Supporting children with difficulties in reading and writing by Dr Jenny Thomson
Riassunto realizzato da Antonio Milanese (logopedista libero professionista a Bologna) e verificato
dalla dr.ssa Maria Luisa Lorusso, Responsabile del Servizio di Psicologia Cognitiva e
Neuropsicologia dei Disturbi
dell’Apprendimento presso IRCCS "E. Medea" e membro del gruppo consultivo scientifico di
Dyslexia International. Settimana 1 Argomenti 1. Lingue trasparenti e lingue opache 2. Come impariamo a leggere 3. L'importanza dell'automatizzazione 4. Il bilinguismo 1. LINGUE TRASPARENTI E LINGUE OPACHE Un modo molto semplice per pensare alla scrittura è quello di immaginarla come la traduzione in simboli dei suoni del linguaggio parlato. Possiamo scegliere di rappresentare il linguaggio parlato in due modi: 1. Trascrivendo i suoni delle parole 2. Trascrivendo il significato delle parole L'inglese è una lingua alfabetica, per cui segue la prima strada. Ad esempio, scrivere bat (pipistrello) vuol dire scrivere i grafemi corrispondenti ai fonemi /b/ /a/ /t/. Altre 1 lingue, come il cinese moderno (Pinyin), usano simboli che rappresentano sillabe, non singoli suoni. Altri tipi di linguaggio (come il cinese mandarino) usano il sistema logografico cercando di rappresentare più il significato della parola che il suo suono, come in questo caso: Mentre in cinese nella parola "biblioteca" si ripresenta l'ideogramma del libro, in inglese non c'è nessun collegamento tra la parola "book" e la parola "library". Ma l'inglese è ancora più complesso. Bisogna capire che una lingua non è un oggetto statico, ma evolve nel tempo e subisce diverse influenze. Ad esempio, la parola "book" ha due "o" al centro, e questo in un sistema puramente fonetico vorrebbe dire "prolunga il suono /o/", e infatti nell'inglese antico veniva pronunciato in questo modo /book/, ma tra il 1300 e il 1600 è avvenuto un cambiamento nell'interpretazione delle vocali inglesi e il suono iniziale si è andato accorciando fino al /buk/ attuale. Il rapporto tra i suoni e i simboli di una lingua è detto trasparenza: il finlandese (ma anche l'italiano!) è un linguaggio trasparente, mentre l'inglese lo è molto meno, cioè non c'è una corrispondenza sempre chiara tra un grafema (l'elemento visivo, cioè la lettera scritta) e il fonema (l'elemento acustico, cioè il modo in cui viene pronunciata). 2 Questo fenomeno ha delle implicazioni notevoli per chi sta imparando a leggere, perché trovarsi di fronte a una corrispondenza non immediata tra il simbolo e il suono può generare confusione. In generale, i bambini impiegano molto più tempo a imparare la lettura nei paesi con una lingua meno trasparente. Parliamo, allora, dei fattori che possono predire il successo nell'acquisizione della lettura. Abbiamo detto che nelle lingue alfabetiche il grafema rappresenta in modo più o meno trasparente il suono della lingua, per cui la consapevolezza fonologica (ne riparleremo in futuro) è un indice predittivo molto importante. Per questo bisogna valutare precocemente la consapevolezza fonologica, ma appunto ne parleremo in futuro. Nei linguaggi logografici, invece, in cui l'informazione sonora è meno importante, la consapevolezza fonologica non è un indice predittivo affidabile, mentre diventa più importante la cosiddetta consapevolezza morfologica (ne riparleremo). Un'ultima differenza macroscopica tra le lingue è la direzione di lettura: in inglese e in molte altre lingue si legge da sinistra a destra, mentre ad es. nell'ebraico e nell’arabo avviene il contrario. 2. COME IMPARIAMO A LEGGERE Prima di parlare dei modelli di lettura vorrei parlare della differenza tra l'acquisizione della lingua orale rispetto a quella della lingua scritta. Nella maggior parte dei casi, inserendo un bambino in un ambiente in cui delle persone parlano, dopo un po' di tempo il bambino imparerà "naturalmente" a parlare, in modo imitativo, anche perché i bambini hanno delle capacità innate che permettono loro di intuire che il soggetto viene prima del verbo in una frase, ecc. e nessuno ha bisogno di dirlo loro esplicitamente. Per quanto riguarda l'acquisizione del linguaggio scritto, il discorso è completamente diverso. Se mettete un bambino in una biblioteca, per tutto il tempo che volete, a meno che non vi sia un intervento esterno, il bambino non imparerà spontaneamente a leggere; il motivo è che non esiste un modulo per l'acquisizione "naturale" della lingua scritta. Questo vuol dire che, nel momento in cui imparerà a leggere e scrivere, il bambino svilupperà miliardi di nuovi collegamenti all'interno del cervello, e questi collegamenti non 3 erano presenti prima che imparasse a leggere e scrivere. In inglese, il concetto si riassume parlando di "acquisizione" della lingua orale e di "apprendimento" della lingua scritta. Passiamo ora al modello di acquisizione della lettura, che si basa su quello proposto da Uta Frith. È un modello diviso in tre fasi: 1. Fase logografica Nella fase logografica il bambino è in grado di riconoscere alcune parole ma come "immagini", basandosi su alcuni tratti visivi salienti della parola. È una fase in cui i genitori di solito sono molto contenti poiché credono che il bambino stia leggendo perché magari dice che su quel cartello c'è scritto "STOP". In realtà il bambino non sta leggendo, per cui se provate a scrivere (con lo stesso font) Caco-­‐Calo nel logo centrale, il bambino continuerà a leggere Coca-­‐Cola perché non conosce ancora la corrispondenza tra la lettera e il suono, ma è abituato a sentire parlare di Coca Cola in associazione a quell'immagine. Ci sono due prerequisiti per passare alla fase successiva: • La consapevolezza fonemica: la comprensione del fatto che le parole possono essere scomposte in unità più piccole, i fonemi • Il principio alfabetico: la comprensione del modo in cui il linguaggio orale è collegato al linguaggio scritto 4 2. Fase alfabetica Una volta che il bambino ha sviluppato la consapevolezza fonemica e ha compreso il principio alfabetico, sarà pronto a passare alla fase alfabetica, per cui inizierà a fare lo spelling (dopo aver ascoltato una parola, potrà scomporla nei singoli suoni) o al contrario, costruire una parola a partire dai suoni costituenti. L'abilità di decodificare una stringa di lettere trasformandola in suoni è generativa, ovvero una volta appresa l'associazione tra una lettera e il suo suono corrispondente, il bambino potrà decodificare quasi tutte le parole. Questa abilità è la base per la via fonologica. La via fonologica è composta da tre parti, non tutte facili per un bambino di sei anni: -­‐ Segmentazione: la corretta suddivisione della parola nei giusti grafemi (a volte il grafema sarà formato da una lettera, a volte da più di una, come in inglese "chap", in cui "ch" è associato a un solo fonema, o in italiano i gruppi “gn”, “sc”, “gl”). -­‐ Transcodifica: la corretta associazione tra un grafema e il suo fonema -­‐ Fusione: la corretta fusione dei suoni per formare la parola. 3. Fase ortografica Quando il bambino sarà stato esposto molte volte alle parole più frequenti (scuola, mamma, papà), arriverà a interiorizzare la loro rappresentazione ortografica, e questo gli permetterà di non usare più la via fonologica (ovvero la conversione grafema per grafema), ma di accedere direttamente alla parola nella sua interezza. Questo, ovviamente, permette di pronunciare la parola molto più velocemente e in modo molto più accurato. Cosa accade nel cervello di un lettore fluente durante la lettura? 5 La prima area interessata è quella visiva (colore blu) nella parte posteriore del cervello (lobo occipitale). Le informazioni vengono trasferite alla zona rossa che analizza le parole in lettere e grafemi; le informazioni vengono trasmesse alla corteccia uditiva che comprende le aree dell'articolazione e della pronuncia (quella arancione); poi, ovviamente, si accede al significato della parola (area verde), e non dimentichiamo che la lettura e la segmentazione richiedono attenzione, per cui abbiamo in giallo il processo attentivo. Come possiamo vedere, la via fonologica richiede tre passaggi: 1. La segmentazione dei grafemi 2. La ricodifica di ciascun grafema nel corrispondente fonema 3. Infine, attraverso la fusione, la ricostruzione della parola completa 6 Attraverso la continua esposizione e ripetizione, si attiverà la via lessicale (il processo viene chiamato lessicalizazione), che non richiederà più il passaggio di decodifica dei singoli grafemi. Gli adulti, di norma, utilizzano quasi sempre la via lessicale, con poche eccezioni: 1. Parole rare di cui non si ha una rappresentazione ortografica nella memoria a lungo termine 2. Parole sconosciute e straniere Il livello di automatizzazione della lettura porta a una velocità di processamento rapidissima, brillantemente investigata da Stanislas Dehaene e collaboratori (ricerche pubblicate nel libro Consciousness and the Brain -­‐ Deciphering How the Brain Codes our Thoughts) attraverso gli esperimenti di priming di ripetizione subliminale. In un esperimento, i ricercatori mostravano una parola (ad esempio "piano") per un lasso di tempo brevissimo, per cui i partecipanti non avevano idea della parola 7 apparsa; successivamente, veniva mostrata una parola per un intervallo di tempo più lungo. Ebbene, i partecipanti identificavano più rapidamente la seconda parola quando questa corrispondeva alla prima, a dimostrazione del fatto che, nonostante il velocissimo tempo di esposizione, la prima parola era stata effettivamente processata a livello inconscio. Inoltre, il processamento era talmente astratto da velocizzare il riconoscimento della seconda parola anche quando la prima era scritta in modo diverso (ad esempio, tutta in maiuscolo). In un altro esperimento (condotto da Marcel), veniva mostrata una parola (rosso o blu) per una frazione di secondo tale da non permettere il riconoscimento ai partecipanti. Nonostante questo, se successivamente veniva chiesto ai partecipanti di scegliere un colore, questi sceglievano con più probabilità quello che avevano inconsciamente letto poco prima. 