Cresti, E. (a cura di) Prospettive nello studio del lessico italiano, Atti SILFI 2006. Firenze, FUP: Vol I, pp. 165-172 Lessico delle traduzioni dei testi liturgici ebraici in dialetti giudeo italiani Michael Ryzhik Accademia della lingua ebraica, Gerusalemme Abstract Il lessico delle traduzioni dei Formulari di preghiera ebraici è analizzato in confronto alle traduzioni italiane della Bibbia, alla Vulgata ed al lessico italiano antico. Si può vedere che alla base delle traduzioni giudeo-italiane quattrocentesche del Formulario sta una tradizione antica. Dal punto di vista lessicale questa tradizione sembra essere legata alla tradizione della Bibbia Volgare e della Vulgata. Però è ricco il lessico che si trova solo nei fonti giudeo-italiane, come il verbo semonire per sedurre. Molte parole che sono dell’uso comune nei volgarizzamenti dei Formulari di preghiera e negli altri fonti giudeo-italiani si trovano altrove, ma sono molto rare, come balistrate per stipiti, che si trova solo due volte nella Bibbia Volgare. Il lessico giudeo-italiano mostra anche legami con il romanesco antico, come il verbo nnescere per insegnare, che è diffusissimo nel giudeo-italiano e si trova altrove solo nelle Storie di Troia. 1. Premessa1 Le traduzioni del libro di preghiere ebraico, il Siddur, erano destinate alle donne, e la loro lingua avrebbe dovuto essere chiara specialmente alla popolazione incolta o non troppo colta. Le traduzioni non sono molte. A noi sono pervenuti sette manoscritti dei formulari del Quattrocento e un manoscritto del Seicento (Cassuto, 1930b). Per questa sede ho preso tre manoscritti quattrocenteschi, tutti scritti nella zona mediana d’Italia, un’edizione a stampa, Fano 1506, ed il manoscritto seicentesco, scritto in area settentrionale. 2 Per un primo confronto tra queste cinque fonti ho scelto due parti centrali della preghiera quotidiana. L’una, Scema Israel, Ascolta Israel, composta dai tre brani biblici, Dt 6:4-9, Dt 11:13-21 e Nm 15:37-41, si legge due volte a giorno; l’altra, Scemona ‘Esre, Diciotto benedizioni, che rappresentano la preghiera per eccellenza, è composta da diciannove benedizioni (nonostante il suo nome) e si legge tre volte al giorno. Ho scelto queste due parti del libro di preghiere, perché da un lato sono i brani più antichi, più imprescendibili e più letti del rituale quotidiano, dall’altro sono scritti con moltissime citazioni dirette e nascoste della Bibbia, usando quasi solo il lessico biblico. L’ebraico in cui sono scritti è molto chiaro e semplice. Cioè da una parte il loro lessico può essere confrontato con le traduzioni cristiane e giudeo italiane della Bibbia; dall’altra le traduzioni giudeo italiane di questi brani dovrebbero essere antiche e ben radicate nella tradizione popolare. 1 Vorrei ringraziare Prof.ssa Luisa Ferretti Cuomo e Prof. Marcello Aprile, che hanno letto l’articolo e fatto importanti considerazioni. 2 Abbreviazioni: F = L’edizione stampata del rituale ebraico tradotto in italiano, Fano 1506 Q1 = Ms. Parma de’ Rossi ital. 7 [scritto nel 1484 a Firenze o vicino] Q2 = Ms. London 625 [Or. 2443] [scritto nel 1483 a Montalboddo <Ostra>] Q3 = Ms. JTS Mic. 4076 [secolo XV] S = London Or. 10517 [secolo XVII] V = Vulgata BV = La Bibbia Volgare, a cura di C.Negroni, 10 vol., Bologna 1882-1887 D = Bibbia, G. Diodati (trad.), Ginevra 1607 B = Bibbia, A. Brucioli, F. Durone, Ginevra 1562. 2. La somiglianza delle traduzioni ebraiche quattrocentesche tra loro Di fatto, nonostante che gli amanuensi dei manoscritti del rituale si definiscano talvolta “traslatori”, tutte le traduzioni quattrocentesche sono molto simili tra loro, e non permettono di mettere in dubbio l’esistenza di una tradizione comune che sta alla loro base. Vediamo un confronto delle traduzioni del Dt 6:5: (1):ואהבת את ה’ אלהיך בכל לבבך ובכל נפשך ובכל מאדך [e-amerai a Dio Dio-tuo in/con-tutto cuore-tuo e-in-tutta anima-tua e-in-tutta forza-tua] F: e amarai aDomedet Det tuo en tutto lo core tuo en tutto lanimo tuo e en tutto lo avere tuo Q1: e amarai aDomedet loDet tuo con tutto locore tuo e contutto lanimo tuo e contutto lavere tuo Q2: e amarai Domeded Ded tuo con tutto locore tuo econ tutto lanimo tuo con tutto lavere tuo Q3: e amarai Domedet Det tuo con tutto locore tuo e con tutto lanimo tuo e con tutto lo avere tuo S: e amarai il Signior Iddio tuo con tutto il cor tuo e con tutta l’anima tua e con tutta la faculta tua Ed ecco la Vulgata, a cui seguono le traduzioni in volgare, La Bibbia Volgare, Diodati e Brucioli. V: diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo et ex tota anima tua et ex tota fortitudine tua BV: Ama Iddio, tuo Signore, con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua e con tutta la fortezza tua D: ama dunque