UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI
Dipartimento di scienze chirurgiche microchirurgiche e mediche
Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria
IL RECUPERO ORTODONTICO-CHIRURGICO DEI CANINI INCLUSI.
STUDIO CLINICO.
RELATORE:
Dott.ssa Aurea Maria Immacolata Lumbau
CORRELATORE:
Prof. Giacomo Innocenzo Chessa
TESI DI LAUREA DI:
Gianluca Pinzarrone
ANNO ACCADEMICO 2014-2015
INDICE
1. Introduzione
6
2. Anatomia
7
2.1 Mascellare superiore
7
2.2 Canini mascellari
10
3. Tempi e percorsi di eruzione dei canini mascellari
13
4. Epidemiologia dell'inclusione
15
5. Eziologia dell'ìnclusione
16
5.1 Cause locali
16
5.2 Cause sistemiche
16
5.3 Cause genetiche
16
6. Teoria della guida VS teoria genetica
17
6.1 Teoria della guida (Miller)
17
6.2 Teoria genetica (Peck e Peck)
18
7. Presidi diagnostici
20
7.1 Esame clinico
20
7.2 Esame radiografico
20
8. Classificazione posizione del canino incluso
24
8.1 Classificazione di Hitchin
24
8.2 Classificazione di Archer
24
8.3 Classificazione di Rayne
25
9. Aree di Lindauer
27
10. Trattamento intercettivo
29
10.1 Estrazione dei canini decidui
29
10.2 Estrazione del primo premolare o dell'incisivo laterale
30
11. Tecniche chirurgiche di esposizione del canino incluso
11.1 Esposizione del canino in sede vestibolare
32
33
Pagina !3
Approccio aperto
33
Gengivectomia
33
Lembo a riposizionamento apicale
34
Approccio chiuso
35
Eruzione infracrestale guidata
35
11.2 Esposizione del canino in sede palatale.
36
approccio aperto
opercolizzazione
approccio chiuso
lembo palatino mucoperiosteo
12. Tecniche ortodontiche
12.1 Attacchi
36
36
37
37
38
38
Lasso wire (Filo a lazo)
38
Perno filettato
38
Bande ortodontiche
38
Bracket ortodontici standard
38
Banda a occhiello semplice
39
12.2 Tecniche ortodontiche di trazione
39
Ballista spring
39
Cantilever spring
41
TMA box loop
41
Tecnica a due archi
42
Molla di nichel-titanio
43
Australian helical archwire
43
K9 spring
44
Monkey hook
45
Kilroy spring I e II
46
13. Limiti del recupero
49
14. Rimozione chirurgica del canino incluso
50
15. Complicanze dei canini inclusi non trattati
51
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16. Scopo della tesi
52
17. Materiali e metodi
53
18. Casi clinici
59
19. Discussione e conclusioni
78
20. Bibliografia
81
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1. INTRODUZIONE
In lingua inglese, l'elemento dentario incluso viene definito “impacted
tooth”. L'origine di questa parola deriva dal latino “impingere = spingere
contro”. Archer (1975) infatti, definisce l'inclusione dentaria come “un
elemento dentario che è completamente o parzialmente non erotto ed è
posizionato contro un altro dente, osso o tessuto molle, così che, in base
alla sua posizione, la sua eruzione sia improbabile”. Il recupero
ortodontico dei canini mascellari, in caso di inclusione, rappresenta un
obiettivo di importanza primaria per l'ortodontista, visto il ruolo che questi
elementi dentari assumono nell'occlusione. Sono essi infatti che
determinano la guida canina. Un concetto della funzione occlusale in cui i
canini assumono un ruolo di controllo preponderante nei movimenti di
escursione mandibolare.Nei movimenti di lateralità il versante distale del
canino inferiore dovrebbe scivolare sul versante mesiale del canino
superiore, questa situazione consente di discludere le arcate dentarie in
escursione laterale, proteggendo i denti posteriori da forze orizzontali o di
taglio, potenzialmente dannose. E sono sempre i canini che con la loro
radice disegnano la bozza canina del mascellare superiore, l'inclusione
unilaterale dei canini superiori determina un'asimmetria dei tessuti molli,
con un contorno piatto dalla parte dell'inclusione.
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2. ANATOMIA
2.1 Mascellare superiore
L'osso mascellare è un osso pari e simmetrico; partecipa a realizzare
l'arcata dentaria superiore e le principali regioni e cavità dello
splancnocranio. Le due ossa mascellari si articolano medialmente
attraverso il loro processo palatino formando gran parte del palato osseo.
Superiormente si articola con le ossa frontale, lacrimale e con ,
lateralmente con l'osso zigomatico, medialmente con l'osso palatino e il
cornetto inferiore, posteriormente con l'osso sfenoide. Si descrivono un
corpo e quattro processi: frontale, palatino e alveolare.
Il corpo ha la forma di una piramide triangolare; presenta, quindi, una base,
un apice e tre facce: una anteriore, una posteriore e una superiore. La
base, mediale e sagittale, partecipa a delimitare le cavità nasali: viene per
questo denominata faccia nasale. L'apice, laterale, corrisponde al
processo zigomatico. Il corpo è scavato in un'ampia cavità, il seno
mascellare, che si apre attraverso lo hiatus mascellare nella faccia nasale.
Il seno riproduce essenzialmente la forma del corpo, ma talvolta si
presenta più sviluppato ampliandosi a spese dei processi.
La faccia nasale o base appare ampiamente incompleta per la presenza
dell'apertura del seno mascellare davanti alla quale si riconosce, in
posizione verticale, il solco naso-lacrimale, che viene trasformato nel
canale naso-lacrimale dall'articolazione con l'osso lacrimale e il cornetto
inferiore.
Anteriormente al solco naso-lacrimale, sulla radice del processo frontale, si
trova la cresta concale, che rappresenta il punto articolare con il cornetto
inferiore. Posteriormente allo hiatus mascellare si osserva una superficie
rugosa che rappresenta l'area articolare per la faccia laterale della
porzione verticale dell'osso palatino. Su questa superficie è presente una
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doccia pterigopalatina, che si sovrappone alla corrispettiva dell'osso
palatino per formare il canale pterigopalatino.
Sulla faccia anteriore dell'osso è presente una fossetta incisiva, punto di
origine dell'omonimo muscolo. Lateralmente alla fossetta incisiva il grande
sviluppo della radice del dente canino estroflette la parete anteriore e
realizza così la bozza canina che, lateralmente, delimita una piccola
depressione, la fossa canina. Superiormente ala fossa canina si apre il foro
infraorbitario, sbocco dell'omonimo canale attraversato dal nervo
infraorbitario.
La faccia anteriore è delimitata da tre margini, uno anteriore, uno laterale e
uno superiore (infraorbitario). Il segmento inferiore del margine anteriore si
introflette nell'incisura nasale, mentre la porzione superiore si continua nel
margine anteriore del processo frontale, partecipando così a delimitare
l'apertura inferiore delle cavità nasali, l'apertura piriforme.
La faccia superiore, orbitaria, forma gran parte del pavimento della cavità
orbitaria. Essa presenta, nel mezzo, il solco infraorbitario, che origina in
prossimità del suo margine posteriore, si porta in avanti e diviene
progressivamente più profondo trasformandosi nel canale infraorbitario,
che si apre nell'omonimo foro sulla faccia anteriore. Dal canale
infraorbitario originano i canali alveolari anteriori per gli alveoli dei denti
incisivi e del canino superiore.
La faccia superiore è delimitata da tre margini, uno posteriore, uno mediale
e uno anteriore (infraorbitario). Il margine posteriore partecipa a delimitare,
insieme alla grande ala dello sfenoide, la fessura orbitaria inferiore. Sul
margine mediale si trova l'incisura lacrimale, inizio del solco nasolacrimale
descritto sulla faccia nasale.
La faccia posteriore o infratemporale concorre a delimitare la fossa
infratemporale, presenta nel mezzo la tuberosità mascellare dalla quale
originano i canali alveolari posteriori, destinati ai denti molari e attraversati
dagli omonimi nervi.
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Il processo frontale è rappresentato da una lamina di osso verticale,
appiattita in senso trasversale, che origina dal margine mediale della faccia
nasale. Presenta due facce, una laterale e una mediale e tre margini liberi,
uno anteriore, uno posteriore e uno superiore. Sulla faccia laterale si
osserva una cresta lacrimale che, inferiormente, termina sulla incisùra
lacrimale della faccia superiore del corpo e, lateralmente, si continua nel
margine infraorbitario. Posteriormente alla cresta è presente una
depressione che concorre, insieme all'osso lacrimale, a delimitare la fossa
del sacco lacrimale; questa, a sua volta, si continua inferiormente nel
canale naso-lacrimale. La faccia mediale del processo presenta due creste
trasversali, una superiore, cresta etmoidale, che contrae rapporto col
cornetto medio dell'etmoide, e una inferiore, cresta concale, che sia
articola con il cornetto inferiore. Il margine anteriore nella metà inferiore è
libero e delimita l'apertura piriforme, mentre nella metà superiore si articola
con l'osso nasale. Il margine superiore si articola con l'osso frontale e
quello posteriore con l'osso lacrimale.
Il processo zigomatico rappresenta la continuazione laterale dell'apice
della piramide mascellare. Mostra tre facce corrispondenti alle facce del
corpo e un apice, tronco notevolmente rugoso che si articola con l'osso
zigomatico.
Il processo palatino è rappresentato da una lamina ossea quadrangolare
orizzontale, appiattita in senso verticale, che si attacca dalla parte inferiore
della faccia nasale. Si dirige medialmente e si articola con il processo
palatino controlaterale realizzando la maggior parte del palato osseo. Si
descrivono in esso una faccia superiore o nasale, una faccia inferiore o
buccale e tre margini liberi uno anteriore, uno mediale e uno posteriore. La
faccia superiore, liscia e leggermente concava, partecipa alla formazione
del pavimento delle cavità nasali. La faccia inferiore, rugosa per la
presenza di solchi vascolari, forma gran parte della volta della cavità
buccale. Il margine anteriore concorre a delimitare l'apertura piriforme. Il
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margine mediale si articola con il contro laterale partecipando a realizzare
la sutura palatina mediana e anteriormente termina con la spina nasale
anteriore. Posteriormente alla spina nasale anteriore si riconosce una
sottile incisura che, con la corrispondente controlaterale, si trasforma nel
canale incisivo. Il margine posteriore si articola con la lamina orizzontale
dell'osso palatino partecipando alla costituzione della sutura palatina
trasversa. La sutura palatina trasversa e la sutura palatina mediana
insieme formano la sutura palatina crociata.