3. L'IMPORTANZA DELL'AUTOMATIZZAZIONE L'automatizzazione è un concetto centrale nella lettura fluente. Ha due componenti: -­‐ velocità -­‐ accuratezza L'automatizzazione non si realizza mai pienamente nel lettore dislessico, portandolo quindi a svolgere sempre un "doppio compito" durante la lettura: 1. Decodificare la parola (compito che richiede molta attenzione 2. Costruire il senso della frase che si sta leggendo Il lettore fluente, che ha già automatizzato il processo di lettura, ha molte più risorse da dedicare alla comprensione del testo. Degli studi condotti da Perfetti e Stanovitch hanno dimostrato che i lettori fluenti non usano il contesto per indovinare una parola poiché il processo di riconoscimento della parola è così rapido che il significato della parola arriva prima che il contesto possa arrivare in aiuto. Solo chi ha difficoltà nella lettura usa il contesto per compensare le difficoltà di accesso alla parola. 8 Nella prossima settimana vedremo un test di valutazione informale che si può fare su bambini di cui sospettiamo una possibile dislessia: si tratta di denominare rapidamente colori, numeri, immagini il più velocemente possibile. Gli ultimi 30 anni di studi mostrano che in questi compiti i dislessici sono più lenti, e non è un problema di vocabolario ma di accesso. Queste difficoltà si accumulano nel corso della lettura della frase, portando il dislessico a leggere più lentamente e in modo meno preciso. 4. BILINGUISMO Esistono due scuole di pensiero relative all'acquisizione della seconda lingua. a) Analisi contrastiva delle lingue (Odlin): la seconda lingua viene appresa attraverso le analogie e le differenze con la lingua madre b) Grammatica universale (Chomsky): la seconda lingua è appresa attraverso regole universali, indipendentemente dalla prima lingua Questi due approcci, che potrebbero sembrare contraddittori, sono in realtà complementari: alcuni errori possono essere spiegati dall'analisi contrastiva delle lingue, mentre altre sono generalizzazioni e semplificazioni tipiche della seconda lingua. McKinney ha studiato in modo approfondito l'acquisizione delle strutture sintattiche: quando impariamo una seconda lingua, tendiamo innanzitutto a ordinare gli elementi della frase seguendo l'ordine della prima lingua. L'influenza della prima lingua è evidente anche nell'organizzazione fonologica. Percepire e produrre suoni che non sono contrastivi nella propria lingua rappresenta un grande ostacolo per chi sta imparando una seconda lingua. Per quanto riguarda il rapporto tra suono e immagini, è chiaramente più difficile acquisire una seconda lingua se questa è di tipo diverso rispetto alla prima (ad esempio, come abbiamo visto, l'inglese è alfabetico, mentre il cinese no). In passato si credeva che i bambini bilingui fossero in grado di inibire completamente una lingua quando usavano l'altra; la situazione è in realtà più 9 complessa perché pare che entrambe le lingue siano attive anche quando solo una è richiesta. Passiamo adesso al rapporto tra dislessia e bilinguismo. Non ci sono molti studi su dislessia e bilinguismo. Possiamo dire che l'acquisizione di una seconda lingua è notoriamente difficile per un dislessico a causa delle difficoltà nella memorizzazione a breve e a lungo termine. Tuttavia, secondo la mia esperienza, dislessici o no, i bambini mostrano una diversa predisposizione all'acquisizione orale di una seconda lingua. Per alcuni dislessici non è un problema imparare parole nuove in una nuova lingua. Bisogna però distinguere la lingua orale da quella scritta: nel primo caso il bambino dislessico deve imparare solo nuove etichette per le parole che già conoscono in un'altra lingua. Se la nuova lingua presenta nuovi contrasti fonemici, il bambino dislessico farà più fatica rispetto a un non dislessico. Nell'apprendimento di una lingua scritta, il bambino dislessico incontra molte difficoltà soprattutto quando ci sono regole di conversione fonema/grafema in conflitto tra le due lingue, per questo il nostro consiglio è quello di evitare il più possibile il contatto con il sistema di scrittura della seconda lingua e di insistere sull'apprendimento orale della seconda lingua. 10 Concetti chiave Nelle lingue occidentali la scrittura rappresenta un modo per codificare i suoni della lingua orale. Alcune lingue hanno un rapporto molto chiaro tra i suoni e la rappresentazione grafica (lingue trasparenti), altre meno (lingue opache). Secondo il modello di Uta Frith, per imparare a leggere passiamo attraverso tre fasi: 1. Nella fase logografica non leggiamo, ma riconosciamo certe immagini e le associamo a una parola 2. Nella fase alfabetica abbiamo capito che a ogni lettera corrisponde un suono e viceversa, possiamo quindi fare un'analisi e una sintesi delle parole 3. Nella fase ortografica riconosciamo la parola nel suo complesso e non abbiamo bisogno di convertire ogni singolo grafema Nei normolettori la "lessicalizzazione" porta a un'automatizzazione tale da permetterci di processare (inconsciamente) le parole in frazioni di secondo. Un bambino dislessico non riesce ad automatizzare il processo di lettura, per cui dovrà sempre dividere le sue risorse attentive tra il processo di codifica/decodifica e la comprensione del testo. Il risultato è una lettura più lenta e meno accurata. Esistono diverse teorie sull'apprendimento della seconda lingua; alcuni sostengono che venga imparata per analogie e differenze rispetto alla prima, altri che segua un suo percorso. Per quanto riguarda i bambini dislessici, è meglio insistere sull'apprendimento della lingua orale, evitando l'esposizione alla lingua scritta, perché le diverse regole di conversione grafema/fonema delle due lingue potrebbero entrare in conflitto generando ulteriore confusione. 11 Supporting children with difficulties in reading and writing by Dr Jenny Thomson
Settimana 2 Argomenti 1. Definizione e cause 2. Identificazione: prescolare 3. Identificazione: scolare 4. Valutazione informale 5. Identificazione negli anni successivi DEFINIZIONE E CAUSE La dislessia è una condizione su base neurologica, spesso ereditaria. Si manifesta con problemi in: -­‐ Lettura -­‐ Scrittura -­‐ Spelling Inoltre, è spesso associata a difficoltà in: -­‐ Memoria a breve termine -­‐ Concentrazione 1 -­‐ Organizzazione La dislessia non è causata da: -­‐ Scarsa intelligenza -­‐ Bassa scolarità -­‐ Ambiente familiare poco stimolante -­‐ Scarsa motivazione -­‐ Difficoltà clinicamente evidenti di vista, udito e controllo muscolare (sebbene possano co-­‐occorrere) Secondo l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la dislessia è: "un disordine che si manifesta principalmente nella difficoltà di lettura, nonostante un'istruzione adeguata, un'intelligenza nella norma e adeguate opportunità socio-­‐
culturali." Modello della lettura di Gough e Tumner (detto “Simple view of reading”) In questo modello i due elementi fondamentali sono il riconoscimento della parola e la comprensione del linguaggio. Comprensione del linguaggio Riconoscimento della parola Riconoscimento della parola Comprensione del linguaggio Nel quadrante in alto a destra abbiamo i normolettori, in alto a sinistra abbiamo i dislessici veri e proprio (buona comprensione ma decodifica carente), mentre nel 2 quadrante in basso a destra abbiamo quello che adesso viene definito "disturbo specifico della comprensione". Chi ha un problema nella decodifica del testo probabilmente tenderà a leggere meno (questa spirale negativa si chiama "effetto Matteo", dal nome di una parabola del Vangelo), ed essendo meno esposto al vocabolario alla fine avrà una peggiore proprietà di linguaggio rispetto ai coetanei. Ma la vera domanda è: da dove provengono queste difficoltà? Non abbiamo una risposta precisa, ma possiamo pensare a diversi livelli: A un livello cognitivo: 1. Alcuni sostengono che il problema principale sia il processamento fonologico: può esserci un problema nell'organizzazione dei suoni della lingua, o magari l'immagazzinamento va bene ma c'è una difficoltà nell'uso di questi suoni nella lettura e nella scrittura. Questo può sembrare controintuitivo in quanto nella concezione comune la dislessia viene associata all'aspetto visivo, e alcuni dislessici riportano problemi visivi, ma numerosi studi dimostrano che il deficit visivo accompagna il disturbo fonologico, non ne è la causa (parleremo di questo rapporto nella prossima settimana). Il problema fonologico rende difficile l'automatizzazione del collegamento suono-­‐lettera, causando una reazione a catena nell'apprendimento della lettura 2. Sembra, inoltre, esserci una difficoltà specifica nella velocità del processamento 3 Guardando l'immagine, potremmo chiederci: ma da dove viene il deficit a livello biologico? Non sappiamo molto, ma è molto probabile che ci sia una componente genetica nella dislessia. Non bisogna però intendere questo discorso in senso fatalistico, secondo cui "se hai quel gene sei condannato ad avere quel problema"; i geni in gioco sono molti, per cui è impossibile fare una divisione e dire "tu hai la dislessia, tu no". Quello che sappiamo è che questi geni intervengono molto presto sullo sviluppo cerebrale (già in utero). Uno studio finlandese condotto da Heikki Lyytinen su neonati, figli di genitori dislessici, ha mostrato come l'attivazione corticale in risposta a delle sillabe pronunciate in suomi (finlandese) abbia consentito di predire l'evoluzione degli anni a venire (il vocabolario a 4 anni, lo sviluppo della lettura). Quindi la dislessia non appare all'improvviso quando il bambino impara a leggere: i fattori di rischio sono già presenti nel primo sviluppo e questo rende cruciale l'intervento precoce. 