Cresti, E. (a cura di) Prospettive nello studio del lessico italiano, Atti SILFI 2006. Firenze, FUP: Vol I, pp. 165-172
Lessico delle traduzioni dei testi liturgici ebraici in dialetti giudeo italiani
Michael Ryzhik
Accademia della lingua ebraica, Gerusalemme
Abstract
Il lessico delle traduzioni dei Formulari di preghiera ebraici è analizzato in confronto alle traduzioni italiane della Bibbia, alla Vulgata
ed al lessico italiano antico. Si può vedere che alla base delle traduzioni giudeo-italiane quattrocentesche del Formulario sta una
tradizione antica. Dal punto di vista lessicale questa tradizione sembra essere legata alla tradizione della Bibbia Volgare e della
Vulgata. Però è ricco il lessico che si trova solo nei fonti giudeo-italiane, come il verbo semonire per sedurre. Molte parole che sono
dell’uso comune nei volgarizzamenti dei Formulari di preghiera e negli altri fonti giudeo-italiani si trovano altrove, ma sono molto
rare, come balistrate per stipiti, che si trova solo due volte nella Bibbia Volgare. Il lessico giudeo-italiano mostra anche legami con il
romanesco antico, come il verbo nnescere per insegnare, che è diffusissimo nel giudeo-italiano e si trova altrove solo nelle Storie di
Troia.
1. Premessa1
Le traduzioni del libro di preghiere ebraico, il Siddur,
erano destinate alle donne, e la loro lingua avrebbe dovuto
essere chiara specialmente alla popolazione incolta o non
troppo colta. Le traduzioni non sono molte. A noi sono
pervenuti sette manoscritti dei formulari del Quattrocento
e un manoscritto del Seicento (Cassuto, 1930b). Per
questa sede ho preso tre manoscritti quattrocenteschi, tutti
scritti nella zona mediana d’Italia, un’edizione a stampa,
Fano 1506, ed il manoscritto seicentesco, scritto in area
settentrionale. 2
Per un primo confronto tra queste cinque fonti ho
scelto due parti centrali della preghiera quotidiana. L’una,
Scema Israel, Ascolta Israel, composta dai tre brani
biblici, Dt 6:4-9, Dt 11:13-21 e Nm 15:37-41, si legge due
volte a giorno; l’altra, Scemona ‘Esre, Diciotto
benedizioni, che rappresentano la preghiera per
eccellenza, è composta da diciannove benedizioni
(nonostante il suo nome) e si legge tre volte al giorno. Ho
scelto queste due parti del libro di preghiere, perché da un
lato sono i brani più antichi, più imprescendibili e più letti
del rituale quotidiano, dall’altro sono scritti con
moltissime citazioni dirette e nascoste della Bibbia,
usando quasi solo il lessico biblico. L’ebraico in cui sono
scritti è molto chiaro e semplice. Cioè da una parte il loro
lessico può essere confrontato con le traduzioni cristiane e
giudeo italiane della Bibbia; dall’altra le traduzioni giudeo
italiane di questi brani dovrebbero essere antiche e ben
radicate nella tradizione popolare.
1
Vorrei ringraziare Prof.ssa Luisa Ferretti Cuomo e Prof.
Marcello Aprile, che hanno letto l’articolo e fatto importanti
considerazioni.
2 Abbreviazioni:
F = L’edizione stampata del rituale ebraico tradotto in italiano,
Fano 1506
Q1 = Ms. Parma de’ Rossi ital. 7 [scritto nel 1484 a Firenze o
vicino]
Q2 = Ms. London 625 [Or. 2443] [scritto nel 1483 a
Montalboddo <Ostra>]
Q3 = Ms. JTS Mic. 4076 [secolo XV]
S = London Or. 10517 [secolo XVII]
V = Vulgata
BV = La Bibbia Volgare, a cura di C.Negroni, 10 vol., Bologna
1882-1887
D = Bibbia, G. Diodati (trad.), Ginevra 1607
B = Bibbia, A. Brucioli, F. Durone, Ginevra 1562.
2. La somiglianza delle traduzioni ebraiche
quattrocentesche tra loro
Di fatto, nonostante che gli amanuensi dei manoscritti
del rituale si definiscano talvolta “traslatori”, tutte le
traduzioni quattrocentesche sono molto simili tra loro, e
non permettono di mettere in dubbio l’esistenza di una
tradizione comune che sta alla loro base. Vediamo un
confronto delle traduzioni del Dt 6:5:
(1):‫ואהבת את ה’ אלהיך בכל לבבך ובכל נפשך ובכל מאדך‬
[e-amerai a Dio Dio-tuo in/con-tutto cuore-tuo e-in-tutta
anima-tua e-in-tutta forza-tua]
F: e amarai aDomedet Det tuo en tutto lo core tuo en tutto
lanimo tuo e en tutto lo avere tuo
Q1: e amarai aDomedet loDet tuo con tutto locore tuo e
contutto lanimo tuo e contutto lavere tuo
Q2: e amarai Domeded Ded tuo con tutto locore tuo econ
tutto lanimo tuo con tutto lavere tuo
Q3: e amarai Domedet Det tuo con tutto locore tuo e con
tutto lanimo tuo e con tutto lo avere tuo
S: e amarai il Signior Iddio tuo con tutto il cor tuo e con
tutta l’anima tua e con tutta la faculta tua
Ed ecco la Vulgata, a cui seguono le traduzioni in volgare,
La Bibbia Volgare, Diodati e Brucioli.