il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, e con tutto il maggior potere B: Tu amarai dunque il Signore Dio tuo con tutto il cuor tuo, con tutta l’anima tua, e con tutte le tue forze Si vedono diverse differenze tra le quattro traduzioni quattrocentesche e la traduzione seicentesca. Ne considereremo solo due. Prima di tutto, il nome di Dio, che è giudeo italiano tradizionale nelle traduzioni più antiche: Domedet Det (o Domeded Ded); mentre nella traduzione seicentesca, S, la forma è italiana: Signor Iddio. In secondo luogo, la parola “me’od”, “forza” - il cui principale significato è “molto” - è tradotta nelle fonti quattrocenteschi “avere”. I commentatori ebraici tradizionali, infatti, capiscono la parola del nostro versetto nel senso di “proprietà, beni”. Invece nella traduzione seicentesca questa parola è tradotta “faculta”, secondo la lettera del versetto. Michael Ryzhik Contemporaneamente, però, vediamo che tutte le cinque traduzioni ebraiche, compresa questa seicentesca, sono simili tra loro nella loro adesione all’originale ebraico riguardo all’ordine delle parole, lo core tuo, il cor tuo, l’avere tuo, la faculta tua, contro le tue forze, il tuo maggior potere nelle traduzioni cristiane; ed anche riguardo alla forma del verbo amare, che è il futuro amarai in tutte le traduzioni ebraiche contro ama nella Bibbia Volgare e Diodati (e tu amarai in Brucioli, che forse segue la traduzione ebraica, ma aggiunge il pronome). Anche la traduzione faculta al posto di avere nella traduzione seicentesca sembra essere un risultato dello sviluppo interno, indipendente dalla traduzione cristiana; o meglio, un compromesso fra le due tradizioni attraverso una brillante soluzione lessicale. Già dalle prime documentazioni volgari, infatti, il termine facoltà può essere interpretato tanto nel senso astratto di “potere, capacità, ecc.”, che in quello concreto di “beni, sostanze”, come in latino. 3. La somiglianza delle traduzioni ebraiche tra loro La somiglianza tra tutte le traduzioni ebraiche, compresa questa seicentesca si può vedere non solo nella tecnica della traduzione e nell’adesione all’originale ebraico, ma anche nel uso del lessico specifico giudeo italiano: (2) השמרו לכם פן יפתה לבבכם וסרתם ועבדתם אלהים אחרים :והשתחויתם להם [Guardate a-voi che-non venga sedotto/si corrompa cuore-vostro e-devierete e-servirete dei altri e-vi prosternerete a-loro] (Dt 11:16) F: guardeti avoi en quanno semunisca li core vostro e cessareteve e servereti dei altri e salutareti a essi Q1: guardeti avoi enquanno sesemonisca locore vostro ecessare <...> aessi Q2: guardete avoi non quanno sesimonisca locore vostro ecesseriteve eservirete addei altre esalutarete aesse Q3: guardetive avoi chenon se simonisca locore vostro e cessaretive e servereti dei altri e salutareti a essi S: guardatevi a’ voi che non [vi] simonisca il cor vostro e vi levarete e servirete idoli altri e salutarete a’ quelli V: cavete ne forte decipiatur cor vestrum et recedatis a Domino serviatisque diis alienis et adoretis eos BV: Guardatevi ne per ventura il vostro cuore sie ingannato e partiatevi da Dio e serviate agli dii altrui, e sì gli adoriate D: guardatevi che talora il vostro cuore non sia sedotto, sì che vi rivoltiate a servire a dii stranieri, e ad adorarli B: Guardateui dunque, che perauentura il vostro cuore non sia disuiato, e vi dipartiate, e seruiate a’ gli dii stranieri, e vi inginocchiate dinanzi a’ loro Per quel che riguarda il verbo “semonire / simonire” lo ho trovato solo in fonti giudeo italiane, p.es. nelle glosse di Jehuda Romano, pubblicate dalla Benedetti Stow (1990, s.v.), e nel vocabolario Maqre Dardeqe, Napoli 1488; In ambedue il radicale פתה, sedurre o esser sedotto, è tradotto סימונימינטו, simonimento, e come esempio, nel Maqre Dardeqe, è citato proprio il nostro versetto. Nei testi giudeo italiane è diffusa anche la parola simunia nel senso di “il prezzo della corruzione” (Cuomo, 1985:112). Nelle fonti non ebraiche delle origini – secondo i dati ricavabili dalla banca dato dell’OVI - si trova la forma semonire, ma si tratta evidentemente di un omofono, in quanto dal contesto si deduce il senso di “predicare”, probabilmente da un sermonire, anche se le documentazioni ci danno la forma sermonare: “Con pace he con umilità. Cului ch’è Dio nostro signore Fece questo mondo co[n] tanto amore Che ffe’ la giente sermonare E convertire he doctrinare”;3 “Quest’uomo è leggiere come il tigro; e questo prete dovrebbe sermonare al popolo come san Piero”. 4 In Pietro da Bescapé, 1274 (lomb.): “Or digemo del segnor veraxe, Comente nosco el fe’ paxe; Ke ‘l se degnò a nu venire A magistrare et semonire; Predicando omiunca hom E facendo grande sermon, Ke nu devesem obedire E la drita via pur tenire”; “E humelmente sì ge respose, Parlando molt cum plana vox. El i asponeva la scriptura Parlando con grande mensura. El comença’ a semonire, Illi no volevan pur audire.” 