UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA _____________________________________________ Presidente Prof. Antonio Azara Timectomia per Miastenia Gravis: il ruolo dell’infermiere al passo con l’evoluzione tecnologica. Relatore: Prof. Federico Attene Tesi di Laurea di: Sanna Erica ANNO ACCADEMICO 2014/2015 INDICE INTRODUZIONE…………………………………………………γ CAPITOLO 1: LA MIASTENIA GRAVIS………………………6 1.1 Elementi generali della Miastenia Gravis 1.2 Cenni storici 1.3 Epidemiologia 1.4 Patogenesi 1.5 Trasmissione neuromuscolare 1.6 Segni e sintomi 1.7 Diagnosi CAPITOLO 2: IL TIMO………………………………………….22 2.1 Generalità del timo 2.2 Neoplasie del timo 2.3 Segni e sintomi delle neoplasie del timo CAPITOLO 3: IL TIMOMA………………………………………β9 3.1 Generalità del timoma 3.2 Quadro clinico 3.3 Diagnostica CAPITOLO 4: LA TERAPIA…………………………………….γ5 1 4.2 Trattamento clinico 4.3 Timectomia sternotomica open 4.4 Chirurgia video-assistita (VATS) CAPITOLO 5: ASSISTENZA INFERMIERISTICA……………49 5.1 Pre- operatorio 5.2 Tempo Intraoperatorio 5.3 Decorso post- operatorio DISCUSSIONE……………………………………………………58 CONCLUSIONI…………………………………………………...64 VOCI BIBLIOGRAFICHE………………………………………..67 2 INTRODUZIONE La miastenia gravis è una malattia del tutto particolare, già il nome la dice lunga in questo senso. Un nome latino, che si addice a una malattia importante, e, sicuramente, la miastenia non è una patologia banale. E’ complicata in tutto, nelle sue manifestazioni, spesso subdole e incostanti, nelle difficoltà che il paziente vive quasi regolarmente prima di arrivare alla diagnosi, nel percorso terapeutico che necessita dell’impiego di farmaci complessi nel loro utilizzo e “pesanti” per quanto riguarda la loro possibilità di dar luogo a effetti collaterali. Si tratta di terapie delicatissime che vanno frequentemente modificate a seconda delle bizzarre fluttuazioni della malattia. È una patologia imprevedibile che costringe chi ne è colpito a non abbassare mai la guardia perché non si sa mai quale “tiro” può sferzare. È complicata perché richiede, anche dal punto di vista assistenziale, medici che siano quasi totalmente dedicati a lei, per comprenderla in tutte le sue infinite sfaccettature, così da 3 riuscire a “domarla” nei loro pazienti. È complicata anche perché tutti quelli che ne vengono coinvolti, sia in veste di ammalati, che di medici dedicati, troveranno mille difficoltà presso le istituzioni sanitarie nella ricerca disperata delle tutele necessarie per questa malattia. Tutto ciò principalmente perché è una malattia poco conosciuta, anche nell’ambiente sanitario e intorno alla quale ci sono pochi interessi economici e “politici”. È però, a mio avviso, una malattia, se così si può dire, affascinante, anche proprio per tutte queste sue peculiarità. È certamente straordinaria per tutte le sue implicazioni emotive che coinvolgono completamente la sfera affettiva di chi ne è colpito, modificando spesso radicalmente la personalità di questi ammalati. Chi esce dal tunnel di questa malattia, o comunque riesce a conviverci bene, è una persona cambiata nella sua visione del mondo. È quasi sempre una persona che apprezza di più le “vere” cose della vita e spesso sviluppa molto più amore verso gli altri. 4 È per questo che, nonostante la miastenia abbia totalmente distrutto la mia adolescenza e la mia prima giovinezza, è una malattia che oggi io amo molto. Come si fa ad amare una malattia? È stata come una bomba atomica nella mia esistenza, ma pian piano mi ha comunque concesso di ricostruire la mia vita “pietra su pietra” e di questo oggi le sono profondamente grata. Non tutte le malattie ti danno questa possibilità. Ho così, piano piano, cominciato ad amarla sempre di più, fino a capire che è proprio questo che lei vuole per diventare docile e mansueta. L’Amore, del resto, è capace di compiere qualsiasi miracolo. 5 CAPITOLO 1 La Miastenia Gravis 1.1 Elementi generali della Miastenia Gravis La miastenia gravis è una malattia che può costringere uomini e donne a fare i conti con un corpo che improvvisamente non riesce più a rispondere ai loro comandi. Colpisce infatti i muscoli, facendo perdere loro, progressivamente, tono e forza. La persona colpita dalla malattia all’improvviso nota una strana “assurda” stanchezza nel compiere anche semplici movimenti come alzare un braccio o stringere un oggetto tra le mani. Può non riuscire a tenere ben aperti gli occhi, perché non riesce a sollevare le palpebre, può vedere “doppio”, può avere difficoltà a camminare, a masticare, a deglutire, a parlare. La voce può diventare prima nasale e poi essere quasi incomprensibile. E, nei casi più estremi, si può arrivare fino all’impossibilità a respirare in maniera autonoma. Tutta la nostra vita è una continua “messa in moto” di tantissimi muscoli. Se questi sono inefficienti, anche alcune funzioni vitali possono diventare impossibili. (Vivere la Miastenia, 2006). 1.2 Cenni storici 6 Secondo fonti storiche questa patologia fu descritta per la prima volta nel 1672 dal medico e anatomista inglese Thomas Willis, il quale riportò nell’opera “De Anima Brutorum” il caso di una donna che durante una prolungata conversazione diventava “muta come un pesce”, cioè perdeva temporaneamente la capacità di parlare, recuperandola solo dopo qualche ora di riposo. Le prime conoscenze sulle caratteristiche fisiopatologiche della miastenia risalgono però soltanto alla fine del 1800 grazie agli studi di Willhelm Erb (1879) e Samuel Goldflam (1893), che evidenziarono la presenza nei loro pazienti di una paralisi bulbare. Per questo motivo, per molti anni questa patologia fu chiamata Sindrome di Erb e Goldflam. Il termine attualmente utilizzato fu coniato per la prima volta da Friederich Jolly (1895) il quale definì Myasthenia gravis pseudopuralytica, descrivendo con l’espressione “miastenia” le caratteristiche cliniche tipiche della malattia (dal greco myastheneia, debolezza muscolare), con il termine “gravis” la difficile curabilità tipica del passato (le attuali terapie sono in grado di attuare un buon controllo della malattia e della sua 7 sintomatologia, perciò oggi si propone di eliminare questo termine dalla denominazione della malattia), e con l’espressione “pseudoparalitica” l’assenza all’esame autoptico di lesioni anatomopatologiche nel sistema nervoso centrale. La causa della malattia rimane un mistero fino al 1960, quando Simpson propose che la miastenia gravis avesse una eziologia autoimmune e che, in particolare, fosse causata da anticorpi contro il recettore dell’acetilcolina. (Evoli A. 1995). 