V: diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo et ex
tota anima tua et ex tota fortitudine tua
BV: Ama Iddio, tuo Signore, con tutto il tuo cuore e con
tutta l’anima tua e con tutta la fortezza tua
D: ama dunque il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore,
con tutta l’anima tua, e con tutto il maggior potere
B: Tu amarai dunque il Signore Dio tuo con tutto il cuor
tuo, con tutta l’anima tua, e con tutte le tue forze
Si vedono diverse differenze tra le quattro traduzioni
quattrocentesche e la traduzione seicentesca. Ne
considereremo solo due. Prima di tutto, il nome di Dio,
che è giudeo italiano tradizionale nelle traduzioni più
antiche: Domedet Det (o Domeded Ded); mentre nella
traduzione seicentesca, S, la forma è italiana: Signor
Iddio. In secondo luogo, la parola “me’od”, “forza” - il cui
principale significato è “molto” - è tradotta nelle fonti
quattrocenteschi “avere”. I commentatori ebraici
tradizionali, infatti, capiscono la parola del nostro versetto
nel senso di “proprietà, beni”. Invece nella traduzione
seicentesca questa parola è tradotta “faculta”, secondo la
lettera del versetto.
Michael Ryzhik
Contemporaneamente, però, vediamo che tutte le
cinque traduzioni ebraiche, compresa questa seicentesca,
sono simili tra loro nella loro adesione all’originale
ebraico riguardo all’ordine delle parole, lo core tuo, il cor
tuo, l’avere tuo, la faculta tua, contro le tue forze, il tuo
maggior potere nelle traduzioni cristiane; ed anche
riguardo alla forma del verbo amare, che è il futuro
amarai in tutte le traduzioni ebraiche contro ama nella
Bibbia Volgare e Diodati (e tu amarai in Brucioli, che
forse segue la traduzione ebraica, ma aggiunge il
pronome). Anche la traduzione faculta al posto di avere
nella traduzione seicentesca sembra essere un risultato
dello sviluppo interno, indipendente dalla traduzione
cristiana; o meglio, un compromesso fra le due tradizioni
attraverso una brillante soluzione lessicale. Già dalle
prime documentazioni volgari, infatti, il termine facoltà
può essere interpretato tanto nel senso astratto di “potere,
capacità, ecc.”, che in quello concreto di “beni, sostanze”,
come in latino.
3. La somiglianza delle traduzioni ebraiche
tra loro
La somiglianza tra tutte le traduzioni ebraiche,
compresa questa seicentesca si può vedere non solo nella
tecnica della traduzione e nell’adesione all’originale
ebraico, ma anche nel uso del lessico specifico giudeo
italiano:
(2) ‫השמרו לכם פן יפתה לבבכם וסרתם ועבדתם אלהים אחרים‬
:‫והשתחויתם להם‬
[Guardate a-voi che-non venga sedotto/si corrompa
cuore-vostro e-devierete e-servirete dei altri e-vi
prosternerete a-loro] (Dt 11:16)
F: guardeti avoi en quanno semunisca li core vostro e
cessareteve e servereti dei altri e salutareti a essi
Q1: guardeti avoi enquanno sesemonisca locore vostro
ecessare <...> aessi
Q2: guardete avoi non quanno sesimonisca locore vostro
ecesseriteve eservirete addei altre esalutarete aesse
Q3: guardetive avoi chenon se simonisca locore vostro e
cessaretive e servereti dei altri e salutareti a essi
S: guardatevi a’ voi che non [vi] simonisca il cor vostro e
vi levarete e servirete idoli altri e salutarete a’ quelli
V: cavete ne forte decipiatur cor vestrum et recedatis a
Domino serviatisque diis alienis et adoretis eos
BV: Guardatevi ne per ventura il vostro cuore sie
ingannato e partiatevi da Dio e serviate agli dii altrui, e
sì gli adoriate
D: guardatevi che talora il vostro cuore non sia sedotto, sì
che vi rivoltiate a servire a dii stranieri, e ad adorarli
B: Guardateui dunque, che perauentura il vostro cuore non
sia disuiato, e vi dipartiate, e seruiate a’ gli dii stranieri, e
vi inginocchiate dinanzi a’ loro
Per quel che riguarda il verbo “semonire / simonire” lo
ho trovato solo in fonti giudeo italiane, p.es. nelle glosse
di Jehuda Romano, pubblicate dalla Benedetti Stow (1990,
s.v.), e nel vocabolario Maqre Dardeqe, Napoli 1488; In
ambedue il radicale ‫פתה‬, sedurre o esser sedotto, è
tradotto ‫סימונימינטו‬, simonimento, e come esempio, nel
Maqre Dardeqe, è citato proprio il nostro versetto. Nei
testi giudeo italiane è diffusa anche la parola simunia nel
senso di “il prezzo della corruzione” (Cuomo, 1985:112).
Nelle fonti non ebraiche delle origini – secondo i dati
ricavabili dalla banca dato dell’OVI - si trova la forma
semonire, ma si tratta evidentemente di un omofono, in
quanto dal contesto si deduce il senso di “predicare”,
probabilmente da un sermonire, anche se le
documentazioni ci danno la forma sermonare: “Con pace
he con umilità. Cului ch’è Dio nostro signore Fece
questo mondo co[n] tanto amore Che ffe’ la giente
sermonare E convertire he doctrinare”;3 “Quest’uomo
è leggiere
come
il
tigro;
e
questo
prete
dovrebbe sermonare al popolo come san Piero”. 4
In Pietro da Bescapé, 1274 (lomb.): “Or digemo del
segnor veraxe, Comente nosco el fe’ paxe; Ke ‘l se
degnò a nu venire A magistrare et semonire; Predicando
omiunca hom E facendo grande sermon, Ke nu devesem
obedire E la drita via pur tenire”; “E humelmente sì ge
respose, Parlando molt cum plana vox. El i asponeva la
scriptura Parlando con grande mensura. El comença’ a
semonire, Illi no volevan pur audire.” 5
Ed in altra fonte lombarda, Elucidario, XIV in. (mil.): “on
per semonire, sì como del papa Benedicto in forma d’un
mostro maravelioxo, lo cho’ del quale e la choa era
sì como d’aseno, e lo mezudo sì com de orso.” 6
Troviamo naturalmente il verbo simoneggiare,
semonizare, però tutte le documentazioni dipendono
dall’uso dantesco nel Paradiso e si trovano quasi solo nei
commenti alla Commedia (Jacopo della Lana, L’ Ottimo,
Boccaccio, Francesco da Buti). Forse proprio per
l’assenza delle fonti non ebraiche questo verbo con
un’etimologia così cristiana si è conservato nell’uso
giudeo italiano. Il lessico specifico giudeo italiano, che
unisce tutte le traduzioni del rituale, si trova talvolta anche
in fonti cristiane, dove sembra essere raro e marginale.