5 Ed in altra fonte lombarda, Elucidario, XIV in. (mil.): “on per semonire, sì como del papa Benedicto in forma d’un mostro maravelioxo, lo cho’ del quale e la choa era sì como d’aseno, e lo mezudo sì com de orso.” 6 Troviamo naturalmente il verbo simoneggiare, semonizare, però tutte le documentazioni dipendono dall’uso dantesco nel Paradiso e si trovano quasi solo nei commenti alla Commedia (Jacopo della Lana, L’ Ottimo, Boccaccio, Francesco da Buti). Forse proprio per l’assenza delle fonti non ebraiche questo verbo con un’etimologia così cristiana si è conservato nell’uso giudeo italiano. Il lessico specifico giudeo italiano, che unisce tutte le traduzioni del rituale, si trova talvolta anche in fonti cristiane, dove sembra essere raro e marginale. (3):וזוכר חסדי אבות ומביא גואל לבני בניהם למען שמו באהבה [e-ricordante le misericordie di-padri e-conduce riscattatore a-figli di-figli-loro per nome-suo in/conamore] (Scemona ‘Esre:1) F: arrencorda li misericordii alli patri e fai venire lo sconperatore alli figlioli de li figlioli loro per lo nome suo en amore Q1: e rincorda limisericordii delli patri venire esconperatore alli figlioli delli figlioli loro per lonome suo con amore Q2: arrincorda limisiricordii dellipatri [e fa venire] esconparatore allifiglioli dellifiglioli loro per lonome suo con amore Q3: arrencorda lamisiricordia delli patri e fao venire sconperatore alli figlioli delli figlioli loro per lo nome suo con amore S: e si ricorda de li misericordie de li antichi e conduce scomperator a’ li figlioli de li figlioli loro per il nome suo con amore. Il verbo “scomperare” ed il nome “scomperatore” nel senso di “riscattare” sono molto diffusi nelle fonti giudeo italiane, compreso il Maqre Dardeqe.7 La parola è legata 3 Broggini (1956: 89). Chabaille (1878-1883: L.8, cap.50). 5 Bescapè (1901: 47,50). 6 Innocenti (1984: 193). 7 סקונפיראו, sconperao, vedi Cuomo (1985: 111); Roth (1950: 155). 4 Lessico delle traduzioni dei testi liturgici ebraici in dialetti giudeo italiani al “comprare” nel senso di “riscattare” in Jacopone e Niccolò del Rosso e vicina al latino medievale excomparatio “compera, acquisto” (Cuomo, 1985: 111). Il verbo “scomprare” nel senso “riscattare” ed è documentato nell’OVI, però è molto raro, e si trova solo in un documento veneziano dall’anno 1371: “Nui, Johann de Bona, rector di Ragusa, iudesi, consilieri et comun dela dita terra, a vui, misser lo consolo deli Viniciani in Salonich, et ser Lucha Pençin dela dita çitade de Vinesia, over a çaschuno altro de qualchuncha stado over condicion si sia che vorrà scomparar Çugno de Sorgo, nostro çintil homo de Ragusa, da carçere, in la qual sta in Salonich”; “et una terza littera scripta per man delo dito Çugno, chomo lo dito Çugno serà liberado et affranchado da carcer, et quello che reschatarà over scompararà lo dito Çugno de carçere”; “sicho’ haverà pagado per scomparar lo dito Çugno”; “ per li quali tormenti et per la fame muolti deli detti presonieri sono morti, et muolti se scompare; et tolse lor di rescato circa IVM ducati; et puochi so’ romasi vivi in le lor mane”.8 E sarebbe forse auspicabile una ricerca su questo Johann de Bona, indagando sui suoi possibili legami con la comunità ebraica locale. 4. La somiglianza tra le traduzioni ebrache ed italiane Nonostante la chiara differenza tra le traduzioni ebraiche e quelle cristiane talvolta, come ha mostrato Sermoneta (1978) per le traduzioni dei Salmi, la scelta lessicale comune permette di vedere l’esistenza di una parentela tra queste tradizioni. (4)ראה נא בענינו וריבה ריבנו [vedi per-favore in-disastro-nostro e-litiga lite-nostra] (Scemona ‘Esre:7) F: vedi mo nella affrizione nostra e litica la lita nostra Q1: vidi mo nella affrizione nostra elitica lalite nostra Q2: vidi mo nellaffrizione nostra elitica lelite nostra Q3: vedi mo nellafflizione nostra e litica lalite nostra S: vedi di grazia nell’afflizione nostra e litiga le lite nostre La parola afflizione traduce qui la parola ebraica עני, povertà, disastro, calamità. Di fatto già nella Vulgata troviamo ADFLICTIONEM nel versetto in questione, e il lessema torna poi in tutte le traduzioni cristiane. V: vide Domine adflictionem meam (Lam 1: 9). BV: guarda e vedi, Signore, la mia afflizione (La 1: 9). D: vedi la mia afflizione (Sal 25: 18); riguarda alla mia afflizione (Lam 1: 9). B: riguarda la mia afflitione (25: 18); riguarda, Signore la mia afflitione (Lam 1: 9). Nell’edizione Fano e in due manoscritti la parola si trova nella forma semidotta affrizione, documentata anche nelle fonti italoromanze: in Bosone da Gubbio: “ma poi sentono maggiore affrizione”, “ho udito che Iddio pruova con affrizione i suoi perfetti amici”; “udendo loro affrizione “;9 nell’Ottimo: “però ch’elle periscono in affrizione pessima” (nella citazione biblica da Ecclesiaste);10 nel Filippo Ceffi: “speriamo in Dio; il quale, appresso a questa affrizione, ne darà vittoria contra li nemici”;11 nei Trattati di Albertano: “senteno affritione uvero torme(n)to”;12 ed addirittura nel Fiore: “Pianto, sospiri, pensieri e afrizione Eb[b]i vernando in quel salvag[g]io loco”.13 Secondo i dati dell’OVI, 8 volte nella forma con la /r/, contro circa 230 con la /l/. 