medico del Lavoro potrebbe essere il primo, e in alcuni casi l’unico, medico a valutare il paziente dopo l’episodio sincopale, si vuole fornire in questa sezione alcuni elementi clinici che possano essere utili a riconoscere situazioni potenzialmente a rapida evolutività e/o ad alto rischio. Sincope a evolutività immediata E’ sincope ad evolutività immediata? Di fronte a una perdita di coscienza bisogna chiedersi sempre se questa possa avere conseguenze drammatiche nell’immediato, nel corso cioè di minuti, ore o al massimo giorni. Questo implicherebbe infatti necessariamente un iter gestionale diverso rispetto a quello di un paziente a basso rischio o con un rischio di mortalità aumentato ma non a rapida evolutività. Fortunatamente il numero di episodi sincopali cui fa seguito la morte in pochi minuti/ore è relativamente basso. La percentuale di mor te a una settimana di distanza è pari circa all'1% nei vari studi. 5,11,14 Ne consegue che la ricerca di indicatori affidabili nel breve termine per discriminare i pazienti con sincope a evolutività immediata dagli altri non è stata adeguatamente affrontata in letteratura. A oggi esiste infatti un’unica scala di rischio derivata nel breve termine, la San Francisco Syncope Rule (SFSR)14 ma gli studi di validazione di tale scala hanno fornito risultati molto discordanti.25-27 Le cause di sincope che possono avere evolutività nel breve termine sono riportate nel Box 7. Box 7: principali cause di sincope da escludere precocemente per la loro gravità Cause di sincope a potenziale rapida evolutività Infarto miocardico acuto (IMA) Embolia polmonare (TEP) Dissecazione aortica Tamponamento cardiaco Pneumotorace iperteso Aneurisma dell’aorta addominale in rottura Emorragia interna Aritmia cardiaca maligna Gravidanza ectopica Emorragia subaracnoidea Dissecazione carotidea o vertebrale Embolia grassosa Un possibile metodo per individuare una sincope ad evolutività immediata è quello di indagare la presenza di sintomi/segni unificanti per le varie patologie elencate nel Box 7, quali: − dispnea − dolore − sintomi/segni neurologici (cefalea, segni di lato, ecc...) Tutti i pazienti con almeno uno di tali sintomi/segni dovrebbero essere considerati potenzialmente ad alto rischio e valutati immediatamente per escludere le patologie sopra elencate. Non vi sono validazioni in letteratura di tali criteri ma è in corso uno studio del nostro gruppo per valutare la sensibilità e la specificità di tali sintomi nel riconoscere i pazienti a rischio di evoluzione infausta a breve termine. Nella Tabella 8, di seguito riportata, sono invece elencati alcuni elementi anamnestici, segni obiettivi e sintomi che possono essere associati alle diverse cause di sincope. - 12 - Tabella 8: sospetti diagnostici sull’origine della sincope a seconda del quadro clinico Segni o sintomi Sincope improvvisa in posizione non ortostatica a riposo Sincope durante esercizio fisico Prodromi (sensazione di testa vuota) Prodromi (palpitazioni) Prodromi (dispnea) Prodromi (dolore toracico) Prodromi (dolore lombare) Prodromi (dolore addominale) In corso di rotazione o di estensione del capo Durante sforzo dell’arto superiore Durante o subito dopo tosse, riso, minzione, vomito, singhiozzo, ponzamento, stretching Dopo stazione eretta prolungata Dopo stimolo emotivo intenso Uso di sostanze illecite Cefalea recente Sintomi neurologici Feci picee Recente perdita di liquidi (diarrea, vomito, sudorazione) Recente pranzo Politerapia farmacologica, uso di sindenafil Storia di febbre, mialgia, artralgia o rash Storia di ischemia cardiaca o cardiopatia organica Storia di sostituzione valvolare Storia di neoplasia, immobilizzazione prolungata, traumi o interventi chirurgici Storia di disfunzione autonomica (impotenza, anidrosi, alterazioni sfinteriche) Storia familiare di sincope o morte improvvisa Pacemaker Presenza di stufe, fuochi ecc... in casa Diagnosi probabile Aritmie cardiache, mixoma atriale Stenosi aortica, cardiomiopatia ipertrofica, mixoma atriale, aritmia cardiaca Sincope vaso-vagale, ipotensione ortostatica Aritmie cardiache Embolia polmonare, pneumotorace iperteso, tamponamento cardiaco, embolismo grassoso IMA, TEP, tamponamento cardiaco, aneurisma dissecante, pneumotorace iperteso, prolasso valvolare mitralico Aneurisma dissecante, aneurisma dell’aorta addominale in rottura Aneurisma dell’aorta addominale in rottura, gravidanza ectopica Ipersensibilità del seno carotideo Furto della succlavia Situazionale Sincope vaso-vagale Sincope vaso-vagale, sindrome del QT lungo Aritmie cardiache, embolia da corpo estraneo Emorragia subaracnoidea-rottura di aneurisma cerebrale Insufficienza vertebrobasialre, emicrania basilare, dissezione carotidea o vertebrale, aneurisma dissecante Emorragia gastroenterica Ipotensione ortostatica, crisi addisoniana Ipotensione postprandiale Ipotensione ortostatica iatrogena Mixoma cardiaco, tamponamento Aritmie cardiache, disfunzione valvolare, iatrogena Trombosi valvolare Embolia polmonare Neuropatia autonomica Cardiomiopatia ipertrofica, sindrome del QT lungo Malfunzionamento di PM Intossicazione da CO Sincope ad alto rischio E' sincope ad alto rischio? Oltre alle patologie già accennate nella diagnosi differenziale (vedi Box 7), gli episodi sincopali di origine cardiaca sono correlati a un aumento della mortalità totale a un anno di distanza. Non è stato ancora completamente chiarito se l’incremento della mortalità osservato sia da riferire alla presenza della patologia cardiaca di base o se l’episodio sincopale sia espressione di prognosi infausta in corso di patologia cardiaca.9 Nella Tabella 9 sono elencati i fattori di rischio per outcome avverso a breve termine indicate dalle linee guida ESC (1), successivamente ripesi nel Position Paper della Canadian Cardiovascular Society (CCS) 28 recentemente pubblicato. - 13 - Tabella 9: fattori di rischio per outcome avverso a breve termine nel paziente con sincope Fattori di rischio per outcomes a breve termine (CSS 2011) FR maggiori (valutazione cardiologica urgente) 1) ECG anomalo: (ogni bradiaritmia, tachiaritmia, difetto di conduzione, segni di ischemia recente, pregresso infarto) 2) Storia di cardiopatia: ischemica, aritmica, ostruttiva, valvolare 3) ipotensione arteriosa: PAS < 90 mm Hg 4) Insufficienza cardiaca attuale