1.3 Epidemiologia La miastenia gravis è da considerarsi una malattia rara, sebbene la sua prevalenza, stimata intorno ai 100-200 casi per milione di abitanti, sia aumentata nel tempo, molto probabilmente grazie alle migliori capacità diagnostiche e terapeutiche e all’aumento della longevità della popolazione generale. (Vincent A. 2008). Questa patologia può colpire tutte le razze ed entrambi i sessi, e l’età di insorgenza varia a seconda del sesso: le donne colpite, sono più frequentemente quelle tra i 20 e i 30 anni, mentre negli uomini i sintomi si manifestano principalmente 8 oltre i 50 anni. Tuttavia questa patologia può colpire persone di qualsiasi età. Sino a qualche anno fa la prevalenza sembrava essere maggiore nel sesso femminile, tuttavia recenti studi epidemiologici confutano questi dati dimostrando che, con l’aumentare della vita media della popolazione, gli uomini risultano essere maggiormente colpiti rispetto alle donne. (Aiello., 1997). La prevalenza in Italia è di circa 10-11 casi su 100.000 abitanti. Studi epidemiologici eseguiti sulla popolazione del nord-est sardegna hanno dimostrato una prevalenza di 11.1 casi per 100.000 abitanti, con una differenza non significativa con le altre zone dell’Italia e dell’Europa. L’esordio della miastenia gravis nell’infanzia è raro in Europa e nel nord America, rappresentando il 10-15% dei casi, ma, è molto più comune nei paesi asiatici dove nel 50% dei casi l’esordio si ha sotto i 15 anni. (Pal J., 2011). Esistono anche forme di miastenia neonatale. In questa forma di miastenia (che si verifica nel 10-20% dei neonati con madre 9 affetta da miastenia) il feto riceve gli anticorpi attraverso la placenta e si ha quindi un trasferimento “passivo” della sintomatologia (il neonato appare ipotonico e mostra una certa riluttanza a succhiare nella fase dell’allattamento); fortunatamente, nella stragrande maggioranza dei casi, il problema si risolve in modo spontaneo nel giro di alcune settimane con la degradazione degli anticorpi trasmessi dalla madre. 1.4 Patogenesi. La patogenesi della miastenia gravis è da ricondursi ad un attacco autoimmune anticorpo-mediato. Nella maggior parte dei casi gli anticorpi sono diretti contro il recettore dell’acetilcolina. Questo è una proteina composta da quattro subunità (βα, , δ e nell’adulto) la cui attivazione da parte dell’ acetilcolina rilasciata dalla terminazione nervosa sinaptica determina l’attivazione di una cascata di eventi che porta alla contrazione muscolare. In genere l’anticorpo riconosce un epitopo sito sul complesso acetilcolina-recettore (AchR) e ciò determina il blocco, l’internalizzazione e la distruzione dello stesso recettore. Gli anticorpi diretti contro il recettore dell’acetilcolina 10 sono presenti in circa l’85% dei pazienti affetti dalla forma generalizzata e nel 50-60% dei pazienti con la forma esclusivamente oculare. L’origine autoimmune della miastenia, in passato, è stata sospettata sulla base di diversi dati: in primo luogo la maggiore incidenza di altre malattie autoimmuni nel paziente stesso e nei suoi familiari; in secondo luogo la frequente associazione tra Miastenia Gravis e patologie timiche. Nel 50-60% dei pazienti è infatti presente una condizione di iperplasia ghiandolare (soprattutto nei pazienti con esordio precoce della malattia), nel 10% si riscontra un timoma, mentre nei rimanenti casi il timo è istologicamente normale in rapporto all’età. L’associazione tra miastenia e patologie timiche è dovuta al fatto che il timo è un organo linfatico primitivo, responsabile della maturazione dei linfociti T e dell’attivazione dei processi di immunità centrale. Non si conoscono ancora le cause eziologiche responsabili dell’anomalo funzionamento della ghiandola timica, ma, probabilmente la predisposizione genetica ha una notevole influenza. 11 La Miastenia Gravis soddisfa i severi criteri per la diagnosi di una malattia autoimmune anticorpo-immediata: (a) Gli anticorpi (Ab) sono presenti nel sito della patologia, quindi nella giunzione neuromuscolare; (b) Le immunoglobuline (Ig) derivate da pazienti miastenici possono indurre i sintomi della Miastenia Gravis se iniettati in roditori; (c) L’immunizzazione di animali con AChR induce la malattia; (d) Terapie atte a rimuovere gli anticorpi possono diminuire la gravità dei sintomi della Miastenia Gravis. 1.5 Trasmissione neuromuscolare Le fibre muscolari sono innervate da fibre nervose mieliniche che originano dai grandi motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale. Alla sua estremità, ogni fibra nervosa si ramifica più volte per andare a stimolare diverse fibre muscolari. La terminazione nervosa prende contatto con la fibra muscolare, formando una connessione o sinapsi chimica nota come giunzione neuromuscolare (o placca motrice). 12 A livello della giunzione neuromuscolare, l’assone del motoneurone innerva una regione specializzata della membrana muscolare. In prossimità della placca, la fibra motrice perde il suo rivestimento mielinico e si suddivide in numerose, sottili branche terminali. Ciascuna di queste, forma, alla sua estremità, un grappolo di bottoni sinaptici, ricoperti da un sottile strato di cellule di Schwann. Il bottone sinaptico e la membrana della fibra muscolare sono separati dalla fessura sinaptica, che consente l’acetilcolinesterasi (AChE); questo spazio sinaptico è occupato da un sottile strato reticolare spugnoso, la lamina basale, che si stende su numerosi ripiegamenti della membrana muscolare, detti pieghe giunzionali. Nel bottone terminale sono presenti: mitocondri, che forniscono energia destinata prevalentemente alla sintesi del mediatore eccitatorio, l’acetilcolina (ACh); vescicole sinaptiche, in cui l’acetilcolina viene rapidamente accumulata; zone attive, ispessimenti della membrana 13 presinaptica dove avviene il rilascio del neurotrasmettitore. La membrana presinaptica è attraversata dai canali Ca++ voltaggio-dipendenti che, ad ogni potenziale d’azione, permettono l’ingresso di ioni calcio nella terminazione, promuovendo la fusione delle vescicole sinaptiche con la membrana presinaptica e la conseguente liberazione di acetilcolina nello spazio sinaptico. A riposo, le vescicole contenenti il neurotrasmettitore sono ancorate al citoscheletro del bottone presinaptico per mezzo di proteine note come sinapsine. All’arrivo del potenziale d’azione, in conseguenza dell’ingresso di ioni calcio, si ha la fosforilazione delle sinapsine ed il distacco delle vescicole, le quali si dirigono verso la membrana presinaptica. L’entrata di calcio per apertura di canali localizzati nei pressi delle zone attive, consente il rilascio del neurotrasmettitore attraverso pori di fusione che si aprono; all’esocitosi fa seguito la ricostruzione delle 14 vescicole, le quali vengono riciclate e riutilizzate ripetutamente. A livello postsinaptico, l’acetilcolina si lega a recettori situati all’apice delle pieghe giunzionali. Il recettore è una proteina integrale di membrana, composta da cinque sub unità; ogni sub unità contiene quattro regioni idrofobiche che vanno a costituire strutture ad α-elica che attraversano interamente la membrana a formare un canale tubulare (recettore-canale). Affinchè il canale si possa aprire, è necessario che due molecole di acetilcolina si leghino alle due sub unità, determinando una