Il processo alveolare è organizzato in due lamine ossee parallele, una
interna e una esterna, unite da una serie di setti trasversali, interdentali o
intralveolari, che delimitano delle cavità dette alveoli dentali. La lamina
esterna si continua con le facce anteriore e posteriore del corpo mascellare
e, in corrispondenza degli alveoli, si estroflette formando i gioghi alveolari.
La lamina interna si continua nella faccia inferiore del processo palatino.
Le cavità alveolari accolgono le radici dei denti e sono suddivise
ulteriormente da setti interadicolari quando accolgono denti con più radici.
Ogni cavità alveolare o fossetta secondaria presenta alla base un orifizio
che dà passaggio ai vasi e ai nervi per le radici dentarie.
2.2 Canini mascellari
La faccia vestibolare della corona del canino mascellare è alquanto
convessa dal bordo libero al terzo medio e all'incirca diritta o leggermente
convessa fino alla linea cervicale. Un rilievo centrale, diretto dall'apice della
cuspide fino al terzo cervicale, divide la superficie in due versanti: mesiale
e distale. Ognuno di questi è attraversato da una leggera depressione (più
ampia nel versante distale), che permette di individuare tre lobi vestibolari:
mesiale, centrale (il più voluminoso) e distale, che convergono fra terzo
medio e terzo cervicale.
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Una retta che passi in senso vestibolo-linguale per l'apice della cuspide
evidenzia come il versante distale sia più ampio e leggermente concavo (la
depressione presente è più marcata rispetto al versante mesiale
fortemente convesso).
La faccia linguale della corona è convessa in corrispondenza del terzo
cervicale e nel terzo occlusale, concava nel terzo medio. E' delimitata
mesialmente e distalmente dalle rispettive ben evidenti creste marginali.
Dal cingolo, alquanto prominente e posto nel terzo cervicale, si diparte un
rilievo, la cresta longitudinale, che giunge fino all'apice della cuspide. Tra la
cresta longitudinale e le creste trasversali si delineano le fosse linguali
mesiale e distale.
Non è raro osservare una fossetta linguale fra il cingolo e la faccia linguale
e due solchi di sviluppo paralleli alle rispettive creste marginali.
Il bordo libero occupa circa 1/3 dell'altezza totale della corona e presenta
due versanti che, dall'apice della cuspide spostato medialmente,
degradano verso le facce mesiale e distale. Il versante distale del margine
è più lungo del margine mesiale e l'angolo incisivo distale è più
arrotondato. Il versante mesiale è più corto e meno inclinato; l'angolo
incisivo mesiale più accentuato. Le superfici di contatto non sono allo
stesso livello e presentano una diversa morfologia. La superficie di contatto
distale è posta a metà del terzo medio ed è alquanto convessa; quella
mesiale è posta nel terzo occlusale, 0,5 mm più in alto ed è leggermente
convessa.
Le facce mesiale e distale della corona convergono al di sotto delle
superfici di contatto in direzione del colletto. L'osservazione di queste facce
evidenzia come il massimo spessore del dente in senso vestibolo-linguale
sia a livello del colletto. La radice, unica, molto lunga e appiattita in senso
mesio-distale, presenta in sezione trasversale una sezione all'incirca
triangolare, per la maggiore estensione della faccia vestibolare. Le
superfici vestibolare e linguale sono convesse mentre quelle mesiale e
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distale sono concave per la presenza di un solco longitudinale più profondo
nella faccia distale. La camera pulpare è più ampia in senso vestibololinguale.
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3. TEMPI E PERCORSI DI ERUZIONE DEI CANINI MASCELLARI
I canini superiori erompono approssimativamente tra gli 11 e i 12 anni.
Rispetto agli altri elementi dentari i canini superiori devono compiere un
percorso eruttivo più lungo che presenta maggiori probabilità di essere
bloccato o deviato. Durante la prima fase di permuta gli incisivi laterali, da
una posizione palatale, migrano vestibolarmente, assumendo
un'inclinazione dell'asse dentale con le radici convergenti in senso apicale.
Esse fanno guida al tragitto eruttivo del canino che, inizialmente
appoggiato alla radice del laterale, compie successivamente un movimento
di raddrizzamento con inclinazione della corona in direzione distale.
Chiaramente, in presenza di agenesìa dei laterali, viene a mancare
quest'azione di guida all'eruzione del canino che migrerà, pertanto, nella
zona dei centrali, posizionandosi, spesso, mesialmente ai canini decidui.
Situazione analoga si verifica nel caso in cui l'incisivo laterale erompa
palatalmente, in posizione di morso crociato anteriore. Distalmente al
canino si trova il primo premolare, spostato verso il basso, il quale quasi
tocca con la sua giunzione amelocementizia, lo spigolo coronale del
canino. Solo quando questo dente incomincia ad andare più in profondità,
il canino può utilizzare lo spazio che si libera in direzione posteriore. Quasi
scivolando lungo la radice del laterale, esso abbandona l'inclinazione
mesiale per orientarsi distalmente e così si dispone palatalmente rispetto
alla radice del canino deciduo; la radice viene riassorbita da questo lato,
allo stesso modo delle radici degli incisivi decidui al momento dell'eruzione
degli omonimi permanenti.
A livello della fossa canina si può idealmente palpare la convessità
corrispondente alla porzione coronale dell'elemento dentario. La
condizione predisponente la ritenzione del canino è data dalla deviazione
del suo tragitto eruttivo, che può assumere frequentemente una direzione
palatale orientata in corrispondenza della linea mediana. Più raramente si
Pagina !13
assiste ad una migrazione in senso vestibolare, determinata, nella maggior
parte dei casi, da anomalie di posizione degli incisivi laterali.
Figura 1 e 2 – Percorso eruttivo dei canini mascellari: a 7 anni e 1/2
(a) e a 10 anni e 1/2 (b)
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4. EPIDEMIOLOGIA DEL'INCLUSIONE
I canini mascellari sono gli elementi dentari che più frequentemente
rimangono inclusi, secondi soltanto ai terzi molari. La prevalenza va dallo
0.8% al 2.8% a seconda della popolazione presa in esame ed è più
comune nelle femmine che nei maschi con un rapporto di 2:1. Nella
popolazione italiana (Sacerdoti 2004) la prevalenza è del 2.4%. L'incidenza
dell'inclusione dei canini nel mascellare è più del doppio di quella della
mandibola. Di tutti i pazienti che presentano inclusione dei canini
mascellari, l'8% presenta inclusione bilaterale. Nella popolazione
occidentale i canini rimangono inclusi nell' 85% dei casi in posizione
palatale e nel 15% in posizione vestibolare. (Shapira 1998). L'agenesia dei
canini permanenti mascellari è rara. Nei pazienti con sindrome di Down la
prevalenza è del 15% (Shapira 2000).
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5.EZIOLOGIA DELL'INCLUSIONE
5.1 Cause Locali
1.
Discrepanza tra le dimensioni dell'elemento dentario e la dimensione
dell'arcata
2. Mancato riassorbimento della radice del canino deciduo
3. Ritenzione prolungata o perdita precoce del canino deciduo
4. Anchilosi del canino permanente
5. Cisti o neoplasie
6. Dilacerazione della radice
7. Assenza dell'incisivo laterale mascellare
8. Anomalie della dimensione della radice dell'incisivo laterale (incisivo
conoide)
9. Anomalie di tempo nello sviluppo della radice dell'incisivo laterale
mascellare
10.Fattori iatrogeni
11.Fattori idiopatici
5.2 Cause Sistemiche
1. Deficienza endocrine
2. Malattie febbrili
3. Irradiazione
5.3 Cause Genetiche
1. Eredità
2. Malposizione della gemma del dente
3. Presenza di schisi
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6. TEORIA DELLA GUIDA VS TEORIA GENETICA
6.1 Teoria della guida (Miller 1963)
La teoria della guida afferma che vi è una stretta associazione tra
inclusione dei canini mascellari e anomalie di forma o assenza degli incisivi
laterali. I canini, per erompere, percorrono un percorso in direzione
palatale e mesiale fino ad incontrare la porzione distale della radice
dell'incisivo laterale, su cui si appoggiano per compiere il movimento di
raddrizzamento ed erompere in arcata; a causa di questo le corone degli
incisivi centrali e laterali assumono un tip distale e si forma un diastema
centrale (Ugly Duckling stage).
La teoria della guida comprende 5 possibilità:
Eruzione normale
Primo stadio di inclusione: In mancanza della guida fornita dalla radice
dell'incisivo laterale, il canino continua il suo percorso in senso mesiale e
palatale e la sua eruzione è compromessa.
Primo stadio di inclusione con correzione secondaria: se il canino
raggiunge il processo alveolare, quest'ultimo funge da guida per il
raddrizzamento del suo tragitto di eruzione. Se il canino non riesce ad
erompere in arcata si sposta comunque più mesialmente e
vestibolarmente.
Secondo stadio di inclusione: si verifica solo in presenza di un incisivo
laterale anomalo, il quale devia il canino in posizione palatale.
Secondo stadio di inclusione con correzione secondaria: l'estrazione
dell'eventuale canino deciduo e dell'incisivo laterale anomalo possono
spesso portare all'eruzione spontanea del canino permanente. Uno studio
di Becker nel 1981 sulla relazione tra una popolazione di pazienti che
presentavano inclusione canina palatale e anomalie degli incisivi laterali ha
dato come risultati che solo il 52.5% dei pazienti presentavano incisivi
laterali normali, mentre il 25% li presentava piccoli, il 17% conoidi, e il 5.5%
presentava agenesia.
Pagina !17
La teoria della guida non esclude, di fatto, che fattori ereditari giochino un
ruolo importante nell'inclusione dei canini: infatti la presenza o meno e la
forma dei laterali è, di fatto, determinata da fattori genetici.
In conclusione, fattori ereditari determinano l'anomalia degli incisivi laterali
ma è solo perchè questi non possono fungere da guida per il movimento di
raddrizzamento che i canini rimangono inclusi.
6.2 Teoria genetica (Peck e Peck)
Presenza di altre anomalie dentarie concomitanti all'inclusione dei canini:
vari studi (Bass 1967) (Weise e Anbuhl 1969) (Racek e Sottner 1977)
hanno osservato diverse anomalie di forma, numero, e dimensione
associate a canini inclusi o trasposti con il primo premolare senza però
riconoscere un legame genetico. Garn, Lewis e collaboratori hanno trovato
che esiste una relazione genetica tra agenesie dentarie, riduzione
generalizzata della dimensione e dello sviluppo degli elementi dentali, e
inclusione dei canini.