o pregressa FR minori (possibile val. cardiologica urgente) 1) età > 60 anni 2) Dispnea 3) Anemia (Ht > 30) 4) Ipertensione arteriosa 5) Malattie cerebrovascolari 6) Storia di morte improvvisa precoce (< 50 ys) 7) Situazioni particolari (sincope da supino, durante sforzo, senza prodromi Fattori ad alto rischio a breve termine che richiedono ricovero o valutazione intensiva (ESC 2009) 1) Cardiopatia strutturale o coronarica severa Insufficienza cardiaca, bassa EF, pregresso IM 2) Caratt. cliniche o ECG di sincope aritmica - sincope durante esercizio o da supini - palpitazioni prima della sincope - storia familiare di morte cardiaca improvvisa - tachicardia ventricolare non sostenuta - blocco bi fascicolare (BBS o BBD + EAS o EPS) o altre anom. di conduzione con QRS ≥ 120ms - bradicardia sinusale inappropriata (< 50 bpm) o blocco seno-atriale - QRS pre-eccitati - intervalli QT prolungati o corti - pattern Brugada - segni di cardiopatia aritmogenica del VD 3) Comorbidità importanti - anemia severa - disturbi elettrolitici Da Sheldon RS et al. Can J Cardiol 2011;27:246-53 e Moya et al. Eur Heart J 2009;30:2631-71. Oltre agli elementi anamnestici e obiettivi generali che possono orientare sulla causa e quindi sulla gravità dell’episodio sincopale fin dalla prima valutazione del paziente, esistono diversi scores prognostici che, in base a semplici dati anamnestici, obiettivi o strumentali di primo livello, possono aiutarci a stratificare i pazienti in diverse classi di rischio. Gli scores più utilizzati nella pratica clinica sono la scala dell’Osservatorio Epidemiologico Sulla Sincope del Lazio (OESIL)29 e la San Francisco Syncope Rule (SFSR).14 La scala OESIL29 considera quattro indicatori indipendenti di mortalità a un anno - età > 65 anni, patologia cardiovascolare di base, assenza di prodromi, anomalie ECG - che permettono di dividere i pazienti in differenti classi di rischio. Lo score prognostico è definito dalla somma algebrica dei fattori presenti in ogni singo lo paziente attribuendo a ciascun parametro valore pari a 1. E' stato osservato che il rischio di morte a un anno dalla sincope cresce all’aumentare dei fattori di rischio. Tale stratificazione prognostica fornisce indica zioni riguardo la successiva valutazione e il follow up dei pazienti, suggerendo una gestione ambulatoriale nei pazienti a basso rischio (score 2) ed un atteggiamento diagnostico e terapeutico più aggressivo nei pazienti a rischio intermedio-elevato (score > 2), per i quali è consigliato il ricovero ospedaliero. Tuttavia tale scala è stata validata ad un anno e la sua efficacia predittiva a breve termine resta pertanto da definire. Successiva mente Quinn e collaboratori14 hanno proposto uno score prognostico (la San Francisco Syncope Rule) che considera i seguenti predittori di outcome avverso a 7 giorni dalla sincope: ECG anomalo, presenza di dis pnea, storia di scompenso cardiaco, ematocrito < 30% e pressione arteriosa sistolica < 90 mm Hg. La presenza di almeno un fattore di rischio si è dimostrata accurata nell’individuare i pazienti che hanno sperimentato un evento avverso entro 30 giorni dalla valutazione in Pronto Soccorso per sincope, con conseguente indicazione al ricovero, e potrebbe pertanto rappresentare un utile strumento diagnostico; 25 tuttavia, in studi successivi,26,27 tale sistema si è rivelato scarsamente accurato nell'individuare pazienti ad alto rischio di evento avverso a breve termine, specie se diagnosticato entro 7 giorni dalla valutazione iniziale in Pronto Soccorso. Entrambe le scale sono di facile applicazione anche se la SFSR presuppone l’esecuzione dell'emocromo che, come già detto, non è incluso tra i test di primo livello considerati dalle linee guida ESC per la sincope. 1 Una recente metanalisi,30 finalizzata alla valutazione della performance degli scores prognostici in Pronto Soccorso, ha evidenziato come la scala OESIL e la SFSR siano i soli strumenti di stratificazione del rischio ad avere qualità metodologica e accuratezza diagnostica sufficienti da poter essere considerati nella pratica clinica. Nel Box 10 sono schematizzati i predittori indipendenti di rischio utilizzati dalle due scale. - 14 - Box 10: principali scores prognostici del paziente con sincope Stratificazione del rischio della sincope: Scores Prognostici OESIL RISK SCORE (Colivicchi F et al. Eur Heart J 2003;24:811-819) età > 65 anni storia di malattie cardiovascolari sincope senza prodromi elettrocardiogramma anomalo ogni fattore = 1 punto score 0-1: rischio di morte ad 1 anno 0-0,8% score 2-4: rischio di morte ad 1 anno 19,6-57,1% ricovero consigliato per score ≥2 SAN FRANCISCO SYNCOPE RULE (Quinn JV et al. Ann Emerg Med 2006;47:448-54) elettrocardiogramma anomalo presenza di dispnea storia di scompenso cardiaco ematocrito < 30% pressione arteriosa sistolica < 90 mm Hg Sn 98%, Sp 56% (almeno un fattore) per morte o patologia acuta grave a 30 gg dalla sincope ricovero se presenza di almeno 1 fattore Nello studio STePS 231 abbiamo voluto valutare l'accuratezza diagnostica della scala OESIL e della SFSR nel breve termine confrontandole con la pratica quotidiana di due Pronto Soccorso di Milano. Gli scores OESIL e SFSR sono risultati lievemente più sensibili rispetto al solo giudizio clinico (sensibilità rispettivamente pari a 88 e 81 vs 77%) nel riconoscere i pazienti che sono andati incontro ad un evento avverso, consentendo di individuare tutti i pazienti successivamente deceduti. Il giudizio clinico è risultato invece significativamente più specifico rispetto a OESIL e SFSR (69 vs 59 e 63%) e avrebbe quindi permesso di ricoverare meno pazienti (34 vs 43 e 40%). In particolare per evitare un evento avverso tra i dimessi la scala OESIL avrebbe determi nato il ricovero di 15 pazienti in più rispetto al semplice giudizio clinico, mentre la SFSR 29. Pertanto le scale di rischio potrebbero rappresentare un utile ausilio per decidere quali pazienti dimettere, soprattutto per i medici poco esperti, ma vanno integrate con il giudizio clinico per decidere quali pazienti ricoverare. I risultati del lavoro sono riassunti in Tabella 11. Tabella 11: accuratezza del giudizio clinico e delle scale di rischio nell'individuare i pazienti a rischio di outcome avverso a breve termine dalla sincope Sensibilità (CI 95%) Specificità (CI 95%) Rapporto di Verosomiglianza + (CI 95%) Rapporto di Verosomiglianza - (CI 95%) Valore predittivo + (CI 95%) Valore predittivo - (CI 95%) % di ricovero Giudizio clinico 0.77 (0.56-0.91) 0.69 (0.64-0.73) 2.45 (1.91-3.15) 0.34 (0.17-0.68) 0.12 (0.07-0.17) 0.98 (0.97-1) 34% OESIL 0.88 (0.70-0.98) 0.59 (0.55-0.64) 2.19 (1.83-2.61) 0.19 (0.07-0.56) 0.11 (0.07-0.15) 0.99 (0.98-1) 43% SFSR 0.81 (0.61-0.93) 0.63 (0.58-0.67) 2.16 (1.73-2.69) 0.31 (0.14-0.68) 0.11 (0.06-0.15) 0.98 (0.97-1) 40% P<0.05 NS *, † NS NS NS NS *, † Da Dipaola et al. Am J Emerg Med 2010; 28:432-9. Legenda * = p<0,05 tra giudizio clinico e OESIL; † = p<0,05 tra giudizio clinico e SFSR; NS = non significativo. - 15 - La sincope neuro-mediata Come riportato precedentemente, circa il 40% della popolazione generale va incontro a un episodio sincopale nel corso della sua vita e circa il 30% di questo è riferibile a sincopi di natura neuro-mediata. Cenni di fisiopatologia I meccanismi fisiopatologici della sincope neuro-mediata non sono ancora stati completamente chiariti. 32 All'assunzione della posizione ortostatica la forza gravitazionale determina un aumento della quantità di san gue raccolto nel distretto venoso degli arti inferiori e nel distretto splancnico con conseguente riduzione del ritorno venoso al cuore, della gettata cardiaca e della pressione arteriosa. 33,34 Queste variazioni vengono normalmente registrate dalle strutture barocettive situate a livello dell'arco aortico, della biforcazione delle arte rie carotidi e nel distretto cardio-polmonare (atri, arterie e vene polmonari e polmoni) e trasmesse al sistema nervoso centrale (SNC), a livello del Nucleo del Tratto Solitario (NTS), dove alcuni gruppi neuronali, sottopo sti anche a una modulazione dei centri neuronali superiori inclusi quelli corticali, regolano l'attività cardiovascolare riflessa attraverso modificazioni delle efferenze simpatiche e parasimpatiche. 33,34 Lo scopo è quello di ripristinare una pressione arteriosa adeguata alle differenti situazioni funzionali nelle quali può venirsi a trovare l'individuo e preservare la perfusione cerebrale. Quando ciò non avviene, può verificarsi un episodio sincopale. Numerose sono le ipotesi patogenetiche proposte. Secondo la "teoria ventricolare", 32 quando i barocettori rilevano un decremento di pressione arteriosa si può determinare un eccessivo incremento riflesso dell'attività simpatica, con vasocostrizione periferica ed effetto inotropo e cronotropo positivo sul cuore. L'aumentata stimolazione cardiaca simpatica in condizioni di ipovolemia stimolerebbe afferenze nervose ventricolari dirette al NTS con conseguente attivazione finale di una risposta nervosa riflessa inibitoria che esita in ipotensione e bradicardia, con possibile perdita di coscienza. Questa teoria fornisce basi razionali per l'utilizzo di beta-bloccanti nella terapia della sincope neuro-mediata. Tuttavia il tentativo di quantificare l'attività simpatica prima della sincope ha fornito risultati contradditori e sono state osservate anche situazioni di incapacità a incrementare l'attività simpatica cardiaca 35 o vascolare,36 specie nelle sincopi ricorrenti. Per esempio, le concentrazioni plasmatiche di noradrenalina prima della sincope sono risultate sia aumentate sia normali o ridotte.21 La teoria della "disfunzione barocettiva" si basa sull'ipotesi di un'alterazione della funzio ne barocettiva con incapacità di captare o compensare le modificazioni emodinamiche indotte dagli stimoli gravitazionali e che può verificarsi anche per attivazione paradossa dei barocettori stessi. 36 Alcune ipotesi alternative infine si basano sulla redistribuzione del volume ematico centrale nei pazienti con sincope con ipovolemia relativa, sul ruolo di alcuni agenti umorali quali la serotonina 23 e sulla disregolazione del flusso ematico cerebrale in risposta allo stress ortostatico. 24,37 Terapia Secondo le linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) 1 il trattamento non è necessario nei pazienti con sincope neuro-mediata che sperimentano un singolo episodio sincopale e in situazioni a basso rischio lavorativo. In questi casi spesso è sufficiente il solo trattamento iniziale: rassicurazione del paziente (e dei familiari) e addestramento a misure comportamentali come indicato di seguito. Trattamenti aggiuntivi possono essere indicati quando la sincope sia molto frequente, non prevedibile per assenza di sintomi prodromici con conseguente elevato rischio di traumi maggiori, e quando si verifichi nell'ambito di attività a ele vato rischio per la sicurezza propria o di terzi. Le differenti strategie terapeutiche dovrebbero tenere conto di quale sia lo specifico meccanismo fisiopatologico di sincope nel singolo paziente, cercando di discriminare in ogni soggetto se la tipologia della sincope sia di tipo prevalentemente misto (tipo 1: cardioinibitorio + vasodepressorio), cardioinibitorio (tipo 2) o vasodepressorio (tipo 3). Terapia non farmacologica Il primo intervento terapeutico consiste nel rassicurare il paziente e i familiari circa la prognosi benigna della sincope neuro-mediata e nell'istruire il paziente su come evitare, quando possibile, eventi scatenanti e situa zioni predisponenti (stimoli emozionali, luoghi caldi e affollati, ecc...). E’ importante istruire il paziente per consentirgli di riconoscere i sintomi prodromici, al fine di attuare misure preventive per evitare una caduta - 16 - improvvisa. Può inoltre essere utile modificare o sospendere eventuali trattamenti concomitanti con farmaci potenzialmente ipotensivi. Rientrano nell’ambito della terapia non farmacologia interventi quali la promozione della regolare attività fi sica di tipo aerobico, in quanto recentemente è stato dimostrato come una regolare attività fisica sia in grado di aumentare la sensibilità barocettiva nei pazienti con sincope neuro-mediata. 