5. I segni della traduzione orale Come si è detto, tutte le traduzioni ebraiche sono molto simili tra loro. Però ci sono anche delle differenze non trascurabili. La grafia è molto diversa nei diversi manoscritti. Per esempio, il nome di Dio, Domedet Det, è scritto in diverso modo in ogni manoscritto. (5) F: ( דוֹמְידֵית ֵדיתDowmejdejt Dejt) Q1: ( דּוֹ ֵמ ֶדּת ֵדּיתDowmedεt Dejt) Q2: ( דּוֹ ְמדֵּיד דֵּידDowmedejd Dejd) Q3: ( דוֹ ֵמדֵת דֵיתDowmedet Dejt) Però all’interno di ogni manoscritto la grafia di questo nome è molto stabile. In un manoscritto, Q2, ci sono alcune indicazioni sulla tecnica di scrittura, ch’era o a memoria, o sotto dettatura: prima si diceva il termine o il sintagma ebraico considerato come un’unità, e subito dopo la sua traduzione, com’è descritto da Cuomo (2000: 55-56). Perciò in alcuni luoghi è scritta e cancellata o la parola ebraica, o l’inizio della parola ebraica in questione. (6) a. Scemona ‘Esre: 3 ושבחך אלהינו מפינו לא ימוש לעולם ועד [e-lauda-tua Dio-nostro da-bocca-nostra non muoverà asecolo e-sempre] ֵאי ַסנְטוֹ ֵאי ַל ַלאוֹ ָדא טוֹאָה ֵדּיד נוֹ ְש ְטרוֹ ַד ָלבוֹ ָקא נוֹ ְשׁ ְט ָרא )לא( נוֹן:Q2 ְסי ְצי ְסי ָרה אָ ְסיקוֹלוֹ אַ ֶסנְ ְפרי Q2: e lalaoda toa Ded nostro dallabocca nostra (lo) non secessera asecolo asenpre La parola lo (“non” in ebraico) è scritta al posto del “non” e cancellata. b. Scemona ‘Esre: 4 אתה חונן לאדם דעת ומלמד לאנוש בינה וחננו מאתך דעה בינה והשכל [Tu doni a-uomo sapere e-insegna a-uomo inteletto edona-a-noi da-te sapere inteletto e ragione] ישׁי אַלוֹמוֹ )ב( ְאינְ ְטי ְליטוֹ ְ ְ טוּ קוֹ ְרדוֹ ְליְי אַלוֹמוֹ ָס ְפ ְרי ֵאינ:Q2 ֵאיקוֹ ְרדּוֹ ְליָיא נֹוְאי ַד ִטי ָס ְפ ְרי ֵאינְ ְטי ְליטוֹ ֵאי ֵאינְ ְטי ְליטוֹ ְבנְי ְדיטוֹ ִסיְי טוּ דוֹ ְמ ֵדּיד ִקי קוֹ ְרדוֹ ְליְי לֹ ָס ְפי ְרי Q2: tu cordogli allomo sapere enesce allomo (b) enteletto ecordoglia noi datti sapere e enteletto La lettera b, prima lettera della parola ebraica bina, intelletto, è scritta e cancellata. c. Scemona ‘Esre: 14 ובנה אתה בנין עולם.ולירושלם עירך ברחמים תשוב [e-a-Gerusalemme città-tua in/con-misericordie tornerai. E-edifica a-questa edificio eterno] ְרוּשׁ ָל ִם צִיטָאדְי טוֹאָה קוֹן ְפיָיא ָטדְי תּוֹ ְרנָא אֵימוּרָא אְיסָה ָ אֵסוֹ ְפרְי י:Q2 מוֹרַאמְינְטוֹ ְדסֶינְ ְפרְי 10 Torri (1827: 332). Gianardi (1942: 50). 12 Faleri: 5031. 13 Contini (1984: 70). 11 8 9 Johann de Bona (1896: 129-130). Bosone da Gubbio (1833: 244, 289, 331). Michael Ryzhik Q2: esopre Jeruscialaim cittade toa con piatade torna emura essa moramento desenpre. Lo scrivano ha scritto la lettera ebraica taw []ת, che non si usa nella scrittura giudeo italiana, in posto della lettera tet []ט, che si usa in questa scrittura. La lettera taw è la prima lettera della parola ebraica tashuv, tornerai. La pronuncia della taw in questa posizione non è diversa dalla questa di tet, perciò lo scrivano non ha cancellato la taw, ma ha finito la parola, torna, con la taw in posto di tet, all’inizio della parola. 6. Il cambiamento del lessico antico con il lessico moderno La differenza più sostanziale tra le traduzioni quattrocentesche e la traduzione seicentesca è dovuta al cambiamento del lessico antico con il lessico più moderno. (7):ובלכתך בדרך ובשכבך ובקומך [e-in-andare-tuo in-strada e-in-coricare-tuo e-in-levaretuo] (Dt 6:7) F: enello jire tuo per la via e nello colicare tuo e nello levare tuo Q1: enello jire tuo per lavia e nello colicare tuo e nello levare tuo Q2: nellojire tuo per lavia nellocolecar tuo enellolevare tuo Q3: e nello jire tuo per lavia enne locolcare tuo enello levare tuo S: e nel camminar tuo per la via e nel giacer tuo e nel rizzar tuo V: et ambulans in itinere dormiens atque consurgens BV: e andando sì le penserai; e rauna nella mente tua, e dormendo e levandoti D: e quando tu camminerai per via, e quando tu giacerai, e quando tu leverai B: e quando tu andarai per la via, e quando sarai nel letto, e quando tu leuarai. “Ire” dei manoscritti quattrocenteschi diventa nel manoscritto tardivo “camminare”, “colicare / colcare” diventa “giacere”. Si bada che nelle traduzioni giudeo italiane la forma non è “colcare” (da collocare), ma “colicare”, che sembra essere incroccio tra “colcare” e “coricare”. Questa forma, “colicare”, è documentata nell’italiano antico (l’OVI) solo 7 volte in due autori, sei volte nel Trecentonovelle del Sacchetti: “accostandosi alla cassa del letto pianamente, se alcun panno trovasse di colui che s’ era colicato”; “s’ avvide ogni cosa esser ita su per lo letto, e colicandosi, appena trovò un poco d’ asciutto”; “la bella si colicò da capo ... e da piede lungo il muro si colicò la terza”; “colicandosi un frate minore con una sua donna”; “elli si colicò da piedi”;14 ed una volta nel Tesoro da Bonafé: “se volen colechare Entro la fossa”.15 Invece coricare è documentato 190 volte, e colcar più di 100, dai diversi autori, compreso Bibbia Volgare: “e tale si colca la sera sano e salvo, che è trovato morto la mattina in sul letto” (Pr 27:1). Vediamo cioè che la forma giudeo italiana si trova negli altri dialetti italiani, però lì è rara o addiritura limitata a poche fonti o ad una sola. Vedremo altri esempi di questo fenomeno. (8) ולמדתם אתם את בניכם [e-insegnarete a-essi a figli-vostri] (Dt 11: 19) F, Q1, Q2, Q3: e nescereti essi alli figlioli vostri S: et insegnarete quelli alli figlioli vostri V: docete filios vestros BV: Insegnate e ammaestrate i vostri figliuoli D: e insegnatele a’ vostri figliuoli B: Et insegnatele a’ i vostri figliuoli. Il verbo “nnescere” nel senso di “insegnare” è uno dei più diffusi e caratteristici per il giudeo italiano (Cuomo, 1976:49). Però anche in una fonte non ebraica antica, cioè nelle romanesche Storie de Troia e de Roma, è documentato questo uso del verbo “nescere”: “E poi ke recipeo la sinioria molte provincie sapientemente le amministrao. Et a li cavaleri novilemente nescea cavallaria, allora li romani usavano uno proverbio e diceano: ‘Lo cavaleri nesce la cavalleria’”; “Et poi li Romani mannaro ad Numidia Metellus, lo quale trovao tutta l’oste corrupta e pigra e lassa et ordinao ke non devessero commattere, ma de tutti boni custumi li nesceo de li cavalieri nanti giti. Et poi ke foro nutriti gero sopre Numidia”; “De Adriano imperatore. Cellius Adrianus, nato in Ytalia, regnao xxij anni. Questo fece granne spesa ad nescere lectera greca et da molti era clamato Graculus ne le studia de Athena. Et fo inseniato in custumi, ma non audace in parlamento tanto, ma in tutte altre”.16 È significativo che questo uso si trova in una fonte romanesca, nella patria del giudeo italiano. In altri autori italiani antichi esiste, nonostante la sua rarità, il verbo “nescere” nel senso “non sapere”: “Unde, vedemo, non vale, ma disvale grandessa a vil e nescent’ omo, e disnor li porgie”;17 “Ahi, como è ben disorrato nescente qual piò tiensi saccente, se divin giudici’ onn’ intender crede, e ciò che lo saver suo non ben sente reo stimar mantenente”;18 “Messer Tristano fu veramente ingannato egli nescentremente, per lo beveraggio amoroso”.19 (9)וכתבתם על מזזות ביתך ובשעריך [e-scrivi-essi su stipiti [di-]casa-tua e-in-porte-tu ] (Dt 6: 9) F: e scrivi essi sopre li balistrati de la casa toa e ne li porti toi Q1: e scriverai essi sopre alli balestratichi dellacasa toa enelli porti toi Q2: escriverai esse sopre libalestratichi dellacasa toa edelliporte toi Q3: e scriverai essi sopre libalestratichi de lacasa toa e delli porti toi S: e scriverai quelle sopra li stipidi de la casa tua e ne le porte tue V: scribesque ea in limine et ostiis domus tuae 16 Monaci (1920: 210, 289, 301). Guittone, Lettere: 309. 18 Egidi (1940: 213). 19 Polidori (1984: 118). 17 14 15 Sacchetti (1946: 39, 183, 226, 532, 583). Frati (1915: 116). Lessico delle traduzioni dei testi liturgici ebraici in dialetti giudeo italiani BV: E sì le scriverai al piede dell’ uscio della casa tua (Dt 6: 9); E fa che tu le scriva sopra il sogliaio dell’ uscio e delle porte della casa tua (Dt 11: 20) D: scrivile ancora sopra gli stipiti della tua casa, e sopra le tue porte B: Tu scriuerai ancora quelle ne gli stipiti de la tua casa, e ne le tue porte La parola “benedetto” è cambiata con la parola “lodato”, e così in tutte le diciannove benedezioni nella traduzione seicentesca, per la difficoltà nota nella letteratura religiosa ebraica, per cui l’uomo non può benedire il Dio. Invece il Dio può benedire l’uomo, e vediamo questo in un altro luogo delle Diciotto benedizioni nel S. Nelle traduzioni del rituale nel senso degli “stipiti” si usa il nome balestrati / balestratichi, che è il più comune in questo significato nel giudeo italiano, così per esempio nella traduzione del libro di Amos (Cassuto, 1930a: 31) e nel Maqre Dardeqe (בליסטראטיקי, balestratichi). Nelle fonti non ebraiche ho trovato solo due esempi dell’uso di questa parola con il significato “stipite”, ambedue nella Bibbia Volgare, nel libro di Ezechiel: “I quali hanno fabbricato il suo sogliaro appresso il mio, e le sue balestrade appresso le mie; e lo muro era fra loro e me” (Ez 43:8); “E torrà il