(3):‫וזוכר חסדי אבות ומביא גואל לבני בניהם למען שמו באהבה‬
[e-ricordante le misericordie di-padri e-conduce
riscattatore a-figli di-figli-loro per nome-suo in/conamore] (Scemona ‘Esre:1)
F: arrencorda li misericordii alli patri e fai venire lo
sconperatore alli figlioli de li figlioli loro per lo nome
suo en amore
Q1: e rincorda limisericordii delli patri venire
esconperatore alli figlioli delli figlioli loro per lonome
suo con amore
Q2: arrincorda limisiricordii dellipatri [e fa venire]
esconparatore allifiglioli dellifiglioli loro per lonome suo
con amore
Q3: arrencorda lamisiricordia delli patri e fao venire
sconperatore alli figlioli delli figlioli loro per lo nome
suo con amore
S: e si ricorda de li misericordie de li antichi e conduce
scomperator a’ li figlioli de li figlioli loro per il nome suo
con amore.
Il verbo “scomperare” ed il nome “scomperatore” nel
senso di “riscattare” sono molto diffusi nelle fonti giudeo
italiane, compreso il Maqre Dardeqe.7 La parola è legata
3
Broggini (1956: 89).
Chabaille (1878-1883: L.8, cap.50).
5
Bescapè (1901: 47,50).
6
Innocenti (1984: 193).
7
‫סקונפיראו‬, sconperao, vedi Cuomo (1985: 111); Roth (1950:
155).
4
Lessico delle traduzioni dei testi liturgici ebraici in dialetti giudeo italiani
al “comprare” nel senso di “riscattare” in Jacopone e
Niccolò del Rosso e vicina al latino medievale
excomparatio “compera, acquisto” (Cuomo, 1985: 111).
Il verbo “scomprare” nel senso “riscattare” ed è
documentato nell’OVI, però è molto raro, e si trova solo
in un documento veneziano dall’anno 1371: “Nui, Johann
de Bona, rector di Ragusa, iudesi, consilieri et
comun dela dita terra, a vui, misser lo consolo deli
Viniciani in Salonich, et ser Lucha Pençin dela dita çitade
de Vinesia, over a çaschuno altro de qualchuncha stado
over condicion si sia che vorrà scomparar Çugno
de Sorgo, nostro çintil homo de Ragusa, da carçere, in la
qual sta in Salonich”; “et una terza littera scripta per man
delo dito Çugno, chomo lo dito Çugno serà liberado et
affranchado da carcer, et quello che reschatarà over
scompararà lo dito Çugno de carçere”; “sicho’ haverà
pagado per scomparar lo dito Çugno”; “ per li quali
tormenti et per la fame muolti deli detti presonieri sono
morti, et muolti se scompare; et tolse lor di rescato
circa IVM ducati; et puochi so’ romasi vivi in le lor
mane”.8
E sarebbe forse auspicabile una ricerca su questo Johann
de Bona, indagando sui suoi possibili legami con la
comunità ebraica locale.
4. La somiglianza tra le traduzioni ebrache
ed italiane
Nonostante la chiara differenza tra le traduzioni
ebraiche e quelle cristiane talvolta, come ha mostrato
Sermoneta (1978) per le traduzioni dei Salmi, la scelta
lessicale comune permette di vedere l’esistenza di una
parentela tra queste tradizioni.
(4)‫ראה נא בענינו וריבה ריבנו‬
[vedi per-favore in-disastro-nostro e-litiga lite-nostra]
(Scemona ‘Esre:7)
F: vedi mo nella affrizione nostra e litica la lita nostra
Q1: vidi mo nella affrizione nostra elitica lalite nostra
Q2: vidi mo nellaffrizione nostra elitica lelite nostra
Q3: vedi mo nellafflizione nostra e litica lalite nostra
S: vedi di grazia nell’afflizione nostra e litiga le lite nostre
La parola afflizione traduce qui la parola ebraica ‫עני‬,
povertà, disastro, calamità.
Di fatto già nella Vulgata troviamo ADFLICTIONEM nel
versetto in questione, e il lessema torna poi in tutte le
traduzioni cristiane.
V: vide Domine adflictionem meam (Lam 1: 9).
BV: guarda e vedi, Signore, la mia afflizione (La 1: 9).
D: vedi la mia afflizione (Sal 25: 18); riguarda alla mia
afflizione (Lam 1: 9).
B: riguarda la mia afflitione (25: 18); riguarda, Signore la
mia afflitione (Lam 1: 9).
Nell’edizione Fano e in due manoscritti la parola si trova
nella forma semidotta affrizione, documentata anche nelle
fonti italoromanze: in Bosone da Gubbio: “ma poi sentono
maggiore affrizione”, “ho udito che Iddio pruova con
affrizione i suoi perfetti amici”; “udendo loro affrizione
“;9 nell’Ottimo: “però ch’elle periscono in affrizione
pessima” (nella citazione biblica da Ecclesiaste);10 nel
Filippo Ceffi: “speriamo in Dio; il quale, appresso a
questa affrizione, ne darà vittoria contra li nemici”;11 nei
Trattati di Albertano:
“senteno affritione
uvero
torme(n)to”;12 ed addirittura nel Fiore: “Pianto, sospiri,
pensieri e afrizione Eb[b]i vernando in quel salvag[g]io
loco”.13 Secondo i dati dell’OVI, 8 volte nella forma con
la /r/, contro circa 230 con la /l/.