4 IDENTIFICAZIONE: PERIODO PRESCOLARE Bevé Hornsby, un pioniere dell'identificazione precoce della dislessia, ha redatto una lista dei fattori di rischio della dislessia; questi fattori non devono mai essere considerati da soli. Ci sono tre parole chiave da ricordare: -­‐ Ci dev'essere una combinazione di fattori di rischio -­‐ Devono ripresentarsi nonostante quello che si fa per correggerli -­‐ Devono persistere nel tempo I fattori di rischio sono: -­‐ Presenza di familiari dislessici -­‐ Difficoltà di stabilire una dominanza manuale -­‐ Confusione destra-­‐sinistra (sia in riferimento a se stessi che all'ambiente) -­‐ Difficoltà nel riconoscimento di rime -­‐ Difficoltà a seguire un ritmo e a riprodurlo -­‐ Difficoltà a memorizzare meccanicamente canzoni e poesie (ricorda l'idea ma non le parole esatte) -­‐ Fenomeno della "punta della lingua", non riuscire ad accedere a parole familiari -­‐ Difficoltà di seguire una sequenza di istruzioni dette di seguito (dovuto alla spesso co-­‐occorrente difficoltà nella memoria a breve termine) -­‐ Difficoltà nel produrre alcune parole, che vengono dette invertendo i suoni (ad esempio "disonauro") -­‐ Difficoltà di organizzazione e perdita frequente di oggetti personali -­‐ Difficoltà col tempo (prima e dopo, ieri e domani, la scorsa settimana, la prossima settimana, a volte anche mattina e pomeriggio), con lo "scorrere del tempo", e con lo spazio 5 IDENTIFICAZIONE: SCUOLA PRIMARIA -­‐ Confusione tra fonemi simili (f/v o b/p) -­‐ Confusione tra lettere simili (b/d, p/q, n/u, f/t) -­‐ Inversione di lettere o sillabe -­‐ Aggiunta di lettere, sillabe -­‐ Delezione (cancellazione) di elementi della parola -­‐ Tentare di indovinare la parola -­‐ Contrazione o decontrazione: alcuni bambini non riescono a mettere i giusti "paletti" all'inizio e alla fine delle parole (es: "ricordare -­‐> ri cordare", "vado almare") Anche questi fattori, ancora una volta, non devono essere considerati isolatamente; molti bambini ad esempio, quando imparano a leggere, cercano di indovinare la parola successiva. Ci sono anche degli aspetti comportamentali: spesso il bambino dislessico perde il filo del discorso mentre legge, e rilegge lo stesso rigo più volte senza accorgersene. Può anche leggere un testo scritto al passato usando il presente. Quando gli si pone un compito scritto, ad esempio "cos'hai fatto durante le vacanze?" può magari scrivere la prima frase al passato, ma poi può capitargli di perdere il "tempo" e scrivere il resto al presente. Possono presentarsi incoerenze ortografiche: la stessa parola può essere scritta in due o tre modi diversi nello stesso paragrafo (e il bambino non lo noterà). Quando legge può ignorare la punteggiatura; l’omissione della maiuscola all'inizio delle frasi può permanere anche in età adulta; la scrittura può essere lenta e un fattore davvero comune è l'affaticabilità. Mentre il primo rigo sarà scritto bene, si potrà osservare un peggioramento verso la fine del testo. 6 VALUTAZIONE INFORMALE Queste indicazioni non mirano a fornire una diagnosi (quello è compito degli specialisti); il loro scopo è avvalorare o no il sospetto di dislessia. Il primo dominio (e il più importante) è la consapevolezza fonologica. Circa il 70% dei bambini dislessici ha difficoltà a manipolare i suoni della lingua. Di solito distinguiamo 8 tipi di compiti, che abbiamo rappresentato qui in ordine di complessità. È importante, quando si svolge un compito che riguarda i fonemi, pronunciare una consonante pura, quindi /t/ e non /ti/. Ci sono otto compiti che possono essere fatti a tre livelli (fonemico, sillabico, rima e attacco): 1. Generazione: generazione di parole che contengono, ad esempio, la sillaba finale (rima) o iniziale di una parola 2. Detezione: si dicono tre parole e poi un compito (quale di queste parole non inizia come le altre due? Quale parole non finisce come le altre due?) 3. Fusione: si chiede di unire le unità linguistiche presentate oralmente una per volta (con le sillabe: te-­‐le-­‐vi-­‐sio-­‐ne; fonemi: c-­‐a-­‐n-­‐a-­‐l-­‐e) 4. Segmentazione: il contrario della fusione, bisogna scomporre la parola 5. Delezione: il compito è rimuovere un'unità linguistica, un fonema o una sillaba 6. Sostituzione: sostituire un'unità linguistica con un'altra (cosa ottengo se sostituisco in bosco la B con la F?) 7. Fusione fonemica: unire insieme due fonemi di due parole successive (se dico "grande albero" deve dire "ga") 8. Inversione fonemica: si può fare anche con adolescenti e adulti, consiste nell'invertire le consonanti di una parola o le vocali di una parola o le prime consonanti di una coppia di parole (spoonerismo) 7 Il secondo aspetto che possiamo indagare è la via di lettura compromessa. Per testare la via lessicale sono molto utili le parole irregolari. Le parole irregolari sono parole in cui non c'è una corrispondenza regolare tra grafema e fonema (in italiano ci sono pochissime parole irregolari in lettura, qualcuna di più in scrittura come “scienza” e “cuore”: l’aspetto più irregolare della lettura è rappresentato dall’ accentazione, come in candido-­‐candito, la cui corretta assegnazione dipende dalla via lessicale ). Le non parole sono parole inventate ("cosco", "sirbolone"). Queste parole non possono essere lette per via lessicale, dato che non ne abbiamo una rappresentazione ortografica in memoria. Quindi: + non parole -­‐ parole irregolari = buona via fonologica, cattiva via lessicale -­‐ non parole + parole irregolari = cattiva via fonologica, buona via lessicale Un fenomeno che si osserva con le parole irregolari è la regolarizzazione (quindi il bambino anziché leggere la parola "glicine" correttamente (/glit ine/) legge / it ine/ con la g dolce, come fosse l'articolo "gli"). Con le non parole possiamo avere due fenomeni: la lessicalizzazione (per cui anziché dire "cinama" il bambino "cinema", riconducendolo quindi alla parola che conosce); altri errori possono essere addizioni, omissioni, sostituzioni, inversioni. Un altro dominio che si può indagare è la comprensione del testo. La prima cosa da fare è trovare un testo adatto all'età (nella sezione risorse troverete delle formule per calcolare la giusta "difficoltà" del testo). Poi è necessario sondare il background di informazioni che il bambino ha sull'argomento. I compiti per questo sono due: -­‐ un compito concettuale: si fanno quattro domande al bambino relative all'argomento del brano (se il brano parla di montagne si chiede "sei mai stato in montagna?", "hai mai fatto uno sport invernale?" 8 -­‐ un compito predittivo: dato che il titolo è questo e parlerà di questo, di cosa credi che parlerà il testo? Anche la comprensione del testo può essere valutata in due modi: -­‐ Ripetere gli argomenti del testo e provare a spiegarlo (è rispettata la sequenza, il bambino ha capito il concetto centrale, i protagonisti, ecc.?) -­‐ Al di là delle domande esplicite (su ciò di cui parla il testo) si possono fare anche domande implicite, sondando la capacità inferenziale del bambino Il quarto aspetto che può essere sondato è quello della strategia usata per completare l'informazione. I bambini dislessici fanno più fatica a recuperare gli elementi salienti del testo. Per questo, si possono ripresentare le domande sbagliate in precedenza e chiedere di correggerle, osservando la strategia usata. Il passo finale è quello di analizzare gli errori di lettura. Gli errori possono essere categorizzati in "errori positivi" (omissioni, inserzioni, cambi di sequenze, disattenzione alla punteggiatura, ripetizione di una parola o di parte di parola, autocorrezioni); gli errori negativi sono gli stessi ma il significato è cambiato da questi errori. Un altro dominio da indagare è la capacità di orientarsi in una serie. I bambini con dislessia hanno difficoltà a memorizzare delle serie (numeri, giorni della settimana, ecc.). Un altro campo in cui i bambini dislessici hanno difficoltà è la denominazione rapida automatizzata e la memoria a breve termine. Per il primo si fa un test di denominazione rapida (RAN), in cui il bambino deve recuperare velocemente il nome di alcune immagini che si ripetono (es colori, numeri, semplici oggetti). In questo compito i bambini dislessici sono due volte e mezzo più lenti dei non dislessici. Un test per la memoria a breve termine uditiva è il digit span (span di cifre), che consiste nel fornire una serie di numeri in quantità sempre crescente e chiedere di ripeterli nello stesso ordine, finché il bambino fa due errori di seguito. Subito dopo si può fare il digit span inverso (in cui il bambino deve ripetere i numeri in ordine inverso a quello presentato). Nelle scuole primarie il digit span in avanti è 9 di 4-­‐5 cifre, quello indietro è di 2-­‐3 cifre. Nei dislessici di solito il digit span è più basso. Il digit span negli adulti è circa 7. Per quanto riguarda la memoria a breve termine visiva si può usare la copia di brano (entro un certo limite di tempo); un altro test che si può fare è la ricerca di forme in un foglio con distrattori (test delle campanelle). In questo caso si guarda il numero di campanelle trovate e le strategie utilizzate (di solito un dislessico è meno sistematico nella strategia). Un ultimo test per valutare la memoria visiva a breve termine è il confronto visivo. IDENTIFICAZIONE NEGLI ANNI SUCCESSIVI Come si può vedere dal diagramma, un aiuto intensivo si risolve in un 70% di successo; questo vuol dire, però, che un 30% dei bambini, pur ricevendo un aiuto sistematico e intensivo, continuerà ad avere problemi di decodifica. A questi si aggiungono i bambini che non ricevono un aiuto intensivo e immediato. Come abbiamo detto, però, la lettura non è solo decodifica. I bambini accurati nella decodifica, hanno bisogno di acquisire fluenza. Quello che sappiamo della fluenza è che è influenzata, in parte, da caratteristiche costituzionali e dall'esposizione continua al testo. Va da sé che si può innescare un circolo vizioso tra il bambino che ha difficoltà a leggere e una minore esposizione alla lettura. Di solito la fluenza ad alta voce corrisponde alla fluenza nella lettura silente. 