Inclusione bilaterale: 10 studi (vedi tabella) hanno riportato che la
prevalenza dell'inclusione palatale bilaterale dei canini ha un tra il 17% e il
45%. Questi dati non possono essere considerati casuali, così ci deve
essere un meccanismo genetico che regola la bilateralità dell'inclusione.
Femmine più colpite dei maschi: Sempre secondo gli studi sopra citati,
l'incidenza M-F varia da M1: F1.5 a M1 a F3.2.
Familiarità: L'inclusione dei canini è più frequente in soggetti che hanno
parenti (fratelli, genitori, nonni) che manifestano la stessa anomalia.
Sottner Racek (1978) suggerito una modalità di trasmissione poligenica
per l'inclusione canina.
Differenze di incidenza nelle diverse popolazioni: l'inclusione canina è rara
nei soggetti di etnia Africana e Asiatica, mentre diventa più frequente negli
individui Caucasici. Questa differenza di incidenza supporta la teoria per
cui la causa di inclusione canina ha basi genetiche, avendo, le popolazioni
Pagina !18
prese in considerazione, pattern genetici diversi. Montelius nel 1932 ha
dimostrato che l'incidenza dei canini inclusi tra Cinesi e Caucasici era in
rapporto di 1:2.
Figura 3 - Prevalenza dell'inclusione palatale
bilaterale
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7. PRESIDI DIAGNOSTICI
La diagnosi di inclusione canina si basa su valutazione clinica e
radiografica.
7.1 Esame clinico
Bishara (1992) ha suggerito che la presenza dei seguenti rilevamenti clinici
è indicativa di inclusione canina:
1.Permanenza dei canini decidui e mancata eruzione dei canini permanenti
oltre i 14–15 anni di età
2. Assenza della bozza canina vestibolare
3. Presenza di una bozza canina palatale
4. Tipping distale e/o migrazione dell'incisivo laterale
Ericson e Kurol (1986) non considerano l'assenza della bozza canina
vestibolare come indicativo di inclusione canina: in un loro studio su 505
bambini tra i 10 e i 12 anni di età hanno trovato che il 29% dei soggetti non
presentava bozza canina bilaterale a 10 anni ma solo il 5% non la
presentava a 11 anni. Gli autori consigliano di non ritenere affidabile la
presenza delle bozze canine ma di eseguire indagini radiologiche
supplementari alle indagini cliniche. La mobilità degli elementi dentari
adiacenti può essere indicativa di riassorbimento radicolare ad opera del
canino incluso.
Lo studio dei modelli ci permette di effettuare l'analisi dello spazio e
determinare la quantità di spazio disponibile per l'eruzione dei canini in
arcata e valutare un'eventuale deficit che potrebbe portare all'inclusione o
ad una eruzione ectopica.
7.2 Esame radiografico
RADIOGRAFIE INTRAORALI:
Pagina !20
•
Radiografie periapicali
•
Radiografie occlusali
RADIOGRAFIE EXTRAORALI:
•
Ortopantomografia
•
Teleradiografia Cefalometrica
IMAGING DIGITALE:
CT
CBCT
RADIOGRAFIE PERIAPICALI
Radiografia periapicale singola:
E' il più semplice esame radiologico, il più economico e, in prima istanza, il
più utilizzato. E' tuttavia estremamente utile perché ci dà informazioni circa
la presenza o meno dell'elemento incluso, lo stato di sviluppo, la presenza
e le dimensioni del follicolo, riassorbimento della radice o della corona,
presenza di elementi soprannumerari, presenza di formazioni cistiche,
presenza di odontomi. Una singola radiografia periapicale dà una
rappresentazione bidimensionale della posizione dell'elemento dentario. E'
possibile quindi determinare la posizione mesiodistale e superoinferiore
rispetto agli elementi adiacenti. Non è possibile determinare la
localizzazione vestibolo buccale.
Radiografie periapicali multiple (Tube Shift o regola di Clark):
Si effettuano due radiografie periapicali nella stessa area ma con
angolazioni differenti sul piano orizzontale: se l'elemento si sposta nella
stessa direzione in cui si sposta il tubo radiogeno, allora si troverà in
inclusione palatale. Contrariamente se l'elemento si sposta in direzione
Pagina !21
opposta rispetto al tubo radiogeno allora si troverà in inclusione
vestibolare.
Radiografie occlusali
Le radiografie occlusali ci permettono di identificare la posizione
dell'elemento dentario in senso buccolinguale. L'esecuzione delle
radiografie occlusali sul mascellare presenta maggiore difficoltà rispetto
alla mandibola, per la presenza del naso e della fronte che interferiscono
con il posizionamento del tubo radiogeno in prossimità dell'area da
impressionare. Il tubo radiogeno può essere posizionato a 60° rispetto al
piano occlusale (Radiografia occlusale anteriore) o a 110°, ovvero con un
orientamento parallelo rispetto all'asse lungo degli incisivi centrali (in
questo caso il tubo radiogeno viene posizionato sul Vertex del cranio)
Teleradiografia cefalometrica
Ci permette di valutare la localizzazione e l'inclinazione dell'elemento
incluso sul piano sagittale, considerando i rapporti che l'incluso contrae
con il piano occlusale, con quello palatino e con la linea A-Pg, ovvero la
linea che unisce il punto più retruso del mascellare superiore con il punto
più prominente della sinfisi mandibolare. Non può essere invece utilizzata
nei casi di inclusione bilaterale dei canini, per l'inevitabile sovrapposizione
delle immagini.
CT/CBCT
Sono le tecniche di diagnostica per immagini più accurate nella diagnosi di
inclusione degli elementi dentari: con CT/CBCT è possibile determinare
con precisione la posizione dell'elemento incluso nelle tre dimensioni dello
spazio, permette di eliminare la sovrapposizione di strutture adiacenti,
permette di valutare se si sono verificati riassorbimenti radicolari degli
elementi contigui e determinare la quantità di osso che circonda ciascun
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elemento dentario. La CBCT presenta, però, dei costi più elevati rispetto
alle tecniche di radiografia tradizionale ed una dose di radiazioni più alta.
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8. CLASSIFICAZIONE POSIZIONE CANINO INCLUSO
Individuare con precisione la posizione del canino incluso è un passaggio
fondamentale nel processo diagnostico. Il passaggio successivo consiste
nella classificazione sono state proposte varie classificazioni che si basano
sulla posizione della corona, dell'apice, dell'asse longitudinale.
Alcune classificazioni si basano su tutti o su alcuni di questi criteri.
8.1 Classificazione di Hitchin (1956)
Tipo 1:Canino palatale vicino al margine gengivale del dente adiacente
Tipo 2:Canino palatale lontano dal margine gengivale
Tipo 3:Canino in posizione labio buccale
Tipo 4:Canino all'altezza delle radici dei denti adiacenti
Tipo 5:Canino con la corona palatale e l'apice buccale, o sopra la radice
buccale del primo premolare
Tipo 6:Inclusioni rare
Tipo 7:Edentulia
8.2 Classificazione di Archer (1975)
Classe I: Canino in posizione palatale
1.Orizzontale
2.Verticale
3.Semi-verticale
Classe II: Canino in posizione buccale
1.Orizzontale
2.Verticale
3.Semi-verticale
Classe III:
Canino localizzato in entrambe le posizioni (es. la corona è
localizzata sul palato e la radice passa tra le radici dei denti adiacenti con
l'apice localizzato a livello buccale).
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Classe IV:
Canino localizzato nel processo alveolare, solitamente
verticale, tra l'incisivo laterale e il primo premolare.
Classe V: Canino incluso in un mascellare edentulo.
8.2 Classificazione di Rayne (1969)
A. Posizione dell'apice:
Grado 1. Verticale, sopra la la radice del primo premolare
Grado 2. Verticale, sopra lo spazio interdentale tra primo e secondo
premolare
Grado 3. Verticale, sopra il secondo premolare
Grado 4. Posteriore al grado 3 o anteriore al grado 1.
B. Altezza della cuspide del canino:
Grado 1. A livello del colletto dell'incisivo laterale
Grado 2. Tra grado 1 e 3
Grado 3. A livello del terzo incisale della radice dell'incisivo
Grado 4. Sopra la radice dell'incisivo
C. Inclinazione:
Grado 1. 60-95 gradi sul piano occlusale
Grado 2. 45-60 gradi sul piano occlusale
Grado 3. 30-45 gradi sul piano occlusale
Grado 4. 0-30 gradi sul piano occlusale
D. Dislocamento Buccale:
Grado 1. In relazione all'incisivo laterale
Grado 2. Non applicabile
Grado 3. Come il grado 1 ma superiormente al solco gengivale
Grado 4. Cuspide vicina alla linea mediana
E. Dislocamento Palatale:
Grado 1. In relazione all'incisivo laterale
Grado 2. In relazione all'incisivo centrale
Grado 3. Come il grado 1 o 2 ma in posizione alta nell'alveolo
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Grado 4. Trasposizione parziale
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9. AREE DI LINDAUER
Lindauer e coll. hanno modificato la la classificazione di Ericson e Kurol
sviluppando un metodo per predire la possibilità dell'eruzione del canino
permanente dopo l'estrazione del deciduo.
Utilizzando una classica radiografia panoramica delle arcate dentarie si
tracciano tre rette: una tangente al margine distale dell'incisivo laterale,
una tangente al margine mesiale dell'incisivo laterale e una passante lungo
l'asse lungo della corona e della radice. Si vengono a creare quindi 4
settori:
Settore I: Area distale alla retta passante per il margine distale dell'incisivo
laterale
Settore II: Area compresa tra la retta passante per il margine distale
dell'incisivo laterale e la retta passante lungo l'asse lungo del dell'incisivo
laterale
Settore III: Area compresa tra la retta passante lungo l'asse lungo
dell'incisivo laterale e la retta tangente al margine mesiale dell'incisivo
laterale
Settore IV: Area mesiale alla tangente al margine mesiale dell'incisivo
laterale
Nel 78% dei casi quando la cuspide del canino si trova nelle aree II, III e
IV, l'elemento dentario è destinato a rimanere incluso.