5. I segni della traduzione orale
Come si è detto, tutte le traduzioni ebraiche sono molto
simili tra loro. Però ci sono anche delle differenze non
trascurabili. La grafia è molto diversa nei diversi
manoscritti. Per esempio, il nome di Dio, Domedet Det, è
scritto in diverso modo in ogni manoscritto.
(5) F: ‫( דוֹמְידֵית ֵדית‬Dowmejdejt Dejt)
Q1: ‫ ( דּוֹ ֵמ ֶדּת ֵדּית‬Dowmedεt Dejt)
Q2: ‫( דּוֹ ְמדֵּיד דֵּיד‬Dowmedejd Dejd)
Q3: ‫( דוֹ ֵמדֵת דֵית‬Dowmedet Dejt)
Però all’interno di ogni manoscritto la grafia di questo
nome è molto stabile.
In un manoscritto, Q2, ci sono alcune indicazioni sulla
tecnica di scrittura, ch’era o a memoria, o sotto dettatura:
prima si diceva il termine o il sintagma ebraico
considerato come un’unità, e subito dopo la sua
traduzione, com’è descritto da Cuomo (2000: 55-56).
Perciò in alcuni luoghi è scritta e cancellata o la parola
ebraica, o l’inizio della parola ebraica in questione.
(6) a. Scemona ‘Esre: 3
‫ושבחך אלהינו מפינו לא ימוש לעולם ועד‬
[e-lauda-tua Dio-nostro da-bocca-nostra non muoverà asecolo e-sempre]
‫ ֵאי ַסנְטוֹ ֵאי ַל ַלאוֹ ָדא טוֹאָה ֵדּיד נוֹ ְש ְטרוֹ ַד ָלבוֹ ָקא נוֹ ְשׁ ְט ָרא )לא( נוֹן‬:Q2
‫ְסי ְצי ְסי ָרה אָ ְסיקוֹלוֹ אַ ֶסנְ ְפרי‬
Q2: e lalaoda toa Ded nostro dallabocca nostra (lo) non
secessera asecolo asenpre
La parola lo (“non” in ebraico) è scritta al posto del “non”
e cancellata.
b. Scemona ‘Esre: 4
‫אתה חונן לאדם דעת ומלמד לאנוש בינה וחננו מאתך דעה בינה והשכל‬
[Tu doni a-uomo sapere e-insegna a-uomo inteletto edona-a-noi da-te sapere inteletto e ragione]
‫ישׁי אַלוֹמוֹ )ב( ְאינְ ְטי ְליטוֹ‬
ְ ְ‫ טוּ קוֹ ְרדוֹ ְליְי אַלוֹמוֹ ָס ְפ ְרי ֵאינ‬:Q2
‫ֵאיקוֹ ְרדּוֹ ְליָיא נֹוְאי ַד ִטי ָס ְפ ְרי ֵאינְ ְטי ְליטוֹ ֵאי ֵאינְ ְטי ְליטוֹ ְבנְי ְדיטוֹ ִסיְי טוּ‬
‫דוֹ ְמ ֵדּיד ִקי קוֹ ְרדוֹ ְליְי לֹ ָס ְפי ְרי‬
Q2: tu cordogli allomo sapere enesce allomo (b) enteletto
ecordoglia noi datti sapere e enteletto
La lettera b, prima lettera della parola ebraica bina,
intelletto, è scritta e cancellata.
c. Scemona ‘Esre: 14
‫ ובנה אתה בנין עולם‬.‫ולירושלם עירך ברחמים תשוב‬
[e-a-Gerusalemme città-tua in/con-misericordie tornerai.
E-edifica a-questa edificio eterno]
‫ְרוּשׁ ָל ִם צִיטָאדְי טוֹאָה קוֹן ְפיָיא ָטדְי תּוֹ ְרנָא אֵימוּרָא אְיסָה‬
ָ ‫ אֵסוֹ ְפרְי י‬:Q2
‫מוֹרַאמְינְטוֹ ְדסֶינְ ְפרְי‬
10
Torri (1827: 332).
Gianardi (1942: 50).
12
Faleri: 5031.
13
Contini (1984: 70).
11
8
9
Johann de Bona (1896: 129-130).
Bosone da Gubbio (1833: 244, 289, 331).
Michael Ryzhik
Q2: esopre Jeruscialaim cittade toa con piatade torna
emura essa moramento desenpre.
Lo scrivano ha scritto la lettera ebraica taw [‫]ת‬, che
non si usa nella scrittura giudeo italiana, in posto della
lettera tet [‫]ט‬, che si usa in questa scrittura. La lettera taw
è la prima lettera della parola ebraica tashuv, tornerai. La
pronuncia della taw in questa posizione non è diversa
dalla questa di tet, perciò lo scrivano non ha cancellato la
taw, ma ha finito la parola, torna, con la taw in posto di
tet, all’inizio della parola.
6. Il cambiamento del lessico antico con il
lessico moderno
La differenza più sostanziale tra le traduzioni
quattrocentesche e la traduzione seicentesca è dovuta al
cambiamento del lessico antico con il lessico più
moderno.
(7):‫ובלכתך בדרך ובשכבך ובקומך‬
[e-in-andare-tuo in-strada e-in-coricare-tuo e-in-levaretuo] (Dt 6:7)
F: enello jire tuo per la via e nello colicare tuo e nello
levare tuo
Q1: enello jire tuo per lavia e nello colicare tuo e nello
levare tuo
Q2: nellojire tuo per lavia nellocolecar tuo enellolevare
tuo
Q3: e nello jire tuo per lavia enne locolcare tuo enello
levare tuo
S: e nel camminar tuo per la via e nel giacer tuo e nel
rizzar tuo
V: et ambulans in itinere dormiens atque consurgens
BV: e andando sì le penserai; e rauna nella mente tua, e
dormendo e levandoti
D: e quando tu camminerai per via, e quando tu giacerai,
e quando tu leverai
B: e quando tu andarai per la via, e quando sarai nel
letto, e quando tu leuarai.