37 Il mantenimento protratto della stazione eretta per 10-30 minuti al giorno contro una parete verticale ("tilt training") sembra inoltre essere in grado di "sensibilizzare" i pazienti agli stimoli gravitazionali con riduzione degli episodi sincopali e pre-sincopali. Tuttavia i dati sull'efficacia di questo metodo appaiono ancora contra stanti, essendo gravati da una ridotta aderenza alla manovra quando applicata nel lungo termine. Ciò è legato alla ripetitività del gesto e all’elevato impiego di tempo e attrezzature legati all’esecuzione della manovra stessa.33 Manovre di contropressione La contrazione isometrica della muscolatura di gambe e braccia (leg crossing, hand-grip, muscle tensing), au mentando il ritorno venoso al cuore attraverso l'attivazione della pompa muscolare scheletrica, si è dimostrata efficace nel prevenire recidive sincopali in pazienti con sincopi neuro-mediate ricorrenti e sintomi prodro mici riconoscibili. Dai dati del PC-trial, 31 condotto su una popolazione dei 223 pazienti, l’esecuzione di manovre contropressorie era in grado di ridurre del 36% le recidive di sincope per anno e di aumentare il tempo li bero dalla prima recidiva di sincope. Infine, evidenze crescenti suggeriscono che l'ingestione di almeno 2 litri di acqua al giorno, 28 associata all'apporto quotidiano di almeno 120 mmol di sodio (pari a circa 7 g di sale), è in grado di incrementare il volume plasmatico circolante con conseguente incremento dei valori pressori e miglioramento della tolleranza all'ortostatismo.1 Terapia farmacologica Numerosi agenti farmacologici sono stati utilizzati nel trattamento delle sincopi neuro-mediate ricorrenti; tuttavia il loro impiego non è supportato da forti evidenze data la scarsità di studi randomizzati controllati condotti su ampie popolazioni. Beta-bloccanti Il razionale per l'impiego di questi farmaci risiede nella riduzione dell’attivazione dei meccanocettori del ven tricolo sinistro che si produrrebbe per l'effetto inotropo negativo di tali composti e per la loro capacità di ridurre l’iperattivazione simpatica cardiaca. I risultati degli studi sia non controllati che controllati sono contrastanti. Nonostante i farmaci beta-bloccanti, secondo le indicazioni delle linee guida, siano attualmente non indicati come terapia per la sincope (classe III), non esistono attualmente studi che testino la loro efficacia per quei pazienti che non abbiano una sincope di tipo cardioinibitorio, pertanto suggeriamo che l’utilizzo dei beta-bloccanti non debba ancora essere definitivamente abbandonato. Vasocostrittori La Midodrina cloridrato è un α1-agonista diretto che determina vasocostrizione a livello di arteriole e vene, con conseguente incremento della pressione arteriosa sistemica e riduzione della capacitanza nel compartimento venoso. La sua efficacia nel trattamento dell’ipotensione ortostatica è documentata da alcuni studi. I dati relativi al trattamento della sincope neuromediata sono meno numerosi, tuttavia da uno studio randomizzato controllato.38 emerge una significativa riduzione dei sintomi dopo assunzione di tale presidio. Fludrocortisone Mineralcorticoide sintetico, determina la ritenzione di sodio e acqua favorendo l’espansione del volume ema tico centrale, sensibilizza gli α-recettori dei vasi periferici. Si è dimostrato efficace nel ridurre le ricorrenze di sincope neuro-mediata in studi non controllati al dosaggio di 0,05-0.2 mg/die; tuttavia la mancanza di studi randomizzati placebo-controllo condotti in doppio cieco non consente di proporlo come trattamento di prima linea. Inibitori selettivi del re-uptake della serotonina Alcuni studi condotti su modelli animali dimostrano come l’ingresso di serotonina nelle cellule del sistema nervoso centrale possa intervenire nella regolazione dell'attività del sistema nervoso autonomo causando una riduzione dell’attività simpatica simile a quella osservata nella sincope neuromediata. Gli inibitori selettivi del re-uptake della serotonina dovrebbero contrapporsi a questo meccanismo d’azione. I dati riguardo la loro efficacia nella prevenzione della sincope neuromediata sono contrastanti. - 17 - - 18 - Presidi terapeutici Pacemaker Negli ultimi anni l'impianto di un pacemaker (pm) permanente bicamerale è stato proposto per i pazienti con sincopi neuro-mediate ricorrenti refrattarie ad altre terapie. Anche rispetto all’efficacia di tale ausilio i risul tati dei vari studi appaiono contrastanti. Il dibattito sull’efficacia dei PM per la sincope vasovagale rimane tuttora aperto ed è focalizzato sul percorso da intraprendere per giungere ad una corretta selezione della casistica, come si evince da quanto osservato in pazienti impiantati solo dopo valutazione della sincope tramite loop-recorder. Le linee guida ESC 1 pongono un'indicazione di classe II all'impianto di pacemaker in pazienti con sincope vasovagale cardio-inibitoria, con più di 5 ricorrenze all'anno, con conseguenze traumatiche severe ed età > 40 anni. Inoltre, in pazienti con sincope di tipo misto, può essere valutata l’indicazione nei singoli pazienti quando si ritiene che l’impianto possa aiutare a contrastare l’ipotensione ortostatica. In Tabella 12 sono riassunte le potenziali opzioni terapeutiche per la sincope neuro-mediata. Tabella 12: opzioni terapeutiche per la sincope neuro-mediata Trattamento Modalità/posologia Modificazioni dello stile di vita Apporto idrico Apporto di sodio Counterpressure manoeuvres Tilt training Circa 2 litri di acqua al giorno per os 120 mmol al giorno (= 7 g di NaCl) Leg crossing, hand-grip, muscle tensing 10-30 minuti al giorno in ortostatismo Farmaci Beta-bloccanti Midodrine Fludrocortisone Inibitori selettivi re-uptake serotonina (SSRI) paroxetina Pacemaker Non raccomandati 2,5-10 mg per os fino a 3 volte al giorno 0,1-0,2 mg per os al giorno (seconda linea) 20 mg al giorno Permanente, modalità DDD - 19 - Ipotensione ortostatica L’ipotensione ortostatica è definita come una diminuzione della pressione arteriosa sistolica > 20 mmHg rispetto alla posizione clinostatica dopo aver assunto la postura eretta per almeno 3 minuti. 