variazione conformazionale del recettore a cui segue un ingresso netto di ioni Na+ e la comparsa di un potenziale sinaptico depolarizzante (potenziale di placca). Il numero di canali attivati che si aprono è limitato dalle quantità di acetilcolina che raggiungono la membrana post-sinaptica. Questi, tuttavia, depolarizzando la cellula post-sinaptica, attivano i canali per il Na+, situati nelle immediate vicinanze della placca motrice. L’apertura di tali canali porta all’innesco, nella 15 fibra muscolare, di un potenziale d’azione che diffonde lungo tutto il sarcolemma. I complessi recettore-canale, aperti dal legame con l’acetilcolina, si chiudono poi, per un meccanismo intrinseco, in un tempo variabile tra 1 e 10 ms. 1.6 Segni e sintomi La caratteristica della miastenia è una debolezza muscolare che aumenta durante i periodi di attività e migliora dopo un periodo di riposo. Nonostante la miastenia possa interessare ogni muscolo volontario, alcuni muscoli, come quelli che controllano l’occhio e i movimenti delle palpebre, l'espressione facciale, la masticazione, il parlare e la deglutizione, sono spesso, anche se non sempre, coinvolti nella malattia. Anche i muscoli che controllano il collo e i movimenti degli arti possono essere interessati. 16 L'inizio della malattia può essere rapido e improvviso. I sintomi spesso non vengono riconosciuti immediatamente come quelli della miastenia; alcuni pazienti ricevono una diagnosi corretta soltanto dopo più di un anno dall'esordio della malattia. In molti casi, il primo sintomo evidenziabile è la debolezza dei muscoli oculomotori, il paziente si lamenta quindi di vederci doppio (diplopia) o ha un abbassamento di una o di entrambe le palpebre (ptosi palpebrale). In altri casi i primi segni possono essere la difficoltà nella deglutizione e la voce nasale che può diventare quasi incomprensibile. I sintomi, che variano in tipo e severità, possono includere una ptosi palpebrale (abbassamento di una o di tutte e due le palpebre), diplopia (vederci doppio), dovuta alla debolezza dei muscoli che controllano i movimenti oculari, instabilità nella stazione eretta, debolezza nelle braccia, nelle mani, nelle dita, nelle gambe e nel collo, cambio dell'espressione facciale, disfagia (difficoltà nella deglutizione), fiato corto, e voce alterata, spesso nasale (rinolalia), dovuta alla debolezza dei muscoli faringei. 17 La difficoltà nella deglutizione può provocare la caduta di cibo, bevande o saliva in grosse quantità che può esitare in una polmonite ab muscolatura ingestis. esofagea Venendo con spesso rischio di interessata sviluppare la un megaesofago acquisito, il sintomo clinico principale è il rigurgito. 1.7 Diagnosi La diagnosi della miastenia può essere complessa da formulare, perché i sintomi possono essere subdoli e difficili da distinguere da situazioni normali e da altri disordini neurologici. Un esame completo del paziente può rivelare affaticabilità, scomparsa o inibizione del riflesso patellare, con la debolezza che migliora dopo il riposo e peggiora con la ripetizione dello sforzo. Sono molto indicative la cessazione dei sintomi dopo iniezione di un farmaco che inibisce la degradazione dell'acetilcolina (Test al tensilon), la dimostrazione di un abbassamento dei potenziali elettrici dei muscoli con stimolazione ripetuta (decremento elettromiografico, test di Desmedt) e la presenza 18 di anticorpi contro frequentemente i recettori dell'acetilcolina o contro un’altra proteina giunzione della meno neuromuscolare (MuSK). Nelle forme oculari e in una minoranza delle forme generalizzate non si trovano auto-anticorpi (casi siero-negativi). Gli esami diagnostici sono completati da un esame di tomografia o risonanza magnetica del torace, in quanto la miastenia è spesso associata a iperplasia del timo o più raramente ad un timoma (tumore benigno del timo, struttura linfatica che fa parte del sistema immunitario e si trova dietro lo sterno). Nella miastenia oculare uno o più degli esami diagnostici possono risultare negativi; in questo caso, un tentativo di farmacoterapia può confermare la diagnosi se porta alla risoluzione dei sintomi. Esami ematici Se si sospetta la miastenia un esame del sangue viene effettuato per identificare gli anticorpi diretti contro il recettore dell'acetilcolina (AChR). 19 Il test ha una sensibilità dell'80-96% nella miastenia generalizzata, ma nella miastenia limitata ai muscoli oculari (miastenia oculare) il test può essere negativo fino al 50% dei casi. In circa il 50% dei pazienti con miastenia generalizzata negativa per la presenza di anticorpi anti-AchR sono presenti anticorpi diretti contro il recettore chinasico muscolo-specifico. Elettromiografia a singola fibra Il test chiamato elettromiografia a singola fibra valuta la variazione di intervallo di tempo (jitter) tra due scariche elettriche muscolari consecutive: è il tempo indispensabile per raggiungere nuovamente la soglia necessaria a generare un altro potenziale d’azione. Nelle Unità Motorie integre questo intervallo di tempo è costante; se il jitter è aumentato, allora c’è un problema alla giunzione neuromuscolare. Esami radiologici 20 Una radiografia del torace viene frequentemente eseguita; essa può indirizzare verso diagnosi alternative, e può anche identificare alterazioni del mediastino dovute alla presenza di un timoma. L' esame radiologico del torace con o senza mezzo di contrasto (nel caso già si sospetti la patologia è opportuno utilizzarne uno non istolesivo perché può venire accidentalmente aspirato) può evidenziare un computerizzata del megaesofago. torace (con mezzo Una tomografia di contrasto), o una risonanza magnetica sono gli esami più indicati per identificare i timomi. 21 CAPITOLO 2 Il timo 2.1 Generalità del timo Il timo è un organo linfoepiteliale situato nel mediastino anteriore e per una piccola parte nel collo. Ha una forma a piramide quadrangolare e con un peso che può variare dai 12 g alla nascita ai 30 g nel periodo di massimo sviluppo. Dal momento della nascita il timo va incontro ad una progressiva di tessuto involuzione adiposo, fino e una a conseguente costituire il infiltrazione corpo adiposo retrosternale. Una quota di parenchima timico ad ogni modo rimane funzionale anche nell'adulto. La principale funzione del timo è di organo linfoide primario per lo sviluppo dei linfociti T, funzione che si attua già negli stadi più precoci dello sviluppo prenatale. Il timo è un organo impari e mediano che risulta essere l'unione, durante lo sviluppo, di due formazioni pari e simmetriche: i lobi timici. 