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Figura 3 - Prevalenza dell'inclusione palatale
bilaterale
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10 TRATTAMENTO INTERCETTIVO
10.1 Estrazione dei canini decidui
L'estrazione del canino deciduo nella tarda dentizione mista è stato
ritenuto un trattamento intercettivo sulla base del fatto che quest'ultimo
possa rappresentare un ostacolo meccanico alla eruzione del canino
permanente (Shapira 1998) (Jacobson 1998). Ericson e Kurol (1988)
hanno trovato che quando la corona del canino permanente è distale
all'asse longitudinale dell'incisivo laterale, l'estrazione del canino deciduo
normalizza il processo di eruzione del permanente nel 91% dei casi.
Contrariamente, se la corona del permanente è mesiale all'asse
longitudinale dell'incisivo laterale, la possibilità di eruzione del permanente
scende al 64%. Uno studio di Olive (2002) ha come obiettivo quello di
trattare l'inclusione canina con il solo trattamento ortodontico, senza
ricorrere alla chirurgia. Il campione era composto da 18 bambini con un
totale di 32 canini inclusi in posizione palatale. Venivano estratti quindi i
canini decidui e veniva creato lo spazio con meccaniche ortodontiche fisse
per almeno 6 mesi, se il problema ortodontico era rappresentato
esclusivamente dal canino permanente incluso, oppure per più tempo a
seconda delle necessità ortodontiche del paziente. Nel 94% la severità
dell'inclusione diminuiva. Il 75% dei canini inclusi erompeva dopo
l'estrazione dei decidui e dopo la creazione di spazio con l'ortodonzia, il
rimanente 25% veniva esposto chirurgicamente. In conclusione,
l'estrazione dei decidui e la creazione di spazio in arcata rappresentano un
valido trattamento per la gestione dei canini mascellari inclusi. Leonardi e
coll.(2004) in uno studio clinico prospettico randomizzato su 46 soggetti
con 62 canini in inclusione palatale hanno messo a confronto la sola
estrazione dei canini decidui e l'estrazione dei canini decidui associata
all'utilizzo di una trazione extraorale cervicale come terapie intercettive per
l'inclusione palatale dei canini permanenti. La sola estrazione dei canini
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decidui dava un successo del 50%, che non era significativamente
maggiore rispetto ai soggetti del gruppo controllo che non venivano trattati.
Nei soggetti a cui veniva eseguita l'estrazione dei canini decidui e a cui
veniva applicata la trazione extraorale, invece, la percentuale di successo
saliva all'80%. Baccetti (2008) ha eseguito lo stesso studio su un campione
di 75 pazienti con 92 canini in inclusione palatale e ha ottenuto che
l'estrazione dei soli canini decidui dava un tasso di successo del 65,2%,
l'associazione della trazione extraorale cervicale dava un successo
dell'87,5% mentre il campione di controllo non trattato dava un successo
del 36%. Entrambi gli studi (Leonardi al. 2004) (Baccetti 2008) concordano
sul fatto che l'estrazione dei decidui e l'utilizzo della trazione extraorale
cervicale danno un netto miglioramento sia nell'inclinazione mesiale, sia
nella distanza dal piano occlusale del canino incluso. Un altro trattamento
intercettivo è stato descritto da Baccetti et all. (2009) e consiste nell'utilizzo
di un espansore rapido del palato: 60 pazienti dai 7.6 ai 9.6 anni di età (con
II e III classi scheletriche ma che presentavano riduzione del diametro
trasverso del palato) erano stati assegnati in maniera casuale o in un
gruppo controllo o in un gruppo trattato con espansione rapida del palato. I
pazienti trattati con RPE presentavano una percentuale di successo di
eruzione del canino incluso del 65,7% mentre i pazienti non trattati
presentavano una percentuale di successo del 13,6%. In conclusione
Baccetti all. hanno dimostrato che il miglioramento della posizione
intraossea del canino incluso data dalla RPE rappresenta un possibile
meccanismo che porta il canino in una posizione più favorevole per la sua
eruzione.
10. 2 Estrazione del primo premolare o dell'incisivo laterale:
Nei casi in cui ci sia un affollamento severo e la sola estrazione del canino
deciduo non sia sufficiente per garantire lo spazio al canino permanente,
nei casi di II classe e nei casi di biprotrusione, ovvero in tutti i casi in cui si
opta per un trattamento ortodontico di tipo estrattivo, gli elementi dentari
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scelti per essere estratti sono il primo o il secondo premolare. L'estrazione
del primo premolare assicura un'adeguata quantità di spazio tale da
portare ad un miglioramento della posizione del canino malposizionato ed
eventualmente alla sua fisiologica eruzione in arcata.
Nei casi in cui gli incisivi laterali presentino anomalie di forma e/o anomalie
di sviluppo della radice (incisivi spesso associati all'inclusione palatale dei
canini permanenti), la scelta estrattiva può ricadere su quest'ultimi,
potendo scegliere tra il sacrificio di un premolare anatomicamente perfetto
e un incisivo laterale con anomalia di forma. I risultati non sono però
soddisfacenti sia dal punto di vista estetico sia dal punto di vista
funzionale.
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11. TECNICHE CHIRURGICHE DI ESPOSIZIONE DEL CANINO
INCLUSO
La disinclusione chirurgico-ortodontica è un trattamento integrato che si
avvale della metodica ortodontica e di quella chirurgica. La terapia
ortodontica consta di due fasi: la prima, se necessaria, precede l'intervento
chirurgico ed è finalizzata alla creazione e al mantenimento in arcata di
una quantità di spazio sufficiente a permettere il corretto allineamento
dell'elemento incluso; la seconda, post operatoria, ha il compito di
ripristinare l'integrità morfo-funzionale ed estetica dell'apparato dentario
tramite l'egressione ed il riposizionamento del dente nella sua sede
naturale.
Il trattamento chirurgico, invece, consente di esporre la corona dentaria in
modo da potervi applicare il mezzo di ancoraggio necessario ad esercitare
la trazione ortodontica e prevede tecniche operatorie diverse in funzione
della sede.
Figura 5 - Algoritmo diagnostico
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11.1 Esposizione del canino in sede vestibolare
Approccio aperto
Gengivectomia: generalmente non è la procedura di prima scelta e viene
utilizzata solo in situazioni limitate: quando l'elemento incluso è localizzato
in posizione coronale alla giunzione mucogengivale e quando è presente
un'ampia zona di gengiva cheratinizzata, poiché è necessario lasciarne dai
2 ai 3 mm apicalmente alla giunzione muco gengivale. E' semplice da
effettuare.
Figura 6 - Gengivectomia
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Lembo a riposizionamento apicale: questa tecnica proposta da Vanarsdall
et Corn nel 1977, viene preferita quando la corona dell'elemento dentario
incluso si trova apicalmente alla linea mucogengivale e non si dispone di
un adeguata quantità di gengiva aderente (che andrebbe persa se si
effettuasse una gengivectomia).
In presenza di cresta edentula. Viene disegnato un lembo trapezoidale a
spessore misto, con incisione a livello crestale e due incisioni di rilascio,
mesiale e distale, leggermente divergenti.
Se invece è ancora presente il canino deciduo, questo viene estratto al
momento del disegno del lembo, che includerà tutta la gengiva aderente
intorno all'elemento.
Viene dunque rimosso una limitata quantità di periostio e di osso alveolare
eventualmente presente al di sopra della corona dell'elemento incluso, sino
alla giunzione amelocementizia. Dopo l'applicazione dell'ancoraggio il
lembo viene riposizionato apicalmente e mantenuto in situ con punti di
sutura che ne ancorano l'estremità libera, costituita da gengiva aderente,
alla mucosa alveolare contigua e al periostio sottostante.
I vantaggi sono rappresentati dal mantenimento di tutta la quantità di
gengiva aderente, dall'ottenimento di un facile accesso per applicare
l'attacco sulla corona, e dalla possibilità di poter monitorare l'elemento
dentario dal momento della sua esposizione fino al suo allineamento in
arcata. Gli svantaggi (Vermette, 1995) consistono nel fatto che non si
raggiungono ottimi risultati dal punto di vista estetico: allungamento di
corona clinica e formazione di tessuto gengivale cicatriziale, che, viene
stirato quando il dente viene trazionato, ma tende a ritornare alla sua
posizione originaria una volta che la forza estrusiva cessa.
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Approccio chiuso
Eruzione infracrestale guidata (McBride 1979): questa tecnica è indicata
sia per canini in inclusione vestibolare profonda e può essere utilizzato
anche per elementi in inclusione palatale: si scolla un lembo trapezoidale a
tutto spessore (una incisione orizzontale a livello crestale che si estende
dal terzo distale del colletto del dente antecedente al terzo mesiale del
colletto di quello successivo, e due tagli di scarico obliqui e divergenti).
L'elemento dentario incluso viene esposto praticando una eventuale
osteotomia e sulla corona viene applicato un attacco ortodontico. Viene poi
creato un tragitto endosseo che collega l'elemento dentario incluso alla
sella edentula o alla cavità alveolare del canino deciduo estratto e che
permette il passaggio del sistema di trazione sino all'ancoraggio. Terminata
questa fase, il lembo viene riposizionato nella sua posizione originaria e
suturato.
Figura 7 - Trazione del canino tramite eruzione
infracrestale guidata
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11.2 Esposizione del canino in sede palatale
Approccio aperto
Opercolizzazione: l'opercolizzazione della fibromucosa palatina
rappresenta un accesso chirurgico all'elemento dentario quando questo si
trova in inclusione palatina superficiale ed è facilmente palpabile una
bozza canina palatale. Si asporta dunque un opercolo fibromucoso e si
denuda la porzione coronale dell'elemento incluso alla quale poi viene
applicato l'ancoraggio ortodontico prescelto.
Figura 8 - Opercolizzazione
Figura 9 - Trazione ortodontica dei canini dopo
opercolizzazione
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Approccio chiuso
Lembo palatino mucoperiosteo: viene generalmente utilizzato quando il
canino si trova in inclusione profonda e la sola opercolizzazione non
basterebbe ad esporre la corona dell'elemento dentario. Si incide quindi un
lembo a busta intrasulculare a tutto spessore, esteso in modo da esporre
ampiamente la superficie ossea sede dell'inclusione. Si rimuove la quantità
di osso tale da esporre la corona e si applica l'attacco sul dente. Il lembo
viene poi suturato nella sua posizione originaria. E' necessario praticare un
foro sul lembo in corrispondenza del bracket, in modo da far passare il filo
di trazione e legarlo all'ancoraggio.