10 Questo per quanto riguarda la fluenza, ma l'obiettivo finale della lettura è senza dubbio la comprensione. Per i bambini poco fluenti nella lettura, lo sforzo per decodificare sottrae risorse alla comprensione del testo; ma una volta che lo sforzo per la lettura è compensato, si liberano le risorse per migliorare la comprensione. Uno dei modi per indagare la comprensione del testo è quello di far leggere uno o più paragrafi e fare delle domande su aspetti trattati dal testo, ma anche un paio di domande che mettano in gioco le capacità inferenziali. Se vedi che il bambino ha delle difficoltà, prova tu a leggere ad alta voce il testo e poi rifai le stesse domande. Se il bambino mostra una comprensione significativamente migliore col testo letto da un altro, vuol dire che le difficoltà di lettura lo stanno ostacolando. I bambini che incontrano spesso difficoltà nella comprensione del testo sviluppano una sensazione di "Non ce la faccio, non riesco a capirlo" che li conduce a non avere un approccio strategico al testo, per cui quando chiedi loro di cercare qualcosa sul testo non sanno da dove cominciare. Ricapitolando, in un dislessico adulto potreste anche non trovare problemi di decodifica corrispondenti ai problemi di fluenza, e a volte neanche questi. Fate caso anche allo stile di lettura, se legge cioè con intonazione o in modo monotono. Di solito tendiamo ad associare una lettura espressiva con una buona intonazione, anche se bisogna stare attenti perché alcuni bambini riescono a leggere con una certa espressività anche argomenti che non capiscono. Infine, ricordiamo che ci sono alcuni bambini che hanno una difficoltà specifica nella comprensione del testo. Un altro segno delle difficoltà di lettura persistenti è la difficoltà nello spelling. Questo ha senso perché la lettura trae vantaggio da molte indicazioni contestuali, mentre lo spelling è disancorato da ogni contesto. Troviamo molti profili di scrittura nei ragazzi dislessici. Anche in questo caso, le difficoltà di decodifica tolgono risorse alla strutturazione delle frasi e del pensiero. Questa tabella riassume, dal basso all'alto, tutte le competenze richieste dal testo scritto: 11 Abilità più alte Generazione di idee, conoscenza del background, conoscenza del genere di scrittura, organizzazione, motivazione, ecc Una confusione sui contenuti può distrarre chi scrive dai processi medi e bassi Abilità di medio livello Struttura della frase, Possono influenzare transizioni, grammatica, l'espressione delle idee e coesione dei processi più bassi Abilità più basse Spelling, scrittura Sottraggono risorse e manuale, organizzazione interferiscono con visuo-­‐spaziale l'espressione Il ricercatore Gary Troia ha riassunto in questi punti le difficoltà che possono emergere nella produzione del testo: • Testi troppo brevi e/o incompleti, poco organizzati, carenti a livello di qualità generale • Grossi problemi legati all’ ortografia e le convenzioni del linguaggio scritto • Difficoltà nell'eseguire e regolare il processo di scrittura • Scarse competenze socio-­‐cognitive (capacità pragmatiche, consapevolezza dell'interlocutore, ecc.) • Scarso senso di auto-­‐efficacia e motivazione 12 Concetti chiave La dislessia è una condizione su base neurologica, spesso ereditaria. Si manifesta con difficoltà in lettura, scrittura e spelling ed è spesso associata a difficoltà in memoria a breve termine, concentrazione, organizzazione. Non è causata da scarsa intelligenza, bassa scolarità, ambiente poco stimolante, scarsa motivazione, difficoltà sensoriali. I due aspetti fondamentali per Gough e Tummer sono il riconoscimento della parola e la comprensione del linguaggio. Il dislessico ha difficoltà soltanto nel primo. Da dove provengono le difficoltà nella lettura? I due indiziati principali sono il processamento fonologico e l'automatizzazione di questo processamento. Il fatto che da un punto di vista biologico ci sia una componente genetica ci porta a pensare che la dislessia non appare all'improvviso quando si inizia a leggere, ma sia riconoscibile molto prima. Per questo bisogna prestare attenzione ai fattori di rischio. È necessario che questi fattori di rischio siano presenti in modo continuativo, siano resistenti al trattamento e non si presentino in forma isolata. In epoca prescolare i fattori di rischio sono la familiarità per dislessia, la difficoltà di stabilire una dominanza manuale, la difficoltà nel riconoscere le rime e il ritmo, la confusione destra-­‐sinistra, la difficoltà a seguire una serie di istruzioni, la difficoltà nel reperire una parola, la difficoltà nel memorizzare canzoni e poesie, la difficoltà nel produrre alcune parole, una cattiva organizzazione e una difficoltà a comprendere concetti legati al tempo e allo spazio. Negli anni della scuola primaria si può rilevare una confusione tra fonemi e lettere simili, inversioni di sillabe e lettere, aggiunta di lettere e sillabe, cancellazione di elementi di parola, tentativi di indovinare la parola successiva, contrazione e decontrazione di parola, perdita del rigo di lettura, incoerenze ortografiche e affaticabilità. La valutazione informale indaga diversi domini: a) Consapevolezza fonologica: esercizi di generazione, individuazione, fusione, segmentazione, delezione, sostituzione, inversione fonemica b) La via di lettura: attraverso le non parole e le parole irregolari (fenomeni di regolarizzazione e lessicalizzazione) c) Comprensione del testo con domande concettuali e predittive d) La strategia usata per completare l'informazione (con o senza cambiamento di significato) e) Capacità di orientarsi in una serie f) Memoria a breve termine e abilità visuospaziali (RAN, span di cifre, span di cifre inverso, copia di brano, test delle campanelle) Negli anni successivi due aspetti da indagare sono la fluenza di lettura e soprattutto la comprensione. Anche la scrittura può risultare compromessa a più 13 livelli. Supporting children with difficulties in reading and writing by Dr Jenny Thomson
Settimana 3 Argomenti 1. Udito 2. Vista 3. Attenzione 4. Matematica (discalculia) 5. Disprassia UDITO
6. Difficoltà nel linguaggio orale Quando parliamo di udito in riferimento alla dislessia non ci riferiamo tanto all'udito 7. Ricadute psicologiche periferico quanto al processamento dello stimolo uditivo da parte del cervello. 8. Aspetti positivi Questo avviene in diverse aree, e questo non deve stupirci perché i suoni linguistici hanno iversi aspetti che dobbiamo dcislessico onsiderare. Quando ascoltiamo un fonema, ad 9. Pdro e contro dell'"etichetta" esempio /p/, ne analizziamo diverse dimensioni tra cui: -­‐ la durata -­‐ la frequenza -­‐ l'intensità In italiano la composizione di questi fattori in un’intera parola consentiranno di estrarre le cosiddette caratteristiche soprasegmentali (accento, intonazione, ecc.). Anche le doppie sono riconoscibili da questi elementi (ad esempio, nelle doppie 1 diminuisce la durata della vocale precedente). I parametri non sono sempre uguali per ogni singolo fonema, perché esiste un fenomeno chiamato coarticolazione. Se pronuncio una "m" isolata, ad esempio, avrò parametri acustici diversi rispetto alla "m" in "ma"; esistono poi i cosiddetti "allofoni" che riusciamo a riconoscere come unico fonema nonostante siano prodotti in modo diverso (ad esempio, la "n" in "ancora" e la "n" in "anfiteatro"). Questo ci dà un'idea del lavoro di interpretazione svolto dal cervello quando ha a che fare con dei suoni lingustici. Sebbene il legame tra il funzionamento della corteccia uditiva e dislessia non sia né costante né scientificamente forte, questo non vuol dire che non esista; probabilmente, non riusciamo a trovare gli strumenti giusti per indagarlo. Sicuramente, se notiamo una debolezza nell'area percettiva dobbiamo intervenire. VISTA Sono stati fatti diversi studi riguardo al rapporto tra vista e dislessia, che hanno messo in evidenza alcune difficoltà, in particolare inerenti: -­‐ Percezione dei contrasti (es. nero/bianco); per questo, nonostante le ancora poche evidenze, alcuni utilizzano lenti e fogli trasparenti colorati per migliorare le prestazioni in lettura. -­‐ Teoria magnocellulare: considera delle cause neurali alla base dei movimenti oculari imprecisi, ma anche qui le evidenze sono contrastanti -­‐ Attenzione visiva: questo più che appartenere alla vista periferica appartiene al processamento, quindi al cervello che decide su cosa dirigere la sua attenzione. Inoltre, si è visto che ridurre lo spazio a cui prestare attenzione, ad esempio mettendo il testo su uno smartphone, può migliorare le abilità in lettura. 2 ATTENZIONE Qual è la relazione tra lettura e attenzione? Questi due aspetti presentano elementi comuni. I disturbi di attenzione possono essere del tipo iperattivo o disattento (meno visibile ma altrettanto dannoso per l'apprendimento). Se un bambino con disturbo di attenzione non è completamente concentrato sulla materia dell'insegnamento non riuscirà a seguire i passaggi fondamentali per comprendere. Se un bambino ha soprattutto difficoltà attentive la lettura potrà risentirne (salta un rigo senza accorgersene, legge distrattamente le parole...). Può succedere anche il contrario: un bambino con difficoltà di lettura può perdere interesse e attenzione per la lezione e magari comportarsi da bambino iperattivo per evitare le attività di lettura. Se le cose sembrano già complicate, c'è anche da aggiungere che a volte le due difficoltà possono co-­‐occorrere. Come si fa a capire quale aspetto è predominante? I bambini che hanno maggiori difficoltà nella lettura hanno maggiori difficoltà nella consapevolezza fonologica. Quindi, un bambino dislessico capirà meglio un testo letto da altri rispetto a un testo scritto, mentre un bambino con difficoltà di attenzione trarrà maggior giovamento dall'avere un testo scritto davanti a sé. Inoltre, se le difficoltà di attenzione sono ristrette alle attività scolastiche o solo a quelle di lettura, è probabile che sia la lettura a causare le difficoltà attentive; se il bambino presenta, invece, lo stesso comportamento anche a casa, probabilmente il problema principale è legato all'attenzione. MATEMATICA (DISCALCULIA) Il 60% di bambini dislessici ha difficoltà anche in ambito matematico. Anche la matematica, in fondo, presenta degli aspetti linguistici, elementi da ricordare (ad esempio, le tabelline), sequenze di azioni. Ci può essere anche una difficoltà nell'identificare e riconoscere i simboli (+,-­‐,x,:). 