22 Con la sua forma di piramide quadrangolare, presenta una base inferiore che risiede nel mediastino e un apice superiore che trova posto nel collo e che può essere diviso in corni timici, due prolungamenti. La superficie presenta una configurazione lobulare. Nel timo si distinguono: una faccia anteriore, una posteriore e due margini laterali. La faccia anteriore presenta rapporti: Alla base del collo con: la fascia cervicale media e i muscoli sottoioidei; nel mediastino anteriore con: il manubrio e la parte superiore del corpo dello sterno, con i vasi toracici interni e le estremità sternali dei primi 4-6 spazi intercostali. Tra la faccia anteriore del timo e la parte anteriore della gabbia toracica, si trovano interposti, la fascia endotoracica, le inserzioni sternali dei muscoli sternotiroidei e trasversi del torace, i seni pleurali costomediastinici e i margini anteriori dei polmoni. La faccia posteriore presenta rapporti con: 23 alla base del collo: la trachea e le arterie carotidi comuni; nel mediastino: la vena cava superiore, il segmento ascendente dell’arco aortico. La faccia posteriore, inoltre, poggia sul pericardio che ricopre i tratti di origine dell'aorta e del tronco polmonare. I margini laterali, risalendo per terminare nel collo in vicinanza delle vene giugulari interne, traggono rapporto con la pleura mediastinica e i polmoni. In particolare, a sinistra, tra pleura e timo decorrono i vasi perdicardiofrenici e il nervo frenico. Il timo non possiede mezzi di fissità particolarmente sviluppati. L'organo aderisce al pericardio posteriormente. Il foglietto posteriore della fascia cervicale media contribuisce a delimitare la loggia timica, chiusa anteriormente dalla fascia endotoracica dello sterno. Il timo presenta blande aderenze con le pareti della loggia timica. Il ruolo principale del timo, sia alla nascita che nella vita adulta (seppur in maniera ridotta), è quella di permettere la maturazione dei linfociti T fornendo un ambiente a loro adatto 24 perché si susseguano tutti gli stadi di sviluppo e avvengano i dovuti eventi di selezione. 2.2 Neoplasie del timo Esistono tre tipologie principali di tumori che possono originare nel timo: timoma, carcinoma timico e carcinoide timico. Timoma Circa il 90% dei tumori che si sviluppano nel timo sono timomi. Questi tumori hanno origine nelle cellule epiteliali che rivestono il timo e spesso crescono lentamente, diffondendosi raramente al di fuori del timo stesso. Tuttavia, alcuni timomi sono più 25 aggressivi e possono estendersi ai tessuti ed agli organi circostanti (polmoni e pleura). Il timoma è un tumore che colpisce soprattutto nella fascia di età tra i 40 e i 60 anni, senza differenze significative tra uomini e donne. Cause e fattori di rischio del timoma sono ancora sconosciuti. Alcune persone affette da timoma sono anche portatrici di disturbi autoimmuni. La miastenia gravis, riscontrata in almeno il 30% dei casi, è la patologia autoimmune più spesso associata al timoma. Nella miastenia, gli impulsi nervosi non sono trasmessi in maniera corretta ai muscoli, causando così una grave debolezza muscolare. Carcinoma timico Il carcinoma timico rappresenta circa il 5-10% dei tumori del timo. Come il timoma, anche il carcinoma timico deriva dalle cellule epiteliali che rivestono il timo. Tuttavia, all’osservazione al microscopio queste cellule appaiono molto diverse dalle cellule timiche normali. Inoltre, i carcinomi timici crescono più rapidamente dei timomi e generalmente si diffondono più frequentemente in altre sedi, tanto che il trattamento del carcinoma timico è più articolato del trattamento del timoma. 26 Carcinoide timico I carcinoidi timici sono tumori neuroendocrini, ossia originati dalle cellule che producono gli ormoni e che rivestono gli organi dell’apparato digerente e i polmoni, e sono caratterizzati da una lenta evoluzione. Sebbene i carcinoidi siano la tipologia più comune di tumore neuroendocrino, quelli che originano nel timo sono piuttosto rari. Colpiscono più frequentemente gli uomini che le donne e hanno una tendenza maggiore a diffondersi in altre sedi o a recidivare rispetto ai timomi. I carcinoidi timici sono spesso associati alla sindrome di neoplasia endocrina multipla tipo 1, una rara malattia genetica che può indurre una iperproduzione di ormoni da parte delle ghiandole paratiroidee, della ghiandola pituitaria e del pancreas. 2.3 Segni e sintomi delle neoplasie del timo Molti tumori del timo non provocano sintomi e vengono scoperti in occasione di esami eseguiti per altri motivi. Se presenti, invece, i sintomi possono includere: tosse persistente debolezza muscolare compressione toracica o dolore toracico 27 difficoltà respiratoria Alcuni carcinoidi timici si caratterizzano per una ipersecrezione di ACTH, una sostanza che provoca un eccesso di produzione di cortisolo e di altri ormoni da parte delle ghiandole surrenali. Questa condizione può provocare: aumento ponderale debolezza muscolare diabete aumento dei peli superflui su viso e corpo cute sottile o imbrunita 28 CAPITOLO 3 Il timoma 3.1 Generalità del timoma È costituito da cellule differenziate, accompagnate da linfociti non tumorali sparsi in quantità più o meno abbondante, nelle cellule epiteliali. Rappresenta il 90% dei tumori del timo. Le forme invasive rappresentano il 30% dei casi e presentano: capsula incompleta con invasione delle strutture circostanti tropismo per i linfatici del connettivo sottopleurico. La diagnosi di timoma, data la storia clinica indolente, può essere spesso occasionale, infatti almeno il 30% dei pazienti è asintomatico al momento della diagnosi. Quando sono presenti sintomi, spesso molto vaghi, sono da ricondurre alla compressione locale o all’infiltrazione delle strutture circostanti: i più frequenti sono dolore toracico, tosse, dispnea, paralisi di un emidiaframma. I timomi possono tuttavia essere associati a numerose sindromi paraneoplastiche: la più frequente è senza dubbio la Miastenia Gravis, che è presente nel 30-45% dei pazienti, mentre l’aplasia eritroide pura e l’ipogammaglobulinemia ricorrono nel β-5% dei casi. Circa il 10- 29 15% dei pazienti affetti da Miastenia Gravis presenta un tumore timico e nella maggior parte dei casi si tratta di timomi di tipo A o B. Alcuni studi sembrerebbero dimostrare che i pazienti affetti da timoma e miastenia hanno una prognosi migliore rispetto ai non miastenici 3.2 Quadro clinico La grande maggioranza dei timomi è composta da tumori citologicamente poco aggressivi, con una prognosi più favorevole rispetto ai carcinomi timici. Sono state proposte molte classificazioni istologiche, la più recente è quella proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo sistema suddivide i tumori timici in 6 sottogruppi (A, AB, B1, B2, B3, e C). I tumori di tipo A sono composti da cellule epiteliali fusate senza segni di atipia. I tumori di tipo AB sono simili al tipo A, ma presentano foci di linfociti neoplastici. I tumori di tipo B sono composti da cellule epitelioidi, e sono suddivisi in tre sottotipi a seconda della proporzione tra cellule epiteliali e linfoidi. I tumori di tipo C sono i carcinomi timici. Il sistema di stadiazione è quello proposto da Masaoka, che prevede sei 30 stadi (I, IIa, IIb, III, IVa, IVb) e si basa sull’invasione macro- o