Figura 10 - Lembo palatino mucoperiosteo
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12. TECNICHE ORTODONTICHE
12.1 Attacchi
Per essere in grado di poter trazionare e riposizionare un elemento
dentario incluso è necessario posizionare sulla sua corona un attacco. Gli
attacchi hanno avuto una netta evoluzione, di pari passo all'evoluzione dei
materiali utilizzati in odontoiatria.
Lasso wire (filo a lazo): rappresenta l'attacco più vecchio ed è stato
largamente utilizzato fino agli anni 60. E' semplicemente un filo che viene
legato intorno all'elemento dentario, a livello della giunzione
amelocementizia, sfruttando il sottosquadro della corona. Il suo utilizzo
provoca irritazione della gengiva, previene l'attacco dei tessuti nell'area in
cui è posizionato e può provocare riassorbimento interno e anchilosi
nell'area della giunzione amelocementizia.
Perno filettato: anche questa è una tecnica superata e viene riportata
piuttosto per il suo valore storico. I perni filettati venivano avvitati in
direzione parallela all'asse lungo del dente ma, nei casi di scarsa visibilità
del campo operatorio, il perno E' piuttosto invasivo e dopo il suo utilizzo
l'elemento dentario deve essere ricostruito.
Bande ortodontiche: hanno largamente rimpiazzato il lasso wire.
L'esperienza clinica mostra che le bande sono molto più compatibili con i
tessuti parodontali. Così come i lasso wire, le bande ortodontiche
richiedono un campo operatorio pulito e ampio in modo da poterla
introdurla in maniera adeguata e affinché il materiale per la cementazione
non sia contaminato dal sangue durante la sua applicazione.
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Bracket ortodontici standard: sebbene il design dei bracket sia così
sofisticato da permettere all'ortodontista di muovere il dente nei tre piani
dello spazio, nel recupero in arcata degli elementi dentari inclusi non è
possibile applicare che movimenti di tipping, di estruzione e rotazione,
almeno fino a quando l'elemento dentario arrivi in una posizione tale per
cui sia possibile includere il suo bracket nell'arco principale: fino a quel
punto i bracket tradizionali non differiscono di molto dai eyelet. I bracket
semplici vengono generalmente cementati con materiale composito e
necessitano quindi in un campo operatorio asciutto: in mancanza di questi
accorgimenti si può verificare il debonding dell'attacco durante il
trazionamento ortodontico dell'elemento dentario. Altri svantaggi sono
rappresentati dalla base ampia e rigida del bracket che può risultare
difficoltosa da piazzare sulla corona del dente (specialmente se non vi è
accesso chirurgico alla porzione buccale del dente), e dalle irritazioni che
questo provoca sui tessuti molli.
Banda a occhiello semplice: questo attacco è costituito da un occhiello è
saldato ad una base pieghevole e sostenuto da una rete di metallo. Ha
delle dimensioni minori rispetto ai bracket tradizionali, è più facilmente
adattabile a qualsiasi porzione del dente e da meno irritazioni dei tessuti
molli. Quando poi l'elemento dentario viene riportato in prossimità dell'arco
principale, è possibile sostituire la banda a occhiello con un bracket
tradizionale, che permette di applicare forze e di fare compiere movimenti
più precisi al dente stesso.
12.2 Tecniche ortodontiche di trazione
Ballista spring (Jocobay 1979) La ballista spring è una molla di filo
rettangolare inserita all'interno del tubo molare e che si estende in
posizione vestibolare lungo l'arcata dentaria fino ala posizione del canino.
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Da lì si piega verticalmente in basso, in direzione dell'arcata inferiore, e
termina in un piccolo loop. Con la pressione del dito, la porzione verticale
viene spinta in alto e all'interno attraversando lo spazio canino edentulo e
il terminale viene legato all'attacco sul canino da trazionare e in questo
modo il sistema viene attivato, sia perchè viene conferito alla porzione
orizzontale un certo grado di , sia perché la porzione verticale tende a
tornare nella sua posizione originaria: entrambe le porzioni esercitano
quindi delle forze di tipo eruttivo sull'elemento dentario incluso. E' possibile
che, se l'elemento incluso è resistente al movimento oppure è necessario
che questo compia un lungo tragitto, venga applicato un
radicolare
linguale sul molare su cui è inserita la ballista spring, con conseguente
indesiderata perdita di ancoraggio. Per evitare questo talvolta è
necessario l'utilizzo di un arco transpalatale.
Figura 11 - Ballista spring
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Cantilever Spring (Lindauer e Isaacson 1995) Questo sistema fa uso di
una forza e di una coppia le cui intensità sono ben definite e possono
essere misurate con un “Gauge”. Le forze non devono eccedere i 70 g.
Viene utilizzato un filo rettangolare TMA (titanium molybdenum alloy) 0.17
x 0.25, del quale una estremità viene inserita nel tubo molare e l'altra viene
legata sull'attacco del canino da trazionare. Questa tecnica viene utilizzata
per il recupero in arcata dei canini in inclusione vestibolare quando viene
attuato un approccio chirurgico a cielo aperto.
Figura 12 - Cantilever spring
TMA box loop
(Lindauer e Isaacson 1995) Viene utilizzato un filo
rettangolare TMA .017 x .025 del quale un capo viene inserito
passivamente e legato ad un unità di ancoraggio costituita dagli elementi
distali al canino da trazionare, mentre l'altra estremità viene piegata a
forma di “box”, costituito da un segmento verticale in direzione del fornice,
un segmento orizzontale, un altro segmento verticale in direzione
occlusale e un altro orizzontale verso l'interno del box. Quest'ultimo
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segmento viene inserito all'interno del bracket e il sistema è attivato.
L'utilizzo di questa tecnica è indicato per i canini in inclusione vestibolare.
Figura 13 - TMA box loop
Tecnica a due archi (Samuels 1997) Questa tecnica fa uso di due archi:
un arco rigido in acciaio e un arco in NiTi .014 inseriti entrambi all'interno di
bracket preinformati .022x .028. L'arco rigido solidarizza tutti gli elementi
dentari dell'arcata e garantisce l'ancoraggio, l'arco in NiTi viene inserito
solo all'interno di due o tre bracket rispettivamente ad ogni lato della zona
edentula nella quale verrà riportato il canino incluso. Dopo aver esposto
chirurgicamente la corona dell'elemento dentario incluso, sulla corona
viene applicato un attacco, al quale viene legata una catenella d'oro, la cui
estremità rimane coronalmente al margine cervicale dopo la chiusura del
lembo chirurgico. L'arco in NiTi viene fatto passare per l'ultimo anello della
catenella d'oro e la sua deflessione stessa deve essere di 3-4 mm in
direzione della catenella stessa. L'attivazione è semplice e non richiede la
del paziente.
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Molla di Nichel Titanio (Loring L. Ross 1999) La molla di NiTi permette di
esercitare una forza estrusiva leggera e continua sul canino senza che
questa decada (a differenza dei fili elastici). L'autore consiglia di utilizzare
una molla .009x .04 di circa 8 mm che, attivata, esercita una forza di 80gr
sull'elemento dentario da trazionare. Un’estremità viene ancorata sulla
corona dell'elemento dentario tramite un segmento di catena elastomerica,
l'altra viene avvolta intorno da un arco in acciaio rigido che solidarizza gli
elementi dentari ed evita movimenti indesiderati. E' una tecnica semplice,
le successive attivazioni vengono effettuate riavvolgendo la molla sull'arco.
Australian helical archwire (Hauser 2000) L'australian archwire è costituito
da acciaio inossidabile austenitico caratterizzato da eccezionale resilienza,
resistenza, rigidità e resistenza alla trazione. Queste caratteristiche lo
rendono ideale per la trazione dei canini inclusi perché, contrariamente agli
archi in NiTi non deflette e quindi non si verificano movimenti di tipping o di
intrusione degli elementi dentari adiacenti; inoltre può essere utilizzato più
precocemente nel trattamento ortodontico poiché può essere impiegato già
prima della fine della fase di allineamento e livellamento. Per la trazione
dei canini inclusi l'autrice raccomanda l'utilizzo di un arco special plus .016
su cui si modellano due elici in corrispondenza degli elementi dentari
contigui allo spazio edentulo in cui dovrà essere trazionato il canino; le elici
servono da stop per il mantenimento dello spazio; un'altra elice è
modellata al centro dello spazio edentulo in modo da conferire maggiore
resilienza al sistema di ancoraggio, e all'interno della quale si lega un filo di
acciaio inossidabile, il cui altro capo è legato all'attacco sul canino da
trazionare. Il sistema viene infatti attivato attorcigliando il filo metallico
all'elice centrale. La forza applicata nella prima attivazione non deve
eccedere i 200gr. Le successive attivazioni vengono eseguite ogni 2
settimane, applicando una forza compresa tra i 150gr e i 200gr, fino a
quando non erompe la corona dell'elemento dentario trazionato, a quel
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punto la forza da applicare è compresa tra 60gr e 150gr. Il paziente può
essere visto ogni 4 settimane. Quando poi la corona è vicina al piano
occlusale, il sistema può essere rimosso e il canino può essere
riposizionato tramite un arco in NiTi passante per i bracket di tutti gli altri
elementi dentari dell'arcata.
Figura 14 - Australian helical archwire
K-9 Spring (Kalra 2000) La K-9 spring è costituita da un filo TMA (Titanium
Molybdenum Alloy) .017 x .025, il quale può essere attivato il doppio
rispetto ai sili in acciaio, prima della sua deformazione permanente ed
esercita la metà della forza. E' composta da un braccio orizzontale che
viene inserita nel tubo buccale del primo molare e nei bracket dei
premolari. A 7 mm in senso mesiale dal bracket del primo premolare, il
braccio orizzontale viene piegato a 90° in direzione occlusale; alla fine di
questo segmento verticale di 11 mm si trova un elice, la quale si aggancia
all'attacco posto sul canino da trazionare. Per attivare la molla è
necessario agganciare l'elice sul canino e piegare il segmento verticale in
direzione distale e di 20° in direzione palatale. La molla esercita quindi una
forza estrusiva e distalizzante che muove il canino in direzione dello spazio
edentulo. I vantaggi di questa tecnica consistono nei bassi costi,
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nell'assenza di del paziente e nel suo esercizio di una forza continua e
leggera ideale per i movimenti dentari.