“Ire” dei manoscritti quattrocenteschi diventa nel
manoscritto tardivo “camminare”, “colicare / colcare”
diventa “giacere”. Si bada che nelle traduzioni giudeo
italiane la forma non è “colcare” (da collocare), ma
“colicare”, che sembra essere incroccio tra “colcare” e
“coricare”. Questa forma, “colicare”, è documentata
nell’italiano antico (l’OVI) solo 7 volte in due autori, sei
volte nel Trecentonovelle del Sacchetti: “accostandosi alla
cassa del letto pianamente, se alcun panno trovasse di
colui che s’ era colicato”; “s’ avvide ogni cosa esser ita
su per lo letto, e colicandosi, appena trovò un poco d’
asciutto”; “la bella si colicò da capo ... e da piede lungo il
muro si colicò la terza”; “colicandosi un frate minore con
una sua donna”; “elli si colicò da piedi”;14 ed una volta
nel Tesoro da Bonafé: “se volen colechare Entro la
fossa”.15
Invece coricare è documentato 190 volte, e colcar più
di 100, dai diversi autori, compreso Bibbia Volgare: “e
tale si colca la sera sano e salvo, che è trovato morto la
mattina in sul letto” (Pr 27:1). Vediamo cioè che la forma
giudeo italiana si trova negli altri dialetti italiani, però lì è
rara o addiritura limitata a poche fonti o ad una sola.
Vedremo altri esempi di questo fenomeno.
(8) ‫ולמדתם אתם את בניכם‬
[e-insegnarete a-essi a figli-vostri] (Dt 11: 19)
F, Q1, Q2, Q3: e nescereti essi alli figlioli vostri
S: et insegnarete quelli alli figlioli vostri
V: docete filios vestros
BV: Insegnate e ammaestrate i vostri figliuoli
D: e insegnatele a’ vostri figliuoli
B: Et insegnatele a’ i vostri figliuoli.
Il verbo “nnescere” nel senso di “insegnare” è uno dei più
diffusi e caratteristici per il giudeo italiano (Cuomo,
1976:49). Però anche in una fonte non ebraica antica, cioè
nelle romanesche Storie de Troia e de Roma, è
documentato questo uso del verbo “nescere”: “E poi ke
recipeo la sinioria molte provincie sapientemente le
amministrao. Et a li cavaleri novilemente nescea
cavallaria, allora li romani usavano uno proverbio e
diceano: ‘Lo cavaleri nesce la cavalleria’”; “Et poi li
Romani mannaro ad Numidia Metellus, lo quale
trovao tutta l’oste corrupta e pigra e lassa et ordinao ke
non devessero commattere, ma de tutti boni custumi
li nesceo de li cavalieri nanti giti. Et poi ke foro nutriti
gero sopre Numidia”; “De Adriano imperatore. Cellius
Adrianus, nato in Ytalia, regnao xxij anni. Questo
fece granne spesa ad nescere lectera greca et da molti era
clamato Graculus ne le studia de Athena. Et fo
inseniato in custumi, ma non audace in parlamento tanto,
ma in tutte altre”.16 È significativo che questo uso si trova
in una fonte romanesca, nella patria del giudeo italiano. In
altri autori italiani antichi esiste, nonostante la sua rarità, il
verbo “nescere” nel senso “non sapere”: “Unde,
vedemo, non vale, ma disvale grandessa a vil e
nescent’ omo, e disnor li porgie”;17 “Ahi, como è ben
disorrato nescente qual piò tiensi saccente, se divin
giudici’ onn’ intender crede, e ciò che lo saver suo non
ben sente reo stimar mantenente”;18 “Messer Tristano fu
veramente ingannato egli nescentremente, per lo
beveraggio amoroso”.19
(9)‫וכתבתם על מזזות ביתך ובשעריך‬
[e-scrivi-essi su stipiti [di-]casa-tua e-in-porte-tu ] (Dt 6:
9)
F: e scrivi essi sopre li balistrati de la casa toa e ne li
porti toi
Q1: e scriverai essi sopre alli balestratichi dellacasa toa
enelli porti toi
Q2: escriverai esse sopre libalestratichi dellacasa toa
edelliporte toi
Q3: e scriverai essi sopre libalestratichi de lacasa toa e
delli porti toi
S: e scriverai quelle sopra li stipidi de la casa tua e ne le
porte tue
V: scribesque ea in limine et ostiis domus tuae
16
Monaci (1920: 210, 289, 301).
Guittone, Lettere: 309.
18
Egidi (1940: 213).
19
Polidori (1984: 118).
17
14
15
Sacchetti (1946: 39, 183, 226, 532, 583).
Frati (1915: 116).
Lessico delle traduzioni dei testi liturgici ebraici in dialetti giudeo italiani
BV: E sì le scriverai al piede dell’ uscio della casa tua (Dt
6: 9); E fa che tu le scriva sopra il sogliaio dell’ uscio e
delle porte della casa tua (Dt 11: 20)
D: scrivile ancora sopra gli stipiti della tua casa, e sopra
le tue porte
B: Tu scriuerai ancora quelle ne gli stipiti de la tua casa,
e ne le tue porte
La parola “benedetto” è cambiata con la parola
“lodato”, e così in tutte le diciannove benedezioni nella
traduzione seicentesca, per la difficoltà nota nella
letteratura religiosa ebraica, per cui l’uomo non può
benedire il Dio. Invece il Dio può benedire l’uomo, e
vediamo questo in un altro luogo delle Diciotto
benedizioni nel S.