sacerdote del sangue il quale sarà per lo peccato, e porranne nelle secrete entrate del tempio, e nelli quattro anguli del circuito dell’ altare, e nelle balestrade di dentro della porta dell’ atrio di dentro” (Ez 45:19). Questo uso così limitato nell’italiano comune può alludere ai legami tra la Bibbia Volgare e traduzioni giudeo italiane. (12) ברך עלינו ה’ אלהינו את השנה הזאת [Benedici su-noi Dio Dio-nostro a l’anno il-questo] ֵבינֵי ִדי ֵצי סוֹ ְפ ַרה נוֹ ִאי ִסינְייוֹר ִאי ִדיאוֹ נוֹ ְס ְטרוֹ ל”אַנוֹ ְפ ֵרי ֶסינְ ֵטי:S S: Benedici sopra noi Signor Iddio nostro l’anno presente (10) והעלה רפואה שלמה לכל מכותינו ולכל תחלואינו [e-fa-salire guarigione piena a-tutti ferite-nostre e-a-tutte infermità-nostre] (Scemona ‘Esre:8) F: e fa salire refua adenpiita atutti li feruti nostri e atutti li malati nostri Q1: efa salire refua shlema atutti li makkot nostri e atutti lingrotanzi nostri Q2: efa salire medicina adinplita atutti leferute nostre etutte langrottanze nostre Q3: efa salire medicina adenplita atutti liferiti nostri e atutti lingrottanzi nostri S: e produce sanita prefetta a’ tutti li percossi nostri. Il verbo ָח ָלה, essere infermo, è tradotto nel Maqre Dardeqe proprio con il verbo אנגרוטאו, ingrottao. Simili parole sono documentate nell’italiano antico, però solo due volte: “Molto istavano divoti prencipi e sacerdoti, adirati ed ingroti”;20 “e venni ingrotto, infermo, pover, nuto, cieco, sordo e muto”.21 Cioè anche in questo caso vediamo parola rara che diventa parola giudeo italiana comune. 7. Il cambiamento del lessico per ragioni ideologiche Talvolta il cambiamento del lessico può radicarsi nelle ragioni che possono essere chiamate teologiche (11) ברוך אתה ה’ אלהינו ואלהי אבותינו [Benedetto tu Dio Dio-nostro e-Dio [di-]padri-nostri] (Scemona ‘Esre:1) F, Q1, Q2, Q3: Benedetto [sii] tu Domedet Det nostro e Det de li patri nostri S: Lodato sei tu Signor Iddio e Dio de li padri nostri 20 21 Contini (1960: 903). Egidi (1940: 65). 8. Tratti meridionali Come in tutti i testi giudeo italiani medievali nelle traduzioni del rituale spiccano i tratti meridionali, compresi quelli meridionali estremi. Tranne molti tratti fonetici, come assimilazioni nd > nn, mb > mm, affricatizzazione delle fricative dopo m, l, n (conzolieri al posto di consolieri), si trovano tratti lessicali come inzemora “insieme”. Porteremo alcuni esempi. (13) ונתתי מטר ארצכם בעתו יורה ומלקוש ואספת דגנך ותירשך ויצהרך [e-darò pioggia [di-]terra-vostra in-tempo-sua primapioggia e-pioggia-tardiva e-raccoglierai frumento-tuo evino-tuo e-olio-tuo] (Dt 11:14) F: e daraggio pioggia nella terra vostra nello tenpo suo primotico e tardio e arrecoglerai lo lavore tuo e lo mosto tuo e lo olio tuo Q1: e daraio laploggia de laterra vostra nello tenpo suo primotica e tardiva e raccoglierai lolavore tuo e lo mostto tuo e [lolio] Q2: edaraggio lapioggia dellaterra vostra nellotenpo suo premotico etardio e arriccoglerai lolavore tuo elomosto tuo elolio tuo Q3: e daraio laploggia dellaterra vostra nello tenpo suo primotico e tardio e reccoglierai lolavore tuo e lo mosto tuo e lolio tuo S: e Io daro la pioggia de la terra vostra nel tenpo suo temporita e tardiva e redunerai il formento tuo et il mosto tuo e l’olio tuo V: dabo pluviam terrae vostrae temporivam et serotinam ut colligatis frumentum et vinum et oleum BV: egli darà la piova e l’ acqua alla vostra terra, nel tempo e nella stagione sua, acciò che voi raccogliate il grano, il vino, [l’ olio], D: che io darò al vostro paese la sua pioggia al suo tempo, la pioggia della prima dell’ultima stagione; e voi ricoglierete il vostro frumento, il vostro mosto e il vostro olio B: Io darò la pioggia a’ la vostra terra al suo tepo, primaticcia e serotina, e così tu raccoglierai il tuo grano, et il tuo vino, et il tuo oglio. La parola lavore nel senso di frumento è caratteristica dell’estremo Sud, Calabria, Puglia (Rohlfs, 1977:358; id., 1976:289), Sicilia. In Sicilia già nel Trecento: “In Sicilia duy scuti sudaru sangui et a quilli qui metianu li lavuri apparsiru li spiki sanguilenti”.22 In questo senso è comune 22 Ugolini (1967: a026). Michael Ryzhik nei testi giudeo italiani, compreso Maqre Dardeqe: לבורי, לאבורי, lavore. La parola primotico nel Maqre Dardeqe פרימוטיקו (primotico) è documentata nel senso della prima pioggia e dei primi frutti della primavera; in quest’ultimo senso si trova anche nell’abruzzese. 