L’elettrostatica dei sistemi macroscopici Oggetti carichi Tutti i corpi sono fatti di atomi e dunque contengono moltissime cariche positive e negative. Tuttavia, negli stati più comuni della materia, gli atomi sono neutri; oppure, formano molecole neutre; o ancora, sono raggruppati in modo che piccole porzioni di materia siano complessivamente neutre. In tutti questi casi, le azioni elettriche a distanza macroscopica sono trascurabili. Cristallo di Argon Fullerene Cristallo di NaCl L’Argon è un gas nobile. A bassa temperatura, diventa solido e forma cristalli in cui ciascun atomo è neutro. Il Fullerene è costituito da aggregati di molecole neutre di C60, ciascuna con la caratteristica forma di pallone di calcio. Le sfere sono ioni Na+ e Cl-, raggruppati in modo che le piccole porzioni di materia siano mediamente neutre. Le interazioni elettriche diventano invece significative se si determinano sbilanciamenti di carica. Per descrivere questo fenomeno, consideriamo un oggetto macroscopico e immaginiamo di suddividerlo in cellette, di dimensioni piccole rispetto a quelle del corpo, ma grandi abbastanza da contenere molti atomi. La carica totale di ciascuna celletta è la somma algebrica delle cariche qi di tutte le particelle elementari che essa contiene: Q= ∑q i i Se ci sono tanti protoni quanti elettroni, Q = 0; la celletta è neutra. Se però alcuni elettroni sono stati rimossi, oppure aggiunti, la carica della celletta diventa rispettivamente positiva, oppure negativa, e Q misura lo sbilanciamento di carica. Quando in elettrostatica si parla di corpi carichi, di cariche interne a un corpo, ecc., ci si riferisce in realtà solo agli sbilanciamenti di carica. Quando la celletta si carica, si sposta solo una piccola frazione del numero totale di elettroni. Ad esempio, una celletta di 1cm3 di materia può contenere 1023 elettroni e altrettanti protoni; poiché è neutra, non risente di azioni elettriche macroscopiche. Se si spostano cento milioni di elettroni, la celletta acquista la carica macroscopica Q = 108 × 1.6 × 10 19 C ≈ 10 pC e le azioni elettriche macroscopiche possono diventare molto importanti. Tuttavia, è stato spostato solo un elettrone ogni milione di miliardi! Lo spostamento di elettroni può essere dovuto ad azioni meccaniche (strofinio, percussione); ad azioni elettriche (esposizione alla presenza di altri corpi carichi); a esposizione alla radiazione luminosa, ecc. Ad esclusione di violenti processi di decadimento radioattivo, invece, non si ha mai spostamento dei protoni. Conduttori e isolanti Dal punto di vista dell’elettrostatica, i materiali sono divisi in due classi: i conduttori elettrici e gli isolanti elettrici (detti anche dielettrici). − − un materiale è conduttore se le cariche in eccesso possono muoversi liberamente al suo interno. I metalli e le soluzioni elettrolitiche sono conduttori. Se invece le cariche in eccesso restano ferme nel punto in cui sono state aggiunte, il materiale è un isolante. Il legno, il vetro, molte plastiche sono isolanti. Nel linguaggio della meccanica classica, si può dire che negli isolanti le cariche in eccesso siano soggette a reazioni vincolari; la natura di queste forze, però, non può essere compresa senza ricorrere alla meccanica quantistica. Invece, nei conduttori le reazioni vincolari sono assenti. La differenza tra conduttori e isolanti è messa in luce da questo esperimento. Consideriamo un corpo C costituito da due parti separabili, inizialmente neutro. Quando si avvicina un piccolo oggetto q, carico positivamente, si