3 DISPRASSIA La dislessia spesso si presenta associata a disprassia. Non c'è molto da dire al riguardo, dato che gli studi sulla disprassia sono davvero pochi. La disprassia si esprime come una carenza di: -­‐ coordinazione motoria -­‐ automatismi -­‐ organizzazione spazio-­‐temporale C'è un ritardo nell'acquisizione delle abilità motorie: difficoltà nel vestirsi, nella coordinazione manuale, nell'andare in bicicletta, nel mettere un cd nel lettore, nell'abbottonarsi la camicia, ecc. La difficoltà nell'organizzazione spazio-­‐temporale li porta spesso a non riuscire a leggere l'orologio. Spesso hanno difficoltà a scrivere (disgrafia) e in questi casi il computer è fondamentale. Nel DSM IV è indicata come Disturbo di Sviluppo della Coordinazione Motoria. I disprassici incontrano molte difficoltà nel disegno geometrico, per cui è meglio che usino dei software come Geogebra. Infine, possono incontrare difficoltà nella ginnastica. DIFFICOLTÀ NEL LINGUAGGIO ORALE Distinguiamo innanzitutto tra linguaggio in ricezione e linguaggio in produzione. Per la produzione Michel Habib afferma che metà dei dislessici ha avuto un problema di acquisizione del linguaggio (errori di pronuncia, sintassi e lessico poveri, ecc.). Per la ricezione diversi studi hanno evidenziato quanto la discriminazione dei fonemi sia meno precisa nei dislessici rispetto ai non dislessici. I non dislessici riescono a 4 ignorare le differenze tra gli allofoni (suoni diversi che corrispondono alla stessa lettera, come in italiano la /n/ in /naso/ e la /n/ in /invitare/). Ramus e altri affermano, tuttavia, che la rappresentazione fonologica è intatta mentre è danneggiato l'accesso. Tallal e collaboratori, invece, suggeriscono che i dislessici hanno difficoltà a identificare i rapidi cambiamenti che implica il parlato. Lyytinen e colleghi, come già detto, hanno classificato i bambini a rischio dislessia in base alla familiarità per dislessia, e hanno mostrato che c'è una sorta di continuum tra disturbo specifico di linguaggio e dislessia. I disturbi del linguaggio in base ai manuali diagnostici si dividono in: -­‐ disturbo in comprensione -­‐ disturbo in produzione -­‐ disturbo misto RICADUTE PSICOLOGICHE Spesso le ricadute psicologiche della dislessia sono disastrose. Immaginate di essere a scuola e di fare un'enorme fatica a imparare una cosa che gli altri imparano senza problemi, e questo accade giorno per giorno per diversi anni. Secondo lo psichiatra francese Boris Cyrulnik, non meno del 40% dei ragazzi tra i 10 e i 24 anni pensa alla morte a scuola a causa dell'ansia e della depressione. C'è una relazione tra qualità della lettura e benessere psicofisico; inoltre, le difficoltà di lettura correlano con l'abbandono scolastico che a sua volta correla con comportamenti antisociali (come mostrato dai dati illustrati da Linda Siegel). Si innesca anche un circolo vizioso, per cui una persona con un'autostima molto bassa non riesce ad imparare nulla ("morte cognitiva"). Secondo André e Lelord, l'autostima ha 3 dimensioni: -­‐ Senso di sicurezza (nascita-­‐2 anni) 5 -­‐ Autopercezione (2-­‐6 anni) -­‐ Fiducia in se stessi (7 anni in poi) Il fallimento scolastico del bambino può tradursi in 4 tipi di comportamento: -­‐ Inibizione: il bambino non partecipa più alle attività della classe e sviluppa strategie difensive -­‐ Regressione: il bambino richiede le attenzioni del genitore come se fosse più piccolo -­‐ Proiezione: quando vede le stesse difficoltà negli altri, le deride o agisce in modo violento -­‐ Spostamento: il bambino cercherà rassicurazioni in altri campi in cui è più competente Ci sono quattro stadi nell'acquisizione di una nuova abilità: -­‐ Incompetenza inconscia: non so di non sapere -­‐ Consapevolezza dell'incompetenza: so di non sapere -­‐ Competenza consapevole: so di sapere -­‐ Competenza inconsapevole: non so di saperlo. Il punto più delicato ovviamente è tra il secondo e il terzo. Le difficoltà di automatizzazione dei bambini dislessici possono ancorarli al secondo stadio senza riuscire a passare al terzo. L'insegnante ha un ruolo importante nel valorizzare le caratteristiche positive della dislessia. ASPETTI POSITIVI Ci sono delle aree in cui un individuo dislessico può riuscire meglio di altri: -­‐ visualizzare le cose in tre dimensioni (utile, ad esempio, in architettura) 6 -­‐ attività creative e processamento visuo-­‐spaziale (secondo John Stein i dislessici avrebbero un approccio olistico, contrariamente all'attività lineare -­‐ in sequenza -­‐ di chi usa prevalentemente l'emisfero sinistro) PRO E CONTRO DELL'"ETICHETTA" DISLESSICO Pro: -­‐ Può essere un sollievo per i genitori e per i figli -­‐ Permette di avere degli aggiustamenti nel piano scolastico (più tempo, misure compensative, ecc.) Contro: -­‐ Il bambino potrebbe non provare neanche a leggere "tanto non ce la farò mai, sono dislessico" -­‐ Può portare a un tipo sbagliato di intervento da parte della scuola -­‐ Le etichette diagnostiche sono facili da dare, ma difficili da togliere, per cui può essere difficile gestirle. 7 Concetti chiave Negli ultimi anni sono stati esaminati diversi aspetti che potrebbero avere un ruolo più o meno marcato nella dislessia. Gli studi sull'udito si sono basati soprattutto sulla percezione, ovvero sul lavoro di interpretazione che il cervello fa per identificare un suono linguistico all'interno di una stringa di suoni. Gli studi sulla vista si sono concentrati sul livello di contrasto, sui movimenti oculari e sull'attenzione visiva. Nonostante alcuni risultati contrastanti, si tratta comunque di campi che meritano di essere sondati a fondo in futuro. Spesso è difficile stabilire se la poca attenzione sia causa o effetto delle difficoltà di lettura, o semplicemente se sia una caratteristica co-­‐occorrente. Altre correlazioni significative le troviamo con le difficoltà matematiche (discalculia), le difficoltà di coordinazione e di automatizzazione del movimento (disprassia) e con le difficoltà nel linguaggio orale (cronologicamente, spesso, la dislessia segue il disturbo specifico di linguaggio). Le ricadute psicologiche della dislessia possono essere devastanti, a causa della frustrazione provata a scuola. L'insuccesso scolastico può tradursi in pensieri suicidi o in abbandono scolastico, che è molto spesso legato a condotte antisociali. Per questo il ruolo degli insegnanti è valorizzare le caratteristiche positive della dislessia. L'etichetta diagnostica può avere i suoi pro e contro: permette, infatti, di dare una risposta alle domande della famiglia e di predisporre piani didattici personalizzati, ma potrebbe avere ricadute psicologiche negative sul bambino. 8 Supporting children with difficulties in reading and writing by Dr Jenny Thomson
Settimana 4 Argomenti 1. Inclusione 2. Report sulla lettura 3. Principi generali dell'insegnamento 4. Scienze 5. Individualizzazione 1. INCLUSIONE Oltre 140 milioni di bambini non vanno a scuola e questo numero è in aumento. Le cause sono: -­‐ Programmi non appropriati -­‐ Mancanza di preparazione degli insegnanti -­‐ Metodi pedagogici inadeguati L'obiettivo dell'inclusione, così come definito dalla convenzione delle Nazioni Unite, è quello di garantire la scolarizzazione nonostante le difficoltà e secondo le necessità. 1 Un modo per ridurre questi ostacoli è quello di aumentare la consapevolezza sull'inclusione, raggiungere un consenso, analizzare le situazioni interne alla scuola, riformare il sistema scolastico, supportare progetti locali. L'educazione inclusiva ha tre vantaggi: -­‐ Educativo: la scuola deve rispondere alle differenze individuali -­‐ Sociale: insegnare i principi della cittadinanza -­‐ Economico: è meno costosa delle scuole speciali Ma come mettere in piedi un programma inclusivo? -­‐ Innanzitutto, ridefinendo i processi di apprendimento -­‐ Aumentando la partecipazione -­‐ Creando programmi flessibilli (la rigidità dei programmi è la principale causa di esclusione) -­‐ Preparando gli insegnanti Molti dicono: i processi di inclusione sono belli, ma richiedono denaro. In realtà, ci sono molte cose che possono essere fatte a costo zero: -­‐ Collaborazione tra studenti -­‐ Coaching -­‐ Coinvolgimento dei genitori -­‐ Pedagogia attiva -­‐ Mutuo sostegno Inoltre, è sempre possibile cercare delle istituzioni in grado di finanziare determinati progetti. Ancora, è necessario che la scuola tenga d'occhio dei momenti cruciali, ovvero i momenti di passaggio da casa a scuola, da un ciclo scolastico all'altro, dalla scuola primaria alla scuola secondaria, dalla scuola all'educazione superiore, dalla scuola al mondo del lavoro. 2 Quali cambiamenti devono essere fatti nella scuola? -­‐ Devono essere definiti ruoli chiari -­‐ La scuola dev'essere supportata moralmente e finanziariamente -­‐ Si devono definire chiaramente i meccanismi alla base delle procedure attuate -­‐ Bisogna promuovere l'informazione Le scuole, inoltre, dovrebbero collaborare per condividere esperienze e materiali. In Finlandia e in Italia tutti i bambini vanno nella stessa scuola e sono seguiti da personale specializzato, non c'è più nessuna barriera con gli altri bambini. Questo aiuta a diventare cittadini aperti alle differenze. Spesso c'è una stigmatizzazione dei bambini dislessici, si parla di "rimedi" per la dislessia. Non c'è un rimedio per la dislessia, dato che si tratta di una diversa organizzazione del cervello. 