39 Essa rappresenta un problema medico rilevante per la scarsa efficacia dei presidi farmacologici disponibili e per i risvolti socia li ed economici che comporta. Infatti l'ipotensione ortostatica spesso esita in episodi di perdita di coscienza con cadute a terra, possibili gravi fratture e conseguenti invalidità persistenti. Quale causa di perdita improvvisa di coscienza, l’ipotensione ortostatica può configurare una condizione di rischio in ambito lavorativo e deve pertanto essere prontamente riconosciuta e trattata. Nei soggetti che svolgono attività lavorativa a elevato rischio per la sicurezza è opportuno misurare sempre la pressione arteriosa sia in clinostatismo che in ortostatismo, soprattutto se all’anamnesi emergono elementi che possano far sospettare una possibile ipotensione ortostatica. Meccanismi eziopatogenetici L'alterazione transitoria o cronica a carico di uno dei meccanismi nervosi di regolazione cardiovascolare già citati a proposito della sincope neuro-mediata (vedi a pagina 30 e 31) o l’insorgenza di un’ipovolemia critica costituiscono i più importanti meccanismi eziopatogenetici di ipotensione ortostatica. Le principali cause di ipotensione ortostatica sono riassunte nel Box 13. Box 13: cause di ipotensione ortostatica Cause principali di ipotensione ortostatica Invecchiamento Allettamento Farmaci Sindromi da Disfunzione del Sistema Nervoso Autonomo - con interessamento del Sistema Nervoso Centrale: morbo di Parkinson, Atrofia Multisistemica (MSA), tumori cerebrali (tronco encefalico, cervelletto, diencefalo) - con interessamento del Sistema Nervoso Periferico: diabete mellito, alcolismo, sindrome uremica, neuropatia paraneoplastica - con interessamento del neurone Simpatico Post-gangliare: ipotensione ortostatica idiopatica (Pure Autonomic Failure, PAF) - 20 - Farmaci Particolare attenzione deve essere dedicata all’anamnesi farmacologica dei pazienti. I principali meccanismi mediante i quali i farmaci sono in grado di produrre ipotensione ortostatica sono: 40 1. inducendo ipovolemia; 2. interferendo con la corretta risposta del sistema nervoso autonomo e in particolare con i processi di vasocostrizione arteriosa e venosa prodotti dal sistema simpatico in risposta allo stimolo gravitazionale; 3. determinando una vasodilatazione diretta con diminuzione delle resistenze vascolari e del tono venoso. Numerosi sono i principi attivi che possono indurre ipotensione ortostatica secondo questi meccanismi, e vengono descritti di seguito.40 • Diuretici: possono produrre ipotensione ortostatica per deplezione del volume ematico, particolarmente nei soggetti suscettibili come i pazienti con disautonomia, che assumono farmaci bloccanti il sistema nervoso simpatico (clonidina), o gli anziani. • Bloccanti α-adrenergici e calcio-antagonisti: prazosina, terazosina sono impiegati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa e dell’ipertrofia prostatica; amlodipina, lacidipina, nifedipina, verapamile sono utilizzati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa. I primi interferiscono con la stimolazione recettoriale α-noradrenergica alterando quindi il segnale per la contrazione della muscolatura liscia vascolare, i secondi interferiscono con la capacità di risposta vasomotoria allo stimolo nervoso simpatico. La terazosina, α1-bloccante selettivo, minimizza la risposta tachicardica riflessa che segue all'ipotensione, favorendo l’azione della noradrenalina rilasciata a livello sinaptico sui recettori noradrenergici α2-presinaptici, la cui stimolazione riduce l’ulteriore liberazione di noradrenalina. • Antidepressivi triciclici: sono in grado di indurre ipotensione ortostatica in oltre il 78% dei soggetti di età superiore ai 60 anni. Il meccanismo d’azione dell’effetto ipotensivo sembra risiedere nel l’azione bloccante α-adrenergica, nella capacità di interferire con il reuptake della noradrenalina e serotonina, nell’azione concomitante colinergica che riduce la risposta riflessa compensatoria tachicardica ed infine, alterando presumibilmente a livello centrale le risposte riflesse di attivazione ner vosa simpatica diretta ai vasi con conseguente riduzione del tono vasomotorio. • Nitrati: hanno azione vasodilatatrice diretta che può generare ipotensione ortostatica durante prolungata stazione eretta soprattutto nel soggetto anziano e in associazione ai farmaci sopra menzionati. • L-dopa: è il principale farmaco impiegato per controllare i disturbi motori nel morbo di Parkinson. Ha tuttavia un’azione anche sul sistema nervoso autonomo agendo a livello centrale sui neuroni α– adrenergici. L’effetto finale è costituito da un incremento dell’attività nervosa parasimpatica e da una riduzione dell’attività nervosa simpatica di regolazione cardiovascolare con conseguente possibile ipotensione ortostatica. Sindromi da disfunzione del Sistema Nervoso Autonomo L’ipotensione ortostatica è di frequente riscontro nelle sindromi caratterizzate da una concomitante disfunzione del sistema nervoso autonomo e di quello centrale, come nel caso del morbo di Parkinson e nella Atro fia Multisistemica. Nella malattia di Parkinson è stata documentata la presenza di ipotensione ortostatica in quasi il 58% dei pazienti, e di questi il 62% presentava segni e sintomi franchi da intolleranza ortostatica, la cui entità era ben correlata con la durata e gravità della malattia e con la concomitante presenza di terapia con L-Dopa e Bromocriptina. 41 In un recente studio basato sull’impiego di tecniche di analisi spettrale della variabilità della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa nei soggetti con Parkinson e ipotensione arteriosa è stata osservata anche un’alterazione del controllo nervoso simpatico diretto ai vasi arteriosi. 42 Tale studio ha documentato inoltre come anche in quei pazienti nei quali non erano presenti ipotensione ortosta tica e disturbi clinici a essa correlati, erano tuttavia già presenti segni iniziali di malfunzionamento del controllo nervoso simpatico vascolare in risposta allo stimolo gravitazionale. L’ipotensione ortostatica può complicare alcune condizioni cliniche associate a neuropatia periferica come il diabete mellito, l’alcolismo, la sindrome uremica. In queste condizioni l’ipotensione raramente precede l’in sorgenza dei disturbi legati alla neuropatia sensitivo-motoria ed è dovuta alla concomitante disautonomia cardiovascolare. Nel caso del diabete mellito, l’entità della disautonomia può generare il quadro di “sindrome - 21 - da denervazione cardiaca”, caratterizzata da intolleranza ortostatica e per sforzi di lieve entità, e un incre mento del rischio di morte improvvisa e ischemia miocardica con assenza di dolore. 43 La neuropatia periferica che si associa ad abuso di alcol può accompagnarsi a disautonomia, come suggerito da un’alterata risposta alla manovra di Valsalva e a un abituale eccessivo calo pressorio in posizione eretta in questi soggetti. Inoltre, l'ipotensione ortostatica è stata riscontrata fino al 75% nei pazienti con alcolismo di grado avanzato e conco mitante presenza di alterazioni nervose centrali alcool dipendenti (encefalopatia di Wernicke). 