osserva che la regione di C più prossima a q si carica negativamente e quella più remota negativamente. Si separano ora le due parti del corpo; infine, si allontana l’oggetto carico. C q Se C è un conduttore, le due parti separate restano cariche. Ciò dimostra che, per la presenza di q, alcuni elettroni si sono spostati da una parte all’altra del corpo, percorrendo liberamente una lunga distanza. Questo fenomeno è detto induzione elettrostatica; le due parti di C sono state caricate per induzione. C Se C è un isolante, le due parti separate tornano neutre dopo l’allontanamento di q. Evidentemente, non c’era stato alcuno spostamento di elettroni da una parte all’altra. Questo fenomeno è detto polarizzazione del dielettrico. q La polarizzazione del dielettrico si spiega assumendo che, influenzati dalla presenza di q, tutti gli elettroni di C si siano spostati di un piccolissimo tratto in direzione di q. In meccanica classica, questo fenomeno si può spiegare immaginando che ciascun elettrone sia vincolato a una molla; sottoposta alla forza elettrica, la molla si tende; altrimenti, si riporta in condizione di riposo. In figura, la sfera gialla rappresenta l’insieme degli elettroni; quella rossa, l’insieme delle cariche positive; la porzione arancione mostra che, nella regione di sovrapposizione, le cariche si compensano e il corpo è neutro. Due piccole sferette metalliche identiche, poste a distanza r, hanno cariche positive q1 e q2. La forza repulsiva vale, in modulo: F=k q1 q 2 r2 Se le sferette sono messe in contatto per un istante e poi rimesse alla stessa distanza r, la forza repulsiva aumenta! Questo fenomeno si spiega così. Al contatto, parte delle cariche passa da una sfera all’altra, perché esse sono conduttive. Le cariche finali sulle sfere sono uguali: siccome le sfere sono identiche, non esiste motivo per cui, all’equilibrio, una debba risultare più carica dell’altra. Inoltre, la carica totale si conserva. Detta q’ la carica finale su una sfera, si ha quindi: 2q’ = q1 + q2 La forza finale vale F' = k (q')2 r2 Per verificare che F' > 1 , il modo più semplice è porre q1 = q' + ε ; F F ' (q')2 r 2 = k F r 2 k q1 q 2 q1 = q' − ε . Segue che: (q')2 (q')2 > 1 = = (q' + ε ) (q' − ε ) (q')2 − ε 2 ( ) Se l’esperimento fosse stato condotto con sferette isolanti, le cariche non si sarebbero spostate liberamente da un oggetto all’altro e la forza non sarebbe cambiata. Densità volumica di carica Immaginiamo di dividere un corpo in cellette piccole rispetto alle sue dimensioni, ma abbastanza grandi da contenere ciascuna un grande numero di atomi. Sia ∆Q la carica totale di una celletta e ∆V il corrispondente volume. Si definisce densità volumica di carica la grandezza: ρ= ∆Q ∆V L’unità di misura di ρ si deduce dall’equazione dimensionale: [ρ ] = [∆Q] [∆V ] C m3 = La carica totale di un corpo si calcola sommando le cariche di ciascuna celletta: Q= ∑ ∆Q = ∑ i i ρi ∆Vi i Se le cariche in eccesso sono distribuite uniformemente, le densità di carica ρi hanno tutte lo stesso valore ρ. Detto V il volume totale: Q=ρ ∑ ∆V = ρ V i i Ad esempio, una sfera di raggio r, uniformemente carica, ha carica totale Q= ρ V=ρ 4 π r3 3 Se la carica Q = 1 µC è distribuita in modo uniforme nella sfera di raggio a = 5 cm, allora ρ= 3Q = 2 × 10 − 3 C m − 3 3 4π a Le particelle elementari hanno un comportamento molto diverso da quello degli oggetti macroscopici. Ad esempio, non è possibile stabilire con esattezza la legge oraria dell’elettrone nell’atomo di idrogeno; si può solo valutare la probabilità che occupi