2. REPORT SULLA LETTURA Mettiamo adesso a confronto 4 report provenienti da Stati Uniti, Belgio, Francia e Regno Unito. Questi report convergono verso una conclusione: gli elementi fondamentali per imparare a leggere e scrivere sono: -­‐ L'insegnamento esplicito della consapevolezza fonologica e fonemica -­‐ Contemporaneamente, l'insegnamento esplicito della corrispondenza grafema-­‐fonema -­‐ Rinforzo vicendevole Altri fattori che possono influenzare la lettura sono. Secondo Scarborough (1990) i migliori fattori predittivi a quattro anni e mezzo rispetto alla performance di lettura a 6 anni (80%) sono: -­‐ discriminazione fonemica 3 -­‐ memoria a breve termine uditiva -­‐ conoscenza delle lettere -­‐ abilità di denominazione rapida automatizzata Secondo Seymour e altri (2003) altri fattori possono essere: -­‐ L'opacità del sistema di scrittura (si traduce in una più lenta acquisizione della lingua)1 Per Goswami e altri (1998) l'opacità della lingua influenza le unità sublessicali usate per la lettura e lo spelling (per cui, ad esempio, un'attività di tipo fonologico dovrebbe basarsi più sulle rime nel caso della lingua inglese, sui fonemi per il francese e sui morfemi per il cinese). Nel 2000, Ehri e altri hanno evidenziato, attraverso una meta-­‐analisi, che: 1. L'insegnamento sistematico della corrispondenza grafema-­‐fonema è il metodo migliore, molto più efficace dei metodi globali 2. Questo è vero soprattutto per i bambini dislessici 3. È tanto più efficace quanto più viene fatto precocemente 4. La consapevolezza fonologica aiuta non solo 'identificazione della parola, ma anche la comprensione. Braibant e Gerard hanno inoltre evidenziato che: -­‐ I metodi di insegnamento possono essere dei buoni predittori delle abilità di lettura e comprensione, molto più dello status socioeconomico: i bambini che avevano imparato con metodi basati sui fonemi andavano meglio (20%) dei bambini che avevano ricevuto un insegnamento col metodo globale. Quest'ultimo, a differenza dei metodi basati sui fonemi, è molto influenzato dal background socioeconomico. Goetry e altri (2006): i migliori metodi per l'insegnamento uniscono: 1
Questo ha delle ricadute anche sulle percentuali di dislessici: in Inghilterra sono intorno al 15%, in Italia intorno al 3% della popolazione 4 -­‐ Consapevolezza fonologica esplicita -­‐ Insegnamento esplicito della corrispondenza fonema-­‐grafema -­‐ Segmentazione delle parole più lunghe in sillabe (relativo solo al francese) La decodifica svolge un ruolo primario nel processo di identificazione di una parola. I bambini che leggono meglio le non-­‐parole hanno anche un rendimento migliore nella lettura in generale. I bambini che fanno più errori di regolarizzazione di parole irregolari quando imparano a leggere sono quelli che miglioreranno più rapidamente. In conclusione: -­‐ Il miglior metodo di insegnamento include quello della corrispondenza fonema-­‐grafema -­‐ Questo spiega l'importanza della consapevolezza fonologica -­‐ L'insegnamento deve essere multisensoriale -­‐ Questi trattamenti fanno bene a tutti, in particolar modo ai bambini dislessici e a quelli con un basso livello socioeconomico 3. PRINCIPI GENERALI DELL'INSEGNAMENTO Si tratta di principi da tenere sempre a mente quando si insegna, in particolare con bambini dislessici. L'insegnamento dev'essere: -­‐ Strutturato e sequenziale -­‐ Basato sulla fonetica -­‐ Multisensoriale -­‐ Metacognitivo 5 Per quanto riguarda la strutturazione del lavoro, è possibile associare un colore a una materia, pianificare bene le lezioni, stabilire degli obiettivi di apprendimento, ritornare sullo stesso argomento diverse volte, da diversi punti di vista. L'insegnamento della corrispondenza fonema-­‐grafema dovrebbe seguire il principio "dal più semplice al più complesso" e l'ordine di frequenza nella lingua. Per quanto riguarda la fonetica abbiamo già detto che la consapevolezza fonemica è un elemento primario per predire la scolarizzazione. Come già detto, il metodo globale ha effetti disastrosi sui dislessici ed è influenzato dallo stato socioeconomico della famiglia del bambino. È stato anche rilevato che gli effetti di un intervento di tipo fonetico sono ancora ravvisabili a 6 anni dall'ingresso nella scuola primaria. Passando alla multisensorialità, Samuel Orton ha notato che nei bambini dislessici c'erano delle difficoltà nei collegamenti tra l'area visiva e l'area uditiva, per questo con Anna Gillingham ha messo in piedi un altro modello (modello Orton-­‐Gillingham) per l'insegnamento della lettoscrittura che, oltre al canale visivo e uditivo, utilizza anche quello cinestesico orale e manuale (ovvero far capire al bambino cosa accade al livello della sua bocca e della sua gola mentre pronuncia un determinato suono, ma anche farlo riflettere sul movimento che compie la mano durante la scrittura). Il metodo multisensoriale è/deve essere: -­‐ strutturato e sequenziale -­‐ cumulativo -­‐ basato sull'analisi fonologica -­‐ completo -­‐ un allenamento per la memoria -­‐ metacognitivo (vedi dopo) -­‐ diagnostico I passi da seguire in un insegnamento multisensoriale sono: 1. Incrementare la consapevolezza fonologica 6 2. Contemporaneamente, insegnare la corrispondenza fonema-­‐grafema 3. Insegnare i vincoli posizionali (ndA: vale soprattutto per le scritture irregolari) 4. Insegnare le regole di formazione delle parole regolari (ndA: vale soprattutto per le scritture irregolari) 5. Insegnare le regole che cambiano il modo di dire una parola 6. Insegnare i prefissi e i suffissi più comuni 7. Insegnare gli elementi greci e latini ("tele-­‐", "-­‐logia", ecc.) Infine, la metacognizione. La metacognizione è la capacità di riflettere sul proprio apprendimento, di prendere "una pausa di riflessione". Si basa su domande del tipo: -­‐ Come faccio a impararlo? -­‐ Come farò a ricordarlo? -­‐ Quale approccio è richiesto per questo compito? -­‐ Come ho fatto a risolvere prima una situazione simile? La metacognizione genera una sensazione di controllo che aumenta l'autostima. Si basa su due principi: -­‐ Il successo non si ottiene con tentativi casuali, ma implica una strategia -­‐ Per superare una difficoltà, bisogna stimare quanto ancora non si è capito Ricordiamo che spesso i dislessici hanno problemi di memorizzazione e di conseguenza non sono a proprio agio nel rivalutare quello che hanno appena fatto. Come fare? La regola d'oro è ricordare che i dislessici impiegano più tempo ad automatizzare i processi, quindi dare una pausa di riflessione è di grandissimo aiuto. Inoltre, al termine di un compito, si può chiedere al bambino "come hai fatto?" e ripercorrere insieme i passaggi che hanno condotto alla soluzione. 7 4. SCIENZE La terminologia usata nelle scienze spesso può risultare troppo pesante per il carico cognitivo del bambino. Per questo non si dovrebbero dare solo informazioni orali o solo scritte, ma cercare di realizzare l’istruzione attraverso più canali sensoriali. I passaggi, inoltre, devono essere divise in blocchi piccoli e gestibili. Inoltre, è utile che il bambino o il ragazzo sappia in anticipo quale sarà l'argomento principale del testo. Bisogna considerare già in anticipo che un bambino dislessico avrà bisogno di più tempo e più ripetizioni per memorizzare i termini tecnici. Infine, ci sono sempre più video e documentari disponibili che possono aiutare a migliorare notevolmente la comprensione di un argomento. 5. INDIVIDUALIZZAZIONE Ci sono dei casi in cui, nonostante un buon insegnamento basato sulla fonetica, il bambino risponde molto lentamente o non risponde affatto. Quali possono essere le cause? -­‐ Alcuni bambini possono avere un lessico orale molto limitato, per cui sarà necessario un lavoro aggiuntivo -­‐ Alcuni bambini possono sentire la competizione all'interno di un gruppo di insegnamento -­‐ Alcuni bambini potrebbero avere problemi di autostima, continuando a dire "non ce la farò" 8 Concetti chiave L'educazione inclusiva ha tre vantaggi: -­‐
Educativo: la scuola deve rispondere alle differenze individuali -­‐
Sociale: insegnare i principi della cittadinanza -­‐
Economico: è meno costosa delle scuole speciali La scuola deve favorire l'inclusione dei bambini senza delegare a scuole specializzate la gestione dei bambini con difficoltà particolari. Diversi lavori sulla lettura hanno evidenziato che il metodo migliore per insegnare la lettoscrittura è quello basato sulla consapevolezza fonologica e sull'associazione fonema-­‐grafema. Il metodo globale non solo è disastroso nel caso di bambini dislessici, ma è influenzato anche dal background socioeconomico. L'insegnamento deve essere: -­‐ strutturato e sequenziale -­‐ basato sulla fonetica -­‐ multisensoriale -­‐ metacognitivo Si possono prendere accorgimenti speciali relativi a singole materie (es: nel caso delle scienze usare più canali sensoriali, assicurarsi che le informazioni siano semplici e gestibili) e a singoli individui (cercando di capire le cause della lenta acquisizione). 9 Supporting children with difficulties in reading and writing by Dr Jenny Thomson