44 Terapia La terapia dell’ipotensione ortostatica prodotta da una contrazione del volume ematico è rivolta all’eliminazione dei fattori che hanno portato all’ipovolemia stessa, nei casi in cui essi siano identificabili e transitori, e all’eventuale ripristino del volume intravascolare mediante infusione endovenosa di soluzione salina. Nel caso del paziente allettato, la precoce mobilizzazione ed una fisiokinesiterapia motoria si sono dimostrate efficaci nel ridurre l’entità dell’ipotensione ortostatica. 20 Il paziente con ipotensione ortostatica da disautonomia tende inevitabilmente a scivolare in un circolo vizio so creato dall'incapacità di muoversi efficacemente e caratterizzato da diminuzione progressiva dell’attività fisica, stanchezza, tendenza a rimanere seduto, peggioramento dell’ipotensione ortostatica, ulteriore diminuzione della capacità prestativa motoria. Particolarmente nelle prime ore del mattino, in concomitanza e subi to dopo il pasto di mezzogiorno, il paziente spesso segnala un peggioramento della sintomatologia e un incre mento nel numero delle cadute, poiché in tali periodi risulta maggiore il calo pressorio, non solo durante l’as sunzione della posizione eretta ma anche nella posizione seduta. Il mantenimento di una regolare attività fisica, con cicli riabilitativi motori seguiti da un fisioterapista, è pertanto essenziale per opporsi a tale circolo vi zioso. L’utilizzo delle cosiddette manovre fisiche “contropressorie”, basate sulla contrazione isometrica degli arti allo scopo di ridurre il pooling venoso agli arti e al distretto splancnico, aumentare il ritorno di sangue al cuore e incrementare la pressione sistemica in occasione dell’insorgenza dei disturbi pre-sincopali, 45 si è mostrato in grado di ridurre l’entità dell’ipotensione ortostatica e migliorare i sintomi. Analogamente, l’attivazione della “pompa respiratoria”, mediante parziale ostruzione dell’inspirazione, sembra migliorare la tolleranza all’ortostatismo.46 Nel paziente con disautonomia e ipotensione ortostatica, allo scopo di aumentare la volemia, controbilanciare l’incremento della natriuresi notturna e incrementare i valori pressori, è inoltre indicata l’assunzione di abbondanti quantità di acqua e sale (NaCl) insieme a steroidi ad azione sodioritentiva come il fludrocortisone. Una menzione particolare merita l’acqua, che nel soggetto disautonomico agisce come un vero e proprio “farmaco pressorio”. 47 l’assunzione di 480 ml di acqua aumenta infatti la pressione arteriosa sistolica di oltre 30 mmhg in soggetti con atrofia multisistemica e di oltre 35 mmhg in individui affetti da ipotensione ortostatica idiopatica. Anche nell’anziano l’acqua ha un moderato effetto pressorio, mentre non ha effetti emodinamici nell’individuo giovane e sano. Come mostrato nei grafici di figura 1, che si riferiscono ad un paziente con PAF, l’effetto pressorio inizia dopo pochi minuti dall’ingestione, raggiunge un massimo a circa 25 minuti e dura per circa 1 ora. La risposta pressoria all’ingestione di acqua sembra essere mediata da un incremento nelle resistenze vascolari sistemiche sostenute da una attivazione residua del sistema nervoso simpatico,48 più che da una espansione del volume circolatorio. In uno studio randomizzato in doppio cieco con placebo, la midodrine, un agonista α1-adrenergico che può essere assunto per os, si è mostrata efficace nel trattamento dell’ipotensione ortostatica su base neurogenica, 49 incrementando la pressione arteriosa sistolica e diminuendo i sintomi da intolleranza ortostatica. Favorendo la trasmissione nervosa a livello ganglionare, la piridostigmina è stata ipotizzata migliorare l'ipotensione ortostatica nel paziente con disautonomia senza peggiorare l'eventuale ipertensione clinostatica. In uno studio randomizzato in doppio cieco con placebo, la piridostigmina da sola o in associzione con midodrine si è dimostrata efficace nel ridurre l'entità dell'ipotensione diastolica ortostatica e nel diminuire l'intensità dei sintomi, senza significative modificazioni pressorie in posizione clinostatica. 50 Il massimo di efficacia pressoria del farmaco si è rilevato dalla seconda alla quarta ora dopo l'assunzione orale. Nei pazienti con ipotensione ortostatica e nei quali siano contemporaneamente presenti forme lievi di ipertensione clinostatica, l’atteggiamento clinico più seguito è quello di astenersi dal prescrivere farmaci per ridurre al minimo il rischio di sommare effetti ipotensivi a un già precario controllo pressorio diurno. Il posi zionamento sotto le gambe del letto, dalla parte della testiera, di spessori di circa 20 cm di altezza, garantisce un moderato ma persistente stimolo gravitazionale durante le ore notturne, in grado di trattare non farmacologicamente i valori pressori elevati. Qualora tale approccio si riveli insufficiente, o quando i valori di ipertensione arteriosa siano superiori a 160/100 mmHg, è indicato l’uso di farmaci antipertensivi privi di effetto ipo- - 22 - tensivo in ortostatismo, come per esempio ACE-inibitori o inibitori dell’angiotensina a breve emivita, da uti lizzare a dosaggi inizialmente bassi, da ottimizzare nel tempo, e da somministrare preferibilmente alla sera. Alcuni autori suggeriscono infine l’impiego durante le ore notturne della nitroglicerina transdermica, 51 facilmente rimuovibile il mattino prima che il soggetto si alzi dal letto. E’ importante ricordare tuttavia che i fre quenti risvegli notturni, dovuti a disturbi a carico delle differenti fasi del sonno associati alla necessità di svuotare frequentemente la vescica, portano questi soggetti ad alzarsi spesso dal letto, ponendoli quindi ad altissimo rischio di sincope, particolarmente se esposti a farmaci che interferiscano con il ritorno venoso in posizione ortostatica. Figura 1 Effetti della somministrazione di 480 ml di acqua sulla frequenza cardiaca e sulla pressione arteriosa misurata con sfigmomanometro brachiale ogni 2 minuti, in un paziente con grave disautonomia (PAF), studiato in clinostatismo. E’ evidente un chiaro incremento della pressione arteriosa sistolica a partire