Monkey Hook (Bowman 2002) La Monkey Hook è un dispositivo ausiliare
che presenta due elici rispettivamente alle due estremità. L'elice di un capo
viene collegata ad un “button” mentre l'altra estremità viene collegata a
catenelle elastiche, catenelle d'oro, fili elastici o molle NiTi. Il “loop button”
è un particolare bottone linguale con un anello di un millimetro saldato alla
base; grazie alle moderne tecniche di bonding è necessaria soltanto una
piccola esposizione chirurgica della corona del canino incluso. La monkey
hook può essere agganciata al loop-button prima delle procedure di
bonding e successivamente posizionata sul dente con l'elice in posizione
parallela alla radice dei denti adiacenti per permettere l'attacco di varie
monkey hook per la produzione di forze nella direzione desiderata. Se
l'elemento dentario è in inclusione profonda possono essere necessarie
più monkey-hook, le quali vengono legate tra loro tramite le elici. Il sistema
con monkey hook può sfruttare sia l'ancoraggio intrarcata che interarcata.
Nell'ancoraggio interarcata le monkey hooks assicurano un supporto rigido
agli elastici interarcata, i quali sono preferiti alle catenelle elastiche poiché
la forza esercitata da quest'ultime decade rapidamente. L'utilizzo degli
elastici interarcata, sostituiti giornalmente dal paziente, permette di
esercitare delle forze costanti sull'elemento incluso, velocizzandone
l'eruzione. E' evidentemente indispensabile una completa compliance del
paziente. Se non è possibile utilizzare un'unità d'ancoraggio sull'arcata
antagonista si possono utilizzare delle meccaniche intrarcata: si inserisce
un arco rigido in acciaio nei bracket di tutti gli elementi dentari e si modella
un'alice in corrispondenza della zona edentula; si lega quindi un filo
metallico che parte dalla monkey hook in direzione dell'elice, passa
attraverso questa e si lega ad una molla a chiudere agganciata al tubo del
primo molare. In questo modo viene applicata sull'elemento dentario
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incluso una forza leggera e continua di tipo estrusivo, diretta verso la zona
edentula. E' da tenere in considerazione che si può verificare perdita di
ancoraggio posteriore e una piccola intrusione dei denti adiacenti
all'elemento trazionato.
Figura 15 - Trazione tramite Monkey hooks
Kilroy Spring I e II (Bowman 2003) La Kilroy spring I è una particolare
molla che si inserisce su un arco rettangolare in corrispondenza del canino
incluso da trazionare. Questo ausiliare trova supporto sia sull'arco sia sul
terzo incisale degli elementi dentari adiacenti tramite le sue estensioni
laterali e sviluppa forze di eruzione sia laterali che verticali. La sua forma
ricorda il graffito degli anni 40 “Kilroy was here”. Quando la Kilroy spring è
passiva, la sua loop verticale si trova perdpendicolare rispetto al piano
occlusale. Per attivarla si passa un filo di acciaio inossidabile intorno
all'elice posto sull'apice della loop verticale e, piegando la loop stessa in
direzione del canino, si lega all'attacco cementato durante l'esposizione
chirurgica dell'elemento dentario. La Kilroy spring II differisce dalla Kilroy
spring I per la presenza di elici multiple che le conferiscono maggiore
flessibilità e la capacità di sviluppare maggiormente forze eruttive di tipo
verticale piuttosto che laterali. Data la maggiore flessibilità è più frequente
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l'irritazione dei tessuti molli. L'intensità della forza eruttiva generata con le
Kilroy spring può essere modulata allontanando (la forza aumenta) o
avvicinando (la forza diminuisce) la loop verticale rispetto all'elemento
dentario da trazionare, prima della sua attivazione. Il segmento orizzontale
può essere espanso o costretto per ottenere forze leggere Kilroy spring I,
Kilroy spring II.
Figura 16 - Kilroy spring I
Figura 17 - Kilroy spring II
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Considerazioni sulla durata del trattamento
Sembra abbastanza chiaro che il trattamento ortodontico di una
malocclusione caratterizzata dalla presenza di uno o entrambi i canini
inclusi richieda un tempo maggiore rispetto ad una malocclusione con tutti
gli elementi dentari in arcata. La prima fase del livellamento e
dell'allineamento è condivisa in entrambi i casi. Nel trattamento con il
canino incluso, è necessario, se non è disponibile, aprire lo spazio in cui si
andrà a posizionare l'elemento dentario che andremo a portare in arcata.
Gli elementi dentari verranno solidarizzati con un arco rigido e
costituiranno l'ancoraggio per il recupero ortodontico del canino. Studi
descritti in letteratura hanno mostrato che i trattamenti ortodontici in cui
sono presenti canini inclusi variano da una durata di 19.7 mesi, 22 mesi,
25,8 mesi, 26.3 mesi per i casi di inclusione unilaterale e 32.4 mesi per i
casi di inclusione bilaterale.
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13. LIMITI DEL RECUPERO
Secondo (Bishara, 1992) i limiti al recupero ortodontico dei canini
mascellari incusi sono rappresentati da:
1. L'elemento dentario è anchilosato.
2. Si è verificato riassorbimento interno o esterno della radice
dell'elemento.
3. La radice è dilacerata in maniera importante.
4. L'inclusione è severa (il canino è posizionato tra le radici dell'incisivo
laterale e l'incisivo centrale e qualsiasi intervento mette a rischio questi
denti).
5. L'occlusione è esteticamente e funzionalmente accettabile con il primo
premolare superiore al posto del canino superiore.
6. Si sono verificati eventi patologici (cisti, infezioni).
7. Il paziente non desidera sottoporsi al trattamento ortodontico.
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14. RIMOZIONE CHIRURGICA DEL CANINO INCLUSO
La rimozione chirurgica del canino incluso è indicata nelle seguenti
circostanze:
• Quando al canino è associata una cisti, un tumore o si è verificato
un severo riassorbimento degli elementi dentari adiacenti. (Howard
1970, Moss 1975, Hunter 1983)
• Quando l'ortodontista ritiene che la posizione del canino sia tale da
non rendere possibile il riposizionamento ortodontico (Adamson
1952, Moss 1975, Hunter 1983)
• Quando il primo premolare è in posizione del canino e il paziente è
soddisfatto (Moss 1975, Ratcliffe 1977, Hunter 1983)
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15. COMPLICANZE DEI CANINI INCLUSI NON TRATTATI
Secondo Shafer e all.(1963) l'inclusione canina porta alle seguenti
complicanze:
1. Malposizionamento palatale o vestibolare del dente incluso
2. Migrazione degli elementi dentari vicini e perdita di lunghezza d'arcata
3. Riassorbimento interno
4. Formazione di cisti dentigera
5. Riassorbimento esterno della radice dell'elemento dentario incluso o
della radice degli elementi vicini
6. Infezione, specialmente se l'inclusione è parziale
7. Dolore riferito e combinazione delle precedenti condizioni
Pagina !51
16. SCOPO DELLA TESI
E’ la gestione dei pazienti arrivati alla nostra osservazione per
problematiche ortognatodontiche per la mancanza di uno o più elementi
dentari della serie canina in arcata.
Pagina !52
17. MATERIALI E METODI
Ogni anno presso gli ambulatori della UOC di odontostomatologia della
AOU di Sassari, si eseguono mediamente 4500 visite ambulatoriali.
Queste rappresentano la gamma totale delle problematiche che il paziente
può lamentare da un punto di vista odontoiatrico. Su un totale di circa 250
pazienti annuali che necessitano di trattamento ortodontico, solo una parte
di essi richiede e accetta il trattamento. Tra il 2012 ed il 2014 sono stati
iniziati e portati al termine circa 100 trattamenti ortodontici. Tra i pazienti
valutati abbiamo eseguito il trattamento su 13 di essi con diagnosi di
canino incluso (9), o di canini inclusi (3) o di problematiche di eruzione del
canino (1).
Per tutti i pazienti è stata compilata una cartella di prima visita, con
particolare attenzione all’anamnesi generale ed odontoiatrica, le
problematiche psicologiche che spingevano al trattamento ortodontico e le
aspettative.
Dopo aver compilato il consenso informato, veniva avviato lo studio del
caso.
Questo consiste nella raccolta di alcuni record personali per ogni paziente
e, in casi particolari di ulteriori elementi di indagine come ad esempio delle
Rx per meglio poter gestire il caso.
Ovviamente tutti i pazienti reclutati per lo studio avevano una età tale da
poter considerare i canini come elementi inclusi e non ritenuti.
Sono state eseguite:
• delle impronte su cui si sono sviluppati dei modelli in gesso,
• una cera di occlusione,
• delle foto intraorali ed extraorali: occlusale superiore, occlusale
inferiore, lateralità destra e sinistra, frontale, viso di fronte e profilo
destro,
• Rx ortopanoramica
Pagina !53
• Telecranio in proiezione latero laterale
• TC cone beam
• Rx endorali di controllo
Per ogni paziente è stato eseguito un tracciato cefalometrico per un
corretto piano di trattamento. Questo è stato ripetuto alla fine del
trattamento.
Lo studio del caso ci ha permesso di valutare la possibilità di riportare in
arcata gli elementi dentari inclusi. La loro posizione, la loro inclinazione ed i
rapporti che contraevano con i denti contigui, l’occlusione del paziente, ci
ha indicato la tecnica da utilizzare.
In 5 casi di inclusione l’accesso è stato vestibolare: in un caso è stata
praticata una gengivectomia (approccio aperto) e in 4 casi sono stati
approcciati con l'eruzione infracrestale guidata (approccio chiuso) per
permettere l'applicazione di bracket ortodontici standard sulla superficie
degli elementi dentari inclusi.
Abbiamo optato per la gengivectomia (approccio aperto) nei casi in cui il
canino era in inclusione vestibolare superficiale (1 caso):
• E' stata eseguita anestesia (Articaina con adrenalina 1 : 100.000) della
zona chirurgica.
• E' stata praticata l'incisione e della sola gengiva, in quanto gli elementi
dentari erano in inclusione superficiale e non era necessario praticare
osteotomie.
• E' stata esposta la corona dell'elemento dentario.
• La corona dell'elemento dentario è stata mordenzata con acido
ortofosforico al 37% per 30 secondi.
Pagina !54
• Dopo lavaggio con acqua per rimuovere il mordenzante (30 secondi) è
stato applicato il bonding (20 secondi), il quale è stato asciugato, con un
leggero getto d'aria, e polimerizzato (20 secondi).
• E' stato applicato del materiale composito sulla superficie del bracket
ortodontico e quest'ultimo è stato posizionato sulla superficie della corona
dell'elemento incluso.
• Il materiale composito è stato polimerizzato per 40 secondi.