microscopica nelle strutture del mediastino. I tumori allo stadio I sono capsulati e non presentano segni di invasività; quelli allo stadio IIa presentano invasioni macroscopiche nel tessuto adiposo circostante o nella pleura, mentre quelli allo stadio IIb presentano micro-invasioni. Lo stadio III è caratterizzato da invasioni macroscopiche negli organi vicini, e agli stadi IVa e IVb si osservano metastasi rispettivamente pleuriche o pericardiche, oppure ematiche e linfatiche. A Cellule epiteliali fusate. AB Simili ad A ma con foci di linfociti neoplastici B1, B2, B3 Cellule epitelioidi C Carcinomi timici Stadio I Capsulati e senza segni di invasività 31 Stadio Iia Invasioni macroscopiche nel tessuto adiposo circostante o nella pleura Stadio Iib Micro- invasioni Stadio III Invasioni macroscopiche a livello degli organi vicini Stadio IVa- Ivb Metastasi pleuriche o pericardiche L’incidenza del timoma è simile nei maschi e nelle femmine, e l’età di comparsa è piuttosto varia, anche se c’è un picco tra la terza e la quarta decade di vita. Circa un terzo dei pazienti è asintomatico, mentre gli altri possono presentare sintomi legati alla massa intratoracica, o sintomi legati alla Miastenia Gravis. 3.3 Diagnostica La diagnosi di timoma è basata sull’osservazione radiografica di una massa nel mediastino anteriore. Generalmente questo è sufficiente per fare diagnosi di timoma, mentre è necessaria 32 una biopsia quando ci sono i sintomi di un linfoma o sia necessario un trattamento chemioterapico prima della rimozione chirurgica del tumore. ESAMI Radiografia del torace. Spesso la neoplasia viene ignorata dalla persona, perché non fornisce sintomi di rilievo, e casualmente grazie ad una normale radiografia può venire diagnosticata. La diagnosi di timoma è radiologica. Alla radiografia del torace, la neoplasia si presenta spesso come una massa lobulata situata nel mediastino superiore, vicino alla giunzione tra il cuore e i grossi vasi. TAC. Necessaria per determinare l’estensione della lesione, il rapporto con le strutture adiacenti e l’eventuale diffusione pleurica e pericardica, inoltre può essere determinante nel diagnosticare neoplasie di piccole dimensioni, non apprezzabili con una radiografia standard del torace. La biopsia chirurgica della lesione non è consigliata in caso i tumori timici capsulati, 33 per il rischio di disseminazione; si rende invece necessaria nel caso di tumori non resecabili o per diagnosi differenziale con altre neoplasie maligne del mediastino anteriore al fine di una corretta scelta terapeutica. 34 CAPITOLO 4 La terapia 4.1 Trattamento clinico Il trattamento del timoma dipende dalla presentazione clinica, in particolare dall’invasività locale. La chirurgia è sicuramente il più utilizzato. Tutti i pazienti affetti da timoma, ad eccezione di quelli affetti da neoplasie non resecabili o con metastasi a distanza, dovrebbero essere sottoposti a intervento chirurgico con asportazione completa della lesione anche se infiltra organi circostanti non vitali (pleura, pericardio, polmone). L’accesso chirurgico scelto nella maggior parte dei casi è la sternotomia longitudinale mediana anche se in caso di grosse lesioni che si estendono al cavo pleurico è preferibile l’approccio toracotomico postero-laterale. Più recentemente, per lesioni capsulate e di piccole dimensioni, vengono praticate anche timectomie mini-invasive mediante accessi chirurgici toracoscopici o grazie all’utilizzo del robot. Localizzazioni pleuriche (reimpianti pleurici) possono manifestarsi anche dopo anni dall'intervento chirurgico. Questi reimpianti possono comunque essere rimossi chirurgicamente con accesso 35 toracotomico. Inoltre, più recentemente, è stata introdotta la chemioipertermia, che consiste nel lavaggio del cavo pleurico con sostanze chemioterapiche ad alte temperature per circa 1 ora, al fine di sfruttare l'effetto sia dell’ alta temperatura che quello chemioterapico. 4.2 Timectomia sternotomica open Il paziente sta in posizione supina, con le braccia abdotte su poggia braccia; viene effettuata un’incisione mediana a partire dal giugulo. Quindi si divide la fascia pettorale, l’incisione del periostio e la dissezione del legamento intraclavicolare. Si esegue la sternotomia con lo sterno tomo e si procede ad aprire lo sterno; può conseguirne sanguinamento, che è possibile trattare con della cera per osso. Previa legatura e sezione delle vene timiche, si sezionano i legamenti sterno-pericardici con bisturi elettrico, forbici e bipolare, e si completa la timectomia. 36 A discrezione del chirurgo, è possibile inserire dei drenaggi facendo attenzione a non ledere i vasi epigastrici superiori. Quindi si procede con la sutura dello sterno, poi della fascia pettorale, della linea alba sotto-xifoidea (per evitare laparocele), e infine della cute. Preparazione strumenti: TORACE Strumenti da taglio e sutura: 37 4 manici bisturi Forbici standard rette e curve Forbici da dissezione curve Porta-aghi Spatole e divaricatori: Spatole di Richardson 38 Spatole di Farabeuf Divaricatore di DeBackey Spatole da polmone Pinze da presa: Kocher retti 39 Pinze di Collin Pinze ad anello Pinze di Allis Pinze da bronco Pinze di manipolazione: Pinze anatomiche Pinze chirurghiche Pinze di DeBackey Pinze da emostasi e dissezione: 40 Pinze mosquito Pinze di Crile Pinza Mixter Pinze di Rochester Passafilo Pinze vascolari Accessori: 41 Ciotole grandi e medie Porta tamponi Spilla raccogli strumenti Fissatelli traumatici Garze Teleria (per confezionare un campo chirurgico quadrangolare che esponga tutta la parete anteriore del torace, dal mento all’area sotto-xifoidea e da un capezzolo all’altro) Fili sutura e lame 4.3 Chirurgia Video-Assistita (VATS) La VATS ha raggiunto la pratica della chirurgia toracica generale; si è evoluta a partire dalla procedura diagnostica chiamata toracoscopia. La prima procedura toracoscopia è stata effettuata dal medico svedese Hans Christian Jacobeus nel 1910. 42 Col tempo, con il miglioramento della risoluzione delle immagini e degli strumenti, hanno permesso ai chirurghi di spingersi oltre l’indagine diagnostica. Obiettivo della VATS è ridurre il dolore post-operatorio, senza però compromettere i principi tipici della chirurgia toracica open. In pochi anni la VATS si è evoluta fino a diventare l’approccio preferenziale per le più comuni patologie chirurgiche toraciche, tra cui, quella mediastinica. Il paziente viene posizionato supino con una spezzatura a livello dorsale in modo da esporre gli spazi intercostali. Il braccio sinistro verrà posizionato dietro la testa e il braccio destro sul reggi-braccio. L’ingresso si effettua preferibilmente sull’emitorace sinistro; comunque, al fine di completare la timectomia può essere necessario l’approccio controlaterale, contestuale o in una successiva sessione operativa. 