Nelle traduzioni del rituale nel senso degli “stipiti” si
usa il nome balestrati / balestratichi, che è il più comune
in questo significato nel giudeo italiano, così per esempio
nella traduzione del libro di Amos (Cassuto, 1930a: 31) e
nel Maqre Dardeqe (‫בליסטראטיקי‬, balestratichi). Nelle
fonti non ebraiche ho trovato solo due esempi dell’uso di
questa parola con il significato “stipite”, ambedue nella
Bibbia Volgare, nel libro di Ezechiel: “I quali hanno
fabbricato il suo sogliaro appresso il mio, e le sue
balestrade appresso le mie; e lo muro era fra loro e me”
(Ez 43:8); “E torrà il sacerdote del sangue il quale
sarà per lo peccato, e porranne nelle secrete entrate
del tempio, e nelli quattro anguli del circuito dell’
altare, e nelle balestrade di dentro della porta dell’
atrio di dentro” (Ez 45:19).
Questo uso così limitato nell’italiano comune può
alludere ai legami tra la Bibbia Volgare e traduzioni
giudeo italiane.
(12) ‫ברך עלינו ה’ אלהינו את השנה הזאת‬
[Benedici su-noi Dio Dio-nostro a l’anno il-questo]
‫ ֵבינֵי ִדי ֵצי סוֹ ְפ ַרה נוֹ ִאי ִסינְייוֹר ִאי ִדיאוֹ נוֹ ְס ְטרוֹ ל”אַנוֹ ְפ ֵרי ֶסינְ ֵטי‬:S
S: Benedici sopra noi Signor Iddio nostro l’anno presente
(10) ‫והעלה רפואה שלמה לכל מכותינו ולכל תחלואינו‬
[e-fa-salire guarigione piena a-tutti ferite-nostre e-a-tutte
infermità-nostre] (Scemona ‘Esre:8)
F: e fa salire refua adenpiita atutti li feruti nostri e atutti li
malati nostri
Q1: efa salire refua shlema atutti li makkot nostri e atutti
lingrotanzi nostri
Q2: efa salire medicina adinplita atutti leferute nostre
etutte langrottanze nostre
Q3: efa salire medicina adenplita atutti liferiti nostri e
atutti lingrottanzi nostri
S: e produce sanita prefetta a’ tutti li percossi nostri.
Il verbo ‫ ָח ָלה‬, essere infermo, è tradotto nel Maqre
Dardeqe proprio con il verbo ‫אנגרוטאו‬, ingrottao. Simili
parole sono documentate nell’italiano antico, però solo
due volte: “Molto istavano divoti prencipi e
sacerdoti, adirati ed ingroti”;20 “e venni ingrotto,
infermo, pover, nuto, cieco, sordo e muto”.21 Cioè anche
in questo caso vediamo parola rara che diventa parola
giudeo italiana comune.
7. Il cambiamento del lessico per ragioni
ideologiche
Talvolta il cambiamento del lessico può radicarsi nelle
ragioni che possono essere chiamate teologiche
(11) ‫ברוך אתה ה’ אלהינו ואלהי אבותינו‬
[Benedetto tu Dio Dio-nostro e-Dio [di-]padri-nostri]
(Scemona ‘Esre:1)
F, Q1, Q2, Q3: Benedetto [sii] tu Domedet Det nostro e
Det de li patri nostri
S: Lodato sei tu Signor Iddio e Dio de li padri nostri
20
21
Contini (1960: 903).
Egidi (1940: 65).
8.
Tratti meridionali
Come in tutti i testi giudeo italiani medievali nelle
traduzioni del rituale spiccano i tratti meridionali,
compresi quelli meridionali estremi. Tranne molti tratti
fonetici, come assimilazioni nd > nn, mb > mm,
affricatizzazione delle fricative dopo m, l, n (conzolieri al
posto di consolieri), si trovano tratti lessicali come
inzemora “insieme”. Porteremo alcuni esempi.
(13) ‫ונתתי מטר ארצכם בעתו יורה ומלקוש ואספת דגנך ותירשך‬
‫ויצהרך‬
[e-darò pioggia [di-]terra-vostra in-tempo-sua primapioggia e-pioggia-tardiva e-raccoglierai frumento-tuo evino-tuo e-olio-tuo] (Dt 11:14)
F: e daraggio pioggia nella terra vostra nello tenpo suo
primotico e tardio e arrecoglerai lo lavore tuo e lo mosto
tuo e lo olio tuo
Q1: e daraio laploggia de laterra vostra nello tenpo suo
primotica e tardiva e raccoglierai lolavore tuo e lo mostto
tuo e [lolio]
Q2: edaraggio lapioggia dellaterra vostra nellotenpo suo
premotico etardio e arriccoglerai lolavore tuo elomosto
tuo elolio tuo
Q3: e daraio laploggia dellaterra vostra nello tenpo suo
primotico e tardio e reccoglierai lolavore tuo e lo mosto
tuo e lolio tuo
S: e Io daro la pioggia de la terra vostra nel tenpo suo
temporita e tardiva e redunerai il formento tuo et il
mosto tuo e l’olio tuo
V: dabo pluviam terrae vostrae temporivam et serotinam
ut colligatis frumentum et vinum et oleum
BV: egli darà la piova e l’ acqua alla vostra terra, nel
tempo e nella stagione sua, acciò che voi raccogliate il
grano, il vino, [l’ olio],
D: che io darò al vostro paese la sua pioggia al suo tempo,
la pioggia della prima dell’ultima stagione; e voi
ricoglierete il vostro frumento, il vostro mosto e il vostro
olio
B: Io darò la pioggia a’ la vostra terra al suo tepo,
primaticcia e serotina, e così tu raccoglierai il tuo grano,
et il tuo vino, et il tuo oglio.
La parola lavore nel senso di frumento è caratteristica
dell’estremo Sud, Calabria, Puglia (Rohlfs, 1977:358; id.,
1976:289), Sicilia. In Sicilia già nel Trecento: “In Sicilia
duy scuti sudaru sangui et a quilli qui metianu li lavuri
apparsiru li spiki sanguilenti”.22 In questo senso è comune
22
Ugolini (1967: a026).