Settimana 5 Argomenti 1. Consapevolezza fonologica 2. Tecniche multisensoriali 3. Comprensione 4. Composizione scritta NB: I contenuti di questa lezione sono molto specifici della lingua inglese e delle lingue irregolari, per cui molte tecniche sono poco applicabili all'italiano. 1. CONSAPEVOLEZZA FONOLOGICA La consapevolezza fonologica va insegnata esplicitamente, deliberatamente e sistematicamente. Di solito, i bambini dislessici hanno difficoltà a fare inferenze, per cui questo aspetto è importante. La coarticolazione è evidente se facciamo lo spettrogramma di una frase (lo spettrogramma è dato dalla registrazione di un suono e dalla sua visualizzazione in un grafico che ha come coordinata X il tempo e come coordinata Y la frequenza), dove vediamo l'assenza di pause nette tra le parole -­‐ se ci pensiamo bene, nel parlato è così. Il parlato è come un'omelette, siamo noi a dovergli dare ordine, a mettere le pause. 1 Esercizi da far fare col pupazzo Ming: Generazione Trovare altre parole che finiscano come Ming (ring, wing, ecc.) Detezione Fra tre parole, identificare quella che non inizia o finisce come le altre 2 Concatenazione Poiché Ming è molto timido, dice le parole un pezzo alla volta. Toccherà ai bambini ricostruirle. Si può anche pre-­‐registrare il materiale con la voce di qualcun altro per rafforzare l'effetto "personale" di Ming. A volte Ming può anche dire parole che non esistono in inglese, come "trank" (sempre a pezzi). Segmentazione In questo caso Ming vuole saperne di più sui suoni che compongono la lingua, quindi lui dice una parola e i bambini devono dividerla in sillabe. Delezione/Cancellazione A volte Ming aggiunge qualcosa all'inizio, in mezzo o alla fine della parola (cancellare un fonema o una sillaba in mezzo, però, può essere molto difficile). Sostituzione Ming a volte può invertire delle parole o confondere dei suoni per cui i bambini devono aiutarlo a ricostruire la parola giusta. Si può fare anche con le non parole: Ming vorrebbe dice "back" ma vorrebbe dire la "d" al posto della "b". Fusione Ming dice due parole e i bambini devono unire le iniziali ("big apple" -­‐> "ba"). Inversione Un compito di spoonerismo, ovvero scambiare le iniziali ("big roof" -­‐> "rig boof"). Nello svolgimento di questi compiti è utile usare oggetti colorati per identificare gli elementi della parola (attacco, rima, fonemi, sillabe). Un'altra cosa importante è introdurre un alfabeto in rilievo, di legno ad esempio, per permettere ai bambini di manipolare le lettere. Poi si chiederà loro di copiarle per memorizzare il movimento manuale. 2 Meglio usare l'alfabeto maiuscolo, perché in quello minuscolo ci sono lettere che possono essere confuse molto facilmente solo in base all'orientamento (p, b, d e q ad esempio). È importante che il bambino abbia una conoscenza il più agevole possibile dell'alfabeto, quindi almeno 5 minuti al giorno è utile lavorare sull'alfabeto (ai bambini più grandi si può chiedere di provare a dirlo al contrario). Si può proporre di disporre le lettere dell'alfabeto a forma di arcobaleno per far trovare la lettera a colpo d'occhio. -­‐ Far associare al bambino la sensazione di vibrazione della gola (in caso di consonante sonora) al fonema prodotto e alla lettera corrispondente -­‐ Chiedere al bambino di indovinare la lettera successiva e, se non ci riesce, bendarlo e farla toccare -­‐ Dare una lettera di legno a ciascuno, chiedere di indovinarla e, infine, far unire tutte le lettere per formare una parola Il quarto punto è quello di creare un collegamento tra fonema e grafema, da fare anche con il movimento delle mani. Memorizzare il movimento della mandibola e della gola aiuta i bambini a rafforzare l'associazione tra un suono e una lettera. Si può anche fare l'esercizio di individuazione delle diverse forme di scrittura di una lettera su un foglio. Un altro strumento utile possono essere le spelling cards. 3 2. TECNICHE MULTISENSORIALI 2 principi generali: -­‐ Fare un lavoro strutturato: non far esercitare mai su qualcosa di non acquisito -­‐ Promuovere sempre l'autovalutazione e l'autocorrezione nei bambini (migliora anche la motivazione intrinseca) Lettura 2 principi base: -­‐ Raggruppare le parole in famiglie (right, bright, fight) attraverso i colori -­‐ Aiutare i bambini a dividere le parole più grandi in pezzi più piccoli Scrittura Insegnare il corsivo è molto importante. Il corsivo è continuo e rende evidenti le separazioni tra una parola e l'altra. Può essere di aiuto usare quattro linee di diversi colori per dare dei riferimenti al corsivo. I bambini devono essere seduti bene e impugnare bene la penna. 4 Per insegnare le parole regolari una regola utile è quella dell'SOS: -­‐ Simultaneous -­‐ Oral -­‐ Spelling (lettura e scrittura simultanei). Il principio base è questo: l'adulto dice la parola, il bambino la ripete e dice le lettere della parola, poi dice di nuovo le lettere della parola e mentre le dice le scrive. Per le parole irregolari ci sono molti metodi. Due di questi sono: -­‐ Quello proposto da Fernand. I bambini ricevono un foglio in cui è scritta una parola in corsivo. Il bambino divide la parola in sillabe con la matita. Poi traccia le lettere col dito sulla carta e quando il bambino è convinto di poter scrivere la parola senza errori, la carta viene tolta e il bambino scrive la parola a memoria. Se la parola è corretta, dovrà ri-­‐tracciarla con le dita. -­‐ Un altro metodo è detto LCWC (Look, Cover, Write, Check -­‐> guarda, copri, scrivi, controlla). L'insegnante mostra la parola per alcuni secondi, i bambini leggono la parola, nominano le lettere; poi l'insegnante copre la parola, i bambini la ripetono, poi la scrivono e la controllano. Quando i bambini acquisiscono maggior familiarità con le parole, si può precedere al dettato di frasi. Può essere molto utile registrare le frasi e farle ascoltare al bambino. Anche qui si possono usare modalità multisensoriali. Importante: chiedere sempre al bambino cosa ha scritto e non cosa crede di aver scritto. Un'altra strategia è quella di usare trucchi mnemonici per memorizzare la scrittura di parole irregolari, ad esempio trovare una frase per memorizzare una parola ("Big Elephant Can Always Use Small Entrancies" per "because"). 5 3. COMPRENSIONE La comprensione è data dal riconoscimento delle parole e dalla comprensione del linguaggio, quindi è comunque importante migliorare il linguaggio orale. Inoltre, i bambini che leggono con facilità usano la lettura per aumentare rapidamente il vocabolario, ma lo stesso non avviene per i dislessici, per questo gli audiolibri possono giocare un ruolo chiave. A casa, il genitore può dividere i paragrafi da leggere col bambino per ridurre il carico di lavoro. Si possono usare alcuni accorgimenti tipografici: un font senza grazie (ad esempio, un Arial) di dimensione 14 ben spaziato e interlinea doppia. Di fronte a un testo nuovo possiamo fare diverse cose: -­‐ Preparazione verbale: vedere in anticipo le parole difficili in un testo -­‐ Strategia KWL: Knowledge (conoscenza, cosa so in questo campo) What do I hope to learn (Cosa spero di imparare)? What have I Learnt (cosa ho imparato)? È una cosa che i normolettori fanno normalmente, ma per i bambini dislessici è importante rendere questa strategia esplicita. -­‐ Rendere esplicito il proprio metodo di apprendimento (metacognizione) -­‐ A volte si può chiedere ai bambini di impersonare gli insegnanti, quindi leggere il testo e porre domande su esso -­‐ Per i ragazzi, quando i testi saranno differenziati, saranno necessarie strategie diverse (testo narrativo, articolo di giornale, testo argomentativo, articolo scientifico, ecc.). -­‐ Per molti bambini e ragazzi dislessici è molto utile creare mappe mentali, quindi prendere i concetti e collegarli visivamente in modo logico 6 4. COMPOSIZIONE SCRITTA Come per la comprensione, anche nella scrittura le risorse impiegate per comporre la parola e la frase possono lasciare poco spazio alla manipolazione dei contenuti. -­‐ Prima di iniziare a scrivere: riflettere sulla propria conoscenza dell'argomento e sull'obiettivo del brano che dovremo scrivere -­‐ Organizzare quello che vogliamo scrivere in modo esplicito. Ogni tipo di testo probabilmente ne richiederà uno diverso -­‐ Anche se può sembrare molto faticoso, molta della buona scrittura dipende dalla revisione di una prima bozza, quindi è importante tornare sul testo e vedere come migliorarlo. Cosa andare a rivedere? Ci viene in soccorso l'acronimo MAPS (Meaning, Agreement, Punctuation, Spelling -­‐> Significato, Concordanza grammaticale, Punteggiatura, Ortografia). -­‐ Avvalersi dell'uso della tecnologia. 7 Concetti chiave La consapevolezza fonologica è un concetto chiave che va rafforzato ogniqualvolta ve ne sia l'occasione. Si possono fare giochi di metafonologia, usare oggetti colorati per distinguere le parti della parola, usare l'alfabeto in rilievo per stimolare vie multisensoriali e rafforzare sia l'alfabeto che il rapporto fonema-­‐grafema. I due principi alla base delle tecniche multisensoriali sono: •
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strutturare il lavoro promuovere la motivazione intrinseca attraverso l'autovalutazione e l'autocorrezione Nella scrittura è importante insegnare il corsivo che dà il senso di continuità e interruzione delle parole. Tra i metodi per insegnare le parole regolari abbiamo l'SOS (Simultaneous Oral Spelling) mentre per le parole irregolari abbiamo il metodo di Fernand e il LCWC (Look, Cover, Write, Check). Inoltre, è possibile usare mneemnotecniche. Due elementi fondamentali nella comprensione sono il riconoscimento della parola e la comprensione del testo che può essere stimolata separatamente attraverso gli audiolibri. Sia per la lettura che per la scrittura è importante utilizzare strategie metacognitive e di revisione del compito (strategie KWL e MAPS), prepararsi al brano richiamando alla mente quello che si sa dell'argomento e quello che si vuole ottenere (nel caso della scrittura). Andando avanti con l'età, i diversi tipi di testo richiederanno diversi approcci. 8 Supporting children with difficulties in reading and writing by Dr Jenny Thomson
Settimana 6 Argomenti 1. Accorgimenti utili 2. Ausili tecnologici alla lettura 3. Ausili tecnologici alla scrittura 4. Ausili tecnologici alla memoria 5. Ausili tecnologici all'organizzazione 1. ACCORGIMENTI UTILI Queste misure sono adottate in Belgio, Francia e Quebec. In generale. -­‐ Dare tempo aggiuntivo quando si fa un compito -­‐ Dare carattere più grande e Arial -­‐ Consentire l'uso del computer -­‐ Dare definizioni e insegnare lo spelling di parole specifiche per una materia -­‐ Non stampare in fronte-­‐retro, dato che i dislessici spesso saltano il retro pagina -­‐ Non valutare l'ortografia, soprattutto se non è tra le competenze da valutare -­‐ Se, invece, l'obiettivo è proprio la valutazione dell'ortografia, ad esempio una lista di 20 parole, chiedere al bambino quali sono le parole che crede di aver memorizzato (e non tutte e venti), quindi segnare gli errori e rapportarli al 1 -­‐