23 (14) דבר אל בני ישראל ואמרת אליהם ועשו להם ציצת על כנפי :בגדיהם לדרתם ונתנו על ציצת הכנף פתיל תכלת [parla a figli [di-]Israel e-dirai e-essi e-faranno a-loro fimbrie su estremità [di-]vesti-loro e-darnno su fimbrie [di-]estremità filo azzurro] (Nm 15: 38) F: favella alli figlioli di Israel e dirai aessi e faranno aessi pinnagli sopre li lenzole de li panne loro alli genorazii loro e daranno sopre le pennagli la lanzola uno filo de veneto Q1, Q2, Q3: filo deveneto S: parla a’ li figlioli de Israel e dirai a’ quelli e faranno a’ quelli pendagli sopra li cantoni de li vestimenti loro alli generazioni loro e poneranno sopra li pendagli del cantone un filo celesto cioe de giacinto V: ponentes in eis vittas hyacinthinas BV: e ponetevi per quattro canti delle vestimente legami azzurri D: un cordono di violato B: vna benda di hiacinto Anche nel Maqre Dardeqe תכלת, azzurro, è tradotto ויניטו, veneto. La parola veneto nel senso di rosso scarlatto, vedrastro, dal tardo latino venetus, “turchino”, nei dialetti moderni si trova nel estremo Sud.24 Nell’italiano antico si trova, ma è molto rara. L’ho trovato usato solo due volte, ed in ambedue i casi nel testo si spiega di che colore si parla, in Bono Giamboni: “di colore Veneto, il quale è all’ acqua del mare assomigliante”,25 e in anonimo Libro pietre preziose, XIV secolo: “De’ Jacinti. Tre sono le generazioni de’ jacinti: la Cynetri, critini e vanoteri. E tutti sono di confortativa virtude, e cacciano ogni tristizia, e levano sospecioni; e li granati sono milliori e sono rossi, li veneti ci anno colore di cera e sente l’ aiere; imperciò che quando l’ aiere è nuviloso et elli è obscuro, e quando è sereno sì è risplendente e chiaro”.26 Nel S vediamo influenza della Vulgata, che è accennuata nella forma di glossa. L’influsso di Vulgata nella sua traduzione si può vedere anche in altri luoghi. 9. S va con la Vulgata (15) שמע ישראל ה’ אלהינו ה’ אחד [Ascolta Israele Dio Dio-nostro Dio uno] (Dt 6:4) F, Q1, Q3: entenni Israel Domedet Det nostro Domedet uno S: avdi Israel il Signor Iddio nostro e Signior unico V: audi Israhel Dominus Deus noster Dominus unum est BV: Odi, Israel, e ascolta: Iddio, nostro Signore, è Iddio uno D: ascolta, Israele Il Signore Iddio nostro è l’unico Signore B: Ascolta Israel, Il Signore Dio nostro è solo Signore. Il verbo intendere / intennere è comune e diffuso nel giudeo italiano,27 anche in Maqre Dardeqe si trova ( אניטיניריentennere). Invece nella traduzione seicentesca vediamo avdi, che sembra essere influenzata dalla Vulgata, anche per la grafia, l’uso della consonante bet in posto di semivocale waw. (15) ונתתי עשב בשדך לבהמתך [e-darò erba in-campo-tuo a-bestia-tua] (Dt 11:15) F, Q1, Q2, Q3: e daraio erva nello canpo tuo per labestia toa S: e Io daro l’erba nel canpo tuo pe la giumente tua V: faenum ex agris ad pascenda jumenta BV: e lo fieno de’ campi per pascere i vostri animali D: farò ancor nascere dell’erba ne’ vostri campi per lo vostro bestiame B: Et io darò l’herba nel tuo campo per le tue bestie Il nome giumente si usa al plurale, ma il pronome possessivo e l’articolo sono al singolare. come succede nelle traduzioni troppo letterali, nonostante che quest’uso sia raro in S. 10. La formazione delle parole In molti luoghi le traduzioni giudeo italiane usano la stessa scelta lessicale in diversa forma morfologica o morfosintattica. (16)ברוך אתה ה’ מלך אוהב צדקה ומשפט [Benedetto tu Dio Re amante misericordia e-giustizia] (Scemona ‘Esre:11) F, Q2: Benedetto sii tu Domedet Re che ami giustizia e rascione Q1, Q3: Benedetto tu Domedet che ama giustizia e rascione S: Lodato sii tu Signior Re amator de giudizio e giustizia La necessità di tradurre il participio presente ebraico, che nell’ebraico postbiblico funziona sia come il nome sia come il presente del verbo, ha condotto nel nostro caso a tre risoluzioni, al verbo, in due possibili persone, seconda e terza, e al nome d’agente deverbale. Vedremo una delle vie per costrutire i nomi deverbali, con il suffisso -isc-, che secondo Rohlfs è più diffusa nel Meridione. Sembra che molti nomi deverbali giudeo italiani di questo tipo usati nelle traduzioni del rituale non si trovino in altre fonti. (17) כי אל רופא רחמן ונאמן אתה [che Dio medico misericordo e-vero tu] (Scemona ‘Esre:8) F: che Det guariscetore cordoglioso e veritevole si tu Q1: cheDet medico piatoso e veritevole situ Q2: che Ded Regge guariscitore rappiatoso e leale situ Q3: <...> medico piatoso e leale situ S: poi che Dio e Re medico e reale e pietoso sei tu 23 Giammarco (1968-1969: 1589). Calabrese venatu, venetru; pugliese venetu (Rohlfs, 1977: 760f; ib., 1976: 805). 25 Fontani (1815: 179). 26 Narducci (1869: 317). 