Michael Ryzhik
nei testi giudeo italiani, compreso Maqre Dardeqe: ‫לבורי‬,
‫לאבורי‬, lavore.
La parola primotico nel Maqre Dardeqe ‫פרימוטיקו‬
(primotico) è documentata nel senso della prima pioggia e
dei primi frutti della primavera; in quest’ultimo senso si
trova anche nell’abruzzese. 23
(14) ‫דבר אל בני ישראל ואמרת אליהם ועשו להם ציצת על כנפי‬
:‫בגדיהם לדרתם ונתנו על ציצת הכנף פתיל תכלת‬
[parla a figli [di-]Israel e-dirai e-essi e-faranno a-loro
fimbrie su estremità [di-]vesti-loro e-darnno su fimbrie
[di-]estremità filo azzurro] (Nm 15: 38)
F: favella alli figlioli di Israel e dirai aessi e faranno aessi
pinnagli sopre li lenzole de li panne loro alli genorazii loro
e daranno sopre le pennagli la lanzola uno filo de veneto
Q1, Q2, Q3: filo deveneto
S: parla a’ li figlioli de Israel e dirai a’ quelli e faranno a’
quelli pendagli sopra li cantoni de li vestimenti loro alli
generazioni loro e poneranno sopra li pendagli del cantone
un filo celesto cioe de giacinto
V: ponentes in eis vittas hyacinthinas
BV: e ponetevi per quattro canti delle vestimente
legami azzurri
D: un cordono di violato
B: vna benda di hiacinto
Anche nel Maqre Dardeqe ‫תכלת‬, azzurro, è
tradotto ‫ויניטו‬, veneto. La parola veneto nel senso di rosso
scarlatto, vedrastro, dal tardo latino venetus, “turchino”,
nei dialetti moderni si trova nel estremo Sud.24
Nell’italiano antico si trova, ma è molto rara. L’ho trovato
usato solo due volte, ed in ambedue i casi nel testo si
spiega di che colore si parla, in Bono Giamboni: “di
colore Veneto, il quale è all’ acqua del mare
assomigliante”,25 e in anonimo Libro pietre preziose, XIV
secolo: “De’ Jacinti. Tre sono le generazioni de’ jacinti:
la Cynetri, critini e vanoteri. E tutti sono di confortativa
virtude, e cacciano ogni tristizia, e levano sospecioni; e li
granati sono milliori e sono rossi, li veneti ci anno colore
di cera e sente l’ aiere; imperciò che quando l’ aiere è
nuviloso et elli è obscuro, e quando è sereno sì è
risplendente e chiaro”.26
Nel S vediamo influenza della Vulgata, che è
accennuata nella forma di glossa. L’influsso di Vulgata
nella sua traduzione si può vedere anche in altri luoghi.
9.
S va con la Vulgata
(15) ‫שמע ישראל ה’ אלהינו ה’ אחד‬
[Ascolta Israele Dio Dio-nostro Dio uno] (Dt 6:4)
F, Q1, Q3: entenni Israel Domedet Det nostro Domedet
uno
S: avdi Israel il Signor Iddio nostro e Signior unico
V: audi Israhel Dominus Deus noster Dominus unum est
BV: Odi, Israel, e ascolta: Iddio, nostro Signore, è Iddio
uno
D: ascolta, Israele Il Signore Iddio nostro è l’unico
Signore
B: Ascolta Israel, Il Signore Dio nostro è solo Signore.
Il verbo intendere / intennere è comune e diffuso nel
giudeo italiano,27 anche in Maqre Dardeqe si trova
‫( אניטינירי‬entennere). Invece nella traduzione seicentesca
vediamo avdi, che sembra essere influenzata dalla
Vulgata, anche per la grafia, l’uso della consonante bet in
posto di semivocale waw.
(15) ‫ונתתי עשב בשדך לבהמתך‬
[e-darò erba in-campo-tuo a-bestia-tua] (Dt 11:15)
F, Q1, Q2, Q3: e daraio erva nello canpo tuo per labestia
toa
S: e Io daro l’erba nel canpo tuo pe la giumente tua
V: faenum ex agris ad pascenda jumenta
BV: e lo fieno de’ campi per pascere i vostri animali
D: farò ancor nascere dell’erba ne’ vostri campi per lo
vostro bestiame
B: Et io darò l’herba nel tuo campo per le tue bestie
Il nome giumente si usa al plurale, ma il pronome
possessivo e l’articolo sono al singolare. come succede
nelle traduzioni troppo letterali, nonostante che quest’uso
sia raro in S.
10. La formazione delle parole
In molti luoghi le traduzioni giudeo italiane usano la
stessa scelta lessicale in diversa forma morfologica o
morfosintattica.
(16)‫ברוך אתה ה’ מלך אוהב צדקה ומשפט‬
[Benedetto tu Dio Re amante misericordia e-giustizia]
(Scemona ‘Esre:11)
F, Q2: Benedetto sii tu Domedet Re che ami giustizia e
rascione
Q1, Q3: Benedetto tu Domedet che ama giustizia e
rascione
S: Lodato sii tu Signior Re amator de giudizio e giustizia
La necessità di tradurre il participio presente ebraico,
che nell’ebraico postbiblico funziona sia come il nome sia
come il presente del verbo, ha condotto nel nostro caso a
tre risoluzioni, al verbo, in due possibili persone, seconda
e terza, e al nome d’agente deverbale.
Vedremo una delle vie per costrutire i nomi deverbali,
con il suffisso -isc-, che secondo Rohlfs è più diffusa nel
Meridione. Sembra che molti nomi deverbali giudeo
italiani di questo tipo usati nelle traduzioni del rituale non
si trovino in altre fonti.
(17) ‫כי אל רופא רחמן ונאמן אתה‬
[che Dio medico misericordo e-vero tu] (Scemona
‘Esre:8)
F: che Det guariscetore cordoglioso e veritevole si tu
Q1: cheDet medico piatoso e veritevole situ
Q2: che Ded Regge guariscitore rappiatoso e leale situ
Q3: <...> medico piatoso e leale situ
S: poi che Dio e Re medico e reale e pietoso sei tu
23
Giammarco (1968-1969: 1589).