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numero di parole indicate dal bambino, e non a 20 (per aumentare l'autostima) L'insegnante dovrebbe chiedersi quando effettivamente sia il caso di fare un dettato e quando no Cambiare il metodo di valutazione di uno studente dislessico non vuol dire fargli un favore, dato che uno studente dislessico impiega almeno dieci volte il tempo necessario a un non dislessico per imparare l'ortografia esatta di una parola Usare strumenti visivi o tattili a supporto della lezione Nella scrittura, valutare un aspetto per volta: ortografia, grammatica, sintassi, punteggiatura. Riscrivere la risposta nel modo corretto quando correggi una parola scritta male Essere tollerante quando le cifre vengono invertite, anche in matematica Fornire la tavola pitagorica, anche durante le verifiche Per migliorare l'autostima, quando il bambino fa un errore di generalizzazione, parlare della generalizzazione e della differenza con l'eccezione Elogiare pubblicamente i progressi del bambino dislessico e le cose in cui è bravo Storia -­‐ Permettere'uso del computer -­‐ Verificare la competenza sul lessico specifico -­‐ Usare font più grandi e Sans-­‐serif -­‐ Essere tollerante con le inversioni dei numeri delle date -­‐ Evitare frasi troppo strutturate Matematica -­‐ Permettere l'uso della tavola pitagorica -­‐ Usare delle flashcard per le quattro operazioni -­‐ Accettare il fatto che lo stesso risultato possa essere raggiunto attraverso vie diverse -­‐ Valutare separatamente ragionamento e calcolo -­‐ Concedere del tempo in più 2 -­‐ Semplificare le istruzioni del problema -­‐ Permettere l'uso del computer (soprattutto della calcolatrice) 2. AUSILI TECNOLOGICI ALLA LETTURA Strumenti per prendere appunti (online e offline) Sintesi vocale Come leggerò questo testo oggi? Cambiare l'aspetto del testo: colore, contrasto, font, spaziatura delle lettere, finestra più piccola Strumenti per aggregare le informazioni provenienti da più fonti Popplet è un programma che dà la possibilità di creare in modo semplice le mappe concettuali. La sintesi vocale è uno strumento disponibile da poco (almeno a un livello soddisfacente). C'è una toolbar chiamata ATbar che ha la sintesi vocale, permette di ingrandire delle aree, ha il collegamento a un dizionario e altri servizi. Se decidete di investire dei soldi su un'applicazione a pagamento, controllate la possibilità di usarla su più applicazioni (pc, tablet Android, iPad). Un'azienda 3 chiamata Texthelp sta creando software di questo tipo e molte altre aziende si stanno muovendo in questa direzione. Un'applicazione chiamata Voice Dream fornisce molti strumenti per manipolare l'aspetto del testo ed è dotato anche di sintesti vocale. Si è già detto che in alcuni bambini le prestazioni migliorano quando lo spazio di lettura è più contenuto (per cui è meglio tenere il lettore in posizione verticale). Sarebbe utile avere anche una guida che serva da orientamento per non saltare la riga. Fino a qualche anno fa, gli strumenti per fare delle annotazioni erano a pagamento, ma adesso si intravedono i primi strumenti per prendere appunti su un pdf o fare annotazioni su un sito web e salvarle. Evernote è uno di strumento che permette di aggregare in un solo punto informazioni provenienti da più fonti. Un altro strumento del genere è Trello (nato per la gestione di progetti). Ci sono anche siti per impostare dei promemoria a intervalli regolari o relativi a un particolare evento. Si può usare anche il cellulare (come sveglia o scaricando un'app calendario). Un aspetto da tenere molto in considerazione è il fatto che non tutti gli strumenti funzionano con tutti, è necessaria quindi una fase di tentativi ed errori alla ricerca degli strumenti che meglio possano aiutare il bambino o il ragazzo dislessico. A una scuola per studenti dislessici erano stati regalati dei tablet e gli insegnanti hanno deciso di consegnarli prima dell'estate, affidando agli studenti il compito di trovare le app più adatte alle loro esigenze, e il risultato è stato positivo. 3. AUSILI TECNOLOGICI ALLA SCRITTURA Prima di parlare della scrittura vera e propria, parleremo di pre-­‐scrittura, ovvero dell'organizzazione dei concetti da mettere poi per iscritto. È una cosa che si può fare su carta e penna, ma per alcuni bambini e ragazzi può essere più motivante 4 farlo al computer (i risultati avranno un aspetto più professionale). Uno di questi strumenti è il già citato Popplet. Passando alla scrittura, esistono molti strumenti già pensati per bambini che hanno difficoltà grafomotorie. I programmi di word processing (Word, OpenOffice Writer, ecc.) aiutano a formattare il testo, hanno un controllore ortografico, possono suggerire sinonimi, ecc. ma abbiamo anche degli strumenti aggiuntivi. Uno di questi è il text expander che permette di non scrivere parole intere ma di usare delle scorciatoie, liberando risorse cognitive per altri aspetti (organizzazione dei contenuti e altro). Qualcuno potrebbe dire che un ragazzo deve esercitarsi in qualcosa se vuole arrivare a padroneggiarla. Questo è sicuramente vero, ma ci sono dei momenti in cui l'obiettivo è imparare a scrivere correttamente e altri in cui non lo è. Ci sono diversi text expander gratuiti, ad esempio: -­‐ Phrase Expander -­‐ Let Me Type -­‐ Texter C'è una nuova categoria di prodotti molto interessanti, tra cui la penna Livescribe. Sono strumenti in cui la penna registra l'audio mentre scrivi e cerca di sincronizzare l'audio con quello che è stato scritto, per cui tornando a leggere gli appunti si può riascoltare l'audio corrispondente. Di solito un correttore ortografico non rileva un errore se la parola target viene sostituita da un'altra parola presente nella propria lingua (ad esempio se si scrive "suoi" al posto di "suo"), ma la nuova generazione di correttori ortografici (come Ginger) cerca di considerare anche il contesto e di intercettare questo tipo di errori. Ginger colleziona anche gli errori più frequenti in un determinato contesto per diventare più sofisticato. Infine, ci sono anche strumenti che fanno il contrario della sintesi vocale, quindi convertono la voce in testo scritto. La maggior parte di questi programmi sono commerciali (il più noto è Dragon Naturally Speaking); vanno usati attentamente con i bambini più piccoli perché non sono molto semplici da usare nella fase iniziale, 5 quando bisogna calibrare lo strumento sul proprio parlato. Questa parte può essere frustrante per i bambini perché a volte, quando si sbaglia, bisogna ricominciare e dire la frase di nuovo. Inoltre, questi software sono tarati soprattutto sul tipo di accento della nazione di riferimento, per cui avranno difficoltà a interpretare, ad esempio, l'inglese parlato da un italiano. Inoltre, è difficile parlare allo stesso modo in cui si scrive: ci sono più esitazioni, riformulazioni, e ci sono anche strutture molto più usate nel parlato che nello scritto (e viceversa). 4. AUSILI TECNOLOGICI ALLA MEMORA Negli ultimi anni si sta mettendo in discussione il paradigma secondo cui la memoria non sarebbe migliorabile. Esistono dei software per allenare la memoria, ma allo stato attuale essi allenano solo per il tipo di compito che fanno svolgere, ma non permettono di generalizzare questi miglioramenti. Per questo motivo non ci occuperemo di training per aumentare lo span di memoria, ma di strumenti utili per supportare quella che già abbiamo: -­‐ Usare tecniche multisensoriali per aiutare a memorizzare qualcosa (immagini, video, esperienze reali) -­‐ Scrivere le parole nuove e contestualizzarle può aiutare a memorizzarle. Un'altra cosa che si può fare è cercare di ricordarle dopo un giorno o dopo una settimana (esistono programmi che fanno proprio questo) -­‐ Un'altra strategia è quella di raggruppare i concetti -­‐ e le istruzioni -­‐ in blocchi di informazione. -­‐ Cercare di rendere le istruzioni quanto più chiare possibile -­‐ Aiutare i ragazzi a essere consapevoli dei momenti in cui perdono delle informazioni fondamentali. Il bambino può usare un segnale particolare per indicare all'insegnante che ha bisogno di un'ulteriore spiegazione -­‐ Usare il registratore (accertandosi prima che ci sia la possibilità di farlo) 6 5. AUSILI TECNOLOGICI ALL'ORGANIZZAZIONE Molti dislessici hanno difficoltà nell'organizzazione visuospaziale, è un aspetto a cui bisogna prestare attenzione perché può essere scambiata a scuola per menefreghismo e svogliatezza. Anziché adattare un atteggiamento punitivo, è molto più utile cercare strumenti utili per aiutare questi bambini e ragazzi. Per quanto riguarda l'organizzazione del tempo si possono creare dei calendari visivi da mettere in diversi posti: nell'armadietto scolastico, in classe, a casa. La scelta dei colori dovrebbe essere basata sui colori che effettivamente aiutano il bambino, per cui dev'essere un lavoro svolto insieme a lui. A proposito dei compiti per casa, può essere utile lasciare un po' di tempo alla fine della lezione per far cimentare i ragazzi e chiedere loro se è tutto chiaro o se c'è qualcosa su cui tornare. La pianificazione richiede tempo, per cui è importante dedicare tempo a questo tipo di tabelle e riflettere sul loro funzionamento, su quello che accadrà a breve e su quello che c'è da fare il giorno dopo, ad esempio. 7 Concetti chiave A seconda della nazione, sono previsti diverse misure compensative per aiutare gli studenti dislessici a raggiungere gli obiettivi di apprendimento. Alcuni valgono in generale, altri sono relativi alle singole materie. Le nuove tecnologie forniscono, al giorno d'oggi, numerosi strumenti per supportare la lettura e la scrittura, nonché la memoria e l'organizzazione spaziotemporale. Bisogna, però, che questi strumenti siano innanzitutto utili a chi li usa. È necessario provarne diversi e selezionare quelli più efficaci, secondo i bisogni, le risorse e lo stile di apprendimento di ciascuno. 8 
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