dall’8° minuto dall’assunzione di acqua che tende a mantenersi per oltre 60 minuti, con valori massimi (+ 25 mmHg) dopo circa 20 minuti. - 23 - Sincope e attività lavorativa Il ruolo del medico del lavoro per la stratificazione del rischio e l’espressione del giudizio di idoneità La sincope, o più in generale una perdita di coscienza transitoria, occorsa durante l’attività lavorativa rappre senta una causa di disabilità improvvisa che può avere conseguenze più o meno gravi sulla sicurezza del lavoratore e/o di terzi. Come già accennato nel capitolo sull’epidemiologia della sincope, il Medico del Lavoro (ML) e il Medico Competente (MC) sono coinvolti dalla problematica in misura preponderante, in considera zione del fatto che circa il 50% dei pazienti che afferisce al Pronto Soccorso (PS) per un episodio sincopale è in età lavorativa e quindi potenziale lavoratore. Facendo alcuni semplici calcoli per stimare l’entità del problema, si può riassumere che il numero di soggetti in età lavorativa che afferisce a un PS di dimensioni medio-grandi (50-60000 accessi/anno) è di circa 800-900 /anno. E’ opportuno ricordare che in media l’80% di tali pazienti è dimesso dal PS e che il rischio di recidiva in questi soggetti è pari a circa l’11% nei primi 6 mesi. Infine va considerato che il numero di sincopi che si verificano nella popolazione generale è circa 25 volte maggiore del numero di quelle che comportano un accesso in PS 4 e il ML potrebbe essere il primo a venire a conoscenza di un problema di sincope e a doverlo gestire correttamente. Tali dati rendono evidente come il paziente con sincope, al termine dell’iter diagnostico-terapeutico imposta to a seguito della valutazione in PS e in particolare nel caso di attività lavorative a rischio per la sicurezza, do vrebbe essere valutato dal ML prima della ripresa dei propri compiti lavorativi, per valutare l’idoneità in relazione al rischio per se stesso ma anche considerando l’eventuale rischio per i terzi. Inoltre, anche nell’ambito dell’attività di sorveglianza sanitaria per lavoratori con mansioni caratterizzate da rischio infortunistico e/o con responsabilità per la sicurezza di terzi, il MC deve ricercare i soggetti che hanno avuto sincope e che sono potenzialmente a rischio di recidiva. Qualora i dati anamnestici mettano in evidenza una sincope recente non adeguatamente inquadrata dal punto di vista diagnostico e terapeutico e l’attività lavorativa svolta possa comportare un rischio rilevante per la sicurezza, il MC deve disporre ulteriori accertamenti prima di esprimere il giudizio di idoneità, inviando il paziente presso centri specializzati per lo studio della sincope. In particolare è possibile rivolgersi alle “Unità Sincopi” attualmente presenti sul territorio nazionale. Si tratta di strutture multidisciplinari cooordinate da un medico “esperto”, che consentono un accesso facilitato a tutti i percorsi diagnostici e terapeutici necessari con l’obiettivo di accelerare l’iter diagnostico, evitare accertamenti inutili e costosi e favorire l’applicazione delle più recenti conoscenze in materia di sincope. Negli ultimi anni il GIMSI (Gruppo Italiano Multidiscipli nare per lo Studio della Sincope: www.gimsi.it) ha certificato numerose Unità Sincopi, alcune delle quali possono fornire un supporto anche per la stratificazione del rischio lavorativo, secondo le più recenti indicazioni della letteratura. Il giudizio d’idoneità lavorativa finale resta ovviamente un compito del MC. La recidiva di sincope come fattore di rischio in ambito lavorativo Quando il ML deve affrontare il problema dell’idoneità lavorativa di un soggetto che ha avuto un episodio sincopale, una delle prime valutazioni che deve fare è stimare la probabilità che il paziente ha di avere una recidiva di sincope. Ottenere tale informazione non è semplice. Nel caso di sincopi la cui eziologia è certa ed esiste un presidio terapeutico adeguato, la terapia può ridurre il rischio di recidiva allo 0% e il paziente può non essere più a rischio da punto di vista lavorativo. E’ il caso, per esempio, di una sincope bradi-aritmica ri solta con il posizionamento di un pace-maker o di una sincope secondaria all’assunzione di farmaci ipotensivi, che si risolve eliminando il farmaco responsabile. Nei casi di una sincope neuro-mediata o addirittura a eziologia non nota il problema è molto più complesso. I dati relativi al rischio di recidiva di sincope in età la vorativa sono pochi e non disponibili per classe eziologica. Un recente studio condotto su una sottopopolazione di 288 soggetti in età lavorativa nell’ambito dello studio STePS 11 ha documentato, al follow-up a 6 mesi, 1 anno e 5 anni condotto mediante questionario telefonico da parte di personale esperto, un dato molto interessante, ovvero che la frequenza di recidiva di sincope non è costante dopo il primo episodio. Infatti, nel gruppo di soggetti considerati, i primi 6 mesi dopo l’evento sincopale sono caratterizzati da un maggiore ri schio di recidive, pari all’11,3%, che tende a ridursi nei successivi 6 mesi a circa il 3%, per poi diminuire ulte - - 24 - riormente. Circa metà dei pazienti considerati ha avuto una sola recidiva nel periodo di osservazione, il 21% ne ha avute due, il 13% tre, mentre il 15% ha riportato quattro o più recidive. Infine, l’analisi multivariata ha consentito di evidenziare come la presenza di ECG alterato o di almeno una co-patologia alla prima valutazione clinica rappresentino fattori indipendenti di aumentato rischio di recidiva in tali soggetti. Questi 3 elementi (tempo dalla sincope indice, ECG anomalo, presenza di co-patologie) possono essere utili al ML nell’inquadramento del paziente per l’espressione del giudizio di idoneità lavorativa. Sulla base dello studio condotto è possibile pertanto concludere che: 1. la maggior parte delle recidive di sincope nella popolazione in età lavorativa si verifica nei primi 6 mesi dal primo evento (11,3%), mentre nei 6 mesi successivi si osserva una flessione del rischio di recidiva (circa 3%); 2. circa il 30% dei pazienti esaminati ha avuto due o più recidive nel periodo considerato; 3. i fattori associati a un aumentato rischio di recidiva di sincope risultano essere l'ECG alterato e la presen za di co-patologie. Stratificazione globale del rischio in ambito lavorativo Di