Calabrese venatu, venetru; pugliese venetu (Rohlfs, 1977:
760f; ib., 1976: 805).
25
Fontani (1815: 179).
26
Narducci (1869: 317).
24
27
Cuomo (1985: 103; idem, 1988: 124).
Lessico delle traduzioni dei testi liturgici ebraici in dialetti giudeo italiani
Non ho trovato la parola guariscitore in altre fonti
italiane, solo una volta guaritore, in una fonte molto
ufficiale: “Che’ essere prete o non prete si è accidente a’
trasgressori o a’ trapassanti per conparigione a’ giudici,
siccome essere lavoratore di terre o ffacitore di chase o
guaritore a malati è accidente essere musico o non essere
musico in conparizione al fisiziano”.28 I nomi deverbali
dal verbo guarire sono rari, tranne guarnigione. Una volta
si trova guarimento: “Imperciò che al morto indarno si
dà medicina! Ma insino che sono vivo, leggera aura mi
può infondere di guarimento soave rugiada”.29 E una
volta troviamo guariscimento, con lo stesso suffisso -isc-:
“E quali Melibeo abondantemente riguidordenò, e
pregolli che ellino procurassero studiosamente del
guariscimento de la sua figliuola”.30
(18) ‫את צמח דוד עבדך במהרה תצמיח‬
[a fiore [di-]David servo-tuo presto crescerai] (Scemona
‘Esre:15)
F: lo fiore de David servo tuo en agino fa fiorire
Q1: loflore deDavid servo tuo innaina fa florire
Q2: lofioriscimento deDavid servo tuo en nagina fa
florire
Q3: lo flore de David servo tuu inagino fa florire
S: il fiorimento di David servo tuo tosto farai fiorire
Nel verso biblico usato in questa benedizione (Ger 33:15)
la parola ‫ ֶצמַח‬, fiore, pianta, è tradotta nelle traduzioni
cristiane in modo diverso da quelle giudeo italiane:
V: germinare faciam David germen iustitiae
BV: In quello tempo farò germinare da David uno
rampollo di giustizia
D: io farò germogliare a Davide il Germoglio di giustizia
(Ier 33:15)
B: farò germogliare a’ Dauid vn germe di giustitia (Ier
33:15).
La forma fioriscimento è usata dal Q2, in cui troviamo
anche guarascitore. Si badi che nel seicentesco S
troviamo fiorimento, nome deverbale simile, ma senza il
suffisso -isc-. Nelle fonti italiani non ho trovato né
fioriscimento, né fiorimento.
(19) ‫תקע בשופר גדול לחרותנו‬
[suona in/con-corno grande a-libertà-nostra] (Scemona
‘Esre:10)
ֲF: sona en corno granno alla libertade nostra
Q1: sona con corno granne allalibertade nostra
Q2: sona con corno [granne] allaliberi[t]scimento nostro
Q3: sona con corno granne allalibertade nostra
S: sona con corno grande per liberare noi
Anche questa forma con il suffisso -isc- si trova nel
Q2. Sopra la resh [r] e la scin [sh] è scritta la tet [t], ma
sembra che fosse scritta dall’altra mano e che lo scrivente
volesse correggere in libertade, e non in liberatiscimento.
Non ho trovato forme simili a liberiscimento in altre fonti
italiane.
(20)‫אתה חונן לאדם דעת ומלמד לאנוש בינה‬
[Tu dona a-uomo sapere e-insegna a-uomo inteletto]
Scemona ‘Esre:4)
F: tu cordogli allu omo sapere e nesce allo omo
entalietiscimento
Q1: Tu cordogli allome sapere ennesce allome
entelletimento
Q2: Tu cordogli allomo sapere ennesce allomo (b)
enteletto
Q3: tu cordogli allomo sapere ennesce allomo
intallietiscemento
S: Tu fai grazia all’omo del inteletto e mostri all’omo
intelligenza
Anche la parola intelljitiscimento non ho trovato nelle
altre fonti italiane. Nel Maqre Dardeqe i verbi ebraici per
capire, conoscere (‫הבין‬, ‫ )השכיל‬sono tradotti con il verbo
intellitire, intelliteo (‫אנטיליטירי‬, ‫ )אנטיליטיאו‬da cui è
possibile formare il nome del tipo intellitiscimento. La
forma con la palatalizzazione del /l/ nell’italiano antico si
ritrova solo nella Cronica dell’Anonimo Romano del
secolo XIV: “e pregano Dio che fortifichi lo sio core e llo
intellietto in questo proponimento”; ”se mutava sio
intellietto como fuoco”; “Peio fao la iente senza
intellietto”.31 Potrebbe essere significativa la somiglianza
tra la forma romanesca e quella giudeo italiana.
11. Conclusione
Abbiamo visto che alla base delle traduzioni giudeo
italiane del rituale ebraico sta una tradizione comune,
nonostante che le scelte lessicali di questa tradizione
possano ricevere forma morfologica diversa in diversi
manoscritti. Il lessico specifico per queste traduzioni si
trova spesso come lessico marginale in altre fonti italiani,
specialmente romanesche e meridionali, anche estreme,
ma anche in quelle settentrionali, come nel caso del
scomparare, che è documentato proprio in veneziano. Non
abbiamo parlato di molti problemi legati al lessico del
rituale, per esempio delle traduzioni delle parole per
‫רחמים‬, compassione (o misericordia, pietà) e ‫חסד‬,
misericordia (o compassione, benignità) che sono tradotte
in modi opposti nelle traduzioni giudeo italiane e quelle
cristiane, però anche così vediamo che dal lessico in
questione possiamo imparare molto sui processi subiti dai
dialetti dagli ebrei in Italia e sui loro legami con gli altri
dialetti d’Italia.
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