• Il bracket è stato collegato al sistema di ancoraggio (Arco in acciaio
0.22X0.25) tramite una legatura metallica adeguatamente posizionata in
modo da trazionare l'elemento secondo la direzione da noi desiderata.
• Non sono stati applicati punti di sutura.
Abbiamo optato per l'eruzione infracrestale guidata (approccio chiuso) nei
casi in cui il canino era in inclusione vestibolare profonda (4 casi) :
• E' stata eseguita anestesia (Articaina con adrenalina 1 : 100.000) della
zona chirurgica.
• E' stato scollato un lembo trapezoidale a tutto spessore.
E' stata praticata una osteotomia ed è stata esposta la corona
dell'elemento dentario.
• La corona dell'elemento dentario è stata mordenzata con acido
ortofosforico al 37% per 30 secondi.
• Dopo lavaggio con acqua per rimuovere il mordenzante (30 secondi) è
stato applicato il bonding (20 secondi), il quale è stato asciugato, con un
leggero getto d'aria, e polimerizzato (20 secondi).
• E' stato applicato del materiale composito sulla superficie del bracket
ortodontico e quest'ultimo è stato posizionato sulla superficie della corona
dell'elemento incluso.
• Il materiale composito è stato polimerizzato per 40 secondi.
• E' stato creato un tragitto endosseo che collegasse l'elemento dentario
incluso alla sella edentula.
Pagina !55
• Il bracket è stato collegato al sistema di ancoraggio (Arco in acciaio .
0.22X0.25) tramite una legatura metallica adeguatamente posizionata in
modo da trazionare l'elemento dentario attraverso il tragitto endosseo
precedentemente creato.
• Il lembo è stato suturato nella sua posizione originaria tramite punti
singoli (Assusilk 4-0)
In 6 casi di inclusione l’accesso è stato palatale: è stato utilizzato un lembo
palatino mucoperiosteo per permettere l'applicazione di un bottone
ortodontico sulla superficie della corona dell'elemento dentario incluso:
• E' stata eseguita anestesia (Articaina con adrenalina 1 : 100.000) della
zona chirurgica
• E' stata effettuata l'incisione intrasulculare negli elementi dentari contigui
e scollato un lembo a spessore totale in modo da esporre la superficie
ossea.
• E' stata praticata osteotomia in corrispondenza della corona
dell'elemento dentario incluso, previa precisa localizzazione tramite TC
cone beam del mascellare superiore.
• E' stata esposta la corona dell'elemento dentario.
• La corona dell'elemento dentario è stata mordenzata con acido
ortofosforico al 37% per 30 secondi.
• Dopo lavaggio con acqua per rimuovere il mordenzante (30 secondi) è
stato applicato il bonding (20 secondi), il quale è stato asciugato, con un
leggero getto d'aria, e polimerizzato (20 secondi).
• E' stato applicato del materiale composito sulla superficie del bottone
ortodontico e quest'ultimo è stato posizionato sulla superficie della corona
dell'elemento incluso.
• Il materiale composito è stato polimerizzato per 40 secondi.
• Il bottone ortodontico viene collegato al sistema di ancoraggio (Arco in
acciaio 0.022X0.025) tramite una legatura metallica adeguatamente
Pagina !56
posizionata in modo da trazionare l'elemento dentario secondo la direzione
da noi desiderata.
• Il lembo è stato poi suturato nella sua posizione originaria tramite punti
singoli (Assusilk 4-0).
In 2 casi l'inclusione del canino era così severa da non permettere il
recupero ortodontico-chirurgico dell'elemento dentario: gli elementi erano
in inclusione palatale e il loro asse lungo formava un angolo minore di 30°
con il piano occlusale. Data la loro prognosi infausta è stato deciso di
estrarli.
In un caso si è deciso di recuperare in arcata il canino con l’estrazione
dell’incisivo laterale.
La terapia ortodontica ha previsto il bandaggio di entrambe le arcate,
livellamento e l’allineamento degli elementi dentari presenti, la creazione
dello spazio neccessario laddove fosse stato perso. Attraverso dei presidi
fissi o rimovibili si è proceduto alla distalizzazione del settore molare
quando, per la mancanza del canino, questo era migrato mesialmente; ed
alla estrazione del premolare quando l’analisi dello spazio non ci ha
permesso di mantenere in arcata tutti gli elementi.
Una volta preparate le arcate, eseguito l’accesso per il canino, questo è
stato trazionato.
Sono state eseguite delle Rx endorali di controllo per verificare che il
bottone o il bracket posizionato sull’elemento dentale incluso non si fosse
staccato e per controllare il movimento del dente. Con la metodica
epidentale utilizzamo bottoni preconfezionati oppure retine metalliche, cui è
possibile, per una migliore stabilità adesiva, conferire la forma della
cuspide da agganciarsi. La nostra prima scelta è perciò la retina,
Pagina !57
posizionata preferibilmente nell’aspetto vestibolare dove è più facile
l’accesso dell’ortodontista e centrata proprio sulla cuspide, in modo che la
trazione si eserciti parallelamente all’asse del dente e nella direzione del
centro dell’alveolo.
La topografia dell’area interessata può però richiedere di discostarsi
dall’orientamento ideale del vettore della forza traente, per es. quando si
voglia allontanare il canino dalle radici degli incisivi per il rischio di
danneggiare il parodonto marginale. In una simile evenienza, nella prima
fase della trazione in cui è prioritario evitare il danno alle strutture di
sostegno, abbiamo decentrato l’aggancio della piastrina, per poi
effettuarne un secondo in posizione più adatta a riportare il dente verso il
sito naturale.
In tutti i casi trattati, nei canini che sono molto fuori arcata e nei casi di
estrazione dei premolari, abbiamo effettuato l’inversione dei brackets.
Infatti in questi casi i canini fuori arcata hanno sempre le radici più
vestibolari e le corone più palatali, se noi ruotiamo i bracket di 180° il
Torque del bracket da negativo (-7°) diventa positivo (+7°) e se noi non
vogliamo che un canino molto perpendicolare abbia la radice ancora più
vestibolare gli aumentiamo il Torque girando il bracket senza però che vari
il Tip.
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18. CASI CLINICI
Primo caso clinico
Il primo caso clinico riguarda una paziente di 14 anni e 8 mesi che si
presenta all'osservazione presso la nostra struttura preoccupata per la
strana forma di 12 e per l'assenza in arcata di 22.
Viene quindi effettuato lo studio del caso.
Visionando la panoramica e la TC cone beam del mascellare superiore,
viene diagnosticato:
• Agenesia dell'elemento 22
• Elemento dentario 12 conoide
• Ectopia dell'elemento dentario 23 (migrato in posizione dell'elemento
22)
• Persistenza degli elementi dentari 53 e 63
• Inclusione vestibolare dell'elemento dentario 13
Visionando la radiografia latero-laterale del capo ed effettuando il tracciato
cefalometrico è stata diagnosticata:
• Prima classe scheletrica
• Normodivergenza
Non si evidenziano asimmetrie scheletriche
Viene programmato:
•
Recupero ortodontico-chirurgico dell'elemento 13 in inclusione.
•
Creazione di spazio in zona 22 per l'inserimento di un impianto.
•
Coronoplastica del 12
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Viene iniziata la terapia ortodontica con il bandaggio superiore e inferiore
da sesto a sesto con bracket edgewise standard (slot 22).
Per
il livellamento e l'allineamento dei denti vengono utilizzati in
sequenza:
•
Arco NiTi .014
•
Arco NiTi 0.18
•
Arco in acciaio .019X.022
Tra l'incisivo laterale e il primo premolare viene collocata una molla in NiTi
per creare lo spazio necessario all'eruzione del canino.
Non appena lo spazio viene ritenuto sufficiente, viene estratto il canino
deciduo e, con la tecnica di chirurgica eruzione infracrestale guidata, viene
posizionato un bottone ortodontico sulla corona del canino incluso, il quale
viene collegato al sistema di ancoraggio tramite una legatura metallica.
Vengono programmati appuntamenti ogni 21 giorni per l'attivazione del
sistema di trazione.
Figura 18 - Ortopantomografia per lo
studio del caso
Pagina !60
Figura 19 - Visione frontale
Figura 20 - Visione occlusale
Pagina !61
Figura 21 - Visione laterale destra
Figura 22 - Visione laterale sinistra
Pagina !62
Secondo caso clinico (elemento non recuperabile)
Il secondo caso clinico è rappresentato da una paziente di 35 anni che
giunge alla nostra osservazione per problematiche parodontali.
Durante la prima visita viene rilevata l'anamnesi patologica remota e
prossima, e l'anamnesi odontoiatrica.
La paziente dichiara di essere stata sottoposta in passato a terapia causale
parodontale.
Viene effettuato l'esame clinico, il sondaggio delle tasche parodontali e viene
compilata la cartella parodontale: diversi siti presentano elevata profondità e
sanguinamento al sondaggio.
All'esame clinico si rileva:
•
Edentulia parziale sia nell'arcata superiore che inferiore
•
Ectopia dell'elemento 14
•
Rotazione dell'elemento 24
•
Tipping distale dell'elemento 22
•
Inclinazione mesiale degli elementi 37 e 47 negli spazi
edentuli rispettivamente di 36 e 46
Viene prescritta una ortopantomografia, la quale viene visionata al secondo
appuntamento
Alla visione OPT si diagnostica:
•
Elemento dentario 23 incluso
La paziente viene indirizzata nel nostro reparto di ortodonzia per una
valutazione riguardo alla possibilità di recupero ortodontico-chirurgico del
canino incluso.
Viene prescritta una TC cone beam del mascellare superiore per una
valutazione tridimensionale della posizione dell'elemento incluso.
La TC ci mostra che il canino è in inclusione palatale, con l'asse maggiore
pressoché orizzontale.
Pagina !63
L'inclusione è valutata così severa da non permettere il recupero ortodonticochirurgico.
L'elemento dentario viene quindi estratto chirurgicamente.
Figura 23 - Ortopantomografia per lo studio
del caso
Figura 24 e 25 - Tagli assiali della TC cone beam
Pagina !64
Figura 26 - Visione frontale
Terzo caso clinico (Canino in inclusione palatale)
Il terzo caso clinico è rappresentato da una paziente di 15 anni e 2 mesi
che giunge alla nostra osservazione preoccupata per l'assenza in
arcata del canino superiore di sinistra.
Viene effettuato lo studio del caso.
Viene visionata l'ortopantomografia e viene prescritta una TC cone
beam del mascellare superiore.