43 MATERIALE: 44 Cestelli: addome e torace Sternotomo (pneumatico, elettrico o a batteria) Kit video (in genere si utilizzano 4 Trocar, per 3°, 4°, 5° e 6° spazio intercostale) Kit lavaggio Ottica 30° Bipolare Clip da 5 mm Cotonini chirurgici Sonicision 45 2 canule aspirazione (10mm e 5mm) 1 estrattore o coccodrillo 1 cavo luce Preparazione cestello addome: PINZE (9) 2 pinze chirurgiche; 2 pinze anatomiche; 3 pinze vascolari lunghe; 2 pinze vascolari medie; DIVARICATORI (20) 4 farabeuf (2 medi e 2 piccoli); 2 mathieu; 2 blefarostati; 1 valva piccola; 3 valve lunghe e larghe; 1 valva lunga e stretta; 46 3 valve medie e larghe; 3 valve di bracci; 1 spatola malleabile; ASPIRATORI (4) 1 grosso; 1 sottile; 1 saratoga; 1 da sangue; PORTA-AGHI (13) 2 lunghi (1 delicato/1 grosso); 3 lunghi delicati; 2 medi delicati; 1 titanio delicato; 2 da fascia; 2 da cute; 1 delicato piccolo; FORBICI (10) 47 7 operatore (3 lunghe, 2 medie e 2 corte); 1 aiuto robusta; 1 potz; 1 strumentista. Preparazione carrello d’urgenza: Tamponcini; Sternotomo (a mano, elettrico o a batteria); Bisturi; Fili d’acciaio; Fascette; Porta aghi 48 Forbici Divaricatore sternale; 2 bengolea; 2 duval; 1 passafili; 2 pinze vascolari; 1 debakey curvo, 1 retto e 1 angolato; Porta aghi da cute,vascolari e da fascia; Fili di sutura 49 CAPITOLO 5 Assistenza infermieristica 5.1 Pre- operatorio La preparazione del paziente che deve sottoporsi a un intervento chirurgico, prevede diverse procedure che mirano soprattutto alla prevenzione delle infezioni e al sollievo dall’ansia correlata all’esperienza chirurgica che il paziente stesso proverà; questo vale, quindi, anche per il paziente che dovrà sottoporsi a timectomia. Ci si concentra quindi sull’informazione da parte di medici, infermieri e anestesisti, di tutto ciò che il paziente dovrà affrontare, sui tipi di anestesia e di induzione; il paziente discute con il personale sanitario i timori dell’ultimo minuto. E’ di fondamentale importanza anche preparare la cute, attraverso la doccia preoperatoria, la tricotomia, la disinfezione della cute, la profilassi antibiotica e la preparazione intestinale. Tricotomia. La tricotomia si effettua come preparazione ad un intervento chirurgico per migliorare la visione del campo operatorio. La rasatura deve essere immediatamente prima dell’intervento in quanto associata a un minor tasso di infezione 50 del sito chirurgico. E’ importante prestare molta attenzione a non provocare lesioni durante la rasatura in quanto potrebbero diventare sede di infezione da microorganismi. E’ necessario spiegare al paziente il motivo della tricotomia e quindi informarlo della procedura. Occorre un rasoio monouso, garze pulite, forbici, telini e guanti monouso non sterili. Profilassi antibiotica. La somministrazione profilattica di antibiotici ha lo scopo di impedire che i microrganismi a contatto con il campo operatorio, arrivino al sito chirurgico. Nella maggior parte dei casi, deve essere iniziata immediatamente prima dell’ anestesia, e comunque nei 30-60 minuti prima dell’incisione della cute. Inoltre, prima dell’intervento chirurgico, occorre: -controllare la glicemia se il paziente è diabetico per evitare l’ iperglicemia nel periodo perioperatorio; -incoraggiare l’astinenza dal fumo almeno nei 30 giorni precedenti l’intervento. Il fumo infatti, è legato a complicazioni chirurgiche: polmoniti, infezioni delle ferite, insufficienza respiratoria, arresto cardiaco, 51 infarto miocardico, prolungamento della degenza, ictus, sepsi e shock. Chi fuma ha un rischio doppio di polmonite, intubazioni non programmate, ventilazione meccanica e morte. Qualche giorno prima dell’intervento occorre sospendere o sostituire l’assunzione di anticoaugulanti. Prima dell’intervento chirurgico è compito dell’operatore sanitario e del medico, chiedere al paziente di firmare il consenso informato. Il consenso informato è la manifestazione di volontà che il paziente, informato in maniera esauriente dal medico sulla natura e gli sviluppi del percorso terapeutico, dà per l’effettuazione di interventi di natura invasiva sul proprio corpo. Il consenso informato è un momento importante nel rapporto che il terapeuta intrattiene con il paziente. Esso è funzionale, da un lato, a fondare la fiducia del paziente nel terapeuta e, dall’altro, a rendere partecipe, responsabilizzandolo, il paziente sulle ragioni e la fondatezza del percorso terapeutico individuato, secondo scienza e coscienza, dal medico. Tale aspetto, nell’attuale evoluzione sia 52 della scienza medica che della legislazione, non si fonda più solo sulla maggiore o minore sensibilità del medico, ma si configura soprattutto come un preciso diritto del cittadino nella sua veste di paziente. In sintesi, il diritto del paziente di formulare un consenso informato all’intervento “appartiene ai diritti inviolabili della persona, ed è espressione del diritto all’autodeterminazione in ordine a tutte le sfere ed ambiti in cui si svolge la personalità dell’uomo, fino a comprendere anche la consapevole adesione al trattamento sanitario (con legittima facoltà di rifiutare quegli interventi e cure che addirittura possono salvare la vita del soggetto)”. La decisone di fare l’intervento, infatti, è del paziente; il consenso proteggerà il paziente, il chirurgo, l’anestesista, e tutta l’equipe. Rispetto alla valutazione clinica per un qualsiasi intervento clinico, il paziente miastenico deve essere sottoposto a un’approfondita valutazione neurologica preoperatoria. Essa, mira a capire il grado di severità della malattia, in quanto, nessun paziente viene sottoposto ad intervento senza il consenso del neurologo, che può provvedere, con motivazioni valide, ad annullare, o almeno, posticipare, l’intervento, 53 predisponendo sedute di plasmaferesi e somministrazione di immunoglobuline. Quando si decide che il paziente può essere sottoposto all’intervento, vengono effettuati i comuni accertamenti preoperatori ematochimici, Rx torace, ECG, e, a seconda dei casi, TC o RM torace, quando ritenuto necessario. Molto importante è anche la prova spirometrica, attraverso la quale l’anestesista e il pneumologo, possono decidere se programmare il post-operatorio in reparto di degenza o in Terapia Intensiva. 