una certa regione di spazio e rappresentarla in una mappa, detta orbitale. In figura sono mostrati gli orbitali 1s, 2s, 2p. Le zone più chiare sono associate a probabilità di occupazione più alta. Alternativamente, si può dire che l’elettrone non è una particella puntiforme, ma è una distribuzione volumica di carica. Le mappe rappresentano questa distribuzione e le zone più chiare indicano densità volumica più grande. L’orbitale 1s ha una forma sferica. Se in prima approssimazione assumiamo che la carica –e sia distribuita in modo 4 3e uniforme nella sfera di raggio ao = 5 × 10-11 m, allora − e = ρ π a 3o ; e quindi ρ = − = − 0.3 × 1012 C m −3 3 3 4π a o Densità superficiale di carica In alcuni casi, le cariche in eccesso sono distribuite su una superficie. Si divide allora la superficie in piccole cellette; sia ∆Q la carica totale su una celletta e ∆Σ la sua area. Si definisce densità superficiale di carica la grandezza: σ= ∆Q ∆Σ L’unità di misura di σ si deduce dall’equazione dimensionale: [σ ] = [∆Q] [∆Σ] C m2 = La carica totale di un corpo carico in superficie si calcola sommando le cariche di ciascuna celletta: Q= ∑ ∆Q = ∑ σ i i i ∆Σ i i Se le cariche in eccesso sono distribuite uniformemente, le densità di carica σi hanno tutte lo stesso valore σ. Detta Σ l’area della superficie totale: Q =σ ∑ ∆Σ i =σ Σ i Ad esempio, una sfera di raggio r, uniformemente carica in superficie, ha carica totale Q = σ Σ = σ 4π r 2 Se la carica Q = 1 µC è distribuita in modo uniforme su una sfera di raggio a = 5 cm, allora σ= Q = 0.3 × 10 − 4 C m − 2 4π a 2 Densità di carica nei materiali Nei conduttori, in elettrostatica, la densità volumica di cariche in eccesso è sempre esattamente zero. Questo effetto non dipende dalla forma: in particolare, riguarda sia i conduttori massicci che i conduttori cavi. Non dipende nemmeno dal particolare materiale. Quando si depositano cariche in eccesso all’interno di un conduttore, queste raggiungono immediatamente la superficie esterna. Lo strato superficiale nel quale si raccolgono è estremamente sottile: ad esempio, lo spessore di confinamento nei metalli è dell’ordine delle dimensioni atomiche, cioè ≈ 10-10 m. In sintesi, i conduttori carichi hanno una distribuzione superficiale di carica σ. Gli isolanti invece possono avere cariche distribuite sia nel volume che sulla superficie. Densità lineare di carica In alcuni problemi può essere utile introdurre la densità lineare di carica λ, data dal rapporto tra la carica ∆Q e la lunghezza ∆l su cui essa è distribuita: λ= ∆Q ∆l L’unità di misura di λ si deduce dall’equazione dimensionale: [λ ] = [∆Q] [∆l] C m = La carica totale si calcola sommando le cariche distribuite su ciascun intervallino ∆l: Q= ∑ ∆Q = ∑ λ i i i ∆l i i Se le cariche sono distribuite uniformemente, le densità di carica λi hanno tutte lo stesso valore λ. Detta l la lunghezza totale della linea: Q=λ ∑ ∆l i i =λl Ad esempio, si consideri un filo metallico piegato a forma di circonferenza di raggio r, e uniformemente carico. La carica totale vale: Q = λ l = λ 2π r Se la carica Q = 1 µC è distribuita in modo uniforme su una circonferenza di raggio a = 5 cm, allora λ= Q = 0.3 × 10 − 5 C m −1 2π a Nei tre esempi, la stessa carica è stata distribuita nel volume di una sfera, sulla superficie di una sfera, e infine su una circonferenza. Diamo un’occhiata ai risultati numerici: si può affermare che la densità è via via più piccola? Attenzione, la questione è totalmente priva di senso! ρ, σ, λ sono grandezze non omogenee e hanno unità di misura diverse!