24 27 Cuomo (1985: 103; idem, 1988: 124). Lessico delle traduzioni dei testi liturgici ebraici in dialetti giudeo italiani Non ho trovato la parola guariscitore in altre fonti italiane, solo una volta guaritore, in una fonte molto ufficiale: “Che’ essere prete o non prete si è accidente a’ trasgressori o a’ trapassanti per conparigione a’ giudici, siccome essere lavoratore di terre o ffacitore di chase o guaritore a malati è accidente essere musico o non essere musico in conparizione al fisiziano”.28 I nomi deverbali dal verbo guarire sono rari, tranne guarnigione. Una volta si trova guarimento: “Imperciò che al morto indarno si dà medicina! Ma insino che sono vivo, leggera aura mi può infondere di guarimento soave rugiada”.29 E una volta troviamo guariscimento, con lo stesso suffisso -isc-: “E quali Melibeo abondantemente riguidordenò, e pregolli che ellino procurassero studiosamente del guariscimento de la sua figliuola”.30 (18) את צמח דוד עבדך במהרה תצמיח [a fiore [di-]David servo-tuo presto crescerai] (Scemona ‘Esre:15) F: lo fiore de David servo tuo en agino fa fiorire Q1: loflore deDavid servo tuo innaina fa florire Q2: lofioriscimento deDavid servo tuo en nagina fa florire Q3: lo flore de David servo tuu inagino fa florire S: il fiorimento di David servo tuo tosto farai fiorire Nel verso biblico usato in questa benedizione (Ger 33:15) la parola ֶצמַח, fiore, pianta, è tradotta nelle traduzioni cristiane in modo diverso da quelle giudeo italiane: V: germinare faciam David germen iustitiae BV: In quello tempo farò germinare da David uno rampollo di giustizia D: io farò germogliare a Davide il Germoglio di giustizia (Ier 33:15) B: farò germogliare a’ Dauid vn germe di giustitia (Ier 33:15). La forma fioriscimento è usata dal Q2, in cui troviamo anche guarascitore. Si badi che nel seicentesco S troviamo fiorimento, nome deverbale simile, ma senza il suffisso -isc-. Nelle fonti italiani non ho trovato né fioriscimento, né fiorimento. (19) תקע בשופר גדול לחרותנו [suona in/con-corno grande a-libertà-nostra] (Scemona ‘Esre:10) ֲF: sona en corno granno alla libertade nostra Q1: sona con corno granne allalibertade nostra Q2: sona con corno [granne] allaliberi[t]scimento nostro Q3: sona con corno granne allalibertade nostra S: sona con corno grande per liberare noi Anche questa forma con il suffisso -isc- si trova nel Q2. Sopra la resh [r] e la scin [sh] è scritta la tet [t], ma sembra che fosse scritta dall’altra mano e che lo scrivente volesse correggere in libertade, e non in liberatiscimento. Non ho trovato forme simili a liberiscimento in altre fonti italiane. (20)אתה חונן לאדם דעת ומלמד לאנוש בינה [Tu dona a-uomo sapere e-insegna a-uomo inteletto] Scemona ‘Esre:4) F: tu cordogli allu omo sapere e nesce allo omo entalietiscimento Q1: Tu cordogli allome sapere ennesce allome entelletimento Q2: Tu cordogli allomo sapere ennesce allomo (b) enteletto Q3: tu cordogli allomo sapere ennesce allomo intallietiscemento S: Tu fai grazia all’omo del inteletto e mostri all’omo intelligenza Anche la parola intelljitiscimento non ho trovato nelle altre fonti italiane. Nel Maqre Dardeqe i verbi ebraici per capire, conoscere (הבין, )השכילsono tradotti con il verbo intellitire, intelliteo (אנטיליטירי, )אנטיליטיאוda cui è possibile formare il nome del tipo intellitiscimento. La forma con la palatalizzazione del /l/ nell’italiano antico si ritrova solo nella Cronica dell’Anonimo Romano del secolo XIV: “e pregano Dio che fortifichi lo sio core e llo intellietto in questo proponimento”; ”se mutava sio intellietto como fuoco”; “Peio fao la iente senza intellietto”.31 Potrebbe essere significativa la somiglianza tra la forma romanesca e quella giudeo italiana. 11. Conclusione Abbiamo visto che alla base delle traduzioni giudeo italiane del rituale ebraico sta una tradizione comune, nonostante che le scelte lessicali di questa tradizione possano ricevere forma morfologica diversa in diversi manoscritti. Il lessico specifico per queste traduzioni si trova spesso come lessico marginale in altre fonti italiani, specialmente romanesche e meridionali, anche estreme, ma anche in quelle settentrionali, come nel caso del scomparare, che è documentato proprio in veneziano. Non abbiamo parlato di molti problemi legati al lessico del rituale, per esempio delle traduzioni delle parole per רחמים, compassione (o misericordia, pietà) e חסד, misericordia (o compassione, benignità) che sono tradotte in modi opposti nelle traduzioni giudeo italiane e quelle cristiane, però anche così vediamo che dal lessico in questione possiamo imparare molto sui processi subiti dai dialetti dagli ebrei in Italia e sui loro legami con gli altri dialetti d’Italia. 12. Riferimenti Battaglia, S. ( a cura di) (1947). Anonimo, Trattato d’amore di Andrea Cappellano volgarizzato. Roma: Perrella. Bescapè (1901). Pietro da Bescapè (o Barsegapè), Sermone (Die Reimpredigt des Pietro da Barsegapè. Kritischer Text mit Einleitung, Grammatik und Glossar. herausgegeben von Emil Keller, Frauenfeld: Huber, pp. 33-71. Bosone de’ Raffaelli da Gubbio (1333). Fortunatus siculus o sia l’Avventuroso Siciliano. A cura di G. F. Nott (1833). Milano: Silvestri. Broggini, R. (a cura di) (1956). 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