5.2 Tempo intraoperatorio E’ necessario, al momento del trasferimento o dell’arrivo del paziente in sala operatoria, offrire informazioni riguardo le procedure e i tempi di intervento. E’ importante accertarsi della disponibilità in sala, di farmaci non di routine, emoderivati e altri strumenti e medicazioni. Stare attenti ad identificare aspetti che possono incidere negativamente sul paziente (temperatura, umidità, rischi 54 elettrici, potenziali fonti di contaminazione come polveri, sangue sul pavimento, capelli non coperti, ecc). Una volta sedato, non lasciare mai solo il paziente. Durante l’intervento, viene monitorato con elettrocardiogramma, pressione arteriosa invasiva dall’arteria radiale di destra (posizionata dopo l’induzione dell’anestesia). Vengono incannulate due vene periferiche, una di mediogrosso calibro per l’infusione di liquidi, e una riservata all’infusione di farmaci. Il catetere venoso centrale è utilizzato solo se l’anestesista lo ritiene necessario. Nella giornata dell’intervento, il neurologo rivaluta il grado di compenso del paziente,lo stato della muscolatura bulbare e se lo ritiene opportuno, può considerare di nuovo in accordo con l’anestesista, il trasferimento del paziente in Terapia Intensiva. Vengono raccolte informazioni riguardo l’analgesia postoperatoria, le problematiche insorte durante la degenza postoperatoria (crisi miasteniche, insufficienza respiratoria, eventi cardiovascolari, complicanze infettive, plasmaferesi, ecc), 55 l’eventuale trasferimento in Terapia Intensiva e le motivazioni, la rimozione dei drenaggi e i tempi di degenza. 5.3 Periodo post-operatorio Durante il periodo post-operatorio è necessario assicurarsi che il paziente non abbia complicanze respiratorie, e incoraggiarlo ad eseguire gli esercizi con lo spirometro. Accertare il livello di dolore, utilizzando anche le apposite scale di valutazione e monitorare questo fino alla completa scomparsa di dolore. Favorire, se possibile, una mobilizzazione precoce, aiutando il paziente a curare la propria igiene personale (a letto o in bagno); favorire la prima alzata dal letto, preoccupandosi della valutazione dei parametri vitali prima e dopo qualsiasi attività. Ispezionare la ferita: bordi, integrità delle suture, rossore, colore, gonfiore, la tensione o la presenza di drenaggi. Controllare anche la reazione cutanea al cerotto o al bendaggio troppo stretto. 56 Al momento della pubblicazione delle prime timectomie era stata registrata una mortalità operatoria del 10-30% (casistiche degli anni ‘40- ‘60). Negli anni a venire grazie ai progressi chirurgici, a nuove terapie mediche, e all’impiego di nuovi agenti anestetici oltre che alla possibilità di assistenza postoperatoria in Unita di Terapia Intensiva si è assistito alla riduzione di mortalità e morbilità post operatorie (inferiore al 1% o nullo). Oggi, molte equipe realizzano l’estubazione in sala di risveglio o in rianimazione da γ0 minuti a β ore dopo l’intervento purchè siano presenti i criteri di estubazione validi per qualunque paziente: riscaldamento, stato di coscienza normale, spirometria soddisfacente, corretta forza muscolare, normali gas nel sangue. La ripresa del trattamento anticolinesterasico postoperatorio è necessaria anche nel paziente sottoposto a timectomia. In questo caso infatti la vita media degli anticorpi anti AchR è più lunga ed i malati che andranno incontro ad una remissione completa vedranno i benefici solo dopo molti mesi. Tuttavia 57 esiste un periodo di durata variabile (da qualche ora a due giorni) in cui non c’è bisogno del trattamento, anzi i pazienti possono essere più sensibili agli anticolinesterasici. La ripresa della terapia è variabile, alcuni ricominciano al risveglio, sia con metà dose che con una dose normale anche se sono state documentate riprese più tardive (dalle 24 alle 72 ore). 58 DISCUSSIONE Il trattamento chirurgico delle masse del mediastino, ha da sempre privilegiato molte vie di accesso, data la complessita’ dell’area da trattare. La sternotomia e la toracotomia, sono, classicamente, gli accessi chirurgici utilizzati dalla chirurgia “a cielo aperto”. Negli ultimi anni, la chirurgia, ha subito una profonda trasformazione. Grazie all’evoluzione tecnologica che ha favorito lo sviluppo e l’applicazione di tecniche mini-invasive, si e’ assistito ad una vera rivoluzione nella pratica chirurgica quotidiana, anche in campo toracico. Dalla classica toracoscopia Jacobaeus, con finalita’ diagnostiche, si e’ arrivati ad una toracoscopia esclusivamente chirurgica, largamente impiegata per molte patologie tra cui quella mediastinica. La scelta della la tecnica piu’ appropriata dipende dalle finalita’ dell’intervento (diagnostico e/o terapeutico), per questo, la videotoracoscopia risulta essere la tecnica che e’ in grado di soddisfare più di tutte entrambe le esigenze. Nonostante i tanti vantaggi della VATS (minor trauma, riduzione del dolore postoperatorio, ecc…), alcuni limiti sono da considerare, specialmente la visione bidimensionale e lo scarso movimento 59 della strumentazione. Tutto questo si concretizza in una difficolta’ di valutazione visiva, che risulta piana e priva di profondità. In tutti gli interventi di timectomia effettuati in Videochirurgia robotica non c’è stata alcuna complicanza intraoperatoria. La procedura risulta essere molto ben tollerata dai pazienti, il decorso post-operatorio è solitamente buono e il ricorso al ricovero in Terapia Intensiva risulta essere inferiore rispetto ai pazienti operati a “cielo aperto”. Tali risultati sono dovuti al minor trauma chirurgico, alla riduzione del dolore postoperatorio dovuto alla integrità anatomica dello sterno. La durata degli interventi ha avuto tempi variabili, da un minimo di 2.40 h ad un massimo di 4 ore. La permanenza media dei drenaggi e’ stata di β-3 giorni e la degenza media di 3-6 gg. In un caso è stato necessario un secondo intervento eseguito per via toracoscopia contro laterale per la presenza di un piccolo residuo timico dopo il primo intervento. 60 Tutti i pazienti sono stati dimessi in ottime condizioni e ritornati ai livelli preoperatori di attivita’ fisica entro 10 gg dall’intervento. La tecnica migliore per realizzare la timectomia rimane però sempre poco chiara. Alcuni prediligono un approccio transcervicale attraverso una piccola incisione aiutato da un divaricatore sternale. Altri preferiscono un trans-sternale, o un approccio toracoscopico video-assistito. Nel gennaio 2008, il medico Ali Sadrizadeh, riporta i dati che emergono da una revisione di 100 consecutive timectomie sternotomiche in open su pazienti con Miastenia gravis utilizzando le cartelle cliniche e interviste telefoniche. I sintomi dei pazienti sono stati classificati prima dell'intervento e successivamente (nei successivi 6 mesi), utilizzando la classificazione di Osserman: 0 = asintomatici, 1 = segni e sintomi oculari, 2 = lieve debolezza generalizzata, 3 = moderata debolezza generalizzata, disfunzione bulbare, o entrambi, e 4 = grave debolezza generalizzata, disfunzione respiratoria, o entrambi. Sono stati 61 revisionati 61 pazienti di sesso femminile e 39 pazienti maschi con un'età media di 38 anni (dai 14 agli 84). La degenza media è stata di 1 giorno. Non ci sono stati morti e nessuna complicanza significativa. 