L'elemento dentario viene localizzato in inclusione palatale e viene
ritenuto recuperabile con un intervento ortodontico-chirurgico.
La prima fase consiste nel bandaggio superiore e inferiore delle arcate
dentarie con bracket edgewise standard (slot 22) da sesto a sesto.
Viene effettuato il livellamento e allineamento (6 mesi) dei denti tramite:
•
Arco NiTi .014
•
Arco NiTi .018
Pagina !65
•
Arco in acciao .019X.022
e creato lo spazio necessario per l'eruzione del canino in arcata.
Quando lo spazio in arcata è sufficiente, è programmato l'intervento
chirurgico
Si prescrive alla paziente di iniziare una terapia antibiotica (amoxicillina
+ acido clavulanico 875 + 125 mg)/2 die da iniziare nelle 48 ore
precedenti all'intervento chirurgico.
L'intervento chirurgico consiste nell'apertura di un lembo palatino
mucoperiosteo, applicazione di un bottone ortodontico, sulla corona del
canino incluso e applicazione di una legatura metallica che funge da
sistema di trazione. L'altro capo della legatura metallica viene quindi
legato all'arco in acciaio. Il lembo viene quindi suturato nella sua
posizione originaria.
Si programmano appuntamenti ogni 21 giorni per monitorare l'eruzione
dell'elemento incluso, nonché la funzionalità del sistema di trazione.
Pagina !66
Figura 27 - Incisione del lembo palatino
mucoperiosteo
Figura 28 - Scollamento del lembo
Pagina !67
Figura 29 - Applicazione del composito sulla
base del bottone ortodontico
Figura 30 - Polimerizzazione del composito
Pagina !68
Figura 31 - Bottone ortodontico applicato sulla corona
del dente e collegato tramite una legatura metallica al
sistema di ancoraggio
Figura 32 - Riposizionamento e sutura del
lembo
Pagina !69
Figura 33 - Rx endorale
prechirurgica
Figura 34 - Rx endorale a 2
mesi dall’intervento
Quarto caso clinico (Canini in inclusione vestibolare)
Il quarto caso clinico riguarda una paziente di 13 anni e due mesi che
giunge alla nostra osservazione preoccupata per la persistenza dei canini
decidui.
Viene effettuato lo studio del caso.
Alla visione OPT si rileva l'inclusione dei canini permanenti.
Viene richiesta una TC cone beam del mascellare superiore per
determinare la posizione tridimensionale degli elementi inclusi.
La TC ci mostra che i canini sono in inclusione vestibolare, con la corona
che ha già riassorbito la corticale del mascellare.
Gli elementi dentari vengono ritenuti recuperabili tramite l'estrazione dei
canini decidui e la creazione di spazio sufficiente in arcata.
L'approccio è quindi esclusivamente ortodontico.
Viene iniziata la terapia ortodontica con il bandaggio superiore e inferiore
da sesto a sesto con bracket edgewise standard (slot 22).
Pagina !70
Per
il livellamento e l'allineamento dei denti vengono utilizzati in
sequenza:
•
Arco NiTi .014
•
Arco NiTi 0.18
•
Arco in acciaio .019X.022
Tra l'incisivo laterale e il primo premolare viene (sia a destra che a sinistra)
collocata una molla in NiTi per creare lo spazio necessario all' eruzione del
canino.
I canini decidui vengono lasciati in loco fino a quando i corrispettivi
permanenti non abbiamo raddrizzato il loro percorso eruttivo.
Figura 35 - Ortopantomografia per lo studio
del caso
Pagina !71
Figura 36 e 37 - Taglii coronali della TC cone
beam del mascellare superiore
Pagina !72
Figura 38 e 39 - Tagli assiali della TC cone
beam del mascellare superiore
Pagina !73
Figura 40 e 41 - Rx endorali di controllo del canino di destra e di sinistra
Quinto caso clinico (inclusione bilaterale con recupero di 13 ed
estrazione di 23)
Il quinto caso clinico riguarda un paziente di 42 anni che si presenta
presso la nostra struttura lamentando l'aspetto del suo sorriso.
All'esame clinico si evidenzia edentulia parziale superiore e inferiore e
mancanza dei canini mascellari in arcata.
Alla visione della ortopantomografia i canini mascellari risultano inclusi.
Viene richiesta e visionata una TC cone beam del mascellare superiore ,
con la quale riteniamo che il 13 (inclusione vestibolare) sia recuperabile
con un trattamento ortodontico-chirurgico, mentre il 23 (inclusione
palatale), data la sua posizione (pressoché orizzontale) non sia
recuperabile. Quest'ultimo viene quindi estratto.
Pagina !74
Al posto del 23 viene programmato l'inserimento di un impianto.
Viene iniziata la terapia ortodontica con il bandaggio superiore e inferiore
con bracket edgewise standard (slot 22).
Per il livellamento e l'allineamento dei denti vengono utilizzati in sequenza:
•
Arco NiTi .014
•
Arco NiTi 0.18
•
Arco in acciaio .019X.022
Tra l'incisivo laterale e il primo premolare (sia a destra che a sinistra) viene
collocata una molla in NiTi per creare lo spazio necessario all' eruzione del
13 e all'inserimento di un impianto in posizione 23.
Quando lo spazio creato ortodonticamente è sufficiente in regione di 13,
viene aperto un lembo trapezoidale a spessore totale, viene eseguita una
osteotomia per esporre la radice dell'elemento incluso, e viene collocato
un bottone ortodontico, il quale viene collegato al sistema di ancoraggio
tramite una legatura metallica.
Si programmano appuntamenti ogni 21 giorni per l'attivazione del sistema
di trazione.
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Figura 42 - Ortopantomografia per lo studio
del caso
Figura 43 - Visione frontale
Pagina !76
Figura 44 - Visione laterale di destra
Figura 45 - Visione laterale di sinistra
Pagina !77
19. DISCUSSIONE E CONCLUSIONE
Il canino è considerato esteticamente insostituibile durante il sorriso.
Essendo, inoltre, dotato di una radice particolarmente lunga e tale da
sopportare notevoli carichi, svolge un ruolo primario di protezione dei
gruppi dentali posteriori nei movimenti mandibolari di lateralità. La sua
posizione all'angolo della bocca è strategicamente significativa nel
mantenere l'armonia e la simmetria del rapporto occlusale. Tuttavia, il
canino superiore è il secondo dente che più frequentemente rimane
incluso. Generalmente è controindicata la sua estrazione perché può
complicare e compromettere un risultato ortodontico limitando la possibilità
di fornire al paziente una occlusione funzionale. Inoltre, il trattamento di
questa condizione è spesso complesso, richiede tempi lunghi e un costo
elevato. Canini mascellari impattati richiedono spesso una esposizione
chirurgica e una guida ortodontica durante il loro percorso eruttivo.
Tuttavia, il proponimento di riportare meramente in arcata un dente non
erotto o impattato non dovrebbe essere l'unico obiettivo del trattamento.
L'obiettivo dovrebbe essere quello di raggiungere la corretta occlusione,
una zona sana di gengiva aderente, e una altezza di osso alveolare ideale.
La frequenza dell’inclusione dentaria e l’importanza funzionale ed estetica
del canino impongono dunque una diagnosi la più precoce possibile per
scegliere la soluzione terapeutica più adatta per il recupero in arcata
dell’elemento interessato. Attraverso l’analisi radiografica (TC cone beam),
che ci fornisce immagini tridimensionali, è possibile ipotizzare un percorso
terapeutico ideale per ogni paziente.
Nella gestione del canino superiore impattato, la scelta della tecnica
chirurgica è quella tra un lembo chiuso o di un lembo riposizionato
apicalmente per l’esposizione del dente.
Il lembo chiuso è il metodo chirurgico di elezione per dei canini mascellari
vestibolari posizionati molto in alto. Infatti un lembo a riposizionamento
Pagina !78
apicale determinerebbe, durante l’eruzione, importanti problemi estetici
come l'aumento della lunghezza della corona clinica e scarsa gengiva
aderente.
L’accesso chiuso invece prevede che il lembo mucoso sia
conservato: dopo l’eventuale rimozione ossea, l’aggancio deve essere
contestuale all’esposizione, cui dovrà seguire immediatamente una
trazione. Una differenza importante esiste fra il trattamento delle inclusioni
vestibolari e quello delle palatali, perché nella sede delle prime i tessuti
molli sono rappresentati in parte da mucosa alveolare e in parte da
gengiva cheratinizzata; nel caso che questa sia in quantità insufficiente, è
sconsigliata l’asportazione di tessuto molle ed è imperativo, se si sceglie
l’eruzione aperta, conservare tutto il tessuto gengivale, praticando un
lembo a riposizione apicale. Nella inclusione palatale, invece, ci si
confronta unicamente con mucosa cheratinizzata, per cui è possibile
adottare indifferentemente l’eruzione aperta e chiusa, scegliendo fra le due
in base alla convenienza clinica.
La prima velocizza il percorso, ma può comportare maggiori rischi di danni
parodontali, mentre la seconda essendo un processo più lento – simile al
fisiologico – garantisce meglio l’integrità parodontale e perciò rappresenta
sempre la prima scelta. Nella situazione di canini mascellari impattati, la
soluzione migliore trattamento per l'ortodontista è di estrudere e
riposizionare l'elemento dentale incluso nella posizione corretta nelle tre
dimensioni spaziali se esistono condizioni anatomiche favorevoli. Il
principale pericolo, che la presenza di questa condizione comporta per
l’integrità dell’apparato stomatognatico, è costituito dal riassorbimento. Tale
fenomeno è fisiologico quando indotto sull’elemento deciduo da sostituirsi,
ma può diventare un danno irreparabile quando il canino entra in contatto
con gli apici radicolari di denti permanenti, specialmente degli incisivi. Il
mancato trattamento dell’inclusione o la sua intempestività portano al
riassorbimento dei denti permanenti nel 12% dei casi, con frequenze
quattro volte maggiori nei pazienti di sesso femminile rispetto al maschile.
Pagina !79
Conclusione
Da un’analisi della letteratura e dalla nostra esperienza possiamo trarre le
seguenti conclusioni:
1. La diagnosi e il piano di trattamento devono essere fatti solo dopo la
valutazione della posizione dell’elemento incluso e dei suoi rapporti con le
strutture adiacenti attraverso una Tc cone beam;
2. Il miglior approccio chirurgico è quello con il lembo chiuso, garantendo
una gestione ottimale dei tessuti molli;
3. Il riassorbimento radicolare è la complicanza più temuta.
Pagina !80
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