fronte a un paziente che ha avuto un episodio sincopale e che deve riprendere la propria attività lavorativa è necessario quindi: a) accertarsi che la sincope sia stata adeguatamente inquadrata dal punto di vista diagnostico-terapeutico e, in caso contrario, disporre gli approfondimenti necessari presso le strutture deputate; b) analizzare i compiti lavorativi che il paziente dovrebbe svolgere per stratificare il rischio, non solo per il lavoratore ma anche per eventuali compagni di lavoro o terze persone che potrebbero essere coinvolte qualora il lavoratore avesse una improvvisa perdita di coscienza; c) analizzare, nell’ambito dei compiti lavorativi che costituiscono la mansione del lavoratore, la presen za di condizioni che possano favorire la recidiva di sincope neuro-mediata, con particolare riferimento a: attività lavorativa in posizione eretta per tempi prolungati, ambiente caldo, passaggio frequente tra ambienti a temperature significativamente differenti tra loro, utilizzo di Dispositivi di Protezione Individuale che possano ridurre la dispersione termica, compiti che richiedano frequenti cambi di posizione; d) stimare il rischio di recidiva di sincope tenendo conto dei dati disponibili in letteratura e dei dati anamnestici. Infatti il rischio di recidiva di sincope è maggiore in soggetti che abbiano avuto più epi sodi sincopali. In linea generale, sulla base dei dati attualmente disponibili, si può suggerire il seguente iter nella valutazio ne del paziente con sincope che giunga all'attenzione per l’espressione del giudizio di idoneità lavorativa: 1) verificare che l’iter diagnostico sia stato affrontato in modo adeguato e, in caso negativo, richiedere gli ulteriori accertamenti necessari presso le strutture specialistiche dedicate (Unità Sincopi); la disponibilità attuale di tecnologie avanzate, come per esempio la possibilità di utilizzare i dispositivi per il monitoraggio prolungato dell’ECG (Loop –Recorder esterno o impiantabile), è in grado di ridurre notevolmente il numero di sincopi a causa indeterminata facilitando pertanto l’identificazione della terapia adeguata; 2) se l’eziologia della sincope è stata accertata e la causa rimossa, dopo un adeguato follow-up il lavora tore potrà riprendere il proprio lavoro; per esempio, una sincope da ipotensione ortostatica indotta da farmaci o una sincope cardiogena bradi-aritmica possono essere risolte rispettivamente adeguando il trattamento farmacologico o impiantando un PM; in caso di posizionamento di ICD sono disponibili Linee Guida38 specifiche per la guida privata e professionale; 3) in presenza di una sincope di natura neuro-mediata, qualora l’attività lavorativa comporti un rischio per la sicurezza del lavoratore e/o di terzi, è opportuno un periodo di almeno 6 mesi di allontanamento dall’attività a rischio; durante tale periodo dovrà essere impostata una terapia comportamentale, eventualmente adiuvata da farmaci, per cercare di correggere almeno in parte alcune condizioni che possono favorire la sincope neuro-mediata; di fondamentale importanza è il riconoscimento dei trigger che possono determinare il riflesso bradicardia-ipotensione per poterli rimuovere, ove possibile, e poter fornire suggerimenti per evitare la perdita di coscienza come nel caso delle sincopi situazionali (da dolore acuto, da stimolo emozionale forte, da tosse, defecazione, minzione, ecc…); inoltre è estremamente importante tranquillizzare il paziente in merito alla natura benigna del disturbo e - 25 - addestrare il paziente a riconoscere eventuali prodromi al fine di poter prontamente assumere una posizione di sicurezza. Per le indicazioni terapeutiche si rimanda alle sezioni sulla terapia; 4) dopo 6 mesi di follow-up liberi da recidive sincopali si potrà riconsiderare la ripresa dell’attività lavorativa, eventualmente con prescrizioni aggiuntive; è comunque opportuno rivedere il paziente, a intervalli inizialmente ravvicinati (30-60 giorni) quindi più lunghi (3-6 mesi), per accertarsi che non si siano verificati ulteriori episodi e che la terapia comportamentale sia adeguatamente seguita; per tali controlli il MC può anche avvalersi degli ambulatori delle “Unità Sincopi”. Conclusioni La sincope è un sintomo che può essere espressione di condizioni cliniche sottostanti molto differenti tra loro. La causa della sincope può essere anche molto grave e determinare una rapida evolutività clinica; tali condizioni devono essere riconosciute dal Medico di Pronto Soccorso e opportunamente gestite. Nella mag gior parte dei casi, tuttavia, soprattutto nei soggetti in età lavorativa, la sincope è di tipo benigno, ovvero il rischio clinico associato all’evento sincopale è molto basso. Ciononostante, il fatto che un evento sincopale, seppure benigno, possa verificarsi durante un’attività lavorativa a rischio per la sicurezza, rende il ruolo del Medico del Lavoro e Medico Competente fondamentale. Egli potrebbe essere infatti la primo a valutare un paziente con sincope recente e a dover disporre gli approfondimenti del caso. In altri casi potrebbe essere consultato dagli specialisti e dalle “Unità Sincopi”, qualora il paziente debba riprendere un’attività a rischio non trascurabile per la sicurezza o un’attività che possa favorire la recidiva. L’approccio multidisciplinare alla gestione del paziente con sincope, che ha dato ottimi risultati negli ultimi anni, dovrebbe pertanto essere integrato dalle competenze specialistiche del Medico del Lavoro, il quale deve avere tutti gli elementi per poter discutere e porre quesiti specifici ai rispettivi medici specialisti, allo scopo di consentire una adeguata ripresa dell’attività lavorativa. Bibliografia 1.. Moya A, Sutton R, Ammirati F et al. Guidelines for the diagnosis and management of syncope (version 2009): the Task Force for the Diagnosis and Management of Syncope of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2009;30:2631-71. 2. Soteriades ES, Evans JC, Larson MG et al. Incidence and prognosis of syncope. N Engl J Med 2002;347:878-85. 3. Kapoor WN, Karpf M, Wieand S, Peterson JR, Levey GS. A prospective evaluation and follow-up of patients with syncope. N Engl J Med 1983;309:197-204. 4. Ganzeboom KS, Mairuhu G, Reitsma JB, Linzer M, Wieling W, Van Dijk N. 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