78 pazienti che hanno subito l’ intervento chirurgico, dopo 12 mesi sono stati sottoposti ad analisi. In questi pazienti, il grado di Osserman è migliorato, partendo da 3,0 nel pre-operatorio, per arrivare a 1.0 dopo l'intervento chirurgico. Il confronto tra chirurgia e trattamento medico sono poco chiari, in quanto, all'osservazione si può notare che si verificano remissioni spontanee, che diversi approcci chirurgici hanno riportato diversi risultati, e che alcuni pazienti avranno bisogno di anni per godere del miglioramento dopo la timectomia. La conclusione di uno studio è stata che i pazienti in terapia farmacologica hanno avuto un tasso di remissione dell'8%, e un tasso di mortalità del 43%, contro il 34% e il 14%, rispettivamente, per i pazienti sottoposti a trattamento chirurgico. La timectomia come trattamento aggiuntivo per la miastenia gravis è considerato ormai lo standard di cura, con i migliori risultati ottenuti in genere nei pazienti più giovani. 62 Resta il dubbio invece per quanto riguarda l'approccio chirurgico ottimale per raggiungere una completa asportazione del timo. In tutti i casi, però, qualsiasi decisione si prenda per quanto riguarda la scelta dell’intervento da attuare, il torace deve essere pronto ad un'eventuale sternotomia mediana e il paziente è informato che la trasformazione dell’intervento a sternotomia potrebbe essere necessaria. Sono state analizzate un centinaio di timectomie sternotomiche eseguite a Barnes-Jewish Hospital con miastenia gravis associata. L'intervallo di tempo medio tra la diagnosi e l'intervento era 1-7 anni. Il tempo operatorio medio è stato di 104 minuti. La durata media della degenza postoperatoria era 1-22 giorni. L’ 85% dei pazienti sono stati dimessi nel primo giorno postoperatorio, il 96% nelsecondo giorno postoperatorio. Non sono state necessarie trasfusioni di sangue. 63 8 pazienti hanno riscontrato complicanze ma non c’è stato nessun decesso nei γ0 giorni successivi all’intervento. Un paziente ha sviluppato crisi miastenica profonda al risveglio. I dati riportati nel lavoro evidenziano inoltre che l’ 85% dei pazienti ha migliorato uno o più gradi di Osserman; il 63% ha migliorato di due o più gradi di Osserman. Il 35% era in remissione (sintomatico e diminuzione dei farmaci), e il 71% non aveva più alcun sintomo. Un paziente ha riferito un peggioramento di un grado di Osserman, e il 14% dei pazienti non ha riferito alcun cambiamento del grado di Osserman dopo la timectomia, ma quasi tutti hanno richiesto meno farmaci rispetto a prima dell'intervento chirurgico. 64 CONCLUSIONI Da questo studio, si deduce quanto sia importante che l’infermiere stia al passo con l’evoluzione tecnologica. Questo però, non è il parere di tutti; molti, infatti, affermano che la tecnologia abbia allontanato il professionista dal malato, dimenticando quindi il concetto del “prendersi cura”. Importante testimonianza a riguardo, è quella di Tiziano Terzani nel suo libro “Un altro giro di giostra” (2004), che nei suoi viaggi alla ricerca di una cura per il suo cancro, aveva a disposizione le migliori tecnologie e le migliori strutture, ma gli mancava sempre qualcosa; egli scrive “le impressioni del paziente sono inutili, le immagini, le cifre, i tracciati sfornati dalle macchine sono molto più affidabili. Per la medicina moderna, la sola ricerca da fare è nell’ obiettività di quei dati e non nella soggettività del malato”. Poi aggiunge alcune considerazioni sul metodo: “indubbiamente c’era in questo approccio distaccato dal paziente e dalle sue reazioni qualcosa di estremamente positivo e di efficiente, ma il fatto che venissi sempre più trattato 65 come un insieme di pezzi e mai come unità, mi lasciava sottilmente insoddisfatto”. D’altro canto, è importante capire che lo scopo fondamentale in ambito ospedaliero è quello di associare soluzioni tecnologiche ai bisogni clinici e assistenziali, partendo dal presupposto che la tecnologia deve “partecipare” a un processo il cui scopo finale è sempre quello di soddisfare i bisogni del malato. L’evoluzione del profilo professionale e l’abrogazione del mansionario (1999), ha permesso all’infermiere di prendere decisioni, assieme alle altre figure professionali, riguardo lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie biomediche. L’aggiornamento costante, garantito dal sistema ECM, ha permesso all’infermiere di stare al passo con il progresso scientifico e tecnologico. In conclusione quindi, non è la tecnologia a depersonalizzare l’infermiere, piuttosto come e quando il singolo professionista la applica, tenendo conto della propria esperienza, delle conoscenze acquisite, delle linee guida, protocolli e procedure, 66 senza mai dimenticare che oltre al curare è fondamentale prendersi cura del paziente; non si deve diventare un operatore invisibile, nascosto dietro una macchina o dietro una procedura, è importante guadagnare la fiducia del paziente per diventare un affidabile interlocutore. 67 VOCI BIBLIOGRAFICHE CORRELATE 1.Aiello I. […et al] Epidemiology of Myasthenia Gravis in Northwestern Sardinia. 1997. 2.Angelini C. Le malattie neuromuscolari. Piccin. 1994 3.Angelini C. Miastenia Grave. Piccin 4.Angelini C. […et al] Neurologia clinica. Esculapio. 2010 5.Di Lorenzo E. […et al] Myasthenia gravis. Rivista sintetica e studio patogenetico. Pontificia. 1963 6.Evoli A. Myasthenia Gravis and associated autoimmune diseases. 1995. 7.Evoli A. […et al] Familial autoimmune Myasthenia Gravis. 1995. 8.Mancini G. L’infermiere strumentista. Masson. 2006 68 9.Ricciardi R. […et al] Vivere la miastenia. Milano, Franco Angeli, 2006. 10.Sardu C. […et al] Population based study of 12 autoimmune diseases in Sardinia. 2012. 11.Scacchetti D. […et al] Manuale di infermiere strumentista. Minerva medica. 2011. 12. Terzani T. Un altro giro di giostra. Collana I grandi, 2004. 13.Vincent A. Nature medicine. 2001. 69 SITOGRAFIA 1.www.viverelamiastenia.it 2.www.medicinaeinformazione.com 3.www.strumentistaso.altervista.org 4.www.ipasvi.it 5. www.pubmed.com 70 Non mi hanno fatto mancare mai nulla, mai. Non solo dal punto di vista materiale. Hanno riposto in me tante speranze e aspettative, e spero di non averli delusi neanche per un secondo. Un grazie commosso va a Mamma e Babbo. Sono una figlia fin troppo fortunata. Insieme a loro, un sentito grazie va ai miei fratelli, Carlo e Antonio. Senza di voi la mia vita sarebbe infinitamente noiosa! E’ impossibile rendere conto di quanto siete importanti, per cui mi limito a dire che non vi cambierei con nessuno. A Paola, che ha camminato accanto a me in questi tre anni. Abbiamo riso e pianto insieme ed è sicuramente il ricordo più bello e intenso di questa esperienza. Grazie Amica mia! Grazie ad Antonio: tra alti e bassi, contro tutto e tutti, mi ha sopportata e supportata e ha respirato con me le emozioni e 71 le tensioni di quest’ ultimo periodo sempre con Amore e TANTA pazienza! Grazie a tutti i fantastici amici della casa del J.S., che hanno festeggiato con me i successi, e dimenticato con me gli insuccessi. Un grazie infinito va anche al Dott. Federico Attene per avermi accompagnata con costanza in questo percorso e per avermi regalato parte del suo tempo e delle sue conoscenze per la stesura di questa tesi. Per finire, grazie a te, G., che oggi più che mai torni alla mente. Sono sicura che lassù starai brindando con me! 72 73